LA VERIFICA DI STORIA racconto di Alice Vavassori

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LA VERIFICA DI STORIA racconto di Alice Vavassori
LA VERIFICA DI STORIA racconto di Alice Vavassori Quella sera ero molto agitata per la verifica di storia del giorno dopo, ma ero stanchissima e decisi che mi sarei alzata presto il mattino dopo per ripassare la lezione. Mi giravo e rigiravo nel letto, pensando alle possibili domande che la maestra ci avrebbe proposto. Provai a bere una camomilla per calmarmi, decisi di leggere un libro rilassante, misi la mano nell’armadietto, ma per sbaglio presi un libro horror, così mi venne una paura tremenda. Decisi allora di incominciare a ripassare, presi il libro di storia, ma non feci in tempo ad aprirlo che mi addormentai in un sonno profondo. Mi risvegliai quasi subito, andai in soggiorno e chiesi al mio papà di accompagnarmi a fare due passi per il paese. Una fitta nebbiolina avvolgeva tutte le cose, le luci dei lampioni si riflettevano sui marciapiedi bagnati. Arrivati nei pressi della biblioteca, il mio papà incontrò un suo amico e si fermò a parlare. Io mi accorsi che da una stanza al secondo piano proveniva una debole luce; pensai ad una dimenticanza della bibliotecaria, ma poi intravidi delle ombre aggirarsi nell’edificio. Ebbi un fremito di paura, ma decisi ugualmente di curiosare all’interno, spiando dalle finestre. Mi arrampicai aggrappandomi alle sporgenze dei muri riuscendo ad appoggiarmi al davanzale, guardai all’interno e scorsi in lontananza un tavolo rotondo con al centro una candela accesa. Mi sembrò di vedere che sopra il tavolo c’erano piccole figure umane con abiti molto particolari. Dall’emozione stavo quasi scivolando e per non cadere mi attaccai alle sbarre, ma urtai il vetro;quello che sembrava il capo si girò e venne verso di me, aprì la finestra e mi invitò ad entrare. Tremando dalla paura scavalcai le sbarre e mi avvicinai al tavolo. “Finalmente!” disse l’omino “Erano secoli che aspettavamo qualcuno!” Poi proseguì “Ah, scusami, mi presento: sono Ramses II, un po’ di anni fa ero un faraone. Noi siamo i personaggi dei libri che nessuno ha mai preso in prestito, per questo non abbiamo mai visto cosa c’è all’esterno. Possiamo uscire solo di notte. Ti prego, prendi i nostri libri, così potremo vedere, dopo tanti secoli, come è cambiato il mondo.” Io chiesi: “Chi sono i tuoi amici?” Rispose “Te lo diranno solo se prenderai in prestito i loro libri!” Rimasi molto affascinata dal suo racconto, poi mi annotai i titoli. Promisi che il giorno dopo sarei tornata a prendere in prestito i loro libri. Scesi dalla finestra e vidi che il mio papà stava ancora chiacchierando e non si era accorto di nulla; decisi di non dirgli niente del mio incontro perché probabilmente non mi avrebbe creduto. Ci avviammo verso casa, io ero un po’ preoccupata per la verifica del girono dopo ma assai sorpresa di ciò che era avvenuto. Driin, driin, sobbalzai nel letto. Non potevo crederci, erano già le otto e non mi ero ancora alzata. Feci un salto, piombai giù dal letto, andai a fare colazione, mi vestii, preparai lo zaino e corsi a scuola come un razzo. Entrai in classe, i miei compagni erano già pronti per lavorare e mi guardavano stupiti; io, che non arrivavo mai in ritardo, diventai tutta rossa per l’imbarazzo. Mi sedetti al banco e la maestra incominciò a dettare le domande della verifica sulle civiltà del Mediterraneo: mi sembravano difficilissime. Misi mano nella cartella per prendere la biro blu e sentii un solletico sul braccio. Cercai di non scoppiare a ridere, perché altrimenti la maestra mi avrebbe sgridato e poi in quella verifica non c’era proprio nulla da ridere. Tolsi così la mano dallo zaino e attaccati ad essa vi erano i miei amici dell’antichità. Chiesi loro sottovoce cosa ci