Leggere tutti, 1/06/2016

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Leggere tutti, 1/06/2016
 Leggere:tutti
IL LIBRO DEL MESE
Zibaldone
In un’assolata domenica
d’estate una bambina
ascolta per caso una
conversazione della
madre, e la sua vita
cambia per sempre: i
genitori hanno avuto
un’altra figlia, morta
ancora piccola due anni
prima che lei nascesse.
È una rivelazione che
diviene lo spartiacque
di un’infanzia, segna il
destino di una donna e di
una scrittrice, e infiamma
l’intensa prosa di questo
romanzo breve. «Per lasciarsi alle
spalle il fuori fuoco del vissuto»
Annie Ernaux intraprende una
lettera impossibile a quella sorella
sconosciuta. Rivivono così i sensi
di colpa e i moti d’orgoglio, le
curiosità taciute e le inconfessabili
gelosie, il peso del confronto
e il privilegio di essere amata.
Ancora una volta la grande autrice
francese intesse una prodigiosa
corrispondenza di sensi tra vivi e
morti, scolpendo in una scrittura
perfetta la storia di una relazione
fragile, preziosa e irrimediabile
come ogni esistenza umana.
Annie Ernaux
L’altra figlia
L’orma editore, 2016
pp. 88, euro 8,50
Leggere TuttI n.104 Giugno 2016 : 41
09.51
: zibaldone
La caccia “povera”
del mondo rurale
di Niccolò Lucarelli
La vita quotidiana delle famiglie contadine fino alla metà del Novecento, è stata caratterizzata dalle fatiche del
lavoro dei campi, che garantivano una sussistenza appena
sufficiente a sopperire ai bisogni alimentari dei numerosi
componenti, in particolare in
quelle zone appenniniche dove i raccolti erano più magri,
e dopo la spartizione con i
padroni, ben poco restava del
frutto delle proprie fatiche. Ecco che allora, la caccia diventava un’attività necessaria per aumentare il cibo a disposizione. Una caccia praticata di frodo, con mezzi di fortuna ma
ingegnosi, date le scarse possibilità economiche di acquistare fucile e cartucce, e che è sintomatica delle necessità
materiali cui all’epoca si doveva sopperire.
Una documentata ricostruzione storico-sociale di una
realtà ormai scomparsa: la civiltà rurale, che nell’Italia Settentrionale era organizzata sull’istituto della mezzadria, particolarmente diffusa in Toscana ed Emilia Romagna. All’attività agricola, si affiancava la caccia, una caccia a prima vista
illegale, che deve però essere considerata nel suo contesto
storico e delle condizioni di vita che offriva, che deve indignare non per i metodi utilizzati, ma per i motivi che spingevano la popolazione rurale a procurarsi cibo con quegli
stessi metodi, utili anche per saldare qualche piccolo debito,
vendendo al mercato la selvaggina uccisa. Un libro gradevole
da leggere, per i tanti aspetti che affronta e fa conoscere al
lettore di oggi, ma anche un libro crudo per la difficile realtà
che racconta, quando la vita era fatica, ma anche umiliazione. A tal proposito, essenziale è la presenza del sottotiolo,
“Quando si cacciava per vivere”, che ben spiega lo stato di
necessità di quei cacciatori.
In apertura di volume, un’interessante e necessaria trattazione della società mezzadrile, dei suoi usi e costumi, dei
rapporti fra coloni e proprietari, l’organizzazione del podere
con le sue colture, e infine la casa colonica, con il forno, i
seccatoi, il porcile.
Una volta ricostruito il contesto sociale, gli autori entrano
nel merito della caccia, approfondendo con paragrafi dedicati tutte o quasi le ingegnose tecniche ideate dai contadini,
la cui spiegazione è resa più chiara grazie ai disegni di Laura
Dato inseriti nel testo. Si entra così nel mondo di marchingegni quali, fra gli altri, il “diavolaccio”, la “brescianella”,
il “roccolo” e il “paretaio”; ma questo libro non è soltanto
una trattazione tecnica, bensì anche un ritratto, appena nostalgico e mai banale, delle tante figure che fecero parte
di quel mondo scomparso, quei mezzadri che all’occorrenza
sapevano diventare cacciatori, e fecero del loro mestiere una
sorta di filosofia di vita, affrontando con pazienza le mille
difficoltà quotidiane, che molto speso risolvevano con il solo
aiuto del proprio ingegno.
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Paolo Casanova - Francesco Sorbetti Guerri
La vita e le cacce dei contadini fra Ottocento e Novecento
Quando si cacciava per vivere
Polistampa, 2016
pp. 195, euro 16,00
Passeggiata lungo
il Novecento
di Loredana Simonetti
Giunta alla quinta pubblicazione, la collana “Tempora”
ha ripercorso, dal 1500 ad
oggi, la storia che ci ha preceduti, curandone, parallelamente i sostanziali aspetti
filosofici, letterari, teatrali e
scientifici. Il quinto saggio è
dedicato al secolo del ‘900.
L’introduzione necessaria
e sintetica del Prof. Giovanni Feliciani ripercorre i fatti
salienti del ‘900, un secolo
“grondante di sangue”, come non era accaduto nei secoli
precedenti, ma anche la rivelazione di menti scientifiche
eccellenti e di uno sviluppo tecnologico straordinario, che
hanno rivoluzionato i metodi della comunicazione tradizionale. Con tanto materiale a disposizione non è facile proporre un libro sul ‘900, che non abbia una sua originalità.
La proposta di lettura, suggerita da “Tempora” si articola
su vari passaggi, in particolare come l’evoluzione di alcuni
fenomeni dell’800, con l’incalzare della storia politica, abbia
influenzato questo percorso.
Viene esposta la filosofia Kantiana, come giunge a quella
di Carrirer, attraverso gli studi di Cohen e come il teatro e
lo spettacolo, dopo gli anni del Risorgimento, ritrovi un clima di “Belle Epoque”, fino all’inizio della Grande Guerra, in
cui l’avvento del Futurismo modifica addirittura il comportamento, esaltando aggressività, violenza e guerra.
Si ripercorre, poi il teatro pirandelliano, sicuramente influenzato dalle sperimentazioni sceniche futuriste, negli
sforzi di riproporre in palco la tragedia del “vedersi” vivere.
Non poteva mancare un saggio importante dedicato al teatro di vita di Eduardo De Filippo e l’opera drammaturgica sofferta di Giovanni Testori. Perle di letteratura sono dedicate a
D’Annunzio e a Pavese.
Il libro ripercorre, su binari paralleli, percorsi storici, letterari e teatrali, cercandone correlazioni e nuove soluzioni
linguistiche e soprattutto, come affermano gli autori del
Comitato Direttivo di “Tempora”, esaltando “le idee innovative e radicali di ogni secolo, che permettano di capire
quali circostanze possono collegare il passato al presente,
in una sorta di continuità storica.”, nel recupero delle radici
del nostro sapere.
AA.VV.
Il Novecento
Bibliosofica, 2015
pp. 278, euro 15,00
Storia di Jacopone da Todi
di Aldo Onorati
Il sottotitolo del libro di
Pasquale Maffeo è “Frate rovente, poeta ardente”. Siamo
di fronte a una rilettura straordinaria della vita, del personaggio, del grande poeta
Jacopone. Il libro affronta il
periodo storico in cui visse il
protagonista, il suo carattere, l’entrata in convento per
vestire l’abito del confrate
laico (celebrare all’altare non
era nella sua vocazione), lui
che aveva avuto il dono “d’una luce interiore che stenebra e
consola”. Ma dove Pasquale Maffeo tocca vette altissime di
indagine, è nei passi in cui parla dell’inimitabile poeta. Vale
la pena riportare un brano, per farsi un’idea della potenza
di questo saggio: “A leggerlo come bisogna, biblico e patristico nella sostanza dei temi, il laudario di Jacopone fonda
la sua irripetibile originalità, la caratura della sua prensilità, nel vigore d’un getto di repellenze morali che innervano
denunce e interpellanze luminose di struggimento critico
sul male che disarma”. Maffeo avverte che Jacopone redivivo non avrebbe cittadinanza nella babele degli alfabeti del
rimpicciolito mondo odierno che si dimena nell’assenza dello
sguardo; ma, resuscitato gagliardo ai crocevia di ogni storia,
il profeta manda segnali per la traversata: chiama ad essere,
a dare il senso al nostro essere.
Pasquale Maffeo
ne eccessiva, perdendo così l’ampiezza visiva. Scritti inoltre
dall’importante valore storico che collegano il pensiero filosofico dell’autore al contesto del dopoguerra, alle barbarie
naziste e così via, marcando i propri connotati critici a quanto è stato e sarà. Interessante vedere come ieri è uguale ad
oggi nel passaggio in cui l’autore pensa all’imminenza di una
devastazione umana mediante l’utilizzo di armi potentissime
che a suo dire “[…] sarà forse una disputa intorno al petrolio
persiano, forse una contesa a proposito del commercio cinese, forse un conflitto tra ebrei e musulmani per il controllo
della Palestina. Ogni persona dotata di spirito patriottico può
vedere che questi problemi sono di tale importanza da rendere lo sterminio dell’umanità preferibile alla codardia di un
compromesso […]”. Sembra un discorso attale che come altri presenti nel testo, rendono lo stesso di interesse attuale
ed un utile strumento per carpire l’importanza di riacquisire
prima di tutto un contatto con il pensiero filosofico. Perché?
Per saper ben leggere ciò che oggi ci accade intorno in ogni
contesto e ambiente con il quale interagiamo dato che “[…]
non esiste stupidaggine così grossolana, che con un’adeguata
azione di governo [l’autore in questo frangente include ogni
azione di gestione quale può essere un governo statale o
una religione], non possa esser fatta diventare il credo della
grande maggioranza delle persone […]”…parola di Russell.
