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www.ildirittoamministrativo.it NOTA A CORTE DI CASSAZIONE – TERZA SEZIONE CIVILE SENTENZA 12 febbraio 2015, n. 2762 Esclusa l’applicabilità dell’art. 1957 c.c. al contratto autonomo di garanzia a cura di SARA VARAZI La Terza Sezione civile, con la sentenza in esame, individuati gli indici dai quali sia possibile desumere la natura autonoma del contratto di garanzia, si esprime nel senso dell’inapplicabilità a quest’ultimo della norma di cui all’art. 1957 c.c., in forza della quale “ il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza dell’obbligazione principale, purché il creditore entro sei mesi abbia proposto le sue istanze contro il debitore e le abbia con diligenza continuate”. Secondo la ricostruzione della Corte, questa norma trova il proprio fondamento nel carattere accessorio dell’obbligazione fideiussoria, dal quale discende un collegamento indefettibile fra la scadenza dell’obbligazione principale e quella dell’obbligazione di garanzia. Suddetto collegamento, tuttavia, sarebbe mancante nel caso di contratto autonomo di garanzia, la cui caratteristica fondamentale è proprio l’ assenza dell’elemento di accessorietà, rendendo inapplicabile allo stesso la norma in questione, in quanto incompatibile. Al fine di meglio comprendere le conclusioni a cui è giunto il Collegio, appare preliminarmente necessario esaminare la figura del contratto autonomo di garanzia, sotto il profilo tanto della natura, quanto degli elementi tipizzanti. Il contratto autonomo di garanzia è una fattispecie non disciplinata nel nostro ordinamento, frutto dell’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, che affonda le proprie radici nella tradizione Germanistica (Garantievertrag). 1 www.ildirittoamministrativo.it Sta a indicare quel contratto in forza del quale un soggetto garante (solitamente un istituto di credito, una compagnia assicurativa o comunque un soggetto operante nel mercato creditizio) assume l’obbligazione di pagare una somma predeterminata ad un creditore beneficiario, a prima richiesta e senza poter opporre eccezioni derivanti dal rapporto garantito. L’autonomia del contratto in esame è strettamente funzionale a garantire l’esigenza creditoria di un’immediata escussione della garanzia stessa in caso di inadempimento, quale somma idonea, ex post, ad indennizzare il mancato soddisfacimento dell’interesse principale perseguito mediante il negozio garantito. Il contratto autonomo di garanzia, dunque, si distingue nettamente dalla fideiussione di cui agli artt. 1936 e ss. c.c.. Questa è una garanzia personale, mediante la quale il creditore affianca alla responsabilità del proprio debitore quella di un altro soggetto garante, anch’egli responsabile con tutto il suo patrimonio ex art. 2740 c.c. Il creditore, in questo modo, garantisce il proprio interesse all’adempimento affiancando al patrimonio del debitore quello di un altro soggetto cui rivolgersi per ottenere la prestazione o su cui rifarsi in caso d’ inadempimento. Tale istituto è, dunque, strumentale alla tutela dell'interesse del creditore all'esatto adempimento della prestazione principale, appartenendo, dunque alle cd. garanzie di tipo satisfattorio, caratterizzate dal rafforzamento del potere del creditore di conseguire il medesimo bene dovuto. Nel contratto autonomo di garanzia, invece, si assiste a una netta scissione del rapporto principale rispetto a quello di garanzia. Il garante, difatti, non assicura l’adempimento affiancandosi al debitore principale, bensì assume un obbligo autonomo di riparazione economica del creditore, azionabile automaticamente ogni qual volta questi assuma leso un suo interesse rilevante. L'obbligazione del garante autonomo è, dunque, qualitativamente distinta da quella principale, non essendo rivolta al pagamento del debito stesso, bensì a indennizzare