Viaggio nel "tempo" di Saba
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Viaggio nel "tempo" di Saba
Viaggio nel "tempo" di Saba Seduto su una sedia a dondolo, forse di vimini. I baffi fanno intravedere un sorriso. Il viso magro, scarno, nasconde la saggezza, il dolore, il tormento di una vita non eterna. L'infinito del suo sguardo si posa sulle nostre spalle. Ci accarezza e ci rassicura. I suoi occhi non hanno un'espressione serena: le sue pupille mutano ad un tratto colore, le lancette di un orologio scandiscono con un suono deciso lo scorrere dei secondi, dei minuti, delle ore, dei giorni, dei mesi e degli anni. Il tempo che cambia, il tempo che scorre, tormenta e rallegra, é presente costantemente nelle poesie di Umberto Saba. Il tempo tormenta e fa paura. Il suo cuore rimpicciolisce, i suoi polmoni anche, i suoi occhi sono sereni, ingenui. Sorridono. La sua gobba, ormai diventata l'appoggio per la rabbia, la tristezza e la frustrazione, scompare. La sua schiena, partendo dal basso, si raddrizza. I capelli bianchi da ormai qualche anno assumono un colore nero intenso. Le sue rughe, diventate ragnatele di piacere, angoscia, vittoria e sconfitta, si distendono come il mare si placa dopo una tempesta d'odio verso Dio che non lo ascolta, lo comanda e lo condanna. L'udito è tutt'altra cosa: i timpani sono tamburi della migliore pelle. Il tempo accompagna, salva, rallegra e trasforma. Saba è vittima di un cambiamento statico come l'alternarsi delle stagioni, del dì e della notte (tempo esterno); Saba si estrenea dal tempo e non è più parte di esso; il tempo si restrige e si dilata seguendo gli stati d'animo del poeta (tempo interno). "L'orologio comune" Saba è travolto da un tempo che non può fermarsi, né rallentare o scorrere alla velocità della luce: il tempo convenzionale, l'orologio del mondo. La sua vita è scandita dal ripetersi delle stagioni, del dì e della notte. Il poeta si trova al centro di questa ruota immerso nel dolore forte ed assillante. E' una ruota che inganna con i suoi colori sempre diversi: il dolce marrone delle foglie autunnali, il morbido rosa perla della primavera, il bianco freddo dell'inverno, il rosso carminio della mattina e della sera che poi si trasforma in giallo. In realtà lo scorrere del tempo è sempre lo stesso, non si scappa. No, non si sfugge. I suoi pensieri tormentati e disperati filano dritti nel tunnel della convenzione temporale ( non sempre ). Saba vorrebbe fermare questo stupido ed ignorante "tempo di tutti", ma non ci riesce. L’alternarsi delle stagioni è un elemento rilevante nelle poesie di Saba perchè ad ogni stagione corrisponde una parte del suo stato d’animo. L’inverno e l’autunno vengono considerati le stagioni più tristi e più dure da affrontare: sono entrambe stagioni che ricordano la morte e la sofferenza. Durante questi periodi Saba ricorda la sua straziata infanzia e i periodi più bui. L’inverno viene definito come qualcosa di rovinoso, viene paragonato alla vecchiaia che è gioiosa per i ricchi ma tremenda per i poveri, mentre l’autunno è una stagione che fa male al cuore, triste, dolorosa. Anche in questa stagione Saba ripercorre tutta la sua giovinezza provocando dolore a se stesso e ai suoi cari ,“è l’autunno [... ]che fa male al cuore ". Anche la primavera per Saba è un momento doloroso. La definisce la stagione che uccide e resuscita contemporaneamente. Saba dice di temerla molto perché tutto rinasce mentre lui non vuole farlo, ha paura. L’unica stagione che gli porta serenità è l’estate. Improvvisamente tutti i dolori spariscono per lasciare spazio alla tranquillità, alla pace e alla gioia di vivere: "[… ] tutto si muove lietamente, come tutto fosse di esistere felice". "L’alternarsi del dì e della notte" La sera per Saba è il momento più bello e sereno. Finalmente è calmo e libero dall'angoscia. Il pomeriggio è un momento fantastico perchè si rientra dal lavoro e ci si può riposare e riflettere, anche se poi gli tornano alla mente pensieri che trasformano i momenti più belli della giornata in momenti devastanti e oscuri. "Il tempo che si dilata e si restringe" La teoria della relatività del tempo di Albert Einstein combacia perfettamente con questo tipo di tempo. Il tempo secondo Einstein non è né lineare né assoluto, ma relativo: il tempo accelera o rallenta a seconda del nostro stato d'animo e delle esperienze che stiamo vivendo. Nelle poesie di Umberto Saba, il tempo rallenta quando la sua anima è pervasa da una terribile malinconia, si dilata quando è profondamente felice e scorre velocemente quando è irrimediabilmente triste. Nell'ultima strofa della poesia "Così passo i miei giorni", il tempo si dilata e sembra espandersi e poter abbracciare, contenere tutto l'universo, ma anche tutto ciò che è al di là di esso." [...] Gli interminabili viali ove al rezzo dei grandi alberi antichi il mio cuore s'addorme e si riposa." Il poeta è felice e si sente finalmente libero