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KILOMETRUL 1772
Spazi quotidiani, identità e mutamento
culturale tra la Bucovina romena e
Torino
Foto e testi di Pietro Cingolani
1772 chilometri di strade provinciali, valichi di
montagna, autostrade, dogane: un lungo tragitto
che si dipana attraverso il cuore dell’Europa dalla
Bucovina, una piccola regione boscosa nel nord
– est della Romania, fino ai parcheggi della
Stazione Porta Nuova nel centro di Torino.
Ogni settimana migliaia di cittadini romeni si
muovono avanti e indietro lungo questo percorso:
per commerciare, per rinnovare un passaporto,
per visitare i parenti, per necessità, amore o
spirito di avventura.
Marginea e Rădăuţi, come tanti paesi nella
provincia di Suceava, con il crollo del regime e
l’inizio della migrazione all’estero hanno assistito
ad un incredibile mutamento che è inscritto e
visibile negli spazi pubblici, nelle case, nei modi
di vestire, nei consumi alimentari.
E’ la sintesi tra abitudini tradizionali e modelli
culturali nuovi, dove una generazione di padri
ancora legata alla campagna si confronta con
una generazione di figli che vivono esperienze
internazionali.
Anche a Torino si può osservare un simile
mutamento: le stesse persone, i loro amici e i loro
parenti, giorno per giorno stanno trasformando gli
spazi della quotidianità e del vivere sociale.
La Bucovina si trova nella parte nord orientale della
Romania, al confine con l’Ucraina.
Così si presenta la regione per chi arriva in
macchina o in pulmino dall’Italia: strade tortuose e
spesso dissestate, boschi, campi frammentati in
piccole proprietà.
E per il lungo periodo invernale domina la neve e un
freddo pungente.
Ingresso in paese.
I costi troppo alti per la manutenzione delle
automobili, rendono per molte famiglie il cavallo
una risorsa fondamentale.
La macchina, d’altro canto, è simbolo di status e
primo obiettivo del nuovo benessere.
I tetti delle case tradizionali sono realizzati in
scandole di legno e trattati con catrame.
Ma sempre più frequentemente chi costruisce una
casa nuova preferisce il termopan (molto più
economico) o l’alluminio che non richiede nessuna
manutenzione.
Il cortile di una casa tradizionale.
Intorno al selciato si trovano la casa dei genitori,
una piccola cucina esterna per l’estate, la casa
del figlio minore e il laboratorio di fabbro del
capofamiglia.
La foto degli avi, esposta nella stanza dove
vengono accolti gli ospiti.
La signora Geta vive sola, circondata dai tappeti
della dote.
Li ha portati con sé quando si è sposata e
continua a tesserli per lasciarli in dono ai nipoti
emigrati.
Mitică lavora come trasportatore di merci e di
persone tra Torino e la Romania.
Dall’Italia ha anche importato la ruspa per
costruire la villa della figlia.
La casa di Daniela e Ion.
Lavorano e vivono a Torino, con tre figli; il padre
di Ion riceve i soldi e segue i lavori di
ristrutturazione
Mihai ha lavorato a Torino per un anno.
“Con i risparmi della Germania e dell’Italia ho
costruito questa casa, in cinque anni: è un’arte
che ho imparato dal mio papà”
I muri di cinta e il cancello rappresentano il volto
pubblico della famiglia.
Una villa monofamiliare di emigrati.
Casa di emigranti: la camera da letto.
Casa di emigranti: il salotto.
La centrale di alimentazione termica nel
complesso industriale di Gălăneşti.
Durante il comunismo dava occupazione a più
di 2000 persone.
Tutte licenziate negli anni ’90.
La proprietà è
speculatore turco.
stata
svenduta
ad
uno
“Non lavorate senza equipaggiamento di
protezione”.
Marginea è stata famosa, fin dall’ ’800, per la
produzione di vasi in ceramica nera.
Sotto il comunismo esistevano due cooperative
artigiane che davano lavoro a circa 150
famiglie.
Ora rimangono solo due laboratorio con 6
dipendenti.
“Nessun giovane ha più voglia di passare un
anno come apprendista per imparare il mestiere,
è vista come una perdita di tempo.
I giovani adesso vanno a Torino, vogliono
guadagnare in fretta e subito”.
Il legno è fonte di grandi profitti.
I lotti di bosco di proprietà pubblica vengono
assegnati dai forestali.
I privati, che lavorano singolarmente o associati in
gruppi, tagliano, trasportano e vendono i tronchi
alle segherie.
Una segheria di proprietà di un imprenditore
tedesco.
Si lavora anche di notte e, dalla sera alla mattina,
la pila di tronchi viene trasformata in travi e
spedita in Libano e Siria.
Un tempo questa zona era nota soprattutto per la
lavorazione artigianale del legno ma la
migrazione ha spostato all’estero la manodopera
qualificata.
Durante il comunismo è stata creata una grande
cooperativa per la coltivazione e la lavorazione dei
vimini, con più di 300 dipendenti.
