Il vuoto della figura paterna.

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Il vuoto della figura paterna.
IL VUOTO DELLA FIGURA PATERNA NELLA POETICA DI SABA
INTRODUZIONE
Leggendo il Canzoniere di Umberto Saba, la nostra attenzione è stata catturata dal particolare
rapporto tra il piccolo Umberto e suo padre.
Questo rapporto ci ha incuriosito al punto tale da spingerci ad eseguire un’approfondita analisi sulle
radici del medesimo, con l’obiettivo di relazionarlo al rapporto “padre-figlio” dei nostri giorni.
Oggigiorno, la triade “madre-padre-figlio” all'interno della società si è quasi del tutto estinta, tenuto
conto del contesto sociale in cui ci muoviamo e del cambiamento culturale che lo stesso concetto di
“famiglia” ha subito. Spesso, infatti, viene a mancare nella realtà quella presenza solidale di
ambedue i genitori e, di conseguenza, si indebolisce l’idea che in passato ha fatto della figura
genitoriale un punto di riferimento.
Ciò nonostante non si può non tenere nella debita considerazione l’importanza che la figura paterna
riveste nella vita di un fanciullo.
Con la sua presenza, fatta di gesti, parole e sguardi, un padre trasmette ai figli quella fiducia in se
stessi indispensabile per affrontare la vita.
Nel corso della vita di un bambino si crea una buona simbiosi con il padre, sorretta da un amore
attento, indispensabile affinché il bambino possa poi sviluppare una personalità armonica.
Proprio il padre, dal punto di vista della Psicoanalisi, ha il compito di guidare il figlio ed aiutarlo a
sviluppare due funzioni psichiche complementari: la proibizione (quello che dovrei essere) e
l’aspirazione (quello che vorrei essere).
La prima aiuta a formare una coscienza morale ed a delineare i confini tra ciò che è giusto e ciò che
non lo è; la seconda, invece, contribuisce al superamento delle limitazioni che legano i figli alla
famiglia. Per sapere cosa desidera davvero, il figlio deve aprirsi alla cultura e alla società.
Il figlio ha sempre bisogno del padre e questo bisogno si fa sempre più intenso nella fase
dell’adolescenza, nella quale cerca più o meno consapevolmente il colloquio con la figura paterna.
Se invece il padre è assente o distratto, è probabile che il figlio, al termine di questa delicata fase,
rimanga disorientato nei confronti della vita stessa e sviluppi un sentimento di tristezza.
Trasponendo questa analisi al rapporto di Saba con il padre risulta evidente come la loro relazione
fosse al tempo stesso tanto vicina quanto lontana.
Da un lato il padre rappresenta, per Umberto, come il Poeta stesso lo definisce, “l’assassino”, colui
che oltre ad abbandonare la moglie incinta lasciandole l’arduo compito di allevare un figlio, ha
soprattutto privato il figlio della possibilità di conoscere ed amare un padre di cui aveva
necessariamente bisogno. Sin da piccolo, infatti, Saba dovette relazionarsi con il mondo senza poter
contare sul necessario e fondamentale supporto della figura paterna. Questa sfortunata circostanza
condizionò, di fatto, l'infanzia di Saba al punto da renderla caratterizzata da una profonda tristezza
interiore, che ha lacerato il cuore del piccolo Umberto e che crebbe man mano accompagnandolo
per tutta la sua giovinezza.
Dall’altro, tuttavia, Umberto si riconosce nel padre, non soltanto in alcune caratteristiche fisiche,
quanto nelle affinità che ne connotano lo spirito, in quel senso di inquietudine spinta dalla curiosità,
nella capacità di stupirsi, in una sorta di tendenza alla trasgressione che pure, nella sua vita, sente di
non poter cogliere realmente. E nel padre il Poeta riconosce probabilmente il “bambino”, la sua
inconsapevole ed innata leggerezza, ed in quanto tale non riesce a condannarlo, pur se ha di fatto
negato al piccolo Umberto la possibilità di viverla a sua volta.
