L`urlo della crisi

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L`urlo della crisi
Liceo Artistico Cardarelli
Fedi Michele classe 5° C
Anno scolastico 2011/2012
L’urlo della crisi
“ Camminavo lungo la strada con due amici-quando il sole tramontò. I
cieli diventarono improvvisamente rosso sangue e percepii un brivido di
tristezza. Un dolore lancinante al petto. Mi fermai- mi appoggiai al
parapetto, in preda a una stanchezza mortale. Lingue di fiamma come
sangue coprivano il fiordo nero blu e la città. I miei amici continuarono
a camminare- e io fui lasciato tremante di paura. E sentii un immenso
urlo infinito attraversare la natura.”
Munch racconta così l’origine del quadro emblematico della crisi di fine
ottocento, del crollo dell’ottimismo positivista, della belle epoque. Ogni
residuo di pittura realista scompare perché l’angoscia esistenziale si
esprima attraverso i colori e le linee, la realtà torna ad essere come nel
primo romanticismo ,ma in forma più drammatica ,lo specchio
dell’anima. La creatura rappresentata in primo piano che grida, occhi
spalancati, tutto il suo dolore, diventa il simbolo di quella sofferenza
universale che Leopardi , Schopenhauer e Nietzsche hanno analizzato .
Chiude le orecchie per non sentire l’urlo suo e del mondo che lo
circonda. Tutto nell’opera esiste in funzione della percezione del mondo
interiore del soggetto che ha smarrito la sicurezza di fronte a una realtà
non più separata da se stesso e oggetto di indagine distaccata. La crisi
del realismo e del naturalismo appare in modo eclatante qui e in tutta
l’arte figurativa tra ottocento e novecento .
Seconda rivoluzione industriale, imperialismo, fine della belle époque.
Dalla vittoria tedesca sulla Francia di Napoleone III alla prima guerra
mondiale un lungo periodo di pace accompagnò la profonda
trasformazione dell’economia e della società del continente europeo. La
vita della maggior parte degli abitanti cambiò radicalmente, in seguito
all’impetuosa crescita economica e allo sviluppo scientifico- culturale
che caratterizzò Inghilterra, Francia e Germania in primo luogo ma
anche l’Italia giolittiana. L’industria ottocentesca dominata dal carbone
conobbe un ulteriore sviluppo con la scoperta dell’elettricità che cambiò
il volto stesso delle città e i modi di vita di milioni di persone. All’utilizzo
su larga scala di questa nuova fonte energetica contribuirono le
scoperte della dinamo e dei materiali isolanti. Nel 1882 la prima
centrale elettrica consentì di illuminare il centro di New York , con le
acque del fiume Neckar si poté utilizzare nel 1891 una corrente di
15.000volts. Da allora si progredì senza sosta fino a sfruttare a scopo
energetico le cascate , riducendo l’uso del carbone , favorendo così la
crescita economica di altri paesi come la Svizzera, il Canada, il Giappone
e l’Italia del nord.
L’impiego dell’energia elettrica intensificò la produzione industriale,
permise l’uso di gru , rese più precisi e veloci i macchinari ,mutando
profondamente il rapporto stesso dell’operaio con il luogo di lavoro.
Ben presto l’organizzazione del
lavoro si trasformò, comparve
presto la catena di montaggio
che asserviva totalmente il
lavoratore alla macchina
intensificandone la produttività,
spezzettando le mansioni,
controllando con precisione
tempi di lavoro e beni prodotti.
L’invenzione del telegrafo elettrico favorì la comunicazione che poté in
seguito avvalersi del telefono inventato dall’americano Alexander G.Bell
che lo brevettò nel 1876 e la trasmissione senza fili realizzata da
Guglielmo Marconi fece il resto. La
produzione manifatturiera si avvalse
negli stessi anni dell’industria chimica che
insieme all’elettricità incise moltissimo
nella metallurgia, permettendo le
saldature autogene, la produzione di
acciai speciali e l’alluminio. Anche le
produzioni tradizionali come quelle tessili subirono una straordinaria
accelerazione con la nascita di sete artificiali meno costose, create dalla
cellulosa del cotone e dal legno. La seconda novità importante fu il
petrolio che diventò ben presto la fonte energetica più diffusa nel
mondo e la cui produzione passò dagli 8 milioni di tonnellate del 1890
ai 56 del 1914.
