anteprima - Diritto e Regole per Europa Amministrazione e Mercati

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AURORANMUSELLI
BREVETTINESSENZIALINENANTITRUST:
FALSETFRANDTORTTRUETENEMY?
COMMENTONALLENDECISIONINMOTOROLA
ENSAMSUNG
giuffrèTeditoreT-T2015
EstrattoTalTvolume:
CONCORRENZA E MERCATO 2015
antitrust,Nregulation,NconsumerNwelfare,NintellectualNproperty
BREVETTI ESSENZIALI E ANTITRUST:
FALSE FRAND OR TRUE ENEMY? COMMENTO ALLE DECISIONI MOTOROLA E SAMSUNG
di Aurora Muselli (*)
Abstract
Con le decisioni adottate nei casi Motorola e Samsung, la Commissione europea
analizza per la prima volta la compatibilità con l’art. 102 TFUE delle azioni inibitorie
intentate dal titolare di un brevetto essenziale. In tale occasione, la Commissione Europa
pone il test legale per la valutazione di tale condotta, non chiarendo tuttavia del tutto il
suo esatto contenuto. Alcuni dei punti lasciati aperti dalla Commissione Europa sono
però parzialmente risolti nella Conclusioni dall’Avvocato generale nel caso Huawei.
With the decisions adopted in the Motorola and Samsung cases, the European
commission intervenes for the first time in the analysis of the compatibility with art. 102
TFEU of injunction actions carried out by SEP holders. In this occasion, the European
commission indicates the legal test to evaluate such conduct at the same time leaving
some doubts on its exact content. Some of those doubts are partially clarified by the
recent Advocate General’s Conclusion in Huawei.
Parole Chiave:
Abuso di posizione dominante — Brevetto essenziale —FRAND— Azione Inibitoria—
Willing Licensee
Classificazione JEL:
K21Antitrust Law; K41 Litigation Process; L15 Information and Product Quality - Standardization and Compatibility; O31 Innovation and Invention: Processes and Incentives;
O34Intellectual Property Rights
SOMMARIO: 1. Premessa — 1.1. Gli standard: vantaggi e criticità. — 1.2. Le vicende nazionali. — 2. Il
caso Motorola — 2.1. I fatti: il contesto generale — 2.2. Il procedimento di fronte alla Corte
del Mannheim — 2.3. La decisione della Commissione — 3. Il caso Samsung — 4. Motorola/
Samsung: exceptional circumstances reloaded and revised.
(*) Dottoranda di ricerca in Diritto dell’impresa, Università Commerciale Luigi Bocconi,
Milano.
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1.
RASSEGNA DEGLI ORIENTAMENTI EUROPEI ED ITALIANI
Premessa.
1.1. Gli standard: vantaggi e criticità.
Uno standard può essere definito come un documento che individua i requisiti
tecnici o qualitativi di prodotti, servizi e processi o metodi di produzione attuali o
futuri (1). Uno standard può anche avere la funzione di individuare le condizioni per
ottenere un determinato marchio di qualità o l’omologazione da parte di un ente di
regolamentazione. Ai fini del presente contributo, lo standard può essere definito come
una frazione di informazione (2) necessaria per la produzione di prodotti interoperabili
e compatibili gli uni con gli altri.
Gli standard possono essere di vari tipi. Essi possono emergere dalle dinamiche di
un determinato mercato che favoriscono il prevalere di una certa tecnologia — non
necessariamente la migliore — rispetto alle altre: si ha così uno standard c.d. di fatto. La
caratteristica di uno standard di fatto è, per l’appunto, quella di essersi “auto-affermato”
sul mercato, senza nessun tipo di pianificazione e di approvazione da parte di un
organismo ufficiale, unicamente in virtù dell’importanza assunta, nella pratica, da una
determinata tecnologia. Un esempio di standard di fatto è il sistema operativo Windows
di Microsoft il quale, in ragione del suo ampio impiego nei personal computer, è divenuto
lo standard di riferimento per gli sviluppatori di software interoperabili.
Più di frequente gli standard sono definiti da organismi di standardizzazione, c.d.
standard setting organisations. Gli organismi di standardizzazione (anche detti di « normazione ») sono nella maggior parte dei casi associazioni senza fini di lucro cui partecipano operatori (produttori o utilizzatori) appartenenti ad un medesimo settore economico (3). In linea di principio, la definizione di standard per un determinato settore
industriale produce effetti positivi per la concorrenza: gli standard, infatti, rendendo più
facile l’ingresso sul mercato di nuovi operatori che potranno avvalersi delle specifiche
comuni per produrre i propri prodotti, determinano un abbassamento delle barriere
all’ingresso e, per tale via, un’intensificazione della concorrenza di prezzo ed un innalzamento del livello di efficienza tra gli operatori. Tale meccanismo è tale da determinare
sensibili vantaggi anche per i consumatori consentendo loro di scegliere tra una vasta
(1) Comunicazione della Commissione europea, Linee direttrici sull’applicabilità dell’art. 101
TFUE agli accordi di cooperazione orizzontale («Linee Guida»), G.U.C.E C 11 del 14.1.2011, pp.
1-72 § 257. Nella definizione fornita dall’European Technology Standard Institution, lo standard è
« a document, established by consensus and approved by a recognized body, that provides for
common and repeated use, rules, guidelines or characteristics for activities or their results, aimed at
the achievement of the optimum degree of order in a given context ». Tale definizione risente,
naturalmente, della natura dell’ETSI come organismo di standardizzazione. La definizione cui si è
fatto riferimento nel testo è più vicina a quella individuata dall’Oxford Dictionary: « a document
specifying nationally or internationally agreed properties of manufactured goods, principles for
procedure ». Sul punto si veda, R. H. WEBER, Competition Law versus FRAND Term in IT Markets,
in World Comp., 2011, p. 52.
(2) M. GRANIERI, Attività di standardizzazione, diritti di proprietà intellettuale e antitrust, in Riv.
Dir. Ind., n. 4-5, 2004, p. 138.
(3) Esempi di organismi di standardizzazione sono, oltre all’ETSI e al Jedec (vedi sotto nota
11), il NIST, National Institute of Standard and Technology, un’agenzia non regolamentare del
Dipartimento americano del commercio. Al riguardo si noti che la definizione di standard a livello
degli organismi di standardizzazione è un’attività estremamente delicata dal punto di vista del diritto
della concorrenza: la definizione di standard comuni può provocare effetti restrittivi sulla concorrenza, restringendo potenzialmente la concorrenza sui prezzi e limitando o controllando la produzione, i mercati, l’innovazione o lo sviluppo tecnico. Sul punto si veda sezione 7 delle Linee Guida
Orizzontali, cit. supra n. 1.