Ciò premesso, il quesito che vi poniamo è: come viene condizionata la vita di un individuo
dall’assenza di un padre?
CAPITOLO 1
È difficile definire in maniera chiara ed assoluta il rapporto esistente tra il poeta triestino e i suoi
genitori.
Sicuramente possiamo affermare che quella di Saba fu un'infanzia travagliata, sotto certi aspetti
addirittura angosciosa e lacerante. Umberto, infatti, nonostante fosse bisognoso di vivere all'interno
di un ambiente ricco di amore e affetto, in cui potesse venire appagato il suo bisogno di unità e
stabilità, si trova, al contrario, a diventare inconsapevolmente protagonista di una situazione di
dolore della quale sembra essere, al tempo stesso, causa e vittima.
Da un lato la madre, che coltiva rancore nei confronti del marito che l’ha abbandonata ancor prima
della nascita del bambino e sulla quale grava tutto il peso della responsabilità di crescere un figlio
da sola, dall’altro un padre sconosciuto e completamente assente.
E’ probabile che proprio il peso di questa grande responsabilità finisca per costringere la madre a
crescere il piccolo Umberto in un clima di assoluta austerità, rendendola rigida ed intollerante nei
confronti del figlio.
L'incompatibilità e il contrasto tra le figure dei due genitori, aventi valori, ideali e culture di vita
assolutamente diverse, si trasformano inevitabilmente in tensione, nella vita di Umberto.
Il padre, infatti, era un uomo irrequieto ed errabondo, probabilmente incapace di assumersi
responsabilità, mentre la madre era una donna rigorosa e conservatrice.
Il piccolo Umberto viene affidato dalla madre alle cure della balia Peppa Sabaz, una contadina
slovena, fino all'età di tre anni, dalla quale però lo separerà per riprenderlo con sé, nel timore di
poter perdere anche l’affetto del figlio, dopo aver subito l’abbandono del marito.
L’atteggiamento rigoroso e la premura quasi morbosa che la madre gli reca in seguito al distacco
dalla balia contribuisce ad alimentare la confusione nella vita del piccolo Umberto, oltre a far
sentire in maggior misura la mancanza di una figura paterna che, in qualche modo, potesse fare da
contraltare alla eccessiva rigidità e severità della madre, compensando, di fatto, questo stato di cose.
Invocata in diverse e celebri poesie, la figura della madre appare come una forte e costante
presenza, un’immagine silenziosa ed enigmatica che accompagna la vita dell'autore.
La prima strofa della poesia A mamma , una lunga e tormentata canzone, ci offre un evidente
spaccato di un'infanzia traumatica, il cui ricordo emergerà spesso nel corso della vita:
"Mamma, c'è un tedio oggi, una sottile
malinconia, che dalle cose in ogni
vita s'insinua, e fa umili sogni
dell'uomo che il suo mondo ha nel cuore.
Mamma, ritornerà oggi all'amore
Tuo, chi un di' l'ebbe a vile?
Chi è solo con il suo dolore?" 1
Altra figura altrettanto significativa, ma assolutamente straordinaria, che quasi giganteggia su tutta
l’infanzia del nostro autore, è rappresentata dalla balia.
Questa donna, che lui chiamerà nei suoi versi “madre di gioia”, lo alleva e lo ama con grande
tenerezza al punto tale che lo considera il suo piccolo “Gesù Bambino”, trovandosi oltretutto a
riversare su di lui l’amore per un figlioletto precocemente perduto.
Pensiamo per un momento alla complessità e alla gravità di questo strano triangolo: da una parte il
piccolo Berto, dall’altra la balia che lo ama fino alla venerazione e ancora dall’altra una madre che,
pur amandolo, è incapace di mostrare questo sentimento e che è gelosa, morbosamente e
dolorosamente gelosa, di questo rapporto tra i due.
