Intervista di Eugenio Orru

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Intervista di Eugenio Orru
Un sigillo venuto da Boston
Chiacchierando col numero uno
dell’endodonzia mondiale
Intervista al Prof. Herbert Schilder di
Eugenio Orrù, pubblicata nella rivista
Dental Express Sardegna, anno II,
n° 7 1988, in occasione di un corso
di aggiornamento tenuto dal Prof.
Schilder a Cagliari nello stesso anno.
Vol. 9, Nr. 1
LA SCHEDA
HERBERT SCHILDER
Docente e Direttore del reparto di Endodonzia presso la Boston University,
School of Graduate Dentistry da venticinque anni, è noto in tutto il mondo per la tecnica della condensazione
verticale della guttaperca che da lui
prende il nome. Autore di circa sessanta tra testi e lavori originali sul tema
endodontico, nell’85 e 86 ha ricoperto
la carica di presidente dell’American
Association of Endodontists.
Si è laureato nel 53 presso la New York
University, College of Dentistry
Dal ‘75 è membro dell’Internation
College of Dentistry (FICD)
Dal ‘79 membro dell’American College of Dentists (FACD)
Presidente della Massachusetts Dental
Society
Direttore dell’American Board of Endodontists
Membro Onorario della European Society of Endodontology
La faccia agrodolce, un sorriso amaro, il
corpo nervoso, il tono di voce basso che ogni
tanto scoppia in una risata straordinariamente acuta, ironica, contagiosa.
Pochi gesti, ma rapidi e decisi, la dialettica caparbia dell’opinion leader risoluto, le
rughe della sua fronte si presentano perennemente increspate come a sottolinearne la
vivacità intellettuale unita ad una personalità calma e rif1essiva ma pragmatica.
Herbert Schilder è uno dei maestri della
moderna endodonzia.
Il suo nome, unito a quello della sua tecnica per la condensazione verticale della guttaperca, ha fatto il giro del mando.
Se le nostre cognizioni sull’eziologia, la patogenesi, la terapia e la prevenzione delle
malattie della polpa con le relative impli-
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L’Informatore
Endodontico
cazioni in campo conservativo e protesico,
sono progredite in maniera così spettacolare,
il merito spetta soprattutto a lui.
D. La costante e progressiva tendenza, da parte dei pazienti e dei loro
dentisti, a curare i denti piuttosto che
estrarli, ha di conseguenza determinato un rapido e diffuso interesse verso
l’endodonzia, una materia in passato
circondata dal mistero e non conosciuta nei suoi reali aspetti fisio-patologici.
Quali sono state, a suo parere, le ragioni profonde di tale mutamento?
R. Prima di tutto, ragioni economiche e sociali; perché per praticare
1’odontoiatria ad un buon livello occorre un ampio ceto medio che necessiti di cure dentali.
Poi occorre una tecnologia che fornisca le apparecchiature adeguate e delle
possibilità di apprendimento per farla
funzionare. Venticinque anni fa l’Italia
si stava ancora riprendendo dalla seconda guerra mondiale e vi erano poche persone interessate a discutere di
tali argomenti nelle Università. Si faceva poca ricerca e, d’altro canto, erano
veramente pochi i pazienti sensibili a
praticare questo tipo di cure.
Ma ora il livello di benessere è aumentato, si vedono persone ben vestite,
gente che viaggia, che si sposta con
facilità. Altrettanto è avvenuto nel
campo dell’endodonzia. Si è dovuto
aspettare che avvenissero dei mutamenti nella società e la seconda cosa
che è dovuta avvenire è stata suscitata
dall’interesse, in modo che i dentisti
acquistassero fiducia in se stessi e nelle
cure che avrebbero praticato.
Ogni altra considerazione deriva da
queste.
D. Qual è l’insegnamento più impor-
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tante che ha appreso dal suo maestro,
Grossman?
R. Credo che ciò che ho veramente
imparato da lui sia stato l’essere metodico.
Vale a dire fare tutto step by step un passo dopo l’altro. Nel mio lavoro
tutto deve essere esatto, preciso, sotto
controllo, svolto con metodo.
Era una persona del tutto dedita al suo
lavoro. Ogni volta che poi ho cambiato
qualcosa di ciò che lui faceva, ho sentito che lui ne era compiaciuto, non ne
era scontento.
D. Ha dovuto affrontare molti pregiudizi prima di veder affermate le
proprie idee?
