Tutto il buono della fiorentina

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Tutto il buono della fiorentina
scienza e vita
di Giuseppe Pulina
Professore di Zootecnia speciale
all’Università di Sassari
Tutto il buono della fiorentina
La carne scelta di
sola Chianina e
l’abilità delle
esperte mani
dei macellai toscani
danno vita a una
carne entrata nel
mito: sugosa ma
magra, ricca di
nutrienti ma
povera di grassi.
Il futuro di questa
prelibatezza però
potrebbe essere
a rischio
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Chiunque abbia messo piede in Toscana e, in particolare a Firenze, avrà avuto modo di sentir parlare
o, meglio ancora, di gustare la famosa bistecca alla
fiorentina, piatto tipico, celebrato anche dal celebre
gastronomo Pellegrino Artusi, che abbina semplicità e tradizione in modo unico, tanto da essere una
delle preparazioni culinarie a base di carne più note
al mondo. A essa sono dedicati libri, poesie, stornelli e, dal 1991, anche una vera e propria Accademia,
nata in Firenze a opera della locale Associazione
Macellai. Per parlare di questa prelibatezza abbiamo intervistato il professor Marcello Mele dell’Università di Pisa.
Come mai questo particolare taglio di carne è
così noto e rinomato?
Gli storici sono concordi che il termine stesso di bistecca sia legato alla famosa fiorentina, essendo
stato coniato a Firenze italianizzando l’espressione
inglese beef steack. Meno notizie si hanno sull’occasione che portò a coniare il termine: secondo la tra-
dizione nel XVI secolo, durante la festa di S. Lorenzo, in occasione della rituale distribuzione di carne
cotta sulle braci dei fuochi celebrativi, alcuni inglesi
di passaggio (Firenze allora era un importante crocevia commerciale) chiesero a gran voce una porzione di quella carne utilizzando appunto l’espressione
anglosassone beef steack, successivamente trasformata dai fiorentini in bistecca. Che il termine derivi
dalla lingua inglese è comunque indiscusso, anche
per coloro che, dando meno credito alla tradizione,
ritengono che la parola abbia origini più recenti (XIX
secolo) e derivi dalla medesima espressione ricordata, ma utilizzata dai facoltosi anglosassoni che frequentavano Firenze nell’800.
Se tutte le fiorentine sono bistecche, non è vero il contrario. Perché?
Ciò che differenzia la bistecca alla fiorentina dalle
altre bistecche è l’origine della carne, la particolarità del taglio commerciale e la preparazione culinaria
che, seppur molto semplice, deve rispettare alcune
regole basilari. In merito all’origine della carne, è noto che la bistecca alla fiorentina è legata indissolubilmente alla razza Chianina, mentre le altre bistecche
possono originare da altre razze sia italiane (come
la Maremmana o la Romagnola) che straniere (Limousine, Charolaise, Blue Belga, etc). Il legame con
la razza Chianina fa sì che le caratteristiche fisiche,
chimiche e nutrizionali della fiorentina siano ben distinte da quelle di altri tipi di bistecca.
La fiorentina è allora una bistecca derivante
unicamente dalla Chianina. Quali sono le caratteristiche di questa razza che rendono particolare la sua carne?
La Chianina è una razza bovina gigante; i vitelloni
raggiungono pesi alla macellazione (alle età tipiche
di 18-20 mesi) decisamente molto più elevati rispetto a quelli di altre razze (superano i 750-800 kg), e
la bistecca di conseguenza assume dimensioni extra-large (spesso oltre 1 kg di peso, osso compreso),
garantendo così una porzione più che abbondante
di carne per almeno due persone. A dispetto del peso elevato, tuttavia, il limitato contenuto di grasso
del taglio considerato (il contenuto di grasso intramuscolare varia tra l’1 e il 2%) fa sì che l’apporto di
calorie di una normale porzione di carne sia di poco
superiore a 100. La bistecca di Chianina pertanto si
caratterizza come un alimento magro e una fonte
di proteine ad alto valore biologico, sali minerali e
vitamina B12. Il grasso intramuscolare, inoltre, data
la scarsa presenza di trigliceridi, contiene un’apprezzabile quantità di acidi grassi polinsaturi e meno acidi grassi saturi di altri prodotti carnei derivanti dalla
specie bovina. Infine, seppure il ruolo del colesterolo
alimentare sia stato abbondantemente ridimensionato dalla letteratura medica, vale la pena ricordare
che il grasso intramuscolare della carne Chianina (al
pari di quanto riscontrato per altre razze autoctone
italiane) è più povero in colesterolo rispetto a quello di razze cosmopolite specializzate nella produzione di carne.
Da che parte dell’animale si ottiene la fiorentina?
Come accennato, anche il taglio anatomico è una
caratteristica della bistecca fiorentina: essa, infatti, si
ottiene dalla lombata del vitellone e si caratterizza
per la presenza dell’osso a forma di T e dei due muscoli pregiati, filetto e controfiletto. Inoltre, aspetto
non trascurabile anche per le implicazioni nelle fasi
di cottura, l’altezza del taglio deve essere di almeno due dita, che significa di circa 4 cm (le dita dei
macellai tuttavia possono essere anche più spesse!).