Sarà proprio la gelosia verso la balia che spingerà la madre Rachele a separare il figlio da lei e
questa guerra di sentimenti provocherà la prima grande lacerazione nella psiche del poeta che verrà
allontanato dalla fantasiosa e protettiva balia per fare ritorno alla rigida ombra materna. Così, il
piccolo Berto sarà sempre conteso tra due madri che comunque lo amano, anche teneramente, ma in
modo evidentemente diverso; ciò nonostante, lui rimane e si sente “unico figlio che ha lontano il
padre” di cui avverte acuta la mancanza: questo è il suo vero dramma personale, fatto di malinconia
e di solitudine.
Questa "Madre di Gioia" si contrappone alla "Madre Mesta", quella biologica, creando un definitivo
sdoppiamento tra le due figure.
La balia è da sempre stata un punto di riferimento per il piccolo Umberto e tale rimarrà, prova ne è
il fatto che, anche con il passare del tempo, Saba continuerà a nutrire un grande affetto verso di Lei.
1
U. Saba, Il Canzoniere, A mamma.
Leggiamo, infatti, in una sua poesia, questi versi, in cui traspare chiara la percezione della felicità
provata assieme alla sua “mamma di gioia” e la tristezza di non poterle più stare accanto:
“Insonne
mi levo all’alba. Che farà la mia
vecchia nutrice? Posso forse ancora
là ritrovarla, nel suo negozietto?
Come vive, se vive? E a lei m’affretto,
pure una volta, con il cuore ansante.” 2
La memoria del poeta lo conduce infatti, bruscamente, al momento decisivo della sua esistenza:
quello in cui, a tre anni di età, la balia lo aveva dovuto riportare dalla madre e il piccolo Umberto
era passato dalle cure affettuose di quella alla severità dolente di questa.
Tutta la sofferenza patita dal piccolo Berto a causa di questa traumatica separazione è rappresentata
con grande drammaticità in Tre poesie dedicate alla mia balia:
“…Un grido
s’alza il bimbo sulle scale. E piange
anche la donna che va via. Si frange per sempre un cuore in quel momento.” 3
Il momento del distacco è rappresentato nel suo punto più tragico sulle scale, mentre la donna che lo
ha cresciuto come una madre, con amore, è costretta ad abbandonarlo e non può evitare né evitarsi
il grande dolore che da questa separazione scaturisce. Di fronte a questo episodio, tanto il bambino
quanto la sua adorata balia sono impotenti, ne subiscono esclusivamente la violenza, che apre nei
loro cuori una vera e propria piaga.
2
3
U. Saba, Il Canzoniere, Tre poesie alla mia balia, poesia 2.
U. Saba, Il Canzoniere, Tre poesie alla mia balia, poesia 3.
Dal ricordo di quella ferita, il poeta si riporta improvvisamente al presente dove, seppure adulto,
sente il bisogno di tornare da quella che fu la balia, ormai invecchiata, in cerca di pace, esattamente
come un bambino che cerca l’abbraccio rassicurante della mamma:
“ È Umberto Saba quel bimbo.
E va, di pace in cerca,
a conversare colla sua nutrice;
che anch’ella fu di lasciarlo infelice,
non volontaria lo lasciava.” 4
Quel bambino è cresciuto, è quasi un vecchio ora, esperto di tanti beni e tanti mali. Il dramma di
quella separazione lo ha reso diffidente nei confronti del mondo e forse proprio per riconciliarsi con
la realtà, per accettarla, ha bisogno di sentirsi ancora accudito dalle amorevoli cure di quella donna,
che per lui ha sempre rappresentato un luogo sicuro, la sua casa, la casa dei ricordi d’infanzia, come
quel vecchio orologio appeso al muro, che gli è di conforto, un tempo regolato dal “dolce balio” ed
ora da lui.
