Lisa (arabista veneziana in crociera sul Nilo) luglio 1991 Sul piccolo

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Lisa (arabista veneziana in crociera sul Nilo) luglio 1991 Sul piccolo
Lisa (arabista veneziana in crociera sul Nilo) luglio 1991
Sul piccolo balcone della sua cabina Lisa osservava pensosa l'acqua scura del fiume che
scorreva un paio di metri più sotto, appena illuminata qua e là dalla luce degli oblò. Da
anni sognava quella crociera lungo il Nilo, da quando aveva cominciato a interessarsi alla
cultura egiziana studiando l'arabo all'università. Vi si era iscritta quasi per caso. Giorgio,
il suo ragazzo, le aveva detto una volta che se non avesse fatto Ingegneria, per motivi
pratici, sarebbe stato tentato dalla lingua dei palestinesi. Lisa, che abitava a Venezia
proprio nei pressi della sezione di Lingue Orientali, aveva pensato di fargli piacere
iscrivendosi lei ai corsi di arabo. Poi con Giorgio era finita purtroppo. Era rimasto lo
studio dell'arabo, che da scelta casuale aveva catturato sempre di più il suo interesse
divenendo una vera passione. E gli esiti del suo corso di studi e dell'esame di laurea lo
avevano dimostrato.
Non era la prima volta che veniva in Egitto. Due anni prima aveva ottenuto una borsa di
studio di due mesi, passati al Cairo seguendo i corsi di lingua dell'università americana.
L'anno dopo vi era tornata per un altro mese, a raccogliere materiali per la sua tesi di
laurea sugli strumenti agricoli tradizionali in uso nella campagna egiziana. Per vari motivi,
non ultimo la scarsa disponibilità di peculio, non era riuscita allora a realizzare il progetto
di un giretto nilense. Ma ora, finalmente laureata, aveva avuto buon gioco nel convincere
i genitori a finanziarle una specie di viaggio-premio. A maggior ragione avendo trovato
quest'occasione di prezzi promozionali per il primo andata e ritorno della Solaris. Ormai
era a bordo da circa una settimana e il viaggio aveva anche superato le sue aspettative.
Forse sarebbe stato ancora meglio se avesse potuto godere di una certa indipendenza dal
rigido programma dell'organizzazione. Ne aveva risentito durante le escursioni a terra:
Aswàn, Esna, Luxor. Salendo alla Valle dei Re, dall'autobus condizionato, aveva
invidiato quattro turisti matti, due coppie non più giovani, che sudatissimi arrancavano
su delle improbabili biciclette, sicuramente prese a nolo, verso il sito delle regali tombe.
Padroni della strada. Sembravano italiani. Beati loro. In nave però si sentiva a proprio
agio. Nonostante una certa etichetta cui i passeggeri erano tenuti almeno in sala da
pranzo e al piano bar e che Lisa sentiva come una limitazione – solo psicologica in realtà
– al suo spirito libero.
I panorami erano meravigliosi. Il Nilo la vinceva su tutto. Faceva passare in secondo
piano l'Egitto faraonico, l'Egitto della letteratura che pur l'affascinava e perfino il "suo"
Egitto, popolare e rurale, oggetto primo dei suoi interessi di studio. Il Nilo multiforme,
multicolore, mai uguale, mai ripetitivo. Con i suoi vari tipi d'imbarcazione. Chiatte e
feluche per il trasporto. Sandali a remi per i pescatori. Con quei remi quasi senza pala e
dalle grosse liste di legno tra scalmo e impugnatura a bilanciarne il peso. Ben diversi dai
nostri agili remi veneziani. I pescatori ponevano le reti e battevano l'acqua con una lunga
pertica per spingervi i pesci. E poi le rive. Impossibile stancarsi di guardarle. Verdi di
piantagioni, ma a volte col deserto che s'infilava nel fiume. I banani, la canna da
zucchero, il mais. Le palme onnipresenti. Ora raggruppate a mazzi, ora solitarie. Coi
grappoloni di datteri ormai prossimi alla maturazione. I manghi. Ah, il succo di mango.
