numero14 - Giardinaggio Indoor
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numero14 - Giardinaggio Indoor
copertina 2 pubb plagron NUMERO QUATTORDICI GENNAIO-FEBBRAIO 2009 Giardinaggio Indoor www.giardinaggioindoor.it [email protected] Pubblicazione e distribuzione gratuita ---------------------------Responsabile di redazione Michel Venturelli Caporedattore Massone Giada Redazione Massone Giada Michel Venturelli Cantabrina Glauco Manzilli Clementina Lodi Lidia Roccatagliata Giustina Collaboratori di redazione Noucetta Kehdi William Texier Mal Lane Andrea Sommariva Christian Cantelli ---------------------------Contatti [email protected] Pubblicità [email protected] Giardinaggio Indoor è una pubblicazione bimestrale a distribuzione gratuita edita da Michel Venturelli Casella Postale 207 6500 Bellinzona 5 Svizzera ---------------------------Giardinaggio Indoor è disponibile presso i distributori ufficiali: Indoorline (GE) Italgrow (GE) MCK Bio-Gardening (LI) Arios Grow Shop (CA) Greentown Biogardening Growshop (MI) Growshop (NO) Fronte del porto (SP) City Jungle (UD) IndoorHeart (PR) I contenuti della pubblicazione sono di proprietà dell’editore, nessuna parte della rivista può essere utilizzata senza espresso consenso dell’editore.Le opinioni contenute nella pubblicazione ed espresse negli articoli dai giornalisti partecipanti alla redazione sono da considerarsi personali e non necessariamente condivise dall’editore. Foto copertina: Malene Thyssen, http:// commons.wikimedia.org/wiki/User:Malene SOMMARIO EDITORIALE 4 AGRICOLTURA BIOLOGICA 5 LUCI ED OMBRE 8 TARTUFI E TARTUFAIE 11 SCELTE CONSAPEVOLI 13 FILTRI PER L’ARIA 24 ERBE AROMATICHE 27 Editoriale a cura della Redazione Cari lettori, questo 2009 si apre sotto fosche luci, la parola d’ordine è crisi. La crisi c’è, la crisi non c’è, la crisi c’è ma è piccolina, la crisi porterà alla fine del mondo. Nel dubbio, facendo un giretto al mercato dell’ortofrutta, è bene rispolverare il sistemone idroponico, o almeno i vasetti di coccio da mettere sul balcone. La famiglia media quest’anno può permettersi di portare in tavola poca verdura e di scelta mediocre, figurarsi poi se voleste omaggiare qualche caro con un bel mazzo di fiori, dovrete metterlo del budget dal mese prima e risparmiare su qualcos’altro. Abbiamo curiosato nei banchi del biologico, e abiamo scoperto un gran caos. Le compagnie approfittano della confusione per apporre marchi sul filo truffaldino che recitano “biologico”, “organico” “tutta salute dal campo del contadino”, ma che non hanno alcun valore se non quello di un marchio commerciale ingannevole. In compenso i prezzi di questi prodotti falsamente controllati vanno alle stelle. Siccome non tutti possono prendersi un bel giorno di ferie per fare la spesa con calma, leggendo tutte le etichette e controllando tutti i bollini, abbiamo pensato di fare un po’ di chiarezza in merito, e vi riportiamo a grandi linee cosa vuol dire biologico, biodinamico, organico, e quali organismi sono autorizzati ad apporre marchi a garanzia. Pensiamo inoltre che il libero arbitrio si basi sulla scelta informata, per quanto questo sia faticoso, e abbiamo voluto portare alla vostra attenzione anche un altro piccolo grande scandalo, che dura da anni: quello del mercato dei fiori recisi. Recisi come lo sono i diritti dei lavoratori sfruttati, e anche i profitti degli onesti produttori di casa nostra. Se avete deciso di fare a meno dei vestiti a basso costo prodotti da moderni schiavi o di rinunciare agli articoli importati da Paesi a rischio, beh attenzione anche al mazzo di rose. Non hanno l’etichetta, ma i negozianti hanno tutto l’interesse a dichiarare la provenienza da vivai certificati. E comunque, perchè non pensare ad un bel roseto, per l’anno prossimo? Foto: Wally Gobetz Agricoltura biologica Innanzitutto cos’è precisamente la coltivazione biologica? Ancora oggi c’è grande confusione attorno ad un termine tanto diffuso quanto abusato. L’agricoltura biologica prevede lo sfruttamento delle naturali risorse del suolo con l’apporto di interventi limitati e senza l’utilizzo di prodotti di sintesi od organismi geneticamente modificati. In questo va tenuto conto dell’ecosistema agricolo nel suo insieme e dell’importanza del mantenimento e della promozione della biodiversità. Il nuovo regolamento che raccoglie gli obblighi dei prodotti a marchio Biologico entrerà in vigore nel Gennaio 2009, abrogando il precedente. Ecco cosa dice: I ministri dell’agricoltura dell’Unione europea hanno raggiunto un accordo politico su un nuovo regolamento relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici, che semplifica la materia sia per gli agricoltori che per i consumatori. L’uso del marchio biologico UE è reso obbligatorio, ma può essere accompagnato da marchi nazionali o privati. Un’apposita indicazione informerà i consumatori del luogo di provenienza dei prodotti. Potranno avvalersi del marchio biologico solo i prodotti alimentari che contengono almeno il 95% di ingredienti biologici, ma i prodotti non bio potranno indicare, nella composizione, gli eventuali ingredienti biologici. normativo, sulla base del nuovo regolamento, le rigorose modalità di applicazione vigenti verranno trasposte dal regolamento preesistente al nuovo regime. Il nuovo regolamento presenta le seguenti caratteristiche: * esplicita gli obiettivi, i principi e le norme di produzione dell’agricoltura biologica, lasciando allo stesso tempo una certa flessibilità per tenere conto delle condizioni locali e dei vari stadi di sviluppo; * assicura che gli obiettivi e i principi si applichino ugualmente a tutte le fasi della produzione biologica animale, vegetale, di acquacoltura e di mangimi, nonché alla produzione di alimenti biologici trasformati; * chiarifica la disciplina in materia di OGM, reiterando in particolare l’assoluto divieto di utilizzare OGM nella produzione biologica e precisando che il limite generale dello 0,9% per la presenza accidentale di OGM autorizzati si applica anche ai prodotti biologici; * colma la lacuna legislativa per effetto della quale la presenza fortuita di OGM in misura superiore allo 0,9% non impedisce attualmente la vendita di un prodotto etichettato bio; rende obbligatorio il marchio UE per i prodotti biologici di origine comunitaria, consentendo tuttavia l’uso complementare di marchi nazionali o privati, al fine di promuovere il “concetto comune” di produzione biologica; * autorizza norme private più rigorose; * garantisce che siano etichettati bio soltanto gli alimenti contenenti almeno il 95% di ingredienti biologici; * autorizza l’indicazione degli ingredienti biologici nella composizione dei prodotti non biologici; non contempla il settore della ristorazione privata e collettiva, ma autorizza gli Stati membri a regolamentare questo comparto, in attesa di un riesame a livello UE nel 2011; * potenzia l’approccio basato sul rischio e migliora il sistema di controllo, allineandolo al sistema ufficiale di controllo vigente nell’UE per la generalità delle derrate alimentari e dei mangimi, ma mantenendo anche controlli specifici per la produzione biologica; * istituisce un nuovo regime permanente d’importazione, in virtù del quale i paesi terzi possono esportare sul mercato dell’UE a condizioni identiche o equivalenti a quelle applicabili ai produttori dell’UE; * prescrive l’indicazione del luogo di provenienza dei prodotti, anche per quelli importati che recano il marchio UE; * apre la possibilità di aggiungere ulteriori disposizioni sull’acquacoltura, sulla vitivinicoltura, sulle alghe e sui lieviti biologici; * lascia invariato l’elenco delle sostanze autorizzate in agricoltura biologica, prescrive la pubblicazione delle richieste di autorizzazione di nuove sostanze e sottopone a un sistema centralizzato