L’invenzione del motore a scoppio piccolo e leggero diede poi un
grande impulso allo sviluppo dei mezzi di trasporto su mare , ferro e
gomma, basti pensare che allo scoppio del primo conflitto mondiale
erano due milioni le vetture in circolazione; si realizzò tra l’altro
l’antico sogno
dell’uomo di volare
con la costruzione dei
primi aerei impiegati
poi per fini bellici.
L’apparato industriale
sempre più
complesso richiedeva
grandi investimenti in
materie prime e macchinari che i singoli imprenditori non erano in
grado di sostenere. Negli Stati Uniti e in Europa si formarono
concentrazioni monopolistiche, i trust e cartelli che consentivano
accumulazione di capitali funzionali allo sviluppo aziendale.
Naturalmente tutto questo segnò la fine della libera concorrenza e si
aprì una fase di condizionamento dei mercati . A questo processo di
concentrazione e di controllo contribuirono le banche che mutarono la
loro natura di banche di risparmio, depositi e prestiti per diventare
centri di investimento e di partecipazione azionaria.
Il nuovo sistema industriale e finanziario aveva bisogno dell’intervento
massiccio dello stato per impedire eventuali tracolli , finanziare i settori
in crisi, entrare direttamente nella competizione internazionale per il
controllo dei mercati e delle materie prime. E’ su queste ragioni
economiche che lo Stato cominciò a mostrare concretamente la sua
soffocante presenza nella vita di tutti i giorni, ad assumere in proprio la
gestione delle poste e delle ferrovie , della giustizia , della polizia e
dell’apparato militare con la conseguente crescita della siderurgia
della quale diventò il principale committente .
Se il suffragio universale adottato in alcuni grandi paesi consentì il
coinvolgimento delle masse popolari nell vita politica e istituzionale,
l’autoritarismo e l’ideologia nazionalista caratterizzò in quegli la
maggioranza degli Stati .
Il bisogno di materie prime e
di nuovi e più ampi mercati
dove collocare le ingenti
merci prodotte dalle industrie
europee diffuse la
convinzione che fosse
necessario, come l’Inghilterra
, creare imperi coloniali in modo da assorbire le eccedenze del
mercato e reperire mano d’opera a basso costo.
La Gran Bretagna possedeva a fine secolo il più grande impero coloniale
e conservava il dominio dei traffici marittimi, assicurando così le
materie prime necessarie alle proprie industrie e ampi sbocchi
commerciali . Ben un quarto della popolazione del mondo viveva
all’ombra della sua bandiera anche se la presenza di altre potenze ne
indebolì la posizione .
La Francia ha esteso i suoi domini nell’Africa settentrionale e in Asia
dividendo con la Gran Bretagna le rispettive zone di influenza,senza per
altro rinunciare a aspirazioni espansionistiche nello stesso territorio
europeo che malgrado il pacifismo dei socialisti portò la Francia a
rafforzare il proprio esercito e a identificare gli interessi dello stato con
quelli delle grandi industrie e dell’alta finanza.
La Germania che da poco aveva cominciato a modernizzare la propria
economia , con una straordinaria concentrazione monopolistica e un
forte rilancio degli investimenti, diventò ben presto una grande
potenza militare e pretese di partecipare alla spartizione delle
materie prime e dei mercati.
Le diverse potenze europee diedero vita ad alleanze che ,con qualche
cambiamento dell’ultima ora , si scontreranno nella prima grande
guerra mondiale.
Gli imperi asburgico e russo completavano il quadro politico europeo. Il
primo era corroso da fortissime contraddizioni interne, dai
nazionalismi ungherese, serbo e ceco e soprattutto sorretto da
un’economia arretrata, non al passo coi tempi. Quello russo era ancora
più arretrato, lo zar Nicola II deteneva ancora un potere di origine divina
e governava paternalisticamente e autarchicamente popoli e regioni
sterminate ,di tradizioni diverse e in condizioni miserevoli. E’ qui che
crebbe un forte movimento di opposizione socialista ed ebbe origine
quel partito bolscevico che guido nel 1917 la rivoluzione d’ottobre.
In Italia dopo l’unità l’industria , come nel resto dell’Europa , ebbe una
rapida crescita e ciò rese più acuta la conflittualità tra capitalisti e
lavoratori che sfociò alla fine del secolo nelle cannonate di Bava
Beccaris a Milano. L’apparato industriale del cosi detto triangolo
Genova, Torino, Milano non poteva reggere la concorrenza straniera e si
ricorse ad una politica di protezione dei prodotti interni, , alle
commesse statali, al potenziamento
del mercato interno.
