Discorso Fra Martino Dotta
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Discorso Fra Martino Dotta
Embargo per qualsiasi genere di pubblicazione sino alle 13.30 del 01.08.2015 Comune di Morbio Inferiore Giardino dell’Asilo Cereghetti Allocuzione ufficiale 01.08.2015 11.00 IL MIO 1° D’AGOSTO Tra ricordi e prospettive Onorevole Signora Sindaco, Stimati Onorevoli Municipali, Gentili Signore, Egregi Signori, è con piacere e gratitudine che ho accolto l’invito della Signora Sindaco di partecipare ai festeggiamenti ufficiali del 1° agosto nel vostro Comune. Nell’invitarmi a questo momento di condivisione e di festa, l’On. Canova mi ha chiesto di parlare del significato che ha per me la Festa Nazionale. Il mio non sarà pertanto un discorso politico in senso proprio, bensì un invito alla riflessione e – di conseguenza – all’azione in occasione del Natale della Patria tra i miei ricordi d’infanzia e le prospettive future che il vivere in Svizzera a mio avviso suggerisce. Ricordi d’infanzia I miei ricordi personali relativi al 1° d’agosto corrono a mio nonno Gottardo, quindi alla mia infanzia. Mio Nonno era nato ad Airolo nel 1892 ed è morto a Montagnola nel 1980. Ero sceso dal suo Comune d’origine nel Luganese all’inizio degli Anni Venti del secolo scorso alla ricerca di lavoro come contadino e di un luogo dove vivere e formarsi una famiglia. Lo seguì un suo fratellastro, lo zio Carlo, che si occupava con lui dei lavori agricoli e, in particolare delle mucche. Nel 1932, nonno Gottardo sposò nonna Elisa, originaria del Friuli. Ebbero otto figli: mio padre era il figlio maggiore, nato nel 1933. Ricordo che nonno Gottardo era un uomo alto e slanciato, forte e autorevole. Di poche parole, ma dolce nel suo sguardo e nel suo modo di trattare noi nipoti (nella mia famiglia, siamo in sei figli, cinque maschi e una ragazza). Ho ancora di fronte agli occhi la fotografia che lo ritraeva come ufficiale dell’Esercito svizzero durante la Prima Guerra mondiale. Su tale immagine del Nonno primeggiava il motto federale “uno per tutti, tutti per uno”. È una frase che mi si è impressa nella memoria e che conserva, a mio avviso, la sua pertinenza. In un qualche modo, è uno slogan che continua ad accompagnarmi ed ispirarmi anche nelle mie attività sociali. Credo pure che possa essere ancora una base sul–1 Embargo per qualsiasi genere di pubblicazione sino alle 13.30 del 01.08.2015 la quale poggiare il presente e il futuro del nostro Paese. Ritengo che possiamo declinare nel nostro oggi “uno per tutti, tutti per uno” in termini come coesione sociale, solidarietà a tutto campo e cura del bene comune. I ricordi, che sto evocando, risalgono probabilmente a prima dei miei dieci anni d’età. Sono perciò un po’ sfuocati e imprecisi. In occasione del 1° agosto, quando ancora si potevano accendere liberamente fuochi all’aperto, sul prato antistante la nostra casa a Montagnola, con il Nonno, mio Padre e i miei Fratelli accatastavamo pezzi di legno, rami e altro materiale combustibile. Il falò della Festa Nazionale ci dava l’opportunità di bruciare quanto non poteva finire nella stufa a legna o nel camino di casa, ma pure di gareggiare simbolicamente con i conoscenti che abitavano a Grancia, il Paese di fronte al quale si trova ancora la tenuta agricola di famiglia. Se c’erano i soldi, dopo l’accensione del falò, il Nonno o mio Padre facevano partire qualche razzo o qualche fontanella. Solo negli anni successivi, rinunciando al falò, stavamo sulla terrazza di casa ad ammirare da lontano i fuochi d’artificio sul Lago di Lugano. Il valore della memoria Perché evocare un simile vissuto, risalente ormai a quasi una trentina d’anni fa? Quando ero bambino o adolescente, per me il 1° agosto era prevalentemente un evento familiare. Non ricordo se in paese a Montagnola allora ci fossero commemorazioni ufficiali. Non era comunque abitudine familiare partecipare a iniziative pubbliche civili. Le feste a cui prendevamo parte allora come famiglia erano quasi esclusivamente religiose. È solo più tardi, diventato maggiorenne e sempre più partecipe della vita sociale che per me il 1° agosto ha acquisito pure una valenza pubblica. Con il tempo, mi sono reso conto che si possono combinare tra loro, purché in maniera equilibrata, elementi di vissuto personale e familiare, costante riscoperta delle proprie radici individuali e collettive, attaccamento ai propri luoghi di vita e interazione positiva con la realtà circostante. A motivo della mia successiva scelta di vita, ho imparato a sentirmi cittadino del mondo, fratello di qualunque essere umano e partecipe di un ampio disegno di bene. Ciò conferma la mia convinzione che celebrare le origini della Confederazione è un atto civico, un gesto di cultura civile e una manifestazione di riconoscenza verso i nostri antenati. Nella nostra società tecnologica, il mezzo più potente per conservare le informazioni è la rete informatica. Dizionari, archivi ed enciclopedie cartacei hanno –2 Embargo per qualsiasi genere di pubblicazione sino alle 13.30 del 01.08.2015 perso prestigio a favore dei supporti digitali. Al contrario di quasi tutti noi, Internet non dimentica e conserva le tracce d’ogni passaggio