Leggere tutti, 1/06/2016
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Leggere tutti, 1/06/2016
Leggere:tutti IL LIBRO DEL MESE Zibaldone In un’assolata domenica d’estate una bambina ascolta per caso una conversazione della madre, e la sua vita cambia per sempre: i genitori hanno avuto un’altra figlia, morta ancora piccola due anni prima che lei nascesse. È una rivelazione che diviene lo spartiacque di un’infanzia, segna il destino di una donna e di una scrittrice, e infiamma l’intensa prosa di questo romanzo breve. «Per lasciarsi alle spalle il fuori fuoco del vissuto» Annie Ernaux intraprende una lettera impossibile a quella sorella sconosciuta. Rivivono così i sensi di colpa e i moti d’orgoglio, le curiosità taciute e le inconfessabili gelosie, il peso del confronto e il privilegio di essere amata. Ancora una volta la grande autrice francese intesse una prodigiosa corrispondenza di sensi tra vivi e morti, scolpendo in una scrittura perfetta la storia di una relazione fragile, preziosa e irrimediabile come ogni esistenza umana. Annie Ernaux L’altra figlia L’orma editore, 2016 pp. 88, euro 8,50 Leggere TuttI n.104 Giugno 2016 : 41 09.51 : zibaldone La caccia “povera” del mondo rurale di Niccolò Lucarelli La vita quotidiana delle famiglie contadine fino alla metà del Novecento, è stata caratterizzata dalle fatiche del lavoro dei campi, che garantivano una sussistenza appena sufficiente a sopperire ai bisogni alimentari dei numerosi componenti, in particolare in quelle zone appenniniche dove i raccolti erano più magri, e dopo la spartizione con i padroni, ben poco restava del frutto delle proprie fatiche. Ecco che allora, la caccia diventava un’attività necessaria per aumentare il cibo a disposizione. Una caccia praticata di frodo, con mezzi di fortuna ma ingegnosi, date le scarse possibilità economiche di acquistare fucile e cartucce, e che è sintomatica delle necessità materiali cui all’epoca si doveva sopperire. Una documentata ricostruzione storico-sociale di una realtà ormai scomparsa: la civiltà rurale, che nell’Italia Settentrionale era organizzata sull’istituto della mezzadria, particolarmente diffusa in Toscana ed Emilia Romagna. All’attività agricola, si affiancava la caccia, una caccia a prima vista illegale, che deve però essere considerata nel suo contesto storico e delle condizioni di vita che offriva, che deve indignare non per i metodi utilizzati, ma per i motivi che spingevano la popolazione rurale a procurarsi cibo con quegli stessi metodi, utili anche per saldare qualche piccolo debito, vendendo al mercato la selvaggina uccisa. Un libro gradevole da leggere, per i tanti aspetti che affronta e fa conoscere al lettore di oggi, ma anche un libro crudo per la difficile realtà che racconta, quando la vita era fatica, ma anche umiliazione. A tal proposito, essenziale è la presenza del sottotiolo, “Quando si cacciava per vivere”, che ben spiega lo stato di necessità di quei cacciatori. In apertura di volume, un’interessante e necessaria trattazione della società mezzadrile, dei suoi usi e costumi, dei rapporti fra coloni e proprietari, l’organizzazione del podere con le sue colture, e infine la casa colonica, con il forno, i seccatoi, il porcile. Una volta ricostruito il contesto sociale, gli autori entrano nel merito della caccia, approfondendo con paragrafi dedicati tutte o quasi le ingegnose tecniche ideate dai contadini, la cui spiegazione è resa più chiara grazie ai disegni di Laura Dato inseriti nel testo. Si entra così nel mondo di marchingegni quali, fra gli altri, il “diavolaccio”, la “brescianella”, il “roccolo” e il “paretaio”; ma questo libro non è soltanto una trattazione tecnica, bensì anche un ritratto, appena nostalgico e mai banale, delle tante figure che fecero parte di quel mondo scomparso, quei mezzadri che all’occorrenza sapevano diventare cacciatori, e fecero del loro mestiere una sorta di filosofia di vita, affrontando con pazienza le mille difficoltà quotidiane, che molto speso risolvevano con il solo aiuto del proprio ingegno. 42 : Leggere TuttI n.104 Giugno 2016 Paolo Casanova - Francesco Sorbetti Guerri La vita e le cacce dei contadini fra Ottocento e Novecento Quando si cacciava per vivere Polistampa, 2016 pp. 195, euro 16,00 Passeggiata lungo il Novecento di Loredana Simonetti Giunta alla quinta pubblicazione, la collana “Tempora” ha ripercorso, dal 1500 ad oggi, la storia che ci ha preceduti, curandone, parallelamente i sostanziali aspetti filosofici, letterari, teatrali e scientifici. Il quinto saggio è dedicato al secolo del ‘900. L’introduzione necessaria e sintetica del Prof. Giovanni Feliciani ripercorre i fatti salienti del ‘900, un secolo “grondante di sangue”, come non era accaduto nei secoli precedenti, ma anche la rivelazione di menti scientifiche eccellenti e di uno sviluppo tecnologico straordinario, che hanno rivoluzionato i metodi della comunicazione tradizionale. Con tanto materiale a disposizione non è facile proporre un libro sul ‘900, che non abbia una sua originalità. La proposta di lettura, suggerita da “Tempora” si articola su vari passaggi, in particolare come l’evoluzione di alcuni fenomeni dell’800, con l’incalzare della storia politica, abbia influenzato questo percorso. Viene esposta la filosofia Kantiana, come giunge a quella di Carrirer, attraverso gli studi di Cohen e come il teatro e lo spettacolo, dopo gli anni del Risorgimento, ritrovi un clima di “Belle Epoque”, fino all’inizio della Grande Guerra, in cui l’avvento del Futurismo modifica addirittura il comportamento, esaltando aggressività, violenza e guerra. Si ripercorre, poi il teatro pirandelliano, sicuramente influenzato dalle sperimentazioni sceniche futuriste, negli sforzi di riproporre in palco la tragedia del “vedersi” vivere. Non poteva mancare un saggio importante dedicato al teatro di vita di Eduardo De Filippo e l’opera drammaturgica sofferta di Giovanni Testori. Perle di letteratura sono dedicate a D’Annunzio e a Pavese. Il libro ripercorre, su binari paralleli, percorsi storici, letterari e teatrali, cercandone correlazioni e nuove soluzioni linguistiche e soprattutto, come affermano gli autori del Comitato Direttivo di “Tempora”, esaltando “le idee innovative e radicali di ogni secolo, che permettano di capire quali circostanze possono collegare il passato al presente, in una sorta di continuità storica.”, nel recupero delle radici del nostro sapere. AA.VV. Il Novecento Bibliosofica, 2015 pp. 278, euro 15,00 Storia di Jacopone da Todi di Aldo Onorati Il sottotitolo del libro di Pasquale Maffeo è “Frate rovente, poeta ardente”. Siamo di fronte a una rilettura straordinaria della vita, del personaggio, del grande poeta Jacopone. Il libro affronta il periodo storico in cui visse il protagonista, il suo carattere, l’entrata in convento per vestire l’abito del confrate laico (celebrare all’altare non era nella sua vocazione), lui che aveva avuto il dono “d’una luce interiore che stenebra e consola”. Ma dove Pasquale Maffeo tocca vette altissime di indagine, è nei passi in cui parla dell’inimitabile poeta. Vale la pena riportare un brano, per farsi un’idea della potenza di questo saggio: “A leggerlo come bisogna, biblico e patristico nella sostanza dei temi, il laudario di Jacopone fonda la sua irripetibile originalità, la caratura della sua prensilità, nel vigore d’un getto di repellenze morali che innervano denunce e interpellanze luminose di struggimento critico sul male che disarma”. Maffeo avverte che Jacopone redivivo non avrebbe cittadinanza nella babele degli alfabeti del rimpicciolito mondo odierno che si dimena nell’assenza dello sguardo; ma, resuscitato gagliardo ai crocevia di ogni storia, il profeta manda segnali per la traversata: chiama ad essere, a dare il senso al nostro essere. Pasquale Maffeo ne eccessiva, perdendo così l’ampiezza visiva. Scritti inoltre dall’importante valore storico che collegano il pensiero filosofico dell’autore al contesto del dopoguerra, alle barbarie naziste e così via, marcando i propri connotati critici a quanto è stato e sarà. Interessante vedere come ieri è uguale ad oggi nel passaggio in cui l’autore pensa all’imminenza di una devastazione umana mediante l’utilizzo di armi potentissime che a suo dire “[…] sarà forse una disputa intorno al petrolio persiano, forse una contesa a proposito del commercio cinese, forse un conflitto tra ebrei e musulmani per il controllo della Palestina. Ogni persona dotata di spirito patriottico può vedere che questi problemi sono di tale importanza da rendere lo sterminio dell’umanità preferibile alla codardia di un compromesso […]”. Sembra un discorso attale che come altri presenti nel testo, rendono lo stesso di interesse attuale ed un utile strumento per carpire l’importanza di riacquisire prima di tutto un contatto con il pensiero filosofico. Perché? Per saper ben leggere ciò che oggi ci accade intorno in ogni contesto e ambiente con il quale interagiamo dato che “[…] non esiste stupidaggine così grossolana, che con un’adeguata azione di governo [l’autore in questo frangente include ogni azione di gestione quale può essere un governo statale o una religione], non possa esser fatta diventare il credo della grande maggioranza delle persone […]”…parola di Russell. Bertrand Russell Filosofia per non filosofi Piano B, 2016 