Il valore delle merci in dogana e le royalties di Sara Armella Il codice
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Il valore delle merci in dogana e le royalties di Sara Armella Il codice
Il valore delle merci in dogana e le royalties di Sara Armella Il codice doganale comunitario e le relative norme di applicazione prevedono un insieme assai articolato di regole volte a definire compiutamente i criteri di determinazione del valore doganale1. La definizione generale prevede che «Il valore in dogana delle merci importate è il valore di transazione, cioè il prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci quando siano vendute per l’esportazione a destinazione del territorio doganale della Comunità»2. Il punto di partenza nella determinazione del valore in dogana, pertanto, è rappresentato dal prezzo di vendita del prodotto praticato dal fornitore estero all’acquirente nazionale e indicato nella fattura di acquisto del bene importato. Il valore di fattura, tuttavia, non può essere trasposto sic et simpliciter nella dichiarazione doganale, poiché occorre tenere in considerazione una serie di elementi rigorosamente prescritti dalla legge ed escluderne altri. Al riguardo, gli artt. 32 e 33 del codice doganale comunitario prevedono una serie di aggiustamenti che devono essere portati al prezzo di transazione: a tale valore andranno aggiunte, nella misura in cui sono a carico del compratore, ma non sono state incluse nel prezzo pagato o da pagare, varie voci, tra cui, per esempio, le commissioni, le spese di mediazione e il costo dell’imballaggio. Infine, andranno inclusi al prezzo pagato, nella misura in cui non ricompresi nel valore di transazione, i corrispettivi e i diritti di licenza concordati tra le parti (tema che approfondiremo nei successivi paragrafi), oltre alle spese di trasporto e di assicurazione delle merci importate. Ogni elemento aggiunto al prezzo effettivamente pagato o da pagare deve comunque essere basato su dati oggettivi e quantificabili, al fine di non rendere arbitraria la valutazione in dogana3. Allo stesso tempo, il valore di transazione non deve comprendere le spese di trasporto delle merci dopo il loro arrivo nel luogo di introduzione nel territorio doganale, gli interessi conseguenti ad un accordo di finanziamento, nonché i dazi all’importazione e le altre imposizioni da pagare alla Comunità. Per un’analisi completa si rinvia a Bakker - Obuoforibo, Transfer pricing and customs valuation, Amsterdam, 2010, pag. 61; Lions, EC Customs law, Oxford, 2010, pag. 283. 2 Art. 29 del Reg. CEE 12 ottobre 1992, n. 2913. 3 Corte di giustizia, 6 giugno 1990, causa C-11/89, Unifert Hndels GmbH vs Hauptzollamt Munster, in www.eur-lex.it. 1 2 Sempre a proposito delle modifiche da apportare al prezzo di vendita, va ricordato che, nel caso in cui la merce importata sia affetta da vizi preesistenti ma rilevati dopo l’immissione in libera pratica e tali vizi diano luogo a successivi rimborsi da parte del venditore a favore del compratore, siffatti rimborsi possono comportare una riduzione del valore di transazione e, di conseguenza, della base imponibile dei dazi doganali4. Il principio del valore di transazione può far sorgere alcune problematiche di attuazione nel caso in cui le parti contraenti siano collegate tra loro5: in tale situazione, infatti, il corrispettivo indicato in fattura è adottato quale valore doganale della merce, a condizione che il legame tra le due parti non abbia influito sul prezzo6. Tale verifica è necessaria solo quando si pongano dubbi sulla veridicità del prezzo pagato. Qualora l’autorità doganale ritenga di non poter accettare il valore di transazione dichiarato, essa deve comunque consentire all’importatore di fornire tutte le informazioni necessarie per esaminare le circostanze in presenza delle quali si è realizzata la vendita. Nel caso in cui l’autorità doganale raccolga indizi sufficienti a dimostrare che i legami tra le parti hanno inciso sulla formazione del prezzo, l’onere della prova si inverte, gravando sull’importatore la dimostrazione della correttezza dell’importo indicato nella dichiarazione doganale e l’ininfluenza del legame societario sul valore dichiarato in dogana. L’art. 30 del codice doganale comunitario scandisce, in rigorosa progressione, una serie di criteri alternativi di valutazione: valore di transazione di merci identiche o, ove non sia possibile reperirlo, valore di transazione di merci similari, vendute per l’esportazione a destinazione nella Comunità europea ed esportate nello stesso momento delle merci soggette a valutazione. Nell’applicare questi due criteri la dogana dovrà esaminare le vendite di merci identiche o simili effettuate allo stesso grado di commercializzazione e che si riferiscono alla stessa quantità delle merci da valutare. Se i due procedimenti di cui sopra non possono essere applicati, si considera il