Obbligazioni 5 - Giurisprudenza

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Obbligazioni 5 - Giurisprudenza
Istituzioni di diritto romano (P-Z), a.a. 2014-15
13. ESTINZIONE DELLE OBBLIGAZIONI
13.1. Modi di estinzione per ius civile
Le obbligazioni, come nascono da fatti o atti giuridici chiamati fonti, così ‘muoiono’,
nel senso che si estinguono in forza di determinati fatti o atti, chiamati in dottrina
modi di estinzione, che si posso distinguere in due categorie.
Modi di ius civile
Solutio per aes et libram
Acceptilatio
Novazione
Litis contestatio
Confusione/Impossibilità
sopravvenuta/Dissenso
comune/Recesso
unilaterale/Morte
Modi di ius honorarium
Patto di non richiedere
Compensazione
ESTINZIONE DELLE
OBBLIGAZIONI
La prima, più numerosa, comprende quei modi che distruggono il rapporto
obbligatorio sul piano del ius civile. Sono i modi che estinguono ipso iure
(automaticamente) l’obbligazione. Il giudice, chiamato a decidere in caso di
controversia, se gli appare evidente il fatto estintivo, deve pronunciarsi per
l’inesistenza del dovere giuridico di dare o facere affermato dall’attore nei confronti
del convenuto.
La seconda categoria comprende alcuni fatti o atti che per ius civile non
distruggono l’obbligazione, per i quali però il diritto onorario, anzitutto quello
pretorio, permette di paralizzare la pretesa processuale del creditore-attore
tramite l’opposizione di una eccezione.
1) Solutio per aes et libram e solutio
In età arcaica, per sciogliersi dal vincolo di soggezione (non ancora obbligatorio) del
nexum – oltre ovviamente alla restituzione dei beni ricevuti contestualmente al nexum
– occorreva compiere uno scioglimento formale, speculare a quello da cui era sorto il
vincolo e consistente in un altro atto analogo alla mancipatio e dunque mediante il
rito del bronzo e della bilancia, detto solutio per aes et libram “scioglimento tramite
(il rito di) bronzo e bilancia”, in cui l’assoggettato doveva pronunciare le parole “Con
questo bronzo e con questa bilancia, da te io mi sciolgo e ‘libero’”.
Anche dopo l’abolizione del nexum e la generale affermazione del vincolo
obbligatorio, l’arcaico rituale rimane in uso, ma soltanto per sciogliere il debitore dal
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vincolo di una obbligazione sorta da un atto per aes et libram e non effettivamente
adempiuta: assume in sostanza la funzione di rimettere il debito.
Progressivamente il termine solutio viene staccato dal rituale del bronzo e della
bilancia ed impiegato per indicare lo scioglimento da qualunque obbligazione in
seguito all’adempimento, specie il pagamento.
Gaio 3.168: L’obbligazione si estingue soprattutto con l’adempimento (solutio) di quanto
è dovuto. Ci si domanda, quindi, se uno che con il consenso del creditore adempia una
cosa per un’altra (aliud pro alio) si liberi automaticamente (ipso iure), come è avviso dei
nostri maestri; oppure se a stretto diritto rimanga obbligato, ma debba difendersi con
l’eccezione di dolo contro il richiedente, come è parere degli autori dell’opposta scuola.
Gaio considera normale – e, in effetti, al suo tempo lo era da alcuni secoli – che
l’obbligazione si estingua “soprattutto con la solutio”, ossia con l’adempimento, che
nella sua forma più usuale è il pagamento.
Adempiere significa eseguire esattamente la prestazione dovuta.
Perciò Gaio si domanda se possa considerarsi estinta automaticamente (ipso iure)
l’obbligazione nell’ipotesi in cui il creditore accetti che gli venga data una cosa
diversa rispetto a quella dovuta (aliud pro alio), situazione contemplata anche dal
Codice civile vigente come “prestazione in luogo dell’adempimento”1. I giuristi
sabiniani propendono per la risposta affermativa, mentre, secondo i proculiani, il
creditore potrebbe ancora agire in giudizio, ma vedrebbe paralizzata la pretesa
dall’eccezione di dolo opposta dal convenuto-debitore, il che realizza così
un’estinzione non automatica, ma “in forza di una eccezione”.
