Untitled - Barz and Hippo

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Untitled - Barz and Hippo
scheda tecnica
durata:
111 MINUTI
nazionalità:
GRAN BRETAGNA
anno:
2010
regia:
STEPHEN FREARS
sceneggiatura:
MOIRA BUFFINI
soggetto:
POSY SIMMONDS
scenografia:
TINA JONES
costumi:
CONSOLATA BOYLE
musica:
ALEXANDRE DESPLAT
montaggio:
MICK AUDSLEY
produzione:
ALISON OWEN, TRACEY SEAWARD, PAUL TRIJBITS
distribuzione:
BIM
attori:
GEMMA ARTERTON (TAMARA DREWE), ROGER ALLAM (NICHOLAS
HARDIMENT), BILL CAMP (GLEN MCCREAVY), DOMINIC COOPER (BEN
SERGEANT), LUKE EVANS (ANDY COBB), TAMSIN GREIG (BETH
HARDIMENT),
CHARLOTTE
CHRISTIE
(CASEY
SHAW),
JESSICA
BARDEN (JODY LONG), JOHN BETT (DIGGORY), JOSEPHINE TAYLOR
(ZOE), BRONAGH GALLAGHER (EUSTACIA), PIPPA HAYWOOD (TESS),
SUSAN WOOLRIDGE (PENNY UPMINSTER), AMANDA LAWRENCE
(MARY)
la parola ai protagonisti
Marianna Cappi intervista Stephen Frears
L'impressione forte, guardando il film, è che lei si sia innanzitutto divertito molto nel girarlo. Conferma?
È stata una gioia dall'inizio alla fine, una specie di coccola, un regalo, come andare in vacanza.
Nei suoi film le apparenze sono spesso dei limiti. Ne è convinto?
Sono in Italia da dodici ore e tutti sono bellissimi, vestiti benissimo… È piuttosto noioso, no? Non so dare
una risposta precisa, ma in fondo la vita conferma quest'idea. Non suona molto profondo ma l'apparenza è
certamente una trappola, basta chiederlo ad una qualsiasi attrice americana.
Degli scrittori di oggi fa un ritratto piuttosto cinico, come di persone che si ritirano fuori dal mondo ma non
fanno che parlarsi addosso. È così che li vede?
Gli scrittori che conosco sono persone di talento, hanno un dono che si direbbe divino. Quel che non capisco
è perché tutti oggi vogliano fare gli scrittori o i registi. È inconcepibile. Per me si tratta di un mestiere come
un altro. L'intelligenza è un conto, ma la capacità di tradurla in parole è un'abilità e non tutti l'hanno. Il
bisogno di esprimersi, invece, è universale.
Il personaggio di Nicholas, per esempio, è patetico…
Anche nel “Gabbiano” di Cechov il personaggio dello scrittore affermato non se la passa meglio. Il successo
è spesso un mezzo per diventare patetici.
Definirebbe Tamara una donna moderna? Com'è stato lavorare con Gemma Arterton?
Tamara è una donna senza tempo, ma è moderna perché provvede da sola a trasformarsi, cambiandosi e
abbigliandosi come vuole. Gemma è stata perfetta. È un talento molto molto originale. Non avevo in mente
lei per il ruolo fin da subito solo perché non sapevo che esistesse, ma non avevo neppure in mente nessun
altro.
Le due ragazzine rappresentano una nuova generazione brillante ma piuttosto disperata…
I giovani oggi in Inghilterra sono abbandonati, specie i più poveri: non hanno futuro. Alcuni dei miei figli sono
disoccupati. Per questo i ragazzi protestano davanti a Downing Street, per questo sono anarchici e critici. In
ogni caso, se c'è un personaggio del film che mi assomiglia è la ragazzina, perché è pestifera.
Il film affronta il nodo “vita e scrittura”, poiché i protagonisti cercano la quiete per scrivere ma è solo vivendo
e agitandosi che trovano il materiale. Il lavoro del regista è diverso?