la concessione di eccezioni; Resta vietato l’uso di organismi geneticamente modificati ed ora verrà indicato espressamente che la presenza accidentale di OGM in misura non superiore allo 0,9% vale anche per i prodotti bio. Rimane invariato l’elenco delle sostanze autorizzate in agricoltura biologica. La nuova normativa apre inoltre la possibilità di aggiungere ulteriori disposizioni sull’acquacoltura, sulla vitivinicoltura, sulle alghe e sui lieviti bio. Nella seconda fase di questo processo di revisione del quadro 5 * dà luogo alla trasposizione delle modalità di applicazione dal regolamento precedente al nuovo, con particolare riguardo all’elenco delle sostanze, alle norme in materia di controllo e ad altre disposizioni applicative. Nel 2005, circa 6 milioni di ettari sono stati coltivati secondo il metodo biologico o riconvertiti alla produzione biologica nell’UE a 25. Ciò rappresenta un aumento di oltre il 2% rispetto al 2004. Nello stesso periodo il numero di produttori “bio” è cresciuto di oltre il 6%. (Fonte: Commissione Europea http://europa.eu) In realtà il termine biologico è ingannevole: in agricoltura infatti c’è sempre un processo biologico, attuato da un organismo vegetale. Termini più chiari e corretti sarebbero agricoltura organica, o ecologica, a sottolineare l’impegno profuso nella conservazione delle risorse naturali e nella produzione con basso impatto ambientale. Per realizzare un tale progetto si adottano accorgimenti quali la rotazione delle colture, l’impiego di fertilizzanti organici, la lotta ai parassiti con antagonisti naturali e sostanze vegetali. Chi sceglie un’alimentazione biologica lo fa spesso per motivi di 6 coscienza ecologica. Infatti l’impatto sulla salute non è mai stato provato scientificamente, anche a causa dei metodi di trasporto e di conservazione che seguono le stesse logiche industriali in ogni caso, abbattendo così la qualità nutrizionale dei prodotti. Nonostante il prezzo maggiore dei prodotti quello del biologico è un mercato in espansione lenta ma costante, spinto anche dai recenti scandali alimentari. Appoggiato finanziariamente dall’Unione Europea, è un tipo di investimento molto frequente in Italia nonostante la relativamente scarsa diffusione dei prodotti certificati biologici. Se egli Stati Uniti o in Giappone sono presenti supermercati specializzati e alimentari bio col marchio delle principali catene di distribuzione, nel nostro Paese bisogna affidarsi al canale del negozio dedicato o direttamente all’agricoltore. Produzione integrata In definitiva l’agricoltura biologica altro non è che un approccio razionale ed ecologico ma al contempo produttivo alla coltivazione. Una versione meno un po’ più sbarazzina e meno codificata è la produzione integrata, che non esclude l’impiego di mezzi chimici, ma limita la scelta a principi attivi a debole impatto ambientale, da impiegare solo in caso di accertata necessità. gionalmente e i controlli sono spesso carenti, organizzati dai comuni o da associazioni private. In questo caso il ricorso a risorse di sintesi è previsto solo in caso di esaurimento o insufficienza delle risorse naturali, per mantenere alto il rendimento delle colture. Alcuni sostengono che quella integrata sia la sola forma sostenibile di agricoltura commerciale, mediando tra le esigenze dell’industria e il diritto del consumatore ad avere prodotti il più sani possibile. E’ ammesso l’uso di fertilizzanti minerali, purché in dosi e modalità ridotte e con particolare rispetto dell’ambiente (prevenzione dell’inquinamento da dilavamento e contaminazione delle falde). La lavorazione del terreno è volta a preservarne la struttura con interventi minimi, anche di tipo tradizionale, che riducano l’erosione e il dissesto. Ne deriva che il marchio apposto sui prodotti non ha alcun valore, e spesso viene abusato a fini puramente commerciali. Agricoltura biodinamica e naturale. Sebbene si tratti di tecniche diverse, sono accomunate da un approccio più filosofico alla coltivazione. L’agricoltura biodinamica punta a prodotti che rispettino l’ecosistema sulle basi degli insegnamenti del filosofo esoterista Rudolf Steiner. Anche in caso di infestazione o malattia, dopo avere tentato rimedi naturali è permesso un ricorso centellinato ai prodotti chimici e ai fitofarmaci. L’agricoltura integrata è dunque un metodo ad alta produttività in cui vige il concetto della limitazione dei danni, frutto della mediazione tra il biologico e il convenzionale. Il punto fermo è la considerazione di un unico sistema formato dal suolo e dalla vita che prospera su di esso. Prendendo alcune teorie comuni all’omeopatia (la diluizione esasperata dei nutrienti), basa buona parte riuscita sul compostaggio con elementi particolari e da effettuarsi con accorgimenti, e sull’utilizzo di sostanze inusuali preparate seguendo pratiche codificate e succussioni. Non è regolamentata se non re- Le semine poi seguono rigorosa- mente lo spostarsi della Luna e di alcuni pianeti. L’agricoltura naturale nasce dalle teorie dell’agronomo Fukuoka Masanobu e consiste nell’apportare il minor numero di interventi possibili. Niente potature dunque, o concimazioni, o smuovimenti del terreno, ma solo semina e raccolto. Per ottenere dei risultati è concesso un piccolo utilizzo di fertilizzante da spargere direttamente sulla superficie del terreno e, per restituire quanto si è tolto alla terra, tutti gli scarti vanno lasciati al loro posto, raccogliendo solo il minimo indispensabile e consentendo così una rudimentale pacciamatura. Nei campi si possono inserire insetti antagonisti per combattere le infestazioni e si lasciano erbe (soprattutto leguminose) sul terreno affinché fissino l’azoto e limitino l’erosione (tecnica del sovescio). Sebbene si sentano spesso nominare, anche fuori luogo, queste tecniche che abbiamo voluto accennare sono concettualmente opposte alla produzione industriale e il loro utilizzo è in buona parte ideologico o religioso. Luci e ombre test e comparazione delle lampade da orticoltura Fluorescenti compatte Come ben sappiamo, l’avvento dei bulbi compatti in orticoltura indoor ha portato delle preziose novità per tutti gli orticultori esperti e non. Novità riguardanti facilità di installazione, sicurezza, risparmio ed affidabilità, grazie a delle innovazioni tecniche che sono state ben presto adottate ed utilizzate da una gran percentuale di coltivatori. Il ballast (alimentatore) contenuto all’interno della base stessa della lampada per esempio, che elimina le difficoltà di installazione e cablaggio degli alimentatori esterni. O ancora la resa data in termini di Lumens prodotti ed utilizzati, con un’emissione di PAR pari al 100% (ogni singolo lumens prodotto dal bulbo viene assorbito ed utilizzato dalla pianta nel processo di fotosintesi, solo una minima percentuale viene dispersa in calore), che comporta cicli di lavoro a temperature bassissime, permettendoci quindi una manutenzione in tutta sicurezza, senza rischi di ustioni, e anche di poter tenere le lampade anche a pochi centimetri dalle cime delle piante. Una nuova generazione di lampade quindi, che ha un occhio di riguardo per i risparmi e l’impatto ambientale, una combinazione ideale per i growers più esigenti. Recentemente si sta affacciando sul mercato una nuova generazione di compatte che uniscono a tutte le caratteristiche tradizionali un’importante novità. Le linee Agro infatti sono state studiate appositamente per racchiudere in una singola lampada i lumens e la temperatura di colore necessaria per coprire interamente le fasi di crescita e fioritura delle piante. Mentre normalmente queste due fasi sono gestite con due bulbi separati, con temperature rispettivamente di 6400K per la fase vegetativa e 2700K per la fioritura (si parla di “temperature” del colore contenute