pp. 184, euro 13,00 Aldo Manuzio, letteratura disegnata di Federico Mussano Jacopone da Todi Frate ardente, poeta rovente Ancora, 2015 pp. 96, euro 13,50 L’ironia della filosofia di William Bavone Bertrand Russell scrive queste pagine nel 1950 con la voglia di sdrammatizzare la gravità della figura filosofica, ma con allo stesso tempo il fine di avvicinare l’uomo alla filosofia quale essenza del pensiero dalla quale, successivamente scaturiscono frutti indelebili della storia (le scoperte scientifiche). Interessante capire grazie all’autore quanto in realtà la filosofia sia primordiale e indispensabile per la genesi di ciò che poi diventa scienza ovvero materialmente tangibile e comprovabile. Un testo che tuttavia non si esime dal criticare e a tratti beffeggiare alcuni filosofi illustri, colpevoli, secondo Russell, di deviare il proprio pensiero verso un’esemplificazione e banalizzazio- Di Aldo Manuzio e del disegno di lettere – creazioni di nuovi font tipografici – abbiamo già avuto modo di scrivere su questa rivista (giugno 2013, p.39): l’erudizione, il gusto e l’eleganza del grande umanista partorì il carattere denominato Bembo che, dopo essere stato usato per la stampa del “De Aetna” bembiano, fu riutilizzato tre anni dopo per l’affascinante opera di Francesco Colonna “Hypnerotomachia Poliphili”. Con letteratura disegnata intendiamo invece (rifacendoci alla prefazione di Domenico Guidi, sindaco di Bassiano in provincia di Latina, paese natale di Manuzio) quella forma del fumetto che riesce ad essere «veicolo al tempo stesso di canoni etici (messaggio, metafora, esempio) ed estetici (descrizione, riflessione, narrazione, dialogo)» ed è quanto Andrea Aprile e Gaspard Njock hanno realizzato con una graphic novel dedicata a colui che affermò «se si maneggiassero più libri che armi non si vedrebbero tante stragi, tanti misfatti e tante brutture». Da Bassiano a Roma e poi nel Settentrione tra Ferrara e Mirandola (al seguito dell’amico Pico), tra Carpi e Venezia dove creerà la famosa tipografia. Leggere TuttI n.104 Giugno 2016 : 43 : zibaldone La graphic novel di Aprile e Njock intreccia storie di oggi (la prima vignetta della storia mostra un telefono cellulare; la seconda Luigi, un giovane dell’odierna Bassiano che si reca in treno a Venezia) e storie di ieri (le vicende di Aldo Manuzio, dalla famiglia Caetani e dalle scuole nel Lazio – nel paese natale prima e poi a Roma – fino agli episodi della vita nella Serenissima, dagli incontri fondamentali con Sanudo e con il futuro suocero Torresano alle innovazioni tipografiche, il formato in ottavo e tante altre). Intrecci di storie impostate con solidità e che scorrono veloci con ritmo appassionante… viene in mente il motto manuziano “festina lente” e il simbolo della solida ancora con il veloce delfino! protagonista, descritte senza mezzi termini, pornografici, come uno strumento di dominio sugli uomini e soprattutto sulle donne, raffigurate come esseri sensibili al fascino del denaro. Una storia, tre giorni più un delirante monologo conclusivo, raccontata utilizzando uno stile insolito: un’alternanza di pensieri e discorsi diretti, passato e presente, italiano e tedesco, tenuti insieme da un periodare che non rispetta alcuna regola. Una rappresentazione brutale della sofferente follia di un uomo sopravvissuto alla fine della propria ideologia. Dante Virgili La distruzione Andrea Aprile, Gaspar Njock Il saggiatore, 2016 pp. 318, euro 23,00 Tunuè, 2015 pp. 120, euro 16,90 Quanto vale un uomo Aldo Manuzio Un libro maledetto di Andrea Coco Estate 1956, il mondo è sull’orlo di un nuovo conflitto, questa volta nucleare. Francia, Gran Bretagna e Israele hanno occupato il canale di Suez, provocando la reazione dell’Unione Sovietica, che minaccia di intervenire al fianco dell’Egitto. Quando si teme per il peggio, gli Stati Uniti costringono gli invasori a ritirarsi. Il pericolo di una Terza Guerra Mondiale si allontana e tutti tirano un sospiro di sollievo, tutti tranne uno, il protagonista del libro “La distruzione”, che, invece, desidera l’apocalisse nucleare come strumento per ripulire il mondo dalla razza umana. Lui è un uomo repellente e luciferino, che è stato interprete per le SS, ha amato e perduto una donna di nome Bianca e, a guerra finita, sopravvive miseramente come correttore di bozze per un giornale. Il ‘distruttore’ adora l’ideologia nazista e odia tutto e tutti, persino sé stesso. Non è difficile riconoscere in questo lugubre personaggio Dante Virgili, (un nome vero non un soprannome), l’autore del primo romanzo italiano apertamente nazista, pubblicato da Mondadori nel 1970. Nelle intenzioni della casa editrice avrebbe dovuto essere un caso letterario, accendere polemiche, proteste e, invece, l’opera passò inosservata, cadde nell’oblio, come il suo autore, che morì solo e dimenticato. E oggi il libro viene ripubblicato dalla casa editrice il Saggiatore con una prefazione a cura di Roberto Saviano. “La distruzione” è un’opera di non facile (e gradevole) lettura perché tratta, con uno stile letterario fortemente destrutturato, temi adatti a un pubblico adulto. Su tutti predomina l’odio, il tratto distintivo dell’intero romanzo; odio sincero, totalizzante che si rivolge contro ogni cosa, nichilismo puro che anela a una catartica distruzione dell’Umanità. Segue l’adorazione per il nazismo e il suo fondatore, l’unica ideologia e l’unico uomo in grado di salvare l’umanità, l’Europa e la razza bianca della propria fine. E le pulsioni sessuali del 44 : Leggere TuttI n.104 Giugno 2016 di Niccolò Lucarelli Dall’incontro fra uno scrittore e tre significativi rappresentanti del teatro di prosa contemporaneo, nascono tre storie, pensate come canovacci per altrettanti possibili spettacoli per il palcoscenico. Andrea Camilleri incontra Marco Baliani, Ascanio Celestini e Marco Paolini, per rendere omaggio al valore morale dell’essere umano, alla sua abnegazione e al suo spirito di sacrificio. Tre storie nate dall’estro e dalla sensibilità di Andrea Camilleri, che in collaborazione con Annalisa Gariglio ha voluto raccontare il valore dell’essere umano. Lo si comprende sin dal titolo, sobrio ma profondo, Quanto vale un uomo, che comunica all’istante la portata del libro, del senso della ricerca che vi sta dietro, della sua impostazione di canovaccio teatrale. Dall’ingegnere aeronautico italo-americano Giuseppe Mario Bellanca, ai tragici giorni dell’eccidio nazifascista di Niccioleta in provincia di Grosseto, e la disperata, commovente impresa di Filippo Zappi e Adalberto Mariano, che si avventurarono fra i ghiacci del Polo Nord alla ricerca di Nobile e del suo equipaggio. Narrazioni che si sviluppano fra note storiografiche e biografiche, avvalendosi anche di testimonianze dei diretti protagonisti o loro discendenti; nello scrivere i “canovacci”, Camilleri e Gariglio si muovono fra le parole con sensibilità, consapevoli di portare davanti agli occhi del lettore figure umane che hanno rischiato in prima persona, anche la vita, che hanno vissuto mossi da ideali e legittime ambizioni, senza mai anteporre interesse egoistici, ma sempre e comunque con un fine “altro”, legato alla solidarietà, all’importanza del progresso tecnico per l’umanità, al senso di libertà. Uomini accomunati dalla tenacia con cui hanno creduto nei propri ideali, e che Camilleri ha voluto riproporre ai lettori di oggi, esempi importanti in un’epoca povera di idee e di personalità. Avventurandosi fra le pagine del libro, si è proiettati in un ideale romanzo della memoria, dal profondo carattere mora- le, incentrato sull’urgenza di fare memoria di persone e fatti che hanno avuto un “valore” nella storia sociale. Partigiani, esploratori, ingegneri; questi gli uomini sulla cui forza s’interrogano le tre storie, una forza amplificata dal lavoro teatrale che ne è seguito. Infatti, ognuno dei tre “canovacci”, è seguito dal testo teatrale riadattato dai tre attori scelti da Camilleri, ovvero Baliani, Celestini e Paolini, rispettivamente impegnati con la figura di Bellanca, l’eccidio di Niccioleta, e la vicenda di Zappi e Mariano. Attori scelti per il loro modo umanistico di approcciarsi al teatro, per la loro convinzione che il palcoscenico sia uno spazio di dibattito e confronto civico, sul passato e sul presente. Arricchisce il libro, il cd allegato che contiene l’audio dei tre monologhi; un modo per ascoltare a occhi chiusi queste tre straordinarie storie, e immaginarsi i loro protagonisti. Io sono un nulla che ha sognato molto: un nulla pieno di storie… SEBASTIANO VASSALLI UN GRANDE SCRITTORE UN ANNO DOPO Andrea Camilleri Quanto vale un uomo Skira, 2016 pp. 128, euro 18,00 Storia di una partigiana di Loredana Simonetti Rita Rosani, il cui cognome originale era Rosenzweig, è una diciottenne di Trieste, nel 1939. Di origine ebraiche, vive la sua adolescenza come una tranquilla ragazza della sua età, con le amiche, la scuola e le riviste di moda che adora sfogliare. Un giorno passeggiando con il suo fidanzatino Kubi, scorge un capannello di curiosi intorno alla statua di Italo Svevo, l’autore de “La coscienza di Zeno”, capolavoro della nostra letteratura. Il vero nome di Italo Svevo era Ettore Schmitz ed era ebreo: la statua che la sua Trieste gli aveva dedicato giace in terra, ricoperta di escrementi e qualcuno aveva scritto sopra “Giudeo, il