Untitled - Barz and Hippo
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Untitled - Barz and Hippo
scheda tecnica durata: 111 MINUTI nazionalità: GRAN BRETAGNA anno: 2010 regia: STEPHEN FREARS sceneggiatura: MOIRA BUFFINI soggetto: POSY SIMMONDS scenografia: TINA JONES costumi: CONSOLATA BOYLE musica: ALEXANDRE DESPLAT montaggio: MICK AUDSLEY produzione: ALISON OWEN, TRACEY SEAWARD, PAUL TRIJBITS distribuzione: BIM attori: GEMMA ARTERTON (TAMARA DREWE), ROGER ALLAM (NICHOLAS HARDIMENT), BILL CAMP (GLEN MCCREAVY), DOMINIC COOPER (BEN SERGEANT), LUKE EVANS (ANDY COBB), TAMSIN GREIG (BETH HARDIMENT), CHARLOTTE CHRISTIE (CASEY SHAW), JESSICA BARDEN (JODY LONG), JOHN BETT (DIGGORY), JOSEPHINE TAYLOR (ZOE), BRONAGH GALLAGHER (EUSTACIA), PIPPA HAYWOOD (TESS), SUSAN WOOLRIDGE (PENNY UPMINSTER), AMANDA LAWRENCE (MARY) la parola ai protagonisti Marianna Cappi intervista Stephen Frears L'impressione forte, guardando il film, è che lei si sia innanzitutto divertito molto nel girarlo. Conferma? È stata una gioia dall'inizio alla fine, una specie di coccola, un regalo, come andare in vacanza. Nei suoi film le apparenze sono spesso dei limiti. Ne è convinto? Sono in Italia da dodici ore e tutti sono bellissimi, vestiti benissimo… È piuttosto noioso, no? Non so dare una risposta precisa, ma in fondo la vita conferma quest'idea. Non suona molto profondo ma l'apparenza è certamente una trappola, basta chiederlo ad una qualsiasi attrice americana. Degli scrittori di oggi fa un ritratto piuttosto cinico, come di persone che si ritirano fuori dal mondo ma non fanno che parlarsi addosso. È così che li vede? Gli scrittori che conosco sono persone di talento, hanno un dono che si direbbe divino. Quel che non capisco è perché tutti oggi vogliano fare gli scrittori o i registi. È inconcepibile. Per me si tratta di un mestiere come un altro. L'intelligenza è un conto, ma la capacità di tradurla in parole è un'abilità e non tutti l'hanno. Il bisogno di esprimersi, invece, è universale. Il personaggio di Nicholas, per esempio, è patetico… Anche nel “Gabbiano” di Cechov il personaggio dello scrittore affermato non se la passa meglio. Il successo è spesso un mezzo per diventare patetici. Definirebbe Tamara una donna moderna? Com'è stato lavorare con Gemma Arterton? Tamara è una donna senza tempo, ma è moderna perché provvede da sola a trasformarsi, cambiandosi e abbigliandosi come vuole. Gemma è stata perfetta. È un talento molto molto originale. Non avevo in mente lei per il ruolo fin da subito solo perché non sapevo che esistesse, ma non avevo neppure in mente nessun altro. Le due ragazzine rappresentano una nuova generazione brillante ma piuttosto disperata… I giovani oggi in Inghilterra sono abbandonati, specie i più poveri: non hanno futuro. Alcuni dei miei figli sono disoccupati. Per questo i ragazzi protestano davanti a Downing Street, per questo sono anarchici e critici. In ogni caso, se c'è un personaggio del film che mi assomiglia è la ragazzina, perché è pestifera. Il film affronta il nodo “vita e scrittura”, poiché i protagonisti cercano la quiete per scrivere ma è solo vivendo e agitandosi che trovano il materiale. Il lavoro del regista è diverso? Il regista come, credo, lo scrittore, fa esperienza di uno stato mentale molto peculiare: è coinvolto in quel che fa, interno, ma anche distaccato, esterno. È come possedere un cervello diviso a metà. Devi essere partecipe ma anche capace di stare un passo indietro per vedere a fuoco l'insieme. Rispetto al libro a fumetti, il lavoro di adattamento è stato