Il regista come, credo, lo scrittore, fa esperienza di uno stato mentale molto peculiare: è coinvolto in quel che
fa, interno, ma anche distaccato, esterno. È come possedere un cervello diviso a metà. Devi essere
partecipe ma anche capace di stare un passo indietro per vedere a fuoco l'insieme.
Rispetto al libro a fumetti, il lavoro di adattamento è stato molto fedele, con alcuni cambiamenti. Quali sono
state le modifiche principali?
Il libro è fantastico. Così perfetto che in molte occasioni non avrei potuto fare di meglio e perciò mi sono
limitato ad omaggiarlo. Le differenze principali riguardano la sorte della ragazzina, il personaggio della
rockstar e il finale. Forse il libro è più pessimista, mentre il film vira di più sulla commedia.
Tamara Drewe è stato definito una commedia corale e intelligente, alla Woody Allen. Cosa lo rende, però, un
prodotto tipicamente inglese (come afferma il sottotitolo italiano)?
Il confronto con Woody Allen è talmente lusinghiero che… cosa posso dire? Grazie! Per il resto, è un film
inglese perché parla di quanto sia ridicola la borghesia inglese, che quando si arricchisce compra case in
campagna e fa finta di vivere come un gruppo di contadini siciliani. Ma è anche un film francese, perché i
francesi fanno film sulla borghesia e sulla campagna: penso a Chabrol o a Rohmer. Quanto ai tradimenti
“all'inglese” del sottotitolo italiano, in verità, io penso che l'impatto del sesso sulla società sia un fenomeno
universale.
La sua è una filmografia eterogenea, che ha esplorato testi e generi molto diversi. Come lo spiega?
Non è vero, i miei film sono tutti uguali. Cos'hanno in comune? Che li ho fatti io. Scherzi a parte, non capisco
chi fa sempre lo stesso film, io mi annoio a fare le stesse cose, sono come un bambino avido di provare
cose nuove. L'anno prossimo girerò un film ambientato a Las Vegas. Diciamo che sarà una “commedia
umana”.
Stephen Frears
Nato il 20 giugno 1941 a Leicester, dopo il diploma al Gresham's School, si iscrive a giurisprudenza ad
Trinity College dell'università di Cambridge, ma abbandona presto gli studi per dedicarsi al teatro, in
collaborazione con il Royal Court Theatre di Londra. Dopo numerose esperienze sul palcoscenico in veste di
regista, passa alla direzione di alcuni lavori per la televisione. Nello stesso periodo è anche assistente del
ceco Karol Reisz e Lindsay Anderson, grazie ai quali impara i trucchi del mestiere di regista cinematografico.
Il debutto nel lungometraggio avviene nel 1972 con la commedia di ambientazione noir Gumshoe, seguita
poi da una ricca galleria di lavori per la tv: serie televisive (Follyfoot e Play For Today) e film, tra i quali
spicca Bloody Kids(1979), andato in onda in tv quattro anni dopo la realizzazione perché considerato troppo
crudo per l'uscita in sala al cinema. Con Vendetta (1984), scritto da Peter Prince, ritorna al cinema, dopo
innumerevoli lavori per la televisione. Il film ottiene un discreto successo di pubblico e viene esaltato dalla
critica che vede, già allora, il talento di Frears nel rappresentare pregi e difetti dell'era thatcheriana. L'anno
dopo gira My Beautiful Laundrette (1985), su sceneggiatura dello scrittore Hanif Kureishi, e raggiunge la
notorietà, raccontando la storia d'amore tra un pakistano e un bianco inglese razzista. L'intelligenza registica
di Frears mette in luce la bravura degli attori, Daniel Day-Lewissu tutti, e costruisce una storia
apparentemente semplice ma ricca di sfaccettature illuminanti sull'integrazione culturale inglese. Dopo Prick
