Mali - Comunità Sant`Eusebio

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Mali - Comunità Sant`Eusebio
APPARTENENZA RELIGIOSA
Musulmani 94,4%
Religioni tradizionali 2,7%
Cristiani 2,4%
Cattolici 1,6% - Ortodossi 0,1% - Protestanti 0,7%
Non affiliati 0,5%
MALI
MALI
AREA
POPOLAZIONE RIFUGIATI (interni*) RIFUGIATI (esterni**) SFOLLATI
1.240.000 km2 14.854.000
14.425
182.780
353.455
*Rifugiati stranieri che vivono in questo Paese **Cittadini di questo Paese rifugiati all’estero
La laicità dello Stato è sancita dalla Costituzione all’art. 2 nel quale si legge che tutti
«i maliani nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti e nei doveri. È vietata la discriminazione basata sull’origine sociale, colore, lingua, razza, sesso, religione e opinione politica». L’art. 4 sottolinea che «ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero,
di coscienza, di religione, di culto, di opinione, di espressione e di creazione nel rispetto della legge». L’art. 25 dispone poi che «il Mali è una Repubblica indipendente,
sovrana, indivisibile, democratica, laica e sociale», con un chiaro riferimento alla laicità dello Stato. Da segnalare che nei dibattiti che hanno preceduto la stesura e l’adozione della Costituzione nel 1991, alcune formazioni – in quel momento, piccola
minoranza – avevano richiesto la proclamazione di uno Stato confessionale islamico.
La libertà di praticare la propria religione è garantita sia agli individui che ai gruppi; i musulmani possono convertirsi al cristianesimo e, sebbene si registrino matrimoni misti tra musulmani e cristiani, la legge coranica consente solo quello tra
un uomo musulmano e una donna cristiana, non viceversa.
Da quando nel gennaio 2012 ci sono stati scontri e tensioni nel Nord del Paese e
i gruppi islamisti hanno conquistato oltre due terzi del territorio, il Mali non è più
un Paese dove vige la tolleranza religiosa. I cristiani sono tra coloro che hanno
più da temere da tale cambiamento con il quale militanti, sostenuti da Al-Qaeda,
hanno imposto la legge islamica e applicato le punizioni che essa prevede (esecuzioni, flagellazioni e amputazioni). Nell’agosto dello stesso anno, autorevoli
fonti della Chiesa hanno riferito che 200mila cristiani residenti nel Nord del Paese
avevano cercato rifugio in Algeria e Mauritania1, un numero che – di per sé già
enorme – è ulteriormente aumentato nei mesi successivi. In alcuni casi, gli islamisti avrebbero dato la «caccia a sacerdoti e religiosi»2, in altri, scritte minacciose
sono apparse sui luoghi di culto per proclamare «Allah unico» e proiettili venivano
lasciati sul pavimento3 a scopo di eloquente intimidazione.
Catholic World News/L’Osservatore Romano, 26/10/12
Fides 03/04/12
3 All Africa/ICC, 13/03/13
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Anche i musulmani moderati hanno sofferto tale cambiamento religioso e sociale.
Numerose tombe di musulmani illustri e monumenti religiosi sono state distrutti,
perché considerati dagli islamisti simboli di idolatria4. Un imam aveva così descritto la situazione: «Siamo tutti vittime di questi terroristi. Siamo tutti maliani e siamo
tutti fuggiti insieme. Quando la mia famiglia è venuta qui, abbiamo portato con noi
una famiglia cristiana e prestato loro dei nostri abiti tradizionali, in modo che i terroristi non li individuassero»5.
Nonostante nel Paese per decenni le relazioni tra la maggioranza musulmana e i
cristiani siano state di concreta cooperazione, gli islamisti sono riusciti ad approfittare del diffuso senso di delusione esistente nel Paese che è uno dei più poveri
del mondo6. Nell’estate 2012, il gruppo estremista Ansar al-Din e il suo alleato AlQaeda nel Maghreb islamico, hanno attaccato i ribelli tuareg che avevano preso
il controllo del Nord alcuni mesi prima, dichiarandone l’indipendenza. Quando,
nel successivo mese di dicembre, il Primo ministro, Cheick Modibo Diarra, aveva
rassegnato le dimissioni, si è temuto che il Paese divenisse una sorta di “Stato
fallito” come la Somalia, da anni tenuta sotto scacco dagli islamisti. Anche ipotizzando tale drammatica deriva, la richiesta di un intervento internazionale si è fatta insistente, soprattutto dopo la conquista da parte degli estremisti islamici della
città di Konna, un avanzamento che faceva temere un assalto alla capitale.
Quando nel gennaio 2013, il Presidente Traoré chiese l’aiuto dalla Francia, l’expotenza coloniale del Mali, aveva risposto prontamente, liberando dapprima Gao
e Timbuctù e poi, alla fine del mese, anche Kidal. Le truppe francesi si sono ritirate nel successivo mese di aprile; è seguito poi un prestito internazionale di 4
milioni di dollari e la firma di un Accordo con i ribelli per giungere a nuove elezioni.
Nonostante questi sviluppi, va segnalato però che l’esercito non ha permesso agli
operatori pastorali cristiani l’accesso ad alcune regioni del Paese affermando che
esse erano a rischio di rapimento. Peraltro, rapporti segnalano che nell’estate
2013, talune regioni nel Nord e nell’Est risultavano – diversamente che in passato – prive di cristiani, evidentemente fuggiti nei mesi di attacchi degli islamisti.