molto fedele, con alcuni cambiamenti. Quali sono state le modifiche principali? Il libro è fantastico. Così perfetto che in molte occasioni non avrei potuto fare di meglio e perciò mi sono limitato ad omaggiarlo. Le differenze principali riguardano la sorte della ragazzina, il personaggio della rockstar e il finale. Forse il libro è più pessimista, mentre il film vira di più sulla commedia. Tamara Drewe è stato definito una commedia corale e intelligente, alla Woody Allen. Cosa lo rende, però, un prodotto tipicamente inglese (come afferma il sottotitolo italiano)? Il confronto con Woody Allen è talmente lusinghiero che… cosa posso dire? Grazie! Per il resto, è un film inglese perché parla di quanto sia ridicola la borghesia inglese, che quando si arricchisce compra case in campagna e fa finta di vivere come un gruppo di contadini siciliani. Ma è anche un film francese, perché i francesi fanno film sulla borghesia e sulla campagna: penso a Chabrol o a Rohmer. Quanto ai tradimenti “all'inglese” del sottotitolo italiano, in verità, io penso che l'impatto del sesso sulla società sia un fenomeno universale. La sua è una filmografia eterogenea, che ha esplorato testi e generi molto diversi. Come lo spiega? Non è vero, i miei film sono tutti uguali. Cos'hanno in comune? Che li ho fatti io. Scherzi a parte, non capisco chi fa sempre lo stesso film, io mi annoio a fare le stesse cose, sono come un bambino avido di provare cose nuove. L'anno prossimo girerò un film ambientato a Las Vegas. Diciamo che sarà una “commedia umana”. Stephen Frears Nato il 20 giugno 1941 a Leicester, dopo il diploma al Gresham's School, si iscrive a giurisprudenza ad Trinity College dell'università di Cambridge, ma abbandona presto gli studi per dedicarsi al teatro, in collaborazione con il Royal Court Theatre di Londra. Dopo numerose esperienze sul palcoscenico in veste di regista, passa alla direzione di alcuni lavori per la televisione. Nello stesso periodo è anche assistente del ceco Karol Reisz e Lindsay Anderson, grazie ai quali impara i trucchi del mestiere di regista cinematografico. Il debutto nel lungometraggio avviene nel 1972 con la commedia di ambientazione noir Gumshoe, seguita poi da una ricca galleria di lavori per la tv: serie televisive (Follyfoot e Play For Today) e film, tra i quali spicca Bloody Kids(1979), andato in onda in tv quattro anni dopo la realizzazione perché considerato troppo crudo per l'uscita in sala al cinema. Con Vendetta (1984), scritto da Peter Prince, ritorna al cinema, dopo innumerevoli lavori per la televisione. Il film ottiene un discreto successo di pubblico e viene esaltato dalla critica che vede, già allora, il talento di Frears nel rappresentare pregi e difetti dell'era thatcheriana. L'anno dopo gira My Beautiful Laundrette (1985), su sceneggiatura dello scrittore Hanif Kureishi, e raggiunge la notorietà, raccontando la storia d'amore tra un pakistano e un bianco inglese razzista. L'intelligenza registica di Frears mette in luce la bravura degli attori, Daniel Day-Lewissu tutti, e costruisce una storia apparentemente semplice ma ricca di sfaccettature illuminanti sull'integrazione culturale inglese. Dopo Prick Up – L'importanza di essere Joe (1987), film biografico sulla vita del commediografo omosessuale Joe Orton, e Sammy e Rosie vanno a letto (1987), nuovamente una storia d'amore tra due persone di origine diversa scritta dalla mano sapiente di Kureishi, Hollywood punta gli occhi sul regista e lo chiama per dirigere la trasposizione cinematografica del romanzo Le relazioni