Bertrand Russell
Filosofia per non filosofi
Piano B, 2016
pp. 184, euro 13,00
Aldo Manuzio,
letteratura disegnata
di Federico Mussano
Jacopone da Todi
Frate ardente, poeta rovente
Ancora, 2015
pp. 96, euro 13,50
L’ironia della filosofia
di William Bavone
Bertrand Russell scrive queste pagine nel 1950 con la voglia di sdrammatizzare la gravità della figura filosofica, ma
con allo stesso tempo il fine di
avvicinare l’uomo alla filosofia quale essenza del pensiero
dalla quale, successivamente
scaturiscono frutti indelebili
della storia (le scoperte scientifiche). Interessante capire
grazie all’autore quanto in realtà la filosofia sia primordiale
e indispensabile per la genesi di ciò che poi diventa scienza
ovvero materialmente tangibile e comprovabile. Un testo
che tuttavia non si esime dal criticare e a tratti beffeggiare
alcuni filosofi illustri, colpevoli, secondo Russell, di deviare
il proprio pensiero verso un’esemplificazione e banalizzazio-
Di Aldo Manuzio e del disegno di lettere – creazioni di
nuovi font tipografici – abbiamo già avuto modo di scrivere su questa rivista (giugno
2013, p.39): l’erudizione, il
gusto e l’eleganza del grande
umanista partorì il carattere
denominato Bembo che, dopo essere stato usato per la
stampa del “De Aetna” bembiano, fu riutilizzato tre anni
dopo per l’affascinante opera
di Francesco Colonna “Hypnerotomachia Poliphili”.
Con letteratura disegnata intendiamo invece (rifacendoci
alla prefazione di Domenico Guidi, sindaco di Bassiano in
provincia di Latina, paese natale di Manuzio) quella forma
del fumetto che riesce ad essere «veicolo al tempo stesso di
canoni etici (messaggio, metafora, esempio) ed estetici (descrizione, riflessione, narrazione, dialogo)» ed è quanto Andrea Aprile e Gaspard Njock hanno realizzato con una graphic
novel dedicata a colui che affermò «se si maneggiassero più
libri che armi non si vedrebbero tante stragi, tanti misfatti e
tante brutture». Da Bassiano a Roma e poi nel Settentrione
tra Ferrara e Mirandola (al seguito dell’amico Pico), tra Carpi
e Venezia dove creerà la famosa tipografia.
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: zibaldone
La graphic novel di Aprile e Njock intreccia storie di oggi
(la prima vignetta della storia mostra un telefono cellulare; la seconda Luigi, un giovane dell’odierna Bassiano che si
reca in treno a Venezia) e storie di ieri (le vicende di Aldo
Manuzio, dalla famiglia Caetani e dalle scuole nel Lazio – nel
paese natale prima e poi a Roma – fino agli episodi della vita
nella Serenissima, dagli incontri fondamentali con Sanudo e
con il futuro suocero Torresano alle innovazioni tipografiche,
il formato in ottavo e tante altre).
Intrecci di storie impostate con solidità e che scorrono
veloci con ritmo appassionante… viene in mente il motto
manuziano “festina lente” e il simbolo della solida ancora
con il veloce delfino!
protagonista, descritte senza mezzi termini, pornografici,
come uno strumento di dominio sugli uomini e soprattutto sulle donne, raffigurate come esseri sensibili al fascino
del denaro. Una storia, tre giorni più un delirante monologo
conclusivo, raccontata utilizzando uno stile insolito: un’alternanza di pensieri e discorsi diretti, passato e presente,
italiano e tedesco, tenuti insieme da un periodare che non
rispetta alcuna regola. Una rappresentazione brutale della
sofferente follia di un uomo sopravvissuto alla fine della propria ideologia.
Dante Virgili
La distruzione
Andrea Aprile, Gaspar Njock
Il saggiatore, 2016
pp. 318, euro 23,00
Tunuè, 2015
pp. 120, euro 16,90
Quanto vale un uomo
Aldo Manuzio
Un libro maledetto
di Andrea Coco
Estate 1956, il mondo è
sull’orlo di un nuovo conflitto, questa volta nucleare.
Francia, Gran Bretagna e Israele hanno occupato il canale
di Suez, provocando la reazione dell’Unione Sovietica,
che minaccia di intervenire al
fianco dell’Egitto. Quando si
teme per il peggio, gli Stati
Uniti costringono gli invasori
a ritirarsi. Il pericolo di una
Terza Guerra Mondiale si allontana e tutti tirano un sospiro di sollievo, tutti tranne uno, il
protagonista del libro “La distruzione”, che, invece, desidera
l’apocalisse nucleare come strumento per ripulire il mondo
dalla razza umana. Lui è un uomo repellente e luciferino, che
è stato interprete per le SS, ha amato e perduto una donna
di nome Bianca e, a guerra finita, sopravvive miseramente
come correttore di bozze per un giornale. Il ‘distruttore’ adora l’ideologia nazista e odia tutto e tutti, persino sé stesso.
Non è difficile riconoscere in questo lugubre personaggio
Dante Virgili, (un nome vero non un soprannome), l’autore
del primo romanzo italiano apertamente nazista, pubblicato
da Mondadori nel 1970. Nelle intenzioni della casa editrice
avrebbe dovuto essere un caso letterario, accendere polemiche, proteste e, invece, l’opera passò inosservata, cadde
nell’oblio, come il suo autore, che morì solo e dimenticato.
E oggi il libro viene ripubblicato dalla casa editrice il Saggiatore con una prefazione a cura di Roberto Saviano. “La
distruzione” è un’opera di non facile (e gradevole) lettura
perché tratta, con uno stile letterario fortemente destrutturato, temi adatti a un pubblico adulto. Su tutti predomina
l’odio, il tratto distintivo dell’intero romanzo; odio sincero,
totalizzante che si rivolge contro ogni cosa, nichilismo puro
che anela a una catartica distruzione dell’Umanità. Segue
l’adorazione per il nazismo e il suo fondatore, l’unica ideologia e l’unico uomo in grado di salvare l’umanità, l’Europa
e la razza bianca della propria fine. E le pulsioni sessuali del
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di Niccolò Lucarelli
Dall’incontro fra uno scrittore e tre significativi rappresentanti del teatro di prosa
contemporaneo, nascono tre
storie, pensate come canovacci per altrettanti possibili
spettacoli per il palcoscenico. Andrea Camilleri incontra
Marco Baliani, Ascanio Celestini e Marco Paolini, per rendere omaggio al valore morale
dell’essere umano, alla sua
abnegazione e al suo spirito
di sacrificio.
Tre storie nate dall’estro e dalla sensibilità di Andrea Camilleri, che in collaborazione con Annalisa Gariglio ha voluto raccontare il valore dell’essere umano. Lo si comprende
sin dal titolo, sobrio ma profondo, Quanto vale un uomo, che
comunica all’istante la portata del libro, del senso della ricerca che vi sta dietro, della sua impostazione di canovaccio
teatrale.
Dall’ingegnere aeronautico italo-americano Giuseppe
Mario Bellanca, ai tragici giorni dell’eccidio nazifascista di
Niccioleta in provincia di Grosseto, e la disperata, commovente impresa di Filippo Zappi e Adalberto Mariano, che si
avventurarono fra i ghiacci del Polo Nord alla ricerca di Nobile e del suo equipaggio. Narrazioni che si sviluppano fra
note storiografiche e biografiche, avvalendosi anche di testimonianze dei diretti protagonisti o loro discendenti; nello
scrivere i “canovacci”, Camilleri e Gariglio si muovono fra le
parole con sensibilità, consapevoli di portare davanti agli
occhi del lettore figure umane che hanno rischiato in prima
persona, anche la vita, che hanno vissuto mossi da ideali e
legittime ambizioni, senza mai anteporre interesse egoistici,
ma sempre e comunque con un fine “altro”, legato alla solidarietà, all’importanza del progresso tecnico per l’umanità,
al senso di libertà. Uomini accomunati dalla tenacia con cui
hanno creduto nei propri ideali, e che Camilleri ha voluto
riproporre ai lettori di oggi, esempi importanti in un’epoca
povera di idee e di personalità.
Avventurandosi fra le pagine del libro, si è proiettati in un
ideale romanzo della memoria, dal profondo carattere mora-
le, incentrato sull’urgenza di fare memoria di persone e fatti
che hanno avuto un “valore” nella storia sociale. Partigiani,
esploratori, ingegneri; questi gli uomini sulla cui forza s’interrogano le tre storie, una forza amplificata dal lavoro teatrale che ne è seguito. Infatti, ognuno dei tre “canovacci”,
è seguito dal testo teatrale riadattato dai tre attori scelti
da Camilleri, ovvero Baliani, Celestini e Paolini, rispettivamente impegnati con la figura di Bellanca, l’eccidio di Niccioleta, e la vicenda di Zappi e Mariano. Attori scelti per il
loro modo umanistico di approcciarsi al teatro, per la loro
convinzione che il palcoscenico sia uno spazio di dibattito
e confronto civico, sul passato e sul presente. Arricchisce il
libro, il cd allegato che contiene l’audio dei tre monologhi;
un modo per ascoltare a occhi chiusi queste tre straordinarie
storie, e immaginarsi i loro protagonisti.
Io sono un nulla
che ha sognato molto:
un nulla pieno di storie…
SEBASTIANO VASSALLI
UN GRANDE SCRITTORE
UN ANNO DOPO
Andrea Camilleri
Quanto vale un uomo
Skira, 2016
pp. 128, euro 18,00
Storia di una partigiana
di Loredana Simonetti
Rita Rosani, il cui cognome
originale era Rosenzweig, è
una diciottenne di Trieste,
nel 1939. Di origine ebraiche, vive la sua adolescenza
come una tranquilla ragazza
della sua età, con le amiche,
la scuola e le riviste di moda
che adora sfogliare. Un giorno passeggiando con il suo
fidanzatino Kubi, scorge un
capannello di curiosi intorno alla statua di Italo Svevo,
l’autore de “La coscienza di Zeno”, capolavoro della nostra
letteratura. Il vero nome di Italo Svevo era Ettore Schmitz
ed era ebreo: la statua che la sua Trieste gli aveva dedicato giace in terra, ricoperta di escrementi e qualcuno aveva
scritto sopra “Giudeo, il bronzo sia dato alla Patria”.
Un brivido attraversa Rita: qualcuno vuole strappare le radici della sua religione e mai come in quel momento si rende
conto di come siano salde e profonde.
