Egitto-Etiopia nilo - Www Oratorioberbenno It
Transcript
Egitto-Etiopia nilo - Www Oratorioberbenno It
Egitto-Etiopia, guerra sul Nilo di Paolo M. Alfieri Avvenire - 14 giugno 2013 «Se una sola goccia del Nilo verrà persa, il nostro sangue sarà l'alternativa. Noi non siamo guerrafondai, ma non permetteremo mai a nessuno di minacciare la nostra sicurezza. Senza mezzi termini il presidente egiziano Mohammed Morsi ha avvertito che «tutte le opzioni sono aperte» per salvaguardare la sicurezza idrica del Paese, un chiaro messaggio all'Etiopia e ai suoi progetti di costruzione di una nuova grande diga sul Nilo Azzurro. Nel 1979 il presidente egiziano Sadat, firmata la pace con Israele, disse che solo l'acqua ormai avrebbe potuto trascinare di nuovo Il Cairo in guerra. Una «profezia» tornata di tremenda attualità in un momento in cui i rapporti tra Il Cairo e Addis Abeba hanno toccato il minimo storico. Da decenni i dominus della regione sono Egitto e Sudan, forti di trattati dell'era coloniale che attribuiscono loro quasi il 90 per cento dell'acqua del grande fiume. Un privilegio all'epoca in parte giustificato dalla maggiore popolazione dei due Stati rispetto agli altri e soprattutto da ragioni politiche, ma che oggi non regge più. Da qui i nuovi progetti etiopi che prevedono la deviazione delle acque del Nilo:proprio ieri il Parlamento di Addis Abeba ha ratificato un accordo che sostituisce i patti dell'era coloniale e che farà da base per la costruzione della «Diga per il grande rinascimento etiope», che consentirà all'economia locale di non soffrire più per la mancanza di energia elettrica. Secondo il premier etiope Hailemariam Desalegn, «nessuno» fermerà il progetto. Un gruppo di 10 esperti egiziani, sudanesi ed etiopi ha concluso che la diga non «colpirà significativamente» il flusso d'acqua verso Egitto e Sudan. Khartum ha accettato queste conclusioni e ha annunciato il suo sostegno al progetto etiope, mentre Il Cairo è pronta a dare battaglia. La paura egiziana è evidente se si pensa che già oggi la terra dei Faraoni ha sete. Il continuo aumento della popolazione e la salinizzazione delle terre ha fatto sì che la disponibilità di acqua per abitante, che nel 1990 era di 922 metri cubi, nel 2025 non supererà i 337. Ma anche i Paesi a monte hanno le loro ragioni, che vanno dalla siccità alle carestie. La diplomazia è al lavoro per allentare le tensioni. Già da qualche anno è al lavoro una task force, la Nile Basin Initiative, l'iniziativa per il bacino del fiume, che tocca dalle sorgenti al delta undici Stati africani. Il suo scopo è di «raggiungere uno sviluppo socioeconomico sostenibile attraverso l'utilizzo equo delle risorse idriche comuni del bacino del Nilo». Il cosiddetto «accordo di Entebbe», che dovrebbe sostituire i trattati coloniali, vede però l'Egitto contrario, a meno che non venga inclusa una clausola secondo cui i Paesi firmatari si impegnano a non «colpire la sicurezza idrica e i diritti e gli usi correnti degli altri Stati». Da parte sua il presidente della Commissione dell'Unione Africana (Ua), Nkosazana Dlamini-Zuma, ha lanciato un appello all'Egitto e all'Etiopia affinché si siedano ad un tavolo negoziale per trovare una soluzione «valida per tutti nel contesto attuale panafricano, che non è quello creato dalle potenze coloniali». li Cairo però freme. Il ministro degli Esteri Mohamed Kamel Amr è atteso domenica ad Addis Abeba per esporre «il punto di vista egiziano», ma il suo omologo etiope ha ribadito che il suo Paese non ha intenzione di rinunciare al progetto. Il braccio di ferro è solo all'inizio. La idrodiplomazia prova a mediare ma le fughe in avanti non mancano Secondo molti analisti è proprio per accaparrarsi le risorse idriche che in Africa potrebbe scoppiare la guerra delle guerre, quella per l'acqua, appunto. Da qui l'avvio negli scorsi anni della cosiddetta «idrodiplomazia», la diplomazia dell'acqua. Il punto più basso nei rapporti tra gli Stati bagnati dalle acque del Nilo si era finora toccato nel 2010, quando cinque Paesi della Nile Basin lnitiative (l'Iniziativa per il bacino del Nilo) avevano siglato un accordo di spartizione delle acque che aveva subito il veto del Cairo e di Khartum. Le fughe individuali in avanti non mancano. Come in Tanzania, che ignorando l'idrodiplomazia ha iniziato a irrigare la zona del Tabora con le acque del lago Vittoria, principale fonte di alimentazione del Nilo e quindi teoricamente ancora vincolata dai vecchi trattati coloniali. L'Uganda ha due dighe idroelettriche sul Nilo, Nalubaale e Bujagali, ma intende costruirne altre. Così come il Kenya, che pensa anche a sistemi di irrigazione e strutture di prevenzione dalle fondazioni.