Up – L'importanza di essere Joe (1987), film biografico sulla vita del commediografo omosessuale Joe
Orton, e Sammy e Rosie vanno a letto (1987), nuovamente una storia d'amore tra due persone di origine
diversa scritta dalla mano sapiente di Kureishi, Hollywood punta gli occhi sul regista e lo chiama per dirigere
la trasposizione cinematografica del romanzo Le relazioni pericolose di Choderlos de Laclos. Il cast
eccezionale (Michelle Pfeiffer, John Malkovich e Glenn Close) e l'eleganza dello stile registico ne fanno un
piccolo gioiello della storia del cinema mondiale. Rimane negli Stati Uniti a girare Rischiose abitudini (1990),
uno dei suoi lavori migliori, incentrato sulla forza distruttrice del denaro, su come influenzi il 'sogno
americano' e spesso crei conseguenze drammatiche. Per il film riceve la candidatura all'Oscar come migliore
regista e poco dopo ottiene un successo incredibile di pubblico con Eroe per caso (1992), seguito dal
minore The Snapper (1993) e il più interessante Mary Reilly (1996), con Julia Roberts e John Malkovich,
dove le vicende di dr. Jekyll/mr. Hyde vengono filtrate attraverso gli occhi della governante. Ha meno fortuna
con il western The Hi-Lo Country (1998) e la commedia Due sulla strada (1996). Ma riprende subito dopo la
vecchia vena creativa con Alta fedeltà (2000), tratto dall'omonimo romanzo di Nick Hornby, e Liam (2000),
ambientato durante gli anni Trenta in Irlanda, sotto la pressione di un cattolicesimo fervente. Nello stesso
anno realizza A prova di errore, film fantascientifico per la tv, poi si ferma a Londra dove dirige il delizioso
noir Piccoli affari sporchi (2002), Lady Henderson presenta (2005) e il dissacrante The Queen (2006) sulla
reazione di Elisabetta II alla morte di Diana Spencer. Helen Mirren, che interpreta la regina, viene premiata
con la coppa Volpi e l'Oscar come migliore attrice. Nel 2009, dopo il film tv Skip Tracer, si dedica al progetto
e alla realizzazione di Chéri, dramma in costume, ambientato nella Parigi cortigiana di inizio Novecento. Per
la parte della protagonista sceglie nuovamente Michelle Pfeiffer, perfetta nel ruolo di una donna non più così
giovane ma intraprendente e affascinante come il personaggio letterario di Colette, da cui è tratto il film. Nel
2010 firma Tamara Drewe - Tradimenti all'inglese, commedia romantica interpretata dalla splendida Gemma
Arterton.
Filmografia
(1968) The Burning (corto)
(1976-81) BBC2 Playhouse (serie tv)
(1968) La guerra di Tom Grattan (serie tv)
(1977) Last Summer (film tv)
(1969) Parkin’s Patch (serie)
(1977) Black Christmas (film tv)
(1971-73) Follyfoot (serie tv)
(1977-78) BBC2 Play of the Week (serie tv)
(1972) A Day Out (film tv)
(1977-78) ITV Playhouse (serie tv)
(1972) Gumshoe - Sequestro pericoloso
(1978) Me! I’m Afraid of Virginia Woolf (film tv)
(1973) The Cricket Match (film tv)
(1978) Doris and Doreen (film tv)
(1973) Sporting Scenes (serie tv)
(1979) Afternoon Off (film tv)
(1974) Second City First (serie tv)
(1979) One Fine Day (film tv)
(1975) Daft As a Brush (film tv)
(1979) Bloody Kids - Solo per gioco
(1975) Three Men in a Boat (film tv)
(1982) Walter (film tv)
(1975-79) Play for Today (serie tv)
(1983) The Last Company Car (film tv)
(1983) Saigon: Year of the Cat (film tv)
(1997) A Personal History of British Cinema by
(1984) December Flower
Stephen Frears (documentario)
(1984) Vendetta
(1997) Howard Hawks: American Artist
(1984-88) The Comic Strip Presents... (serie tv)
(1998) The Hi-Low Country
(1985) My Beautiful Laudrette
(2000) Alta fedeltà
(1986) Screen Two (serie tv)
(2000) A prova di errore (film tv)
(1986) Walter and June (film tv)