nello spettro luminoso della luce), questa nuova generazione di lampade (2100K) riesce a coprire interamente il fabbisogno richiesto 8 dalla pianta durante un intero ciclo, grazie ad uno spettro luminoso ampliato ed arricchito di luce bianca. Questo ovviamente comporta dei palesi vantaggi, primo tra tutti il notevole risparmio dato dall’utilizzo di una singola unità di illuminazione contro le due utilizzate fino ad adesso, oltre ovviamente ad un’ancora maggior facilità di installazione, ma soprattutto manutenzione. Già viste nella versione da 250W , siamo in attesa di sperimentare le altre potenze: 125 e 200W. Lampade a led L’invasione dei famosi UFO procede inesorabile, e nonostante i prezzi tutt’altro che popolari la richiesta è ancora alta. Sarà anche merito del design accattivante, leggero ed innovativo, che dona quel non-so-che di avveniristico anche alla più datata growroom, ma la luce dei led sta entrando nelle case di tutto il Paese. Silenziosa, fredda, versatile e con bassissimi costi di mantenimento che promettono un ammortizzamento abbastanza veloce del prezzo d’acquisto, la lampada UFO garantisce efficienza durante tutto il ciclo di vita della pianta, con un dispendio di soli 90W. I led impiegati, generalmente 90, hanno colorazione rossa o blu (Rosso 625-660 nm; Blu 460nm), con proporzione variabile a seconda dei modelli. Producono 2100-2400 lumens e coprono un’area di ben 84 metri quadrati (dice il produttore) se posizionati a tre metri di altezza: chiaramente è sconsigliabile una tale configurazione dell’illuminazione e, come per le compatte fluorescenti, è bene sfruttare al massimo la bassa produzione di calore e sistemare la lampada vicino alle cime. senza bisogno di ulteriori accessori quali riflettori, cavi supplementari, alimentatori o altro. Alcune fonti parlano di luce 100% PAR, ma di questo ancora non siamo riusciti a trovare testimonianza attendibile o garanzia del produttore. Certo è che lo spettro proposto si rivela essere efficiente e privo di elementi dannosi quali infrarossi o ultravioletti. Queste lampade sono leggere (meno di 4 kg), maneggevoli ( poco più di 40cm di diametro) e assemblate generalmente con materiali di qualità, se avrete l’accortezza di acquistare prodotti certificati e garantiti. Sempre secondo i dati comunicati dai produttori, l’UFO sistemato a 2 metri copre 38 mq e da un’altezza di 120cm illumina un’area di 13 mq. A fronte della ridotta superficie illuminata, con l’abbassamento della lampada si ha un incremento notevole della densità del flusso fotonico. Tutti gli UFO arrivano attualmente dalla Cina, da dove vengono importati prodotti di diversa fascia, dall’economico e pressoché inutile al qualitativamente ineccepibile: attenzione al momento della scelta. Anche in questo caso una sola lampada è proposta per tutto il ciclo vegetale, ed è fornita pronta all’uso, I cari vecchi tubi al neon restano un buon metodo per mantenere le piante in fase vegetativa, per le talee Neon Per ottenere infatti fioriture esplosive non c’è ancora niente di meglio delle care vecchie lampadine, 400 o 600 watt, associate ad un buon riflettore. Sebbene CFL e UFO abbiano ottime rese in fase di crescita, taleggio o germinazione, ancora non soddisfano appieno in fioritura. E’ possibile sicuramente coprire tutta la vita della pianta con una sola Phytolite 2100k o con una led lamp, e ottenere anche dignitosissime fioriture, ma per alcuni sbalorditivi risultati è ancora bene affiancare alle innovative illuminazioni una cara vecchia HPS a mo’ di booster. Durante le prove effettuate con piante di peperoncino e ficus l’esperto della Redazione ha confermato la tesi di qualche mese fa: l’UFO resta purtroppo piuttosto caro nell’investimento iniziale rispetto alle performance, che pur mantenendo un profilo alto e costi di mantenimento contenutissimi (solo 90W, ricordiamolo!), ha cali di rendimento di un certo peso durante la fioritura. Se avete grandi spazi dedicati a talee, piante madri, piante verdi o poco esigenti quanto a fioritura prendete in considerazione la sperimentazione di questa lampada. Le compatte fluorescenti 2100k hanno un costo decisissimamente più contenuto e performance sensibilmente più proporzionate. Sebbene non eclatanti nella fioritura restano un must per tutte le altre applicazioni e consentono comunque l’illuminazione per tutto il ciclo senza problemi. o per la semina. Su spazi ristretti i tubi doppi, corti e potenti danno risultati a dir poco sorprendenti, eliminando al contempo qualunque problema di calore e riducendo gli ingombri. Si tratta di coadiuvanti, non adatti come unica fonte per una pianta che sta tentando di fiorire, ma potrebbe essere una valida scelta tenere accesso anche il vostro neon terminata la fase vegetativa. L’acquisto è molto economico, ma ad essere dispendiosa è la struttura necessaria per un utilizzo mirato ed efficiente, ovvero starter, attacchi e soprattutto plafoniera. Lo spettro proposto non è 100% PAR. Avere in casa un buon impianto d’illuminazione al neon, foss’anche per le emergenze o per un’improvviso aumento delle piante ospiti può rivelarsi un asso nella manica. La durata di vita comunque è piuttosto lunga (circa 10.000 ore), il consumo ridottissimo, l’impianto di dimensioni ridotte, ed è possibile trovare tubi con una temperatura di colore adatta alla fioritura. 10 E’ dunque giunta l’ora di buttare le hps? Vedremo a breve scomparire le hps dalle growroom? Tutte le innovazioni di questi giorni renderanno i vapori di sodio obsoleti? Forse, ma sicuramente non oggi. Nelle settimane in cui è richiesto un aiuto, in caso di piante esigenti, si può affiancare una hps e anche considerando il costo di acquisto e l’energia consumata da quest’ultima restiamo sempre abbondantemente al di sotto del prezzo della led lamp. La soluzione compatta + hps resta probabilmente la scelta migliore in assoluto. Foto: Maxime Perron Caissy, Andrzej Pobiedziński, Carlos Paes. Tartufi e tartufaie Che cosa sono i tartufi? I Tartufi sono funghi sotterranei (ipogei) della classe degli Ascomiceti, che vivono in simbiosi micorrizica con determinate piante. Come vegetano i tartufi? I Tartufi, come tutti i funghi, essendo totalmente privi di clorofilla e non potendo elaborare le sostanze organiche necessarie al loro sviluppo, le traggono da altri organismi divenendo così dei parassiti o istituendo una simbiosi mutualistica vantaggiosa per entrambi. Con quali piante istituiscono un rapporto di simbiosi i tartufi? I Tartufi instaurano il loro rapporto di simbiosi con diverse varietà di piante, tra le più frequenti segnaliamo la Quercia, la Roverella, il Tiglio, il Carpino, il Salice, il Pioppo e il Nocciolo. Quali terreni sono adatti per lo sviluppo del tartufo? Il Tartufo nero (Tuber melanosporum - Tuber aestivum) vegeta soprattutto nei terreni calcarei, generalmente anche con elevato contenuto di argilla, di consistenza leggera e friabile, prevalentemente risalenti all’era del Secondario (Mesozoico). Il Tartufo bianco (Tuber magnatum pico) cresce con preferenza nei terreni marnosi del Miocene o del Pliocene, preferibilmente in luoghi freschi come ad esempio lungo fossi e fondovalle, ma anche nelle radure dei boschi, in quei posti mai stati lavorati dall’uomo. A quali quote altimetriche vegetano i tartufi? Generalmente i Tartufi vegetano fino ad una quota altimetrica di 850-900 metri. Quali sono le principali varietà di tartufi commestibili? In ordine di pregio gastronomico e quindi di importanza, i Tartufi migliori sono: -Il Tartufo bianco pregiato o trifola bianca (Tuber magnatum pico) - il Tartufo nero invernale (Tuber melanosporum) commercializzato in Italia con il nome di “Nero pregiato di Norcia o di Spoleto”, conosciuto in Francia come “Truffe du Pèrigord” - Il Tartufo nero estivo (Tuber aestivum) meglio