In poco tempo, Trieste si trasforma “in una grande prigione
a cielo aperto”, fino a quando l’8 settembre del 1943 “pare
scoppiata la pace”.
Rita non immagina che la guerra peggiore sarebbe iniziata
allora, con il rastrellamento e la deportazione degli ebrei,
perché le milizie tedesche avevano deciso di raggiungere ”la
soluzione finale del problema ebraico”.
Dopo aver messo al sicuro i suoi genitori, Rita si aggrega
al gruppo dei partigiani Pasubio, insieme al colonnello Ricca
di cui diventa la compagna, combattente come tutti gli altri
partigiani che ne fanno parte, stanziati tra il Monte Baldo e
il Monte Comune.
Morirà da combattente a soli 24 anni, le sarà dedicata
una strada a Verona e una nella sua Trieste e nel 1948 gli
verrà conferita la Medaglia d’Oro della resistenza, “l’unica
assegnata ad una donna italiana, morta in combattimento”.
NEL CATALOGO
interlinea
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: zibaldone
Il libro “Partigiano Rita”, che Paola Capriolo, autrice di
numerosi romanzi, ha voluto dedicare ai ragazzi narra gli
eventi della 2^guerra mondiale, attraverso la vera storia di
una semplice ragazza che si è distinta come una semplice
eroina. Rita Rosani è stata l’esempio vivente di come i giovani siano costretti a crescere in fretta durante una guerra
e siano quelli più capaci ad accollarsi il peso del presente,
maturando il coraggio dalla spontaneità dei loro an
Ogni storia fa contemporaneamente sorridere e rabbrividire
per i fatti narrati come se l’autore mostrasse la vita senza
accusarla mai di essere ingiusta, come se tutti i migranti
non la respingessero per risentimento, ma la accogliessero
per non saper fare altro. Un’attenzione particolare va all’ultimo racconto, breve, ma prezioso.
Paola Capriolo
Eum, 2016
pp. 90, euro 8,00
Partigiano Rita
Einaudi Ragazzi, 2016
pp. 140, euro 11,00
Variazioni straniere
Adrián N. Bravi
Variazioni straniere
Migranti alla ricerca di
un’altra vita
di Valentina Tonolo
di Anna Ardissone
Variazioni straniere è una
raccolta di nove racconti
scritti e pubblicati in tempi
diversi in varie riviste e antologie.
Un libro di piccole dimensioni e di novanta pagine, potrebbe sembrare esile, ma in
realtà non può non lasciare il
segno per originalità e acuta
ironia.
Le storie pur drammatiche
sono narrate con uno stile
preciso, pulito e sviluppate con una struttura mai scontata.
Quando si scorre un buon libro come questo si ha la sensazione che leggere non sia una perdita di tempo, ma la possibilità di recuperarlo nella scoperta di mondi che l’autore ci
mette a disposizione.
“L’uomo in fondo resta sempre un animale migrante, no?”
Dice, in un racconto, Remigio sposato a Buenos Aires con
Joaquina, indigena adottata che decide di morire nella terra
dei guanachi tra le impronte dei suoi antenati. Vedovo dopo sessant’anni di vita anche Remigio sceglie dove morire.
Ritorna dalla sorella a Recanati, affrontando la lunga traversata.
Migranti sono la maggior parte dei protagonisti. Migranti
tra migranti, che strappano o vengono strappati dalla terra
d’origine per andare incontro alla speranza di un destino favorevole che spesso si trasforma in tutt’altro.
Franco a quattro mesi, insieme alla famiglia, arriva con la
nave in un quartiere malfamato di Buenos Aires e a cinquantacinque anni ritorna in Italia malato di cuore e poi ancora
riprende la nave per ritornare in Argentina. È proprio la nave
dunque ad accompagnarlo da un Continente all’altro, in età
diverse, diventando la sua dimora passeggera, che lo ospiterà anche nel giorno della morte.
Giuseppe “che parla” da morto, ucciso dalla moglie, sceglie di raccontare gli ultimi mesi della sua vita, in prossimità dei novant’anni, per ricordare la badante ucraina, Irina,
quella che gli ha tenuto le mani e accarezzato il volto mentre arrivava l’ambulanza per ricoverarlo.
Liberio settantaduenne, senza reagire troppo, accoglie in
un’atmosfera surreale una donna dall’età indefinibile, polacca, che dice di essere sua figlia.
Questo è un libro che parla
di fuga, di viaggi, di spostamenti. Dell’impossibilità
di rimanere. Del bisogno di
trovare un altro luogo. Dieci narratori, dieci importanti
firme, ci raccontano storie di
fuga, di ricerca di un mondo
in cui valga la pena di vivere.
Non ci sono buoni e cattivi,
ma donne, uomini e bambini
che scappano. Scappano dalla fame, dalla miseria, dalla
guerra, dalla morte. Donne e uomini e intere famiglie che
abbandonano il loro passato, superano frontiere in cerca di
una speranza. Persone che lottano perché vogliono vivere.
Persone che hanno il desiderio di un futuro migliore.
Ogni viaggio è animato da una dinamica circolare per cui
il viaggio nello spazio è come l’involucro del viaggio interiore. Racconti. Storie immaginate, inventate, non vere. Ma
appunto per questo universali, perché le raccolgono tutte.
Storie che aiutano a comprendere che la tua Patria è dove è
il tuo bene.
Perché leggere Sotto un altro cielo? Perché attraverso la
forza della narrativa getta uno sguardo concreto e sincero su
quell’immenso fenomeno che è oggi l’immigrazione. Perché è
un libro in cui si parla di persone. Singole persone, ognuna
con la loro storia e col loro desiderio di vita, di ricerca di un
altro cielo sotto cui valga la pena vivere. Perché dieci firme,
dieci nomi della cultura italiana, usano l’arma a loro disposizione – la parola – per raccontare di migranti alla ricerca
di un’altra vita.
Il libro è curato da Claudio Volpe. Gli autori sono Dacia Maraini, Giampiero Rossi, Gianfranco Di Fiore, Renato Minore,
Francesca Pansa, Pierfrancesco Majorino, Simone Gambacorta, Claudio Volpe, Paolo Di Paolo, Michela Marzano e Alessandro Di Meo.
Ecco un brano del racconto di Dacia Maraini Un corpo gettato via. “Guarda questa fotografia”, ha detto il mio compagno
mentre, in vestaglia e con le pantofole ai piedi, scaldavo il
latte per la colazione. Stavo per dirgli che non mi scocciasse, il latte stava per bollire e si sarebbe rovesciato sul fornello se non lo tenevo d’occhio. Ma dal tono della sua voce ho
capito che non potevo non guardare. Ho sollevato gli occhi,
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ancora assonnati, sul giornale e lì per lì non ho capito: cosa
c’è di strano nell’immagine di un bambino addormentato su
una spiaggia vuota?” (dal racconto Un corpo gettato via di
Dacia Maraini).
Aa. Vv.
Sotto un altro cielo
Laurana, 2016
pp. 176, euro 14,00
Il salto
GIOVANNI
ANZIANI
di Claudia Saviani
Un salto, “un atto inspiegabile che trasforma la storia” (p.446). Il significato di
un intero romanzo racchiuso
in un unico periodo. Perché
la Vita, quella terrena, che
spesso non ha nulla di sacro
fuorché il suo senso stesso,
rifugge sempre le spiegazioni
sensate. E dentro al calderone
della Vita, di quella dei personaggi zarlattiani c’è tutto
ciò che serve a far sì che si
compia la magia dell’esistenza. Un magia nera, per di più,
fatta di dolorosi sortilegi e, solo raramente, di incantesimi
salvifici. Una magia potente che piega, il più delle volte, i
personaggi, li schiaccia sotto il peso degli eventi che sfuggono al loro controllo. Non c’è lieto fine, non c’è mai, si
combattono, piuttosto, battaglie continue con se stessi e si
regolano conti con il proprio sé.
Il salto che lo scrittore ci fa compiere, infatti, non avviene mai su un terreno sicuro. Ci vuole davvero niente perché quel terreno frani sotto i nostri piedi, lasciandoci senza
nemmeno un appiglio, soli, di fronte ad un unico imperativo
categorico, quello della Vita. Che non fa sconti.
Niente espedienti per indorare la pillola allora, ma l’urgenza, solo quella, di mettere il lettore di fronte all’invincibile
potere del Caso. In una dimensione che è pari ad un vuoto di
senso, ad un lento sgretolamento di identità costruite spesso su falsi ideali, per ricreare un grado zero della scrittura,
così come della vita, uno spazio bianco su cui poter riscrivere la propria storia, qualunque essa sia. L’importante è che
sia vera. Quando la letteratura assomiglia incredibilmente
alla vita. Questo è Zarlatti.
Un salto nel vuoto, quindi, o meglio ancora attraverso di
esso. E dentro quel vuoto i personaggi restano intrappolati,
prigionieri dei propri limiti, dei sogni o ancora, delle proprie
depravazioni. Ognuno di loro va avanti, nonostante tutto,
trascinandosi dietro la propria vita come il più pesante dei
fardelli. Ognuno è costretto a fare i conti con una Provvidenza che non interviene mai ad aggiustare le cose.
E noi siamo lì, sempre lì, a fare il tifo per qualcuno di loro,
a piangere, gioire, arrabbiarci, disperarci. Nel silenzio della
lettura, noi ci siamo. Complici di quelle esistenze che tanto
ci sconvolgono e tanto ci assomigliano. I nostri cuori battono all’unisono con quelli dei personaggi zarlattiani perché
loro, in fondo, rappresentano tutti noi, sono lo specchio torbido dei nostri pensieri e delle nostre debolezze. Sono quello
Un tempo per ascoltare
Fermiamoci per qualche minuto
nella nostra vita caotica e stressata
e riscopriamo
il prezioso dono dell’ascolto.
Il libro "Un tempo per ascoltare"
raccoglie le meditazioni bibliche
del Pastore Giovanni Anziani
trasmesse da RAI RADIO1
nel programma "Ascolta, si fa sera".