valore fondato sul prezzo unitario corrispondente alle vendite nella Comunità delle merci importate, nel quantitativo maggiore, effettuate a persone non legate al venditore. Se non si dispone di un prezzo fatturato accettabile e non esistono Corte di giustizia, 19 marzo 2009, causa C-256/07, Mitsui & CO. Vs. Hauptzollamat Dusseldorf, in www.eur-lex.it. 5 Sussiste un legame, definito dall’art. 143 d.a.c., quando una persona detiene, direttamente o indirettamente, almeno il 5% delle azioni con diritto di voto in entrambe le società (esportatrice e importatrice) oppure quando un’impresa controlla, direttamente o indirettamente l’altra o quando vi siano particolari legami tra le persone che rivestono ruoli decisionali all’interno delle società. 6 Art. 29, comma 2, lett. a), Reg. CEE 12 ottobre 1992, n. 2913. 4 3 transazioni identiche o simili cui riferirsi, si desume il valore doganale dal prezzo unitario di vendita nell’Unione europea delle merci importate. Soltanto se i metodi descritti, per ragioni oggettive e dimostrabili da parte della Dogana, non possono trovare applicazione, il valore della merce si determina attraverso la somma del costo o valore delle materie o delle operazioni di fabbricazione, di un ammontare rappresentante gli utili e le spese generali e infine dei costi di trasporto, comprese le spese di carico e movimentazioni connesse, nonché spese di assicurazione, fino al luogo di introduzione nel territorio doganale della UE. Dalla disamina delle varie tecniche di valutazione, emerge che il metodo basato sul valore di transazione appare come il più diretto da utilizzare, ma nasconde in realtà notevoli difficoltà applicative perché presuppone l’accertamento della correttezza della fattura presentata a corredo della dichiarazione di importazione. Per facilitare le operazioni di valutazione, l’art. 178 d.a.c. prevede che la dichiarazione di importazione debba essere accompagnata, oltre che dalla fattura, anche dalla dichiarazione inerente gli elementi relativi al valore (modello DV1). Tale formulario deve essere compilato nel caso in cui la merce superi una certa soglia di valore ed equivale all’assunzione di responsabilità in merito alla veridicità e alla completezza dei dati forniti, all’autenticità dei documenti prodotti e all’eventuale fornitura di ulteriori informazioni. Royalties non incluse nel prezzo della merce e dazi doganali Sempre più frequenti sono gli accertamenti operati dalla dogana in relazione alla valutazione dei prodotti per i quali sono corrisposte royalties, ossia corrispettivi per l’uso di diritti quali brevetti, modelli, progetti, know how, marchi commerciali e di fabbrica, diritti d’autore7. Al ricorrere di determinate condizioni, infatti, anche le royalties devono concorrere alla determinazione del valore doganale della merce, anche se sono corrisposte separatamente dal prezzo dei prodotti importati o, addirittura, a soggetti diversi dal fornitore estero. Il principio generale della normativa comunitaria prevede che le royalties, non comprese nel prezzo della merce importata, devono essere incluse nel valore doganale se il compratore è tenuto a pagarle come condizione irrinunciabile per la vendita delle merci. L’art. 32, par. 1, lett. c), del codice doganale comunitario dispone, infatti, che debbano essere aggiunti al valore in dogana (come sopra definito) «i corrispettivi e i diritti di licenza relativi alle merci da valutare, che il compratore è tenuto a pagare, direttamente o indirettamente, come condizione 7 Art. 157 del Reg. CEE 2 luglio 1993, n. 2454, d.a.c. 4 della vendita delle merci da valutare, nella misura in cui detti corrispettivi e diritti di licenza, non sono stati inclusi nel prezzo effettivamente pagato o da pagare». Lo spartiacque tra royalties comprese e royalties escluse dal valore doganale è quindi individuato nel loro essere o meno strettamente connesse al contratto di compravendita internazionale: se il prezzo della licenza è un elemento irrinunciabile di tale accordo, allora tale prezzo concorre a determinare il valore complessivo dell’operazione e va, conseguentemente, assoggettato alla tassazione doganale. La norma comunitaria è chiara, pertanto, nello stabilire che la tassazione in dogana possa avvenire soltanto se il pagamento delle royalties rappresenti una «condizione della vendita delle merci», ossia un elemento essenziale del contratto di compravendita dal fornitore estero all’importatore, tale per cui il mancato pagamento dei diritti di licenza rappresenti un ostacolo alla fornitura di prodotti. Qualora, invece, l’acquisto del prodotto estero non comporti obbligatoriamente il pagamento di royalties, queste ultime non dovranno essere aggiunte al prezzo di acquisto ai fini della determinazione del valore in dogana della merce. Il codice doganale comunitario dispone, infatti, che «i pagamenti effettuati dal compratore come contropartita