conosciuto con il nome di “scorzone” per la sua scorza ruvida, conosciuto in Francia come “Truffe d’etè” - Il Tartufo bianchetto o “Marzuolo” (Tuber albidum) Cominciamo con il dire che, contrariamente a quello che molte persone credono, il tartufo non e affatto tipico solo del Piemonte, benché in questa regione se ne trovino di buona qualita e di bell’aspetto. Il Tartufo e infatti molto diffuso in Romagna, in Toscana, in Umbria, nelle Marche, oltre che in Campania, in Veneto e Lombardia. Contrariamente a quello che avviene nelle tartufaie dove vegeta il tartufo nero, nelle tartufaie di tartufo bianco non si assiste ad una scomparsa o diradamento delle vegetazioni erbacee e quindi nessun segnale ne fa rilevare o sospettare la presenza. I tartufi bianchi piu profumati sono quelli che nascono in simbiosi con piante di quercia e di tiglio, con polpa marrone i primi e screziata di rosso i secondi. Il Tartufo bianco pregiato (Tuber magnatum pico), a differenza del nero pregiato, vegeta nei terreni marnoso-calcarei e marnoso-argillosi del Terziario sia nel miocene che nel pliocene, in luoghi preferibilmente umidi e freschi come lungo i fossi, i canali e i torrenti. I tartufi di Urbani sempre freschi di giornata Nelle zone ricche di pietre e sassi di solito si cavano tartufi di forma piu irregolare e globosi, mentre nei terreni piu friabili lo sviluppo naturale del tartufo da luogo a forme piu regolari e lisce e quindi di maggior valore commerciale. Tartufi e tartuficoltura: note tecniche per un buon impianto. L’impianto di una tartufaia coltivata richiede una precisa progettazione dell’intervento al fine di non eseguire lavori e sostenere spese inutili. In taluni terreni utilizzando piantine non adeguatamente micorrizate, non si potrà sperare in alcuna produzione di tartufi commerciabili. In ogni caso, non c’è mai la certezza di ottenere una quantità minima di tartufi dalla tartufaia coltivata; molto variabile è anche il periodo necessario all’inizio della produzione. URBANI TARTUFI Il GRUPPO URBANI TARTUFI da quattro generazioni è nel campo dei tartufi, inun tramandarsi di tradizioni, di usi e di costumi, da una vita all’altra,arricchendo le conoscenze sul tartufo, con il contributo di ognuno dei personaggi che si sono succeduti nel corso degli eventi. Oggi, grazie all’estrema passione per questo speciale prodotto ed al grande carisma che accompagna da sempre la Famiglia Urbani, il Gruppo detiene la leadership mondiale assoluta del tartufo, con una media annua che si aggira intorno alle 100 Tonnellate di prodotto finito. L’azienda propone una larga gamma di prodotti: dal tartufo bianco (Tuber Magnatum Pico), il tartufo nero (Tuber Melanosporum Vitt), il tartufo nero estivo (Tuber Aestivum Vitt) alla vastissima gamma di prodotti tartufati, come le differenti salse a base di tartufo, gli oli aromatizzati, i cioccolatini al tartufo bianco e nero, il carpaccio, le tagliatelle ed i tortellini al tartufo ecc... Per informazioni potete contattare la Sig.ra OLGA URBANI OWNERSHIP/MANAGMENT GRUPPO URBANI TARTUFI s.s. Valnerina Km. 31,300 06040 Sant’Anatolia di Narco (PG) Web site: http://www.urbanitartufi.it e-mail: olga@urbanitartufi.it ph. 0039 0743613171 Fax. 0039 0743613035 Terreno adeguato s’intende coltivare. Ogni specie fungina ha le proprie esigenze ambientali. Ad esempio il tartufo nero ha esigenze diverse dal bianco. La specie di tartufo, anche se presente in purezza e in quantità sufficiente al momento della messa a dimora, nel tempo può diminuire drasticamente o essere sostituita da altri funghi già presenti nel terreno se le caratteristiche ambientali e pedologiche soddisfano meglio le necessità di questi ultimi. Altri funghi simbionti, spesso più rustici e comunemente presenti nel terreno, entrano in competizione con la specie tartufigena e spesso ne impediscono la permanenza sulla pianta. Prima dell’impianto il coltivatore deve perciò provvedere ad accurate analisi chimico-fisiche del terreno (tessitura, struttura, dotazione minerale e organica, ecc.) e verificare che temperature e piovosità siano adeguate alle specie vegetale e fungina desiderate. Qualità delle piante La micorrizazione consiste nella simbiosi tra funghi che vivono nel terreno e radici assorbenti della pianta (ad esempio scorzone-nocciolo). Ogni pianta può, però, contrarre tale simbiosi con molte specie fungine diverse, non necessariamente tartufigene. L’impianto dev’essere quindi effettuato esclusivamente con piante sufficientemente micorrizate con la sola specie di tartufo che 12 L’adeguatezza della micorrizazione (percentuale d’apici micorrizati, omogeneità di micorrizazione, assenza di specie diverse da quella desiderata) di tutte le piante acquistate dev’essere garantita per iscritto dal produttore. Tale documentazione dev’essere conservata dall’acquirente nel caso di future controversie. Sesto d’impianto La produzione di tartufo dipende dall’assolazione del terreno circostante le piante. Per questo motivo le piante non devono essere troppo fitte. Indicativamente, si suggerisce una densità non superiore a 400-500 piante per ettaro. Cure colturali Allo scopo di soddisfare le esigenze della pianta e del fungo devono essere sempre garantite un’adeguata idratazione e aerazione del terreno. Si devono perciò prevedere eventuali impianti di drenaggio o d’irrigazione, zappettature superficiali, potature e diserbo manuale. Tempi di produzione La produzione di tartufi richiede alcuni anni. Indicativamente, una tartufaia coltivata può iniziare la produzione dopo 6-8 anni dall’impianto. TARTUFI E TARTUFICOLTURA: NORME DI COMPORTAMENTO DEL RACCOGLITORE La tartufaia controllata è quella costituita su terreni dove crescono tartufi allo stato naturale, incrementata e sottoposta a miglioramenti colturali, quali il decespugliamento, la conversione delle specie tartufigene arbustive in alto fusto, la potatura delle piante, il drenaggio, il governo delle acque superficiali ed ogni altro intervento ritenuto utile. Viene invece definita tartufaia coltivata quella costituita da impianti realizzati ex novo mediante la messa a dimora di piante preventivamente micorrizate e successivamente sottoposte alle medesime cure relative alle tartufaie controllate. COMPORTAMENTO NELLA RACCOLTA: Avere sempre con sé il tesserino rinnovato (è valido in tutta Italia) Rispettare i periodi di raccolta previsti dalle leggi regionali Per raccogliere in altra Regione informarsi delle specifiche norme vigenti Utilizzare nella raccolta solo gli attrezzi previsti dalla legge Richiedere l’autorizzazione all’Ente gestore per la raccolta nel territorio demaniale forestale regionale e nei parchi Rispettare la proprietà privata Rispettare gli altri raccoglitori e i loro cani Rispettare l’ambiente boscato dove si riproducono i tartufi Fonti: http://nuke.areaeuganea.it/ Portals/0/DEPLIANT.pdf http://www.deliziatartufi.com Scelte consapevoli: difficile, non impossibile nata si riversa sul “viale dei fiori”. Così viene chiamato lo stradone in terra battuta che costeggia per oltre un chilometro la più grande piantagione di rose d’Etiopia. Gli operai lo percorrono con passo deciso per non tardare al lavoro. Qualcuno arriva in bicicletta. Altri giungono barcollando sugli affollati carretti trainati dai muli. Per tutti l’appuntamento è all’ingresso della Sher Ethiopia Plc, l’immensa città dei fiori sorta appena due anni fa nei pressi della cittadina di Ziway, 160 chilometri a sud di Addis Abeba. Più se ne parla, più ci si rende conto dell’oggettiva difficoltà nel controllo della nostra attività di consumatori. L’attenzione spasmodica necessaria per evitare di finanziare aziende poco etiche, per promuovere l’economia locale, per portare a tavola cibi sani e acquistare prodotti ecologicamente dignitosi può realmente portare ad un senso di