Vol.8 N.3 - Studio Castellucci

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Vol.8 N.3 - Studio Castellucci
Quali sono le implicazioni di
un’otturazione “corta” in una
terapia endodontica?
Richard Mounce, DDS
Per contenere le riflessioni sollevate da
questa domanda potrebbe bastare un
libro di dimensioni modeste, ma la relativa risposta ha implicazioni enormi per
il successo a lungo termine di una terapia endodontica. In generale, maggiore
è la quantità di spazio canalare rimasto
non deterso e non riempito in seguito
al trattamento di un canale radicolare,
più alto è il rischio di un fallimento
della terapia. D’altra parte, se il trattamento endodontico simula un’estrazione, le probabilità di guarigione saranno
maggiori. L’estrazione funziona poiché
al paziente viene rimossa l’intera polpa.
La vera difficoltà per il clinico sta nel
decidere fino a che punto, in una data
terapia, l’otturazione endodontica debba
essere spinta nel canale. Come già accennato, il livello dell’otturazione canalare è
fondamentale per il successo a lungo termine della terapia. Detergere, sagomare
e otturare una porzione incompleta dello
spazio del canale radicolare comporta la
probabilità e, talora, la certezza che una
parte dello spazio canalare rimanga non
detersa e non riempita, specie se il livello dell’otturazione è stato determinato
sulla base di medie anatomiche arbitrarie piuttosto che tenendo conto dell’effettiva sede del forame apicale.
Per introdurre questo argomento è
importante soffermarsi sull’anatomia
apicale, poiché la complessità del forame
apicale è variabile e talvolta un forame
vero e proprio o una costrizione minore
possono non essere presenti. Ne consegue che non sempre è facile stabilire in
che punto debba terminare l’otturazione
del canale radicolare in una data terapia.
Per esempio le radiografie possono essere
imprecise a causa di errori di angolazione o di sviluppo, mentre i localizzatori apicali in certe condizioni possono non essere del tutto affidabili, ecc...
Complica ulteriormente la situazione
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la mancanza di accordo nella comunità endodontica riguardo al livello di
otturazione ottimale. Alcuni ritengono
auspicabile ottenere e mantenere la pervietà apicale mentre altri sostengono che
l’otturazione debba arrivare fino ad un
punto localizzato arbitrariamente prima
dell’apice radiografico del dente.
In generale, la terminazione ideale nei
trattamenti endodontici è la sede del
minore diametro (costrizione) del forame
apicale e qualsiasi materiale da otturazione (guttaperca o materiali adesivi softcore quali Resilon, (Resilon Research,
Madison, CT) o RealSeal, (SybronEndo,
Orange, CA) dovrebbe essere contenuto
al di sopra di questo livello. Una discussione più proficua circa il livello da raggiungere con l’otturazione dovrebbe
proporsi di individuare con precisione
un punto di arrivo valido e riproducibile per qualunque caso che consenta di
massimizzare il successo a lungo termine
della terapia e al contempo di ridurre
l’estrusione dei materiali da otturazione
e il rischio di danni iatrogeni.
Tenendo ben presente questo obiettivo, durante l’esplorazione iniziale di un
canale, in certi casi è possibile avvertire, tramite percezione tattile, un “clic”
in corrispondenza del forame apicale.
Il canale può essere pervio oppure può
presentare gravi calcificazioni oppure il
forame può uscire ad ogni angolo possibile dal canale principale che non pertanto risulta in alcun modo sondabile. Perciò è importante utilizzare lime
precurvate per esplorare il terzo apicale
nonché praticare un’abbondante irrigazione seguita da ricapitolazioni per
accertarsi che il canale sia costantemente
strumentabile nel corso di tutta la terapia. In media, il forame si trova a 0,260,99 mm dall’apice anatomico.
Mentre questa media anatomica potrebbe rivelarsi preziosa come linea guida,
L’Informatore
Endodontico
Vol. 8, Nr. 3
2005
non è molto utile per determinare l’effettiva lunghezza di lavoro nel caso particolare che il clinico sta trattando. A
tal proposito, molti sistemi canalari presentano dei delta apicali che dovrebbero essere immersi negli irriganti quali
l’ipoclorito di sodio al fine di dissolverne
i contenuti per quanto possibile clinicamente. È un dato di fatto che strumenti
di qualsiasi tipo, lime K o strumenti rotanti, non possano essere ripetutamente collocati nei canali laterali, la cui
detersione dipende quindi unicamente
dall’irrigazione.
Muovendosi in direzione apicale, la
varietà e il numero dei canali laterali e
dei delta apicali divengono più complessi e variegati. Ne consegue che, maggiore è la distanza dall’apice anatomico
di una data otturazione, maggiore è la
quantità di anatomia laterale che rimane
non riempita, specie in presenza di forami multipli. Nella figura 1, l’effettiva
otturazione del canale radicolare può
trovarsi a solo 2 mm di distanza dall’apice anatomico. Se però consideriamo
i forami multipli, appare evidente che
l’accumulo di fango dentinale ha creato
un blocco apicale, lasciando circa 5-7
mm di spazio non deterso e non riempito nel terzo apicale. Spesso questi forami sono visibili solo dopo l’otturazione
eseguita con tecniche a caldo quali il
System B o la compattazione verticale di
guttaperca calda. È importante renderci
conto che questo può essere evitato in
vari modi:
1) Precurvando tutti gli strumenti
manuali da inserire nei canali.
2) Irrigando in abbondanza con ipoclorito di sodio.
3) Ottenendo la pervietà apicale.
4) Mantenendo la pervietà apicale tramite le ricapitolazioni.
5) Cercando attivamente di percepire
il “clic” quando la lima K esce dalla
costrizione apicale.
6) Usando l’EDTA per i casi vitali specialmente in forma di gel, così da
emulsionare la polpa e tenerla in
sospensione fino ad effettuarne la
rimozione tramite irrigazione di ipoclorito di sodio.
In breve, le implicazioni cliniche di
otturazioni “corte” sono molto significative. Più lontano dall’apice anatomico
viene completata l’otturazione del canale
radicolare, maggiore è la quantità di
spazio non deterso e non riempito che
rimane nel sistema dei canali radicolari,
comportando il rischio di un futuro fallimento.
Il Dr. Mounce desidera ringraziare il
Dr. Gary Carr, EIE2, PERF e il Digital
Office Program for Endodontists per
l’immagine riprodotta in figura 1.
Crediti fotografici: Dr. Carr, EIE
II (Excellence in Endodontics),
PERF (Pacific Endodontics Research
Foundation) e il Digital office Program
for Endodontists.
Figura 1
Una porzione significativa di spazio
canalare rimane non detersa e non
riempita dopo l’otturazione del canale
radicolare nei vari canali del delta apicale. Anche se l’otturazione del canale
radicolare visualizzato nella radiografia
sembra corta di circa 2 mm, in realtà
la distanza è molto maggiore tenendo
conto dell’anatomia canalare non
trattata (Courtesy of Dr. Gary Carr,
EIE II, Pacific Endodontic Research
Foundation and The Digital Office
Program for Endodontists).
1
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Il ritrattamento
endodontico per il
dentista generico
Richard
CliffordE.
J. Mounce,
Ruddle, DDS
Gary D. Glassman, DDS
Il ritrattamento ortogrado di un fallimento endodontico non è comune nella
pratica di un dentista generico. Alcuni
ritrattamenti complessi richiedono naturalmente una formazione specialistica,
uno strumentario adeguato e molta esperienza se si vuole che la terapia sia anche
remunerativa. Per eseguire un ritrattamento complesso sarà necessario avvalersi del microscopio e di strumenti ad
ultrasuoni nonché sapere far fronte a una
vasta gamma di danni iatrogeni, come
ad esempio la riparazione di perforazioni, la rimozione di oggetti metallici di
ogni genere (lime K, perni, allargacanali, lime di Hedstroem, coni d’argento,
lentuli, strumenti rotanti in nichel-titanio, ecc…), il superamento di gradini o
di intasamenti canalari.
Ciò detto, in alcuni casi di fallimento
della terapia endodontica, il ritrattamento può essere eseguito con successo anche
dal dentista generico. Si tratta di casi in
cui il fallimento può essere dovuto a un
1a
fattore di minore entità che ha avuto
però conseguenze notevoli sul risultato
finale. In sostanza, la ragione del fallimento si identifica con un problema la
cui soluzione non comporta difficoltà
alcuna. È importante ricordare che le
ragioni del fallimento di un trattamento
endodontico sono sostanzialmente tre:
- spazio non deterso e non riempito con
il materiale per otturazione all’interno
del sistema dei canali radicolari
- microinfiltrazioni coronali successive
al trattamento
- fratture verticali della radice (Figg. 1a,
1b e 2).
Mentre queste ultime richiedono l’estrazione del dente e non è facile riparare gravi danni iatrogeni, una microinfiltrazione coronale (che contamina il
sistema dei canali radicolari pur detersi
e sagomati adeguatamente al momento del trattamento) è un problema che
può essere risolto facilmente. Inoltre,
se la presenza di spazio non deterso e
non riempito è il risultato di sagomatura e detersione inadeguate in mancanza di una grave danno iatrogeno, con
ogni probabilità la rimozione della sola
guttaperca e un’eccellente detersione
biomeccanica agevoleranno il processo
di guarigione. In molti casi, una volta
che i precedenti materiali da otturazione
sono stati rimossi e si è stabilita la pervietà canalare, il trattamento può essere
portato a termine con facilità come se si
Figure 1a e 1b
Fallimento dovuto a uno spazio significativo rimasto non deterso e non
otturato all’interno del sistema dei
canali radicolari, e suo ritrattamento.
Nelle 2 radici erano presenti tre lime
fratturate.
Figura 2
Fallimento dovuto a microinfiltrazione
coronale che ha compromesso un
risultato clinico altrimenti eccellente.
Pag. - 20
1b
2
L’Informatore
Endodontico
Vol. 8, Nr. 3
trattasse di una normale terapia endodontica.
Questo articolo descrive passo passo
i metodi più efficaci per la rimozione
della guttaperca, onde aiutare i dentisti non specialisti a determinare quali
casi siano alla loro portata, vale a dire
a riconoscere se le loro competenze e
gli strumenti che hanno a disposizione
consentano di portare a termine il ritrattamento con risultati eccellenti.
Il punto di partenza
Il punto di partenza consiste nel valutare attentamente il fallimento del precedente trattamento. Il dentista deve
giudicare con onestà se è all’altezza o
meno del caso che gli si presenta, ovvero se possiede la necessaria formazione,
attrezzatura e competenza per fornire un
eccellente servizio al paziente, tenendo
conto della situazione clinica. Le condizioni del dente devono essere valutate
in dettaglio per stabilire se è possibile
restaurarlo, valutare la sua funzionalità,
individuare gli eventuali danni iatrogeni
e/o l’origine del fallimento (se visibile) e
le condizioni parodontali. Fondamentale
è inoltre determinare quali benefici
comportino il ritrattamento e il nuovo
restauro rispetto alle possibili alternative.
Il punto di partenza ideale consiste nell’effettuare molteplici radiografie del
dente da varie angolazioni: ortoradiale,
mesiale e distale. Come minimo, tale
valutazione preliminare richiederà anche
il test di percussione, palpazione e controllo della mobilità del dente nonché i
sondaggi parodontali. Occorrerà valutare
la possibile esistenza di frattura verticale
della radice, anche qualora non appaia
immediatamente evidente (Figura 3).
Del resto, non è raro che si verifichino
fratture verticali di radice dovute specialmente a perni male inseriti (soprat-
3
2005
Figura 3
Significativi danni iatrogeni che necessiterebbero di una visualizzazione al
microscopio e l’utilizzo di ultrasuoni.
Il ritrattamento, che richiede una
formazione avanzata e specifiche competenze, deve essere eseguito da uno
specialista in endodonzia
tutto del tipo attivo) e il successo di una
terapia endodontica bene eseguita può
essere compromesso da una successiva
frattura verticale.