Irresistibile nettare tentatore. E i villaggi color ocra. Su rive a volte alte, altrove digradanti
dolcemente, con i bufali immersi nell'acqua, la testa a quota periscopica. Con case di
fango, ma anche di mattoni. Davanti, il forno del pane. Brulicanti di bambini che al
passaggio della nave si lanciavano in acqua nuotando fin sottobordo sperando in qualche
baqshìsh. «Filùs, filùs. Money, money!» gridavano, mentre l'equipaggio inveiva loro perché
stessero lontani. Poveri cristi. Quasi immuni ormai agli agenti patogeni che inquinano il
grande fiume. Hanno gli anticorpi, si dice. Ma resta il quasi. Dalle rive altri bimbi, per lo
più bambine, gridavano e fischiavano. Ecco, i fischi erano l'elemento drammatico,
ossessionante, presso i villaggi. Si udivano fino in cabina, ad avvisare che dei disgraziati
eran lì a cercar d'attirar in ogni modo l'attenzione di quella specie di sogno che stava
passando, immenso, lucente, assurdamente ricco. Con le donne mezze svestite a
prendere il sole. Passando il giorno prima presso una piccola cala, chiusa in terra dalle
coltivazioni, Lisa era stata attratta dalla vista di una feluca ormeggiata e da qualcuno che
fischiava. Erano tre ragazzotti. Alzata la gallabéya esibivano le loro nudità con ampi gesti.
Ridendo. Considerandolo l'unico aspetto che ritenevano potesse interessare i passeggeri
delle navi e lo esponevano con aria di sfida. Suggestioni del Nilo, aveva pensato Lisa,
trattenendo l'istinto che la spingeva a ritirarsi. Li aveva salutati con la mano, senz'altro
confermando la loro opinione sulla donna occidentale. Aspetti tristi dell'Egitto.
Ovunque si andasse – anche al Cairo era comune – accanto a spettacoli meravigliosi
della natura, a monumenti carichi di evocazioni, conviveva, evidente o appena dietro, la
scena angosciante, la desolante povertà. Sulle prime se ne restava profondamente colpiti,
poi subentrava una specie di assuefazione. Non tale da portare alla completa
indifferenza, ma sufficiente ad attenuare lo shock continuo e a sopire almeno un po' la
coscienza.
Ed ecco il Nilo di notte. Vedendo poco e immaginando molto. Quell'ombra sembra la
barca di Ramesse II vista fra i bassorilievi di Abydos. Più in là scivola la nave di Antonio
e Cleopatra. Sobek, il dio coccodrillo, la segue vegliandola. Come mai Ulisse non è
arrivato fin qua? Ma ecco il grande drago del fiume – reminiscenze lochnessiane? – che
avvolge la nave del suo fiato infuocato, e vendica la fame degli abitanti di quel villaggio
che appena si intravede.
Era scesa in cabina da poco. In discoteca aveva lasciato il campo a quella ragazzina
kuweytiana, Suàd, che certo doveva considerarla una pericolosa concorrente nella gara su
chi fosse la più bella del reame. Invece lei non aveva la minima intenzione di concorrere.
Certo, la lusingava sentirsi ammirata e corteggiata. E il suo comportamento a prima vista
poteva apparire un tantino leggero, concedendosi per un attimo a tutti. Solo un attimo
però. Il tempo di un giro di danza. Non era sua intenzione lasciarsi andare oltre. Anche
se qualcuno di simpatico c'era. Munìr il direttore per esempio, che la invitava spesso al
suo tavolo. Oppure John, l'archeologo inglese, sempre solo e appartato, che con lei si
scioglieva in conversazioni sull'Egitto, la sua gente, il passato, il presente. Soprattutto
avido di ascoltare quanto lei raccontava delle sue esperienze di ricerca nella campagna
egiziana. Sì, qualcuno c'era. Eppure, stranamente, il pensiero di Paolo la tratteneva. Non
che si sentisse impegnata con lui più di tanto. Non arrivava a dire d'amarlo e mai aveva
fatto promesse. Tuttavia non poteva non provar tenerezza per lui, che dal primo anno
d'università le stava accanto, sempre gentile e discreto. Ma presenza concreta nei
momenti di bisogno. Specie nel periodo della rottura con Giorgio. Paolo ora non aveva
osato chiederle di partir con lei in Egitto come sicuramente avrebbe desiderato. Sapeva
che voleva starsene sola. L'aveva accompagnata all'aeroporto e lei aveva impressa
l'immagine di lui, con le sue lenti da miope, che agitava la mano di là della guardiola per il
controllo dei passaporti.
Insomma, voleva distrarsi, divertirsi se possibile, essere amica di tutti. Anche della guida,
di quell'Antùn, a volte un po' antipatico, represso per educazione e indole. Voleva
rilassarsi, per prepararsi ad affrontare al ritorno i problemi e i disagi, psicologici
soprattutto, della sua condizione di non-studente e di non-qualcos'altro. Doveva
superare quella fase di passaggio dalla vita giovanile – spensierata, dicono – al mondo
adulto, quello dei pensieri, dei problemi, delle preoccupazioni, dicono.
da “Assalto sul Nilo”, pp. 14-17