Don Chisciotte
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Don Chisciotte
PERSONAGGI Domenico Volpi Don CHISCIOTTE L’autore Miguel Cervantes Saavedra (15471616) era il quarto di sette figli d’un cerusico che finì carcerato risultando poi innocente, ma la famiglia soffrì anni di miseria. Cercò di farsi luce con i primi componimenti poco più che ventenne, ma si mise nei guai per un ferimento: fuggì in Italia e accettò la vita militare. Combatté a Lepanto e fu ferito con lesione permanente alla mano sinistra. Nel 1575 fu catturato in mare, con il fratello, dai pirati barbareschi. Prigioniero ad Algeri, tentò arditi piani di fuga. Giunto un primo riscatto, lo cedette a favore del fratello, mai rassegnato alla prigionia. Fu riscattato nel 1580 dai Mercedari. Ricevette incarichi governativi che gli fecero conoscere bene le condizioni del popolo, scrisse alcune opere e finalmente, nel 1605, il suo capolavoro: la prima parte (la maggiore e la più compiuta) del “Don Chisciotte”. Seguirono altre opere, finché l’apparizione in pubblico di una falsa “seconda parte” del romanzo, scritta a sua insaputa, lo spinse a scrivere egli stesso – nel 1615 – la “vera”. 56 Valoroso soldato, onesto amministratore, romanziere di successo, ebbe tuttavia guai economici e familiari: infatti, tema centrale del romanzo è il contrasto fra gli ideali altissimi e la dura realtà quotidiana, fra la tentazione della fuga nel sogno e l’impegno nella realtà. PROPOSTA EDUCATIVA 1/04 Il romanzo “El ingenioso hidalgo Don Quijote de la Mancha” è il maggiore e più popolare romanzo della letteratura spagnola, e il suo protagonista — buono, generoso, onesto, sognatore o folle secondo i punti di vista — è un personaggio a tutto tondo che ha preso vita propria a livello universale (ad es. nella nostra lingua è entrato l’aggettivo donchisciottesco). Infiammato dalle letture cavalleresche, parte alla ventura con un equipaggiamento improvvisato ma con un ideale (i cavalieri antichi, la donna idealizzata…). Coerente con se stesso e sfasato rispetto ai tempi duri e mutati, cerca un’ordinazione cavalleresca e tenta numerose imprese degne d’un cavaliere, con esiti disastrosi. Ricondotto a casa, trova il prete (la religione) e il barbiere (la scienza) che condannano le sue letture, causa dei suoi guai. Nel ripartire, ostinato, trascina con sé il contadino Sancho Panza, formando una coppia a contrasto fisico e morale: uno alto e magro, su un cavallo, l’altro grasso e tondo, su un asino, l’uno attento alle voci interiori, l’altro alle esigenze pratiche… Inutile riassumere quando vorrei invece che fosse ripreso in mano e riletto. Segnalo solo il continuo scontro tra l’onesto e l’utile, l’altalena di entusiasmi e delusioni, la costanza di quello che appare uno sciocco o un eroe, secondo i punti di vista: non si fa scoraggiare né dall’aspetto di rozza contadina della tanto vantata “dama” Dulcinea (l’ideale non ha immagini concrete, vive nello spirito), né si fa avvilire nell’animo da coloro che lo accolgono per burla (l’ideale infonde dignità alla persona). Infine, scavalcato in duello da un amico, sembra rinsavire perché riconosce la propria pazzia e prega la nipote di sposare qualcuno che “non sappia che cosa sono i libri”, ma muore di malinconia di fronte alla tristezza della realtà. PROPOSTA EDUCATIVA 1/04 Cervantes riesce a fare la satira dei romanzi cavallereschi, ad annunciare al mondo la fine della cavalleria (ormai dominano le armi da fuoco e il denaro), e a creare un personaggio che nobilita sia i sogni libreschi sia gli ideali cavallereschi con il suo anelito struggente, e diventa immortale. Infatti l’epitaffio di Quichote dice: “Qui giace il forte gentiluomo che arrivò a tal punto di valore che la morte non trionfò della sua vita con la sua morte. Disprezzò l’universo