il creditore insoddisfatto attraverso il tempestivo versamento di una somma di denaro predeterminata, sostitutiva della mancata o inesatta prestazione del debitore. (Cfr. Sez. un. 18 febbraio 2010, n. 3947, in Dejure.it). La meritevolezza giuridica di questo assetto di interessi è stata riconosciuta già da giurisprudenza risalente, che, qualificando il contratto autonomo di garanzia quale contratto atipico, ne ha individuato la causa nella volontà di determinare nella sostanza gli effetti di una cauzione, 2 www.ildirittoamministrativo.it senza però comportare la necessaria immobilizzazione di rilevanti somme (Cfr. Cass.,6.10.1989, n. 4006, in Dejure.it). Sono stati, così, superati i dubbi in punto di astrattezza causale di contratti di questo tipo, evidenziando la differenza sostanziale intercorrente fra l’astrattezza causale e l’autonomia. Come è stato correttamente osservato, difatti, la causa attiene al momento genetico e funzionale del contratto, sotto il profilo della giuridica realizzabilità dell’effetto perseguito. L’autonomia, al contrario, riguarda unicamente l’idoneità delle vicende modificative ed estintive del rapporto di base a riflettersi sul rapporto di garanzia. Il carattere autonomo della garanzia, in ragione della permeabilità alle eccezioni del rapporto principale, costituisce libera espressione dell’autonomia negoziale delle parti, idonea a rendere la garanzia atipica e conforme allo scopo specificamente perseguito - ossia assicurare un interesse di tipo indennitario, attraverso il trasferimento del rischio economico della mancata esecuzione della prestazione contrattuale dal soggetto creditore al garante - che ne costituisce la causa concreta. Attraverso tale negozio, difatti, viene efficacemente perseguito l'interesse del beneficiario, il quale può fare affidamento sulla rapida e sollecita escussione di una controparte affidabile, (in quanto solitamente un istituto di credito o comunque soggetto operante nel mercato del credito) senza il rischio di vedersi opporre, in sede processuale, il regime tipico delle eccezioni fideiussorie. (Cfr. Sez. un. 18 febbraio 2010, n. 3947, in Dejure.it). Nel contratto autonomo, dunque, si assiste ad una parziale esternalizzazione della causa, la quale rimane connotata dalla funzione di garanzia rispetto ai rischi derivanti dal rapporto principale, ed in particolare legata al mancato raggiungimento da parte del soggetto beneficiario del risultato cui era finalizzato il negozio garantito. In particolare, la sussistenza di un collegamento funzionale fra il contratto autonomo di garanzia e il rapporto principale, emerge nell’individuazione da parte di dottrina e giurisprudenza maggioritarie di alcune eccezioni comunque opponibili da parte del garante. Innanzi tutto sarebbe opponibile l’eccezione di illiceità della causa del rapporto di valuta, quanto meno ogni qual volta l’esecuzione del rapporto autonomo sia strumentale al perseguimento del medesimo risultato cui è funzionale il rapporto garantito vietato dall’ordinamento (Cfr. Cass. sez. III, 3 marzo 2009, n. 5044, in Dejure). 3 www.ildirittoamministrativo.it Allo stesso modo, sarebbe opponibile l’ exceptio doli generalis laddove il creditore abusi del proprio diritto, in quanto la richiesta appaia evidentemente fraudolenta ed infondata. Ciò accade, ad esempio laddove risulti prima facie l’adempimento del rapporto principale, o l’inadempimento del beneficiario, o del debitore per fatto del beneficiario etc. e comunque in ogni caso in cui il beneficiario agisca in modo manifestamente doloso, abusivo o fraudolento e ciò risulti da prove certe e non contestate (Cfr. Cass. sez III, 24 aprile 2008, n. 10652, in Dejure.it) La differenza sostanziale con la fideiussione, quindi, non è nel tipo della funzione, che è sempre di garanzia, ma nella graduazione della stessa, del tutto accessoria nella