bronzo sia dato alla Patria”. Un brivido attraversa Rita: qualcuno vuole strappare le radici della sua religione e mai come in quel momento si rende conto di come siano salde e profonde. In poco tempo, Trieste si trasforma “in una grande prigione a cielo aperto”, fino a quando l’8 settembre del 1943 “pare scoppiata la pace”. Rita non immagina che la guerra peggiore sarebbe iniziata allora, con il rastrellamento e la deportazione degli ebrei, perché le milizie tedesche avevano deciso di raggiungere ”la soluzione finale del problema ebraico”. Dopo aver messo al sicuro i suoi genitori, Rita si aggrega al gruppo dei partigiani Pasubio, insieme al colonnello Ricca di cui diventa la compagna, combattente come tutti gli altri partigiani che ne fanno parte, stanziati tra il Monte Baldo e il Monte Comune. Morirà da combattente a soli 24 anni, le sarà dedicata una strada a Verona e una nella sua Trieste e nel 1948 gli verrà conferita la Medaglia d’Oro della resistenza, “l’unica assegnata ad una donna italiana, morta in combattimento”. NEL CATALOGO interlinea Leggere TuttI n.104 Giugno 2016 : 45 : zibaldone Il libro “Partigiano Rita”, che Paola Capriolo, autrice di numerosi romanzi, ha voluto dedicare ai ragazzi narra gli eventi della 2^guerra mondiale, attraverso la vera storia di una semplice ragazza che si è distinta come una semplice eroina. Rita Rosani è stata l’esempio vivente di come i giovani siano costretti a crescere in fretta durante una guerra e siano quelli più capaci ad accollarsi il peso del presente, maturando il coraggio dalla spontaneità dei loro an Ogni storia fa contemporaneamente sorridere e rabbrividire per i fatti narrati come se l’autore mostrasse la vita senza accusarla mai di essere ingiusta, come se tutti i migranti non la respingessero per risentimento, ma la accogliessero per non saper fare altro. Un’attenzione particolare va all’ultimo racconto, breve, ma prezioso. Paola Capriolo Eum, 2016 pp. 90, euro 8,00 Partigiano Rita Einaudi Ragazzi, 2016 pp. 140, euro 11,00 Variazioni straniere Adrián N. Bravi Variazioni straniere Migranti alla ricerca di un’altra vita di Valentina Tonolo di Anna Ardissone Variazioni straniere è una raccolta di nove racconti scritti e pubblicati in tempi diversi in varie riviste e antologie. Un libro di piccole dimensioni e di novanta pagine, potrebbe sembrare esile, ma in realtà non può non lasciare il segno per originalità e acuta ironia. Le storie pur drammatiche sono narrate con uno stile preciso, pulito e sviluppate con una struttura mai scontata. Quando si scorre un buon libro come questo si ha la sensazione che leggere non sia una perdita di tempo, ma la possibilità di recuperarlo nella scoperta di mondi che l’autore ci mette a disposizione. “L’uomo in fondo resta sempre un animale migrante, no?” Dice, in un racconto, Remigio sposato a Buenos Aires con Joaquina, indigena adottata che decide di morire nella terra dei guanachi tra le impronte dei suoi antenati. Vedovo dopo sessant’anni di vita anche Remigio sceglie dove morire. Ritorna dalla sorella a Recanati, affrontando la lunga traversata. Migranti sono la maggior parte dei protagonisti. Migranti tra migranti, che strappano o vengono strappati dalla terra d’origine per andare incontro alla speranza di un destino favorevole che spesso si trasforma in tutt’altro. Franco a quattro mesi, insieme alla famiglia, arriva con la nave in un quartiere malfamato di Buenos Aires e a cinquantacinque anni ritorna in Italia malato di cuore e poi ancora riprende la nave per ritornare in Argentina. È proprio la nave dunque ad accompagnarlo da un Continente all’altro, in età diverse, diventando la sua dimora passeggera, che lo ospiterà anche nel giorno della morte. Giuseppe “che parla” da morto, ucciso dalla moglie, sceglie di raccontare gli ultimi mesi della sua vita, in prossimità dei novant’anni, per ricordare la badante ucraina, Irina, quella che gli ha tenuto le mani e accarezzato il volto mentre arrivava l’ambulanza per ricoverarlo. Liberio settantaduenne, senza reagire troppo, accoglie in un’atmosfera surreale una donna dall’età indefinibile, polacca, che dice di essere sua figlia. Questo è un libro che parla di fuga, di viaggi, di spostamenti. Dell’impossibilità di rimanere. Del bisogno di trovare un altro luogo. Dieci narratori, dieci importanti firme, ci raccontano storie di fuga, di ricerca di un mondo in cui valga la pena di vivere. Non ci sono buoni e cattivi, ma donne, uomini e bambini che scappano. Scappano dalla fame, dalla miseria, dalla guerra, dalla morte. Donne e uomini e intere famiglie che abbandonano il loro passato, superano frontiere in cerca di una speranza. Persone che lottano perché vogliono vivere. Persone che hanno il desiderio di un futuro migliore. Ogni viaggio è animato da una dinamica circolare per cui il viaggio nello spazio è come l’involucro del viaggio interiore. Racconti. Storie immaginate, inventate, non vere. Ma appunto per questo universali, perché le raccolgono tutte. Storie che aiutano a comprendere che la tua Patria è dove è il tuo bene. Perché leggere Sotto un altro cielo? Perché attraverso la forza della narrativa getta uno sguardo concreto e sincero su quell’immenso fenomeno che è oggi l’immigrazione. Perché è un libro in cui si parla di persone. Singole persone, ognuna con la loro storia e col loro desiderio di vita, di ricerca di un altro cielo sotto cui valga la pena vivere. Perché dieci firme, dieci nomi della cultura italiana, usano l’arma a loro disposizione – la parola – per raccontare di migranti alla ricerca di un’altra vita. Il libro è curato da Claudio Volpe. Gli autori sono Dacia Maraini, Giampiero Rossi, Gianfranco Di Fiore, Renato Minore, Francesca Pansa, Pierfrancesco Majorino, Simone Gambacorta, Claudio Volpe, Paolo Di Paolo, Michela Marzano e Alessandro Di Meo. Ecco un brano del racconto di Dacia Maraini Un corpo gettato via. “Guarda questa fotografia”, ha detto il mio compagno mentre, in vestaglia e con le pantofole ai piedi, scaldavo il latte per la colazione. Stavo per dirgli che non mi scocciasse, il latte stava per bollire e si sarebbe rovesciato sul fornello se non lo tenevo d’occhio. Ma dal tono della sua voce ho capito che non potevo non guardare. Ho sollevato gli occhi, 46 : Leggere TuttI n.104 Giugno 2016 ancora assonnati, sul giornale e lì per lì non ho capito: cosa c’è di strano nell’immagine di un bambino addormentato su una spiaggia vuota?” (dal racconto Un corpo gettato via di Dacia Maraini). Aa. Vv. Sotto un altro cielo Laurana, 2016 pp. 176, euro 14,00 Il salto GIOVANNI ANZIANI di Claudia Saviani Un salto, “un atto inspiegabile che trasforma la storia” (p.446). Il significato di un intero romanzo racchiuso in un unico periodo. Perché la Vita, quella terrena, che spesso non ha nulla di sacro fuorché il suo senso stesso, rifugge sempre le spiegazioni sensate. E dentro al calderone della Vita, di quella dei personaggi zarlattiani c’è tutto ciò che serve a far sì che si compia la magia dell’esistenza. Un magia nera, per di più, fatta di dolorosi sortilegi e, solo raramente, di incantesimi salvifici. Una magia potente che piega, il più delle volte, i personaggi, li schiaccia sotto il peso degli eventi che sfuggono al loro controllo. Non c’è lieto fine, non c’è mai, si combattono, piuttosto, battaglie continue con se stessi e si regolano conti con il proprio sé. Il salto che lo scrittore ci fa compiere, infatti, non avviene mai su un terreno sicuro. Ci vuole davvero niente perché quel terreno frani sotto i nostri piedi, lasciandoci senza nemmeno un appiglio, soli, di fronte ad un unico imperativo categorico, quello della Vita. Che non fa sconti. Niente espedienti per indorare la pillola allora, ma l’urgenza, solo quella, di mettere il lettore di fronte all’invincibile potere del Caso. In una dimensione che è pari ad un vuoto di senso, ad un lento sgretolamento di identità costruite spesso su falsi ideali, per ricreare un grado zero della scrittura, così come della vita, uno spazio bianco su cui poter riscrivere la propria storia, qualunque essa sia. L’importante è che sia vera. Quando la letteratura assomiglia incredibilmente alla vita. Questo è Zarlatti. Un salto nel vuoto, quindi, o meglio ancora attraverso di esso. E dentro quel vuoto i personaggi restano intrappolati, prigionieri dei propri limiti, dei sogni o ancora, delle proprie depravazioni. Ognuno di loro va avanti, nonostante tutto, trascinandosi dietro la propria vita come il più pesante dei fardelli. Ognuno è costretto a fare i conti con una Provvidenza che non interviene mai ad aggiustare le cose. E noi siamo lì, sempre lì, a fare il tifo per qualcuno di loro, a piangere, gioire, arrabbiarci, disperarci. Nel silenzio della lettura, noi ci siamo. Complici di quelle esistenze che tanto ci sconvolgono e tanto ci assomigliano. I nostri cuori battono all’unisono con quelli dei personaggi zarlattiani perché loro, in fondo, rappresentano tutti noi, sono lo specchio torbido dei nostri pensieri e delle nostre debolezze. Sono quello Un tempo per ascoltare Fermiamoci per qualche minuto nella nostra vita caotica e stressata e riscopriamo il prezioso dono dell’ascolto. Il libro "Un tempo per ascoltare" raccoglie le meditazioni bibliche del Pastore Giovanni Anziani trasmesse da RAI RADIO1 nel programma "Ascolta, si fa sera". Riserva