(2000) Liam
(1987) Sammy e Rosie vanno a letto
(2002) Piccoli affari sporchi
(1987) Prick Up – L’importanza di essere Joe
(2003) The Deal
(1988) Le relazioni pericolose
(2005) Lady Henderson presenta
(1990) Rischiose abitudini
(2006) The Queen
(1992) Eroe per caso
(2008) Skip Tracer (film tv)
(1993) The Snapper (film tv)
(2009) Chéri (regista e narratore)
(1996) Mary Reilly
(2009) Great Directors (attore)
(1996) Due sulla strada
(2010) Tamara Drew – Tradimenti all’inglese
Recensioni
Maurizio Porro - Corriere della Sera
Tamara Drewe di Stephen Frears Ispirato alle strisce di Posy Simmonds in Italia edite da Nottetempo, uscite
a puntate al sabato sul Guardian ed oggi abilmente sceneggiate da Moira Buffini, il nuovo film di Stephen
Frears si allontana dalla Queen reale e dalla Chéri di Colette per correre via dalla pazza folla, citazione non
casuale del romanzo di Thomas Hardy cui fischieranno non poco le orecchie. Inizio folgorante presso un
agriturismo inglese per intellettuali, spalmando ironia su scrittori falliti e golosi e indovinando il contrasto tra
un certo snobismo e la presunta sana vita di campagna dai sapori genuini. L'eroina è Tamara Drewe,
disinibita ragazza scribacchina che torna al paesello con un naso rifatto che la rende una dark lady in grado
di sedurre il famoso giallista adorato dalle signore e disponibile marito di Beth, cuoca e dea ex machina con
le occhiaie, padrona della pensione e vittima d'un ennesimo adulterio di cui la gente mormora. E se
l'ispirazione è doppiamente femminile, non si può dire che si facciano sconti alle donne, specie ad una
teenager istericamente invaghita di un batterista sesso-droga-rock'n'roll (lo spiritoso Dominic Cooper di
Mamma mia!) in un arcadico Dorset dove gli incroci affettivi, anche per colpa di alcune relazioni pericolose
via mail, finiscono per devastare e non sempre ricostruire (lasciando sul prato anche una vittima) le
sicurezze sentimentali di protagonisti e comprimari, ciascuno pronto alla resa dei conti. Divertente e cinico,
campagnolo e raffinato, nero e frustrato dentro ma caldo e assolato nel paesaggio, antico e moderno, tutto
un ossimoro, il film di Frears si gode per il sapore piccante, la satira precisa degli ambienti, la diversità dei
toni, Oscar Wilde con le galline, il perfido patetismo che guarda alla società letteraria. Ma è fin troppo pieno
di probabilità e imprevisti, di cose, di libri (molto Hardy appunto), di ripicche, rimorsi, di persone e animali,
tante mucche (nella scena più a fumetto) e un cane baricentro dell'incastro. Inglese, dialogato a più voci e
più insulti, il racconto si fa scudo dei bei panorami che nascondono umane cattiverie e si avvale di un ottimo
cast perfidamente british dove si notano la sfacciata vittima della plastica Gemma Arterton (ex Bond girl),
Roger Allam, Luke Evans, Jessica Barden e Charlotte Christie, bambinaccia così odiosa, perfida, amorale
che sembra uscita da vecchie calunnie controfirmate da Lillian Hellman e William Wyler.
Roberto Nepoti - Repubblica
Scrittori senza ispirazione si rifugiano nell' Inghilterra rurale: li turba l' apparizione di una bella tentatrice in
minishort, Tamara Drewe, che ha conti da regolare col genere maschile. Regista eclettico come pochi altri,
Stephen Frears adatta per lo schermo una "graphic novel" di Posy Simmonds che parafrasa in versione pop
la letteratura bucolica inglese, aggiungendovi un pizzico di Woody Allen. Tuttii registri dal drammatico al
comico sono traversati con grande naturalezza. In un' umanità di vanitosi e frustrati, Gemma Arterton
spande sexiness da tutte le forme.