Riserva tre minuti del tuo tempo
e sarai rapito dalla bellezza
e dalla potenza della Bibbia.
www.eun.ch
EDITRICE UOMINI NUOVI srl
21030 Marchirolo (Varese)
• Tel 0332-723007 • [email protected]
Eun-Editrice Uomini Nuovi
Leggere TuttI n.104 Giugno 2016 : 47
: zibaldone
che non vorremmo essere, ma che siamo. Esseri umani.
E allora grazie Zarlatti per averci permesso di esserci e di
saltare insieme a te dentro una dimensione esistenziale che
spesso preferiamo fuggire. Grazie per la tua onestà e per il
tuo coraggio. Ma soprattutto, grazie di credere ancora che
l’Amore sia l’unica risposta.
Alessandro Zarlatti
Il salto
Ouverture, 2015
pp. 564, euro 16,50
Sognare a Scampia
di Andrea Coco
Ballerine, calciatori, ma
anche missionari, pediatri e
molto altro e su tutto il desiderio di far diventare Scampia (Napoli) un quartiere come gli altri. Impresa difficile
ma non impossibile a patto
che si parta dal basso, dai
più giovani e dalla scuola. Si
perché la scuola dell’obbligo
a Scampia, come in tutti gli
altri quartieri difficili d’Italia,
è un formidabile strumento in
grado di contrastare la disgregazione sociale e la criminalità. Purché sia messa in grado di farlo, s’intende, e perché
ciò avvenga serve un cambio radicale di prospettiva. Non
più luogo che cura i sani e respinge i malati, come diceva
Don Milani, alimentando la dispersione scolastica, ma una
struttura che lavori a favore degli alunni rimasti indietro,
dando loro la possibilità di recuperare il distacco, contrastando in questo modo l’abbandono scolastico. Teoria pura?
No una un’applicazione pratica c’è già stata e ha dato risultati più che positivi. A raccontarlo in un libro, ‘Da Barbiana
a Scampia: verso la comunità di apprendimento’, è Paolo
Battimiello, che ha diretto per dieci anni l’Istituto Comprensivo Virgilio 4 di Scampia. E a sostegno di una coraggiosa
quanto meritoria iniziativa si è avvalso dell’esperienza di
Don Milani, il priore di Barbiana che aveva inaugurato in
quella sperduta località della Toscana una scuola rivoluzionaria per l’epoca. Una struttura che aveva dotato programmi
scolastici e metodi d’insegnamento fatti su misura per chi
apparteneva a categorie sociali svantaggiate. Ovviamente i
programmi e progetti per l’inclusione sociale progettati per
Scampia risentono della distanza temporale e culturale tra le
due località, ma uguale è lo spirito che li anima. Il desiderio
di creare una scuola che coinvolga gli studenti e disponga di
una vera autonoma scolastica, non legata alle scelte burocratiche ma alle iniziative da prendere. Con l’idea di arrivare
a fare della scuola ‘il luogo del diritto alla parola e all’emancipazione sociale, un struttura che serva alla vita e risponda
delle sue azioni, delle sue scelte, in dialogo e accordo con il
territorio dove affonda le sue radici’. Insomma, in analogia
con quanto avvenuto ad Albacete in Spagna, dare vita ad
una comunità di apprendimento ovvero una organizzazione
scolastica basata su pratiche di cooperazione e solidarietà
con la partecipazione condivisa di docenti, studenti famiglie
48 : Leggere TuttI n.104 Giugno 2016
e il resto della comunità. Perché l’utopia di una scuola che
curi i malati e respinga i sani possa diventare realtà.
Paolo Battimiello, Viviana Reda
Da Barbiana a Scampia: verso la comunità di apprendimento
Guida editori, 2015
pp. 160, euro 18,00
La compagnia del vapore
di Annarita Paliani
È una storia dei giorni nostri, un sogno che si è avverato per cinque uomini che ci
hanno creduto anche se sembrava un progetto senza futuro. Parliamo di Marcello, Roberto, Umberto, Paolo e Davide e della creazione della loro
azienda che in pochissimo
tempo ha raggiunto un grande successo, conosciuta in
tutto il mondo grazie ai 400
punti vendita aperti in tredici nazioni e quattro continenti. Una storia imprenditoriale
eccezionale. L’autore ha saputo capire la paura, le verità e
il coraggio dietro il fenomeno delle sigarette elettroniche,
emozionando il lettore che in questo racconto trova la storia
di un gruppo di giovani uomini che con volontà, audacia
e determinazione ce l’hanno fatta, attraversando imprevisti
con semplicità e anche un po’ di originalità. E ci fa sperare
che i sogni prima o poi si avverano!
E non è un caso che troneggia all’inizio del libro una frase
di un maestro buddista: Non aver timore di qualsiasi cosa accada; in questo risiedono le radici della felicità, senza temere
quello che la vita ci serba: questo è lo spirito, la determinazione che porta alla vittoria umana. (Daisaku Ikeda).
Alessandro Sponzilli
La compagnia del vapore
Storia di un miracolo per niente annunciato
Yume, 2016
pp. 192, euro 15,00
La felicità araba
di Matteo Papucci
“La felicità araba” non è un semplice saggio, ma la speranza di un
popolo, quello siriano.
Il giovane scrittore Shady Hamadi ci descrive sapientemente
ciò che sta avvenendo in Siria e
che, per troppo tempo, il mondo
ha ignorato (e, per molti versi,
continua a ignorare). Shady Hamadi, italo-siriano che non ha mai
dimenticato le proprie radici, descrive l’evoluzione di un conflitto
attraverso la storia della propria
famiglia: tre generazione vissute sotto il terrore di un regime
totalitarista e che, nonostante tutto, hanno sempre amato il
loro paese, la loro casa.
“La felicità araba” non è solo un saggio di guerra e, col
suo stile tra il giornalistico e il poetico, ci descrive le radici pacifiste di un movimento d’opposizione sempre più
rilegato ai margini e spesso identificato come terrorismo.
Shady Hamadi arricchisce con storie e testimonianze di giovani siriani, un libro che punta ad aprire gli occhi e ampliare
le coscienze, come sottolinea lo stesso Dario Fo nella sua
prefazione: “diventare coscienti di ciò che accade in questo
piccolo grande mondo.”
Inizialmente, soprattutto per un lettore non informato
dei fatti, “La felicità araba” potrebbe sembrare impegnativo, ma, una volta assimilate le informazioni e imparato a
destreggiarsi tra i nomi, il libro scorre fluido e senza intoppi,
grazie anche allo stile scorrevole e curato.
In conclusione, “La felicità araba” è un saggio ricco di notizie ed emozioni e che riesce a spiegare perfettamente la
realtà siriana anche a lettori meno informati; consigliato.
Shady Hamadi
La felicità araba
Storia della mia famiglia e della rivoluzione siriana.
Add, 2016
pp. 255, euro 7,90
Vittima e carnefice
di Carla Iannacone
«La colpa è un eritema ambizioso, sfrutta il corpo per
affermarsi nel mondo».
Cosa spinge gli adolescenti
oggi a compiere atti disumani e deplorevoli verso gli
altri e verso se stessi? Difficile comprendere il ricambio
generazionale e la mentalità
dei giovani degli ultimi dieci/quindici anni; scomparse
le figure di riferimento (madre e padre), perché single,
divorziati, separati, a questi sopperisce la tecnologia e i
nuovi mezzi di comunicazione: Instagram, Facebook, tablet,
smartphone, whatsapp. Definirli “mezzi di comunicazione”,
anzi, è un eufemismo. Primo, perché sembra vengano a noi
in soccorso per comunicare, per farci sentire più vicini, parte
di una comunità. Secondo, perché ci illudono di avere visibilità in questa “società” (virtuale), e di condividerla con
tutti.
Bianca, la protagonista e voce narrante di questo romanzo
– Bianca da morire – si lascia ingannare da questo mondo,
che fa da preludio e ingresso nel mondo delle star. Sogna di
diventare famosa, un’attrice del cinema e stella da copertina, ma i suoi genitori nemmeno la stanno ad ascoltare.
Per loro è una meteora, una stella offuscata da un’altra che
brilla più di lei fino ad oscurarla e che si chiama Valerio,
sangue del suo sangue. Ed è al sangue, al corpo che Bianca
si aggrapperà per trovare la salvezza, unica via di fuga da
un mondo di sordi e di ciechi, un mondo privo di amore che
Leggere TuttI n.104 Giugno 2016 : 49
: zibaldone
la trasformerà in bestia. “Ho amato una bestia, io bambina
nuda e bianca, giù nel pozzo della gola profonda, a bere latte
sfuso e nero. Il suo rigurgito era la mia cena, nello scarto di
lui mi cresceva la vita. Divenni grande a sputo di lupo, la mia
carne è morso restituito” (cit. dal libro, n.d.r.).
Il romanzo di Elena Mearini è un pugno allo stomaco,
un’arma letale che scuote le coscienze e scava nei disagi,
nelle paure e nelle frustrazioni giovanili. Il linguaggio è feroce, lucido, a volte persino tenero. Leggendolo si assiste
all’esplosione di un sogno e allo sfondamento della superficialità a opera della sete d’amore. Si viene investiti da una
polvere (di stelle) che ha la fattezza di schegge nel cuore, e
che Elena Mearini scandaglia con una profondità disarmante
attingendo ad una poetica innocente che ha tutta l’aria di
trovarsi fuori luogo. Ma forse è il giusto contrappunto alla
purezza misto al noir della storia che, tuttavia, finisce col
lasciare l’amaro in bocca.
Elena Mearini
Bianca da morire
Cairo, 2016
pp. 124, euro 13,00
Le amiche che non ho più
di Simona Vassetti
Un libro inchiesta questo di
Francesca Carollo, giornalista
di “Quarto Grado”, che descrive tre casi di cronaca familiare seguiti dall’opinione pubblica, e che lei tratta con una
vena amichevole per il tempo
e l’impegno profusi durante le
indagini.
Questo saggio della giornalista di Thiene, può considerarsi un omaggio a tre donne
che chiama per nome in segno di amichevole affetto, e un monito per tutte quelle che
vivono un rapporto difficile col proprio marito o compagno.