del diritto di distribuzione o di rivendita delle merci importate, non sono aggiunti al prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci importate, se tali pagamenti non costituiscono una condizione di vendita per l’esportazione a destinazione della Comunità delle merci importate» (art. 32, punto 5, lett. b), c.d.c.). L’inclusione nel valore in dogana di determinati elementi di costo richiede due presupposti che devono sussistere congiuntamente: il servizio deve riguardare prestazioni espressamente individuate nel contratto di vendita e vi deve essere un legame inscindibile tra la merce e il servizio prestato. Il valore in dogana deve, infatti, riflettere il valore economico reale di una merce importata e, quindi, tener conto di tutti gli elementi che presentano un valore economico8. Secondo quanto chiaramente previsto dalla normativa comunitaria, pertanto, ai fini della corretta determinazione del valore in dogana, al prezzo effettivamente pagato o da pagare si deve aggiungere un corrispettivo di licenza, soltanto se ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni: 1) il corrispettivo si riferisce alle merci oggetto della valutazione e Corte giustizia CE, Sez. I, 16 novembre 2006, causa C-306/04, in GT - Riv. giur. trib. n. 2/2007, pag. 102, con commento di M. Peirolo, «Valore doganale dei computer con “software” di sistema», e in www.curia.eu. 8 5 2) il corrispettivo costituisce una condizione di vendita delle merci (art. 157 d.a.c.). Quanto al primo presupposto (riferimento delle royalties alle merci oggetto di valutazione) occorre rimarcare che è necessario vi sia assoluta identità tra le merci importate e i prodotti per i quali le royalties sono dovute. Tale considerazione, apparentemente superflua, assume rilievo nelle ipotesi, non infrequenti, di contratti di licenza in forza dei quali le royalties sono dovute non in relazione a tutta la merce importata, bensì con riferimento soltanto ai prodotti in seguito rivenduti nel mercato nazionale. Si tratta di due termini di riferimento diversi e non coincidenti, posto che, in un contratto che preveda il pagamento di licenze solo per i prodotti rivenduti nel mercato nazionale, per la merce importata ma rimasta invenduta non sono dovute royalties. In tale situazione, quindi, si potranno scegliere due strade differenti: la prima prevede l’attuazione del cd. «daziato sospeso», che permette di perfezionare l’operazione solo dopo aver quantificato il reale valore della merce rivenduta. La seconda opzione riguarda la possibilità di assolvere i diritti doganali al momento dell’importazione ma in maniera forfetaria, concordando con la dogana un valore plausibile risultante dalle passate operazioni dell’importatore9. In relazione al secondo presupposto (il pagamento del corrispettivo della licenza come condizione di vendita) è opportuno precisare che la royalty integra una vera e propria «condizione di vendita» soltanto qualora il venditore estero non sia disposto a vendere i propri prodotti in mancanza del pagamento di uno specifico corrispettivo o diritto di licenza. Ciò significa che le royalties assumono rilievo ai fini doganali soltanto nel caso in cui esse rappresentino un elemento ineludibile della transazione commerciale tra l’acquirente nazionale e il fornitore estero della merce. Nel caso esaminato dal giudice milanese10, la società italiana versava un corrispettivo per l’utilizzo del marchio alla casa madre estera. La sentenza riconosce l’esistenza di una royalty tassabile in dogana sulla base di una serie di elementi del caso concreto, dimostranti la necessità, per il licenziatario, di effettuare siffatto pagamento: il controllo societario diretto tra licenziante e licenziatario; il controllo esercitato dal concessore di licenza sull’identificazione e sugli imballaggi delle merci; il potere del licenziante di stabilire le caratteristiche Toscano, «Royalties e valore imponibile in dogana», in Il Doganalista, 2009, 5, pag. 27. Comm. trib. prov. di Milano, Sez. XXXI, 30 dicembre 2008, n. 384, in GT - Riv. giur. trib. n. 8/2009, pag. 727, con commento di M. Peirolo, «Effetti del divieto dell'autonoma rilevanza ai fini IVA dei diritti immateriali rispetto all'operazione di importazione». 