tre minuti del tuo tempo e sarai rapito dalla bellezza e dalla potenza della Bibbia. www.eun.ch EDITRICE UOMINI NUOVI srl 21030 Marchirolo (Varese) • Tel 0332-723007 • [email protected] Eun-Editrice Uomini Nuovi Leggere TuttI n.104 Giugno 2016 : 47 : zibaldone che non vorremmo essere, ma che siamo. Esseri umani. E allora grazie Zarlatti per averci permesso di esserci e di saltare insieme a te dentro una dimensione esistenziale che spesso preferiamo fuggire. Grazie per la tua onestà e per il tuo coraggio. Ma soprattutto, grazie di credere ancora che l’Amore sia l’unica risposta. Alessandro Zarlatti Il salto Ouverture, 2015 pp. 564, euro 16,50 Sognare a Scampia di Andrea Coco Ballerine, calciatori, ma anche missionari, pediatri e molto altro e su tutto il desiderio di far diventare Scampia (Napoli) un quartiere come gli altri. Impresa difficile ma non impossibile a patto che si parta dal basso, dai più giovani e dalla scuola. Si perché la scuola dell’obbligo a Scampia, come in tutti gli altri quartieri difficili d’Italia, è un formidabile strumento in grado di contrastare la disgregazione sociale e la criminalità. Purché sia messa in grado di farlo, s’intende, e perché ciò avvenga serve un cambio radicale di prospettiva. Non più luogo che cura i sani e respinge i malati, come diceva Don Milani, alimentando la dispersione scolastica, ma una struttura che lavori a favore degli alunni rimasti indietro, dando loro la possibilità di recuperare il distacco, contrastando in questo modo l’abbandono scolastico. Teoria pura? No una un’applicazione pratica c’è già stata e ha dato risultati più che positivi. A raccontarlo in un libro, ‘Da Barbiana a Scampia: verso la comunità di apprendimento’, è Paolo Battimiello, che ha diretto per dieci anni l’Istituto Comprensivo Virgilio 4 di Scampia. E a sostegno di una coraggiosa quanto meritoria iniziativa si è avvalso dell’esperienza di Don Milani, il priore di Barbiana che aveva inaugurato in quella sperduta località della Toscana una scuola rivoluzionaria per l’epoca. Una struttura che aveva dotato programmi scolastici e metodi d’insegnamento fatti su misura per chi apparteneva a categorie sociali svantaggiate. Ovviamente i programmi e progetti per l’inclusione sociale progettati per Scampia risentono della distanza temporale e culturale tra le due località, ma uguale è lo spirito che li anima. Il desiderio di creare una scuola che coinvolga gli studenti e disponga di una vera autonoma scolastica, non legata alle scelte burocratiche ma alle iniziative da prendere. Con l’idea di arrivare a fare della scuola ‘il luogo del diritto alla parola e all’emancipazione sociale, un struttura che serva alla vita e risponda delle sue azioni, delle sue scelte, in dialogo e accordo con il territorio dove affonda le sue radici’. Insomma, in analogia con quanto avvenuto ad Albacete in Spagna, dare vita ad una comunità di apprendimento ovvero una organizzazione scolastica basata su pratiche di cooperazione e solidarietà con la partecipazione condivisa di docenti, studenti famiglie 48 : Leggere TuttI n.104 Giugno 2016 e il resto della comunità. Perché l’utopia di una scuola che curi i malati e respinga i sani possa diventare realtà. Paolo Battimiello, Viviana Reda Da Barbiana a Scampia: verso la comunità di apprendimento Guida editori, 2015 pp. 160, euro 18,00 La compagnia del vapore di Annarita Paliani È una storia dei giorni nostri, un sogno che si è avverato per cinque uomini che ci hanno creduto anche se sembrava un progetto senza futuro. Parliamo di Marcello, Roberto, Umberto, Paolo e Davide e della creazione della loro azienda che in pochissimo tempo ha raggiunto un grande successo, conosciuta in tutto il mondo grazie ai 400 punti vendita aperti in tredici nazioni e quattro continenti. Una storia imprenditoriale eccezionale. L’autore ha saputo capire la paura, le verità e il coraggio dietro il fenomeno delle sigarette elettroniche, emozionando il lettore che in questo racconto trova la storia di un gruppo di giovani uomini che con volontà, audacia e determinazione ce l’hanno fatta, attraversando imprevisti con semplicità e anche un po’ di originalità. E ci fa sperare che i sogni prima o poi si avverano! E non è un caso che troneggia all’inizio del libro una frase di un maestro buddista: Non aver timore di qualsiasi cosa accada; in questo risiedono le radici della felicità, senza temere quello che la vita ci serba: questo è lo spirito, la determinazione che porta alla vittoria umana. (Daisaku Ikeda). Alessandro Sponzilli La compagnia del vapore Storia di un miracolo per niente annunciato Yume, 2016 pp. 192, euro 15,00 La felicità araba di Matteo Papucci “La felicità araba” non è un semplice saggio, ma la speranza di un popolo, quello siriano. Il giovane scrittore Shady Hamadi ci descrive sapientemente ciò che sta avvenendo in Siria e che, per troppo tempo, il mondo ha ignorato (e, per molti versi, continua a ignorare). Shady Hamadi, italo-siriano che non ha mai dimenticato le proprie radici, descrive l’evoluzione di un conflitto attraverso la storia della propria famiglia: tre generazione vissute sotto il terrore di un regime totalitarista e che, nonostante tutto, hanno sempre amato il loro paese, la loro casa. “La felicità araba” non è solo un saggio di guerra e, col suo stile tra il giornalistico e il poetico, ci descrive le radici pacifiste di un movimento d’opposizione sempre più rilegato ai margini e spesso identificato come terrorismo. Shady Hamadi arricchisce con storie e testimonianze di giovani siriani, un libro che punta ad aprire gli occhi e ampliare le coscienze, come sottolinea lo stesso Dario Fo nella sua prefazione: “diventare coscienti di ciò che accade in questo piccolo grande mondo.” Inizialmente, soprattutto per un lettore non informato dei fatti, “La felicità araba” potrebbe sembrare impegnativo, ma, una volta assimilate le informazioni e imparato a destreggiarsi tra i nomi, il libro scorre fluido e senza intoppi, grazie anche allo stile scorrevole e curato. In conclusione, “La felicità araba” è un saggio ricco di notizie ed emozioni e che riesce a spiegare perfettamente la realtà siriana anche a lettori meno informati; consigliato. Shady Hamadi La felicità araba Storia della mia famiglia e della rivoluzione siriana. Add, 2016 pp. 255, euro 7,90 Vittima e carnefice di Carla Iannacone «La colpa è un eritema ambizioso, sfrutta il corpo per affermarsi nel mondo». Cosa spinge gli adolescenti oggi a compiere atti disumani e deplorevoli verso gli altri e verso se stessi? Difficile comprendere il ricambio generazionale e la mentalità dei giovani degli ultimi dieci/quindici anni; scomparse le figure di riferimento (madre e padre), perché single, divorziati, separati, a questi sopperisce la tecnologia e i nuovi mezzi di comunicazione: Instagram, Facebook, tablet, smartphone, whatsapp. Definirli “mezzi di comunicazione”, anzi, è un eufemismo. Primo, perché sembra vengano a noi in soccorso per comunicare, per farci sentire più vicini, parte di una comunità. Secondo, perché ci illudono di avere visibilità in questa “società” (virtuale), e di condividerla con tutti. Bianca, la protagonista e voce narrante di questo romanzo – Bianca da morire – si lascia ingannare da questo mondo, che fa da preludio e ingresso nel mondo delle star. Sogna di diventare famosa, un’attrice del cinema e stella da copertina, ma i suoi genitori nemmeno la stanno ad ascoltare. Per loro è una meteora, una stella offuscata da un’altra che brilla più di lei fino ad oscurarla e che si chiama Valerio, sangue del suo sangue. Ed è al sangue, al corpo che Bianca si aggrapperà per trovare la salvezza, unica via di fuga da un mondo di sordi e di ciechi, un mondo privo di amore che Leggere TuttI n.104 Giugno 2016 : 49 : zibaldone la trasformerà in bestia. “Ho amato una bestia, io bambina nuda e bianca, giù nel pozzo della gola profonda, a bere latte sfuso e nero. Il suo rigurgito era la mia cena, nello scarto di lui mi cresceva la vita. Divenni grande a sputo di lupo, la mia carne è morso restituito” (cit. dal libro, n.d.r.). Il romanzo di Elena Mearini è un pugno allo stomaco, un’arma letale che scuote le coscienze e scava nei disagi, nelle paure e nelle frustrazioni giovanili. Il linguaggio è feroce, lucido, a volte persino tenero. Leggendolo si assiste all’esplosione di un sogno e allo sfondamento della superficialità a opera della sete d’amore. Si viene investiti da una polvere (di stelle) che ha la fattezza di schegge nel cuore, e che Elena Mearini scandaglia con una profondità disarmante attingendo ad una poetica innocente che ha tutta l’aria di trovarsi fuori luogo. Ma forse è il giusto contrappunto alla purezza misto al noir della storia che, tuttavia, finisce col lasciare l’amaro in bocca. Elena Mearini Bianca da morire Cairo, 2016 pp. 124, euro 13,00 Le amiche che non ho più di Simona Vassetti Un libro inchiesta questo di Francesca Carollo, giornalista di “Quarto Grado”, che descrive tre casi di cronaca familiare seguiti dall’opinione pubblica, e che lei tratta con una vena amichevole per il tempo e l’impegno profusi durante le indagini. Questo saggio della giornalista di Thiene, può considerarsi un omaggio a tre donne che chiama per nome in segno di amichevole affetto, e un monito per tutte quelle che vivono un rapporto difficile col proprio