Tale valutazione, qualunque sia il suo
grado di accuratezza, non garantisce
che non si presenteranno problemi. Per
esempio, la frattura di lime K dalla n°
6 alla n° 10 spesso non è riscontrabile
in radiografia e accade di frequente che
l’impossibilità di sondare i canali sia
dovuta alla presenza di uno di questi
strumenti fratturati e non abbia niente
a che vedere con la presenza di calcificazioni. Una esaustiva discussione dell’accesso nel ritrattamento endodontico va
oltre gli obiettivi del presente articolo,
ma è importante notare che nei casi di
ritrattamento sono spesso presenti perforazioni antiche o recenti non visibili nelle radiografie perché oscurate dai
margini coronali. Si raccomanda la massima attenzione.
Rimozione della guttaperca
In molti casi, la rimozione della guttaperca nei terzi coronale e medio può
essere eseguita tramite il calore, proveniente ad esempio dalle sorgenti di
calore System B, Elements Obturation
Unit o Touch’n Heat. La sequenza da
utilizzare per la rimozione della guttaperca è simile a quella che si usa nella
fase di “down-packing” con il System B.
L’uso del calore comporta il considerevo-
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PROFILO DELL’AUTORE. Il Dr. Mounce ha uno studio endodontico privato a Portland,
Oregon. Ha realizzato un esauriente DVD sulla detersione, la sagomatura e l’otturazione del
sistema dei canali radicolari a beneficio del dentista generico. Il materiale è anche disponibile
sotto forma di CD audio e come Web cast pay-per-view. Per ulteriori informazioni, inviate
un email all’indirizzo [email protected]. Il dottor Mounce può essere contattato al
numero (503) 222 2111 o all’indirizzo email [email protected].
le vantaggio di fare a meno del solvente,
così da non sporcare inutilmente di guttaperca la camera pulpare. Per effettuare
la rimozione della guttaperca con queste
sorgenti di calore, il System B deve essere utilizzato come descritto di seguito.
Premendo il pulsante di attivazione omnidirezionale sul manipolo del
System B, si spinge il plugger nel centro del cono con un singolo movimento
(circa un secondo) fino a una distanza
di circa 3-4 mm dal punto di impegno
apicale. Mantenendo la pressione sul
plugger, si rilascia il pulsante. Il plugger rallenta il suo movimento in direzione apicale man mano che la punta
si raffredda (circa un secondo) fino ad
arrivare a 2 mm dal punto di impegno
apicale. Dopo che il plugger si è fermato in questo punto, la pressione apicale
su di esso viene mantenuta per 5-10
secondi. Una volta raggiunta la massa
apicale della guttaperca, il pulsante
viene di nuovo premuto per ottenere
un’emissione di calore della durata di un
secondo. Dopo questo riscaldamento di
separazione occorre fare una pausa di 1
secondo, dopodiché si rimuove il plugger e la guttaperca in eccesso. Poiché
Figura 4
Utilizzo del System B (compattazione
corono-apicale e riscaldamento di
separazione) per la rimozione della
guttaperca.
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4a
4b
questi plugger emettono calore dalle
punte, il riscaldamento di separazione
consente una rapida e sicura separazione del plugger dalla massa apicale di
guttaperca già compattata e indurita
(Figure 4a-4c) (adattato da: Mounce R.
Glassman G. Otturazione endodontica
adesiva: un altro salto di qualità per
l’endodonzia. Oral Health. Luglio 2004.
Questo articolo è disponibile all’indirizzo: http://www.oralhealthjournal.com/
issues/ISarticle.asp?id=152890&story_
id=2366915135).
In mancanza di queste fonti di calore, una strategia alternativa può consistere nell’uso di strumenti Shaper K3
(SybronEndo) aumentandone la velocità
da 1000 a 1800 rotazioni al minuto per
rimuovere adeguatamente la guttaperca
nei terzi coronale e medio. Gli Shaper
K3 possono essere usati normalmente per allargare gli orifizi e sagomare i
canali ma sono anche eccellenti per la
rimozione della guttaperca. Anche se
lo scopo può essere raggiunto con pari
efficacia con altri sistemi di strumenti
rotanti, gli autori del presente articolo
preferiscono gli Shaper K3 per la piacevole sensazione tattile che comunicano e
4c
PROFILO DELL’AUTORE. Il Dr. Glassman è Fellow del Royal College of Dental Surgeons in
Canada, collabora con la rivista Oral Health Dental Journal come consultente per l’endodonzia e fa parte di uno studio endodontico associato a Toronto, Ontario. Può essere contattato al
numero (416) 963 9988 o all’indirizzo email [email protected]
per la buona resistenza alla frattura. In
questa fase qualsiasi strumento si stia
utilizzando (Shaper o altro), questo deve
rimanere passivamente al centro della
guttaperca, senza tentare di strumentare la parete canalare. Poiché il precedente trattamento ha già allargato il
canale, può essere presente una parete
dentinale laterale sottile come un foglio
di carta (soprattutto in corrispondenza
della biforcazione) (ciò accade specialmente nell’aspetto distale della radice mesiale dei molari inferiori e nella
mesiovestibolare dei molari superiori).
Con questo movimento, il clinico cerca
solo di rimuovere il vecchio materiale
da otturazione, operazione per la quale
è sufficiente inserire delicatamente lo
strumento, senza spingerlo oltre quando
incontra una resistenza. Non si insisterà mai troppo sull’importanza della
rimozione passiva della guttaperca. Una
pressione apicale vigorosa o una forza
eccessiva possono facilmente causare uno
stripping della radice.
Quando lo Shaper K3 trova difficoltà
ad avanzare, si possono collocare poche
gocce di un solvente come il cloroformio
nella camera pulpare. Usando piccole
lime K a partire da una n° 10 o da una
n° 15, il clinico può lentamente iniziare a sciogliere la guttaperca nel terzo
medio per collocare il solvente dove
necessario per sciogliere la guttaperca. La rimozione della guttaperca con
mezzi chimici avviene lentamente, con
delicatezza e decisione al tempo stesso.
Una volta ammorbidita chimicamente,
la guttaperca deve essere rimossa usando
punte di carta che assorbono l’impasto di
guttaperca e cloroformio. L’inserimento
delle punte di carta avviene in modo
passivo così da non far fuoriuscire il
materiale apicalmente man mano che
il clinico avanza. Queste punte di carta
permettono inoltre al clinico di accertar-
si con maggiore esattezza di quanta guttaperca è rimasta nel canale. La sequenza
che prevede il collocamento del cloroformio nella camera pulpare cui segue
l’inserimento nel canale di lime K viene
ripetuta in moda da riempire il canale
di cloroformio senza fuoriuscite e portare avanti una lima K precurvata finché
questa scende passivamente dal canale.
Continuando ad utilizzare il solvente
nella camera e le lime K e continuando
ad immergere le punte di carta nell’impasto di guttaperca disciolta nel cloroformio, il clinico avanza apicalmente per
ottenere la pervietà canalare e di conseguenza determinare la totale lunghezza
di lavoro. Questa può essere inizialmente determinata tramite radiografie, localizzazione apicale elettronica, attraverso
la sensibilità tattile, o utilizzando tutte e
tre le procedure. Più tardi sarà possibile
controllare con i coni di carta il punto di
sanguinamento o di asciugatura e questo
servirà a controllare sia la lunghezza di
lavoro sia la pervietà del forame apicale. Più verifiche verranno effettuate per
confermare la lunghezza di lavoro, più
sicuro sarà il clinico che il canale è stato
deterso e sagomato adeguatamente.
Una volta determinata la lunghezza di
lavoro, la strumentazione può procedere
secondo il protocollo che il clinico è abituato a seguire. Per quanto riguarda la
detersione e la sagomatura in uno scenario come quello appena descritto, occorre
soffermarsi su alcuni punti essenziali.
È importante stabilire un sentiero guida
(glide path) per gli strumenti rotanti in
nichel-titanio prima di strumentare il
terzo apicale.
La quantità di detriti presenti nel canale
aumenta se rimangono dei residui di
guttaperca del precedente trattamento
canalare.
Creare un sentiero guida ben definito
per gli strumenti rotanti è essenziale per
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Il ritrattamento endodontico per il dentista generico
ridurre il rischio di una frattura dello
strumento.
La presenza di guttaperca può esercitare
un maggiore carico torsionale sugli strumenti e deviare la lima dalla reale traiettoria canalare, causando una perforazione
o il trasporto del canale.
Un’abbondante irrigazione con ipoclo-
5a
Figure 5a e 5b
Un caso clinico trattato secondo
quanto descritto nel testo. La guttaperca è stata rimossa e la pervietà
nuovamente ottenuta utilizzando sia
fonti di calore che mezzi chimici.
5b
Traduzione dell’articolo originale:
Bread and Butter Endodontic Retreatment
for the General Practitioner.
Dentistry Today 2005 (8):70-73
Copyright © Dentistry Today Inc.
Pag. - 24
rito di sodio gioca un ruolo essenziale
una volta che è stata aperta la traiettoria
canalare e serve a rimuovere dal canale tutti i detriti che possono facilmente essere portati in sospensione (polpa
necrotica, trucioli dentinali, guttaperca,
ecc…).
L’ottenimento e il mantenimento della
pervietà canalare durante questo processo possono comportare altre complicazioni, come la presenza di fango dentinale, che durante il ritrattamento può
depositarsi nel terzo apicale e divenire
causa di danni iatrogeni quali la frattura
dello strumento o l’intasamento oppure
il trasporto del canale (Figg. 5a e 5b).
Conclusione
In molti casi di fallimento di una precedente terapia canalare, la semplice rimozione della guttaperca effettuata come
descritto, in assenza di un danno iatrogeno significativo, consente un trattamento ottimale del dente.
Per commentare questo articolo, potete visitare
il forum di discussione all’indirizzo www.
dentistrytoday.com
Il ruolo dell’Odontoiatria
Restaurativa nel determinare
il successo o il fallimento in
Endodonzia
Richard Schwartz, DDS
L’Endodonzia e l’Odontoiatria Restaurativa sono strettamente correlate tra
loro. La terapia endodontica non può
avere successo se il trattamento restaurativo non è stato attentamente programmato e tempestivamente eseguito. L’Odontoiatria Restaurativa prevede la diagnosi, il piano di trattamento,
l’esecuzione clinica e il mantenimento.
Ognuna di queste fasi influenza l’esito
della terapia endodontica.
Questo articolo ha lo scopo di descrivere
il rapporto esistente tra Endodonzia e
Odontoiatria Restaurativa e prendere
in esame in quale maniera il processo
restaurativo influenza a lungo termine il
successo o il fallimento dell’Endodonzia.
È ampiamente accettato il fatto che
i batteri sono la causa primaria della
periodontite apicale 1 e dei fallimenti in
endodonzia. 2 Lo scopo primario della
terapia endodontica consiste nella eliminazione dei batteri dal sistema dei canali
radicolari. Uno degli scopi basilari del
restauro dei denti trattati endodonticamente deve essere la prevenzione della
reinfezione del sistema dei canali radicolari.3 La terapia canalare non si può considerare completata finché il dente non
è stato restaurato e finché la contaminazione batterica non è stata prevenuta.
Numerosi sono gli studi che hanno
riportato le varie percentuali di successo
e fallimento delle terapie endodontiche. Lo studio che forse è più spesso
citato è quello fatto presso l’Università
di Washington che riportava il 94%
di successi. 4 Tuttavia, altri studi trasversali, longitudinali, fatti sulla popolazione, riportano una percentuale di
successi oscillante tra il 40 ed il 60%.5,6
Perché esiste una tale ampia variabilità
di risultati? Si devono prendere in considerazione numerose varianti, come ad
esempio la selezione dei casi, la diagnosi
preoperatoria, l’isolamento e la tecnica
Pag. - 26
operativa.7 Un’altra variante che spesso è
sottovalutata ma che comunque è molto
importante, è il tempo che è trascorso
tra il completamento della terapia endodontica e l’esecuzione del restauro.
Questo articolo ha lo scopo di discutere
la filosofia che sta alla base e i vari passaggi critici del processo endodontico/
restaurativo e di descrivere il ruolo dello
specialista in Odontoiatria Restaurativa
nel determinare il successo o il fallimento della terapia endodontica.
