i-suggerimenti-del-crea-per-mangiare-un-salmone

Transcript

i-suggerimenti-del-crea-per-mangiare-un-salmone
Stefania Ruggeri, ricercatrice del CREA
Alimenti e Nutrizione di Roma, spiega come
eliminare i batteri dal salmone e mangiarlo
in piena sicurezza
A cura dell’Ufficio Stampa
Il lato oscuro del salmone
Da anni si sta cercando di diminuire l'impatto ambientale dei grandi allevamenti di salmone
atlantico. Da lì proviene quasi tutto quello che comprano i consumatori italiani ed europei
di Federico Formica
Il confezionamento del salmone affumicato in un'azienda artigianale di Quiberon, Francia. Fotografia di Frank
Perry/AFP/Getty Images
Da semi-sconosciuto a ospite fisso: il rapporto del salmone con il nostro frigorifero è cambiato in modo radicale negli
ultimi venti anni. Lo acquistiamo fresco ma soprattutto affumicato. Secondo l'ultimo rapporto Coop, solo nel primo
semestre 2016 gli acquisti di questo prodotto sono aumentati del 12,5% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
Ed è tutto importato: soprattutto da Norvegia e Scozia anche se, ufficialmente, i Paesi dai quali ne acquistiamo di più
risultano Svezia e Danimarca, ma solo per ragioni fiscali. La Norvegia, infatti, non fa parte dell'Unione Europea e per
rendere più semplici ed economici gli scambi commerciali, diversi produttori hanno aperto i loro uffici nei paesi comunitari
del Nord Europa.
Oltre a Novegia e Scozia tra i maggiori produttori al mondo di salmone c'è anche il Cile. Questi tre Paesi riforniscono
soprattutto Giappone, nord America e Unione Europea. E sono proprio i consumatori del vecchio continente che più di
tutti apprezzano il salmone affumicato, più ancora di quello fresco. Comodo da preparare (basta aprire la confezione ed
è pronto) e di sicura “presenza
scenica” a tavola, è perfetto per fare bella figura con gli ospiti senza troppa fatica. Ma non è tutto oro quello che luccica.
Salmoni in batteria. Circa il 90% di quello congelato e affumicato acquistato nel mondo è salmone atlantico (Salmo
salar) di allevamento. Tutte le altre specie vivono nel Pacifico ma sono residuali, e destinate per lo più al mercato
americano e giapponese. I grandi allevamenti di salmone però rappresentano un problema ambientale, che solo negli
ultimi anni si sta cercando di risolvere.
La grande questione sul tavolo è quella della sostenibilità. Per combattere i parassiti che si sviluppano nelle affollate
gabbie, si gettano in mare sostanze chimiche molto inquinanti che si disperdono nelle acque. Ma c'è di più: i salmoni
sono carnivori e per nutrirli si sono utilizzati per anni quasi esclusivamente farine e olio di pesce, creando un circolo
vizioso: allevare pesce da dare in pasto ad altro pesce da allevamento. Solo ultimamente si stanno cominciando a
introdurre nella dieta del salmone atlantico anche proteine vegetali, che tuttavia – almeno per ora - non sostituiscono al
100% quelle animali.
Per ottenere carni “color salmone” come piacciono al mercato, gli allevatori aggiungono poi carotenoidi al mangime.
Questo non è un problema ambientale in sé ma rappresenta un costo notevole per chi produce (e per chi acquista).
“Negli ultimi anni si è fatto molto per migliorare la qualità del mangime, la gestione degli allevamenti e per far approvare
regole più stringenti, grazie a certificazioni indipendenti – spiega WWF Norvegia a National Geographic – la Global
salmon initiative (GSI) ha avuto una grande influenza in tutto questo processo”.
La GSI è un progetto di auto-regolamentazione cui ha aderito circa la metà delle aziende che gestiscono allevamenti di
salmone in tutto il mondo. L'obiettivo è quello di rendere gli allevamenti più sostenibili nel medio periodo: abbattere il
numero di parassiti nelle gabbie, azzerare lo spreco di cibo e sostituire le proteine della carne con proteine vegetali nella
dieta dei salmoni.