marito o compagno. La Carollo descrive pedissequamente le storie di queste tre vittime, oramai tristemente note al pubblico: Lucia Manca uccisa dal marito Renzo Dekleva, Federica Giacomini in arte Ginevra Hollander dal suo compagno Franco Mossoni, e infine Roberta Ragusa, oramai sparita dal gennaio 2012. Ci conduce amichevolmente nelle loro vite tragicamente interrotte, contagiandoci, tanto che alla fine, ci sentiamo coinvolti come lei. Testimonia con la sua presenza ciò che queste donne erano, descrivendone la vita semplice o quella più misteriosa, nel caso della pornostar Federica/Ginevra, la loro sparizione, le indagini. In due dei tre casi anche la condanna del loro omicida. Non in quello di Roberta Ragusa, il cui corpo non si è mai trovato, e l’unico indagato per omicidio e occultamento di cadavere resta il marito Antonio Logli. Un po’ prolisso e talvolta ripetitivo, il saggio fa comunque riflettere su tanti argomenti e si legge tutto d’un fiato. Francesca Carollo Le amiche che non ho più Pironti, 2016 pp. 168, euro 12,00 50 : Leggere TuttI n.104 Giugno 2016 Pura suspence di Nico Parente Jason Starr non è certo un autore alle prime armi, e questo lo si nota pur non approfondendo la sua figura. La scrittura tesa, che fa della suspence il punto di forza per inchiodare lo sguardo del lettore sulle pagine, fa dei romanzi di Starr delle opere che non si vorrebbero mai finire di leggere. Starr coniuga sapientemente e con astuzia elementi noir a partiture prettamente thriller e sanguinarie, il tutto in contesti assolutamente fuori dai rigidi schemi imposti dal genere. Non aspettatevi quindi periferie malfamate e vicoli bui come location di tetri fatti di sangue, bensì una delle contee più ricche di New York, Westchester. Tra luoghi soleggiati, partite di golf, party in piscina, lussuose ville e giardini ben curati, un raccapricciante omicidio squarcia l’atmosfera, soltanto in apparenza, pura e cristallina della contea new yorkese più agiata. I protagonisti di Savage Lane sono figure del tutto normali, tipiche della quotidianità. L’autore mira a far immedesimare il lettore nella sua vicenda, proponendogli uno spaccato di realtà per niente distante dal comune. Una coppia in crisi, una madre single dedita agli incontri online, un assassino di milf, questi gli ingredienti micidiali che rendono il nuovo romanzo di Starr, autore già di ben 9 best-seller, un giallo intenso, adrenalinico e ricco di colpi di scena. Un volume che vi farà riflettere sui vostri vicini di casa e che vi regalerà notti insonni. Starr è tornato e, ancora una volta, ha lasciato il segno. Jason Starr Savage Lane Unorosso, 2016 pp. 300, euro 15,00 La trasformazione tra mente e cervello di William Bavone A tutti almeno una volta è capitato di chiedersi l’origine del pensiero, la sua connessione con il cervello o al più la sua astrazione in quanto frutto o espressione di un’anima. Tutto in fondo ci riporta al cervello luogo di innumerevoli connessioni tra neuroni che agiscono in coordinato tra loro e tal volta non in modo controllabile dal pensiero o dalla volontà vera e propria. Il cervello, vera espressione della complessità umana che racchiude segreti ancor oggi difficili da decifrare ed impossibili da riprodurre pertanto in realtà virtuali o meccaniche. Il saggio dello studioso Michel Le Van Ouyen affascina sempre di più, man mano che si percorrono le sue pagine. Per la materia trattata potrebbe sembrare un testo difficile, tecnico e relegato agli operatori del settore della neuroscienza. Nulla di tutto ciò. È un testo piacevole e che nonostante la materia, coinvolge e mantiene viva l’attenzione sui temi sviscerati lungo le sue sezioni. Interesserà scoprire come l’attenzione alla mente e al cervello possa in realtà affiancare o sostituire la medicina ordinaria, ma come ancor più vi affascinerà scoprire come esercizi mentali possano modificare la struttura stessa del vostro cervello. Van Ouyen coglie la centralità della mente sul benessere dell’organismo tutto, portando il frutto dell’interazione dei neuroni al vero oggetto distintivo del singolo essere umano. Scorre il libro fino all’avvicinamento tra scienza, ipnosi, meditazione fino ad arrivare al buddhismo. Ma si badi bene: il testo non trascende in argomentazioni religiose, ma si sofferma sulla pratica della meditazione dei monaci buddhisti come oggetto di analisi dalle quali trarre conclusioni sorprendenti. Epilessia, iperattività, percezione del dolore, depressione sono solo alcune delle patologie alle quali è possibile coadiuvare le classiche cure con uno stimolo naturale del cervello e come attesta l’autore: i risultati benefici sono comprovati. Michel Le Van Quyen Il potere della mente Dedalo, 2016 pp. 199, euro 16,00 La città del male di Matteo Papucci Lo ammetto, quando ho letto il titolo de “La città del male” non pensavo di trovarmi di fronte a un thriller tanto avvincente. Succede spesso, come recensore, di trovarsi nella difficoltà di trovare le parole giuste per poter descrivere un romanzo, nel caso de “La città del male” non è stato affatto un problema. Già dalle prime pagine ci si perde nella mente del protagonista, Geremia, e non si può fare a meno di immedesimarsi nel suo nichilismo e depressione: un uomo che sente di non aver combinato niente nella vita, ma che si troverà sommerso da un’onda di enigmi, delitti e misteri. “La città del male” si svolge su più piani temporali. Claudio Aita è formidabile nel mutare il proprio stile a seconda dell’epoca che descrive e sorprende la sua profonda conoscenza delle tematiche affrontate. Claudio Aita, scrittore maturo e talentuoso, è perfettamente in simbiosi coi suoi personaggi: ben strutturati, reali e dalla forte e chiara personalità. La storia è a dir poco avvincente e ho avuto davvero difficoltà a prendere pause tra una sessione di lettura e l’altra; Leggere TuttI n.104 Giugno 2016 : 51 : zibaldone si sente la necessità di andare avanti e scoprire quali misteriosi intrecci collegano il mostro di Firenze, un manoscritto criptato e un processo dell’inquisizione. De “La città del male” ho particolarmente apprezzato lo stile fluido e incalzante, il lessico colto e raffinato, ma soprattutto la cura quasi maniacale degli elementi storici e sociali in cui i personaggi si muovono. Il dedalo di emozioni, mistero e sangue in cui il lettore si trova immerso è estremo e fa de “La città del male” uno dei migliori thriller che abbia letto negli ultimi anni. In conclusione, se siete alla ricerca di un romanzo che vi tenga incollati alle pagine, lo avete trovato. Claudio Aita La città del male Nardini, 2015 pp. 316, euro 14,00 Wolf by Wolf di Martino Lorenzo Fagnani le sin dalla corsa precedente. Ma le difficoltà della ragazza non si fermano qui, dovendo conciliare le proprie passioni di adolescente “normale” con la responsabilità che il suo ruolo nella Resistenza comporta e con il trauma di aver perso la madre e altre persone care a causa dei nazisti. Anche personaggi come Felix, Luka e la motociclista giapponese Ryoko vengono rappresentati con la loro varietà di luci e di ombre: giovani inevitabilmente imbevuti di propaganda per via del contesto in cui sono nati, ma ancora con un’anima, una capacità di riconoscere per istinto quale sia il bene e quale sia il male, in grado di amare e di accogliere, non soltanto di odiare e di guerreggiare come il Sistema si aspetta da loro. Attendiamo il seguito. Ryan Graudin Wolf. La ragazza che sfidò il destino De Agostini, 2016 pp. 400, euro 14,90 Un vento chiamato Dubus di Lucia Gandolfi La missione di Yael, ragazza miracolosamente sopravvissuta al campo di sterminio, è quella di uccidere Hitler davanti alle telecamere, con tutto il mondo intento a guardare. Un’esecuzione pubblica in grande stile. Siamo in un alternativo e cupo 1956, dove il Terzo Reich è ancora in piedi. I nazisti e l’impero giapponese dominano l’Eurasia, l’Africa e l’Oceania. Per fortuna i ribelli ci sono, sparsi sulla superficie di tutto il globo ma in contatto tra loro, pronti a sollevarsi. Yael appartiene appunto alla Resistenza; inoltre, essendo sopravvissuta non soltanto al campo ma anche a degli atroci esperimenti di eugenetica praticati dai nazisti, le è rimasto – all’insaputa dei suoi aguzzini, primo tra tutti il dottor Geyer che l’ha usata come cavia e la crede morta in un tentativo di fuga – l’effetto “collaterale” di cambiare il proprio aspetto come meglio desidera. Dopo un lungo addestramento tra i ribelli, è finalmente pronta per la sua missione: impersonare Adele Wolfe, la vincitrice della passata edizione del Tour dell’Asse, una gara di motociclette che parte dalla città di Germania (Berlino) e arriva a Tokyo. La vera Wolfe, incarnazione dell’ideale estetico ariano, ha ballato con Hitler l’anno prima al termine del Tour e, qualora vincesse una seconda volta, le sarebbe concesso di farlo nuovamente… In Wolf. La ragazza che sfidò il destino, l’autrice Ryan Graudin percorre due sentieri che si intrecciano tra loro. Da una parte, la riflessione matura e profonda sulla Storia e sulle atrocità di un preciso periodo del secolo XX, ma anche più ampiamente sulla crudeltà del fanatismo e delle discriminazioni in ogni tempo e in ogni terra. Dall’altra, ecco senza dubbio un buon romanzo distopico e di avventura, che avvince fino alla conclusione. Inoltre, la