E, nelle parole che la balia dolcemente gli rivolge, Umberto l’adulto trova la pace:
«È tardi. Torna da tua moglie, Berto». 5
4
5
U. Saba, Il Canzoniere, Tre poesie alla mia balia, poesia 3.
U. Saba, Il Canzoniere, Tre poesie alla mia balia, poesia 3.
CAPITOLO 2
Abbiamo detto di come la madre del piccolo Umberto avesse subito l’abbandono del marito, ancor
prima della nascita del bambino e come questa circostanza abbia condizionato, in modo molto forte,
la vita stessa di quel nucleo familiare.
Pensando al momento della sua nascita e tentando di immaginare la condizione di sofferenza e
solitudine della mamma Rachele, il poeta scrisse un sonetto, del quale citiamo i primi versi:
"Quando nacqui mia madre ne piangeva,
Sola, la notte, del deserto letto." 6
Colpisce subito l’immagine forte del letto “deserto”, che riporta immediatamente al grande vuoto,
alla più profonda solitudine, all’abbandono. La notte, con i suoi silenzi e le sue lunghe ore, fa da
sfondo a questo scenario di grande tristezza. Il Poeta sembra quasi dolersi della sua stessa nascita,
se è vero che descrive la madre in lacrime, a causa di questo. Una nascita cupa, che di certo non
viene descritta come un evento lieto, quale, invece, avrebbe dovuto essere. Questa riflessione che ci
induce a pensare che Umberto quasi si sentisse responsabile, seppure in parte, del dolore della
madre, per il solo fatto di essere venuto al mondo.
Il sonetto si conclude con in seguenti versi:
"Io, come in sogno, mi ricordo ancora.
Ma di malinconia fui tosto esperto;
Unico figlio che ha lontano il padre." 7
In chiusura di sonetto, all’interno del quale il Poeta descrive scene di vita quotidiana nella sua città,
di persone comuni che si aiutano nelle difficoltà economiche, di solidarietà, che contribuisce a far
sentir meno il peso delle preoccupazioni, di passeggiate al mercato con la madre, rivissute come in
un sogno, arriva, improvvisa, la consapevolezza della “diversità” della sua condizione: essere
“unico figlio che ha lontano il padre”.
Un’immagine che riporta, in tutta la sua forza, alla tematica dell’abbandono subito, il trauma
vissuto, la privazione, che ha in qualche modo imposto a
6
7
U. Saba, Il Canzoniere, Quando nacqui mia madre ne piangeva.
U. Saba, Il Canzoniere, Quando nacqui mia madre ne piangeva.
quel figlio di crescere in fretta,
costringendolo ad accettare la realtà e ad abituarsi a convivere con la malinconia che l’assenza
dell’affetto di un padre gli causa.
Questo quadro familiare (la mancanza del padre dovuta alla sua assenza e l'educazione rigida e
severa della madre)
segna profondamente la vita e la psiche di Umberto, al punto tale da
provocargli una nevrosi di base, della quale sembra chiara l’origine: un padre inesistente che aveva
rifiutato la madre e che è disprezzato dalla madre e, una madre che per un periodo l'aveva
abbandonato. Queste circostanze sono state con molta probabilità la vera causa di
quell'atteggiamento sempre infelice che Saba dimostra nella sua poetica e che ci ha colpito più di
qualunque altra cosa.
Non a caso, la vita del Poeta fu ampiamente caratterizzata da fenomeni depressivi e dal ricorso alla
psicoanalisi, elementi che hanno notevolmente influenzato anche la sua opera.
Nel sonetto Mio padre è stato per me “l'assassino” , il Poeta affronta in pieno il tema del rapporto
con la figura paterna, delineandone gli aspetti.