Diagnosi e prognosi
Prima di iniziare qualsiasi procedura
clinica si deve sempre eseguire un’attenta valutazione sia clinica che radiografica. Tale valutazione deve comprendere anche un esame delle condizioni
pulpari dei vari denti. Recenti studi
hanno dimostrato che dal 3 al 22% dei
denti ricoperti da corone hanno la polpa
necrotica. 6-8 Senza dubbio, alcune di
queste polpe erano già necrotiche prima
che la terapia restaurativa venisse iniziata. Durante la prima visita, pertanto, è sempre consigliabile eseguire dei
test di vitalità pulpare su tutti i denti
con ampi restauri o con vitalità dubbia.
Nella maggior parte dei pazienti anche
il semplice test al freddo fornisce delle
risposte attendibili. Si deve poi eseguire
il test della percussione, della pressione
e la palpazione della zona apicale. In
questa maniera occasionalmente si può
scoprire che un dente peraltro asintomatico necessita in realtà di terapia endodontica. Karlsson 9 in una sua ricerca ha
valutato che la percentuale di denti con
corone e polpe necrotiche sale dell’1%
ogni anno dopo che la corona è stata
cementata. Per questo motivo, è consigliabile eseguire periodicamente dei test
di vitalità pulpare ai denti ricoperti da
corone o con grossi restauri.6
Solitamente l’endodonzia viene eseguita
L’Informatore
Endodontico
Vol. 8, Nr. 3
2005
passando attraverso precedenti restauri.
Uno studio condotto da Abbott 10 ha
dimostrato che la presenza di carie o di
incrinature può essere valutata meglio
se tutti i vecchi restauri sono stati fin
dall’inizio rimossi. Lo studio confrontava denti che avevano ricevuto la terapia
canalare con e senza la rimozione dei
precedenti restauri e ha dimostrato che
quando questi erano stati rimossi, era
poi possibile identificare un maggior
numero di denti con potenziali problemi. Laddove possibile, è consigliabile
rimuovere tutti i vecchi restauri come
amalgame e compositi prima di iniziare
la terapia endodontica. Quando ciò non
è possibile, si deve applicare un carie
detector su tutta la struttura dentale
esposta della cavità d’accesso per migliorare la visualizzazione di infiltrazioni,
carie o incrinature (Fig. 1).
Le fratture corono-radicolari sono un
grosso problema in endodonzia e la loro
diagnosi deve essere fatta precocemente.
Le fratture più importanti si instaurano
a livello della cresta marginale mesiale
o distale e si propagano poi apicalmente. Molti fallimenti endodontici derivano dalla mancata diagnosi di fratture
che erano già presenti al momento di
iniziare la terapia. Prima della terapia
canalare, i denti posteriori devono sempre essere esaminati attentamente sotto
ingrandimento, con una buona illuminazione e con la transilluminazione (Figg.
2, 3). Se viene diagnosticata la presenza
di una frattura, è consigliabile usare un
colorante come il blu di metilene per
determinare la sua estensione apicale. Se
l’incrinatura si estende apicalmente al
di là della giunzione amelo-cementizia
o attraversa il pavimento della camera
pulpare, la prognosi a lungo termine
diventa dubbia. Se poi esiste anche una
perdita di osso adiacente all’incrinatura
visibile in radiografia e confermata dal
1
2
3
Figura 1
Accanto al “builup” in composito è
visibile della carie. (Per gentile concessione del Dr. Gary Carr, San Diego,
California).
Figura 2
Le fratture verticali possono compromettere la prognosi del trattamento.
(Per gentile concessione del Dr. Sashi
Nallapati, Ocho Rios, Jamaica).
Figura 3
Un dente con una frattura verticale
che arriva fino al lume canalare ha una
prognosi infausta. Nella maggioranza
dei casi è indicata l’estrazione. (Per
gentile concessione del Dr. Gary Carr,
San Diego, California).
sondaggio, la prognosi diventa infausta.11 La chiave del successo sta nella
diagnosi precoce, nel determinare la sua
prognosi e, dopo aver spiegato il proble-
Pag. - 27
PROFILO DELL’AUTORE. Il Dr. Richard Schwartz ha esercitato l’attività come dentista generico per diciassette anni. Si è quindi specializzato all’Università di San Antonio, Texas, e
oggi nella stessa città ha il suo studio privato. Ha insegnato per otto anni al corso di Laurea
dell’Università di San Antonio. Ha al suo attivo più di cento pubblicazioni ed è il primo
autore di un testo di Operative Dentistry.
ma al paziente, decidere se eseguire il
trattamento o procedere all’estrazione.
E’ importante distinguere tra le fratture
corono-radicolari che si estendono apicalmente nella radice e le fratture orizzontali che attraversano la base di una
cuspide. Esse possono sembrare uguali
quando si osserva una cresta marginale,
ma con una buona illuminazione e sotto
ingrandimento è facile distinguerle una
dall’altra una volta rimosso il vecchio
restauro (Fig. 4). Un dente con una frattura orizzontale ha una buona prognosi e
in molti casi al suo interno ha una polpa
normale, che non necessita di terapia
endodontica. Il clinico deve sospettare la
presenza di una frattura corono-radicolare
quando il dente si presenta con i segni o
sintomi di una pulpite o di una periodontite apicale senza motivi chiari che giustifichino la patologia presente (Fig. 5).
Figura 4
Si noti la presenza di una frattura
orizzontale che si estende al di sotto
della cuspide. (Per gentile concessione
del Dr. Sashi Nallapati, Ocho Rios,
Jamaica).
Figura 5
In questo secondo molare inferiore
di sinistra sintomatico si sospettava la
presenza di una frattura verticale. Si è
iniziata la terapia canalare ed è stato
possibile evidenziare un’incrinatura
che si estendeva all’interno di uno
dei canali. La perdita di osso distale
ha reso il dente non recuperabile,
ed esso è stato quindi sezionato ed
estratto.
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4
5
Piano di trattamento
Spetta allo specialista in odontoiatria restaurativa preparare un corretto
piano di trattamento prima di iniziare
una terapia endodontica o di inviare il
paziente all’endodontista. Questo comporta la valutazione della possibilità di
restaurare il dente in questione, delle
condizioni parodontali, dell’eventuale
necessità di eseguire un allungamento
di corona clinica e decidere se la cura del
dente rientra nel piano di trattamento
generale. Talvolta, fino a che non si è
rimossa completamente la carie e/o si
è eseguito l’allungamento di corona, è
difficile decidere se il dente è restaurabile o meno. D’altra parte, è ovvio
che il clinico restauratore deve valutare
attentamente tutti questi fattori prima
di iniziare il trattamento. Capita troppo
spesso che il trattamento viene iniziato e
poi il dente viene estratto per problemi
parodontali o perché non è restaurabile.
Se il restauro non rappresenta un problema e il dente può essere tranquillamente isolato, è consigliabile eseguire
il trattamento endodontico come prima
fase della terapia. Con una buona illuminazione ed un buon ingrandimento, si possono identificare le fratture e
determinare la loro estensione ed il loro
significato, si può accertare la presenza
di carie e rimuoverla completamente.
Si può facilmente prevedere il successo
della terapia endodontica. Se si vede che
la prognosi è incerta o infausta, si può
modificare il piano di trattamento prima
di intraprendere altre terapie costose,
come l’allungamento di corona o l’innesto osseo. La periodontite apicale può
causare il fallimento della terapia parodontale. Può infatti fare fallire l’innesto
osseo, compromettere l’osteointegrazione degli impianti o, una volta osteointegrati, causare il fallimento degli impianti stessi. Nella maggioranza dei casi,
L’Informatore
Endodontico
Vol. 8, Nr. 3
questi interventi devono essere eseguiti
dopo che l’endodonzia è stata fatta.
Quale sia il miglior metodo per ricostruire i denti trattati endodonticamente è stato un argomento dibattuto per
molti anni e se ne discute ancora oggi.
Alcuni principi generali sono comunque
accettati da tutti e devono quindi essere
presi in considerazione nella preparazione del piano di trattamento.
1. Ogni volta che sia possibile, si deve
cercare di conservare la struttura dentale sana esistente.12,13 La rimozione di
dentina radicolare per l’alloggiamento
del perno deve essere minima 14 ed
è auspicabile avere un buon effetto
ferula.15
2. I denti posteriori devono avere la
protezione delle cuspidi. Uno studio classico condotto da Sorensen e
Martinoff 16 ha studiato l’effetto di
numerose varianti restaurative sulla
sopravvivenza dei denti dopo terapia endodontica. L’unica variante che
faceva qualche differenza era rappresentata dalla copertura delle cuspidi.
Uno studio retrospettivo condotto da
Cheung e Chan 12 ha riportato risultati simili. Un altro studio retrospettivo
condotto da Aquilino e Caplan 17 ha
dimostrato che la sopravvivenza dei
denti trattati endodonticamente era
sei volte superiori se era stata eseguita
la protezione delle cuspidi.
3. Dal punto di vista strutturale e funzionale, un dente anteriore integro
con restauri minimi e una cavità
d’accesso conservativa richiede solo il
restauro della cavità d’accesso stessa.14
Eventualmente, questi denti possono
anche essere restaurati con corone o
faccette, ma questo per altri motivi.
Al dentista che esegue la terapia endodontica è molto utile conoscere il piano
di trattamento ricostruttivo. Quando un
paziente viene inviato all’endodontista o
a chi per esso per una terapia endodontica, il clinico deve anche inviare una
copia del piano di trattamento. Questo,
infatti, fornisce allo specialista una
migliore comprensione del paziente e lo
aiuta nel prendere determinate decisioni. In molti casi, lo specialista stesso può
avere dei suggerimenti o dei consigli per
il piano di trattamento e può aiutare nel
prendere determinate decisioni.
Infiltrazione coronale
La contaminazione dello spazio canalare
da parte della saliva, detta anche “infiltrazione coronale” o “microinfiltrazione
coronale”, è una causa universalmente
accettata di fallimento endodontico.18
Le carie ricorrenti o i restauri fratturati
possono portare alla ricontaminazione
dello spazio endodontico. Anche nelle
migliori circostanze, l’ambiente orale
è ostile e i restauri dentali devono sopportare stress fisici, chimici e termici.
In tale ambiente non è facile mantenere
il sistema esente da infiltrazione. Studi
condotti in vitro hanno dimostrato che
l’esposizione della guttaperca coronale
alla contaminazione batterica può portare alla migrazione di batteri fino all’apice in soli pochi giorni.19,20 Addirittura i
prodotti derivanti dalla lisi batterica e le
loro tossine possono arrivare all’apice in
tempi anche minori rispetto ai batteri.21
Una volta poi che lo spazio canalare è
stato grossolanamente contaminato, si
deve prendere in considerazione il ritrattamento. Questo diventa ancora più vero
se la contaminazione è durata per più
giorni.3 Recenti studi clinici condotti da
Ricucci e coll.22,23 hanno messo in dubbio l’importanza della microinfiltrazione
coronale come responsabile di fallimenti
endodontici. Ciononostante, è ovvio che
dalla microinfiltrazione coronale non
possono certo derivare dei vantaggi ma
solo dei potenziali effetti negativi.
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2005
Il ruolo dell’Odontoiatria Restaurativa nel determinare il
successo o il fallimento in Endodonzia
Durante l’esecuzione del trattamento
endodontico si deve evitare la contaminazione batterica impiegando tecniche
cliniche sicuramente asettiche, che devono sempre comprendere l’uso della diga
di gomma. Questa è caldamente consigliata anche per gli interventi restaurativi. Una volta poi completata la terapia
endodontica, è consigliato il restauro
immediato tutte le volte che questo sia
possibile, dato che ovviamente il restauro definitivo si lascia infiltrare sicuramente meno rispetto al restauro provvisorio.24 Quando ciò non è possibile, lo
spazio canalare deve essere protetto utilizzando delle barriere intracoronali ed
un corretto restauro provvisorio. Lo spazio canalare deve essere sigillato mediante l’uso di restauri adesivi.25 La qualità
del restauro eseguito dopo la terapia
endodontica influisce direttamente sul
successo della terapia stessa.26-28
Il sigillo degli imbocchi canalari
Il migliore sistema per prevenire la contaminazione dopo aver terminato la terapia endodontica consiste nell’esecuzione immediata del restauro del dente.