La prestazione può essere eseguita a persone terze rispetto al rapporto obbligatorio e
investite della sua ricezione tramite una stipulatio [la domanda rivolta al debitore al
creditore: “Prometti di dare a me o a Tizio …?”; oppure, se la domanda è formulata
per la medesima prestazione da un secondo creditore: “Prometti di dare a me la stessa
cosa (idem) che hai promesso a Caio (primo creditore)?”].
All’opposto, la prestazione può essere eseguita pure da terzi indicati dal debitore o
anche da un terzo all’insaputa o contro la volontà del debitore stesso.
b) Acceptilatio
Alle origini per estinguere l’obbligazione verbale nata da sponsio, non bastava
adempiere la prestazione promessa, ma occorreva compiere un atto verbale di
liberazione formale. Il debitore che aveva adempiuto domandava: “Hai ricevuto quel
che io ti ho promesso?”, e il creditore che aveva ricevuto la prestazione esatta
rispondeva: “Ho (ricevuto)”.
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Art. 1197 c.c. (Prestazione in luogo dell’adempimento): Il debitore non può liberarsi eseguendo una
prestazione diversa da quella dovuta, anche se di valore uguale o maggiore, salvo che il creditore
consenta. In questo caso l'obbligazione si estingue quando la diversa prestazione è eseguita.
Se la prestazione consiste nel trasferimento della proprietà o di un altro diritto, il debitore è tenuto
alla garanzia per l’evizione e per i vizi della cosa secondo le norme della vendita, salvo che il
creditore preferisca esigere la prestazione originaria e il risarcimento del danno.
In ogni caso non rivivono le garanzie prestate dai terzi.
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Questo modo di estinzione è denominato acceptilatio, che può rendersi come
“conferma di avere ricevuto”.
Quando, grazie all’elaborazione giurisprudenziale, si giunse a ritenere che fosse
sufficiente la solutio per estinguere l’obbligazione, il dialogo formale venne impiegato
per operare la remissione del debito, ossia per estinguere una obbligazione non
effettivamente adempiuta. Nel caso in cui un paterfamilias avesse voluto rimettere
debiti sorti da obbligazioni non verbali, poteva trasfondere il rapporto obbligatorio
esistente in una stipulatio, da compiersi ovviamente col medesimo debitore – il che
comportava una novazione (vedi sub c) – e quindi far seguire il rito verbale di
formale estinzione.
c) Novazione (novatio)
La stipulatio è il modo principe per compiere una novazione (novatio), che consiste
nel trasfondere e sostituire una obbligazione esistente con una nuova, che abbia
qualcosa di diverso rispetto alla precedente.
La novazione può essere oggettiva o soggettiva.
Oggettiva
quando creditore e debitore
rimangono i medesimi, ma
cambia la causa della
obbligazione
Soggettiva
quando muta la persona del
debitore o del creditore
NOVAZIONE
Novazione oggettiva. Tizio (creditore) si fa promettere con stipulatio da Caio
(debitore) quel che Caio già gli deve come prezzo di una compravendita. Il debito da
compravendita è estinto e la somma è ora dovuta in forza della stipulatio. Se si vuol
realizzare una novazione di una precedente stipulatio, occorre che vi sia qualcosa di
nuovo, anche di poco conto, nel contenuto: ad es., la modifica di un termine, oppure
l’aggiunta o la eliminazione di una condizione.
Novazione soggettiva. Se muta il debitore, il debito di un paterfamilias viene
assunto da un altro paterfamilias: si configura così una delegazione passiva
(tecnicamente una expromissio). Se invece un nuovo paterfamilias subentra come
creditore a quello precedente, si configura una delegazione attiva (tecnicamente una
delegatio).
d) Litis contestatio
Questo atto, conclusivo della prima fase (in iure) del processo formulare, può
estinguere una obbligazione, purché si agisca con un’azione in personam, la cui
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formula contenga il verbo oportere “dovere (di dare o di fare)”, in un processo
conforme ai tre requisiti della legge Giulia. Negli altri casi, il convenuto che sia di
nuovo chiamato in giudizio dallo stesso attore per la medesima questione controversa,
può opporre l’apposita eccezione.
e) Altri modi di estinzione per ius civile.
Confusione: quando le posizioni di creditore e di debitore si concentrano nel
medesimo paterfamilias, ad es., perché l’uno diviene erede dell’altro.
Impossibilità sopravvenuta della prestazione non imputabile al debitore: ad es.,
se la cosa dovuta è perita (andata distrutta) a causa di un terremoto.
Nei contratti consensuali, l’obbligazione si estingue per dissenso comune delle parti,
purché nessuna di esse abbia iniziato a eseguire la prestazione.