Anche l’ Italia partecipò alla
competizione imperialistica e puntò
alla conquista dei territori dell’Africa
settentrionale entrando in conflitto
con Francia e Inghilterra.
La società europea di inizio secolo
sembrava ignara della catastrofe che
si stava preparando, il suo ceto
dominante si abbandonava ad una
vita ricercata , amava decorare
palazzi e città , frequentava teatri ed esposizioni artistiche , caffè e
negozi raffinati.
Era la Belle Epoche, il periodo delle villeggiature, dei grandi alberghi,
delle carrozze e delle prime automobili. Si pensava che niente avrebbe
potuto arrestare il progresso verso un futuro radioso e non era certo
prevedibile la immane barbarie in cui l’Europa stava per cadere.
La crisi del positivismo e la nascita della psicoanalisi
Il progresso della civiltà , come Freud cercò di
dimostrare ,comportava un disciplinamento dei
comportamenti individuali, un controllo sempre più
forte delle coscienze che finiva per accrescere la
repressione di quelle pulsioni che abitano nelle
profondità della psiche e che minano, se non controllate,
la stabilità sociale. “ La civiltà domina il pericoloso desiderio di
aggressione dell’individuo, infiacchendolo, disarmandolo e facendolo
sorvegliare al suo interno , come da una guarnigione nella città
conquistata.”
Così scrive il medico viennese sottolineando come lo sviluppo civile
provochi nella società un disagio collettivo profondo che si esprime in
comportamenti cosi detti nevrotici.
La scoperta di una
dimensione ignota della
coscienza conseguente agli
studi innovativi dell’isteria
porta Freud ad elaborare un
nuovo metodo terapeutico
dei disturbi psichici.
Al di sotto della coscienza , dell’’Io come la chiama Freud, c’è uno
spazio inaccessibile, l’inconscio, dove si agitano pulsioni e desideri
irraggiungibili dal pensiero razionale, pulsioni e desideri che premono
sulla soglia della coscienza e che norme, convenzione , costumi, divieti
interiorizzati ( Super-io) si incaricano di respingere. Le pulsioni sessuali
e aggressive sono finalizzate alla riproduzione della specie e
all’autoconservazione. Dall’inconscio solo pochissime possono aprirsi
un varco nella coscienza e sempre più faticosamente con lo sviluppo
della civiltà, solo se compatibili con l’ambiente
Dal fondo buio dell’Io riemergono
frammenti nei sogni e nei sintomi
nevrotici presenti in tutti noi , sia pure
con maggiore o minore intensità. I
frammenti emergono dall’inconscio sia
nella terapia come nel sogno , attraverso
la libera associazione di pensieri liberati
dalla normale concatenazione logica. Lo psicanalista ha il compito di
aiutare il paziente in questo processo di emersione dei materiali
inconsci , provocando quello che Freud chiama il transfert cioè il
trasferimento sull’analista dei desideri rimossi che sono alla base della
nevrosi.
Tale trasferimento risulta a volte efficace e porta alla guarigione.
La psicoanalisi attaccava alla radice la pretesa dei positivisti di spiegare
tutto razionalmente e criticava la convinzione che fosse possibile
studiare con strumenti e metodi da laboratorio la psicopatologia. . La
diversità non era per Freud qualcosa da esorcizzare e isolare dalla
società, ed era sbagliato classificare le personalità in base alle forme
del cranio e al peso del cervello.
Freud, medico viennese che pure ebbe una formazione positivista,
respingeva la tesi allora dominante che la nevrosi fosse una malattia
mentale del sistema nervoso e ipotizzò che fosse invece l’espressione
del conflitto tra mondo delle pulsioni ( Es ) e esigenze della società
( Super-io). In Disagio della civiltà Freud afferma che l’uomo primitivo
stava meglio perché viveva senza restrizioni pulsionali ma l’impossibilità
di godere nel tempo di tale felicità lo ha portato a scambiare una parte
di detta felicità con un po’ di sicurezza.
L’Io ( coscienza) non è dunque padrone a casa propria ,costretto ad
agire da equilibratore tra le due istanze della psiche per evitare che
invadano il suo spazio ( nevrosi ) o lo occupino totalmente ( psicosi ).
Scopo della psicoanalisi è fare in modo che l’ lo, cioè la parte cosciente,
sia capace di prendere sempre più spazio all’inconscio .
L’inconscio è il desiderio ( principio del piacere) che chiede di essere
soddisfatto ma incontra il principio di realtà ( costumi, norme,
istituzioni, convinzioni morali interiorizzate) e subisce arresti che
spostano le spinte energetiche in altre direzioni, attraverso la rimozione
delle pulsioni fondamentalmente sessuali vietate e la sublimazione ..