Per meglio descrivere quanto accaduto nel corso delle annate 2013 e 2014 (fin
dove i tempi di stesura del presente Rapporto lo hanno consentito), può essere
definita una sorta di diario mensile:
- gennaio 2013: dopo la liberazione della città di Diabally, padre Zacharie Sorgho, parroco di Nioro du Sahel, nel Nord-Ovest, racconta come i fondamentalisti abbiano «diffuso il terrore tra la gente, amputando mani, frustando e commettendo violenze sessuali contro le donne. Gli estremisti – aggiungeva il sacerdote – volevano davvero imporre la Shari’a»7. Sempre in gennaio, il vescoCNN, 19/10/12.
All Africa/ICC, 13/03/13.
6 BBC Country Profile: Mali (www.bbc.co.uk/news/world-africa-13881370)
7 ACN News, 21/01/13
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vo di Segu, monsignor Augustin Traore, dichiara che durante l’occupazione
islamista, la gente ha paura di entrare nelle chiese. Nelle sue dichiarazioni
esprime però anche il fatto che i rapporti tra cristiani e musulmani del posto,
sono generalmente rimasti buoni e che il desiderio comune è stato quello di
salvaguardare la tradizionale laicità del Paese8;
- aprile 2013: padre Edmond Dembele, segretario della locale Conferenza episcopale, sottolinea il grande sforzo necessario a far sì che la gente ricostruisca
la propria vita e si ricostruiscano tutte quelle infrastrutture distrutte dai combattenti islamici durante la loro ritirata9;
- maggio 2013: un gruppo di sostegno cristiano costituitosi per supportare i musulmani maliani convertiti al cristianesimo e per questo costretti a lasciare la
propria comunità, riferisce che tutti loro hanno dovuto scappare davanti alla furia degli estremisti, abbandonando tutto e, in particolare, le Bibbie10;
- agosto 2013: con un’affluenza alle urne elevata, i maliani votano hanno votato
per eleggere il nuovo Presidente. La vittoria di Ibrahim Boubacar Keita è stata
schiacciante anche considerando che capi religiosi islamici moderati nonché i
vertici militari ne avevano appoggiato la candidatura11;
- ottobre 2013: 18 mesi dopo essere stati costretti a fuggire, centinaia di cristiani sono ritornati nelle città settentrionali di Timbuctu e Gao, dove hanno potuto
riunirsi per celebrare un funzione religiosa. Anche se dopo mesi il loro sogno
di tornare a casa si è finalmente realizzato, il loro futuro rimane molto incerto,
perché la povertà è aumentata. Secondo fonti dell’esercito, sospetti militanti
islamisti hanno fatto saltare un ponte proprio vicino alla città di Gao che attraverso di esso era collegata al vicino Niger12;
- dicembre 2013: un’autobomba è esplosa nella città di Kidal, uccidendo almeno due caschi blu delle Nazioni Unite e causando numerosi feriti gravi tra i militari della Guardia Nazionale del Mali e delle forze di pace delle Nazioni Unite.
Il Governo si impegna a creare una Commissione Verità e riconciliazione per
raggiungere una concreta pacificazione. Tale organismo dovrà indagare sugli
attacchi subiti dai gruppi religiosi e proporre i relativi risarcimenti, soprattutto
per gli edifici religiosi e per i monumenti con valore culturale distrutti. Per Bakary Sambe dell’Università Gaston Berger del Senegal, molti maliani vogliono
anche capire come mai la loro tradizione di tolleranza religiosa abbia potuto
essere spazzata via. La spiegazione addotta da Sambe è che si sia verificato
uno scontro tutto interno all’islam, tra la componente tollerante – che risale a seIbid., 17/01/13
Fides, 10/4/13
10 ICC, 02/05/13
11 BBC Online News (www.bbc.co.uk/news/world-africa-23734922) 16 agosto 2013
12 BBC Online News, 8 ottobre 2013 (www.bbc.co.uk/news/world-africa-24441634)
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coli fa e che ha saputo coesistere con il cristianesimo e le religioni animiste – e
quella importata e che ha portato con sé un’ideologia politica militante13;
- gennaio 2014: i cristiani della città di Gao – già costretti a celebrare le funzioni
religiose in una scuola a causa dell’inagibilità della loro chiesa che era stata
saccheggiata – sono stati informati dai militari francesi che pattugliano la zona,
del ritrovamento di esplosivo nei pressi dell’istituto scolastico. Le bombe sono
state disinnescate e le autorità locali hanno aperto un’inchiesta sull’accaduto;
- aprile 2014: uno dei principali gruppi jihadisti ha annunciato la morte di un
ostaggio francese rapito nel novembre 2012. Il Movimento per l’unicità e per il
jihad in Africa occidentale – gruppo che si era staccato dal raggruppamento regionale di Al-Qaeda – ha dichiarato che Gilberto Rodrigues Leal «è morto perché la Francia è il nostro nemico». Yoro Abdoul Salam, un portavoce del gruppo, non ha fornito dettagli data o le circostanze della morte ed, esortato a fornire le prove di quanto annunciato, ha soltanto replicato agli interlocutori
dell’AFP: «In nome di Allah è morto»14.
13 14 USA Today, 26 dicembre 2013 (www.usatoday.com)
Digital Journal, 22 aprile 2014 (www.digitaljournal.com)
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