La Carollo descrive pedissequamente le storie di queste tre
vittime, oramai tristemente note al pubblico: Lucia Manca
uccisa dal marito Renzo Dekleva, Federica Giacomini in arte
Ginevra Hollander dal suo compagno Franco Mossoni, e infine Roberta Ragusa, oramai sparita dal gennaio 2012.
Ci conduce amichevolmente nelle loro vite tragicamente
interrotte, contagiandoci, tanto che alla fine, ci sentiamo
coinvolti come lei. Testimonia con la sua presenza ciò che
queste donne erano, descrivendone la vita semplice o quella
più misteriosa, nel caso della pornostar Federica/Ginevra, la
loro sparizione, le indagini. In due dei tre casi anche la condanna del loro omicida. Non in quello di Roberta Ragusa, il
cui corpo non si è mai trovato, e l’unico indagato per omicidio e occultamento di cadavere resta il marito Antonio Logli.
Un po’ prolisso e talvolta ripetitivo, il saggio fa comunque
riflettere su tanti argomenti e si legge tutto d’un fiato.
Francesca Carollo
Le amiche che non ho più
Pironti, 2016
pp. 168, euro 12,00
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Pura suspence
di Nico Parente
Jason Starr non è certo
un autore alle prime armi,
e questo lo si nota pur non
approfondendo la sua figura.
La scrittura tesa, che fa della suspence il punto di forza
per inchiodare lo sguardo del
lettore sulle pagine, fa dei
romanzi di Starr delle opere
che non si vorrebbero mai finire di leggere. Starr coniuga
sapientemente e con astuzia
elementi noir a partiture prettamente thriller e sanguinarie, il tutto in contesti assolutamente fuori dai rigidi schemi imposti dal genere. Non aspettatevi quindi periferie malfamate e vicoli bui come location
di tetri fatti di sangue, bensì una delle contee più ricche di
New York, Westchester. Tra luoghi soleggiati, partite di golf,
party in piscina, lussuose ville e giardini ben curati, un raccapricciante omicidio squarcia l’atmosfera, soltanto in apparenza, pura e cristallina della contea new yorkese più agiata.
I protagonisti di Savage Lane sono figure del tutto normali,
tipiche della quotidianità. L’autore mira a far immedesimare
il lettore nella sua vicenda, proponendogli uno spaccato di
realtà per niente distante dal comune. Una coppia in crisi,
una madre single dedita agli incontri online, un assassino
di milf, questi gli ingredienti micidiali che rendono il nuovo
romanzo di Starr, autore già di ben 9 best-seller, un giallo
intenso, adrenalinico e ricco di colpi di scena. Un volume
che vi farà riflettere sui vostri vicini di casa e che vi regalerà
notti insonni. Starr è tornato e, ancora una volta, ha lasciato il segno.
Jason Starr
Savage Lane
Unorosso, 2016
pp. 300, euro 15,00
La trasformazione tra mente
e cervello
di William Bavone
A tutti almeno una volta è capitato di chiedersi l’origine del
pensiero, la sua connessione
con il cervello o al più la sua
astrazione in quanto frutto o
espressione di un’anima. Tutto
in fondo ci riporta al cervello
luogo di innumerevoli connessioni tra neuroni che agiscono
in coordinato tra loro e tal volta non in modo controllabile
dal pensiero o dalla volontà
vera e propria. Il cervello, vera
espressione della complessità umana che racchiude segreti
ancor oggi difficili da decifrare ed impossibili da riprodurre pertanto in realtà virtuali o meccaniche. Il saggio dello
studioso Michel Le Van Ouyen affascina sempre di più, man
mano che si percorrono le sue pagine. Per la materia trattata
potrebbe sembrare un testo difficile, tecnico e relegato agli
operatori del settore della neuroscienza. Nulla di tutto ciò.
È un testo piacevole e che nonostante la materia, coinvolge
e mantiene viva l’attenzione sui temi sviscerati lungo le sue
sezioni. Interesserà scoprire come l’attenzione alla mente e
al cervello possa in realtà affiancare o sostituire la medicina
ordinaria, ma come ancor più vi affascinerà scoprire come
esercizi mentali possano modificare la struttura stessa del
vostro cervello. Van Ouyen coglie la centralità della mente
sul benessere dell’organismo tutto, portando il frutto dell’interazione dei neuroni al vero oggetto distintivo del singolo
essere umano. Scorre il libro fino all’avvicinamento tra scienza, ipnosi, meditazione fino ad arrivare al buddhismo. Ma
si badi bene: il testo non trascende in argomentazioni religiose, ma si sofferma sulla pratica della meditazione dei
monaci buddhisti come oggetto di analisi dalle quali trarre
conclusioni sorprendenti. Epilessia, iperattività, percezione
del dolore, depressione sono solo alcune delle patologie alle
quali è possibile coadiuvare le classiche cure con uno stimolo naturale del cervello e come attesta l’autore: i risultati
benefici sono comprovati.
Michel Le Van Quyen
Il potere della mente
Dedalo, 2016
pp. 199, euro 16,00
La città del male
di Matteo Papucci
Lo ammetto, quando ho
letto il titolo de “La città del
male” non pensavo di trovarmi di fronte a un thriller tanto avvincente. Succede spesso, come recensore, di trovarsi nella difficoltà di trovare
le parole giuste per poter descrivere un romanzo, nel caso
de “La città del male” non è
stato affatto un problema.
Già dalle prime pagine ci si
perde nella mente del protagonista, Geremia, e non si può fare a meno di immedesimarsi
nel suo nichilismo e depressione: un uomo che sente di non
aver combinato niente nella vita, ma che si troverà sommerso da un’onda di enigmi, delitti e misteri.
“La città del male” si svolge su più piani temporali. Claudio Aita è formidabile nel mutare il proprio stile a seconda
dell’epoca che descrive e sorprende la sua profonda conoscenza delle tematiche affrontate. Claudio Aita, scrittore
maturo e talentuoso, è perfettamente in simbiosi coi suoi
personaggi: ben strutturati, reali e dalla forte e chiara personalità.
La storia è a dir poco avvincente e ho avuto davvero difficoltà a prendere pause tra una sessione di lettura e l’altra;
Leggere TuttI n.104 Giugno 2016 : 51
: zibaldone
si sente la necessità di andare avanti e scoprire quali misteriosi intrecci collegano il mostro di Firenze, un manoscritto
criptato e un processo dell’inquisizione.
De “La città del male” ho particolarmente apprezzato lo
stile fluido e incalzante, il lessico colto e raffinato, ma soprattutto la cura quasi maniacale degli elementi storici e sociali in cui i personaggi si muovono. Il dedalo di emozioni,
mistero e sangue in cui il lettore si trova immerso è estremo
e fa de “La città del male” uno dei migliori thriller che abbia
letto negli ultimi anni.
In conclusione, se siete alla ricerca di un romanzo che vi
tenga incollati alle pagine, lo avete trovato.
Claudio Aita
La città del male
Nardini, 2015
pp. 316, euro 14,00
Wolf by Wolf
di Martino Lorenzo Fagnani
le sin dalla corsa precedente. Ma le difficoltà della ragazza
non si fermano qui, dovendo conciliare le proprie passioni di
adolescente “normale” con la responsabilità che il suo ruolo
nella Resistenza comporta e con il trauma di aver perso la
madre e altre persone care a causa dei nazisti. Anche personaggi come Felix, Luka e la motociclista giapponese Ryoko
vengono rappresentati con la loro varietà di luci e di ombre:
giovani inevitabilmente imbevuti di propaganda per via del
contesto in cui sono nati, ma ancora con un’anima, una capacità di riconoscere per istinto quale sia il bene e quale sia
il male, in grado di amare e di accogliere, non soltanto di
odiare e di guerreggiare come il Sistema si aspetta da loro.
Attendiamo il seguito.
Ryan Graudin
Wolf. La ragazza che sfidò il destino
De Agostini, 2016
pp. 400, euro 14,90
Un vento chiamato Dubus
di Lucia Gandolfi
La missione di Yael, ragazza
miracolosamente sopravvissuta
al campo di sterminio, è quella
di uccidere Hitler davanti alle
telecamere, con tutto il mondo
intento a guardare. Un’esecuzione pubblica in grande stile.
Siamo in un alternativo e cupo
1956, dove il Terzo Reich è ancora in piedi. I nazisti e l’impero
giapponese dominano l’Eurasia,
l’Africa e l’Oceania. Per fortuna
i ribelli ci sono, sparsi sulla superficie di tutto il globo ma in contatto tra loro, pronti a
sollevarsi. Yael appartiene appunto alla Resistenza; inoltre,
essendo sopravvissuta non soltanto al campo ma anche a
degli atroci esperimenti di eugenetica praticati dai nazisti,
le è rimasto – all’insaputa dei suoi aguzzini, primo tra tutti il
dottor Geyer che l’ha usata come cavia e la crede morta in un
tentativo di fuga – l’effetto “collaterale” di cambiare il proprio aspetto come meglio desidera. Dopo un lungo addestramento tra i ribelli, è finalmente pronta per la sua missione:
impersonare Adele Wolfe, la vincitrice della passata edizione
del Tour dell’Asse, una gara di motociclette che parte dalla
città di Germania (Berlino) e arriva a Tokyo. La vera Wolfe,
incarnazione dell’ideale estetico ariano, ha ballato con Hitler l’anno prima al termine del Tour e, qualora vincesse una
seconda volta, le sarebbe concesso di farlo nuovamente…
In Wolf. La ragazza che sfidò il destino, l’autrice Ryan Graudin percorre due sentieri che si intrecciano tra loro. Da una
parte, la riflessione matura e profonda sulla Storia e sulle
atrocità di un preciso periodo del secolo XX, ma anche più
ampiamente sulla crudeltà del fanatismo e delle discriminazioni in ogni tempo e in ogni terra. Dall’altra, ecco senza
dubbio un buon romanzo distopico e di avventura, che avvince fino alla conclusione. Inoltre, la scrittrice mette grande cura nel descrivere le sfaccettature di ogni singolo personaggio. In primis, Yael, che deve costantemente nascondere
la propria identità segreta a Felix, il fratello della campionessa Wolfe, e a Luka, un altro corridore attratto da Ade52 : Leggere TuttI n.104 Giugno 2016
Prendete il libro, uscite sul
balcone, o in giardino, o sul terrazzo o semplicemente aprite la
finestra e sedetevi; l’importante
è che quello che sta fuori casa
diventi la vostra colonna sonora.