facevano dentro il mio zaino; il capo degli omini rispose che, non essendo sicuri che io sarei tornata a prendere i loro libri, avevano deciso di seguirmi fino a casa. Mentre leggevo e rileggevo le domande della verifica, cercando di dare qualche risposta, mi scappò una domanda ad alta voce “Come si chiamava il bambino che nell’antico Egitto era diventato faraone a nove anni?” Un mio compagno mi guardò perplesso e si girò dalla parte opposta. Mi passavano per la testa una serie di nomi di faraoni: Sesostri, Ramsete, Amenofi… ma nessuno di essi era diventato faraone a nove anni. Non mi veniva proprio il nome e mentre riflettevo su chi potesse essere, nel mio zaino incominciò una breve discussione. Guardai all’interno e uno degli omini disse sottovoce “Io ho conosciuto il bambino che è diventato faraone a nove anni, era Tutankhamon!” Come avevo fatto a scordarmelo? Scrissi la risposta e lessi agli omini un’altra domanda, questa volta sui Fenici, sperando che sarebbero riusciti ad aiutarmi. “Da quante lettere era composto l’alfabeto fenicio?” Un omino incastrato in un libro disse affaticato “Noi Fenici abbiamo inventato l’alfabeto composto da ventidue lettere.” Scrissi la risposta e poi aiutai l’omino a liberarsi dal libro. Dissi loro un’altra domanda presente nella verifica “Come si chiamava la scrittura che inventarono i Sumeri? E quale fu un oggetto importante da loro inventato?” Non mi ricordavo niente riguardante questa domanda, ma in un angolino del mio zaino, un omino seduto, con una tavoletta d’argilla tra le braccia mi disse “Io ero un antico scriba e per scivere usavo la scrittura cuneiforme.” Un altro omino aggiunse “Io ero un contadino povero e un mio amico che si trova in un altro libro aveva inventato la ruota piena!” Scrissi tutte le risposte e continuai a fare domande agli omini e loro continuarono a rispondere. Consegnai alla maestra la verifica, ero sicurissima di aver scritto tutto, questo grazie alla presenza dei miei nuovi amici. Quando suonò la campanella tornai a casa, mangiai, feci i compiti e poi chiesi alla mamma il permesso di andare a fare una passeggiata per il paese. Lei mi rispose di sì ed io portai in un sacchetto i miei amici antichi, per far vedere loro come era cambiato il mondo. Incominciai a camminare sul marciapiede quando delle piccole faccine curiose sbucarono dalla mia borsa. Gli omini incominciarono a guardarsi intorno e dissero “Ma da dove spuntano queste cose?” Io risposi “Si chiamano automobili, telefonini, elettricità, sono le opere dell’uomo che pian piano si è evoluto.” Ad un tratto sulla nostra testa passò un aereo e gli omini mi riempirono di domande. In una casa videro attraverso il vetro di una finestra una televisione accesa e rimasero sbalorditi. Alla fine della passeggiata mi dissero che tutte queste novità avevano provocato loro un gran mal di testa e mi chiesero di riportarli nella tranquillità dei loro libri; andai in biblioteca, li salutai, li ringraziai per l’aiuto che mi avevano dato e promisi che ogni tanto avrei preso in prestito quei titoli. La mamma come ogni mattina mi svegliò e mi disse “Alzati, è ora di andare a scuola!” Io aprii gli occhi, non potevo crederci, era già mattina e mi ero dimenticata di puntare la sveglia per alzarmi a ripassare. Un po’ confusa scesi dal letto e mi avviai verso la cucina per fare colazione. Incrociai il papà e lo ringraziai di avermi accompagnato la sera prima, lui uscendo per andare al lavoro mi rispose “Ma io ieri sera sono andato a giocare a calcio e sono tornato tardi quando stavi già dormendo.” Mi sedetti per fare colazione, assai sorpresa di quella risposta, la mamma mi chiese “Vuoi il succo, la spremuta o il latte?” Io risposi “Preferisco una camomilla…” Ma, chissà perché, anche senza ripassare, mi ricordavo bene gli argomenti di storia.