oppressione. La soluzione? Spiacenti, non l’abbiamo, tenete duro perchè portiamo invece cattive notizie. La maggior parte dei riguardi sono infatti relativi al campo alimentare e a quello dell’abbigliamento, ma sono davvero gli unici settori ad alto impatto globale? Ovviamente no, e se mangiare melanzane ripiene di fitofarmaci prodotte a centinaia di km da casa nostra può dare una digestione difficoltosa, vediamo che notti agitate può dare una coscienza appesantita. Noi della redazione non amiamo particolarmente i fiori recisi, ma sappiamo bene che in parecchie circostanze sono quasi inevitabili; molte persone inoltre hanno ancora l’abitudine di usarli come decorazione, e allora via ai mazzi che appassiscono e vanno cambiati ogni giorno. Nessuno giudichi nessuno, ma se volete acquistare fiori freschi accertatevi almeno dell’origine, così come fareste per un’insalata o una bistecca, e avrete la sicurezza di non avere risparmiato qualche euro sulla pelle di un lavoratore sfruttato. In realtà non si tratta affatto di una novità, l’allarme è scattato verso il 2000 in riferimento a diversi Paesi sudamericani, africani, e asiatici, e viene periodicamente rilanciato da associazioni e media. L’ultima massiccia campagna comparsa su un po’ tutti i giornali è stata nel Febbraio 2007, in occasione di San Valentino. Leggete di seguito e fatevi un’idea FIORI (E SPINE) D’ETIOPIA Viaggio nel nuovo business delle rose africane di Marco Trovato. L’industria dei fiori sta spostando le sue immense serre sugli altopiani etiopici. Per sfruttare la favorevole situazione ambientale e politica. E soprattutto l’abbondanza di manodopera a bassissimo costo. Un reportage per scoprire come funziona davvero la fabbrica dei petali africani La processione inizia alle prime luci dell’alba. Puntuale come ogni mattina, un lungo serpentone colorato di uomini e donne dall’aria asson- È la nuova capitale della floricoltura etiopica, il luogo-simbolo di un mercato in piena espansione che già oggi produce 25 milioni di dollari annui e che nel prossimo futuro, assicurano gli esperti, diventerà la voce trainante delle esportazioni di una delle più potenti nazioni d’Africa. Basta scorrere con lo sguardo l’impressionante fila di serre che si estende fino alla linea dell’orizzonte, per intuire la portata di questo boom economico. È da qui che bisogna partire per indagare sui segreti di un’industria che ora occupa 13mila addetti. Ma che nei prossimi dodici mesi – promettono le autorità – creerà almeno 100mila nuovi posti di lavoro in un Paese dove i disoccupati sono il 40 per cento della popolazione. Un nuovo miraggio A Ziway la speranza di un impiego sboccia ogni giorno con le rose della Sher Ethiopia. I lavoratori si infilano veloci in un portone presidiato da guardiani dall’aria severa, coi fucili a tracolla, incaricati di controllare i documenti e perquisire chiunque. Solo i più fortunati, quelli che stringono tra le mani un cartellino consunto, il documento di riconoscimento dei dipendenti, possono entrare. Gli altri restano fuori, costretti a fermarsi sullo spiazzo di fronte. Sono centinaia di giovani senza lavoro, giunti anche da molto lontano in cerca di un salario sicuro. Ma ci sono pure i cosiddetti “braccianti a giornata”, gente che vive in campagna e che dispone, tra una semina e un raccolto, di un po’ di ADVANCED NUTRIENTS tempo da impiegare per arrotondare i miseri guadagni. Attendono per ore, accovacciati per terra, chiacchierando tra loro per ingannare il tempo, nella speranza di essere chiamati da qualche responsabile di reparto. «È il terzo giorno che vengo qui senza riuscire a lavorare», si lamenta una ragazza con la testa piena di treccine e lo sguardo pieno di stanchezza. «All’ingresso fanno passare solo gli amici e i conoscenti, e per noi che arriviamo dai villaggi diventa tutto più difficile… Non abbiamo alternativa che aspettare e sperare». Il sole comincia a farsi sentire e gli aspiranti lavoratori si rifugiano in uno stato di apparente torpore. Restano immobili, silenziosi, con gli occhi socchiusi puntati verso il grande cancello di ferro. «È una prigione all’incontrario», sospira, con tono rassegnato, un uomo sorpreso a sbirciare tra le inferriate. «Per una volta mi fanno invidia le persone che si trovano dietro le sbarre. Farei di tutto per finire lì dentro anch’io». Meglio non lamentarsi Dall’altra parte della cancellata si apre un mondo ordinato, dinamico, all’apparenza operoso ed efficiente. Gli addetti alle piantagioni spariscono nelle serre che si estendono per oltre cinquecento ettari di terra. EASY ROLL NUOVO Lì dentro passeranno almeno sette ore della giornata, a una temperatura media di trentacinque gradi. «È faticoso ma ci si abitua», spiega un ragazzo che incrociamo mentre spinge una carriola di foglie secche fuori da una serra. «Io sono fortunato perché ogni tanto posso uscire dai vivai e prendere una boccata d’aria fresca». Il salario giornaliero è di 7 birr, circa 60 centesimi di euro, qualcosa in più se tocca il turno serale, il doppio quando si lavora la domenica. La direzione parla di «stipendi adeguati», in realtà è il minimo di legge. «Certo potrebbero pagarci meglio, ma non mi lamento», dice il giovane mentre volge lo sguardo oltre la recinzione. «Là fuori c’è molta gente che vorrebbe trovarsi al mio posto… Meglio lavorare sodo e non protestare: i capi farebbero presto a trovare un sostituto». Già. Il capo dei capi qui si chiama Peter G.D. Van Heukelom, ma tutti lo conoscono come “Peter l’olandese”. È un cinquantenne cordiale e sorridente, coi capelli ricci e gli occhia- 15 16 CANNA AQUA canna nuovo Equilibrio Interiore Nell’Estremo oriente, lo hanno capito da migliaia di anni: il concetto di equilibrio interiore, tempi remoti sistemi di irrigazione sofisticati che permettono all’acqua di circolare costante locale di riso necessario a nutrire gran parte della popolazione dell’Asia Sud Orientale. CA sviluppare una linea di fertilizzanti per i vostri sistemi a ricircolo d’acqua: CANNA AQUA. 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Chi ci guadagna? «In soli due anni abbiamo quintuplicato il nostro fatturato», spiega. «Ora produciamo fino a 200 boccioli di rosa per metro quadro. È un ottimo risultato, ottenuto grazie alle favorevoli condizioni climatiche, all’altitudine ideale e alla fertilità della terra, perennemente irrigata con l’acqua del vicino lago di Ziway». Oltretutto il business floreale è favorito dal governo di Addis Abeba, che sta incentivando gli investimenti stranieri nel Paese. «Per i primi cinque anni di attività non paghiamo alcuna tassa», chiarisce Peter. «Inoltre l’importazione dei macchinari e delle infrastrutture avviene senza spese doganali». Non solo. L’affitto mensile della terra costa poco, appena 200 dollari l’ettaro, e i prestiti bancari sono concessi a condizioni vantaggiose. A completare il quadro ci sono gli aiuti della Banca Mondiale e le agevolazioni commerciali che l’Unione Europea garantisce ai prodotti provenienti dall’Etiopia, per i quali non si applica alcun dazio. «Infine c’è l’abbondanza di manodopera a bassissimo costo», puntualizza giustamente Peter. «La nostra non è affatto una nuova forma di colonial- ismo o di sfruttamento economico. È la globalizzazione, un’opportunità per tutti: per noi imprenditori e per quelle migliaia di etiopi che oggi possono contare su uno stipendio sicuro e un buon lavoro. Grazie ai nostri fiori». La salute dei… fiori Nelle serre sono impiegate soprattutto donne. Dai diciassette anni in su. Le vediamo scorrere lentamente le lunghe file di boccioli colorati, districandosi con abilità nel groviglio dei rami spinosi, mimetizzate tra decine di migliaia di rose appena fiorite. Alcune operaie si occupano di eliminare le foglie malate, altre potano le piante affinché crescano