intero, fu lo spauracchio e il babau del mondo, ed ebbe la gran fortuna di vivere matto e di morire savio”. Impazzire di lettura Notiamo quattro punti sul rapporto fra Don Chisciotte e le sue letture: - Don Chisciotte è un lettore “La sua curiosità e la smania di questa lettura arrivarono a tal segno che vendé parecchi appezzamenti di terreno… per comprarsi romanzi cavallereschi” - …ha una biblioteca “Quindi ne portò a casa quanti ne poteva avere…” Si tratta di romanzi cavallereschi, il primo genere narrativo (oltre la novellistica) europeo, derivato dall’epica medievale, leggendaria e ricca di grandi figure. - …partecipa a ciò che legge “Gli si riempì la fantasia di tutto quello che leggeva nei suoi libri: incanti, litigi, battaglie, sfide, ferite, dichiarazioni, amori, tempeste e stravaganze impossibili”. Egli è dunque nell’atteggiamento del lettore ideale che, ancor prima di apprendere apparati critici, deve godere la lettura come immersione totale, gioia di partecipare a qualcosa…“La lettura è come una cerimonia iniziatica: solo che fa l’esperienza di essere trasportato in un mondo fantastico, ricco di possibilità infinite può diventare un lettore consapevole ed esperto” (Bettelheim-Zelan: “Imparare a leggere”, Feltrinelli). “Il testo è una superficie di manifestazione linguistica il cui contenuto viene costruito attraverso atti di 57 cooperazione da parte del lettore” (U. Eco: “Lector in fabula”, Bompiani). - …si muove, agisce Se la TV è il luogo delle massime emozioni e della massima passività, il libro crea, muove. La parola è creatrice. Il lettore è una persona che va, un viandante del pensiero, un avventuriero nel senso che si avventura lungo sentieri sconosciuti… Il leggere stravolge il reale, mistificandolo, o ce ne fa vedere aspetti inusitati? La domanda che qui è esposta in tutta la sua problematicità richiede una risposta articolata in vari punti: 1. Che cos’è “reale”? È la prima domanda necessaria Per Don Chisciotte, il reale è il mondo cavalleresco, sono gli ideali. Per Sancho il reale è l’amore dell’utile… Ma entrambi sembrano sconfitti dalla realtà. La domanda riguarda anche la letteratura. Non dimentichiamo il “realismo socialista” che ha chiuso le possibilità dell’arte nei paesi dell’Est per lunghi anni. Invece, citando Bettelheim, le fiabe tradizionali sono reali per la realtà interiore: “Se al bambino vengono narrate soltanto storie fedeli alla realtà (esteriore), cioè false per importanti componenti della sua realtà interiore, egli può concludere che gran parte della sua realtà interiore è inaccettabile per i suoi genitori”. 2. “Stravolgono” di più il reale le letture… o le telenovelas o i fotoromanzi? Ho provato, per gioco, a scrivere le prime puntate di una telenovela immaginaria. Ecco il risultato: “L’azione si svolge in un convento, in una giornata di poco vento. Nel convento vi sono una Madre Badessa e sette Sorelle. Una delle Sorelle è la figlia che la Madre ha avuto in gioventù, prima di diventare Sorella. Le altre sei Sorelle non sono 58 sorelle della Figlia perché non sono figlie della Madre. In un turbamento dei sensi vietati, una delle giovani Sorelle ha avuto da poco un figlio, ma le sorelle non sono le zie del Figlio della Sorella, e la Madre della madre del bambino non è sua nonna. La cura spirituale del convento è affidata a un sacerdote che tutti chiamano Padre, anche la Madre. Ma il Padre della Madre non è il nonno della Figlia…” (segue a piacere).Ho esagerato o somiglia molto a qualcosa “in onda”? Qual è lo stravolgimento più forte? 