Paola Casella - Il Sole 24 Ore
Ogni tanto i grandi festival di cinema decidono di fare un regalo a sorpresa agli spettatori e soprattutto ai
critici, che nel buio della sala possono finalmente dimenticarsi di fare il loro mestiere e semplicemente
divertirsi. Tamara Drew è il regalo - rigorosamente fuori concorso - che quest'anno Cannes fa a pubblico e
critica: una commedia molto british e anche un poco nera, più divertente di tanto Woody Allen recente,
compreso quello girato in Inghilterra.
In questa storia di scrittori riuniti nel cuore di un paesino rurale in cui non succede mai niente succede invece
di tutto, e soprattutto ce n'è per tutti: grandi autori di best seller vanitosi e fedifraghi, saccenti scrittori
americani di noiosissimi saggi che ovviamente nessuno legge, teenager con gli ormoni in corsa campestre e
rocker con il broncio permanente. Al centro, una ex brutto anatroccolo che, grazie a una plastica al naso, è
diventata la ragazza più bella del paese, e la più desiderata. Intorno a lei infatti si scatenano le voglie di tutti i
maschi della contea con le conseguenze più surreali e si innesca così una commedia strapiena di gag,
invenzioni grottesche e humour britannico.
Tutto avviene in modo così veloce e precipitoso che anche il più coriaceo dei critici si lascia trascinare e
travolgere, smettendo di sottolineare che la macchina da presa scorre da scena a scena e da stanza a
stanza con la fluidità di un ruscello di campagna, che la campagna, appunto, è illuminata come nel miglior
Woody Allen, che ogni dettaglio è al suo posto, che i dialoghi, oltre che spassosi, sono intelligenti e
umanamente credibili pur nel contesto della farsa. Le scene più divertenti restano quelle che vedono due
15enni con la divisa del college osservare il loro piccolo mondo come se fosse un pianeta popolato da
marziani e che si inventano la qualsiasi pur di «far succedere qualcosa». Ora della fine, si ha quasi
l'impressione che il film l'abbiano girato loro. E chiunque conosca il guizzo da eterno adolescente di Stephen
Frears, il regista di The Queen e di Le relazioni pericolose, sa che, in fondo, è andata esattamente così.
Lietta Tornabuoni – L’espresso
Il grande regista che non ha mai fatto un bel film, scrisse con acidità di John Huston un critico francese. Di
Stephen Frears si potrebbe dire il contrario: il regista che ha fatto tanti bei film, ma che in pochi considerano
grande. Ci sarebbero cinque o sei titoli del passato a confermarlo ("My Beautiful Laundrette", "Le relazioni
pericolose","Rischiose abitudini", "The Snapper", "Alta Fedeltà", "The Queen"), ma può bastar pure
quest'ultimo "Tamara Drewe".
Siamo ad Ewedon, paesino del Dorset, dove ritorna, per vendere la casa di famiglia, l'ex brutto anatroccolo
locale, Tamara Drewe. Trasferitasi a Londra, rifattasi il naso, è diventata ora una procace ragazza e una
giornalista famosa. La comunità maschile, orbitante intorno a una pensione per scrittori, è in subbuglio. Un
musicista rock idolo delle ragazze, un affermato giallista di mezz'età, il fidanzatino d'un tempo si affollano
attorno a lei e nel suo letto: per i più finisce bene, ma qualcuno raccoglie la tempesta che semina.
Ricavato da una graphic novel di Posy Simmonds, a sua volta ispirata a "Via dalla pazza folla" di Thomas
Hardy, "Tamara Drewe" aggiorna la tradizione della British comedy con sottolineature licenziose e
permissive ben calibrate. La regia, sostenuta da contributi tecnici di prim'ordine e dalla travolgente
sceneggiatura di Moira Buffini, muove con sapienza un cast di attori che fa scintille (la nostra personale
Palma d'oro va a Roger Hallam, ma è ottima pure la protagonista, Gemma Arterton).