pericolose di Choderlos de Laclos. Il cast eccezionale (Michelle Pfeiffer, John Malkovich e Glenn Close) e l'eleganza dello stile registico ne fanno un piccolo gioiello della storia del cinema mondiale. Rimane negli Stati Uniti a girare Rischiose abitudini (1990), uno dei suoi lavori migliori, incentrato sulla forza distruttrice del denaro, su come influenzi il 'sogno americano' e spesso crei conseguenze drammatiche. Per il film riceve la candidatura all'Oscar come migliore regista e poco dopo ottiene un successo incredibile di pubblico con Eroe per caso (1992), seguito dal minore The Snapper (1993) e il più interessante Mary Reilly (1996), con Julia Roberts e John Malkovich, dove le vicende di dr. Jekyll/mr. Hyde vengono filtrate attraverso gli occhi della governante. Ha meno fortuna con il western The Hi-Lo Country (1998) e la commedia Due sulla strada (1996). Ma riprende subito dopo la vecchia vena creativa con Alta fedeltà (2000), tratto dall'omonimo romanzo di Nick Hornby, e Liam (2000), ambientato durante gli anni Trenta in Irlanda, sotto la pressione di un cattolicesimo fervente. Nello stesso anno realizza A prova di errore, film fantascientifico per la tv, poi si ferma a Londra dove dirige il delizioso noir Piccoli affari sporchi (2002), Lady Henderson presenta (2005) e il dissacrante The Queen (2006) sulla reazione di Elisabetta II alla morte di Diana Spencer. Helen Mirren, che interpreta la regina, viene premiata con la coppa Volpi e l'Oscar come migliore attrice. Nel 2009, dopo il film tv Skip Tracer, si dedica al progetto e alla realizzazione di Chéri, dramma in costume, ambientato nella Parigi cortigiana di inizio Novecento. Per la parte della protagonista sceglie nuovamente Michelle Pfeiffer, perfetta nel ruolo di una donna non più così giovane ma intraprendente e affascinante come il personaggio letterario di Colette, da cui è tratto il film. Nel 2010 firma Tamara Drewe - Tradimenti all'inglese, commedia romantica interpretata dalla splendida Gemma Arterton. Filmografia (1968) The Burning (corto) (1976-81) BBC2 Playhouse (serie tv) (1968) La guerra di Tom Grattan (serie tv) (1977) Last Summer (film tv) (1969) Parkin’s Patch (serie) (1977) Black Christmas (film tv) (1971-73) Follyfoot (serie tv) (1977-78) BBC2 Play of the Week (serie tv) (1972) A Day Out (film tv) (1977-78) ITV Playhouse (serie tv) (1972) Gumshoe - Sequestro pericoloso (1978) Me! I’m Afraid of Virginia Woolf (film tv) (1973) The Cricket Match (film tv) (1978) Doris and Doreen (film tv) (1973) Sporting Scenes (serie tv) (1979) Afternoon Off (film tv) (1974) Second City First (serie tv) (1979) One Fine Day (film tv) (1975) Daft As a Brush (film tv) (1979) Bloody Kids - Solo per gioco (1975) Three Men in a Boat (film tv) (1982) Walter (film tv) (1975-79) Play for Today (serie tv) (1983) The Last Company Car (film tv) (1983) Saigon: Year of the Cat (film tv) (1997) A Personal History of British Cinema by (1984) December Flower Stephen Frears (documentario) (1984) Vendetta (1997) Howard Hawks: American Artist (1984-88) The Comic Strip Presents... (serie tv) (1998) The Hi-Low Country (1985) My Beautiful Laudrette (2000) Alta fedeltà (1986) Screen Two (serie tv) (2000) A prova di errore (film tv) (1986) Walter and June (film tv) (2000) Liam (1987) Sammy e Rosie vanno a letto (2002) Piccoli affari sporchi (1987) Prick Up – L’importanza di essere Joe (2003) The Deal (1988) Le relazioni pericolose (2005) Lady Henderson presenta (1990) Rischiose abitudini (2006) The Queen (1992) Eroe per caso (2008) Skip Tracer (film