sane e robuste. Nessuna indossa guanti o grembiuli da lavoro. Nemmeno l’ombra di mascherine per difendersi dai pesticidi. «Non sono necessarie – sostiene Peter –: le sostanze chimiche vengono spruzzate la sera, quando le operaie hanno finito di lavorare. Se ne occupano tecnici specializzati equipaggiati di tute protettive. Ci teniamo alla salute dei nostri lavoratori». Di certo l’attenzione alla salute dei fiori non manca. Ogni rosa viene ispezionata con cura prima di essere raccolta: l’eventuale diffusione di malattie o di parassiti manderebbe in fumo decine di migliaia di euro. Superati i controlli di qualità, gli steli passano al reparto imballaggio per essere tagliati manualmente a lunghezze precise. E ripuliti, uno ad uno, dalle spine. «La gentilezza è il segno distintivo delle nostre rose», dice orgoglioso Peter. «Mai nessuna donna europea potrà pungersi quando le riceverà in dono». In compenso, le mani di molte lavoratrici etiopiche hanno le unghie rotte e sono piene di piccole ferite. «È inevitabile che qualcuna si faccia male, accade in tutti i vivai», taglia corto Peter. «Per questo esiste l’infermeria aziendale». Il tempo che ci poteva concedere per la visita è quasi terminato. Il lungo viaggio Le rose ora vengono trasferite nelle celle frigorifere, dove i magazzinieri sono imbacuccati come eschimesi, per poi essere caricate su appositi camion diretti all’aeroporto. Durante il viaggio non lasceranno mai la cosiddetta “catena del freddo”, un sistema che consente di conservare i fiori in un ambiente controllato e a 18 una temperatura di pochi gradi. In meno di venti ore dalla raccolta arriveranno in Olanda, il centro mondiale di smistamento dei fiori recisi, dove i grandi distributori acquistano per poi riesportare nel resto del mondo. Sarà compito dei grossisti nazionali far giungere le rose fino ai supermercati e ai fioristi di New York, Delhi, Mosca o Parigi. Dopo un viaggio lungo migliaia di chilometri che contribuisce a rendere più preziosi i petali africani. Ad Amsterdam si trovano le più grandi aste dell’industria florovivaistica, vere e proprie borse dedicate alla domanda e all’offerta dei fiori, che influenzano pesantemente la formazione dei prezzi. «Il valore di una rosa cambia ogni giorno», chiarisce Peter prima di congedarsi. «In occasione di festività e ricorrenze particolari la domanda mondiale cresce facendo lievitare le cifre». I n un negozio occidentale un fiore può essere venduto anche a cinque, sette dollari. Un valore pari a dieci giorni di lavoro per chi l’ha coltivato in Etiopia. Sospetti e accuse «È una vergogna», tuona sister Elisa, una suora salesiana, grintosa e combattiva, da anni missionaria a Ziway. «Gli imprenditori europei si stanno arricchendo sulle spalle dei poveri etiopi, che oltretutto sono costretti a lavorare in condizioni durissime, senza alcuna tutela sindacale e sanitaria». La religiosa punta il dito contro un presunto abuso di fertilizzanti e riferisce di un allevatore di Ziway che di recente ha perso venti vacche «morte dopo Coltivare indoor e outdoor a Venezia pubb_ giardino idroponico FATTA E’ SUL PC DELLA DITTA Il Giardino Idroponico Via Giotto 21 30030 Maerne Venezia Unico negozio della provincia di Venezia specializzato in colture fuorisuolo. Forniamo qualunque tipo di substrato, soluzioni NPK (fertilizzanti), sistemi per coltura indoor e outdoor, sistemi di illuminazione per crescita di vegetali, fiori e frutti. Fate germogliare le vostre idee! Contattateci al 337211638 «Nient’affatto», protesta suor Elisa. «Le operaie che si ammalano vengono inviate in una clinica privata che si trova a Mojo. Lontane da occhi indiscreti. Gli imprenditori dei fiori tentano di far passare tutto sotto silenzio, con la complicità delle autorità. Ma io conosco personalmente una ragazzina che si è dovuta far ricoverare per disturbi ginecologici iniziati col lavoro nelle serre… Ora i ricchi signori delle rose vogliono aprire un ospedale a Ziway per lavarsi la coscienza. Ipocriti». Fuga dal Kenya aver mangiato le foglie che erano state gettate fuori dalle serre». Ci racconta inoltre di alcune operaie che avrebbero avuto problemi di fertilità e di vista, dopo aver lavorato nelle serre. Ma nel principale ambulatorio locale, il dottor Nebiat Fikru non conferma. «Sono voci che girano in città, e non posso escludere che siano fondate, ma finora non mi è mai capitato di visitare un paziente che lamentasse qualche problema dovuto al lavoro nelle piantagioni». Solo pregiudizi allora? Il mancato rispetto di norme sanitarie e regole sindacali è un problema non nuovo per l’industria dei fiori. In Kenya nel duemila scoppiò lo scandalo delle società straniere presenti nei pressi del lago di Naivasha. Alcune organizzazioni ambientaliste lanciarono l’allarme per l’uso incontrollato dei pesticidi, la Kenya Human Rights Commission parlò di «trattamenti brutali contro i lavoratori», e la Women Workers Association segnalò casi di abusi sessuali tra le operaie delle serre. Nacque una campagna internazionale di pressione contro i “fiori del male” che ebbe grande eco sulla stampa. In questi anni alcuni grandi coltivatori europei hanno lasciato le piantagioni keniane per spostarsi nella vicina e più tranquilla Etiopia, e chi è restato sta meditando di dirottare nel Corno d’Africa i nuovi investimenti. Le ragioni dell’esodo sono evidenti. La manodopera locale è ancor più a buon mercato e i costi del trasporto aereo – che rappresentano il 50% dei costi di produzione – sono quasi dimezzati. «Inoltre qui possono contare sull’appoggio incondizionato del governo che svende alle società europee le migliori terre del Paese», conclude amara suor Elisa. Un futuro “roseo”? In effetti le autorità etiopiche stanno spingendo molto sul business dei fiori – che già ora rappresenta la terza industria nazionale, per fatturato, dopo l’esportazione del caffè e del pellame – e la televisione statale trasmette in continuazione spot che mostrano terre aride trasformarsi come per magia in distese di piantine multicolori. Ora in Etiopia approdano schiere di businessman olandesi, israeliani, 20 21_pubb_ italgrow rinnovare + correggere tel laboratorio verde (ora c’è quello di casa) CA ARIO GROW SHOP VIA GIOVANNI MARIA ANGYOI, 53 CAGLIARI Tel. 070 303983 MI LABORATORIO VERDE VIA TORRICELLI, 9 MILANO Tel. 02 39811468 MI GREENTOWN VIA EUSTACHI, 24 MILANO Tel. 02 36510646 NO GROW SHOP NOVARA V.MONTE S.GABRIELE 1/C NOVARA Tel. 349 5786449 PR INDOOR HEART VIA V. BOTTEGO, 8 FORNOVO TARO Tel. 392 8506838 SP FRONTE DEL PORTO VIALE SAN BARTOLOMEO 323 LA SPEZIA Tel. 0187 5902212 UD CITY JUNGLE VIA STRASSOLDO n.5 UDINE Tel. 347 2582098 VE IL GIARDINO IDROPONICO VIA GIOTTO, 21 MAERNE Tel. 337 211638 21 GIB LIGHTING Crescita fruttuosa con lampade di GIB Lighting Per un business rigoglioso 22 pubblicita gib Il nostro assortimento è formato da lampade a scarica elettrica ad alta pressione e dagli alimentatori necessari al loro funzionamento. 