Il "Frears touch", che si rivela al meglio nell'adattamento di testi preesistenti, qui staziona, sornione, tra il
divertito e il disilluso: come indica lo scioglimento, cinico quanto basta ad irridere ogni forma d'innocenza.
Antonio Angeli - Il Tempo
«È l'unico argomento di cui so tutto»: con questa battuta bruciante si presentava Oscar Wilde, scrittore,
poeta, commediografo e, volente o nolente, papà dell'umorismo inglese. Definire esattamente l'uomorismo
inglese è un'impresa impossibile: basti sapere che Wilde, appunto il padre dell'uomorismo inglese, neppure
era inglese, ma irlandese. E se si dà per inglese un irlandese ci si può attendere di tutto, da una risposta
seccata a un pugno sul naso. E poi l'umorismo inglese è... tiepidamente umoristico, della stessa temperatura
alla quale viene servita la birra nel Dorset. Sono considerati maestri del genere personaggi come Joseph
Kesselring, autore della commedia «Arsenico e vecchi merletti». Kesselring era, naturalmente,
newyorchese, mentre Frank Capra, che della commedia fece un famoso film nel '41, era nato in provincia di
Palermo. Dell'Inghilterra nemmeno l'ombra. Forse anche per questo il pubblico ride. Insomma l'umorismo
inglese spesso non è inglese e non è umoristico ma, al contrario della birra del Dorset, riscuote sempre un
successo planetario. Arriva oggi nelle sale italiane «Tamara Drewe - Tradimenti all'inglese», l'ultimo film di
Stephen Frears, quello di «Eroe per caso», «Mary Reilly» e «Lady Henderson presenta». Insomma uno che
di umorismo inglese ne capisce e, finalmente, ci ha fatto la grazia di nascere in Inghilterra, sempre che
Leicester possa essere definita Inghilterra. Un film, «Tamara Drewe», che aggiunge, all'indefinibile mix
definito umorismo inglese, di solito assolutamente casto, anche un pizzico di erotismo piccante. Insomma
una rivoluzione, visto che l'unica apparente caratteristica di questo genere sembrava essere una certa
frigidità. Tanto che è stata scritta, negli anni Settanta, ed ha avuto anche un certo successo, la commedia
«Niente sesso siamo inglesi». A questo punto l'unica vera caratteristica dell'umorismo inglese, che ha come
capostipite «L'importanza di chiamarsi Ernesto», commedia scritta da Wilde nel 1895, sembra quella di
essere sempre sul punto di scomparire. Ma, quando ormai lo danno tutti per morto... ecco che appare un
libro, una commedia, un film che dimostrano che è più vivo che mai. Fanno parte di questa continua
resurrezione, ad esempio: Pelham Grenville Wodehouse, tra i massimi scrittori inglesi (attualmente
ripubblicatissimo in Italia). Poi attori del calibro di Peter Sellers, ma anche Benny Hill e, tanto per citare
qualcuno in vita, Rowan Sebastian Atkinson, per tutti Mr. Bean. Sempre che si possa definire «vivo» uno
come Mr. Bean.
Roberto Escobar – Il Sole 24 Ore Domenica
Via dalla pazza folla: questo annuncia e garantisce un cartello all'entrata della fattoria di Tamara Drewe. Il
riferimento a Far from the madding crowd (1974) non è casuale. Come nel romanzo di Thomas Hardy, anche
nel film di Stephen Frears e della sceneggiatrice Moira Buffini la campagna del Dorset – che Hardy chiama
Wessex – è insieme sfondo e personaggio. Lo è per lo più con i toni della commedia, ma alla fine con la
stessa cieca, invincibile potenza "schopenhaueriana" che ha la natura nell'opera dello scrittore inglese.