Non so dove voi amiate o siate
abituati a leggere, io stessa non
leggo fuori casa se non quando
sono sui mezzi pubblici, ma questo libro vuole la luce del giorno,
l’aria aperta, le voci e i rumori
che vi stanno intorno. Parole e
punteggiatura saranno il vostro spartito, abbiatene cura, la
stessa che Andre Dubus ha riservato a voi.
Scoprirete delle storie che vi conquisteranno a tal punto
che non udrete altro che il suono delle parole scritte. Sarà
un’esperienza che non dimenticherete, le immagini, le emozioni arrivano dritti al cervello: la scrittura di Andre Dubus
è fatta di lavoro alla scrivania, un quotidiano impegno: un
migliaio di parole al giorno e diverse stesure dopo ecco il
racconto. Questo metodo, però, non ha funzionato con il
racconto Anna, un tormento che lo ha costretto a modificarne l’approccio. La storia che voleva scrivere era tratta da
una notizia di cronaca, ma i vari tentativi di tradurla in narrazione non funzionavano: doveva prima conoscere Anna, i
suoi pensieri, i suoi desideri, il suo mondo: doveva farsi le
domande giuste. Un autore che lavora di penna e cancellino
senza risparmiarsi regalandoci pagine dove storia, personaggi, scrittura è tanto comprensibile e godibile, quanto precisa, attenta, chirurgica.
Ora penso che la narrativa abbia un futuro migliore grazie
ad autori come Dubus. Anche se solitamente preferisco i romanzi ai racconti questi mi hanno lasciato senza fiato; ho
cominciato a leggere il racconto Anna, poi quello dopo e sono tornata indietro, ogni volta ho guardato l’indice per decidere quale sarebbe stato il prossimo. In tutti si comprende
l’accuratezza nella scrittura, la precisione di un lavoro ben
fatto, la serietà e l’impegno che non lasciano indifferenti:
è uno scrittore che avrei voluto conoscere di persona, avrei
voluto sedermi accanto a lui e non perdermi nessun passaggio del suo lavoro: avrei voluto imparare da lui.
Un grazie particolare lo rivolgo a Nicola Manuppelli, il traduttore e primo estimatore che con la convinzione di chi è
certo del valore e del potere delle storie ha voluto presentarlo in giro per l’Italia. Grazie per averci traghettato in questo
mondo narrativo: nel mondo di un padre che ricorda quando
la casa era viva per la presenza dei figli e della moglie e
quanto dura e faticoso abituarsi alla solitudine. Nel mondo
di Walter, un adolescente che vive in una famiglia di sole
donne: la madre e due sorelle più grandi di lui, fino all’arrivo
di Mark un ragazzo trasferito da poco.
Che state aspettando, libro in mano, finestre aperte. Che la
magia abbia inizio…
Andre Dubus
I tempi non sono mai così cattivi
Mattioli 1885, 2015
pp. 235, euro 16,90
Una vita sospesa
ritorno al passato, le altre a chiudere il cerchio al presente,
sullo sfondo di un incontro felice e forse maledetto da un
fascio di spine piombato in regalo…. Un amore attraversato
dal dolore di cui la penna pur asciutta e ‘razionale’ di Ludina
Barzini riesce a trasmettere percezioni intense con insospettata efficacia.
Il racconto gode di intuizioni e suggestioni ‘rubate’, per
sua stessa ammissione, a vite incrociate, sogni, confidenze. Esperienza ‘negli altri’. Si legge d’un fiato, non come
un’avventura, piuttosto per facilità e ‘sentire’. Il romanzo,
scivola immerso in una ‘cronaca’, forse riflesso della cifra
giornalistica di lungo corso dell’autrice. Ma anche prende le
sembianze di un vero e proprio soggetto. Una sceneggiatura
pronta per essere girata.
Ludina Barzini
Solo amore
Bompiani, 2015
pp. 264, euro 13,00
Destino
di Lucia Onorati
di Orietta Rappolli
In copertina un’immagine
sixties inequivocabile. Sono insieme, lei e lui, gli occhiali in maxi
montatura, il bianco e nero della
foto, con quella sfumatura rosata
che forse è un preludio.
Un mood familiare alla narrativa rosa, occhieggia qua e là nei
turbamenti di Lucrezia ventenne
che scopre irruente l’amore con
Gianni, in Solo Amore (Bompiani).
La scrittura lucida sa esprimerne le sensazioni, in uno spettro lieve e fresco, come la sua
giovane protagonista che odierna cinquantenne (anni novanta), lo resta appena il tempo di un dejavu negli anni 60
lungo tutte le pagine. Ma Ludina Barzini, l’autrice, è sapiente, e tra le righe fluide, il fraseggio essenziale, la punteggiatura decisa, infonde introspezione e sguardo sociale.
Come un io narrante, Lucrezia si specchia in se stessa e
negli altri, nella Milano di famiglia, perbenista e esigente,
nella Palermo che l’adotta e la rapisce nei colori, nella bellezza, nell’esuberanza. L’America a fare da snodo. Luoghi ed
esperienze di “vagabondaggio” rivela l’autrice, entrati nel
libro. Scorci di città e natura, dettagli di arte e storia, vita
culturale si mescolano ad infinite sfumature emotive a concorrere ad una se-duzione del lettore.
Nessun imbarazzo nello svelare la relazione sessuale dei
due amanti. Ventisei capitoli senza titolo, quasi a non voler scandire lo stile piano e scorrevole, dentro il quale il romanzo intreccia l’esperimento della libertà, l’emancipazione
conquistata, la maturazione interiore con l’ineluttabile soggezione all’amore.
Anni trasgressivi, li ha definiti la scrittrice Cinzia Leone
in occasione dell’uscita del romanzo, durante i quali quella libertà era “guadagnata, oggi è data alla nascita, senza
peccato”. Dieci fotografie in tutto, la prima ad innescare il
Controluce, casa editrice
che si sta affermando per la
qualità delle opere pubblicate, ha proposto ai lettori una
giovanissima autrice, Marta
Monacelli, che ha al suo attivo già alcune prove sia in versi
che in prosa. La sua opera è
intitolata “Destino”. Sono racconti brevi imperniati soprattutto sul mondo femminile:
undici guizzi di luce realizzati
da Monacelli fra i quindici e i
ventiquattro anni, vale a dire una specie di presentazione
programmatica per il suo avvenire di scrittrice. Lo svolgimento all’interno dell’economia narrativa è compatto, cioè
non cede mai allo ‘scontato’, come sarebbe facile cadervi
quando si ha poca esperienza sia di vita che di scrittura.
La visione del mondo dell’autrice è problematica, ma non
pessimistica. C’è, in ogni brano, come una mano invisibile
tesa alla speranza. Comunque, la tessitura è netta, talora
avvolgente, specie quando la Monacelli descrive gli stati d’animo (si legga “Un’unione oltre il destino”), sebbene la sigla
caratteristica della sua poetica (in quanto risultato finale,
indipendente dall’estetica che viene a priori) è l’amore in
senso ampio. Ecco: la scrittrice guarda il mondo, le persone,
gli avvenimenti, con amore, vale a dire con l’occhio perspicace di chi è pronto a comprendere e ad aiutare gli altri.
Non per questo si tratta di racconti moralistici: Marta non
predica; scrive, rappresenta, vivifica gli avvenimenti. Come
dire: la vita non va spiegata, ma amata per se stessa come
l’umanità intera. Siamo in attesa del seguito, in quanto la
promessa fa sperare bene, grazie a uno stile limpido e solido
e ad una capacità di tenerezza profonda.
Marta Monacelli
Destino
Controluce, 2016
pp. 96, euro 10,00
Leggere TuttI n.104 Giugno 2016 : 53
: zibaldone
Il paese del «buon paesano
vostro»
tamente selezionati da Gianfranco Miro Gori rammentando
quei giorni in cui «tutto era a prato avanti quella Torre».
G.M. Gori, R.Boschetti, P. Maroni
Il ritorno annunciato
di Federico Mussano
Il Ponte Vecchio, 2015
pp. 160, euro 13,00
Quali fossero i confini del
mondo ideale di Giovanni Pascoli è lo stesso poeta a raccontarcelo (e lo ricorda Piero
Maroni nell’incipit dell’ultimo
dei tre saggi che compongono
questo libro in grado di descrivere – per la prima volta –
il complesso rapporto del Pascoli con il suo luogo natio):
«il mio mondo ideale ha per
confini il Luso e il Rio Salto»
in un panorama che aveva al
centro una chiesuola e, poco distante, un camposanto aggettivato come fosco, non poteva del resto essere diversamente
non fosse altro per la ricorrenza del trentennale (il testo è
in una lettera del 1897 agli amici sammauresi) dell’omicidio
del padre.
Quali siano gli intrecci tra sentimenti e confini della geografia pascoliana (al di là dell’elencazione dei vari luoghi
dove studiò, visse ed insegnò, da Urbino a Bologna passando per la cruciale Castelvecchio) non è facile, soprattutto
se si vogliono esaminare gli aspetti motivazionali, storici e
comportamentali che portarono a rapporti così diversi tra
Giovanni e la sorella Mariù nel volgere lo sguardo alla Romagna: Andrea Battistini (presidente dell’Accademia Pascoliana
ed estensore dell’introduzione che segue la presentazione di
Luciana Garbuglia) ricorda come nel 1907 Pascoli nel rivolgersi da neo-eletto al Consiglio comunale, dopo aver ricordato una vita di traversie e di fortune, dichiarava di essere rimasto «sempre quel desso: un buon paesano vostro, un buon
romagnolo».
Traversie tante, fortune invece chiosate dal triste commento «le abbiamo a chiamare cosí?»: il trauma della morte
violenta del padre (Rosita Boschetti, che nel volume conduce il saggio dal titolo “Fatti e persone dell’«orizzonte che
m’ha fatto poeta»”, ricostruisce i ruoli di Cacciaguerra e dei
sicari nonché l’omertà dei tanti in paese che non parlarono)
vissuto da Zvanì dodicenne, da Maria di due anni, da fratelli
e madre non poteva non lasciare un segno indelebile di memoria dissolta nel dolore.