tv) (1993) The Snapper (film tv) (2009) Chéri (regista e narratore) (1996) Mary Reilly (2009) Great Directors (attore) (1996) Due sulla strada (2010) Tamara Drew – Tradimenti all’inglese Recensioni Maurizio Porro - Corriere della Sera Tamara Drewe di Stephen Frears Ispirato alle strisce di Posy Simmonds in Italia edite da Nottetempo, uscite a puntate al sabato sul Guardian ed oggi abilmente sceneggiate da Moira Buffini, il nuovo film di Stephen Frears si allontana dalla Queen reale e dalla Chéri di Colette per correre via dalla pazza folla, citazione non casuale del romanzo di Thomas Hardy cui fischieranno non poco le orecchie. Inizio folgorante presso un agriturismo inglese per intellettuali, spalmando ironia su scrittori falliti e golosi e indovinando il contrasto tra un certo snobismo e la presunta sana vita di campagna dai sapori genuini. L'eroina è Tamara Drewe, disinibita ragazza scribacchina che torna al paesello con un naso rifatto che la rende una dark lady in grado di sedurre il famoso giallista adorato dalle signore e disponibile marito di Beth, cuoca e dea ex machina con le occhiaie, padrona della pensione e vittima d'un ennesimo adulterio di cui la gente mormora. E se l'ispirazione è doppiamente femminile, non si può dire che si facciano sconti alle donne, specie ad una teenager istericamente invaghita di un batterista sesso-droga-rock'n'roll (lo spiritoso Dominic Cooper di Mamma mia!) in un arcadico Dorset dove gli incroci affettivi, anche per colpa di alcune relazioni pericolose via mail, finiscono per devastare e non sempre ricostruire (lasciando sul prato anche una vittima) le sicurezze sentimentali di protagonisti e comprimari, ciascuno pronto alla resa dei conti. Divertente e cinico, campagnolo e raffinato, nero e frustrato dentro ma caldo e assolato nel paesaggio, antico e moderno, tutto un ossimoro, il film di Frears si gode per il sapore piccante, la satira precisa degli ambienti, la diversità dei toni, Oscar Wilde con le galline, il perfido patetismo che guarda alla società letteraria. Ma è fin troppo pieno di probabilità e imprevisti, di cose, di libri (molto Hardy appunto), di ripicche, rimorsi, di persone e animali, tante mucche (nella scena più a fumetto) e un cane baricentro dell'incastro. Inglese, dialogato a più voci e più insulti, il racconto si fa scudo dei bei panorami che nascondono umane cattiverie e si avvale di un ottimo cast perfidamente british dove si notano la sfacciata vittima della plastica Gemma Arterton (ex Bond girl), Roger Allam, Luke Evans, Jessica Barden e Charlotte Christie, bambinaccia così odiosa, perfida, amorale che sembra uscita da vecchie calunnie controfirmate da Lillian Hellman e William Wyler. Roberto Nepoti - Repubblica Scrittori senza ispirazione si rifugiano nell' Inghilterra rurale: li turba l' apparizione di una bella tentatrice in minishort, Tamara Drewe, che ha conti da regolare col genere maschile. Regista eclettico come pochi altri, Stephen Frears adatta per lo schermo una "graphic novel" di Posy Simmonds che parafrasa in versione pop la letteratura bucolica inglese, aggiungendovi un pizzico di Woody Allen. Tuttii registri dal drammatico al comico sono traversati con grande naturalezza. In un' umanità di vanitosi e frustrati, Gemma Arterton spande sexiness da tutte le forme. Paola Casella - Il Sole 24 Ore Ogni tanto i grandi festival di cinema decidono di fare un regalo a sorpresa agli spettatori e soprattutto ai critici, che nel buio della sala possono finalmente dimenticarsi di fare il loro mestiere e semplicemente