CHI 21/2009 - Doppia Difesa
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CHI 21/2009 - Doppia Difesa
ChiDOPPIADIFESA MICHELLE HUNZIKER GIULIA BONGIORNO G iuditta ha 43 anni e alle spalle una storia di abuso che per lungo tempo ha tenuto per sé. Che cosa ti ha spinto, dopo tanto tempo, a raccontare la tua storia? «Ho letto sui giornali della tennista Jelena Dokic, che ha rivelato di avere subito abusi fisici da parte del padre. Ha raccontato che in quel periodo non c’era nulla che la rendesse felice e spesso avrebbe desiderato scambiare la propria vita con quella di qualcun altro: oggi, però, dopo essersi domandata tante volte perché quella cosa orribile stesse succedendo proprio a lei, è tranquilla e pensa che qualsiasi cosa ti accade nella vita ti accompagnerà sempre e farà di te quello che sei. Questa frase mi ha molto commosso. Per il semplice motivo che anch’io sono stata vittima di abusi e da pochissimo ho deciso di sottopormi a una psicoterapia, sperando di riuscire ad accettare il mio passato». Quando è successo? «Avevo otto anni, lui era il mio insegnante di ginnastica, per il quale avevo un’autentica adorazione: anche perché la ginnastica artistica mi piaceva moltissimo e quindi pendevo letteralmente dalle sue labbra. Poi, quando sono cominciate le molestie, per timidezza, per imbarazzo, non ho mai osato ribellarmi: all’inizio erano “semplici” toccamenti. Ero molto confusa, perché da un lato trovavo normale che le sue mani si muovessero sul mio corpo per correggere una posizione o guidarmi in un esercizio, ma era come se istintivamente sentissi che c’era qual- UNA FINESTRA SULLA REALTÀ DI QUANTI OGNI GIORNO SUBISCONO VIOLENZE E SOPRAFFAZIONI. UN DIALOGO APERTO CON I LETTORI DI “CHI” LA TESTIMONIANZA QUELL’ORCO INCONTRATO DA BAMBINA cosa di assolutamente sbagliato». Non lo hai detto a nessuno? «Figuriamoci! Trent’anni fa la molestia era qualcosa completamente al di fuori del nostro orizzonte. Proprio non era previsto che succedesse. E quindi chi voleva approfittare di un ragazzino aveva gioco ancora più facile. Da parte di mia madre ricordo solo qualche raccomandazione generica, del tipo “non parlare con gli estranei”. Non è come oggi, che i genitori stanno sempre sul chi va là e mettono in guardia i figli. Io non sapevo nemmeno che nome dare a questa cosa che stava succedendo. Non capivo. E stavo male. Tra l’altro sono sempre stata molto disciplinata e giudiziosa, non mi sognavo di reagire, anche se quel modo di stringermi e toccarmi mi metteva a disagio. Lui era un adulto – il mio maestro, per di più – e dunque qualsiasi cosa facesse andava bene». Hai subito altri tipi di molestie? «Sì. Un pomeriggio che ero arrivata alla lezione in anticipo, lui mi ha portata nello spogliatoio e mi ha chiesto di toccarlo. Non posso nemmeno dire che mi abbia costretto. Ha solo detto che mi voleva bene e che, dal momento che sapeva che anche io gliene volevo, pensava che avrei fatto quella cosa per lui, che però doveva essere un segreto solo nostro. Io, da brava bambina, ho eseguito. Ma poi, quando mia madre è venuta a prendermi, le ho detto che non volevo più andare in palestra. Lei era molto meravigliata, perché ci ero sempre andata volentieri e poi evidentemente non AVETE UNA STORIA DA RACCONTARE? [email protected] OPPURE AL SITO INTERNET: www.doppiadifesa.it SCRIVETE A: aveva motivo di essere sospettosa: ero già molto introversa di mio e non posso certo farle un torto se non si era accorta che negli ultimi tempi ero stata particolarmente silenziosa. Fatto sta che per un po’ mi ha forzata ad andare, ma dopo un paio di settimane di pianti e di incubi ha rinunciato». E oggi? «Questa esperienza è come se mi si fosse insinuata per sempre sotto pelle: è un dolore costante, a volte lo sento di più, altre meno. Ma c’è sempre. Ed è faticosissimo. Anche oggi, che sono sposata e che ho una bambina. Nei confronti della quale sono, naturalmente, iperprotettiva». Secondo te, perché è passato così tanto tempo prima che ti decidessi a chiedere aiuto a qualcuno? «Facevo fatica a superare la vergogna. Una volta ne ho parlato con un’amica, e me ne sono pentita: mi ha detto che, certo, doveva essere stata una brutta esperienza, ma che le sembrava che l’avessi superata. E che se c’era qualcuno che doveva vergognarsi, quello era lui e non certo io. Lo so bene che è lui che dovrebbe vergognarsi, ma è proprio questo paradosso, che io debba vergognarmi, che mi fa stare male! Mi rivedo bambina in quello spogliatoio e penso che avrei dovuto reagire, ribellarmi: dove qualcun altro vedrebbe una vittima, io vedo un’imbecille. Sì, è vero, ho un marito che mi vuole bene e una figlia che amiamo moltissimo, faccio anche un lavoro che mi piace: ma rimane una cicatrice dolorosa e, visto che da sola non sono riuscita a cancellarla, adesso voglio provare a farlo con l’aiuto di qualcuno». 9