È necessario anche ricordare che buona parte delle
caratteristiche fisiche della bistecca fiorentina sono
legate alla bontà del processo di frollatura della carcassa, nel quale i macellai toscani, al pari dei colleghi umbri e marchigiani, sono maestri. Solo un adeguato tempo di frollatura (che non è mai inferiore
ai 15 giorni), eseguita in condizioni di temperatura
e umidità ottimali, consente infatti di trasformare
i muscoli imponenti e poveri di grasso dei vitelloni Chianini in carne edibile, con un giusto grado di
tenerezza e succosità. Questo aspetto, spesso tralasciato in ambiti dove le logiche commerciali pretendono tempi rapidi di circolazione dei beni e dei capitali, rappresenta uno dei motivi per cui la bistecca
alla fiorentina ottenuta da carne di Chianina, al di
fuori dei suoi confini di origine, non sempre riesce a
essere adeguatamente riprodotta.
Le immagini in queste pagine
celebrano in tutta la sua
succulenza la bistecca
alla fiorentina. In alto: vitelli
di Chianina; qui sotto
il professor Marcello Mele
Un taglio speciale dunque, che molto spesso
fa sì che la fiorentina “resti in piedi” sul bordo.
Come si prepara questa prelibatezza?
Innanzitutto è bene ricordare che la bistecca va portata a temperatura ambiente prima della cottura,
questo facilita la distribuzione dei succhi all’interno
della cospicua massa di carne e fornisce migliori garanzie di mantenimento della succosità in fase di cottura. Quest’ultima si raccomanda venga eseguita su
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braci vive ma prive di fiamma, a una distanza ravvicinata nei primissimi minuti per favorire la formazione della crosta superficiale (in modo da trattenere i
succhi all’interno) e, successivamente, a una distanza
maggiore per consentire una conduzione del calore
all’intera massa senza abbrustolire eccessivamente la
superficie della bistecca. I tempi di cottura risultano
così assai limitati (circa 4 minuti per lato e un periodo
appena più lungo di riposo sull’osso per consentire
la cottura della carne anche nelle zone più interne)
e garantiscono di ottenere una bistecca croccante
esternamente e succosa all’interno, con un giusto
grado di consistenza alla masticazione.
Attualmente è in corso uno spigoloso dibattito
fra consumo di carne e salute. Ne abbiamo già
dato conto insieme in questa rubrica nell’ottobre
scorso. Come può influire la tecnica di cottura sulla presenza di sostanze indesiderate nella carne?
Uno dei motivi per cui il consumo della carne bovina
è associato ad alcune patologie croniche come i tumori al colon, è legato proprio al metodo di preparazione della carne stessa. La cottura al calore secco,
specie se prolungata per ottenere quella caramellatura apprezzata da molti consumatori, è fonte di sostanze particolarmente pericolose per la nostra salute (ad esempio il benzopirene) e, in più, comporta
una diminuzione del valore nutrizionale della carne
stessa per la diminuzione della digeribilità delle proteine. Il sistema di cottura previsto proprio per la bistecca fiorentina, che richiede pochi minuti di esposizione al calore per ogni lato, consente di diminuire
il rischio di produzione di composti aromatici eterociclici, mantenendo inalterate le caratteristiche nutrizionali e la sapidità della carne.
La fiorentina è un alimento tradizionale e come
tale andrebbe salvaguardata. Ma gli allevatori di
Chianina, al pari degli altri allevatori delle razze da
carne in Italia, mi risulta che siano in crisi. Saremo
condannati a non trovare più la fiorentina?
Le caratteristiche della bistecca fiorentina, in particolare quella che origina dalla carne di Chianina, concorrono a delineare un quadro di tipicità fortemente
legato alla tradizione rurale e culinaria della Toscana
e, più in generale, dell’Italia Centrale, ma nascondono anche insidie per il futuro stesso di questo
prodotto, alla luce degli sviluppi che si prospettano
per il settore zootecnico italiano. La forte espansione delle aree urbane sta sottraendo spazi sempre
maggiori alle attività agricole in generale e a quelle
zootecniche in particolare, relegando queste ultime
ad aree marginali in cui non sempre è possibile sviluppare tutto il ciclo di allevamento, soprattutto in
riferimento alle ultime fasi dell’ingrasso. Questo negli anni ha già portato a un progressivo scollamento
della fase di produzione del vitello (ancora ben rappresentata nelle aree collinari e montane dell’Italia
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Centro-Meridionale) da quella di ingrassamento,
spesso appannaggio di aziende intensive localizzate
nelle aree di pianura del Nord Italia. Questo aspetto
comporta l’applicazione di sistemi di ingrassamento
diversi da quelli tradizionali e orientati all’ottenimento di carni meno mature e che necessitano di minori
tempi di frollatura, modificando di conseguenza le
caratteristiche di partenza della tradizionale bistecca
fiorentina. Dobbiamo allora richiedere al macellaio
e al ristoratore fiorentine ottenute da animali nati e
ingrassati con i metodi tradizionali, gli unici che garantiscano il consumatore sulle tipiche caratteristiche organolettiche di questo piatto.
Qui sotto, uno scorcio del
borgo di Sestino (Ar) dove
ogni anno a giugno si
svolge la Sagra della
Bistecca, essendo il suo
territorio caratterizzato
dalla presenza di numerosi
allevatori di Chianina