divertirsi. Tamara Drew è il regalo - rigorosamente fuori concorso - che quest'anno Cannes fa a pubblico e critica: una commedia molto british e anche un poco nera, più divertente di tanto Woody Allen recente, compreso quello girato in Inghilterra. In questa storia di scrittori riuniti nel cuore di un paesino rurale in cui non succede mai niente succede invece di tutto, e soprattutto ce n'è per tutti: grandi autori di best seller vanitosi e fedifraghi, saccenti scrittori americani di noiosissimi saggi che ovviamente nessuno legge, teenager con gli ormoni in corsa campestre e rocker con il broncio permanente. Al centro, una ex brutto anatroccolo che, grazie a una plastica al naso, è diventata la ragazza più bella del paese, e la più desiderata. Intorno a lei infatti si scatenano le voglie di tutti i maschi della contea con le conseguenze più surreali e si innesca così una commedia strapiena di gag, invenzioni grottesche e humour britannico. Tutto avviene in modo così veloce e precipitoso che anche il più coriaceo dei critici si lascia trascinare e travolgere, smettendo di sottolineare che la macchina da presa scorre da scena a scena e da stanza a stanza con la fluidità di un ruscello di campagna, che la campagna, appunto, è illuminata come nel miglior Woody Allen, che ogni dettaglio è al suo posto, che i dialoghi, oltre che spassosi, sono intelligenti e umanamente credibili pur nel contesto della farsa. Le scene più divertenti restano quelle che vedono due 15enni con la divisa del college osservare il loro piccolo mondo come se fosse un pianeta popolato da marziani e che si inventano la qualsiasi pur di «far succedere qualcosa». Ora della fine, si ha quasi l'impressione che il film l'abbiano girato loro. E chiunque conosca il guizzo da eterno adolescente di Stephen Frears, il regista di The Queen e di Le relazioni pericolose, sa che, in fondo, è andata esattamente così. Lietta Tornabuoni – L’espresso Il grande regista che non ha mai fatto un bel film, scrisse con acidità di John Huston un critico francese. Di Stephen Frears si potrebbe dire il contrario: il regista che ha fatto tanti bei film, ma che in pochi considerano grande. Ci sarebbero cinque o sei titoli del passato a confermarlo ("My Beautiful Laundrette", "Le relazioni pericolose","Rischiose abitudini", "The Snapper", "Alta Fedeltà", "The Queen"), ma può bastar pure quest'ultimo "Tamara Drewe". Siamo ad Ewedon, paesino del Dorset, dove ritorna, per vendere la casa di famiglia, l'ex brutto anatroccolo locale, Tamara Drewe. Trasferitasi a Londra, rifattasi il naso, è diventata ora una procace ragazza e una giornalista famosa. La comunità maschile, orbitante intorno a una pensione per scrittori, è in subbuglio. Un musicista rock idolo delle ragazze, un affermato giallista di mezz'età, il fidanzatino d'un tempo si affollano attorno a lei e nel suo letto: per i più finisce bene, ma qualcuno raccoglie la tempesta che semina. Ricavato da una graphic novel di Posy Simmonds, a sua volta ispirata a "Via dalla pazza folla" di Thomas Hardy, "Tamara Drewe" aggiorna la tradizione della British comedy con sottolineature licenziose e permissive ben calibrate. La regia, sostenuta da contributi tecnici di prim'ordine e dalla travolgente sceneggiatura di Moira Buffini, muove con sapienza un cast di attori che fa scintille (la nostra personale Palma d'oro va a Roger Hallam, ma è ottima pure la protagonista, Gemma Arterton). Il "Frears touch", che si rivela al meglio nell'adattamento di testi preesistenti, qui staziona, sornione, tra il divertito e il disilluso: come indica lo scioglimento, cinico quanto basta ad irridere ogni forma d'innocenza. Antonio Angeli - Il Tempo «È l'unico argomento di cui so tutto»: con questa battuta bruciante si presentava Oscar Wilde, scrittore, poeta, commediografo e, volente o nolente, papà dell'umorismo inglese. Definire esattamente l'uomorismo inglese è un'impresa impossibile: basti sapere che Wilde, appunto il padre dell'uomorismo inglese, neppure era inglese, ma irlandese. E se si dà per inglese un irlandese ci si può attendere di tutto, da una risposta seccata a un pugno sul naso. E poi l'umorismo inglese è... tiepidamente umoristico, della stessa temperatura alla quale viene servita la birra nel Dorset. Sono considerati maestri del genere personaggi come Joseph Kesselring, autore della commedia «Arsenico e vecchi merletti». Kesselring era, naturalmente, newyorchese, mentre Frank Capra, che della commedia fece un famoso film nel '41, era nato in provincia di Palermo. Dell'Inghilterra nemmeno l'ombra. Forse anche per questo il pubblico ride. Insomma l'umorismo inglese spesso non è inglese e non è umoristico ma, al contrario della birra del Dorset, riscuote sempre un successo planetario. Arriva oggi nelle sale italiane «Tamara Drewe - Tradimenti all'inglese», l'ultimo film di Stephen Frears, quello di «Eroe per caso», «Mary Reilly» e «Lady Henderson presenta». Insomma uno che di umorismo inglese ne capisce e, finalmente, ci ha fatto la grazia di nascere in Inghilterra, sempre che Leicester possa essere definita Inghilterra. Un film, «Tamara Drewe», che aggiunge, all'indefinibile mix definito umorismo inglese, di solito assolutamente casto, anche un pizzico di erotismo piccante. Insomma una rivoluzione, visto che l'unica apparente caratteristica di questo genere sembrava essere una certa frigidità. Tanto che è stata scritta, negli anni Settanta, ed ha avuto anche un certo successo, la commedia «Niente sesso siamo inglesi». A questo punto l'unica vera caratteristica dell'umorismo inglese, che ha come capostipite «L'importanza di chiamarsi Ernesto», commedia scritta da Wilde nel 1895, sembra quella di essere sempre sul punto di scomparire. Ma, quando ormai lo danno tutti per morto... ecco che appare un libro, una commedia, un film che dimostrano che è più vivo che mai. Fanno parte di questa continua resurrezione, ad esempio: Pelham Grenville Wodehouse, tra i massimi scrittori inglesi (attualmente ripubblicatissimo in Italia). Poi attori del calibro di Peter Sellers, ma anche Benny Hill e, tanto per citare qualcuno in vita, Rowan Sebastian Atkinson, per tutti Mr. Bean. Sempre che si possa definire «vivo» uno come Mr. Bean. Roberto Escobar – Il Sole 24 Ore Domenica Via dalla pazza folla: questo annuncia e garantisce un cartello all'entrata della fattoria di Tamara Drewe. Il riferimento a Far from the madding crowd (1974) non è casuale. Come nel romanzo di Thomas Hardy, anche nel film di Stephen Frears e della sceneggiatrice Moira Buffini la campagna del Dorset – che Hardy chiama Wessex – è insieme sfondo e personaggio. Lo è per lo più con i toni della commedia, ma alla fine con la stessa cieca, invincibile potenza "schopenhaueriana" che ha la natura nell'opera dello scrittore inglese. Tratto da un romanzo a fumetti che Posy Simmonds ha pubblicato a puntate sul «Guardian», Tamara Drewe inizia nella quiete idilliaca di un'estate campagnola e letteraria. Nella fattoria condotta e accudita dalla solerte e ingenua Beth (Tamsin Greig), un gruppo variopinto di uomini e di donne sono intenti a dar forma letteraria al loro