R. In principio alcuni dei miei professori apprezzavano le mie teorie ma
altri, coloro che per molti anni avevano avuto qualcosa da sostenere, erano
prevenuti, ritenevano le mie sole bestemmie. Ero accettato solo da coloro
che non avevano una loro canzone da
cantare. In seguito ho provato su me
stesso che non fa piacere insegnare endodonzia per vent’anni e poi vedere
spuntare qualcuno all’improvviso che
ti dice che hai sbagliato tutto. Cosa si
dovrebbe rispondere? “Grazie giovane
collega, sono contento che tu mi abbia
mostrato tutti gli errori che ho commesso durante il mio cammino. Ti ringrazio molto!”
Ora molti dei miei professori ancora in
vita mi danno ragione. C’è solo voluto molto tempo. Ed è divertente veder
ora accettate le proprie idee un po’ in
tutto il mondo.
LA DIGA IN ENDODONZIA
D. L’uso della diga è importante per
il buon esito di ogni trattamento en-
dodontico. Diversi dentisti che sono
d’accordo con questa affermazione, in
realtà non la usano sempre nella pratica quotidiana.
Quali sono i motivi per cui la diga
deve essere usata?
R. Ti dirò: sono sorpreso. Credo comunque che ciò che dici sia vero. Direi che la diga è importante per molte
ragioni. La prima è che quando si ha
a che fare con una polpa morta, in cui
non vi è più vascolarizzazione, il dente si trova in una condizione di scarsa resistenza alle infezioni. L’obiettivo
principale è quindi ripulire il canale
dei microrganismi esistenti, non aggiungerne altri.
Vi sono poi delle valide ragioni medico-legali per usarla. Molti, tanti processi sono stati intentati negli USA
contro dentisti i cui pazienti avevano
ingerito un reamer o un file. Per cui
anche coloro che prima erano scettici
hanno preso ad usarla. Tieni presente
che attualmente i chirurghi orali dopo
l’estrazione di un molare superiore tendono a non curettare l’alveolo proprio
per non incorrere in possibili guai.
La diga, isolando il dente, consente di
concentrarsi su quello che si sta facendo ed aiuta a tenere lontani gli altri
problemi.
A volte mi capita di lavorare senza diga
perché la situazione anatomica non me
lo consente. Poiché nel mio studio
sono aiutato da due assistenti, capita
che talora vi siano sei mani nella bocca
del paziente che cercano, per esempio,
di allontanare l’ipoclorito dalla bocca
o tenere la saliva fuori dal dente. Ti assicuro, allora, che la situazione diventa
insostenibile.
E se questo mi capita con un paziente al quale, magari, cinque anni prima
era stato curato un dente con la diga,
sai che cosa mi dice?
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“Come mai non mi mette la diga anche questa volta?”
Forse si tratta di un problema di cultura dentale. E’ importante quindi che
diventi parte della pratica quotidiana
di ognuno.
D. Una delle cause più frequenti dell’insuccesso della terapia edodontica è
l’incompleta otturazione del canale.
A questo proposito, qual è il rilievo da
attribuire alla presenza di eventuali canali laterali?
R. I canali laterali giocano un ruolo
molto importante, in quanto oggi si sa
che sono presenti lungo tutto il canale
radicolare in circa il 40% dei casi.
Ti potrei mostrare molti casi in cui
sono presenti delle lesioni grandi
quanto un’unghia di un pollice, casi
in cui l’apice sembra che vada bene ed
invece la lesione sta lì. Ebbene, spesso
la vera causa è da ricercare in un canale
laterale che non è stato riempito. Ogni
porta d’uscita deve essere sigillata.
Questa deve essere la logica conclusione di una terapia canalare condotta positivamente a termine.
D. Le basi razionali della chirurgia
endodontica hanno anche esse subito
dei cambiamenti. Quando crede che
l’apicectomia resti l’unica alternativa
alla terapia canalare?
R. L’unica indicazione alla chirurgia è
il miglioramento del sigillo apicale.
Se questo già esiste, la chirurgia non è
necessaria. Se invece la lesione è di origine endodontica, deriva cioè da problemi all’interno del canale radicolare,
-non intendo cisti di natura diversa- la
sola indicazione resta il miglioramento
del sigillo apicale.
D. Ognuno di noi possiede in studio
strumenti elettronici o dispositivi ad
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ultrasuoni utili alla propria professione. Il materiale che invece utilizziamo
più spesso per l’otturazione dei canali, la guttaperca, ha più di centodieci
anni. E’ ancora questo il materiale di
scelta, e perché?