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Arriveremo a produrre 300 milioni di dollari di fatturato, ovvero 50mila tonnellate di petali». E una montagna impressionante di spine. «Sono soddisfatto, certo, ma resto coi piedi per terra», puntualizza il manager. «L’industria etiopica dei fiori cresce molto, ma resta il problema della stagione delle piogge, che qui dura circa 6 mesi. E poi c’è la brusca oscillazione dei mercati: durante l’estate la domanda e i prezzi crollano mentre le nostre spese non conoscono sosta. È presto per fare bilanci, ma non parlerei ancora di “boom dei fiori etiopici”». Il sito: www.reportafrica.it/ Chi non lesina toni entusiastici è Abebe Tsegaye, presidente della Ehpea, l’associazione di settore che conta 32 aziende, di cui la metà straniere. «Il futuro dell’Etiopia sarà sempre più “roseo”», assicura l’uomo giocando con le parole. «Attendiamo cento nuovi grandi produttori di fiori che moltiplicheranno la superficie delle piantagioni. Entro un anno prevediamo di avere altri cinquecento ettari coltivati. -www.fioriediritti.org per una prima infarinatura sul problema. Il sito purtroppo non è aggiornato, leggete anche le newsletter, molto interessanti L’autore: Marco Trovato è un giornalista e fotografo indipendente, realizza reportage dal continente africano. E’ coordinatore della rivista Africa. Collabora con radio, giornali, case editrici. Cura progetti di educazione interculturale rivolti al mondo scolastico. La pagina: www.reportafrica.it/reportages. CHE FARE ALLORA? Si può iniziare informandosi per benino. Link essenziali: -www.compagniadelgiardinaggio.it/ rose-e-lavoro riporta un completissimo e assolutamente imperdibile passaggio del libro Rose & lavoro. Dal Kenya all’Italia l’incredibile viaggio dei fiori, di Pietro Raitano e Cristiano Calvi, Edizioni Altreconomia. La prefazione è di Alex Zanotelli. L’industria dei fiori è a tutt’oggi una realtà presente e nella maggior parte dei casi deleteria per i Paesi in via di Sviluppo. Lo spostamento delle produzioni e degli impianti di lavorazione dei fiori all’estero impoverisce il nostro Paese e sfrutta le risorse dei lavoratori più bisognosi, così come accade per tutte le tipologia di industria. Cercate fiori italiani, e soprattutto se siete consumatori abituali o addetti ai lavori, richiedete prodotti con certificazioni sociali e ambientali. Tra queste Flp (Flower label program, www.fairflowers.de), Ffp (“Fair flowers fair plants”, www. fairflowersfairplants.com) e il fairtrade di Flo (in Italia Transfair, www. equo.it). Anche l’acquisto di un fiore per la fidanzata, delle decorazioni per il matrimonio, dell’omaggio alla mamma può rappresentare un gesto investito di significato. Purtroppo queste coltivazioni devono essere altamente produttive e sono antitetiche con un approccio biologico: se producete fiori recisi in maniera ecocompatibile o ritenete la vostra attività di floricoltori un esempio, contattateci e saremo lieti di darvi spazio sulla nostra rivista e consigliarvi ai nostri lettori. 23 Filtri per l’aria, quali e perchè? Tutti i grower sanno bene che un ambiente ristretto, umido e caldo, come è per forza di cose la growbox, può in un attimo riempirsi di odori sgradevoli, anche se la ventilazione è buona. Questo è dovuto spesso alla concentrazione e anche alla tipologia delle piante che coltiviamo. Le rose stesse, al momento della fioritura sprigionano un fortissimo profumo che può rivelarsi talmente intenso da far girare la testa. Alcune verdure emettono odori sgradevoli al momento della maturazione, e in generale è buona norma (e buona regola di vicinato) evitare di rendere partecipe chi ci abita accanto dei nostri problemi di cavolfiori maturi. Per assicurare aria fresca alle nostre piante infatti ci si affida all’estrattore, che porta l’aria più calda e “viziata” all’esterno e, tramite un tubo flessibile, all’aperto. Il sistema di aereazione infatti è concepito in maniera che la presa d’aria sia su un lato, in basso, poichè l’aria fredde tende a rimanere vicino al terreno, e l’estrazione avvenga in alto sul lato opposto. tivo. Questo tipo di prodotto è molto efficiente, ma è difficile da gestire a causa del peso e delle dimensioni. In commercio esistono versioni “light”, che diminuiscono un poco la quantità di carbone e di conseguenza il peso, ma restano poco maneggevoli. Questo garantisce un adeguato movimento all’interno della camera di coltura ed una buona ossigenazione. Da qualche anno l’alternativa principale è rappresentata dai filtri “odorsok” (ne avevamo parlato sul numero 5), delle specie di “calzini” realizzati in un materiale intessuto direttamente in fibra di carbone attivo, rafforzati poi da una leggera gabbietta di sostegno e da alcuni anelli da inserire all’interno. Sono lavabili, leggeri e poco ingombranti, ma sono adatti solo a spazi piuttosto ristretti. Purtroppo questo non risolve il problema degli odori, ecco perchè vanno applicati sugli estrattori appositi filtri ai carboni attivi che assorbono le particelle presenti nell’aria, liberandola all’esterno depurata. I filtri sono principalmente di due tipi: quelli tradizionali sono grossi ed ingombranti tubi metallici, dotati di un prefiltro e fasciati in uno speciale sacchetto contenente carbone at- Recentemente hanno iniziato ad affacciarsi sul mercato nuovi prodotti, che sfoggiano un design più accattivante e che si presentano come alternativa e mediazione tra le due tipologie che abbiamo visto. CarbonActive propone una linea dotata di un prefiltro particolarmente efficiente, che oltre a garantire un maggiore assorbimento permette una vita più lunga al prodotto. Il peso è decisamente minore rispetto ai cugini, grazie all’impiego di materiali innovativi; tanto per avere un’idea, è possibile gestire 1000 metri cubi all’ora con un oggetto di soli 4 chili, lungo 56 cm. Esiste anche una linea professionale, pensata per spazi decisamente più vasti, e di concezione senz’altro più robusta ed imponente. Qui le dimensioni si fanno più importanti ma restano comunque contenute: per il filtro da 3000 metri cubi l’ora parliamo di 18 chili e circa 60 cm di lunghezza. Importante per ottenere validi risultati, qualunque sia il filtro che utilizzate, è attenersi rigorosamente a quanto riportato sulle istruzioni (che come è noto solo un utilizzatore su 5 legge). Ecco l’essenziale da ricordare: -Spegnete l’estrattore quando fate le pulizie, polvere e materiale dannoso potrebbero ostruire e saturare il materiale filtrante. -Attenzione al tasso di umidità, i filtri non sono anfibi e riportano sempre il tasso massimo oltre il quale è pericoloso attivarli. -Niente umidificatori nelle immediate vicinanze ed è buona norma staccare la ventilazione durante la nebulizzazione. -La manutenzione va fatta con regolarità: lavate o sostituite il materiale filtrante e i prefiltri una volta in più piuttosto che una in meno. -Non si fuma nelle growbox e nemmeno vicino ai filtri e al carbone attivo, magari mentre fate la manutenzione. -Se riponete il materiale in attesa della nuova stagione, fatelo con un buon imballaggio, che protegga dallo sporco e dall’umidità, meglio ermetico, Riponete i filtri puliti. -Non montate mai un estrattore con potenza superiore al filtro. Se avvertite odori fastidiosi, cercate di indagare. Se come abbiamo visto ci sono frangenti in cui è assolutamente normale, non è affatto usuale sentire odore “di sottobosco”, simile a quello dei funghi se coltivate in idroponica o con terricci abituali, ma è probabile che abbiate un problema di muffa: se le piante sembrano a posto ispezionate il retro dei fogli riflettenti applicati sulle pareti e al pavimento ad esempio, il fondo dei continitori e il substrato. Odore di marcio: attenzione ai ristagni, se ci sono sottovasi svuotateli, e badate anche al formarsi di alghe e muschi, verificate filtraggi e pompe dell’acqua. Materiale vegetale, come foglie morte, può essere finito ammollo. Odore di cloro o chimico: l’acqua che utilizzate va lasciata riposare prima dell’utilizzo, perchè il cloro evapori. Fatela riposare fuori dalla growroom, ovviamente. Odore di pesce: attenzione all’utilizzo di radicanti, probabilmente ne state usando troppo. L’odore, benchè pungente, non dovrebbe ristagnare in una growroom ben ventilata. Odore di bruciato o di plastica fusa: si salvi chi può. Cercate la fonte immediatamente, potrebbe esserci il rischio di incendio o cortocircuito. Controllate il riscaldatore dell’acqua, potrebbe non essere completamente immerso o essere a contatto con la plastica del serbatoio. Ballast e lampade vanno ispezionati, potrebbe esserci un filo elettrico vicino alla lampadina. Odore