9 10 6 dei prodotti e/o la tecnologia usata. Secondo la pronuncia del giudice milanese, tali circostanze dimostrano l’esistenza della condizione fissata dall’art. 32, par. 1, lett. c), del codice doganale comunitario, in forza della quale il pagamento della royalty è elemento essenziale e irrinunciabile del prezzo di vendita, rappresentando una «condizione (cui è subordinata) la vendita della merce». Royalties corrisposte a un soggetto diverso dal fornitore Diversa e ancor più articolata è la situazione che viene a determinarsi nel caso in cui il corrispettivo o diritto di licenza sia dovuto dall’acquirente-importatore a un soggetto terzo, diverso dal fornitore-esportatore. In questo caso si è in presenza di tre soggetti: un fornitore estero, il quale realizza la vendita del prodotto destinato all’esportazione e che matura il diritto il pagamento della merce; un acquirente nazionale, che pone in essere l’acquisto del prodotto e si accolla il prezzo della merce importata e un soggetto terzo, titolare della licenza e che ha diritto a conseguire, da parte dell’acquirente del prodotto, il pagamento delle royalties. Al ricorrere di tale complesso schema di rapporti negoziali, la normativa comunitaria prevede che le royalties siano comprese nel valore doganale al ricorrere di tre concorrenti condizioni. Le prime due condizioni sono già state esaminate nel precedente paragrafo: 1) le royalties devono essere riferibili alle merci oggetto della valutazione (art. 157 d.a.c.); 2) il pagamento della licenza deve rappresentare una condizione di vendita delle stesse (art. 157 d.a.c.); 3) il pagamento della licenza deve essere richiesto dal venditore stesso o da un soggetto a esso «legato» da un particolare rapporto negoziale (art. 160 d.a.c.). Tale «legame» tra due o più soggetti può dirsi sussistente soltanto se uno controlla, direttamente o indirettamente, l’altro (art. 143, par. 1, lett. e, del codice doganale comunitario), vale a dire quando il primo sia in grado di esercitare, di diritto o di fatto, un potere di costrizione o di orientamento sul secondo (all. 23 d.a.c., note interpretative in materia di valore in dogana). Decisivo, ai fini dell’assoggettamento ai dazi doganali delle royalties pagate a un terzo (ossia a un soggetto diverso dal fornitore del prodotto), è il rapporto esistente tra questi e il fornitore della merce. Per stabilire l’esistenza di un controllo tra il titolare della royalty e il produttore, la Commissione europea ha previsto un’elencazione non esaustiva di elementi che possono essere utilizzati allo scopo di determinare se le parti possono considerarsi legate ai sensi dell’art. 143 d.a.c., tra cui: l’esistenza di un contratto diretto di produzione tra il licenziante e il venditore; il potere del licenziante di decidere a chi il produttore 7 può vendere le merci o le condizioni del prezzo praticato dal produttore o le quantità che il produttore può realizzare. A tal fine è necessario che la dogana dimostri l’esistenza di una relazione tra due parti determinate e specificamente individuate. Occorrerà verificare, attraverso un’attenta analisi dei rapporti in essere tra le parti, se il titolare della royalty abbia un reale potere di controllo sui produttori, in forza di una partecipazione societaria (controllo di diritto) ovvero di un prevalente potere negoziale che gli consenta di imporre condizioni contrattuali che eccedano le normali condizioni commerciali (controllo di fatto). Non è dunque indispensabile un controllo di tipo societario tra i due soggetti, potendo invece essere sufficiente un controllo sull’attività del fornitore esportatore. E’ bene sottolineare, in proposito, che il controllo idoneo a rappresentare condizione per l’assoggettamento ai dazi doganali delle royalties è però rappresentato dal controllo sul produttore e non dal controllo sulla qualità della produzione, che invece rientra nella normale prassi commerciale, soprattutto nei rapporti con i Paesi asiatici ove è maggiore il rischio di contraffazione. Sul punto si segnala un indirizzo interpretativo di merito favorevole al contribuente. La Commissione tributaria provinciale di Firenze, con due pronunce quasi coeve, ha escluso le royalties dal valore in dogana della merce, in quanto il fornitore estero era disposto alla vendita del prodotto indipendentemente dal pagamento a favore del titolare della licenza11. Applicando le linee guida interpretative emesse dalla Commissione europea, i giudici tributari hanno correttamente rilevato che il fatto che il produttore debba realizzare manufatti rispondenti a elevati standard qualitativi imposti dal proprietario della licenza, non implica l’esistenza di un controllo, sia pure indiretto, sui fornitori extracomunitari. Nello stesso senso, anche la Commissione tributaria provinciale di Milano, la quale ha chiarito che l’onere della prova in ordine all’esistenza del legame, di diritto o di fatto, tra il licenziatario e il produttore deve essere fornita dall’Agenzia delle dogane attraverso una serie di elementi gravi, precisi e concordanti12. Comm. trib. prov. di Firenze, Sez. IX, 6 marzo 2009, n. 31; Comm. trib. prov. di Firenze, Sez. XIX, 17 marzo 2009, n. 40. In tal senso anche Comm. trib. prov. di La Spezia, Sez. I, 7 agosto 2008, n. 174. 12 Comm. trib. prov. di Milano, Sez. VII, 7 aprile 2010, n. 49. 11 8 Di conseguenza, mancando la dimostrazione dell’esistenza di un rapporto di controllo tra il titolare della licenza e il fornitore estero, le royalties non devono essere assoggettate ai dazi doganali. Novembre 2010