R. E’ senz’altro molto importante.
L’abbiamo infatti utilizzata su milioni di
persone, verificando che è stabile meccanicamente e dimensionalmente, restando esattamente come la metti, tanto che
con essa si potrebbe ottenere un’ottima
impronta dei canali radicolari.
I GRATTACIELI DI NEW YORK
Quando ero uno studente, Grossman
predisse che in futuro avremmo otturato i canali con un cemento che allora
veniva utilizzato nell’industria aeronautica. Sapevo che ciò non sarebbe
mai avvenuto ed infatti così è stato.
Chi è affascinato dalle novità?
Se vai a New York noterai che ogni anno
cambiano qualche grattacielo. Prima
lo buttano giù e poi lo ricostruiscono.
Ma questo non è un miglioramento, è
solo una variazione. Molta gente sente
solo il bisogno di cambiare.
Così è stato con l’Hydron, un materiale tremendo che prima veniva utilizzato in chirurgia plastica: prima è andato
su, poi è ricaduto giù come una palla
di piombo. Ciò che non va, in realtà,
non è la guttaperca, ma il modo di
usarla. Conosci Sargenti? Lui è un mio
buon amico, è svizzero.
Quando ero presidente dell’American
Association of Endodontists, fui l’unico che gli rivolse la parola durante
un’assemblea. Ognuno ha delle paste
con cui otturare i canali. Così gli Inglesi hanno le loro paste, altrettanto i
Francesi, etc. Sono tutte sostanze che
non possono funzionare bene fino a che
non si ripulisce al meglio il canale. Solo
talvolta funzionano, questo è il motivo per cui taluni le usano. Ritornando
a Sargenti: ti riferisco solo ciò che ebbe
a dirmi un giorno, e cioè che quando
avesse avuto bisogno di una cura canalare sarebbe venuto da me, a Boston, a
farsela fare, perché solo io saprei attuare la mia tecnica che, secondo lui, richiede troppa abilità. Son convinto che
le mie mani non sono molto diverse, a
tal scopo, da quelle di chiunque pratica con scrupolo l’odontoiatria.
pucciamenti della polpa. E viceversa.
E’ sufficiente attuare la terapia in una
sola seduta?
R. Devo dire che quando si ha solo un
breve periodo di tempo programmato
non si può portare a termine un buon
lavoro.
Ma che cosa è realmente il tempo di
una serie di visite programmate? In
una seduta successiva si può scoprire
un secondo canale che magari era sfuggito nella precedente.
D. Che cosa pensa dell’uso dei coni
d’argento e della terapia canalare con
ossido di calcio?
R. Credo che la terapia con ossido di
calcio non abbia alcuna importanza attualmente nel mondo dell’endodonzia,
all’infuori dell’Italia e della Francia.
Negli USA non viene commercializzato. So come dovrebbe agire, ma so anche che chi la usa non ama discuterne
con i colleghi.
Riguardo ai coni d’argento, li ho utilizzati io stesso per molti anni, ma poi
li ho abbandonati perché non consentono una valida otturazione del canale nelle tre dimensioni. Credo che su
mille endodontisti americani solo cinque li usino ancora.
IL CEMENTO IDEALE
D. Parliamo di incappucciamento diretto della polpa.
R. Ogni dentista dovrebbe fare solo
cose con cui si sente a proprio agio.
Molti dentisti incappucciano la polpa, ma io non lo raccomando. Il mio
dipartimento non lo raccomanda, nè
il dipartimento di odontoiatria operativa, nè il dipartimento di protesi, nè
molti altri.
Perciò diciamo come vanno spesso le
cose. Meno sofisticato è il livello dell’endodonzia, maggiori sono gli incap-
L’ampia disponibilità di diversi tipi di
cementi canalari sta forse ad indicare
che quello ideale non è stato ancora
inventato. Mi dica quale usa lei nella
pratica quotidiana.
R. Uso solamente il cemento della
Kerr, il Pulp Canal Sealer. E’ disponibile in capsule più un flaconcino di
liquido. Di solito invece che una sola
capsula più una goccia, io uso una capsula più un terzo di un’altra capsula,
conservando la polvere che rimane per
sporcare un po’ la punta del plugger
durante la condensazione. Agendo in
questo modo ho constatato che il cemento non perde le sue caratteristiche
ma diventa più duro.
D. Come tratta le urgenze nel suo
studio? Qual è la sua ricetta per la sindrome pulpare acuta?
R. La diagnosi deve essere rapida; il
dolore è violento, intermittente e mal
localizzabile. Il test del caldo è spesso risolutivo ed è caratterizzato da un dolore
che insorge tipicamente dopo una latenza di un secondo per poi scomparire.