È evidente già dal primo verso l'emergere dell'astio e del rancore con cui la madre ricordava
l'uomo, che lei stessa definiva "l'assassino", parlandone in famiglia. “Assassino”, poiché aveva
ucciso le sue speranze di formare una famiglia e di vivere una vita serena. In questi termini così
forti, la madre descrive abitualmente a Saba suo padre. È così che Umberto sente parlare del padre
in casa.
Tuttavia, quando Umberto, da adulto, incontra quell’uomo scopre che il modo in cui per anni ha
sentito parlare di lui non corrisponde a verità.
Infatti il padre, all'interno del sonetto, non appare come un essere crudele e meschino ma addirittura
come un bambino, con tutta la tenerezza e lo stupore che questa immagine evoca ai nostri occhi.
Dentro quel bambino è nascosto l’uomo che è stato certamente un irresponsabile, non per disonestà
o cattiveria, ma per l’incapacità di assumersi delle responsabilità.
"...Allora ho visto ch'egli era un bambino,
e che il dono ch'io ho da lui l'ho avuto.
Aveva in volto il mio sguardo azzurrino,
un sorriso, in miseria, dolce e astuto.
Andò sempre pel mondo pellegrino;
più di una donna l'ha amato e pasciuto." 8
L’incontro con l’uomo che lo ha generato e contemporaneamente abbandonato, che ha fatto di quel
bambino un “estraneo”, diviene per il poeta l’occasione per scoprire le proprie radici e per
rinsaldare il proprio senso di appartenenza al mondo. In maniera sorprendente, è proprio la figura
paterna che, dopo averlo inizialmente isolato, gli consente ora di trovare un posto tra gli altri,
restituendogli una dimensione reale, una collocazione vera, autentica.
Per questo motivo l’autore dimentica, senza alcun rancore e con improvvisa serenità, colui che per
vent’anni gli è stato presentato come “l’assassino”, e fissa il suo sguardo affettuoso sui fili
immaginari che semplicemente lo legano al “padre” e che gli permettono di “comprenderlo”, pur
senza “conoscerlo”.
Non c’è quindi nessun bisogno di giudicare le azioni di quell’uomo tornando al passato e
riscoprendo dolore ed amarezza, ma, molto più semplicemente, ci sembra che il Poeta voglia
accogliere ed accettare quell’uomo nella sua natura, per ciò che egli è. Un uomo, evidentemente non
predisposto ad una vita rigorosamente scandita da regole, fatta di doveri, responsabilità, sacrifici, ed
obbedienza, ma, al contrario, naturalmente incline alla libertà, alla gaiezza, al continuo movimento,
spinto da qualcosa di interiore che gli impedisce di fermarsi in un luogo e costruire qualcosa di
stabile, come una famiglia, magari.
Un uomo che ha bisogno “lui” per primo, di essere accudito, di essere oggetto di attenzione
continua, tant’è vero che cerca queste cose nell’amore di più donne, piuttosto che accanto ad una
persona soltanto.
Un uomo capace di amare, ma non una sola donna e per sempre, evidentemente.
Questo uomo, dallo sguardo dolce ed astuto, non vuole farsi “addomesticare”, vuole essere accolto
ma non controllato, vuole stare dove “può”, forse, sicuramente non dove “deve”.
A questo padre Umberto scopre di assomigliare, in qualche modo. In quest’uomo trova delle
affinità che lo rendono simile a lui. Proprio da questo padre ritrovato, dal suo spirito fanciullesco,
Umberto fa derivare il “dono” che riconosce di possedere, ovvero la capacità di guardare il mondo
in maniera poetica, riuscendo così a sciogliere le amarezze dell’esistenza, rendendosi aperto e
8
U. Saba, Il Canzoniere, Mio padre è stato per me “l’assassino”.
disponibile nei confronti del mondo stesso, a prescindere dalle convinzioni, dalle culture, dalle
credenze religiose, dalle diversità sociali.
“Egli era gaio e leggero; mia madre tutti sentiva della vita i pesi.
Di mano ei gli sfuggì come un pallone.