d’informazione – vera o falsa che sia, poco importa. Tanto meglio se la si può vendere bene! Ciononostante, sono convinto che l’esercizio della memoria (personale, familiare e collettiva) sia un atto dovuto al passato, come pure un impegno per il presente e, per quanto possibile, per il futuro. Come si “riconosce un albero dai propri frutti”, così acquisiscono forza progettuale un individuo e una società capaci di confrontarsi in modo onesto e non ideologico con i loro rispettivi passati. Non si tratta di cedere alla nostalgia, ma piuttosto di valorizzare il nostro variegato bagaglio d’esperienze compiute per l’oggi – l’unico vero spazio nel quale possiamo davvero vivere – e per il domani. La mia storia familiare è contrassegnata dalla fatica e dal lavoro, dalla dedizione alla terra e dalla consapevolezza di appartenere a un’entità più vasta. Mi ha trasmesso valori quali la modestia, la tenacia, la concretezza, la coesione familiare, la condivisione di mezzi e opportunità, l’attenzione al prossimo, l’impegno per il bene comune. A titolo d’esempio di tutto ciò: mio nonno Gottardo partecipò alla fondazione della Cassa rurale di Montagnola per ottenere i finanziamenti necessari all’acquisto della tenuta agricola; mio padre Massimino, oltre a gestire per anni la Latteria comunale, fu a lungo attivo in politica come Consigliere comunaleE Sono stati due modi diversi di fornire il proprio contributo alla collettività, con disinteresse e generosità. La mia storia familiare mi ha pure insegnato a tenere ben saldi i piedi per terra, a non montarmi la testa di fronte ai successi e nemmeno a non arrendermi davanti alle sconfitte. Credo che questo vissuto personale e quanto ne ho ricavato per la mia esistenza possano essere condivisi da tutti noi, sia sul piano dell’analisi del passato, sia nello sguardo da volgere insieme al domani. Guardare oltre gli steccati Una visione corretta e non pretestuosa della nostra storia comporta, a mio avviso, riconoscere luci e ombre del comune passato. E mantenere per il nostro oggi e per il nostro possibile futuro un profilo realistico. D’altronde, non possiamo né mitizzare le origini della Confederazione, né considerare imperfetto quanto realizzato dai nostri avi. Si tratta piuttosto d’imparare a far fronte alle sfide del presente e a quelle futuro con la costante preoccupazione di rendere tutti indi–3 Embargo per qualsiasi genere di pubblicazione sino alle 13.30 del 01.08.2015 stintamente partecipi di un progetto sociale condiviso. Questa è, secondo me, una forma attuale di declinare il motto federale “uno per tutti, tutti per uno”. Il lavoro in ambito sociale degli ultimi quindici anni – al Convento dei Cappuccini di Lugano prima, presso Tavolino Magico o il Centro Bethlehem della Ressega, nella ricerca e gestione di alloggi a pigione moderata o ancora nei numerosi incontri che faccio di continuo – mi ha mostrato che l’aiuto all’altra persona è una missione fondamentale. Chiudere gli occhi sui bisogni altrui o ignorare le richieste di sostegno ricevute sono, come minimo, motivo di disagio anche per me. Sono cosciente di non poter dare sempre seguito a tutte le sollecitazioni di cui sono oggetto, tuttavia me ne faccio per quanto possibile un obbligo morale di prestare loro perlomeno ascolto. La maggiore sfida rimane per me il riuscire a riattivare le energie spesso sommerse che si trovano in qualunque persona o gruppo sociale, perché non si accontenti di atti caritativi (per quanto utili e giusti), bensì si sforzi di riprendere in mano la situazione. Cercare insieme il bene comune significa riconoscere a ogni tassello della nostra collettività il suo ruolo attivo. Significa pure riconoscere pari dignità a chiunque e, pertanto, pari opportunità a tutti. L’attività sociale comporta l’inclusione e rifiuta l’esclusione. Siamo quindi invitati a guardare al di là delle apparenze, a superare le nostre naturali ritrosie per avere un attitudine di accoglienza. Non porta a nulla costruire muri, mentali o materiali che siano. Nella nostra società serve piuttosto promuovere la giustizia e il diritto, lottare insieme contro la disperazione e lasciarsi interpellare dall’altro come opportunità di crescita personale e collettiva. In buona sostanza, credo che come individui e come collettività possiamo rivolgere uno sguardo di fiducia e speranza sul futuro, nella misura in cui riscopriamo insieme con serenità e gratitudine le radici profonde – culturali e spirituali – del nostro motto “uno per tutti, tutti per uno”. Il domani della Svizzera potrà essere ancora roseo, se impareremo a riconoscere il ruolo di ognuno all’interno di un progetto sociale e politico che abbracci il mondo intero. E non dimentichiamo la responsabilità che tutti portiamo per il futuro sostenibile del pianeta! Nell’augurarvi una serena Festa nazionale, vi propongo d’invocare insieme la protezione divina per noi e per tutti gli abitanti del nostro Paese, nella consapevolezza che siamo tutti, in permanenza e ovunque chiamati a rimboccarci le maniche. Non a caso, gli ultimi versi della 2a e 4a strofa del Salmo svizzero recitano: “Libertà, concordia, amor, [Dio, Signore] all’Elvezia serba ognor”! fra Martino Dotta –4