Quando però il restauro del dente deve
essere posticipato, gli orifizi canalari e il
pavimento della camera pulpare devono
essere sigillati. Questo rappresenta un
passaggio a parte rispetto alla preparazione della ricostruzione provvisoria,
specialmente se la maggior parte della
camera pulpare viene riempita da una
pallina di cotone. E’ preferibile utilizzare una barriera adesiva a livello degli
orifizi canalare, tipo resina composita 29
o cemento vetroionomero. 30 Se si usa
un composito, si possono utilizzare le
tecniche adesive standard ed è consigliabile far uso di una resina trasparente, in maniera che la sottostante guttaperca resti visibile. Questo consente
al restauratore di vedere la guttaperca e
Pag. - 30
di utilizzarla come guida se, per motivi
di restauro, si presenta la necessità di
rientrare nei canali radicolari. Se invece si usa un cemento vetroionomero,
si consiglia di utilizzare un colore che
lo renda facilmente distinguibile dalla
dentina del pavimento della camera pulpare. Qualcuno si preoccupa della adesione del composito alla dentina che è
stata esposta ad un cemento contenente eugenolo. Questo, d’altra parte, non
è un problema se si usa la tecnica del
“total-etch”.29 Il sigillo del pavimento
camerale, inoltre, garantisce un’ulteriore
protezione al sistema canalare durante
la fase del restauro provvisorio e le varie
fasi di preparazione del restauro definitivo, soprattutto se queste sono eseguite senza l’aiuto della diga di gomma.
Infine, comporta solo una piccola spesa
in termini di tempo e denaro.
Dopo che la terapia endodontica è stata
completata, gli orifizi canalari devono
essere leggermente smussati con una
fresa rotonda e la camera pulpare deve
essere detersa completamente con una
combinazione di micro-sabbiatura (air
abrasion), detergente e/o alcool per
rimuovere tutti i detriti e l’eccesso di
cemento (Fig. 6). Se si decide di usare
la resina adesiva, si dovrà mordenzare la dentina, preparare il sistema di
adesivo dentinale (alcuni sono “selfetching”), posizionare la resina trasparente e polimerizzarla con la luce (Fig.
7). Numerose resine composite “flow”
sono disponibili e si possono usare anche
sigillanti trasparenti.
Il restauro provvisorio o
“Temporization”
Una ricerca superficiale della letteratura
ha portato a trovare 29 articoli che si
occupavano di valutare le capacità sigillanti di materiali per restauri provvisori
per le cavità d’accesso endodontiche. Gli
L’Informatore
Endodontico
Vol. 8, Nr. 3
2005
Figura 6
Quando si sigillano gli orifizi canalari
si rimuove la guttaperca in eccesso e
si deterge il pavimento della camera
pulpare. (Per gentile concessione del
Dr. Bill Watson, Wichita, Kansas).
6
studi erano stati condotti con l’aiuto di
coloranti, radioisotopi, penetrazione di
fluidi, batteri e con tecniche elettrochimiche. Si erano fatti studi sia in vitro
che in vivo su denti precedentemente
restaurati e non restaurati. I materiali
testati comprendevano preparati a base
di ossido di zinco-eugenolo, cementi
all’ossifosfato, cementi vetroionomeri e
resine composite. Basandoci sulla ricerca
della letteratura, si può affermare che
ognuno di questi materiali può essere
usato con successo nella fase del restauro
provvisorio. Comunque, qualsiasi sia
il tipo di materiale usato, è necessario
seguire alcune ben precise linee guida.
1. Se in previsione di un rientro, per renderlo più semplice si lascia in camera
pulpare una pallina di cotone o una
piccola spugna, queste devono essere
di spessore minimo mentre il cemento provvisorio deve essere di spessore
massimo.31
2. Se si prevede una “temporization”
abbastanza prolungata, ad esempio
1 o 2 mesi, si consideri il posizionamento di cemento provvisorio anche
all’imbocco di ciascun canale oltre che
nella cavità d’accesso, per garantire
una doppia barriera.
3. Se si necessita di un sigillo di lunga
durata, come ad esempio durante una
7
Figura 7
Il pavimento della camera pulpare è
stato mordenzato e sigillato con uno
strato di resina trasparente adesiva. La
guttaperca è ancora visibile attraverso
lo strato di resina. (Per gentile concessione del Dr. Bill Watson, Wichita,
Kansas).
terapia di apecificazione con idrossido
di calcio, si prenda in considerazione
l’utilizzo di un materiale per restauri
permanenti, come un adesivo dentinale o un cemento monomero modificato con resina.
I denti che richiedono l’utilizzo di un
perno presentano delle particolari difficoltà al momento della loro “temporization”. Fox e Gutteridge 32 hanno
dimostrato che il grado di contaminazione di uno spazio per un perno era più
o meno il medesimo sia che vi venisse alloggiato un perno provvisorio sia
che venisse lasciato vuoto. Demarchi e
Stato 33 hanno riportato risultati simili. Pertanto, quando c’è la necessità di
alloggiare un perno e lo spazio non viene
utilizzato immediatamente, è necessario
fare qualcosa in più per la “temporization”. Se abbiamo a disposizione un’adeguata lunghezza radicolare, si può mettere al di sopra della guttaperca alcuni
millimetri di materiale “self-curing” per
formare una barriera (Fig. 8). Si possono usare allo scopo sia cementi vetroionomeri “self-curing” che i tradizionali
cementi provvisori. Se al contrario non
c’è un’adeguata lunghezza radicolare e
c’è bisogno di un perno per alloggiare
la corona provvisoria, come alternativa
si può compattare i 3 o 4 millimetri
Pag. - 31
Il ruolo dell’Odontoiatria Restaurativa nel determinare il
successo o il fallimento in Endodonzia
8
9
Figura 8
I perni e le corone provvisorie non
sono molto efficaci nel prevenire la
contaminazione del sistema canalare.
Per proteggere il materiale da otturazione è consigliabile metterci al di
sopra una barriera.
Figura 9
Le radici immature con pareti dentinali sottili devono essere restaurate con
composito adesivo che apicalmente si
estenda al di sotto della cresta ossea.
Ciò garantisce un’ulteriore resistenza
alla frattura. (Per gentile concessione del Dr. Gary Glassman, Toronto,
Ontario).
apicali con MTA (un cemento che sigilla bene) anziché guttaperca. Il dente
comunque deve essere restaurato con un
perno il prima possibile.
Studi hanno dimostrato che i batteri
si moltiplicano rapidamente all’interno di spazi rimasti vuoti dopo il completamento della terapia endodontica.34
Pertanto, quando si lascia lo spazio per
un perno e questo non viene posizionato
immediatamente, è consigliabile riempire quello spazio con idrossido di calcio o
con qualche altro materiale antimicrobico prima della “temporization”. Infine,
prima della cementazione del perno, lo
spazio deve essere irrigato con una soluzione antimicrobica.3
Il restauro della cavità d’accesso
Il momento ideale per eseguire il restauro della cavità d’accesso è immediatamente dopo aver completato la terapia
endodontica. Nella maggioranza dei casi
è indicato l’uso di un restauro adesivo
per ridurre al minimo il rischio dell’infiltrazione. Trautmann e coll.35 hanno
dimostrato che nessuno dei materiali
attuali è in grado di garantire un sigillo
Pag. - 32
perfetto, anche se nel loro studio sembrava che i risultati migliori si ottenevano quando la porcellana occlusale veniva
mordenzata prima della sua cementazione adesiva. Gli autori hanno anche
dimostrato che l’infiltrazione avveniva a
livello dei margini della corona, soprattutto con le ceramiche integrali. Il loro
studio sottolinea l’importanza di valutare attentamente i restauri preesistenti quando si esegue una terapia endodontica nonché i vantaggi che derivano
dalla loro completa rimozione, quando
possibile, prima di iniziare la terapia
canalare.
Una volta restaurata la cavità d’accesso, si deve mordenzare tutta la restante
struttura dentale che andrà restaurata
con un materiale adesivo. I materiali
attualmente disponibili per i restauri
devono essere sabbiati, detersi e se possibile anche mordenzati. I materiali ceramici devono essere mordenzati con acido
idrofluoridrico o con altri mordenzanti
adeguati. Nei denti con pareti dentinali
sottili, il materiale restaurativo adesivo
deve essere spinto, se possibile, apicalmente al di là della cresta ossea, allo
scopo di aumentare la resistenza della
rimanente struttura dentale 36 (Fig. 9).
Posizionamento e rimozione
del perno
Il tema dei perni è stato dibattuto a
lungo per anni ed è sicuramente un
argomento molto complesso. In questo
articolo, la sua discussione verrà limitata
all’aspetto endodontico.
E’ largamente accettato che la funzione primaria del perno è quella di dare
ritenzione al moncone. 37 Se il moncone
può essere rappresentato dalla struttura
dentale coronale o da ritenzioni anatomiche della camera pulpare o dei canali,
in questo caso non c’è alcun bisogno di
perni.38 Il posizionamento del perno,
L’Informatore
Endodontico
Vol. 8, Nr. 3
infatti, non fa altro che aggiungere un
fattore di rischio al restauro. In molti
casi, il canale viene allargato per potervi
alloggiare il perno e con molti sistemi
di perni viene creato un canale a pareti
parallele là dove la radice ha una forma
conica. Questo porta al rischio di perforazioni a livello dell’estremità apicale
del perno o di “stripping” nelle concavità radicolari. Per alloggiare il perno,
spesso viene rimossa dentina sana, con
conseguente indebolimento della radice.
Per tutti questi motivi, i perni devono
essere utilizzati solo quando servono a
dare ritenzione al moncone.
Dal punto di vista endodontico, la domanda più importante che ci dobbiamo
porre parlando di perni è: “Se diventa
necessario il ritrattamento, la presenza
del perno lo rende fattibile o no?” Per
esempio, i perni fatti di materiale ceramico devono essere evitati, in quanto
sono spesso impossibili da rimuovere.
Al contrario, la maggior parte dei perni
metallici e quelli in fibra possono essere
rimossi.
Il momento ideale per preparare lo spazio per un perno è quando è appena stata
eseguita la terapia canalare. Il clinico
che ha completato la terapia endodontica
conosce perfettamente l’anatomia dello
spazio canalare e uno studio recente 39 ha
dimostrato che attorno alla guttaperca
si verifica una maggiore infiltrazione se
la preparazione dello spazio per il perno
viene posticipata.
Conclusioni
L’Endodonzia e l’Odontoiatria Restaurativa sono un tutt’uno. Il trattamento
endodontico non può avere successo
senza un corretto piano di trattamento
e un costante follow-up da parte del
restauratore. Il successo si raggiunge
attraverso una buona terapia endodontica, un efficace “temporization” ed iso-
lamento e dopo una terapia restaurativa eseguita tempestivamente. Con gli
attuali materiali endodontici, la contaminazione dello spazio canalare può
portare al fallimento della terapia e alla
necessità di eseguire un ritrattamento, la
chirurgia o l’estrazione.
Attualmente stanno entrando nel mercato dei nuovi materiali con migliori
capacità sigillanti, che nei prossimi anni
potrebbero rimpiazzare la tradizionale
guttaperca e i vari cementi. Oggi sono
già disponibili alcuni cementi resinosi
idrofili e altri ancora sono allo studio.
Alcuni di questi cementi aderiscono alla
dentina, cosa che non era finora possibile
con i cementi tradizionali. Nessuno dei
nuovi cementi darà un sigillo perfetto,
esente da infiltrazione, ma sicuramente
saranno migliori degli attuali cementi a
base di ossido di zinco-eugenolo e dell’idrossido di calcio. I materiali da otturazione resinosi consentono una certa
adesione tra la dentina, il cemento ed il
materiale stesso. Questi materiali resinosi devono essere termoplasticizzabili e,
per consentire il ritrattamento, devono
essere solubili nei solventi. Tuttavia,
anche con questi nuovi materiali dalle
migliori capacità sigillanti resta sempre
importante eseguire una corretta preparazione e disinfezione del sistema dei
canali radicolari e mettere in atto tutte
le manovre per prevenire l’infiltrazione
coronale.