fideiussione, indipendente nel contratto autonomo di garanzia. Il rapporto fideiussorio, difatti, presuppone indefettibilmente l’esistenza di un rapporto principale da garantire, su cui fonda integralmente la sua stessa causa. Ne discende che in caso di mancanza, originaria o sopravvenuta, del rapporto principale quello di garanzia viene travolto. Ed è in questa prospettiva, dunque, che vanno lette le norme codicistiche in tema di fideiussione, strumentali ad equiparare, sostanzialmente, la posizione del garante fideiussore a quella del debitore principale, riconoscendogli, fra l’altro, la possibilità di opporre al creditore tutte le eccezioni proprio del rapporto principale garantito ex art. 1945 c.c., e imponendo specifici limiti alla prestazione fideiussoria ex1941 c.c. Il discrimen strutturale fra fideiussione e contratto autonomo di garanzia è, dunque, l’accessorietà, tipica della prima e del tutto mancante nel secondo. Spetta, dunque, all’interprete capire se le parti abbiano o meno voluto rendere la garanzia autonoma rispetto al credito garantito e di conseguenza individuare la disciplina applicabile. Sul punto il Consesso era già intervenuto a Sezioni unite (Sez. Un. 18 febbraio 2010, n. 3947, in Dejure), al fine di comporre un contrasto giurisprudenziale (a cui corrispondeva un altrettanto vivace dibattito dottrinale) in ordine alla sufficienza dell’ inserimento delle clausole “a prima richiesta e senza eccezioni” a consentire la qualificazione del contratto quale autonomo. Le Sezioni Unite del 2010, rifacendosi in realtà ad un orientamento giurisprudenziale già risalente, (Cfr. Sez. un., 1 ottobre 1987, n. 7341, in Dejure) hanno ritenuto che la presenza di suddette clausole comporti una significativa deroga alla disciplina codicistica della fideiussione, riconoscendo al creditore il potere di esigere la prestazione dal garante a prescindere da qualsiasi accertamento in ordine all’effettiva sussistenza di un inadempimento del debitore principale. 4 www.ildirittoamministrativo.it Secondo la Corte, l’inserimento di suddetta clausola varrebbe, dunque, a qualificare il contratto come di garanzia autonoma, con una presunzione iuris tantum, superabile laddove dal contenuto negoziale emerga una diversa e contraria volontà delle parti. È dunque, in sostanza, rimesso in ogni caso all’ interprete il compito di valutare caso per caso la sussistenza di specifici elementi dai quali desumere l’intenzione delle parti di derogare alla normale accessorietà della garanzia fideiussoria, avendo riguardo al complesso dei rapporti intercorrenti fra le stesse. In particolare la Suprema Corte è recentemente tornata sull’argomento (Cfr. Cass. sez. del 18 giugno 2013, n. 15108, in Dejure) chiarendo come la semplice clausola “a prima richiesta” non sia sufficiente a definire la garanzia quale autonoma, essendo necessario accertare che le parti abbiano voluto escludere l’accessorietà, mediante la deroga alla regola essenziale di cui all’art. 1945 c.c. Si rammenta, infatti, che secondo una parte della dottrina e della giurisprudenza, il mero inserimento della clausola a prima richiesta si risolverebbe in un patto di solve et repete, mediante il quale si assiste alla sola astrazione processuale della causa della garanzia, in quanto se, da un lato comporta l’impegno del garante a provvedere tempestivamente al pagamento senza opporre alcuna eccezione, dall’altro lascia pur sempre allo stesso la facoltà di agire successivamente in ripetizione. In ogni caso, una volta accertata l’eventuale natura autonoma della garanzia stipulata, occorre individuare la specifica disciplina applicabile. Sotto tale profilo ha sicuramente un ruolo primario la regolamentazione convenzionale. Le norme codicistiche in materia di fideiussione, difatti, possono trovare applicazione solo in forza di procedimento analogico e dunque laddove compatibili. È di tutta