3. La lettura fa vedere aspetti inusitati della realtà Cervantes scrive in modo realistico quando descrive i ribaldi, gli osti, i nobili superbi, i paesaggi, la miseria del paese, ma è reale anche la “pazzia” di Chisciotte, sono “reali” — per lui e per il suo alto sentire — i casi di ingiustizia (vera o presunta) nei quali interviene a suo rischio. Gli aspetti del “reale” dell’opera sono due componenti interiori dell’uomo: - la purezza di un ideale che si ispira a tutto ciò che è onesto e nobile; - l’istinto dell’utile del povero che pur deve sopravvivere. Citiamo Heine: “Cervantes fu un poeta cattolico e a ciò deve forse quella grande serenità epica che come cielo di cristallo copre e circonda il mondo variopinto delle sue creature: non mai crepaccio del dubbio”. E Menendez Pelayo: “Quanto vi era di poetico, nobile e umano nella cavalleria, s’incorporò nella nuova opera con più alto senso. Quanto vi era di chimerico, immorale e falso (non nell’ideale cavalleresco, ma nelle sue degenerazioni) si dissipò d’incanto davanti alla classica serenità e alla benevola ironia del più sano ed equilibrato ingegno del Rinascimento”. 4. Ma la realtà ha più facce! Il “Chisciotte”, in questo senso, può essere definito come il primo romanzo moderno. Fa ridere: ma l’umorismo è la realtà che fa PROPOSTA EDUCATIVA 1/04 una capriola, è una buccia di banana su cui scivola un malcapitato (vedi la serietà del cavaliere nelle sue disgrazie). Per Freud, il motto di spirito è “un briccone che fa esplodere ciò che è represso perché, con la sorpresa, elude la vigilanza del cosciente”. Per Pirandello “il comico disgrega le maschere in cui la vita si è rappresa. L’umorismo si fonda sul senso del contrario, sul risvolto imprevisto”. Il comico è dunque (come la fiaba) un’altra faccia della realtà, il doppio della realtà vista allo specchio deformante. Per gli educatori, questo significa: non schematismo, accettare nuove soluzioni, educare all’osservazione, scarico dei conflitti interiori con l’umorismo (vedasi “Didattica dell’umorismo”, Ed. La Scuola). triste figura non è mai ridicolo. È grande in forza del suo ideale. Sancho lo avverte, ma lui risponde “yo pienso y es asi” c’insegna che noi siamo quello in cui crediamo. 2. La lettura ci mette in colloquio con un Altro, l’Autore. Il rapporto personaggioautore prefigura Pirandello 300 anni prima: nel terzo viaggio Don Chisciotte riparte perché ha sentito che il libro con le sue avventure va per il mondo e perché è indignato che qualcuno abbia scritto le sue avventure a seguire (ricordate, ad es., il rapporto personaggi-spettatori nel film “La rosa purpurea del Cairo”?). Facciamo capire ai giovanissimi che leggere è mettersi in colloquio personale con l’Autore e con il suo mondo. 3. Guardarsi dalla falsa cultura. Cervantes ci dà una satira della cultura accademica… del suo tempo e di oggi. Quando si tratta di scrivere una Prefazione al suo libro, egli finge che un amico gli consigli come scriverla: “Citare molte frasi latine… anche se non c’entrano niente”. Citare la Scrittura. Riferirsi ai miti classici e ai personaggi noti. Citare tutti gli autori e i libri che vengono in mente, dalla A alla Z: nessuno vedrà se sono stati veramente letti”. Realismo degli ideali o idealizzazione della realtà? Don Chisciotte c’interpella Quali interrogativi può presentare all’educatore moderno la lettura del libro di Cervantes? 1. La necessità di fare come Don Chisciotte: rischiare di persona, impegnarsi. Cervantes dichiara di aver voluto satireggiare le fantasie cavalleresche e di aver narrato la storia di un “pazzo da leggere”… Ma Don Chisciotte gli ha preso la mano. Da grottesco è diventato sublime. Il romanzo ha avventure che sembrano farsesche ma sono tragiche. L’hidalgo dalla PROPOSTA EDUCATIVA 1/04 Don Chisciotte idealizza la realtà fino al sogno. È una comprova dell’utilità della fantasia: “tira su” più del caffè, fa vedere qualcosa di nuovo della realtà, ci fa sentire vivi, creativi. Distinguiamo: l’ottimismo cristiano è speranza, non è immaginazione. Nasce dalla