«Non somigliare – ammoniva – a tuo padre».
Ed io più tardi in me stesso lo intesi: eran due razze in antica tenzone.” 9
La profonda diversità dei suoi genitori, resa ancor più chiara dall’immagine utilizzata dal poeta,
quella del contrasto fra leggerezza e peso, è all’origine di quella che ci si presenta come una
inevitabile separazione.
La figura del palloncino che sfugge di mano è carica di un forte significato simbolico.
Per quanto potesse essere frenato nella sua naturale spinta verso l’alto, per quanto si volesse
costringerlo a terra, per quanto si volesse controllarlo … quel palloncino è sfuggito di mano,
proiettandosi nella sua vera dimensione, quella della libertà. Perché non si può cambiare la natura
delle cose. Nonostante gli sforzi compiuti, nonostante le buone intenzioni di chi vorrebbe trattenere
qualcosa per sé, non è possibile pretendere di cambiare la vera natura di qualcosa o di qualcuno.
Il monito della madre, la raccomandazione fatta ad Umberto, nel tentativo di evitare che tentasse di
imitare il padre, finendo per assomigliargli, esprime, in fondo, proprio la rabbia per aver perso
qualcosa che non si è mai riusciti a comprendere a pieno, qualcosa che non si è riusciti a controllare,
a trattenere accanto a sé.
Riflettendoci bene, proprio questa ritrovata e sorprendente sintonia con il padre permette ad
Umberto di accettare le diversità, le stesse che ne hanno condizionato l’esistenza, ad iniziare proprio
dagli inevitabili contrasti che le diverse culture di cui i propri genitori erano espressione hanno
provocato.
Ci sembra che da questo incontro Umberto esca più consapevole, più sereno, più sollevato. Capisce
che non è nel rancore che si può vivere, ma nell’accettazione della natura dell’altro, pur con tutte le
differenze, anche dolorose che a volte è necessario sopportare.
E’ un Uomo in pace, il poeta che incontra il padre-bambino.
CONCLUSIONE
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U. Saba, Il Canzoniere, Mio padre è stato per me “l’assassino”.
Il giudizio di Saba può perfettamente adattarsi a tante situazioni attuali, come ad esempio una
separazione tra i due genitori, che provoca, quindi, la separazione del figlio da una delle due figure
genitoriali.
Questo può essere riconducibile alle nostre esperienze personali.
Anche noi, come Saba, abbiamo dovuto affrontare situazioni complesse riguardanti la figura paterna
durante la nostra infanzia. Perdite e separazioni che hanno influito sulla nostra vita, ma più di ogni
altra cosa, sul nostro carattere e sulla nostra mentalità. Ma, grazie ad esse, siamo state in grado di
crescere e relazionarci con il mondo in una maniera differente rispetto ai nostri coetanei e, a nostro
modo di vedere, questo rappresenta sicuramente un privilegio che pochi hanno.
Nel mio caso (Martina) ho dovuto convivere dall'età di quattro anni con la separazione e il
successivo divorzio dei miei genitori.
Proprio come Saba, nella mia età giovanile, ho subito la mancanza di un padre. Infatti, mio padre
fece la scelta, se così si può chiamare, di andare via di casa a causa dei continui litigi con mia
madre. Sicuramente questa sua “scelta” non fu delle più felici e soprattutto facili, anche dal punto di
vista economico, ma nonostante questo, mio padre per farmi vivere e vivere lui stesso in serenità,
anche se con la sofferenza dell'allontanamento da sua figlia, lo fece.
Questa esperienza, però, mi è servita per crescere, mi ha insegnato ad essere più forte e a saper
vedere e capire anche la situazione e il punto di vista di altre persone. Di certo non è stata
un'esperienza facile vissuta in completa armonia e serenità, ma è pur sempre stata un'esperienza, a
mio modo di vedere, utile per la formazione della mia personalità e della mia mentalità.