D. Che tipo di anestesia pratica?
R. Come per ogni trattamento endo-
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dontico su polpa vitale, somministro
sempre dell’anestetico che, negli inferiori, inietto a livello tronculare.
Non pratico mai l’intraligamentosa.
Con l’anestetico che rimane (circa un
quinto di una carpule) pratico anche
un’iniezione sulla gengiva linguale in
un punto che sta a metà fra il bordo
gengivale del dente interessato ed il
pavimento della bocca. Se iniettando
si esercita molta pressione, il punto è
esatto, siamo sotto il periostio. L’anestetico che utilizzo è la xylocaina al 2%
con epinefrina. Procedendo in questo
modo devo ricorrere all’anestesia intrapulpare solo una o due volte all’anno.
D. Come procede poi il trattamento?
R. Dopo aver inserito la diga, è necessaria la massima asepsi. Quindi elimino le parti cariate del dente, asporto
la polpa camerale con un tiranervi, irrigo abbondantemente con ipoclorito
di sodio e termino inserendo sul fondo
della cavità un primo pellet di cotone
sterile seguito da un altro modicamente inumidito di cresatin. Sigillo infine
tutto con del Cavit, preoccupandomi
di alleggerire l’occlusione sul dente interessato.
Trattato in questo modo il dente potrebbe star bene anche per tre o sei
mesi, anche se a noi sarà suficiente che
passi una settimana per completare la
cura canalare.
D. E’ vero che in genere è piuttosto
riluttante a prescivere antibiotici?
R. Si. Uno dei pochi casi in cui li prescrivo è l’ascesso alveolare acuto. In
questi casi, dopo aver drenato la cavità, consiglio al paziente di fare degli
sciacqui con acqua e sale (Quanto? Un
po’...) per due minuti ogni mezzora.
Quindi, a scopo ansiolitico, gli consegno una ricetta con la prescrizione di
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un antibiotico e la raccomandazione
di prenderlo solo a tarda sera se sentirà dei dolori, cosa che avviene di rado.
A proposito di antibiotici: sai quante
persone sono morte l’anno scorso negli
USA per shock anafilattico da penicilline? Quaranta. E sai quante da AIDS
contratto nello studio odontoiatrico?
Neanche una. Quindi, piuttosto che
occuparsi tanto di questa nuova malattia, sarebbe meglio preoccuparsi di
evitare queste morti. Io, da parte mia,
quando diventa indispensabile, prescrivo l’eritrocina.
CONDENSAZIONE LATERALE,
CLOROPERCA, McSPADDEN ED
ALTRO.
D. Qual è il suo parere sulla tecnica
della condensazione laterale della guttaperca, uno dei sistemi più utilizzati
oltre oceano?
R. Mi sembra proprio un non-senso,
un’aberrazione logica. Da sezioni seriate esaminate al microscopio risulta
che il canale si presenta occupato da un
agglomerato di coni con delle lacune a
fianco, a volte vuote, a volte occupate
dal cemento.
D. E gli altri sistemi utilizzati per
condensare la guttaperca?
R. Il cloroformio, utilizzato per ammorbidire la guttaperca, presenta diversi aspetti negativi. Per esempio, la
cloroperca che ne deriva è un materiale che tende a retrarsi in modo incontrollabile. Inoltre si è dimostrato
che il cloroformio tende a permanere
all’apice per diversi giorni. Non dimentichiamo che la Food and Drugs
Administration sospetta che sia cancerogeno. Io non lo uso.
Sul compattatore di Mc Spadden c’è
poco da dire. La ditta che lo produceva
è fallita e si è trasferita in un’altra città.
Per quanto riguarda la pistola che
inietta la guttaperca calda è un sistema
per chi si illude che basti non pulire
bene e sagomare il canale.
D’altro canto se il canale fosse ben pulito e sagomato sarebbe sufficiente un
plugger per la condensazione.
D. Può illustrarmi le fasi più importanti del trattamento endodontico alla
maniera di Schilder?
R. “Cleaning and shaping”, pulire e
sagomare i canali. Questi sono i principi basilari dell’endodonzia. Il nostro
trattamento deve essere sempre condotto pensando che i canali non hanno
una forma conica, bensì contengono
infiniti piani nello spazio, possiedono
una loro tridimensionalità. Dopo una
seduta dedicata al pretrattamento, nel
corso della quale ho proceduto ad eliminare la dentina cariata e gli eventuali residui di amalgama, cingendo poi
il dente con una banda ortodontica od
un anello di rame ed otturando con del
cemento all’ossifosfato, in seconda seduta mi accingo alla preparazione ed
otturazione dei canali. Applicata la
diga, mi porto verso la camera pulpare
con una fresa a palla n° 4 o n° 6 con
un numero di giri ridotto a 75.000 per
apprezzare meglio la caduta della fresa
in cavità.