Traduzione dell’articolo originale:
The role of the restorative dentist in the
success or failure of Endodontics.
Contemporary Endodontics
Vol. 1, n° 2:9-14, 2004
Pag. - 33
2005
Il ruolo dell’Odontoiatria Restaurativa nel determinare il
successo o il fallimento in Endodonzia
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Pag. - 35
2005
La tecnica della barriera
apicale in un caso di
“Dens in Dente”
Dr. Arnaldo Castellucci
Il successo della terapia endodontica
dipende essenzialmente dalla possibilità
di ottenere il sigillo del/dei forami apicali, attraverso l’introduzione nel canale
radicolare di un materiale da otturazione che possa esservi ben compattato. È
altresì ben noto come il primo requisito che il canale radicolare deve avere
per consentire un’otturazione adeguata è
rappresentato dalla forma conica o tronco conica con diametri via via decrescenti in senso corono-apicale. Questo è
facilmente ottenibile nei denti permanenti maturi nei quali esiste di natura
una costrizione apicale ed il canale tende
ad essere più ampio coronalmente di
quanto non lo sia apicalmente.
Al contrario, nei denti ad apice immaturo manca la costrizione apicale e l’apice è molto largo. Le pareti del canale
possono essere parallele o addirittura
divergenti in direzione corono-apicale,
a seconda dello stadio di maturità. In
questo secondo caso, il canale è detto
“a trombone” e l’apice è addirittura più
largo della porzione più larga del canale,
per cui presenta una forma esattamente
opposta a quella richiesta.
È ovvio che di fronte ad un’anatomia
endodontica del genere è impossibile
compattare qualsiasi materiale da otturazione canalare senza avere dei grossolani
eccessi di materiale oltre apice: sarebbe
come pretendere di eseguire un’otturazione in una cavità di seconda classe
senza l’aiuto delle matrici!
Pertanto, quando in seguito a carie o
a trauma si rende necessaria la terapia
endodontica di un dente ad apice immaturo, sarà necessario fare qualcosa prima
di intraprendere la terapia routinaria,
allo scopo di stimolare la maturazione
dell’apice o comunque la formazione
di una “matrice” contro la quale poter
compattare nella maniera tradizionale il
materiale da otturazione.
Pag. - 38
Nel caso di denti ad apice immaturo e
polpa necrotica, il trattaemnto si chiama
“apecificazione” ed ha lo scopo di indurre la formazione di una barriera calcifica
a livello dell’apice aperto, in maniera
da consentire l’ottenimento di uno stop
apicale contro il quale condensare i tradizionali materiali da otturazione, senza
avere dei sovrariempimenti.26
La tecnica è stata per la prima volta
descritta da Frank 13 nel 1966 e raccomandava di ridurre il più possibile gli
agenti contaminanti presenti all’interno del canale radicolare con un’accurata strumentazione e lavaggi canalari e
di riempire temporaneamente lo spazio endodontico con l’uso di una pasta
riassorbibile, tipo l’idrossido di calcio.
Una volta formatasi la barriera apicale,
il canale poteva essere otturato con le
tecniche convenzionali.
Sebbene la tecnica di apecificazione con
idrossido di calcio abbia avuto un grande successo da quando è stata descritta
fino ad oggi, è innegabile che essa presenta anche degli svantaggi.17 Non si ha
sempre lo stesso tipo di chiusura apicale
e il tipo che si formerà non è prevedibile. Il tempo richiesto per ottenere la
maturazione dell’apice è talvolta molto
lungo. Uno studio recente ha dimostrato
che in media il tempo necessario affinché si formi la barriera calcifica apicale
può variare da 2 a 54 mesi,46 mentre
secondo un altro studio la formazione
della barriera apicale può richiedere fino
a 24 mesi.44 Inoltre, se si sta trattando
un paziente adulto questa chiusura può
anche non verificarsi mai. Sono richieste
più sedute per cambiare o comunque
controllare la medicazione ed ogni seduta dista almeno tre mesi dalla precedente, con la possibilità che venga perduto
il sigillo coronale e che si abbia quindi
una contaminazione del canale con con-
L’Informatore
Endodontico
Vol. 8, Nr. 3
2005
seguente esposizione ai batteri dei tessuti, riacutizzazione e ritardo nella guarigione.13 Per questi motivi si è sentita da
alcuni anni l’esigenza di poter otturare i
canali dei denti ad apice immaturo senza
dover prima stimolare la formazione
di una barriera apicale naturale. L’idea
di otturare i denti con apice immaturo senza l’ottenimento della barriera
naturale, in effetti, non è una novità:
numerosi investigatori 11,14,22,30 avevano
da tempo indicato che si poteva ottenere
il successo anche senza dover ricorrere
alle numerose medicazioni con idrossido
di calcio per indurre la formazione della
barriera apicale. D’altra parte, utilizzando la tecnica tradizionale descritta precedentemente, non è possibile prevedere
quale sarà il tempo necessario per portare a termine la terapia.9,25
L’apice deve essere visto come una struttura dinamica, capace di autoriparazione.22,47 La crescita radicolare e la maturazione apicale che talvolta si osservano in
presenza di una radiotrasparenza apicale
si spiegano con la presenza di residui
tissutali ancora vitali.5 Una tecnica che
richiede numerosi appuntamenti e che
comporta frequenti rinnovi del medicamento e della strumentazione può causare un insulto a quel tessuto, anziché
portare a guarigione. Il tessuto rimasto
all’interno della barriera calcifica o coronale ad essa sembra destinato a soccombere sotto l’irritazione causata da questi
rinnovi della medicazione o dall’otturazione finale.42,43
Pertanto, tenendo conto di tutto ciò e
delle precedenti esperienze di Koenigs 19
e di Roberts e coll.25 del 1974, Coviello
e Brilliant 10 nel 1979 hanno suggerito una tecnica per otturare in una sola
visita i denti permanenti con polpa
necrotica ed apice immaturo: essi suggerivano l’uso di fosfato tricalcico da
utilizzare come barriera apicale contro
cui poter condensare immediatamente
la guttaperca. Nei casi da loro trattati
notarono la stessa percentuale di successi
rispetto alla terapia tradizionale, con la
differenza che non ebbero mai sovrariempimenti, la metodica era estremamente più rapida, comportava un minore numero di radiografie, minore disagio
per i pazienti e dava risultati sempre
prevedibili.10
Buchanan 6 in un suo articolo del 1996
suggeriva l’uso di osso liofilizzato demineralizzato da condensare al termine di
un canale radicolare immaturo, per creare in un’unica visita una matrice apicale
biocompatibile. In questi casi l’uso del
microscopio operatorio era di estremo
aiuto, se non addirittura indispensabile,
per vedere letteralmente all’interno del
canale i tessuti periapicali e controllare
il posizionamento della matrice fatta
dall’innesto osseo.
Più recentemente un nuovo materiale
(Fig. 1) è stato indicato come materiale
ideale per eseguire in un’unica seduta
la formazione di una barriera apicale: il
Mineral Trioxide Aggregate (ProRoot
MTA, Dentsply Tulsa Dental).32 Secondo
recenti ricerche, esso infatti paragonato all’idrossido di calcio e alla proteina
osteogenica (OP-1) produce la stessa
quantità apicale di tessuto duro calcifico senza la minima infiammazione.28 E’
stata inoltre dimostrata la neoformazione di osso, cemento e legamento paro-
1
Figura 1
Il ProRoot MTA bianco (Dentsply
Tulsa Dental).
Pag. - 39
PROFILO DELL’AUTORE. Il Dr. Arnaldo Castellucci dal 1979 esercita la professione limitatamente
all’Endodonzia. Attualmente è Professore a Contratto di Endodonzia Clinica presso il Corso di Laurea in
Odontoiatria e Protesi dell’Università di Firenze. Past President dell’ IFEA e della SIE, è anche Active
Member della American Association of Endodontists (AAE) e della European Society of Endodontology
dontale privo di infiammazione a diretto
contatto con l’MTA.33,38 Pertanto, viste
le sue buone capacità di sigillo (superiori a quelle dell’amalgama, dell’IRM
e del SuperEBA),1,4,12,24,31,33,39-41,45 le sue
capacità antibatteriche,36 la sua elevata
biocompatibilità 18,20,21,34-38 e soprattutto
la sua idrofilia, visti i numerosi casi clinici già riportati in letteratura,7,8,15,27,32,44
per tutti questi motivi l’MTA è da considerarsi oggi senza ombra di dubbio il
materiale di elezione per la tecnica della
barriera apicale nella terapia degli apici
immaturi con polpa necrotica.
Procedura clinica
Dopo aver applicato la diga di gomma
ed aver eseguito una corretta cavità d’accesso, si deterge il canale radicolare con
lavaggi di ipoclorito di sodio, meglio
se attivato dall’azione degli ultrasuoni.2,16 Questi canali richiedono infatti
una strumentazione minima e date le
loro dimensioni e lo spessore delle pareti
dentinali, devono essere detersi più che
sagomati, per non indebolirli ulteriormente. Per migliorare la loro disinfezione, Torabinejad 32 suggerisce anche
una medicazione con idrossido di calcio
per una settimana. Dopo aver rimosso
l’idrossido con lavaggi di ipoclorito ed
aver asciugato il canale con coni di carta
sterile, si miscela la polvere di MTA
con soluzione fisiologica o acqua steri-
Figura 2
I carrier di Dovgan, appositamente
disegnati per posizionare l’MTA
(Quality Aspirators, Duncanville,
Texas).
Pag. - 40
2
le e si posiziona nella zona apicale con
gli appositi carrier di Dovgan (Quality
Aspirators, Duncanville, Texas) precedentemente tarati allo scopo (Fig. 2). Il
posizionamento dell’MTA deve avvenire
esattamente al forame apicale, in quanto
il materiale deve venire a contatto con i
tessuti periapicali, senza debordare. In
genere la resistenza opposta dai tessuti
stessi è sufficiente a prevenire l’estrusione, ma se si teme ciò, non c’è alcuna
controindicazione all’uso di una matrice di materiale riassorbibile (Collacote,
Calcitek) contro cui condensare l’MTA.
La sua condensazione può essere eseguita con i tradizionali plugger di
Schilder (Dentsply Maillefer, Ballaigues,
Switzerland) o con dei coni di carta e lo
spessore del materiale posizionato deve
raggiungere i 3-4 mm. Per evitare l’incorporamento di bolle d’aria, si consiglia
di appoggiare una punta da ultrasuoni
al plugger mentre questo sta delicatamente condensando l’MTA in direzione
apicale. Si esegue quindi una radiografia
per controllare l’esattezza della profondità e dello spessore raggiunti. Se la barriera apicale da noi costruita non appare
soddisfacente al nostro primo tentativo, si rimuove l’MTA con un semplice
lavaggio fatto con soluzione fisiologica
e si ripetono i vari passaggi. Quando
l’aspetto radiografico è soddisfacente,
si posiziona a contatto con l’MTA un
cono di carta bagnato e si sigilla la cavità d’accesso con un cemento provvisorio, affinché il materiale indurisca nelle
successive 3-4 ore. All’appuntamento
successivo (il giorno seguente o la settimana seguente) si rimette la diga, si
rimuove il cemento provvisorio e il cono
di carta, si controlla l’avvenuto indurimento del materiale prima con un cono
di carta e successivamente con una sonda
endodontica e quindi si può procedere al
completamento della terapia, otturando
(ESE). Relatore di fama internazionale, è autore del testo “Endodonzia”, è direttore responsabile del
Giornale Italiano di Endodonzia, è Direttore Responsabile e Scientifico della rivista “L’Informatore
Endodontico”, è fondatore del Centro per l’Insegnamento della Micro-Endodonzia, con sede in Firenze, dove
insegna e tiene corsi teorico-pratici di Endodonzia Clinica e Chirurgica al microscopio.
L’Informatore
Endodontico
Vol. 8, Nr. 3
il resto del canale con guttaperca calda
secondo le metodiche tradizionali.