Occhio ai batteri. Il salmone affumicato è pur sempre crudo e il rischio di contaminazione batterica esiste. La maggior
parte di quello venduto in Italia è affumicato a freddo, cioè attraverso un procedimento durante il quale non si superano i
30 gradi. L'altro metodo, quello a caldo, è un po' più sicuro. Per il consumatore cambia poco: sulle confezioni in vendita,
infatti, il metodo di affumicatura non sempre è specificato.
Il salmone affumicato è un potenziale vettore del batterio Listeria monocytogenes, che può causare la listeriosi,
particolarmente pericolosa per alcune categorie di persone. “La Listeria si può trovare in molti alimenti, trasformati e non
trasformati. Negli ultimi anni sono stati molti i casi di cibo contaminato, ma bisogna dire che raramente si trattava di
salmone”, spiega Stefania Ruggeri, ricercatrice del Crea nutrizione. La conservazione in frigorifero non elimina i rischi,
perché il batterio resiste senza troppi problemi a quelle temperature. La certezza di eliminare la Listeria si può avere solo
portando il pesce a 70 gradi per almeno dieci secondi. La normativa europea 853/2004 impone ai produttori di congelare
per almeno 24 ore a -20 gradi il salmone destinato ad essere affumicato a freddo. “Questa procedura riduce, ma non
azzera i rischi – precisa però Ruggeri - la Listeria potrebbe contaminare il prodotto durante il processo di affumicatura e
la conservazione casalinga”. Tra normativa Ue, controlli igienici e di sicurezza alimentare i rischi di trovare una brutta
sorpresa nel salmone affumicato sono molto ridotti, ma non sono comunque pari a zero.
“Non c'è particolare preoccupazione perché neanche Efsa (l'autorità che si occupa di sicurezza alimentare in Europa
ndr) si è mai occupata nello specifico di listeria nel salmone. In generale, mi sento comunque di sconsigliare il
salmone affumicato a donne in gravidanza, bambini, anziani e immunodepressi. Questi soggetti, infatti, in caso di
infezione corrono rischi più gravi rispetto ad altri” continua ancora Ruggeri.
In realtà c'è un altro batterio che potrebbe trovarsi nelle carni del salmone, l'Anisakis, ma in questo caso il rischio di
contaminazione è molto basso, soprattutto perché, come abbiamo visto, il salmone che acquistiamo è quasi tutto di
allevamento, quindi più sicuro da questo punto di vista. Negli ultimi anni la ricerca si sta concentrando su come
proteggere il salmone e altri prodotti a rischio dai batteri più pericolosi una volta acquistati.
Neanche l'affumicatura in sé è esente da rischi. Nell'ottobre del 2015 fece molto scalpore lo studio dello Iarcche
classificò le carni rosse lavorate come “cancerogene”. E tra le diverse lavorazioni, nel mirino finì anche l'affumicatura. La
carne non è il pesce, certo, ma qualche punto in comune c'è: “L'affumicatura provoca la formazione di alcune sostanze
potenzialmente cancerogene come gli Ipa, gli acidi alifatici e l'acido formico. Sono il prodotto della combustione e
possono trasferirsi sugli alimenti – spiega la ricercatrice del Crea – tuttavia bisogna essere molto cauti nell'accostare i
rischi della carne rossa lavorata al pesce. Nelle conclusioni dello Iarc, infatti, un certo peso ce l'ha avuto anche la
composizione chimica della carne, che è molto diversa rispetto al pesce”.
Il pesce, e tra questi in particolare il salmone, è ricco invece di acidi grassi polinsaturi Omega-3, che la scienza considera
una delle sostanze più salutari per l'uomo grazie alla loro capacità di abbassare il livello di colesterolo nel sangue. Un
altro punto a favore del salmone è la scarsa presenza di metilmercurio, una sostanza molto tossica che si accumula
soprattutto nei pesci predatori come pesce spada, tonno e luccio