Fede e si realizza nella Carità. La realtà però si costruisce sugli ideali. Cito da “Lettera a un ostaggio” di A. de St. Exupéry: “E poiché il deserto non offre nessuna ricchezza tangibile, poiché non c’è nulla da vedere né da sentire, si è 59 costretti a riconoscere (la vita interiore, lungi dall’addormentarsi, vi si fortifica) che l’uomo è animato soprattutto da sollecitazioni invisibili. L’uomo è governato dallo Spirito. “Io valgo, nel deserto, quanto valgono le mie divinità”. Gli ideali fanno una realtà migliore. Sancho invece non ha il realismo degli ideali, ma l’idealismo dell’utile. È un pratico? È un politico? È semplicemente il buon senso accanto alla pazzia? In ogni caso, però, è una presenza umana accanto all’eroe. Per battersi bisogna essere almeno in due. “Il cavaliere solitario” non è un tipo di eroe simpatico. La donna Don Chisciotte idealizza anche le meretrici dell’osteria, trasforma una ragazza qualsiasi in “Dulcinea del Toboso”, vuole impersonare l’ideale del cavaliere antico protettore delle donne e dei deboli. Dulcinea è il simbolo della donna ideale così come l’innamorato la costruisce, anche a partire da una persona modesta. Don Chisciotte ne ha bisogno perché “un cavaliere senz’amore è albero senza foglie e frutto”: - se la crea a suo modo: “in un borgo vicino vi era una contadina di molto buon aspetto della quale fu innamorato anche se ella, come pare, non lo seppe mai”; - supera la realtà, e Don Chisciotte lo sa: “Immagino che sia così, e la dipinsi nella mia immaginazione come la desidero, nella bellezza e nella nobiltà”; - non importa più che esista (importa l’ideale): nella seconda parte del racconto, Don Chisciotte dice “Dio sa se Dulcinea esiste o no al mondo, e se è fantastica o no… ma queste non sono cose che vanno appurate fino in fondo”. Sancho dice di conoscerla e, forse per trarre dalla pazzia Don Chisciotte, la descrive… come se stesso: rozza, voce 60 sguaiata, forzuta, tutta materia, “ben fatta… per nulla schizzinosa… che ride di tutto”, mentre il Cavaliere la immagina infilare perle e ricamare oro. Conclusione Ognuno di noi potrà trarre da Quijote pazzia o saggezza, e altrettanto dai libri. Così, ognuno può domandarsi se oggi sia stata decretata o sia inevitabile la fine degli ideali (per ogni persona, per una comunità, per il nostro popolo). Sul piano della storia della letteratura, troviamo che il successo dell’ultimo cavaliere, il piccolo hobbit de Il Signore degli anelli di Tolkien, e la sua lotta contro il Male personificato, contro l’Ombra, risponda al bisogno di ideali e di luce insiti in ogni persona. In un elzeviro su Avvenire del 22 marzo 1991, il compianto Italo Alighiero Chiusano tracciò un audace parallelo tra Ignazio di Lodola e Don Chisciotte: “Quel nobilissimo, patetico, idealistico, cristianissimo ‘cavaliere dalla triste figura’ mi ricorda molto, per certi aspetti, questo santo dalle grandi visioni tutto proteso a combattere giganti (i maligni insinuano: mulini a vento) per instaurare (o restaurare?) un regno di sublime cavalleria eticoreligiosa… Don Chisciotte con vera pazzia e finendo gloriosamente sconfitto e ‘rinsavito’ tanto da straziarci il cuore. Ignazio nel raptus di un misticismo che annulla ogni smacco grazie all’onnipotenza divina, e perciò morendo nella certezza di aver vinto. O meglio di aver servito Dio che vincerà per lui e per noi… Ma i due personaggi si assomigliano e hanno alcuni tratti di incancellabile grandezza. È la Spagna che ci parla attraverso le loro parole e le loro gesta. O forse è più giusto dire l’Europa. O il mondo, che aspira ad essere un’altra cosa: la terra dei sogni e delle cose pulite, l’Eden riconquistato… Triste il giorno in cui nessuno sognerà più come Don Chisciotte. O, in altra versione, come Ignazio”. PROPOSTA EDUCATIVA 1/04