Nel caso di pareti canalari particolarmente sottili e fragili, alcuni autori suggeriscono di riempire il resto del canale
anziché con guttaperca, con una resina
composita adesiva, allo scopo di rinforzare la radice,17 o con il nuovo materiale adesivo Resilon (Resilon Research
LLCC).3,23,29
Come già accennato in precedenza, per
una corretta esecuzione di questa terapia
il microscopio operatorio è, secondo il
parere dell’autore, indispensabile. Per
facilitare il posizionamento del materiale, inoltre, secondo l’esperienza dell’autore, è preferibile posizionare solo la
polvere e non il materiale già miscelato,
per poi andarlo a toccare con un cono
di carta bagnato: per capillarità l’MTA
assorbirà l’umidità che gli è necessaria.
La terapia della barriera apicale con
MTA è sicuramente indicata nei denti
ad apice immaturo di pazienti adulti,
nei quali la terapia con idrossido di calcio rappresenterebbe solo una perdita
di tempo, in quanto dopo i 15-18 anni
non si forma alcuna barriera calcifica
apicale. Tali pazienti hanno spesso anche
problemi di tempo e giuste richieste
estetiche, per cui la terapia tradizionale
con idrossido di calcio sarebbe ancora di
più controindicata.
Caso clinico
Una giovane paziente di 9 anni fu invita
alla mia attenzione con in atto un ascesso alveolare acuto a carico dell’incisivo
centrale superiore di destra. La paziente
presentava una notevole tumefazione
nella zona periapicale e l’ispezione clinica rivelava la presenza di un’anatomia
insolita della corona dentale (Fig. 3).
All’esame radiografico il dente mostrava
essere un “dens in dente” con un apice
immaturo e la polpa necrotica (Fig. 4).
Figura 3
Aspetto clinico della corona dell’incisivo centrale superiore di destra.
3
Nel corso della prima visita il canale principale del dente veniva aperto
e veniva preparata una corretta cavità
d’accesso. Il dente veniva quindi lasciato
aperto per motivi di drenaggio.
Dopo tre giorni i sintomi e la tumefazione erano scomparsi e il dente veniva
medicato provvisoriamente con idrossido
di calcio (Fig. 5). Dopo una settimana
l’idrossido veniva rimosso e veniva fatto
un tentativo di detergere e sagomare i
sottili canali mesiale e distale, a lato del
canale principale. Dando per scontato
che la polpa fosse completamente necrotica, la ricerca di tali canali veniva eseguita senza l’utilizzo di alcuna anestesia.
4
2005
Figura 4
Radiografia preoperatoria. Si noti la
radiotrasparenza periapicale, la bizzarra anatomia e l’apice immaturo.
Figura 5
Il canale principale al centro è stato
medicato con idrossido di calcio.
5
Pag. - 41
La tecnica della barriera apicale in un caso di
“Dens in Dente”
Veniva così esposto l’orifizio del canale
distale e la giovane paziente avvertiva dolore mentre diventava visibile un
leggerissimo sanguinamento: la fresa
aveva creato un’esposizione della polpa
vitale. Dopo irrigazione con soluzione
fisiologica il sanguinamento si arrestava
e l’esposizione pulpare veniva trattata
con incappoucciamento diretto eseguito mediante un sottile strato di MTA
(Fig. 6), come suggerito da Torabinejad
e Chivian.32
Nel corso della medesima visita venivano posizionati 3 mm di MTA al forame
apicale (Figg. 7-9) con l’utilizzo dei carrier di Dovgan precedentemente tarati,
e successivamente veniva sigillato all’interno del canale un frammento di cono
di carta bagnato (Figg. 10, 11).
Due giorni dopo il cono di carta bagnato veniva rimosso e veniva controllato l’avvenuto indurimento del materiale, prima con un cono di carta
asciutto e successivamente con una
sonda endodontica (Figg. 12, 13).
Le pareti canalari venivano quindi spalmate con un sottile strato di cemento endodontico Kerr Pulp Canal Sealer
EWT (Fig. 14) e il canale veniva poi
otturato con la guttaperca termoplastica
della siringa Obtura II (Figg. 15, 16).
Al controllo dopo due anni (Fig. 17)
la radiografia mostrava la perfetta guarigione: la lesione era scomparsa completamente, l’apice immaturo era ora
circondato dalla lamina dura e la polpa
dei canali mesiale e distale era rimasta
vitale. Il dente rispondeva normalmente
ai test termici ed elettrico.
Conclusioni
L’uso dell’MTA può essere oggi considerato il trattamento di elezione sia per
l’incappucciamento pulpare diretto che
per la terapia dei denti ad apice immaturo con polpa necrotica. I risultati sono
predicibili 28 e l’intera terapia può essere portata a termine in due sole visi-
7
Figura 6
L’idrossido di calcio è stato rimosso
ed è stato posizionato un sottile
strato di MTA per l’incappucciamento
diretto dell’esposizione pulpare del
canale distale.
Figura 7
Il forame apicale come appare attraverso il microscopio operatorio (20x).
Figura 8
Tre millimetri di MTA sono stati posizionati nel terzo apicale.
Pag. - 42
6
8
L’Informatore
Endodontico
Vol. 8, Nr. 3
2005
10
Figura 9
Radiografia intraoperatoria. Si noti lo
spessore dell’MTA e la mancanza di
sovraotturazione.
Figura 10
Un frammento di cono di carta bagnato è stato posizionato a contatto con
l’MTA.
9
Figura 11
Una pallina di cotone bagnata viene
posizionata in camera pulpare prima
di sigillare la cavità d’accesso con
Cavit.
11
Figura 12
Al successivo appuntamento si controlla l’indurimento dell’MTA con un
cono di carta (a) e con una sonda
endodontica (b).
Figura 13
L’aspetto dell’MTA dopo il suo indurimento (20x).
12a
12b
13
14a
Figura 14 a, b
Le pareti canalari vengono spalmate di
cemento Kerr Pulp Canal Sealer EWT
con l’aiuto di un cono di carta sterile.
14b
Pag. - 43
La tecnica della barriera apicale in un caso di
“Dens in Dente”
15a
15b
15c
15d
15e
te. L’utilizzo del microscopio operatorio
rende la procedura molto più facile e
precisa, dal momento che l’operatore ha
Pag. - 44
Figura 15 a-e
Il canale viene otturato con la guttaperca termoplastica della siringa Obtura II, compattata con i plugger
di Schilder.
costantemente il perfetto controllo del
suo operato.
L’Informatore
Endodontico
Vol. 8, Nr. 3
2005
Figura 16
Radiografia postoperatoria.
16
Figura 17
Radiografia di controllo
dopo due anni.
17
Traduzione dell’articolo originale:
The apical barrier technique in a “Dens in Dente”
Literature review and endodontic case report
Dentistry Today 24(9):48-52, 2005
Copyright © Dentistry Today Inc.
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2005
Un approfondimento
della meccanica applicata
all’Endodonzia
Barry L. Musikant, DMD
Figura 1
Confronto tra le lame orizzontali di
un file e le lame verticali di un reamer.
1
Pag. - 4
Parlando di ciò che oggi è generalmente
considerato lo stato dell’arte in tema di
sagomatura endodontica, l’utilizzo degli
strumenti rotanti in nichel titanio montati su manipoli riduttori rappresenta
sicuramente il meglio. Il loro utilizzo ha
senz’altro migliorato i risultati rispetto a
quello che si otteneva prima, con il tradizionale uso degli strumenti manuali
in acciaio. Non solo le sagomature portano più facilmente ad un’otturazione
migliore, ma esse vengono raggiunte
senza alcuna fatica manuale da parte
dell’operatore, un ulteriore vantaggio
questo se si pensa alla fatica che si faceva
per preparare a mano i canali curvi.
Gli strumenti rotanti in nichel titanio
hanno rappresentato un salto di qualità
mentre hanno ridotto i nostri sforzi per
raggiungere quella qualità. Possiamo
dire che gli strumenti in nichel titanio
hanno messo alla portata di tutti uno
standard elevato che prima apparteneva
ad un numero limitato di endodontisti
che impiegavano una grande quantità di
tempo per raggiungerlo.
Il motivo per cui gli strumenti in nichel
titanio funzionano così bene è dovuto
al fatto che essi hanno una flessibilità
molto maggiore rispetto alle lime in
acciaio. Essi inoltre lavorano bene per-
ché, pur chiamandosi lime, hanno in
realtà la configurazione degli allargacanali. Le lame delle lime in nichel titanio
sono infatti orientate più verticalmente
come nei k-reamer (Fig. 1). E questo
ha senso, perché le lame più orizzontali
dei k-file sarebbero molto inefficaci se
utilizzate con un movimento rotatorio.
Le lame orizzontali tendono a scavare
dei solchi nella dentina piuttosto che a
rimuoverla mentre levigano le pareti in
maniera inefficiente. Rimane ancora un
mistero perché tutti gli strumenti rotanti in nichel titanio hanno la configurazione dei reamer mentre gli strumenti
manuali utilizzati per stabilire l’importantissimo “sentiero di percorribilità”
hanno la configurazione dei file. Se ciò è
vero come è vero, perché non utilizzare
inizialmente reamer manuali?
Un altro problema sorge a seguito dell’efficace disegno delle lime (che in realtà sono degli allargacanali) in nichel
titanio. Una volta collegati ad un motore rotante, queste lime hanno la capacità
di impegnarsi aggressivamente contro le
pareti canalari lungo tutta la loro lunghezza. Tuttavia, l’impegno nella zona
apicale potenzialmente porta ad un accumulo di stress torsionale, fattore questo
che rende il nichel titanio molto vulnerabile. Coloro che sviluppano tecniche
di utilizzo di strumenti rotanti in nichel
titanio sono ben consapevoli di questa
debolezza e per questo hanno stabilito
e consigliato un utilizzo con approccio crown-down proprio per ridurre al
minimo l’accumulo di stress torsionale.
Il nichel titanio è anche sensibile alla
fatica ciclica, intesa come cicli ripetuti di compressione e tensione assorbiti
dal gambo degli strumenti mentre essi
ruotano all’interno di una curva (Fig. 2).
Un’eccessiva fatica ciclica porta alla frattura degli strumenti anche se lo stress
torsionale è stato completamente elimi-
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2005
nato, cosa che in pratica è impossibile.
La riduzione della fatica ciclica in qualsiasi strumento in nichel titanio è possibile solo con la loro frequente sostituzione con strumenti nuovi. Negli ultimi
due decenni si è capito che i fattori che
portano alla frattura degli strumenti
rotanti comprendono il diretto rapporto
con l’entità ed il grado di curvatura del
canale, il calibro e la conicità degli strumenti e la velocità di rotazione.
L’eliminazione delle cause delle fratture
degli strumenti rotanti in nichel titanio
è diventato lo scopo di coloro che li raccomandano e delle case costruttrici che
li fabbricano. Tale scopo è diventato così
dominante, che ha sostituito le necessità
biologiche del denti che vengono preparati. Mentre 20 anni fa il Dr. Schilder 1
raccomandava di sagomare i canali fino
ad un calibro minimo di 35 con una
conicità .08 o maggiore per soddisfare
gli obiettivi biologici della detersione canalare, oggi un canale mesiovestibolare viene molto frequentemente
sagomato fino ad un calibro 20 o 25
con una conicità .04 o .06 non perché
questa sagomatura sia sufficiente, ma
perché sagomare fino ad un diametro
minore con strumenti meno conici porta
ad una minore incidenza di fratture.
Esistono a questo proposito delle tabelle
che mostrano chiaramente i diametri
medi dei canali radicolari a 1, 2 e 5 millimetri dall’apice. Ad 1 mm dall’apice,
il diametro mesio-distale di un canale
mesiovestibolare di un primo molare
è più di 0,40 mm e ciò significa che la
preparazione eseguita fino ad un calibro
20 o 25 è inadeguata. La preparazione
eseguita fino a questa misura può sembrare corretta nella radiografia quando
i canali sono stati otturati con un mezzo
radiopaco, ma le pareti che circondano
quell’otturazione non sono state adeguatamente deterse se teniamo conto delle
2
dimensioni originale di quel canale. In
altre parole, le otturazioni eseguite in
questa maniera ricordano quelle fatte
due generazioni fa con i coni d’argento.