SCIVOLANDO COME I GATTI
D. Come si elimina la polpa?
R. Mediante un tiranervi al quale applico una rotazione di 180°. Poi irrigo con ipoclorito di sodio alternato ad
H2O2 mediante una siringa con ago
n° 22 nella quantità di 1-2 ml ad ogni
passaggio. Scatto una Rx, quindi ini-
zio il cauto sondaggio con una lima
n° 10, la cui punta ho adeguatamente
precurvato. Dopo di ciò procedo con
i numeri superiori. In queste fasi non
bisogna “fight the canal”, combattere
contro il canale. I movimenti devono
essere lenti, scivolando come i gatti...
Arrivato in genere al n° 35 comincio
la ricapitolazione. Gli strumenti ora
procedono meglio in direzione apicale perché l’angolo d’incidenza è cambiato.
D. Cosa si intende per ricapitolazione?
R. Significa ritornare all’ultimo strumento che arrivava, nella sequenza
precedente, all’apice radiologico.
D. Che strumenti utilizza in genere?
R. I Flexofiles prodotti dalla Maillefer,
in quanto sono molto flessibili e non
tendono ad impuntarsi contro le pareti.
D. Può riassumere le fasi salienti della
condensazione verticale?
R. Poiché ciò che più importa è l’adattamento del cono alle pareti del canale,
non la sua lunghezza, ricerco il cono
più adatto tra i non standardizzati tagliandone adeguatamente la punta.
Poi lo inserisco nel canale. Bisogna
avere la sensazione tattile dell’attrito
del cono lungo le pareti del canale e
della resistenza che offre togliendolo.
Resistenza che non deve essere a metà
canale, ma all’apice. Quindi sporco
un po’ la punta del cono col cemento ed un altro po’ lo inserisco nel canale con un lentulo girato a mano. A
questo punto inserisco il cono, e per
scaldare la guttaperca utilizzo un heat
carrier elettrico della Analytic Technology che agisce in pochi secondi. Uno
strumento simile, l’Endotec, prodotto
dalla Caulk, la quale peraltro produce anche i miei strumenti, è del tutto
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inutile.
D. Quanti plugger le occorrono di solito?
R. Di solito ne uso tre, dall’8 al 10.
Quindi, scaldando e condensando, arrivo a 5-6 mm dall’apice, ricontrollo
radiograficamente (uso un sistema rapido che richiede solo 15 secondi) e
poi passo dalla fase discendente a quella ascendente riempiendo i due terzi
coronali con dei pezzetti di guttaperca
scaldati e compattati.
Se tutto si è svolto senza intoppi - le
mie assistenti hanno l’ordine, in questa fase, di non disturbarmi neanche
se la casa dovesse bruciare. Credo comunque di non correre questo pericolo
in quanto il mio palazzo è costruito in
acciaio e vetro... - allora la tecnica ha
richiesto nel complesso solo pochi minuti.
L’ENDODONZIA DI DOMANI
D. Di quali ricerche si sta occupando
attualmente il suo Istituto?
R. Abbiamo diversi progetti. Ci stiamo interessando, per esempio, delle
proprietà chimico-fisiche e termiche di
certi materiali dentali; di enzimi e tossine batteriche che finiscono dal sistema dei canali all’interno dell’osso; di
rigenerazione dell’attacco parodontale;
di studi al microscopio elettronico sul
danno dei tessuti causato dalle tossine
di origine endodontica;
A Boston abbiamo un vero esercito
di laureati che seguono i nostri corsi
postgraduate e che ci aiutano nella ricerca.
D. Scruti ora nella sua sfera di cristallo
e provi a rivelarmi quale sarà il futuro
dell’Endodonzia.
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R. Il futuro dell’Endodonzia consisterà
nel fornire di una buona Endodonzia
le aree che ancora non ne usufruiscono.
In questo senso c’è ancora spazio per
i prossimi venti, cinquant’anni forse,
fino a quando non esisterà più la carie.
Sono certo che delle buone tecniche
esistono, il livello dell’economia mondiale va migliorando, per cui possiamo
essere ottimisti.
L’Italia è proprio il miglior esempio del
progresso in endodonzia negli ultimi venticinque anni.