Al contrario di ciò che si potrebbe pensare, questo allontanamento da mio padre mi ha portato alla
voglia di viverlo, cosa che non era stato possibile effettuare nei termini "normali". Crescendo, ho
sentito il bisogno di passare del tempo con mio padre, come Saba, che all’età di vent’un anni fece,
finalmente, la conoscenza con suo padre.
Ma c’è da ricordare che, a differenza del padre di Saba, mio padre, anche standomi lontano e
vedendomi poco, mi ha saputo dimostrare sempre l'immenso amore che prova per me. Ed è proprio
questo amore che mi ha permesso di andare avanti senza preoccuparmi troppo della separazione. Io
ho sempre saputo che, qualsiasi cosa fosse successa tra i miei genitori, mio padre ci sarebbe stato,
sempre. Proprio per questo, a mio modo di vedere, non posso vivere senza mio padre. Non posso
vivere senza una figura di riferimento. Non posso vivere senza l’unica certezza della mia vita.
Senza l'amore di mio padre io non sarei stata in grado di affrontare nulla nella mia vita, non sarei
stata così forte e determinata e soprattutto non sarei stata in grado di amare. Perché è proprio lui che
mi ha insegnato ad amare. Amare in modo che nessuno può e potrà mai immaginare o cogliere.
Ed è per questa ragione che, a mio modo di vedere, la vita di un bambino viene condizionata in
modo negativo dall’assenza di una figura paterna. L’assenza di qualcuno che lo educhi, che lo
supporti e che gli insegni ad amare, proprio come mio padre ha fatto con me.
Nel mio caso invece (Cecilia) durante la mia infanzia, all'età di nove anni, ho subito la perdita di
mio padre a causa di un incidente stradale.
A quel punto fu davvero molto difficile relazionarmi con gli altri. Inoltre crescendo ho sentito
sempre più il bisogno di una figura maschile al mio fianco, quasi per colmare il vuoto che ho
dentro.
Ma
mai
nessuno
riuscirà
a
riempirlo
ed
a
sostituirsi
a
mio
padre.
Fino all’età di nove anni ho avuto due genitori molto presenti. L’uno compensava l’altra. In questo
mi ritrovo molto in Saba. Da una parte vi era mia madre, molto protettiva, attenta e premurosa,
dall’altra avevo mio padre, molto gioioso e spericolato, non si poneva mai limiti.
La perdita di mio padre ha provocato una forte sofferenza, incolmabile. Ma mi ha reso forte,
davvero forte e consapevole del dolore.
Detto ciò, com’è vivere senza la presenza di un padre?
La figura paterna aiuta il bambino a comprendere le abilità sociali per vivere nel mondo esterno, il
senso del limite e del controllo; lo incoraggia a sostenere la frustrazione e ad esplorare le proprie
competenze, assumendo un ruolo centrale nella creazione e sviluppo dell’autostima. Con la
mancanza di questo riferimento viene meno l’equilibrio interiore.
Non mi sento di affermare di non avere più mio padre. Certo, mi sono mancate molte cose e ancora
oggi sento una mancanza, rappresentata da piccoli gesti quotidiani, ma non mi manca affatto il suo
Amore o la sua Presenza.
Da questo punto di vista la mia esperienza è contrastante con quella di Saba. Mio padre è sempre
con me, nel mio cuore, nei miei pensieri. Lo sento vicino a me in qualunque cosa io faccia. Quindi
si può dire che sono cresciuta senza di lui dal punto di vista fisico, ma lui pur non essendo più qui
fisicamente svolge ancora un ruolo fondamentale nella mia vita.
BIBLIOGRAFIA
U. Saba, Il Canzoniere, Einaudi, 1964, Torino.
www.sansepolcroliceo.it
www.internetculturale.it
www.wikipedia.it
Martina Borgo
classe 3LE
Cecilia Calvani
classe 3LE