evidenza, dunque, che non potranno applicarsi tutte quelle norme previste per la fideiussione che trovino il proprio fondamento nella natura accessoria della stessa. La fattispecie concreta in commento ha a oggetto dei patti di riacquisto prestati a garanzia delle obbligazioni assunte da una società a favore della concedente di un contratto di leasing. Avendo riguardo all’operazione negoziale nel suo complesso la Suprema Corte ha individuato alcuni sicuri indici della volontà di stipulare un contratto autonomo di garanzia. Innanzitutto, l’assunzione dell’obbligo di pagare immediatamente al ricevimento della fattura da parte della società di leasing il prezzo di riacquisto dei beni, in deroga all’art. 1952 c.c. in 5 www.ildirittoamministrativo.it forza del quale il garante ha l’onere di preavvisare il debitore principale della richiesta di pagamento del creditore. In secondo luogo, la sussistenza dell’obbligo di corrispondere l’importo anche in caso di distruzione, perdita o irrecuperabilità dei beni oggetto del contratto di leasing, indipendentemente dalla responsabilità della beneficiaria. Obbligazione questa che, congiuntamente alla mancanza di alcun riferimento alla possibilità di far valere le eccezioni fondate sul rapporto di base, consente la sopravvivenza della garanzia anche nel caso in cui venga a mancare l’oggetto del contratto di leasing garantito. L’insieme di queste pattuizioni ha indotto la Suprema Corte a ritenere l’assetto degli interessi stabilito tra le parti fortemente derogatorio della disciplina della fideiussione, in particolare sotto il profilo dell’accessorietà, tanto da poter essere sussunto nello schema del contratto autonomo di garanzia. Stabilita la natura autonoma, dunque, la Corte ha escluso l’applicabilità allo stesso della norma di cui all’art. l’art. 1957 c.c., che impone al creditore di far valere tempestivamente le proprie ragioni sul debitore principale al fine di permettere la sopravvivenza della fideiussione al rapporto garantito. Secondo la ricostruzione proposta, tale norma presuppone un collegamento inscindibile fra la scadenza dell’obbligazione di garanzia e quella dell’obbligazione principale, e dunque deve essere annoverata fra quelle fondate sulla necessaria sussistenza di un rapporto di accessorietà, rientrando per ciò solo automaticamente nel novero delle disposizioni non applicabili a un’obbligazione di garanzia autonoma. Si segnala, per completezza, un orientamento di segno contrario, secondo il quale il disposto di cui all’art. 1957 c.c. non troverebbe la sua ragion d’essere nell’accessorietà delle due obbligazioni, bensì sarebbe espressione di un generale principio di buona fede e correttezza a cui sono tenute tutte le parti del rapporto obbligatorio (Cfr. Cass.,4.7.2003,n.10574). Così individuata la ratio della norma, la presenza della semplice clausola di pagamento a prima richiesta o equivalente non sarebbe idonea ad escludere l’applicazione della stessa, in mancanza di una concreta manifestazione della volontà delle parti di esonerare, nello specifico, il creditore dall’onere di proporre azione giudiziaria nei confronti del debitore principale. La sentenza che si commenta si pone in linea con l’orientamento maggioritario, in dottrina ed in giurisprudenza, già avallato in precedenza dalle Suprema Corte (Cfr. 6 www.ildirittoamministrativo.it Cass., 25.2.2002, n. 2742; Cass.31.7.2002, n. 11368; Cass. Sez. Un., 18.2.2010, n.3947 in Dejure), secondo cui accertata la volontà della parti di rendere la garanzia autonoma dal rapporto garantito, con finalità, dunque, principalmente indennitaria, allora dovranno ritenersi inapplicabili tutte quelle norme codicistiche, dettate per la fideiussione, le quali trovino il proprio fondamento e la propria ragion dell’essere nell’inscindibilità del legame di accessorietà fra il rapporto garantito e la garanzia stessa. 7