di polvere: controllate accuratamente il filtro e la ventilazione in genere, potrebbe essererci qualcosa che surriscalda il materiale filtrante. Odore di gas di scarico: a volte se siete a ridosso di strade trafficate può accadere che dall’esterno l’aria inquinata si riversi nella growroom attraverso il condotto di aereazione, quando l’impianto è spento. Considerate la possibilità di dotarvi di valvola di bloccaggio, un dispositivo semplice ed economico che chiude il foro di ventilazione quando il flusso d’aria dell’estrattore non è presente. Impedisce anche che prassiti, polveri e pollini si infilino nel vostro spazio di coltura, l’installazione è consigliata a tutti. PORTIAMO LUCE NELL'OMBRA DAL 1986 lighttrail 25 www.LightRail3.com P 100% A R 26 pubb phytolite ����������������� bisogna rinnovarla e ����� cambiare quel 2000k �������� ��������������������������� ������������������������������ ��������������������������� ��������������������������������� ���������������������������������� PHYTOLITE ���������������������� ������������������������ ����������������������� ������������������������������������������� �������������������������������������������������� ������������������������������������������������� �������������������������������������������������������� Erbe aromatiche Spesso anche il meno dotato di pollice verde viene colto dalla voglia di tenere in casa una piantina verde. Magari semplice da manutenere, profumata e utile. Economica, perfino. Ci sono diverse erbe che rispondono a questo tipo di esigenza, ma una in particolare è davvero a prova di principiante, si accontenta di poco e può essere prelevata direttamente dal prato: è la menta. Esistono in Europa, Africa e Asia circa 25 specie perenni di menta, rustiche e semirustiche. Di dimensioni assai variabili a seconda della varietà, la menta può presentarsi in forma di piantina o superare il metro di altezza, formando veri e propri cespugli. Fiorisce in estate fino all’inizio autunno con fiorellini non troppo vistosi, di forma tubolare o a campanula, in ogni caso bilabiali e raccolti su spighe a forma di spirale. 28 Le foglie sono generalmente lanceolate, ricoperte da una soffice e leggera peluria dal colore verde brillante, verde salvia o variegato verde/giallo verde/bianco. Predilige un’esposizione in pieno sole o di parziale ombra, ma sopporta bene sbalzi di temperatura, inverni anche rigidi all’aperto e qualche stress.E’ molto resistente e rustica, pertanto è adattissima anche al classico vasetto sulla mensola. Importante la scelta del terriccio, che deve essere fresco, umido e ben drenato. La propagazione si ottiene per divisione durante la primavera o l’autunno, o prelevando talee apicali durante primavera e estate. Si tratta di una pianta facile da riprodurre, i cui rizomi radicano con estrema facilità. Potete prelevare una talea da un amico o in campagna e ottenere ottimi risultati senza nessun prodotto specifico. In alcuni casi la menta diventa infestante, data la resistenza e la rapidità con cui si sviluppa. Una volta che la vostra piantina s’è acclimatata e inizia a crescere, cercate di contenerla con potature, legature o gabbie, in modo da guidarne l’avanzamento. E’ noto l’utilizzo in cucina nelle più svariate ricette, così come il potere antisettico e decongestionante del mentolo, olio essenziale impiegato da secoli in medicina e in cosmesi. Potete raccogliere le foglioline al termine della fase vegetative e gustarle fresche od essiccate. Il nemico naturale della menta è l’afide che può rendere inutilizzabile la pianta, vista la difficoltà nel rimuovere gli sgraditi ospiti e i residui che lasciano sulle foglie. Attenzione anche alle lumache e ai bruchi. Che altro si potrebbe mettere tranquillamente nel mini-orto della cucina? L’erba cipollina ad esempio. Si tratta di una pianta simpatica all’aspetto, una bulbosa perenne che si presenta come un mazzo di foglie arrotolate e carnose, strette e lunghe, non più alte di una quarantina di centimetri. In primavera produce una fioritura discreta nei toni del rosa. Non richiede molta luce ed è resistente, in inverno secca per rispuntare l’anno successivo, teme il gelo ma può affrontare un inverno mite anche all’esterno. Offrite un terriccio concimato e leggero e fertilizzate con regolarità per una crescita ottimale. Scegliete un concime organico, o non potrete consumare la vostra piantina. Mantenete sempre umido il terreno, sfoltite di tanto in tanto le foglie e tagliate i fiori senza lasciarli appassire. L’aroma non è felice come quello della menta, si tratta di un curioso misto fra aglio e cipolla molto ricercato in cucina, che si sprigiona però solo sfregando le foglie o al momento del taglio. Non teme i parassiti. Se volete cimentarvi poi con qualcosa di più impegnativo ma di soddisfazione, provate il rosmarino. Tipicamente mediterraneo, è un arbusto che supera i tre metri di altezza e si colora di fiorellini malva/ azzurro in primavera. In casa cresce piuttosto lentamente e si può mantenere nelle dimensioni più consone tramite potatura. Se il clima è mite può essere tenuto all’esterno tutto l’anno, gradisce il sole pieno. Prospera anche nei terreni piùpoveri e calcarei, va messo a dimora all’inizio della primavera e si può moltiplicare per seme o, più semplicemente, per talea. Vista la natura legnosa dell’arbusto può essere utile raschiare leggermente la base del rametto da radicare ed eventualmente servirsi di un radicante. Il rosmarino si può raccogliere durante tutto l’anno e non è particolarmente soggetto ai parassiti. L’aroma unico lo rende una delle erbe più utilizzate nella cucina italiana, l’olio essenziale viene impiegato in medicina e in cosmesi. Di scarso impatto estetico ma davvero deliziosa è la maggiorana, pianta spesso confusa con l’origano. Le foglie sono molto piccole e il fusto è sostenuto, può formare cespugli piuttosto rigogliosi ma comunque non più alti di trenta centimetri. Erbacea perenne, è un sempreverde che cambia colore durante la stagione fredda. Sebbene sia una pianta di poche esigenze per avere ti risultati migliori richiede concimature frequenti e annaffiature regolari. Sopporta temperature inferiori allo zero e gradisce il sole pieno, è sensibile ai funghi e ad alcuni parassiti, tuttavia se controllata regolarmente difficilmente darà problemi. Si può consumare fresca od essiccata, o anche surgelata. Parente stretto è l’origano: anche questa pianta non teme il freddo e gradisce un ambiente bene illuminato. Non differisce dalla maggiorana nemmeno nelle esigenze in fatto di substrato e nutrimento, pertanto potete coltivare le piantine insieme nello stesso contenitore, in un’aromatica composizione. Non essendo un sempreverde in inverno perderà le foglie. Non può mancare al mini giardino indoor il basilico, pianta bella e molto semplice da manutenere. Richiede un ph del terreno neutro e teme i ristagni, si adatta bene sia alle temperature alte che a quelle basse e non necessita di ulteriori concimazioni se il substrato è di buona qualità. 29 Per ottenere una crescita rigogliosa è bene cimare gli apici ed eliminare i fiori. La semina avviene in primavera, spargendo in maniera uniforme i semi, che sono molto piccoli, su un substrato umido. Ideale sarebbe una serretta, anche costruita in casa con un semplice foglio plastico. Una volta iniziata la crescita non è più necessaria nessuna copertura. Per sfruttarne appieno le proprietà aromatiche va consumato fresco. Foto: Sarah Williams, hagit, Cliff Hutson, Dominique De Beir, Tim Patterson, Sillydog, 30 ADV HYDRO ? 32 pubb ghe NUOVO ! Visita il nostro nuovo blog : www.genhydro.com/blog Dutch Pot Hydro in un armadio di coltura 120 x 120 cm Sistemi di coltura per tutti ��������������������������������������� Giardinaggio janvier 2009.indd 1 1/12/08 14:14:05