Recesso unilaterale: consentito nella società e nel mandato.
Morte: estingue soltanto poche fra le obbligazioni da atto lecito, come quelle in cui
rileva la qualità della persona obbligata (ad es., nella società e nel mandato) o la sua
speciale competenza, come in numerose ipotesi di locazione di opera. Estingue invece
tutte le obbligazioni da atto illecito, purché l’eventuale processo in corso non abbia
ancora concluso la prima fase (intrasmissibilità passiva delle relative azioni penali).
* * *
13.2. Modi di estinzione per diritto onorario
Nei modi di estinzione della seconda categoria, l’obbligazione è considerata estinta
solamente sul piano processuale, per diritto onorario (pretorio): qualora l’eccezione
opposta risulti fondata, il giudice investito della controversia deve assolvere il
debitore-convenuto, che comunque rimane obbligato sul piano del ius civile. In altri
termini, il diritto permane, ma non è più azionabile con successo.
Si illustrano brevemente i due principali modi che estinguono l’obbligazione sul
piano del diritto onorario, denominati spesso in dottrina ope exceptionis “in forza di
una eccezione”, dal mezzo prevalentemente impiegato.
a) Patto di non richiedere (pactum de non petendo)
Fra creditore e debitore è intervenuto un patto informale, col quale il primo
rinunciava per sempre a esigere la prestazione dal debitore, rimettendogli il debito;
poi però, ripensandoci, lo chiama in giudizio come inadempiente.
Il debitore convenuto oppone la eccezione perentoria di patto che, se provata,
porta alla sua assoluzione; l’azione contro di lui non sarà più riproponibile in
forza del principio della irripetibilità del processo fra le stesse parti e per la stessa
questione litigiosa.
b) Compensazione (compensatio)
Fino a tutto il II periodo, la compensazione opera in pochi casi specifici, poiché
il diritto romano è fondamentalmente concepito come un sistema di azioni, che
tende a isolare l’uno dall’altro i singoli rapporti di debito e credito.
Notevole è la differenza dal mondo giuridico moderno, in cui il principio della
compensazione appartiene alla normalità dei rapporti patrimoniali.
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Azioni
fede
di
Banchiere
Casi di compensazione in diritto romano
buona Nelle azioni di buona fede, la formula conferisce al giudice
un ampio margine discrezionale nel valutare il
comportamento reciproco dei litiganti in base alla buona fede
(oggettiva): “con riguardo a tutto ciò che (quidquid), in forza
di tale rapporto, NN (= convenuto) deve dare o fare nei
confronti di AA (= attore) secondo buona fede (ex fide
bona)”.
Pertanto, il giudice può ridurre il credito vantato dall’attore,
fino a pervenire all’assoluzione del convenuto (mai alla
condanna dell’attore): può dunque compensare fino ad un
risultato uguale a zero, mai però negativo per il creditoreattore.
Un banchiere, quando agisce contro un cliente, deve detrarre
dal credito fatto valere nella pretesa (intentio) l’importo dei
crediti esigibili (ossia non condizionati o a termine) che il
cliente vanti nei suoi confronti. Occorre però che si tratti di
crediti omogenei, cioè del medesimo genere, ad es. di denaro
o di derrate.
La relativa formula processuale è così congegnata:
Azione esperibile dal banchiere (pretoria, con compensazione). Se
risulta che NN (= cliente) deve dare ad AA (= banchiere) 10.000 sesterzi
in più di quanto AA deve a NN, materia del contendere,
// il giudice condanni NN a pagare ad AA 10.000 sesterzi. Se non risulta,
assolva.
Chi ha acquistato in blocco i beni di un fallito (bonorum
emptor “compratore dei beni”) e, con un’azione con
trasposizione di soggetto, agisce contro i debitori del fallito
deve tener conto degli eventuali crediti (di qualunque genere)
vantati da costoro nei confronti del fallito.
Ovviamente, compete al giudice – al momento di quantificare
la condanna pecuniaria – valutare l’ammontare della
deduzione, ossia operare la compensazione.
Azioni nei limiti del Infine, chi esperisce un’azione nei limiti del peculio contro un
peculio
paterfamilias per il debito di un suo sottoposto deve detrarre
dalla pretesa (intentio) relativa al peculio l’importo di
eventuali debiti, non rilevanti per ius civile (= cd.
obbligazioni naturali), del sottoposto nei confronti del
paterfamilias stesso.
Bonorum emptor
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