La cooperativa è ancora di proprietà statale ma è
stata progressivamente ridimensionata. Nel 2006 è
definitivamente fallita.
“Tutto è andato a finire male, dopo la morte di
Ceaucescu. Il personale è stato
improvvisamente licenziato e noi facciamo la fame,
con uno stipendio di 3 milioni di lei (100 euro)”.
I cestini sono destinati prevalentemente
all’esportazione in Inghilterra.
Ma la concorrenza della Cina è sempre più forte
e ai prodotti in fibra naturale vengono preferiti
quelli industriali in plastica.
Costantin, da tutti soprannominato fosalau (fuso di
arcolaio), ha un piccolo laboratorio per la
lavorazione della lana e la produzione di tappeti e
tessuti tradizionali.
“Un tempo facevo anche abiti e stivali di lana cotta.
Poi la gente è cominciata ad uscire dalla Romania,
a vedere il mondo, e il modo di vestire è cambiato.
Così adesso non riusciamo più a vivere solo con
questo lavoro”
“Abbiamo sei figli e una figlia, e per tutti
abbiamo costruito una casa. Tutti sono fuori:
prima Costel è andato a Torino, poi lo hanno
raggiunto Ion, Valentin, Emilian, Maria. Alla
fine Ştefan, il più piccolo, è andato in
Inghilterra”.
Lunedì mattina, al mercato coperto.
La verza rossa si mangia cruda oppure viene
fatta fermentare ed è conservata per l’inverno
in grandi barili
Molte famiglie possiedono un maiale che viene
macellato in casa.
Ma il consumo di carne nei centri urbani
richiede mattatoi più grandi e una distribuzione
commerciale.
Clienti al mercato promuovono il “made in Italy”.
Scuola pubblica “numero 3” di Marginea.
Tra i tre e i cinque anni i bambini frequentano il
prescuola.
Un quarto di loro ha i genitori che lavorano a
Torino.
Anche nella scuola media (tra i dieci e i
quattordici anni), molti ragazzi hanno il padre o
la madre assente.
Su 180 iscritti circa un terzo vive questa difficile
condizione.
“I bambini con i genitori in Italia non hanno
interesse ad imparare, perché alcuni genitori
fanno capire che devono solo imparare a
contare i soldi.
Sono anche quelli che stanno meglio, in classe
li riconosci.
Però questi bambini sono soli, hanno bisogno
di affetto, di essere ascoltati” (Mastra
elementare)
I disegni nell’atrio della scuola.
Il principe Ştefan cel Mare (1457-1504) è uno
degli eroi celebrati dalla storiografia locale.
Costantemente in guerra con gli invasori della
Moldavia (soprattutto i turchi) si dice che abbia
vinto tutte le battaglie combattute.
Del sistema scolastico comunista rimangono il
programma di studio molto intenso e la disciplina
richiesta agli allievi.
Quando i bambini raggiungono i genitori in Italia
spesso dimostrano di essere più preparati rispetto
ai coetanei italiani.
Ai nonni vengono affidati i nipoti quando i genitori
sono in Italia.
I bambini collaborano all’organizzazione della vita
domestica.
I signori Devriceanu mantengono con cura la loro
fattoria e il piccolo orto. Tre figli vivono a Torino.
In paese rimangono soprattutto gli anziani come
loro, custodi delle tradizioni e legati alla terra.
Spesso faticano a capire gli stili di vita e le
ambizioni dei figli.
Gabriel Curia è la memoria storica del paese.
Nato nel 1920, ha combattuto in Russia e quando è
tornato a casa ha occupato con altri le abitazioni
della minoranza tedesca in fuga.
Ha visto la creazione del collettivo e poi il ritorno
della proprietà privata.
“Ma la vera rivoluzione è arrivata da poco. Dieci
anni fa Marginea era un paese, adesso è una città.
Ci si sposa all’estero, si distruggono le famiglie, si
prega meno”.
Un vecchio boscaiolo con il suo vecchio cavallo.
La scala della virtù, affresco esterno nel complesso
monastico di Suceviţa.
La Bucovina meridionale è ricca di monasteri
ortodossi, eretti tra il XV e il XVI secolo, tutti
caratterizzati dagli affreschi di eventi biblici e apocrifi
realizzati sulle mura esterne.
La monaca più anziana del monastero accoglie
gli ospiti nella sua stanza.
Una processione funeraria.
Le donne vicine alla defunta le hanno lavato il
corpo, hanno vegliato nella casa nei due giorni
precedenti al funerale e recitano le lamentazioni.
Il sistema rituale e religioso è ancora una fonte di
solidarietà nonostante le trasformazioni che
stanno stravolgendo la società.
Nel cimitero si sta celebrando la pomana, la
commemorazione per il defunto che si tiene 6
settimane, 6 mesi, 1 anno e 7 anni dopo il
funerale.
Chi torna da Torino spesso apre negozi con
merce in stile italiano o pizzerie.
Gigi ha vissuto per 10 anni in Italia.
E’ stato uno dei primi pizzaioli romeni a Torino.