I desideri sublimati trovano espressione nella creatività artistica e
letteraria.
Crisi del realismo in letteratura e pittura: Svevo e Klimt
Già prima di Freud Leopardi, Schopenhauer e Nietzsche si erano opposti
all’idea che la ragione fosse l’unico strumento di conoscenza
attribuendo importanza all’intuizione e alla poesia capaci di cogliere ciò
che nella natura scorre permanentemente e non si lascia misurare.
La letteratura e l’arte a cavallo sono caratterizzate appunto dalla caduta
della fiducia assoluta nella ragione si aprono ai temi freudiani della
nevrosi individuale e sociale, del non-senso ,della sessualità.
Italo Svevo e il romanzo moderno
Nell’opera di Italo Svevo ,nato a Trieste nel 1861
e morto a Motta di Livenza nel 1928, sono
presenti elementi del pensiero positivista , delle
teorie darwiniane , della filosofia di
Schopenhauer e Nietzsche, di Freud.
Di Freud studia i testi prima di cominciare a
scrivere la Coscienza di Zeno e ne ricava
certamente una sfiducia nell’efficacia
terapeutica della psicoanalisi che resta per lui
una interessante teoria generale della cultura.
I primi due romanzi di Svevo , pur anticipando le novità del capolavoro
La Coscienza di Zeno , possono definirsi naturalisti, le storie vengono
raccontate ancora in ordine cronologico e la struttura narrativa è quella
della cronaca realistica. La natura dei personaggi è però fortemente
innovativa: Alfonso Nitti protagonista di Una vita ( 1892 ) è un semplice
mediocre impiegato incapace di vivere la quotidianità e paralizzato da
una nevrosi che lo estrania dal suo ambiente e lo rende inetto. Il
rapporto d’amore con la figlia del datore di lavoro si rivelerà
fallimentare e in seguito al matrimonio di lei col più abile e
intraprendente collega di lavoro Macario, si uccide col gas.
Non meno incapace di vivere è Emilio Bertani di Senilità (1898 ), scapolo
alla soglia dei quarant’anni che vive con la sorella nubile. Si concede
senza convinzione un’avventura erotica con la bella Angiolina ma non è
in grado di godere pienamente di questa esperienza, non fa nulla per
conquistare veramente la donna, è impacciato e sofferente.
L’innamoramento sconvolge il suo equilibro, il tran tran della sua vita
quotidiana e famigliare , portando la sorella a morire di alcolismo.
Emilio assiste impotente al tradimento di Angiolina col suo migliore
amico e si abbandona a una vita da vecchio.
Nei romanzi di Svevo un protagonista inetto si contrappone a un
antagonista capace di vivere e amare, personaggio vincente nel quale
l’autore proietta la figura del padre.
Nella Coscienza di Zeno però il protagonista
Zeno Cosini sembra alla fine risultare vincente
nei confronti del padre rivale del collega Guido
Speier che gli soffia la donna.
Col suo capolavoro Svevo rompe con la
tradizione letteraria italiana, in particolare con la
poetica verista e naturalista, eliminando
innanzitutto il narratore oggettivo. La storia è
raccontata in prima persona dal protagonista
senza giudizio esterno, la distanza tra l‘io narrante e l’io narrato è
minima. Il monologo interiore è prevalente e i pensieri di Zeno arrivano
al lettore filtrati dal giudizio inaffidabile del narratore.
La narrazione non segue l’ordine cronologico e non ha uno sviluppo
lineare articolandosi per temi che affrontano i momenti e gli aspetti
principali della vita del protagonista: il rapporto col padre, la
dipendenza dal fumo, il matrimonio.
Il romanzo non è però una autobiografia ma il racconto delle origini e
dello sviluppo della nevrosi di Zeno, della malattia contrapposta alla
salute.
Nella prefazione il dott S annuncia di pubblicare per vendetta il diario
del paziente Zeno che ha interrotto la terapia e avverte il lettore della
presenza nel diario di verità accanto alle bugie, per evidenziare la
scarsa affidabilità del narratore. Zeno prende dunque la parola quando
è già anziano per dire che il diario dovrebbe essere uno strumento
terapeutico per accompagnarlo alla guarigione da una nevrosi che lo
attanaglia. Nel capitolo “Il fumo”possiamo osservare uno dei tanti
sintomi nevrotici del protagonista, il suo continuo rinvio della decisione
di uscire dal vizio per assaporare meglio in realtà il gusto del fumo.
