Scheda artistica - Don Chisciotte, cavaliere del Barocco

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Scheda artistica - Don Chisciotte, cavaliere del Barocco
Teatro in Mostra - Como
Presenta
Don Chisciotte
Cavaliere del Barocco
Dal romanzo di
Miguel Cervantes Saavedra
Regia e adattamento
Eleonora Moro
Progetto teatrale
Laura Negretti
Scenografia e Progetto luci
Armando Vairo
Con
Marco Ballerini
Laura Negretti
Produzione
Teatro in Mostra - Como
Il “Don Chisciotte” di Cervantes visto attraverso l’universo artistico di Rubens: due
campioni dell’arte e della letteratura barocca che s’incontrano sulle tavole del
palcoscenico per dar vita ad un sorprendente adattamento delle avventure del
Cavaliere della Mancia!
Il “Don Chisciotte ” di Cervantes
Agli inizi del '600, in un villaggio della Mancia, viveva un povero idalgo chiamato Don Chisciotte, la
cui più grande passione erano i romanzi cavallereschi. Leggeva e leggeva, notte e giorno, finché
decise di imbracciare la lancia e partire in cerca d’avventure. Sellò un misero cavallo e ne fece il
suo destriero, elesse suo scudiero Sancho Panza, un umile contadino e scelse una dama da
proteggere: Dulcinea del Toboso.
Primo grande romanzo dell'età moderna, il Don Chisciotte narra le imprese di un cavaliere e del
suo mondo immaginario, popolato di terribili giganti, sfarzosi castelli e splendide dame che in realtà
non sono che mulini a vento, povere locande e bellezze sfiorite: un eroe romantico, il cui ideale di
vita si realizza solo nella follia e nell'utopia del sogno.
Con questo spettacolo abbiamo voluto trasportare sulle tavole del palcoscenico le avventure del
cavaliere errante Don Chisciotte della Mancia, buffo, tenero ma anche coraggioso sognatore che
vive in un mondo tutto suo, fatto di fantasia e di sacri ideali per cui combattere; in lotta con un
mondo che prova sempre a riportarlo alla triste realtà quotidiana.
Uno spettacolo emozionante, commovente, allegro.......ed anche un po’ rock dove la musica
di Monteverdi si fonde con quella di Eminem creando atmosfere sonore inaspettate e ricche
stimoli.
Rubens e Cervantes: “Cavalieri estremi ”
L’artista barocco, sia esso un pittore, uno scrittore, un musicista o uno scultore, può lasciarsi
trasportare dall’esuberanza o può attenersi ad una severa semplicità; tuttavia l’uso dell’una o
dell’altra, per sembrare Barocco, richiede una sola condizione: che si riproducano la dovizia o la
semplicità, all’estremo!
Ne esuberante né semplice di per sé, ma l’uno o l’altro, per ragione di estremismo, per
esagerazione!
Ed è proprio qui che si è accesa la nostra scintilla teatrale, in questo “spingersi all’estremo”, così
legato e connaturato ai presupposti e ai fini del Barocco.
Il nostro pensiero è subito corso al Cavaliere per antonomasia, al Cavaliere estremo, al Cavaliere
che il suo stesso padre, Cervantes, chiama Cavaliere all’eccesso: Don Chisciotte!
Protagonista di quella che è l’opera capitale nella produzione romanzesca barocca, (ed il romanzo
in epoca barocca ebbe gran fortuna) e che, nel suo stesso titolo, “El ingenioso hidalgo don
Quihote de la Mancha”
( “Il fantastico cavaliere don Chisciotte della Mancia” – 1605/15),
porta già inscritta la vocazione all’esagerazione.
Ed immediatamente il filo rosso di questo “spingersi all’estremo”, ci ha condotto verso Rubens: è,
infatti, un’impostazione spinta all’estremo quella copiosa dovizia delle cose offerta con
incomparabile esuberanza nelle sue tele.
Rubens non ama le forme “ideali” della bellezza classica, che gli sembrano remote e astratte. I
suoi personaggi sono esseri viventi: ed è proprio il gusto della vita esuberante e chiassosa a
salvare Rubens dal pericolo del mero virtuosismo. A fare delle sue pitture non delle semplici
decorazioni barocche per le sale dei ricchi, ma capolavori capaci di conservare la loro vitalità
anche nell’atmosfera gelida dei musei.
Rubens e Cervantes, due geni del Secolo d’Oro, che plasmano la realtà e guardano alla vita come
messa in scena: di fronte a Dio padre e alla sua corte celeste gli uomini agiscono come attori. Lo
spettacolo che rappresentano è l’esistenza e il palcoscenico è il mondo ed, infatti, il Teatro del
Mondo è la grande metafora dell’arte barocca.
La tentazione per noi di vedere Rubens e Cervantes come “registi ante litteram” è stata forte:
registi che hanno saputo dirigere i soggetti delle loro opere come se fossero su di un palcoscenico.
Le vicende del cavaliere errante Don Chisciotte della Mancia, goffo sognatore che si costruisce da
sé un mondo di fantasia in contrasto con la realtà quotidiana che prova costantemente a
disarcionarlo, ci sono apparse il simbolo di quello spirito barocco, che vede nelle virtù e nel valore
la prima vera forma d'arte al servizio della vita e della sua celebrazione.
Grandi ideali come l'amore e l'onore sono in fulcro dell'opera di Cervantes, insieme all'ispirazione
“folle”. Don Chisciotte, come Rubens, inizia il suo viaggio proprio per “servire” queste virtù e, come
ogni vero cavaliere, non avrebbe mai potuto partire senza una donna da amare.
Una donna ideale e angelica: quella Dulcinea, che nella realtà è solo una rozza contadina, ma che
gli occhi dell’amore ideale sapranno trasformare in una principessa.
Gli stessi occhi innamorati con cui Rubens guardava e ritraeva la sua seconda e giovane moglie:
Helene Fourment.
Lo stesso ardimento, la stessa visionarietà spinta all’estremo è quella che ritroviamo nel Cavaliere
Don Chisciotte della Mancia: nel suo sguardo che sa trasformare un mulino a vento in un terribile
mostro da combattere, un bastone in una lancia, un ronzino in un magnifico destriero e una sporca
locanda frequentata da una rozza contadina nel meraviglioso castello dell’amata Dulcinea.
E non è forse lo stesso amore “cieco” a far sì che Rubens ritragga, con un impeto che non sarebbe
mai venuto meno, il volto e le forme dell’amata seconda moglie Elene Fourment: musa ispiratrice
che dalla realtà quotidiana di moglie ragazzina appare nei quadri, di volta in volta, come magnifica
dea dell’Olimpo, mistica Madonna o madre amorevole.
Cervantes e Rubens due “cavalieri barocchi” che hanno saputo spingersi all’estremo
grazie ad una lancia e ad un pennello!
"Mentre parlavano, scorsero trenta o quaranta mulini a vento nella pianura davanti a loro. Don
Chisciotte si voltò verso Sancho e disse: “Siamo fortunati. Ecco almeno trenta terribili giganti che
intendo affrontare e uccidere. Il bottino ci farà ricchi!”.
”Quali giganti?”, domandò Sancho.
”Quelli laggiù, che agitano le loro enormi braccia”, rispose Don Chisciotte.
”Non sono giganti; sono mulini a vento”, disse Sancho.
Don Chisciotte sospirò. “E' chiaro che te ne intendi davvero poco di avventure”, disse.
”Sono certamente dei giganti, e se hai paura puoi toglierti di mezzo e pregare mentre io li affronto.”
Miguel Cervantes Saavedra