scrittrice mette grande cura nel descrivere le sfaccettature di ogni singolo personaggio. In primis, Yael, che deve costantemente nascondere la propria identità segreta a Felix, il fratello della campionessa Wolfe, e a Luka, un altro corridore attratto da Ade52 : Leggere TuttI n.104 Giugno 2016 Prendete il libro, uscite sul balcone, o in giardino, o sul terrazzo o semplicemente aprite la finestra e sedetevi; l’importante è che quello che sta fuori casa diventi la vostra colonna sonora. Non so dove voi amiate o siate abituati a leggere, io stessa non leggo fuori casa se non quando sono sui mezzi pubblici, ma questo libro vuole la luce del giorno, l’aria aperta, le voci e i rumori che vi stanno intorno. Parole e punteggiatura saranno il vostro spartito, abbiatene cura, la stessa che Andre Dubus ha riservato a voi. Scoprirete delle storie che vi conquisteranno a tal punto che non udrete altro che il suono delle parole scritte. Sarà un’esperienza che non dimenticherete, le immagini, le emozioni arrivano dritti al cervello: la scrittura di Andre Dubus è fatta di lavoro alla scrivania, un quotidiano impegno: un migliaio di parole al giorno e diverse stesure dopo ecco il racconto. Questo metodo, però, non ha funzionato con il racconto Anna, un tormento che lo ha costretto a modificarne l’approccio. La storia che voleva scrivere era tratta da una notizia di cronaca, ma i vari tentativi di tradurla in narrazione non funzionavano: doveva prima conoscere Anna, i suoi pensieri, i suoi desideri, il suo mondo: doveva farsi le domande giuste. Un autore che lavora di penna e cancellino senza risparmiarsi regalandoci pagine dove storia, personaggi, scrittura è tanto comprensibile e godibile, quanto precisa, attenta, chirurgica. Ora penso che la narrativa abbia un futuro migliore grazie ad autori come Dubus. Anche se solitamente preferisco i romanzi ai racconti questi mi hanno lasciato senza fiato; ho cominciato a leggere il racconto Anna, poi quello dopo e sono tornata indietro, ogni volta ho guardato l’indice per decidere quale sarebbe stato il prossimo. In tutti si comprende l’accuratezza nella scrittura, la precisione di un lavoro ben fatto, la serietà e l’impegno che non lasciano indifferenti: è uno scrittore che avrei voluto conoscere di persona, avrei voluto sedermi accanto a lui e non perdermi nessun passaggio del suo lavoro: avrei voluto imparare da lui. Un grazie particolare lo rivolgo a Nicola Manuppelli, il traduttore e primo estimatore che con la convinzione di chi è certo del valore e del potere delle storie ha voluto presentarlo in giro per l’Italia. Grazie per averci traghettato in questo mondo narrativo: nel mondo di un padre che ricorda quando la casa era viva per la presenza dei figli e della moglie e quanto dura e faticoso abituarsi alla solitudine. Nel mondo di Walter, un adolescente che vive in una famiglia di sole donne: la madre e due sorelle più grandi di lui, fino all’arrivo di Mark un ragazzo trasferito da poco. Che state aspettando, libro in mano, finestre aperte. Che la magia abbia inizio… Andre Dubus I tempi non sono mai così cattivi Mattioli 1885, 2015 pp. 235, euro 16,90 Una vita sospesa ritorno al passato, le altre a chiudere il cerchio al presente, sullo sfondo di un incontro felice e forse maledetto da un fascio di spine piombato in regalo…. Un amore attraversato dal dolore di cui la penna pur asciutta e ‘razionale’ di Ludina Barzini riesce a trasmettere percezioni intense con insospettata efficacia. Il racconto gode di intuizioni e suggestioni ‘rubate’, per sua stessa ammissione, a vite incrociate, sogni, confidenze. Esperienza ‘negli altri’. Si legge d’un fiato, non come un’avventura, piuttosto per facilità e ‘sentire’. Il romanzo, scivola immerso in una ‘cronaca’, forse riflesso della cifra giornalistica di lungo corso dell’autrice. Ma anche prende le sembianze di un vero e proprio soggetto. Una sceneggiatura pronta per essere girata. Ludina Barzini Solo amore Bompiani, 2015 pp. 264, euro 13,00 Destino di Lucia Onorati di Orietta Rappolli In copertina un’immagine sixties inequivocabile. Sono insieme, lei e lui, gli occhiali in maxi montatura, il bianco e nero della foto, con quella sfumatura rosata che forse è un preludio. Un mood familiare alla narrativa rosa, occhieggia qua e là nei turbamenti di Lucrezia ventenne che scopre irruente l’amore con Gianni, in Solo Amore (Bompiani). La scrittura lucida sa esprimerne le sensazioni, in uno spettro lieve e fresco, come la sua giovane protagonista che odierna cinquantenne (anni novanta), lo resta appena il tempo di un dejavu negli anni 60 lungo tutte le pagine. Ma Ludina Barzini, l’autrice, è sapiente, e tra le righe fluide, il fraseggio essenziale, la punteggiatura decisa, infonde introspezione e sguardo sociale. Come un io narrante, Lucrezia si specchia in se stessa e negli altri, nella Milano di famiglia, perbenista e esigente, nella Palermo che l’adotta e la rapisce nei colori, nella bellezza, nell’esuberanza. L’America a fare da snodo. Luoghi ed esperienze di “vagabondaggio” rivela l’autrice, entrati nel libro. Scorci di città e natura, dettagli di arte e storia, vita culturale si mescolano ad infinite sfumature emotive a concorrere ad una se-duzione del lettore. Nessun imbarazzo nello svelare la relazione sessuale dei due amanti. Ventisei capitoli senza titolo, quasi a non voler scandire lo stile piano e scorrevole, dentro il quale il romanzo intreccia l’esperimento della libertà, l’emancipazione conquistata, la maturazione interiore con l’ineluttabile soggezione all’amore. Anni trasgressivi, li ha definiti la scrittrice Cinzia Leone in occasione dell’uscita del romanzo, durante i quali quella libertà era “guadagnata, oggi è data alla nascita, senza peccato”. Dieci fotografie in tutto, la prima ad innescare il Controluce, casa editrice che si sta affermando per la qualità delle opere pubblicate, ha proposto ai lettori una giovanissima autrice, Marta Monacelli, che ha al suo attivo già alcune prove sia in versi che in prosa. La sua opera è intitolata “Destino”. Sono racconti brevi imperniati soprattutto sul mondo femminile: undici guizzi di luce realizzati da Monacelli fra i quindici e i ventiquattro anni, vale a dire una specie di presentazione programmatica per il suo avvenire di scrittrice. Lo svolgimento all’interno dell’economia narrativa è compatto, cioè non cede mai allo ‘scontato’, come sarebbe facile cadervi quando si ha poca esperienza sia di vita che di scrittura. La visione del mondo dell’autrice è problematica, ma non pessimistica. C’è, in ogni brano, come una mano invisibile tesa alla speranza. Comunque, la tessitura è netta, talora avvolgente, specie quando la Monacelli descrive gli stati d’animo (si legga “Un’unione oltre il destino”), sebbene la sigla caratteristica della sua poetica (in quanto risultato finale, indipendente dall’estetica che viene a priori) è l’amore in senso ampio. Ecco: la scrittrice guarda il mondo, le persone, gli avvenimenti, con amore, vale a dire con l’occhio perspicace di chi è pronto a comprendere e ad aiutare gli altri. Non per questo si tratta di racconti moralistici: Marta non predica; scrive, rappresenta, vivifica gli avvenimenti. Come dire: la vita non va spiegata, ma amata per se stessa come l’umanità intera. Siamo in attesa del seguito, in quanto la promessa fa sperare bene, grazie a uno stile limpido e solido e ad una capacità di tenerezza profonda. Marta Monacelli Destino Controluce, 2016 pp. 96, euro 10,00 Leggere TuttI n.104 Giugno 2016 : 53 : zibaldone Il paese del «buon paesano vostro» tamente selezionati da Gianfranco Miro Gori rammentando quei giorni in cui «tutto era a prato avanti quella Torre». G.M. Gori, R.Boschetti, P. Maroni Il ritorno annunciato di Federico Mussano Il Ponte Vecchio, 2015 pp. 160, euro 13,00 Quali fossero i confini del mondo ideale di Giovanni Pascoli è lo stesso poeta a raccontarcelo (e lo ricorda Piero Maroni nell’incipit dell’ultimo dei tre saggi che compongono questo libro in grado di descrivere – per la prima volta – il complesso rapporto del Pascoli con il suo luogo natio): «il mio mondo ideale ha per confini il Luso e il Rio Salto» in un panorama che aveva al centro una chiesuola e, poco distante, un camposanto aggettivato come fosco, non poteva del resto essere diversamente non fosse altro per la ricorrenza del trentennale (il testo è in una lettera del 1897 agli amici sammauresi) dell’omicidio del padre. Quali siano gli intrecci tra sentimenti e confini della geografia pascoliana (al di là dell’elencazione dei vari luoghi dove studiò, visse ed insegnò, da Urbino a Bologna passando per la cruciale Castelvecchio) non è facile, soprattutto se si vogliono esaminare gli aspetti motivazionali, storici e comportamentali che portarono a rapporti così diversi tra Giovanni e la sorella Mariù nel volgere lo sguardo alla Romagna: Andrea Battistini (presidente dell’Accademia Pascoliana ed estensore dell’introduzione che segue la presentazione di Luciana Garbuglia) ricorda come nel 1907 Pascoli nel rivolgersi da neo-eletto al Consiglio comunale, dopo aver ricordato una vita di traversie e di fortune, dichiarava di essere rimasto «sempre quel desso: un buon paesano vostro, un buon romagnolo». Traversie tante, fortune invece chiosate dal triste commento «le abbiamo a chiamare cosí?»: il trauma della