Un dolore certamente attenuato dalla certezza di essere amato da tanti sammauresi, il saggio della Boschetti
riporta in chiusura un brano che Ruggero Tognacci scrisse
sessant’anni fa: «a noi, compaesani del Pascoli, ha premuto
veramente sempre più l’uomo che il poeta» ed è il caso di
aggiungere che – dando uno sguardo anche sommario alle
statistiche sull’analfabetismo ai tempi del poeta – fosse davvero immotivato che il viso bonaccione si rabbuiasse per un
presunto basso apprezzamento dei sammauresi verso le sue
liriche. Riprendendo le considerazioni di Tognacci, gli abitanti di San Mauro di Romagna avrebbero «amato e venerato
lo stesso il nostro Zvanì anche se egli fosse rimasto soltanto
tale e non fosse assurto alla gloria della poesia»… ma il Pascoli a essa assurse! Ed è un piacere leggere i brani atten-
I trampoli della vita
54 : Leggere TuttI n.104 Giugno 2016
di Fiorella Cappelli
Parole sospese nella loro simboleggiante età della
memoria, quelle di Anna Appolloni. Ottantasette liriche
tenute per mano, in cammino
tra dediche, riflessioni e ricordi, alternate ad immagini in
bianco e nero, nelle fotografie
di ispirazione, di Claudio Giuli. Le liriche, perfettamente
analizzate nella Prefazione
del giornalista Fidel Mbanga
Bauna che ne traccia l’intensità del verso, affidandole al lettore “suo prezioso mezzo”
di diffusione, si vestono di socialità, dialogo, condivisione.
Il colore, assente ad un primo sguardo, risulta totalmente
presente nelle immagini evocative del verso libero. La parola
cresce, indossa i trampoli della vita e, nel cammino, reca per
mano il suo “io bambino”. È questa la visione che la poetessa
pone ai nostri occhi: a spasso, nella silloge, senza sentirsi mai soli, in un percorso di crescita sottolineato da date,
dove il tempo richiama allo spazio, come a volerlo colmare,
per collocare in esso qualcosa che ci appartiene e tracciarvi
un’orma indelebile, di un passaggio. “ Tra versi sospesi/Ed
accennati/Si snodano/ Ricordi.../Si dissolvono/Si sfumano/
Ma intense restano/Le emozioni/Scrive la poetessa, e noi, di
queste emozioni, ne respiriamo l’essenza.
Anna Appolloni
Parole sospese
Twins Edizioni, 2015
pp. 138, euro 14,90
Raccolta Racconta
di Chiara Campanella
Ci fornisce una vasta gamma di
riflessioni su abitudini, culture e
mentalità differenti tra Italia e
Germania
la seconda raccolta di narrazioni di Paola Malgeri Knaup,
insegnante della Ruhr, romana di
nascita ma tedesca di adozione.
Se la lontananza dal suo Paese la
spinge ad apprezzare maggiormente le proprie origini, l’autrice
trova anche interessante individuare possibili analogie tra due
realtà apparentemente molto diverse. Sorge spontaneo l’interrogativo sul perché i giovani desiderino tanto trasferirsi
in Germania e la risposta, per quanto banale, risulta comunque certa: sembra essere l’unico Paese in grado di offrire
sicurezze che gli altri non possono garantire, come buone
retribuzioni, efficiente sistema sanitario ed apprezzabile organizzazione generale. È pur vero però, che sono parecchi
i miti da sfatare. Dalla proverbiale puntualità tedesca, che
viene meno se si verificano ondate di maltempo o nevicate
che bloccano le linee ferroviarie, alla rinomata pulizia delle
strutture, di certo non riscontrabile sui treni, spesso maleodoranti ed affollati di gente ubriaca. Dall’indiscusso ordine
urbano, che molte volte cela un’uniformità che viene a noia, all’impeccabile assistenza medica, in realtà brutalmente
suddivisa in classi e del tutto priva di visite domiciliari. Per
non parlare delle retribuzioni: differenziate al punto che segretari, ragionieri e commessi, a seconda della ditta in cui
lavorano, percepiscono trattamenti estremamente difformi
in busta paga. Una lettura dinamica e scorrevole, scandita
da un linguaggio semplice e chiaro, che bene riesce a trasmettere il messaggio dell’intera opera: per vivere all’estero
è fondamentale mantenere allegria ed interesse per il Paese
da cui si viene ospitati: solo così è, infatti, possibile integrarsi ed apprezzare appieno il nuovo stile di vita.
Paola MAlgeri Knaup
Raccolta Racconta
Albatros, 2015
pp. 49, euro 9,50
La poesia come riscatto
contro l’inquietudine
di Antonella Lippo
Getsemani: luogo fisico, topos letterario, luogo dell’anima
in cui Francesco Tarantino ambienta il suo poema dell’inquietudine, quella che arricchisce di
intensità ogni singola emozione. E lo fa attraverso la parola
del poeta che esplora senza
sosta anche nel silenzio e nella
solitudine.: “non basta la morte
a oltrepassare/ il tempo, gli affetti, i sentimenti”.
Sono 75 le tappe, le “stanze” o
meglio le stazioni di questa via crucis in versi di cui è composto il libro “Getsemani o dell’inquietudine” pubblicato per
i tipi di Marco Saya Edizioni. E in ognuna, aldilà della sofferenza, della tensione, del sentirsi senza più radici all’ostinato sentimenti di una ricerca di rigenerazione, della ricerca
di un “arcobaleno in cielo”, si alterna la voglia nostalgica
di potersi adagiare, perdere nei ricordi, reiventare amori e
“adagiare sulla riva dei sogni per svegliarsi a conto pagato”.
Sembra quasi che Tarantino reinterpreti quell’invocazione
rivolta al Dio padre affinché allontani l’amaro calice, pur professando un ateismo intriso di religiosità laica e nella consapevolezza che non si può domandare al tempo altro tempo. I
suo sono versi che dipingono immagini, ma anche si proten-
dono come fronde di ulivi del Getsemani verso l’alto a lambire orizzonti di salvezza. Il libro è il pretesto per un viaggio,
quello di ciascun Ulisse verso la propria Itaca di salvezza e
“oltre i deserti per innamorare i popoli alla pace”. La poesia
di Tarantino non vuole sfuggire alla complessità della realtà,
anzi, ne riconosce un valore di catarsi, ringraziando, non cedendo alla tentazione di arrendersi, aspettando il “transitare
degli angeli”. È il seme di una speranza non può morire se
lo si continua a cercare e magari trovare nella braccia di un
universo femminile, da sempre eco di vita che genera vita.
Francesco M. T. Tarantino
Getsemani o dell’Inquietudine
Marco Saya, 2015
pp.116, Euro 12,00
Il cinema dell’eccesso
di Nico Parente
Rudy Salvagnini chiude il cerchio contrassegnato da sangue,
violenza, horror ed erotismo avviato con la pubblicazione del
primo volume della collana Il
cinema dell’eccesso vol. 1: Europa scavando a fondo nel genere
cinematografico
denominato
exploitation e dando alle stampe l’atteso secondo capitolo dedicato agli autori statunitensi e
del resto del mondo. 330 pagine
che ripercorrono la storia di un
sottogenere cinematografico tanto bistrattato e di nicchia
quanto amato. Salvagnini, noto sceneggiatore di fumetti e
critico stimato, per questo lavoro rimaneggia una lunga serie di articoli apparsi in passato a sua firma apportandovi
revisioni, riscritture e ampliamenti. Alcune pagine vengono
scritte appositamente per questo volume, come il capitolo
dedicato a José Mojica Marins, e a rendere il lavoro ancora
più appetibile sono diverse interviste (a Jack Hill, Eddie Romero, C.Davis Smith e Doris Wishman) inserite in coda ai rispettivi capitoli. L’autore non mira a esaminare prettamente
la dimensione lavorativa dei maestri dell’eccesso, ma anche
la sfera privata, la carriera scolastica, la gavetta e gli esordi
in ambito cinematografico. Anche le disavventure. Violenza
gratuita, efferatezze, stranezze di ogni tipo, sesso, azione
e horror: tutto questo è il cinema exploitation. Un genere
attraverso il quale, a detta dello stesso Salvagnini, autori
di ogni parte del mondo hanno dato vita a vere e proprie
pellicole cult. Nel capitolo dedicato agli statunitensi vengono trattati: Jack Hill, Michael e Roberta Findlay e Doris
Wishman. Nella seconda parte, intitolata “Resto del mondo”:
Teruo Ishii, Nam Nai Choi, René Cardona, Juan Lòpez Moctezuma, Eddie Romero, José Mojica Marins. Un non banale
tentativo da parte di un bravissimo autore di ripercorrere la
storia di un genere sì estremo, ma realistico e di denuncia.
Rudy Salvagnini
Il cinema dell’eccesso vol.2
Stati Uniti e resto del mondo
Crac, 2016
pp. 330, euro 24,00
Leggere TuttI n.104 Giugno 2016 : 55
: zibaldone
Tè al gelsomino
di Girolamo Terracini
Maia, studentessa universitaria, percorre in solitudine la
strada dell’esistenza, vivendo la
quotidianità assorta nei dubbi e
nei rimorsi del passato. Le sue
compagne di “viaggio” sono
quattro amiche con carattere e
credenze contrapposti che personificano le paure e le ossessioni di Maia, prodotte dalla sua
profonda angoscia esistenziale.
La vita, però, offre spesso una
via di uscita: sulla metro Maia
incontra Serena, ragazza cieca, ma capace con la sua affettuosa amicizia di guidare la protagonista verso una maggiore consapevolezza di sé. Dopo una violenta aggressione Maia
deve decidere se rimanere ripiegata su se stessa, prigioniera di una dimensione virtuale, o ricominciare a vivere, “rischiando” di essere felice nella vita reale. Con l’aiuto dell’affascinante amico cieco, nonno di Serena, il suo “dottor
Zivago”, e del suo psicoterapeuta, la protagonista affronta
il suo vissuto, perdonando i propri errori e quelli della sua
famiglia. In questo modo il tempo, sospeso tra risentimenti
e condanne, ricomincia a scorrere, promettendo sviluppi di
vita finalmente nuovi e costruttivi.