dall'oppressione del mondo reale. Infatti si addormenta ed entra nel mondo dei sogni, in un'altra vita e in una storia che forse neanche gli appartiene. Il sonno lo salva dai sentimenti negativi ed opprimenti. In questa poesia Umberto Saba riesce a non soffrire incatenando una storia (la sua vita) ad un'altra (il sogno). Il tempo subisce una dilatazione dovuta al proliferare di una storia in un'altra. Come Sheherazade, che nelle "Mille e una notte", racconta una storia in cui racconta una storia, in cui ne racconta un'altra e così via. Anche lei è costretta a farlo per salvarsi la vita. Invece nella poesia "Nella sera della domenica di Pasqua", Saba è invaso da un' estrema malinconia: è solo e pensa passeggiando lentamente; una campana "piange" e il vento è tranquillo. Ogni movimento e suono sembra trascinarsi e lamentarsi: i piedi del poeta si alzano e si abbassano quasi svogliatamente e il suono delle campane si trascina languidamente. Il tempo rallenta e si ferma per un istante, come nel castello della bella addormentata: "[...] perfino gli spiedi ch'erano nel camino, carichi di pernici e fagiani, si addormentarono, e si addormentò anche il fuoco [...]". Saba non appartiene più alla realtà e si sente inutile, un essere insignificante e triste. Il poeta sembra essere sospeso nell'aria impalpabile e il suo corpo non combacia con l'immenso puzzle del mondo; il poeta non possiede la chiave per entrare e farne parte. Un'onda dell'oceano in tempesta si alzò e tantissime goccioline si sparsero nel cielo grigio. Una di esse disse:" Aiuto! Sono sola! Sono una piccola ed insignificante goccia d'acqua! Non sono niente in confronto al maestoso e potente oceano. L'oceano rispose alle lamentele della gocciolina:" Tu sei parte di me e della mia potenza. Tu sei indispensabile, se non ci fossi tu neanche io esisterei." La gocciolina e Umberto Saba non si sentono parte dell'oceano e del mondo, sono inutili e pervasi da una terribile solitudine. Si trovano entrambi nelle stesse condizioni e sono preda della sospensione temporale e spaziale. "Era questo la vita: un sorso amaro." Questa è l'ultima strofa della poesia "Quando si apriva il velario." Saba, in preda alla tristezza, esalta la rapidità della vita, quindi del tempo. La vita è amara, disperata e dolorosa; per questo bisogna "ingoiarla", viverla rapidamente. Il dolore deve passare velocemente perchè ha un sapore disgustoso e insopportabile. Come un bambino malato che ogni giorno deve mandare giù rapidamente quel viscido e nauseabondo sciroppo. In questo caso Saba riduce la vita ad un momento solo. "Al di fuori del tempo" Saba non è solo vittima del tempo e dello scorrere della vita. Infatti in alcune poesie egli si sofferma su immagini che descrive per sottrarsi al dolore quotidiano. Sono attimi di estrema contentezza: dei dipinti nei quali immergersi e delle finestre alle quali affacciarsi per poter respirare e trovare un mometo di serenità. Dalla poesia "goal": "[...] La sua gioia si fa una capriola, si fa baci che manda di lontano. Della festa - egli dice - anch’io son parte." Il poeta sembra infilarsi tra le gambe dei giocatori, sgattaiolare fra essi e imboscarsi nelle azioni più movimentate. Saba è il portiere vincitore: finalmente è felice e libero di urlare vittoria al modo intero. Saba è la folla esultante, è chiunque tranne se stesso: ora non sente più il peso del dolore e dell'angoscia, è libero. Ci sono molte altre poesie, come ad esempio "Pettirossi" e "Il cielo", in cui Saba, descrivendo situazioni e immagini che non gli appartengono, si estranea dal tempo e si pone nella posizione di osservatore, quindi si trasforma in colui che è fuori dall'evento. Saba non è più il protagonista e non determina più lo svolgersi della storia. Il tempo agrodolce Primo pomeriggio... il mio cuore s'addorme e si riposa. Anch'io della festa son parte. Il cielo è azzurro come il primo cielo, interminabili viali. Dolore dove sei? E' l'ora che accompagna. E' lì autunno, è la stagione in vita, che fa male al cuore. Antica primavera, che più d'ogni stagione crudelamente resusciti ed uccidi. Ripenso ad un'età già tramontata. La rossa foglia morta, insanguina con le altre la via. Un tempo la mia vita era felice. Era questo la vita: un sorso amaro. Indice Introduzione Pag.1 Paragrafo 1 “L’orologio comune” Pag.2 Paragrafo 2 "Il tempo si dilata e si restringe" Pag.3 Paragrafo 3 "Al di fuori del tempo" Pag.5 Poesia con accompagnamento musicale Pag. 5 Bibliografia Pag. 7 Bibliografia Canzoniere di Umberto Saba. Sezioni consultate del volume primo (1900-1920): - Poesie dell'adolescenza e giovanili -Trieste e una donna Sezioni consultate del volume terzo (1933-1954) -Parole -Ultime cose -Uccelli Lezioni americane di Italo Calvino. Consultato capitolo 2 "Esattezza" (pag. 31). Brano musicale scritto ed eseguito da Ludovico Enaudi. Titolo: "Nuvole bianche". Classe 2 A linguistico Dominici Marta Greco Chiara Istode Alexandra