morte violenta del padre (Rosita Boschetti, che nel volume conduce il saggio dal titolo “Fatti e persone dell’«orizzonte che m’ha fatto poeta»”, ricostruisce i ruoli di Cacciaguerra e dei sicari nonché l’omertà dei tanti in paese che non parlarono) vissuto da Zvanì dodicenne, da Maria di due anni, da fratelli e madre non poteva non lasciare un segno indelebile di memoria dissolta nel dolore. Un dolore certamente attenuato dalla certezza di essere amato da tanti sammauresi, il saggio della Boschetti riporta in chiusura un brano che Ruggero Tognacci scrisse sessant’anni fa: «a noi, compaesani del Pascoli, ha premuto veramente sempre più l’uomo che il poeta» ed è il caso di aggiungere che – dando uno sguardo anche sommario alle statistiche sull’analfabetismo ai tempi del poeta – fosse davvero immotivato che il viso bonaccione si rabbuiasse per un presunto basso apprezzamento dei sammauresi verso le sue liriche. Riprendendo le considerazioni di Tognacci, gli abitanti di San Mauro di Romagna avrebbero «amato e venerato lo stesso il nostro Zvanì anche se egli fosse rimasto soltanto tale e non fosse assurto alla gloria della poesia»… ma il Pascoli a essa assurse! Ed è un piacere leggere i brani atten- I trampoli della vita 54 : Leggere TuttI n.104 Giugno 2016 di Fiorella Cappelli Parole sospese nella loro simboleggiante età della memoria, quelle di Anna Appolloni. Ottantasette liriche tenute per mano, in cammino tra dediche, riflessioni e ricordi, alternate ad immagini in bianco e nero, nelle fotografie di ispirazione, di Claudio Giuli. Le liriche, perfettamente analizzate nella Prefazione del giornalista Fidel Mbanga Bauna che ne traccia l’intensità del verso, affidandole al lettore “suo prezioso mezzo” di diffusione, si vestono di socialità, dialogo, condivisione. Il colore, assente ad un primo sguardo, risulta totalmente presente nelle immagini evocative del verso libero. La parola cresce, indossa i trampoli della vita e, nel cammino, reca per mano il suo “io bambino”. È questa la visione che la poetessa pone ai nostri occhi: a spasso, nella silloge, senza sentirsi mai soli, in un percorso di crescita sottolineato da date, dove il tempo richiama allo spazio, come a volerlo colmare, per collocare in esso qualcosa che ci appartiene e tracciarvi un’orma indelebile, di un passaggio. “ Tra versi sospesi/Ed accennati/Si snodano/ Ricordi.../Si dissolvono/Si sfumano/ Ma intense restano/Le emozioni/Scrive la poetessa, e noi, di queste emozioni, ne respiriamo l’essenza. Anna Appolloni Parole sospese Twins Edizioni, 2015 pp. 138, euro 14,90 Raccolta Racconta di Chiara Campanella Ci fornisce una vasta gamma di riflessioni su abitudini, culture e mentalità differenti tra Italia e Germania la seconda raccolta di narrazioni di Paola Malgeri Knaup, insegnante della Ruhr, romana di nascita ma tedesca di adozione. Se la lontananza dal suo Paese la spinge ad apprezzare maggiormente le proprie origini, l’autrice trova anche interessante individuare possibili analogie tra due realtà apparentemente molto diverse. Sorge spontaneo l’interrogativo sul perché i giovani desiderino tanto trasferirsi in Germania e la risposta, per quanto banale, risulta comunque certa: sembra essere l’unico Paese in grado di offrire sicurezze che gli altri non possono garantire, come buone retribuzioni, efficiente sistema sanitario ed apprezzabile organizzazione generale. È pur vero però, che sono parecchi i miti da sfatare. Dalla proverbiale puntualità tedesca, che viene meno se si verificano ondate di maltempo o nevicate che bloccano le linee ferroviarie, alla rinomata pulizia delle strutture, di certo non riscontrabile sui treni, spesso maleodoranti ed affollati di gente ubriaca. Dall’indiscusso ordine urbano, che molte volte cela un’uniformità che viene a noia, all’impeccabile assistenza medica, in realtà brutalmente suddivisa in classi e del tutto priva di visite domiciliari. Per non parlare delle retribuzioni: differenziate al punto che segretari, ragionieri e commessi, a seconda della ditta in cui lavorano, percepiscono trattamenti estremamente difformi in busta paga. Una lettura dinamica e scorrevole, scandita da un linguaggio semplice e chiaro, che bene riesce a trasmettere il messaggio dell’intera opera: per vivere all’estero è fondamentale mantenere allegria ed interesse per il Paese da cui si viene ospitati: solo così è, infatti, possibile integrarsi ed apprezzare appieno il nuovo stile di vita. Paola MAlgeri Knaup Raccolta Racconta Albatros, 2015 pp. 49, euro 9,50 La poesia come riscatto contro l’inquietudine di Antonella Lippo Getsemani: luogo fisico, topos letterario, luogo dell’anima in cui Francesco Tarantino ambienta il suo poema dell’inquietudine, quella che arricchisce di intensità ogni singola emozione. E lo fa attraverso la parola del poeta che esplora senza sosta anche nel silenzio e nella solitudine.: “non basta la morte a oltrepassare/ il tempo, gli affetti, i sentimenti”. Sono 75 le tappe, le “stanze” o meglio le stazioni di questa via crucis in versi di cui è composto il libro “Getsemani o dell’inquietudine” pubblicato per i tipi di Marco Saya Edizioni. E in ognuna, aldilà della sofferenza, della tensione, del sentirsi senza più radici all’ostinato sentimenti di una ricerca di rigenerazione, della ricerca di un “arcobaleno in cielo”, si alterna la voglia nostalgica di potersi adagiare, perdere nei ricordi, reiventare amori e “adagiare sulla riva dei sogni per svegliarsi a conto pagato”. Sembra quasi che Tarantino reinterpreti quell’invocazione rivolta al Dio padre affinché allontani l’amaro calice, pur professando un ateismo intriso di religiosità laica e nella consapevolezza che non si può domandare al tempo altro tempo. I suo sono versi che dipingono immagini, ma anche si proten- dono come fronde di ulivi del Getsemani verso l’alto a lambire orizzonti di salvezza. Il libro è il pretesto per un viaggio, quello di ciascun Ulisse verso la propria Itaca di salvezza e “oltre i deserti per innamorare i popoli alla pace”. La poesia di Tarantino non vuole sfuggire alla complessità della realtà, anzi, ne riconosce un valore di catarsi, ringraziando, non cedendo alla tentazione di arrendersi, aspettando il “transitare degli angeli”. È il seme di una speranza non può morire se lo si continua a cercare e magari trovare nella braccia di un universo femminile, da sempre eco di vita che genera vita. Francesco M. T. Tarantino Getsemani o dell’Inquietudine Marco Saya, 2015 pp.116, Euro 12,00 Il cinema dell’eccesso di Nico Parente Rudy Salvagnini chiude il cerchio contrassegnato da sangue, violenza, horror ed erotismo avviato con la pubblicazione del primo volume della collana Il cinema dell’eccesso vol. 1: Europa scavando a fondo nel genere cinematografico denominato exploitation e dando alle stampe l’atteso secondo capitolo dedicato agli autori statunitensi e del resto del mondo. 330 pagine che ripercorrono la storia di un sottogenere cinematografico tanto bistrattato e di nicchia quanto amato. Salvagnini, noto sceneggiatore di fumetti e critico stimato, per questo lavoro rimaneggia una lunga serie di articoli apparsi in passato a sua firma apportandovi revisioni, riscritture e ampliamenti. Alcune pagine vengono scritte appositamente per questo volume, come il capitolo dedicato a José Mojica Marins, e a rendere il lavoro ancora più appetibile sono diverse interviste (a Jack Hill, Eddie Romero, C.Davis Smith e Doris Wishman) inserite in coda ai rispettivi capitoli. L’autore non mira a esaminare prettamente la dimensione lavorativa dei maestri dell’eccesso, ma anche la sfera privata, la carriera scolastica, la gavetta e gli esordi in ambito cinematografico. Anche le disavventure. Violenza gratuita, efferatezze, stranezze di ogni tipo, sesso, azione e horror: tutto questo è il cinema exploitation. Un genere attraverso il quale, a detta dello stesso Salvagnini, autori di ogni parte del mondo hanno dato vita a vere e proprie pellicole cult. Nel capitolo dedicato agli statunitensi vengono trattati: Jack Hill, Michael e Roberta Findlay e Doris Wishman. Nella seconda parte, intitolata “Resto del mondo”: Teruo Ishii, Nam Nai Choi, René Cardona, Juan Lòpez Moctezuma, Eddie Romero, José Mojica Marins. Un non banale tentativo da parte di un bravissimo autore di ripercorrere la storia di un genere sì estremo, ma realistico e di denuncia. Rudy Salvagnini Il cinema dell’eccesso vol.2 Stati Uniti e resto del mondo Crac, 2016 pp. 330, euro 24,00 Leggere TuttI n.104 Giugno 2016 : 55 : zibaldone Tè al gelsomino di Girolamo Terracini Maia, studentessa universitaria, percorre in solitudine la strada dell’esistenza, vivendo la quotidianità assorta nei dubbi e nei rimorsi del passato. Le sue compagne di “viaggio” sono quattro amiche con carattere e credenze contrapposti che personificano le paure e le ossessioni di Maia, prodotte dalla sua profonda angoscia esistenziale. La vita, però, offre spesso una via di uscita: sulla metro Maia incontra Serena, ragazza cieca, ma capace con la sua affettuosa amicizia di guidare la protagonista verso una maggiore consapevolezza di sé. Dopo una violenta aggressione Maia deve decidere se rimanere ripiegata su se stessa, prigioniera di una dimensione virtuale, o ricominciare a vivere, “rischiando” di essere felice nella vita reale. Con l’aiuto dell’affascinante