Nelle pagine dedicate alla morte del padre sembra emergere la causa
originaria della malattia di Zeno e cioè il conflitto col padre che in
procinto di morire lo schiaffeggia. Nella Storia del matrimonio il disagio
del nostro si manifesta nell’incapacità di conquistare la donna che forse
lo attrae veramente, per sposare delle tre sorelle la meno piacevole ma
la più rassicurante. La tradisce comunque con l’avvenente Carla con la
quale vuol rompere la relazione per senso di colpa ma come nel caso
del fumo rimanda la decisione fino a quando è lei che lo abbandona.
Nella parte finale Storia di un’associazione commerciale si racconta il
contradditorio rapporto di Zeno col datore di lavoro e cognato Guido
Speier. Malgrado la sua inettitudine Zeno riuscirà a recuperare le
perdite dell’azienda che aveva contribuito a determinare, giocando in
borsa.
La Psicoanalisi chiude il romanzo e ci riporta al tempo in cui
Zeno dopo la guerra dice di sentirsi finalmente guarito non grazie alla
terapia che ha improvvisamente interrotto ma ai successi commerciali
ottenuti con spregiudicatezza, adeguandosi ai valori dominanti nella
società.
Klimt
I l tema di fondo dell’arte di Klimt è quello
dell’inspiegabile, del mutamento incessante della
natura, di tutto ciò che inaccessibile alla pura
razionalità umana. Come per il contemporaneo e
concittadino Freud l’erotismo coi suoi misteri e la
sua forza dirompente è centrale nell’opera del
pittore viennese. Nella capitale austroungarica
decentrata geograficamente rispetto ai centri
culturali europei un gruppo di giovani artisti da
vita a quella rottura con la tradizione pittorica e architettonica nota col
nome di secessione viennese. Il 3 aprile 1897 inviarono una lettera alla
presidenza del Kunstlerbhaus annunciando la nascita di una
Associazione degli artisti figurativi austriaci impegnata rinnovare la vita
artistica e sprovincializzarla. Klimt e suoi amici si aprivano alle nuove
tendenze europee , simbolismo e art Nouveau, alimentandosi della
cultura antirealista e antipositivista.
Il manifesto
realizzato da
Klimt per l’
esposizione
del 1898 a
rottura
consumata
col mondo
accademico,
testimonia la
svolta
artistica e
culturale operata dagli artisti dell’ associazione. La raffigurazione
dell’eroe Teseo in lotta col Minotauro sotto la sorveglianza di Atena
rappresenta simbolicamente la battaglia della Secessione contro il
conservatorismo dell’accademia.
Atena spesso protagonista dei quadri di
Klimt è raffigurata in una delle opere più
significative di questo periodo: Atena che
nasce dalla testa di Zeus con elmo e
corazza presenta la scollatura decorata
con la testa della Medusa e nella mano
destra solleva una donna nuda coi capelli
rossi. Il quadro contiene i temi salienti
della sua intera opera, Atena e Medusa
rappresentano razionalità e istinto che
necessariamente e indissolubilmente
convivono.
Klimt riprende le tematiche freudiane
anche in Nuda veritas :il nudo è la
sessualità conturbante e destabilizzante e
la verità appare minacciosa e
incontrollabile.
La Filosofia dipinta nel soffitto dell’aula
magna dell’Università scandalizzò
l’opinione pubblica e fu fortemente
criticata. A provocare sconcerto non fu
tanto lo stile innovativo ma il contenuto
dell’opera che attaccava la ingiustificata
fiducia nel progresso razionale. La
composizione perduta nell’incendio del
1945 mostra sulla sinistra il torcersi
drammatico di corpi umani , rappresentati
nelle diverse età della vita e colti in
atteggiamenti erotici e disperati. Su uno sfondo stellato appare un volto
impenetrabile e enigmatico e ai piedi è raffigurata la Filosofia in un viso
femminile dagli occhi illuminati.
Il destino dell’umanità appare nel quadro insidiato da potenze
misteriose e irrazionali, dal mondo delle pulsioni , l’Es freudiano.
Nei dieci anni della sua intensa attività era riuscito a svecchiare il
mondo artistico di Vienna e a aprirlo alle novità che provenivano
dall’Europa alla vigilia del baratro in cui cadrà a breve .
Quando nel febbraio del 1918 Klimt morì colpito da ictus L’Europa era
in fiamme, le forze cupe e ostili che aveva evocato nei suoi quadri erano
ormai evidenti tragicamente a tutti.
.