A quei tempi, sembravano belle nella
radiografia, ma spesso non funzionavano
e non servivano al loro vero scopo.
Gli strumenti rotanti in nichel titanio non solo sono più flessibili rispetto
all’acciaio, ma hanno anche la memoria
di forma (Fig. 3). Anche dopo che hanno
subito una notevole piegatura, essi cercano di tornare alla loro forma originale
diritta. Sono molto resistenti alla deformazione plastica ma una volta deformati
sono molto più propensi a fratturarsi se
esposti ad ulteriore stresss torsionale e
Figura 2
Il grafico mostra la fatica ciclica cui va
incontro lo strumento quando, ruotando all’interno di una curva, è sottoposto a forze alternate e ripetute di
tensione e compressione.
Figura 3
La figura mostra la memoria di forma
degli strumenti rotanti in nichel
titanio.
3
Pag. - 5
PROFILO DELL’AUTORE. Il Dr. Musikant ha tenuto conferenze in oltre 150 istituzioni in
tutto il mondo ed è co-autore di oltre 200 articoli in materia odontoiatrica pubblicati sulle
maggiori riviste di settore. I trent’anni di pratica clinica del dott. Musikant, come partner di
uno studio specializzato in Endodonzia a New York, lo hanno reso una delle massime autorità in materia. È possibile contattarlo al numero (800) 223-5394, all’indirizzo email: info
@essentialseminars.org o essentiatseminars.org.
a fatica ciclica. Mentre la flessibilità è
una qualità eccellente in uno strumento
endodontico, la sua memoria di forma
non lo è affatto. A mano a mano che
aumenta la sezione e la conicità degli
strumenti, la loro memoria di forma fa
sì che essi taglino di più contro la parete
esterna dei canali, aumentando la possibilità di trasporto canalare nel terzo apicale e di stiramento del forame all’apice.
Il rischio di trasporto del canale a causa
della memoria di forma insieme alla
paura di frattura per accumulo di stress
torsionale e fatica ciclica hanno limitato
l’uso degli strumenti rotanti in nichel
titanio e ciò come risultato della maggiore comprensione delle loro proprietà.
La rotazione del nichel titanio inoltre
aumenta la debolezza di questa lega.
Se si potesse sostituire la rotazione con
un movimento orizzontale alternato
di 45°, in teoria avremmo eliminato
lo stress torsionale e la fatica ciclica.
Ciononostante, la memoria di forma
rappresenterebbe sempre un problema. D’altra parte, l’uso di un motore
capace di sviluppare tale tipo di movimento ci offre la possibilità di riprendere in esame un aumentato utilizzo
dell’acciaio. Diversamente dal nichel
titanio, l’acciaio non ha molta memoria
di forma. In altre parole, esso può essere precurvato per meglio adattarsi alla
forma del canale da sagomare (Fig. 4).
Se montassimo uno strumento precur-
Figura 4
La foto mostra la possibilità di
precurvare gli strumenti in acciaio.
Pag. - 6
4
vato in acciaio su un manipolo rotante,
la sua rigidità tenderebbe a distorcere
la preparazione apicale. Al contrario,
se montato su un manipolo in grado di
dare un movimento alternato di 45°, lo
strumento precurvato descriverebbe un
arco dell’ampiezza di 1/8 della rotazione
completa, che non sarebbe sufficiente a
causare una distorsione apicale in quanto
questo movimento non si estenderebbe oltre la curvatura del canale che lo
strumento sagoma ed allarga. Pertanto
la rigidità, che è una qualità negativa degli strumenti in acciaio, viene ad
essere compensata dall’uso di un simile
manipolo e dal fatto di essere stati precedentemente precurvati.
Il movimento alternato è di gran lunga
più simile a quello delle forze bilanciate che sono state raccomandate come
modalità per tenere gli strumenti centrati all’interno dei canali.2 In realtà è
addirittura più sicuro rispetto alla tecnica delle forze bilanciate in quanto il
movimento inverso dato da tale manipolo allontana la dentina anziché tagliarla,
e questo induce sugli strumenti uno
stress di gran lunga inferiore. Il motore
alternante sostituisce un enorme numero di cicli reciproci di ridotta ampiezza
ad un basso numero di cicli di elevata
ampiezza come si hanno nella tecnica
delle forze bilanciate. Il risultato finale
è il medesimo, ma viene raggiunto in
maggiore sicurezza con l’utilizzo del
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manipolo alternante.
E’ interessante notare che l’uso del
nichel titanio in canali facili, diritti, non
troppo calcificati e con curve minime, è
impressionante se paragonato alle tecniche tradizionali. In questi casi si riesce
a sagomare con un ridotto numero di
strumenti e la sagomatura con conicità
aumentata è di gran lunga superiore
rispetto alle sagomature eseguite con
strumenti a conicità .02, nelle quali gli
strumenti manuali spesso incontravano
una forte resistenza. Pertanto, esiste una
sorta di dicotomia. Gli strumenti rotanti montati su manipolo eliminano una
buona quantità degli stress associati alle
tecniche manuali. Le fratture avvengono
di rado perché nella maggioranza dei
casi i canali sono diritti. La metallurgia
del nichel titanio è tale per cui si lavora
ben al di dentro delle zone di sicurezza
preparando canali privi di curvature e
utilizzando un tocco leggero, cosa che
si apprende facilmente. I problemi sorgono quando si incontrano curvature
accentuate e improvvise. La superelasticità del nichel titanio e la configurazione
aggressiva da reamer consente a questi
strumenti di progredire rapidamente in
direzione apicale. Ma proprio mentre
scendono più apicalmente essi accumulano maggiore quantità di stress torsionale e di fatica ciclica. Lo stress torsionale può essere controllato usando una
spinta leggera in crown-down. D’altra
parte la fatica ciclica è continua, essendo
direttamente correlata all’entità della
curvatura e al numero di cicli che subiscono le lame che lavorano in quel tratto
di curva. Gli strumenti rotanti in nichel
titanio promettono una sagomatura rapida e fedele dei canali curvi grazie alla
loro grande flessibilità, ma talvolta non
sono in grado di mantenere tale promessa per la loro scarsa resistenza dal punto
di vista metallurgico sia allo stress tor-
sionale che alla fatica ciclica. Questo
paradosso è avvertito soprattutto nei
canali curvi, che più degli altri necessitano della superelasticità del nichel titanio. In altre parole, proprio là dove c’è
più bisogno di loro, essi hanno maggior
tendenza a fratturarsi. Questo paradosso
è diventato più manifesto negli ultimi
anni, dopo cioè che l’uso del nichel titanio è diventato uno standard sempre più
richiesto.
E’ difficile avere a che fare con situazioni
paradossali. Il dentista può essere facilmente confuso dalla facilità con cui si
ottengono risultati eccellenti in canali
diritti e con minime curvature, per poi
trovarsi davanti ad una frattura di strumento solo perché quei canali avevano
delle curve più accentuate. Incontrare
una resistenza che sta aumentando non è
un buon segnale quando si stanno usando gli strumenti rotanti in nichel titanio, in quanto in tutti i casi si usa un
tocco leggero e rapido durante il nostro
approccio crown-down, per mantenere
un impegno sempre minimo. E’ la rotazione all’interno di una curva che causa
il danno in maniera imprevedibile, in
quanto la causa del fallimento di questi
strumenti risiede all’interno della lega
stessa e spesso non è correlata alla tecnica impiegata dal dentista.
Speriamo di aver chiarito il fatto che
l’acciaio, se utilizzato con manipoli alternanti, è molto più versatile del nichel
titanio in rotazione continua. L’unica
difficoltà che rimane da affrontare è il
disegno di un reamer che abbia la sezione più vantaggiosa per poter lavorare in
maniera efficace e al tempo stesso sicura.
Sappiamo già che un reamer si impegna
molto meno contro la dentina rispetto
ad un file e che le lame orientate verticalmente del reamer sono più efficaci
delle lame orizzontali del file durante
il movimento sia di rotazione continua
Pag. - 7
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Un approfondimento della meccanica applicata all’Endodonzia
Figura 5
Il reamer SafeSiders con le
due colonne di lame.
che alternato, il quale ultimo altro non
è se non una serie di piccole rotazioni. Il
reamer può essere disegnato in maniera
da avere un minore impegno, ad esempio posizionando un lato piatto lungo
l’intera lunghezza delle lame, cosa che
comporta un ulteriore diminuzione di
impegno di 1/3. La presenza di un lato
piatto crea due colonne di lame, di cui
una taglia in senso orario e l’altra in
senso antiorario, essendo questo il disegno ideale per uno strumento da montare sul manipolo alternante. La completa
mancanza di resistenza genera una grande sensibilità tattile, sia che lo strumento venga usato manualmente sia che
venga montato sul manipolo alternante.
Infatti deve essere ben chiaro che questi
strumenti chiamati “SafeSiders” (Fig. 5)
sono stati disegnati per essere utilizzati
sia a mano che montati.
Il ridotto impegno lungo l’intera lunghezza delle lame dello strumento con-
5
sente di avere una punta tagliente, capace di perforare e attraversare il tessuto
anziché spingerlo e compattarlo apicalmente. La sensazione di una resistenza
apicale fa capire all’operatore che si trova
di fronte ad una curvatura accentuata e
la possibilità di precurvare lo strumento,
bypassare la curva, sondare fino all’apice
e per poi collegare lo strumento stesso
al manipolo alternante per poter eseguire la sagomatura in maniera semplice,
sicura ed efficace, tutto ciò dà al dentista
uno strumento che fino ad ora era inesistente.
Grazie alla presenza di questo lato piatto, essi sono anche più flessibili rispetto
ai reamer tradizionali. Inoltre essi sono
più flessibili anche perché hanno meno
lame e sono meno suscettibili di andare
incontro a deformazioni e fratture rispetto alle lime in acciaio.
Conclusioni
In questo articolo si è cercato di spiegare le relazioni che esistono tra il disegno degli strumenti, il metallo con cui
essi sono costruiti e il movimento che
viene loro applicato per farli funzionare.
Secondo la nostra opinione i “SafeSiders”
utilizzati con il manipolo alternante
Endo-Express rappresentano un sistema
dal disegno efficace, che porta l’efficacia
e la sicurezza ai più alti livelli fino ad
ora raggiunti.
BIBLIOGRAFIA
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Pag. - 8
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1985..
La sequenza
dell’irrigazione
in Endodonzia
Philippe Sleiman, DDS
Fadl Khaled, DDS
L’irrigazione gioca un ruolo importante nella
terapia endodontica. Proporremo qui una
sequenza per l’utilizzo delle diverse soluzioni
irriganti, che consente di ottenere la migliore
preparazione chimica dei canali radicolari.
Nel corso degli ultimi anni l’endodonzia
ha compiuto importanti progressi che
hanno reso i trattamenti meno traumatici per i pazienti e meno stressanti per
il dentista.
Ciononostante, se da una parte l’utilizzo
degli strumenti rotanti in nichel-titanio
permette di risparmiare tempo durante
il trattamento endodontico, dall’altra
induce a trascurare uno degli obiettivi principali dell’endodonzia, ovvero la
“detersione” sulla quale ha attirato l’attenzione Herbert Schilder, insistendo
sull’importanza di “detergere e sagomare”. O, più esattamente, potremmo dire
“sagomare per detergere”.
L’obiettivo principale del trattamento
dei canali radicolari è la completa eliminazione dei diversi componenti del
tessuto pulpare, calcificazioni e batteri,
la collocazione di un sigillo ermetico
per prevenire infezioni o reinfezioni e la
guarigione dei tessuti circostanti qualora
ce ne sia bisogno.
A tutt’oggi sono molte le metodiche tra
cui il clinico può scegliere per portare a
termine la preparazione dei canali radicolari. Altrettanto varie sono le tecniche
Figura 1
Un incisivo centrale trattato in due
sedute: la polpa era necrotica ed era
presente una tumefazione.
Pag. - 10
1
di otturazione (compattazione verticale
della guttaperca calda, System B, condensazione laterale).