amico cieco, nonno di Serena, il suo “dottor Zivago”, e del suo psicoterapeuta, la protagonista affronta il suo vissuto, perdonando i propri errori e quelli della sua famiglia. In questo modo il tempo, sospeso tra risentimenti e condanne, ricomincia a scorrere, promettendo sviluppi di vita finalmente nuovi e costruttivi. Gabriella Orlandi Tè al gelsomino Kimerik, 2016 pp. 128, euro 14,40 I segreti dei sensi in cucina di Ilaria Finotti È il grande dilemma di chi si trova davanti ai fornelli, senza magari avere grande esperienza o una ricetta da seguire pedissequamente, ma con amici e parenti in arrivo per cena: che fare, esattamente? Cosa mettere nel sugo della pasta per renderla davvero buona? Che vino abbinare all’arrosto? Con quale dolce chiudere la serata? La risposta la dà il sommelier Daniele Maestri nel volume Sapore è sapere: è tutta, in definitiva, questione di sensi. Il volumetto della giovane casa editrice CEF Publishing analizza in modo chiaro ed esaustivo, adatto a tutti, il tema dell’analisi sensoriale in cucina, vale a dire quei parametri di riferimento che permettono di valutare (e dunque prevedere) la qualità di un piatto, di un abbinamento o di un menù in maniera quanto più oggettiva possibile. Si parte dal riconoscere che non solo l’olfatto, senso principe, e il gusto, ma anche la vista, il tatto e, perché no, l’udito sono coinvolti nell’apprezzamento di un prodot56 : Leggere TuttI n.104 Giugno 2016 to; si passa quindi a delineare i cosiddetti “descrittori” delle sensazioni che un cibo offre agli occhi (aspetto, presentazione), al naso (franchezza, armonia, intensità, qualità), al palato (sapidità, succulenza, untuosità ecc.), per poi capire come combinare l’insieme di tutte queste sensazioni e creare un piatto sontuoso, un abbinamento cibo-vino azzeccato o un menù ben equilibrato. Sensi allenati oltre il comune e conoscenza delle nuove tecniche culinarie, prerogative dei grandi chef, sono elementi ben accetti, ma anche il cuoco meno esperto può trovare in questo libro il “trucco” per rendere una serata in compagnia un piccolo grande successo. Daniele Maestri Sapore è sapere Cef publishing, 2015 pp. 76, euro 12,00 Mia madre ed altre catastrofi di Annarita Paliani Il nuovo libro di Francesco Abate “Mia madre ed altre catastrofi” ci parla di sua madre. Una signora comunista ma credente, devota a sua marito ma femminista, una donna piuttosto pragmatica, al punto da sfiorare il cinismo. Si può perfino provare una certa rabbia nei confronti di questa donna che non rappresenta proprio i canoni della mamma, sfiorando a tratti l’anaffettività. Ma poi entriamo con sintonia e simpatia in rapporto con questa donna che, rimasta vedova a 50 anni con tre figli da mantenere, affronta con grande forza e determinazione le difficoltà che la vita le propone, senza mai rinunciare alla sua ironia e alle sue passioni. Essere credente e nello stesso tempo comunista, anzi maoista, e anche maestra di una scuola di periferia. La storia, che è la storia dell’autore, è costruita senza buonismi e senza sconti per nessuno. Un racconto che va dall’infanzia all’oggi. La signora Mariella, così si chiama la mamma in questione, è una donna che propina a merenda la solita rosetta con margarina e zucchero o sale, che gira con il “battipanni”, ma è capace di fare un bagno a mare a dicembre. Se la si interroga risponde vaga “lo so io”. Una donna che si rimbocca le maniche quando anche il figlio, Checco, l’autore, si ammala di una grave malattia. Forse con una mamma così non si ha il privilegio di essere sopravalutati dall’amore materno a tutto tondo che ci rendi unici, ma si impara ad essere concreti nella vita, ad avere le capacità di rimboccarsi le maniche e tutto questo con molta semplicità, senza gridarlo al mondo e vantarsi. Una madre dura ma tenerissima al tempo stesso. Una donna che a quasi 80 anni se ne va in Terra Santa con le consorelle della sua comunità neocatecumenale e un amico professore gay. Il libro si legge come un fumetto ma senza vignette, con delle battute fenomenali. Francesco Abate Mia madre ed altre catastrofi Einaudi, 2015 pp. 120, euro 15,00 Passeggeri a spasseggio reloaded! di Andrea Coco Italiani, un popolo di poeti, artisti, eroi ma non di trasmigratori, perché tra le tanta qualità che ci sono state attribuite, questa sembra proprio mancare nel nostro DNA. O almeno è l’impressione che si riceve scorrendo le pagine del libro scritto da Gloria Bolognini, assistente di volo di una compagnia aerea e consulente agli sketch della sitcom «Piloti», andata in onda su RAI 2. A essere precisi sembra trattarsi di una conferma perché Gloria ha ripubblicato, ampliando testi e vignette, un’opera uscita nel 2011, quando aveva deciso di mettere nero su biancoquanto vissuto in prima persona o raccontato dai colleghi. Aneddoti surreali e divertenti, poiché, ammettiamolo, a bordo degli aeroplani succede un po’ di tutto. Perché noi italiani (ma non solo noi, consoliamoci) quando viaggiamo ci portiamo dietro le nostre paure, speranze, desideri e, soprattutto, le nostre abitudini, belle o brutte che siano. Riconoscerci e riconoscere gli altri nelle varie tipologie umane descritte nel volume, rappresenta un’occasione per sorridere e riflettere sui comportamenti nostri e altrui. C’è chi non ha mai volato e chi pensa di saperne più dell’equipaggio, chi si comporta come se fosse a casa sua e chi crede di trovarsi su un transatlantico e, pertanto, vorrebbe cenare con il comandante. E chi…non sa tenere la lingua e le mani ferme. Il libro è suddiviso in tre “Fasi” (Decollo, il Volo e l’Atterraggio), ciascuna delle quali è abbellita da spassose vignette ed è ripartita in paragrafi, alcuni ricorrenti (Introduzione, Vola Basso, People Watching, Radio Galley, Fly Test), che trattano i diversi aspetti del volo. Completano l’opera, la prefazione del comico Max Tortora, i capitoli dedicati al viaggio sotto vari aspetti (Geo Travel, Cafon Travel, Sex Travel) e alla scoperta dell’affascinante mondo dell’aviazione civile (Glossario e Per saperne di più). Insomma un testo piacevole, ricco di aneddoti e personaggi che tutti i giorni viaggiano da una parte all’altra del mondo, tratteggiati però senza cattiveria perché come ammette l’autrice: “Chi ama questo lavoro non può fare a meno dei passeggeri e delle loro trovate. E quando le persone mi dicono: Lo sai che mi sono proprio divertito a leggere il tuo libro, ma succedono davvero queste cose sugli aerei? Allora mi convinco che ho fatto bene a scriverlo e a ripubblicarlo. Per i loro sorrisi ne valeva la pena”. Gloria Bolognini Passeggeri a spasseggio Vel Editore, 2015 pp. 152, euro 12,50 Cento emozioni di Fiorella Cappelli La capacità di condensare in pochi, brevi versi, tutta la forza degli elementi della natura, plasmandoli in spazi aperti, fenditure, interstizi di vita, attraverso i quali, scorre... inesorabile, il tempo, appartiene a questo poeta Lucano. Sono figure di pensiero, quelle di Franco Vetrano; similitudini, metafore, come arabeschi si delineano sotto gli occhi del lettore che ne avverte la magica sospensione, attratto e coinvolto in un ideale volo improvviso tra versi, che divengono nuvole, spuma del mare, foglie al vento. Sono “voli leggeri, voli dell’anima”, in “un cielo di speranza” quelli ai quali ci conduce, con le sue liriche, il poeta: /voli dell’anima fatti di sogno/ lontano portano gioie e dolori/lontani da un corpo che stanco e liso/anela alla pace e chiede ristoro/Sono leggeri i voli dell’anima/come risate di bambini/e nel cielo della speranza/un nuovo giorno dispiegheranno/. Il verso, in quinario o senario, apparentemente libero, si compone di distici, terzine e quartine; ricco di anafore e allitterazioni, assume una sua cadenza ritmica: /Sogni di un bimbo, vestiti di pace.../Sogni di amanti dai cuori vibranti.../Sogni di vecchi, curvati dal tempo.../Sogni cullati dalle onde del mare/. Altra caratteristica nei componimenti del poeta è l’uso sovente delle “inversioni”: /Guerriera dagli occhi ridenti/del tuo bambino i sogni coltivi/ e le corse sulla sabbia dorata/ del suo ridere il tramonto colmano/... Il sole, i raggi, il suo calore, il sorriso di un bimbo sono luce di speranza, nella poesia di Franco Vetrano che pur inneggiando al sogno: “/nel buio un sogno chiama/al magico mondo conduce/rende reali le illusioni.../ e alla “magia del sonno”: /Il sonno cancella i lividi/ha unguenti per ogni dolore/e’ rinascita, resurrezione.../È cibo di speranza/, nel suo realismo, resta ancorato alla vita, che oscilla in spazi temporali tra rievocazioni nostalgiche del passato e aperture al presente, sempre con “occhi spalancati” ad osservare ciò che intorno a lui accade. Gli occhi sono, per il poeta: l’osservazione per la natura, - il profondo amore per essa, ricorrente nei suoi versi e reso tramite le numerose e felici immagini delle albe, dei tramonti, degli azzurri di cieli infiniti, dei mormorii del mare, dei silenzi della notte - come riporta nell’attenta, intonata ed esaustiva presentazione Vittorio Verducci, che traccia altresì la memoria di alcune poesie scritte a quattro mani, da Franco Vetrano, con l’amica scrittrice, poetessa Maria Rizzi. Ed ognuno che legge, a queste cento emozioni... aggiunge le proprie. Franco Vetrano Cento emozioni Dibuono, 2015 pp. 116, euro 10,00 Leggere TuttI n.104 Giugno 2016 : 57