Tratto da un romanzo a fumetti che Posy Simmonds ha pubblicato a puntate sul «Guardian», Tamara Drewe
inizia nella quiete idilliaca di un'estate campagnola e letteraria. Nella fattoria condotta e accudita dalla solerte
e ingenua Beth (Tamsin Greig), un gruppo variopinto di uomini e di donne sono intenti a dar forma letteraria
al loro multiforme narcisismo. In via più diretta, chiamiamoli pure scrittori. In ogni caso, così intendono se
stessi. Per questo sono ospiti (paganti) della fattoria: per trovare ispirazione, se non proprio genio creativo,
nella sua quiete silvestre. D'altra parte, Nicholas (Roger Allam), marito più volte fedifrago di Beth,scrittore è
di certo. Lo prova la tiratura dei suoi romanzi polizieschi. E ancor di più lo provano la tranquilla sicumera con
cui tratta i suoi "colleghi", insieme con la loro invidia latente.
Come nel libro di Hardy, al centro del film di Frears si muove una giovane donna. Il suo nome è appunto
Tamara Drewe (Gemma Arterton). E del fatto che si "muova" sono ben certi i maschi del villaggio, a partire
da Andy (Luke Evans), giovane villico aitante, oltre che da Nicholas. Per quanto immerso nelle sue fatiche
narrative, lo scrittore ha modo di apprezzare Tamara fin dal suo primo apparire. Con le lunghe gambe
morbide che sbucano come due promesse dai calzoncini corti, lei entra nel suo giardino scavalcando un
piccolo cancello che dà sui campi. Da questo momento la faccenda si fa chiara, come e persino più che in
un romanzo.
In Tamara Drewe Frears non esercita il sarcasmo elegante di The Queen (1996), né cerca l'intensità erotica
del recente e splendido Chéri (2009), con la sua comprensione dolente del venir meno della giovinezza e del
decadere dei corpi. Neppure incrudelisce sui propri personaggi con la freddezza spietata degli ormai lontani
Rischiose abitudini (1990) e Le relazioni pericolose (1988). Si limita piuttosto al divertimento leggero di
mettere alla prova la promessa (improbabile) che campeggia all'entrata della fattoria.
Che cosa c'è, davvero, nella quiete della campagna, via dalla pazza folla? La risposta più cruda e più
convincente è quella delle Jody e Casey (Jessica Barden e Charlotte Christie). Le due adolescenti smaniose
passano il tempo spettegolando nel gabbiotto d'una fermata d'autobus. Per la verità, l'autobus è stato
rottamato da tempo, e il via vai non è un granché. Ma Jody e Casey sanno (e dicono) di non avere che
un'alternativa, per riempire le loro giornate: tornarsene a casa e bearsi delle flatulenze dei padri. Forse
difettano d'eleganza, le ragazzine, e Frears anche. In compenso hanno il pregio, tutti e tre, d'essere chiari,
oltre che passabilmente realistici.
In questo angolo di paradiso, dunque, scopriamo che Tamara è una sorta di brutto anatroccolo tornato ai
luoghi delle sue origini. Fa la giornalista a Londra, la seducente Tamara, ma un tempo viveva da queste
parti, imbruttita da un grosso naso a becco. Adesso il naso a becco non c'è più, portato via dai prodigi della
chirurgia plastica. Ma c'è ancora la vecchia casa dei genitori, e lei è qui per venderla.
D'altra parte, tutto questo non è che contorno narrativo, allo stesso modo degli egoismi e delle miserie di
Nicholas e delle molte altre cose che accadono al villaggio. O che non vi accadono, come direbbero Jody e
Casey. La sceneggiatura procede attualizzando, e certo anche modificando, la trama del romanzo di Hardy.
Ma su tutto, per quanto sullo sfondo, domina la campagna. Si tratta di una campagna che niente sa né vuol
sapere di idilli, e tanto meno di narcisismi da romanzieri. La sua "natura" somiglia piuttosto a quella possente
e cieca d'una mandria di vacche in fuga. Sotto i loro zoccoli finisce la letteratura, e anzi proprio il letterato.
Quanto al resto, e nonostante un happy ending, immaginiamo che continui a valere la realistica ineleganza
delle due ragazzine nel gabbiotto dell'autobus.