multiforme narcisismo. In via più diretta, chiamiamoli pure scrittori. In ogni caso, così intendono se stessi. Per questo sono ospiti (paganti) della fattoria: per trovare ispirazione, se non proprio genio creativo, nella sua quiete silvestre. D'altra parte, Nicholas (Roger Allam), marito più volte fedifrago di Beth,scrittore è di certo. Lo prova la tiratura dei suoi romanzi polizieschi. E ancor di più lo provano la tranquilla sicumera con cui tratta i suoi "colleghi", insieme con la loro invidia latente. Come nel libro di Hardy, al centro del film di Frears si muove una giovane donna. Il suo nome è appunto Tamara Drewe (Gemma Arterton). E del fatto che si "muova" sono ben certi i maschi del villaggio, a partire da Andy (Luke Evans), giovane villico aitante, oltre che da Nicholas. Per quanto immerso nelle sue fatiche narrative, lo scrittore ha modo di apprezzare Tamara fin dal suo primo apparire. Con le lunghe gambe morbide che sbucano come due promesse dai calzoncini corti, lei entra nel suo giardino scavalcando un piccolo cancello che dà sui campi. Da questo momento la faccenda si fa chiara, come e persino più che in un romanzo. In Tamara Drewe Frears non esercita il sarcasmo elegante di The Queen (1996), né cerca l'intensità erotica del recente e splendido Chéri (2009), con la sua comprensione dolente del venir meno della giovinezza e del decadere dei corpi. Neppure incrudelisce sui propri personaggi con la freddezza spietata degli ormai lontani Rischiose abitudini (1990) e Le relazioni pericolose (1988). Si limita piuttosto al divertimento leggero di mettere alla prova la promessa (improbabile) che campeggia all'entrata della fattoria. Che cosa c'è, davvero, nella quiete della campagna, via dalla pazza folla? La risposta più cruda e più convincente è quella delle Jody e Casey (Jessica Barden e Charlotte Christie). Le due adolescenti smaniose passano il tempo spettegolando nel gabbiotto d'una fermata d'autobus. Per la verità, l'autobus è stato rottamato da tempo, e il via vai non è un granché. Ma Jody e Casey sanno (e dicono) di non avere che un'alternativa, per riempire le loro giornate: tornarsene a casa e bearsi delle flatulenze dei padri. Forse difettano d'eleganza, le ragazzine, e Frears anche. In compenso hanno il pregio, tutti e tre, d'essere chiari, oltre che passabilmente realistici. In questo angolo di paradiso, dunque, scopriamo che Tamara è una sorta di brutto anatroccolo tornato ai luoghi delle sue origini. Fa la giornalista a Londra, la seducente Tamara, ma un tempo viveva da queste parti, imbruttita da un grosso naso a becco. Adesso il naso a becco non c'è più, portato via dai prodigi della chirurgia plastica. Ma c'è ancora la vecchia casa dei genitori, e lei è qui per venderla. D'altra parte, tutto questo non è che contorno narrativo, allo stesso modo degli egoismi e delle miserie di Nicholas e delle molte altre cose che accadono al villaggio. O che non vi accadono, come direbbero Jody e Casey. La sceneggiatura procede attualizzando, e certo anche modificando, la trama del romanzo di Hardy. Ma su tutto, per quanto sullo sfondo, domina la campagna. Si tratta di una campagna che niente sa né vuol sapere di idilli, e tanto meno di narcisismi da romanzieri. La sua "natura" somiglia piuttosto a quella possente e cieca d'una mandria di vacche in fuga. Sotto i loro zoccoli finisce la letteratura, e anzi proprio il letterato. Quanto al resto, e nonostante un happy ending, immaginiamo che continui a valere la realistica ineleganza delle due ragazzine nel gabbiotto dell'autobus.