Adesso è tornato in Romania e ha aperto la
pizzeria “Orso Bruno”, dove i clienti locali si
mischiano a piccoli imprenditori italiani che
lavorano nella zona.
Gina lavora da più di due anni lavora Torino
come assistente di un’anziana. Con i suoi
risparmi è riuscita a sostenere le spese per il
piccolo alimentari in paese, gestito dal marito,
e sta pagando le tasse universitarie dei
quattro figli.
“Ancora un anno di lavoro in Italia per
comprare a mio marito la macchina nuova”.
Agenzie private organizzano viaggi settimanali
verso le maggiori destinazioni europee.
Stazione Porta Nuova di Torino.
Costel sta scaricando il rimorchio della sua
monovolume dopo 36 ore di viaggio.
Solo a Marginea ci sono più di dieci autisti di
pulmini
che
collegano
settimanalmente
Romania e Italia, portando persone, notizie,
pacchi e soldi.
Il vescovo visita la chiesa cristiana ortodossa di
Santa Paraschiva, a Torino, nel giorno della
festa patronale.
Presente dall’inizio degli anni ’80, la chiesa ha
costituito dagli anni ’90 un punto di riferimento
e di appoggio per i migranti romeni.
All’ingresso della chiesa i fedeli accendono le
candele in cera gialla in memoria dei defunti.
I romeni di Torino oltre alle due chiese ortodosse
(Santa Parascheva e Santa Croce) frequentano la
chiesa cattolica romena, alcune chiese pentecostali
e avventiste, i templi dei Testimoni di Geova.
La partecipazione è molto viva, nonostante i pastori
denuncino una progressiva secolarizzazione.
La partecipazione è molto viva, nonostante i pastori
denuncino una progressiva secolarizzazione.
Il figlio di Ion e Daniela viene battezzato nella
chiesa di Santa Parascheva.
Spesso la ricerca di lavoro e di alloggio avviene
tramite il passaparola o gli annunci lasciati
nelle bacheche all’interno delle chiese
“Poli de românitate la Torino”, prima trasmissione
radiofonica di musica e attualità in lingua romena
per gli immigrati.
A condurla, nel tempo libero, sono Maria, assistente
domestica e il marito, saldatore.
Sono Sînziana e vorrei fare una dedica per
Cătălina, Claudio e per tutta la squadra della
radio con il gruppo Grande Romania
Gabi gestisce “Moldavia”, una gastronomia con
specialità alimentari e vini della sua terra.
“Ho sempre avuto lo spirito del commercio nel
sangue: quando è caduto il regime andavo a
Costanza, compravo le Malboro e le Kent e le
rivendevo ai compagni di classe e ai professori.
Poi andavo a Istanbul e compravo jeans,
magliette e giocattoli nei bazar”.
I prodotti in scatola e i vini vengono importati
direttamente dalla Romania.
Gli insaccati invece sono prodotti in Italia con
ricette originali romene.
Il ristorante Chianti, nel cuore del quartiere San
Salvario, è gestito da una famiglia di romeni di
Botoşani.
Il menù è in romeno e in italiano.
Madre e figlia in cucina alle prese con una
teglia di patate, cibo molto presente nella dieta
romena.
Nella sala da ballo del ristorante si sta
festeggiando un battesimo.
Alexandru e il fratello al lavoro in un alloggio di
Torino.
Alexandru è sposato con una donna italiana ed è
riuscito a mettersi in proprio, aprendo una piccola
impresa di restauro con il fratello.
“Con mia moglie ho fatto il discorso di tornare in
Romania. Qua sto invecchiando, invece lì si vive
molto più rilassati. In Romania senti quando è
lunedì, quando è martedì. Poi ti gusti il sabato e
la domenica. Ti godi di più il tempo. Qua ti trovi
a 40 anni e cosa hai fatto, oltre a lavorare come
un mulo?” (Alexandru).
Molte donne trovano con facilità lavoro nel
settore
dell’assistenza
agli
anziani,
un’occupazione che le coetanee italiane
scelgono sempre più raramente.
Gabi con la famiglia sul balcone di casa, nel
centro di Torino.
E’ uno dei primi ragazzi arrivati a Torino da
Marginea.
Dall’agosto del 2006 è tornato con la sua
famiglia a vivere in Romania.
I figli di Gabi giocano nella loro camera.
Il corpo giovanile di ballo di Rădăuţi si
esibisce durante una visita ai compaesani
che vivono ad Ivrea.
La comunità divisa dalla migrazione si
riunisce e si presenta agli italiani.
L’autore
Pietro Cingolani (1979) è docente di Antropologia
all’Università del Piemonte Orientale ed è membro di
FIERI (Forum Internazionale Europeo di Ricerche
sull’Immigrazione).
Nell’ambito del suo dottorato ha svolto ricerche sulla
società romena e sulle migrazioni dalla Romania verso
l’Italia. Nel suo lavoro affianca la ricerca sociale sul
campo all’utilizzo della fotografia, scelta come mezzo
privilegiato per indagare la realtà; le foto esposte nella
mostra sono il frutto dei viaggi tra la sua città natale e la
Bucovina romena.