CHERI di Stephen Frears

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CHERI di Stephen Frears
CHERI di Stephen Frears
Un film di Stephen Frears con Michelle Pfeiffer, Kathy Bates, Rupert Friends. Sceneggiatura di
Cristopher Hampton. Gran Bretagna, Germania
2009
. Nomination per l'Oscar 2010 per i costumi.
Stephen Frears (Leicester, Inghilterra, classe 1941 ), che ha iniziato a collaborare con il Royal
Court Theatre di Londra, ha,
tra tanti altri film, firmato la regia di
Le relazioni pericolose
(1988)
e di
Eroe per caso
(1992).
Chéri è una storia d'amore, che termina drammaticamente, della Parigi degli anni Venti, tratta
da due romanzi di Colette (
Chéri e La fine di Chéri ).
All’inizio del secolo appena trascorso Parigi era famosa per l’arte, il teatro, la musica e per le
cortigiane. Sarà l’atmosfera di un’epoca lontana come appunto la Belle Epoque, di una città
come Parigi, sarà anche per questo film e per il fascino di Michelle Pfeiffer, ma le cortigiane di
allora avevano poco a che fare con le escort di oggi, anche se il mestiere era lo stesso. Le
cortigiane di allora fanno fantasticare: principi e politici, banchieri e industriali straricchi
dilapidavano fortune, per se stessi non per
altri, per amore non per capricci.
Lea, cortigiana ancora desiderabile, da poco in pensione riceve l’incarico da un’amica e rivale
d’un tempo di occuparsi del figlio di lei, Chéri, che è troppo giovane e viziato e, sia pure in
modo introverso
e ingenuo, gaudente. Per le professioniste il sesso è
estremamente importante ma non nel modo come lo intende la gente comune. Impensabile una
mamma che affidi il figlio a un’amica…
Lo
svezzamento dura sei anni e si trasforma in una relazione finché un giorno non accade
qualcosa di ( ahimé !) prevedibile e di assai doloroso.
Quasi tutti i film all'uscita dal cinema fanno discutere in primo luogo sulla storia: se ci sono
incongruenze ( come mai una madre esperta in amore non ha previsto l’innamoramento?
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possibile che il desiderio di far del male all’amica non le ha fatto ipotizzare che poteva farsi
male anche il figlio? ); e quindi si discute se la vicenda è convincente e credibile ( manca lo
spessore della tragedia che si sta maturando ).
In particolare mi sembra che si discuta della storia per i film in cui il riferimento letterario, sia
esso elevato o meno,
è chiaro e preciso, ed è tale quando la sceneggiatura
ripercorre, senza guizzi né lampi, le vicende narrate dallo scrittore, semplicemente ( tranne gli
opportuni ritocchi ) "traducendole" nel linguaggio filmico. Perciò se lo scrittore, per sua scelta o
per suoi limiti, narra storie pensando a un pubblico culturalmente non molto attento, la
sceneggiatura che semplicemente "traduce " segue la stessa strada e si rivolge allo stesso
pubblico.
Qui poi sembra proprio che lo sceneggiatore Cristopher Hampton, che è lo stesso de Le
relazioni pericolose
( romanzo di
de Laclos, romanzo e sceneggiatura ambedue di altro livello )
abbia avuto bisogno per
Chéri
di inserire una voce fuori campo ( erano brani del romanzo, sia pure rimaneggiati? ) per
introdurre, raccordare, spiegare, e ciò con la complicità del regista che ha accettato tale
soluzione.
Che io trovo limitativa
per un'arte, quale il cinema, che ha un suo linguaggio, sue proprie modalità espressive con le
quali persegue gli scopi di emozionare e di far meditare, e, quando vi riesce, emozioni e
pensieri sono
dovuti solo a questo linguaggio.
Ma il cinema è anche spettacolo! ( forse per alcuni soprattutto ). Allora tutto è permesso, perché
lo spettacolo deve divertire, tutt’al più meravigliare, deve distrarre, tutt’al più stupire, deve
incuriosire, tutt’al più interessare. Così il regista può inserire nel suo film ciò che crede
opportuno: brani letterari, commenti o voci narranti, poesie, musiche celebri di sicuro effetto o
coinvolgere musicisti in grado di elevare il film. Ennio Morricone ha contribuito al successo di
tante pellicole cinematografiche e a volte viene da chiedersi se quel determinato film da lui
musicato lo ricorderemmo ugualmente senza le sue musiche.
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Cheri sveglia interesse per la caratterizzazione dei personaggi: Pfeiffer è nel ruolo,
stupendamente al suo solito; anche la Bates e il giovane Friends, i limiti non sono dovuti a loro
ma alla sceneggiatura. Sveglia interesse per i costumi di Consolata Boyle, si ammira per le
scenografie curatissime di Alan MacDonald
e per la fotografia di Darius Khondji.
Maurizio Mazzotta www.essereuomo.it
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