Per prima cosa, è il caso di porci la
seguente domanda: “Perché irrighiamo e quale procedura di irrigazione ci
consentirà di ottenere la migliore detersione del canale?” In questo contesto, è
bene tenere a mente che la sagomatura
è il risultato degli strumenti endodontici e la detersione si ottiene invece con
l’irrigazione. Abbiamo quindi due tipi
di preparazione, il primo chimico e il
secondo meccanico. Oggetto di questo
articolo sarà la preparazione chimica. È
stato dimostrato, inoltre, che esiste una
stretta correlazione tra questi due tipi
di preparazione. In effetti, nelle preparazioni di conicità maggiore, la quantità e la concentrazione della soluzione
irrigante saranno maggiori e perciò più
efficaci nell’eliminare il fango dentinale.6 Le lime sono in grado di pulire solo
parzialmente il sistema dei canali radicolari. Esse creano un serbatoio in cui si
possono conservare le diverse soluzioni
irriganti che accederanno al sistema dei
canali radicolari detergendone porzioni
che gli strumenti non possono raggiungere.
In endodonzia la soluzione irrigante
più comunemente usata è l’ipoclorito di
sodio (NaOCI). Questo possiede molte
qualità e proprietà che ne fanno la scelta
migliore. Ha azione battericida, dissolve il materiale organico e contribuisce,
seppur in misura ridotta, alla lubrificazione.9 Ma l’ipoclorito di sodio in se
stesso non è sufficiente per una detersione completa del sistema endodontico.10
Non rimuove il fango dentinale e la sua
elevata tensione superficiale non gli consente di detergere e disinfettare la totalità del sistema dei canali radicolari. Per
questa ragione, e a seconda delle diverse
situazioni cliniche, dovremo usare altri
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irriganti in combinazione con l’ipoclorito di sodio.
Questa presentazione non si occuperà dei ritrattamenti e della rimozione del vecchio materiale d’otturazione. Limiteremo la nostra discussione ai
denti vitali e necrotici, nonché a quelli
che presentano riassorbimenti interni. I
vari irriganti che verranno usati l’uno di
seguito all’altro e a seconda delle situazioni cliniche sono:
- EDTA (17%) (acido etilendiaminotetracetico) (Smear ClearTM) (Sybron
Endo, Orange, CA)
- Clorexidina 0,2%
- Ipoclorito di sodio 5,25%
- Acido citrico 50%
- Acqua distillata
In generale, l’operazione più comune che
si effettua una volta completata la preparazione della cavità di accesso è l’introduzione di una lima endodontica nel
canale radicolare. Ma questa operazione,
che ormai è divenuta quasi automatica,
deve essere evitata per molte ragioni.
Tra queste:
a) Favorisce la diffusione di tossine batteriche nell’intero sistema endodontico e nell’area periapicale. Ciò rischia
di compromettere la prognosi favorevole del trattamento endodontico a
causa dell’infiammazione postoperatoria che può verificarsi.
b) La decomposizione e l’accumulo di
tessuto pulpare con il suo collagene
può creare fin dall’inizio un “tappo”
di materiale organico all’interno del
canale radicolare.
Infine, ricordiamo che la cavità d’accesso, avendo 4 pareti, creerà un “serbatoio”
per rinnovare continuamente le soluzioni
irriganti (Figg. 1-3)
Denti vitali.
In questo caso 1 le difficoltà stanno nel
riuscire a gestire la complessità delle
Figura 2
Canino superiore trattato in una
seduta, dopo una frattura coronale
dell’otturazione in composito.
2
diverse componenti della polpa, e infine
la presenza dei batteri.
Suggeriamo di iniziare il trattamento
con:
1) un’applicazione di ipoclorito di sodio
e/o un’applicazione di perossido di
urea
Tale mistura persegue i seguenti
scopi:
a. Produrre un effetto antiaggregan-
3a
Figure 3 a, b
La radiografia mostra vari denti anteriori trattati in un’unica seduta usando
gli strumenti rotanti K3.
3b
Pag. - 11
PROFILO DELL’AUTORE. Il Dr. Philippe Sleiman è a capo del Dipartimento di Endodonzia
della Università Libanese.
Il Dr. Fadl Khaled è istruttore presso la facoltà di Odontoiatria dell’Università Libanese.
Figura 4
Ritrattamento di due
premolari inferiori.
4
Pag. - 12
te sul collagene dovuto all’affinità
proteolitica e lipidica del perossido
di urea.11
b. Distruggere la maggior quantità
di tessuto pulpare all’interno della
cavità d’accesso e fornire una visuale migliore degli orifizi canalari
controllando il sanguinamento e
prevenendo la formazione di tappi
di collagene.
c. In questa fase l’effetto dell’EDTA
è importante solo in quanto uccide
i batteri in combinazione con altri
agenti battericidi.
2) Il secondo passo consiste nell’irrigare con 2 ml di ipoclorito di sodio al
5,25% (60°C). L’ipoclorito di sodio
riscaldato è più efficace nel distruggere il collagene, il che riduce il tempo
necessario per eliminare la parte
organica. Questa irrigazione creerà
un effetto effervescente tra l’ipoclorito di sodio e il perossido di urea.
L’“effetto ascensore” farà fuoriuscire i
detriti organici dalla cavità d’accesso,
decomporrà il tessuto pulpare coronale e aiuterà a vedere meglio gli orifizi
canalari.7,12
3) Una seconda applicazione e la sua
attivazione si ottengono usando una
lima K (08-10). Questa “scompagina”
il tessuto pulpare sia nel terzo cervicale che nel terzo medio del sistema
endodontico. Questa operazione deve
essere preceduta da un’abbondante
irrigazione con acqua distillata per
eliminare la prima soluzione irrigante
presente nella cavità d’accesso.
4) Una volta iniziata la preparazione del
canale, occorre usare Smear Clear TM
(Sybron Endo, Orange, CA) (soluzione
a base di EDTA al 17% e cetrimide
con tensioattivi). L’EDTA è un acido
organico che elimina la parte minerale del tessuto pulpare;5,17 l’inibitore
della tensione superficiale consentirà
un migliore contatto con la dentina
rendendo più efficace il prodotto.
È consigliabile alternare l’uso dell’EDTA
fin dall’inizio della preparazione per eliminare lo strato minerale prima che si
ispessisca e si condensi all’interno dei
sistemi canalari, che chiuderanno gli
accessi dei canali laterali e accessori e dei
tubuli dentinali.
La soluzione irrigante deve essere presente ogni qual volta uno strumento
rotante lavora all’interno del canale. Per
una preparazione chimica più efficace è
consigliabile usare una lima di diametro
ridotto attivata da una sorgente di ultrasuoni.
L’uso precoce dell’EDTA facilita il flusso
dei differenti irriganti nei canali laterali, permettendo una preparazione chimica di tutto il sistema endodontico.14
L’EDTA gioca anche un ruolo importante nella riduzione della reazione infiammatoria inibendo l’affinità dei macrofagi con i peptidi vaso-attivi del tessuto
pulpare.3 L’EDTA, comunque, non deve
rimanere all’interno del canale per un
tempo superiore a 4-5 minuti.
Per eliminare totalmente i batteri all’in-
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terno del canale si può usare la clorexidina. Tra una soluzione irrigante e l’altra
si usa acqua distillata per prevenire una
reazione acido-basica tra l’ipoclorito di
sodio e l’EDTA, così da rendere più efficace l’effetto degli agenti chimici sui
tessuti. Alla fine della preparazione e
prima dell’inserimento dei coni di guttaperca, tutti gli agenti chimici devono
essere neutralizzati in modo che il cono
non spinga alcuno di essi fuori dal canale, col rischio di provocare un’infiammazione dei tessuti circostanti.
Denti necrotici
I denti necrotici si distinguono da quelli vitali principalmente per l’assenza,
anche se non totale, del parenchima
pulpare e per l’abbondanza dei batteri.
Per questa ragione, richiederanno una
diversa sequenza d’irrigazione. All’inizio
si dovrà usare l’ipoclorito di sodio (al
5,25%, 60°C) per la sua azione antibatterica o la clorexidina (0,2%) (10 minuti)10 per eliminare i vari tipi di batteri
presenti nei canali radicolari e nei tubuli
dentinali.8 Per neutralizzare l’effetto di
questi irriganti useremo acqua distillata. A questo punto possiamo ripetere la
stessa sequenza d’irrigazione descritta in
precedenza per i denti vitali. L’EDTA,
eliminando il fango dentinale e aprendo
i tubuli dentinali, agevolerà il flusso di
ipoclorito di sodio o di clorexidina così
da favorire la disinfezione del sistema
endodontico. In entrambe le situazioni cliniche (denti vitali e necrotici) è
necessario terminare la sequenza usando
acqua distillata per eliminare gli agenti
chimici o neutralizzarne gli effetti. Ciò
inibirà:
- il loro flusso verso il tessuto parodontale
- l’alterazione del materiale d’otturazione
- la formazione di uno strato di precipi-
tazioni dovuto alla cristallizzazione di
ipoclorito di sodio dopo che le pareti
canalari sono state asciugate.
Presenza di riassorbimenti
Se si sospetta la presenza di un riassorbimento interno, si deve usare la sequenza
d’irrigazione descritta per i denti vitali.
Ma a questa dovrà seguire l’uso di acido
citrico al 50 % (per 10 minuti) allo
scopo di eliminare il tessuto di granulazione e ottenere pareti dentinali lisce,
agevolando così l’adattamento del materiale d’otturazione. L’acido citrico deve
essere poi eliminato con ipoclorito di
sodio e acqua distillata. La stessa sequenza deve essere messa in atto in presenza
di riassorbimenti apicali esterni, purché
venga mantenuta la pervietà apicale18.
Discussione
Si possono usare molti tipi di irriganti,
quali soluzioni anestetiche, acqua ossigenata,16 soluzione fisiologica e acqua
deionizzata. Ciò che viene proposto è
una sequenza di irrigazione che potrebbe
divenire più complessa per affrontare
differenti situazioni cliniche.
L’uso alternato di perossido di urea, ipoclorito di sodio, clorexidina, acido citrico, acqua distillata ed EDTA è essenziale
per la detersione del sistema endodontico. Il tempo che guadagnamo utilizzando gli strumenti rotanti in nicheltitanio è compensato da un’abbondante
irrigazione che deterge meglio il sistema
endodontico, così da favorire un rapido
successo del trattamento.
La preparazione chimica è una lama a
doppio taglio: ci aiuterà ad ottenere una
detersione adeguata ed efficace del canale principale e dei suoi sistemi, ma deve
essere seguita da un’otturazione tridimensionale per riempire ciò che è stato
precedentemente deterso e preparato.
È essenziale che il fluido venga riassorbi-
Pag. - 13
2005
La sequenza dell’irrigazione in Endodonzia
to dal canale principale e da tutti i suoi
sistemi. Se questo non avviene, l’aderenza tra il materiale da otturazione e
la dentina sarà compromessa. Inoltre, la
presenza del fluido all’interno dei sistemi può creare una pressione idraulica
negativa, che impedisce al materiale da
otturazione di entrare nella struttura
complessa del sistema dei canali radicolari per portare a temine un’otturazione
tridimensionale.
Con l’introduzione di nuovi materiali
per l’otturazione dei canali radicolari e
nell’ottica di un’endodonzia adesiva, l’irrigazione o la preparazione chimica dei
canali radicolari è paragonabile al condizionamento di smalto e dentina effettua-
Traduzione dell’articolo originale
Sequence of irrigation in endodontics
Oral Health, May 2005, 62-65
Pag. - 14
to prima di usare materiali ricostruttivi
adesivi, con qualche piccola variante.
Conclusione
Durante il trattamento endodontico, i
clinici tendono a dimenticarsi dell’importanza dell’irrigazione.
In realtà tale operazione non deve essere
trascurata poiché rappresenta uno dei
fattori chiave del successo di una terapia.
Quando si parla di irrigazione, si tende
a pensare in modo riduttivo a un ago
sul vassoio ma occorre una riflessione
approfondita su questa operazione fondamentale, che deve divenire un soggetto endodontico con le sue regole e la sua
cronologia.
L’Informatore
Endodontico
Vol. 8, Nr. 3
BIBLIOGRAFIA
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2005