Gabriella Orlandi
Tè al gelsomino
Kimerik, 2016
pp. 128, euro 14,40
I segreti dei sensi in cucina
di Ilaria Finotti
È il grande dilemma di chi si
trova davanti ai fornelli, senza
magari avere grande esperienza
o una ricetta da seguire pedissequamente, ma con amici e parenti
in arrivo per cena: che fare, esattamente? Cosa mettere nel sugo
della pasta per renderla davvero
buona? Che vino abbinare all’arrosto? Con quale dolce chiudere la serata? La risposta la dà il
sommelier Daniele Maestri nel volume Sapore è sapere: è tutta, in
definitiva, questione di sensi. Il volumetto della giovane casa editrice CEF Publishing analizza in modo chiaro ed esaustivo, adatto a tutti, il tema dell’analisi sensoriale in cucina,
vale a dire quei parametri di riferimento che permettono di
valutare (e dunque prevedere) la qualità di un piatto, di un
abbinamento o di un menù in maniera quanto più oggettiva
possibile. Si parte dal riconoscere che non solo l’olfatto, senso principe, e il gusto, ma anche la vista, il tatto e, perché
no, l’udito sono coinvolti nell’apprezzamento di un prodot56 : Leggere TuttI n.104 Giugno 2016
to; si passa quindi a delineare i cosiddetti “descrittori” delle
sensazioni che un cibo offre agli occhi (aspetto, presentazione), al naso (franchezza, armonia, intensità, qualità), al
palato (sapidità, succulenza, untuosità ecc.), per poi capire
come combinare l’insieme di tutte queste sensazioni e creare
un piatto sontuoso, un abbinamento cibo-vino azzeccato o
un menù ben equilibrato. Sensi allenati oltre il comune e
conoscenza delle nuove tecniche culinarie, prerogative dei
grandi chef, sono elementi ben accetti, ma anche il cuoco
meno esperto può trovare in questo libro il “trucco” per rendere una serata in compagnia un piccolo grande successo.
Daniele Maestri
Sapore è sapere
Cef publishing, 2015
pp. 76, euro 12,00
Mia madre ed altre catastrofi
di Annarita Paliani
Il nuovo libro di Francesco Abate “Mia madre ed altre catastrofi”
ci parla di sua madre. Una signora comunista ma credente, devota a sua marito ma femminista,
una donna piuttosto pragmatica,
al punto da sfiorare il cinismo.
Si può perfino provare una certa rabbia nei confronti di questa donna che non rappresenta
proprio i canoni della mamma,
sfiorando a tratti l’anaffettività.
Ma poi entriamo con sintonia e
simpatia in rapporto con questa donna che, rimasta vedova
a 50 anni con tre figli da mantenere, affronta con grande
forza e determinazione le difficoltà che la vita le propone,
senza mai rinunciare alla sua ironia e alle sue passioni. Essere credente e nello stesso tempo comunista, anzi maoista, e
anche maestra di una scuola di periferia. La storia, che è la
storia dell’autore, è costruita senza buonismi e senza sconti
per nessuno. Un racconto che va dall’infanzia all’oggi. La
signora Mariella, così si chiama la mamma in questione, è
una donna che propina a merenda la solita rosetta con margarina e zucchero o sale, che gira con il “battipanni”, ma è
capace di fare un bagno a mare a dicembre. Se la si interroga
risponde vaga “lo so io”. Una donna che si rimbocca le maniche quando anche il figlio, Checco, l’autore, si ammala di
una grave malattia. Forse con una mamma così non si ha il
privilegio di essere sopravalutati dall’amore materno a tutto
tondo che ci rendi unici, ma si impara ad essere concreti
nella vita, ad avere le capacità di rimboccarsi le maniche e
tutto questo con molta semplicità, senza gridarlo al mondo
e vantarsi. Una madre dura ma tenerissima al tempo stesso.
Una donna che a quasi 80 anni se ne va in Terra Santa con le
consorelle della sua comunità neocatecumenale e un amico
professore gay. Il libro si legge come un fumetto ma senza
vignette, con delle battute fenomenali.
Francesco Abate
Mia madre ed altre catastrofi
Einaudi, 2015
pp. 120, euro 15,00
Passeggeri a spasseggio
reloaded!
di Andrea Coco
Italiani, un popolo di poeti,
artisti, eroi ma non di trasmigratori, perché tra le tanta
qualità che ci sono state attribuite, questa sembra proprio mancare nel nostro DNA.
O almeno è l’impressione che
si riceve scorrendo le pagine
del libro scritto da Gloria Bolognini, assistente di volo di
una compagnia aerea e consulente agli sketch della sitcom «Piloti», andata in onda
su RAI 2. A essere precisi sembra trattarsi di una conferma
perché Gloria ha ripubblicato, ampliando testi e vignette,
un’opera uscita nel 2011, quando aveva deciso di mettere
nero su biancoquanto vissuto in prima persona o raccontato
dai colleghi.
Aneddoti surreali e divertenti, poiché, ammettiamolo, a
bordo degli aeroplani succede un po’ di tutto. Perché noi
italiani (ma non solo noi, consoliamoci) quando viaggiamo
ci portiamo dietro le nostre paure, speranze, desideri e, soprattutto, le nostre abitudini, belle o brutte che siano. Riconoscerci e riconoscere gli altri nelle varie tipologie umane
descritte nel volume, rappresenta un’occasione per sorridere
e riflettere sui comportamenti nostri e altrui. C’è chi non ha
mai volato e chi pensa di saperne più dell’equipaggio, chi
si comporta come se fosse a casa sua e chi crede di trovarsi
su un transatlantico e, pertanto, vorrebbe cenare con il comandante. E chi…non sa tenere la lingua e le mani ferme.
Il libro è suddiviso in tre “Fasi” (Decollo, il Volo e l’Atterraggio), ciascuna delle quali è abbellita da spassose vignette ed
è ripartita in paragrafi, alcuni ricorrenti (Introduzione, Vola
Basso, People Watching, Radio Galley, Fly Test), che trattano
i diversi aspetti del volo. Completano l’opera, la prefazione
del comico Max Tortora, i capitoli dedicati al viaggio sotto
vari aspetti (Geo Travel, Cafon Travel, Sex Travel) e alla scoperta dell’affascinante mondo dell’aviazione civile (Glossario
e Per saperne di più).
Insomma un testo piacevole, ricco di aneddoti e personaggi che tutti i giorni viaggiano da una parte all’altra del
mondo, tratteggiati però senza cattiveria perché come ammette l’autrice: “Chi ama questo lavoro non può fare a meno
dei passeggeri e delle loro trovate. E quando le persone mi
dicono: Lo sai che mi sono proprio divertito a leggere il tuo
libro, ma succedono davvero queste cose sugli aerei? Allora
mi convinco che ho fatto bene a scriverlo e a ripubblicarlo.
Per i loro sorrisi ne valeva la pena”.
Gloria Bolognini
Passeggeri a spasseggio
Vel Editore, 2015
pp. 152, euro 12,50
Cento emozioni
di Fiorella Cappelli
La capacità di condensare
in pochi, brevi versi, tutta
la forza degli elementi della
natura, plasmandoli in spazi
aperti, fenditure, interstizi di vita, attraverso i quali,
scorre... inesorabile, il tempo,
appartiene a questo poeta Lucano. Sono figure di pensiero, quelle di Franco Vetrano;
similitudini, metafore, come
arabeschi si delineano sotto
gli occhi del lettore che ne
avverte la magica sospensione, attratto e coinvolto in un
ideale volo improvviso tra versi, che divengono nuvole, spuma del mare, foglie al vento. Sono “voli leggeri, voli dell’anima”, in “un cielo di speranza” quelli ai quali ci conduce,
con le sue liriche, il poeta: /voli dell’anima fatti di sogno/
lontano portano gioie e dolori/lontani da un corpo che stanco e liso/anela alla pace e chiede ristoro/Sono leggeri i voli
dell’anima/come risate di bambini/e nel cielo della speranza/un nuovo giorno dispiegheranno/.
Il verso, in quinario o senario, apparentemente libero, si
compone di distici, terzine e quartine; ricco di anafore e allitterazioni, assume una sua cadenza ritmica: /Sogni di un
bimbo, vestiti di pace.../Sogni di amanti dai cuori vibranti.../Sogni di vecchi, curvati dal tempo.../Sogni cullati dalle
onde del mare/.
Altra caratteristica nei componimenti del poeta è l’uso sovente delle “inversioni”: /Guerriera dagli occhi ridenti/del
tuo bambino i sogni coltivi/ e le corse sulla sabbia dorata/
del suo ridere il tramonto colmano/...
Il sole, i raggi, il suo calore, il sorriso di un bimbo sono
luce di speranza, nella poesia di Franco Vetrano che pur inneggiando al sogno: “/nel buio un sogno chiama/al magico mondo conduce/rende reali le illusioni.../ e alla “magia
del sonno”: /Il sonno cancella i lividi/ha unguenti per ogni
dolore/e’ rinascita, resurrezione.../È cibo di speranza/, nel
suo realismo, resta ancorato alla vita, che oscilla in spazi
temporali tra rievocazioni nostalgiche del passato e aperture al presente, sempre con “occhi spalancati” ad osservare
ciò che intorno a lui accade. Gli occhi sono, per il poeta:
l’osservazione per la natura, - il profondo amore per essa,
ricorrente nei suoi versi e reso tramite le numerose e felici
immagini delle albe, dei tramonti, degli azzurri di cieli infiniti, dei mormorii del mare, dei silenzi della notte - come
riporta nell’attenta, intonata ed esaustiva presentazione
Vittorio Verducci, che traccia altresì la memoria di alcune
poesie scritte a quattro mani, da Franco Vetrano, con l’amica
scrittrice, poetessa Maria Rizzi. Ed ognuno che legge, a queste cento emozioni... aggiunge le proprie.
Franco Vetrano
Cento emozioni
Dibuono, 2015
pp. 116, euro 10,00
Leggere TuttI n.104 Giugno 2016 : 57