PROGETTO MAGGESE 2.0 – UNA VITA AUTONOMA ANCHE PER

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PROGETTO MAGGESE 2.0 – UNA VITA AUTONOMA ANCHE PER
PROGETTO MAGGESE 2.0 – UNA VITA AUTONOMA ANCHE PER NOI
I aprile 2016 STRUMENTI ECONOMICI PER SOSTENERE IL “DOPO DI NOI”
Relazione Daniela Piglia, giurista, esperta protezione giuridica persone fragili
PRESENTAZIONE
Buongiorno a tutti, sono Daniela Piglia, giurista esperta in legislazione sociale e diritti delle
persone con fragilità. Da più di vent’anni mi occupo di queste tematiche presso vari enti
pubblici e privati e attualmente sono responsabile dell’Area legale della ass. INCERCHIO PER
LE PERSONE FRAGILI recentemente costituita insieme ad altri colleghi - avvocati assistenti
sociali psicologi commercialisti etc - e familiari proprio x occuparci della promozione dei
diritti a 360 gradi.
SENSO DELL’INCONTRO
L’incontro di oggi si inserisce nel percorso organizzato da Coop Nazaret dedicato alla VITA
AUTONOMA POSSIBILE PER GIOVANI ED ADULTI CON DISABILITA’ . In particolare mi è stato
affidato il compito di illustrare gli strumenti economici per sostenere il dopo di noi.
Una doverosa premessa: da subito chiarisco che nessuno possiede ricette magiche, tantomeno
io, valide per tutti per garantire una rendita certa futura, si tratta più modestamente di
presentare varie possibilità, anche attraverso misure assistenziali, previdenziali, assicurative,
istituti giuridici di gestione patrimoniale, etc, per dare sostenibilità economica al futuro dei ns
ragazzi.
Ciascuno dovrà poi trovare la propria soluzione, secondo risorse, capacità, capitali…
E ovviamente un seminario non sostituisce una consulenza specifica…
DURANTE NOI, meglio che dopo di noi…
Cosa accadrà dopo di noi? Cosa succederà una volta che non ci saremo più? la maggiore
preoccupazione dei genitori di una persona con disabilità è racchiusa in questa drammatica
domanda. Il timore è che ns figlio rimanga solo, senza punti di riferimento, senza risorse
oppure comunque la ns scomparsa determini un cambiamento totale della sua esistenza.
Proprio per questo è preferibile anticipare la trattazione del problema, in termini di
costruzione del PROGETTO DI VITA a partire dal DURANTE NOI, quando possiamo noi
insieme al ns congiunto e ai servizi attivarci per pianificare DOVE COME CON CHI egli starà.
In altre parole bisogna affrontare il prima possibile la questione dell’adultità dei ns figli fragili
e della loro emancipazione dalla famiglia di origine supportando con i servizi necessari la loro
autonomia possibile, e quindi disporre per tempo gli strumenti di varia natura che potranno
costituire una dotazione utile.
IL DISEGNO DI LEGGE 2016 sul DOPO DI NOI
il 4 febbraio scorso la Camera dei Deputati ha approvato un disegno di legge che si occupa
delle persone con disabilità gravi che restano senza sostegno familiare: la Legge appunto sul
Dopo di Noi, inteso come l’insieme di iniziative volte a garantire la qualità della vita di una
persona con disabilità grave una volta scomparsi i familiari che se ne prendono cura.
Lungamente attesa (alcuni progetti di legge erano stati presentati in precedenza, ma non
hanno completato l’iter), è attualmente all’esame del Senato, dopo avere ottenuto
l’approvazione della Camera con 374 voti favorevoli e 75 contrari.
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L’approvazione definitiva si avrà presumibilmente entro la fine di luglio, poi occorreranno
almeno altri sei mesi per la scrittura dei Decreti Attuativi che la renderanno operativa.
Il ddl, in sintesi, prevede la costituzione di un fondo con risorse pubbliche e private e una serie
di agevolazioni fiscali per chi fornisce risorse finalizzate alla tutela e all’assistenza dei disabili
gravi.
IL TRUST
Esso prevede inoltre l’utilizzo del trust per la gestione del Dopo di Noi (ddl, art 6), ipotizzato
quale strumento flessibile e moderno per attuare un “Dopo di Noi” confacente alle esigenze
delle persone con disabilità.
Chiariamo che il trust e’ un istituto giuridico di origine anglosassone, con cui una o più
persone, i disponenti, trasferiscono beni e diritti sotto la disponibilità del trustee, un tutore,
che assume l’obbligo di amministrarli nell’interesse di un beneficiario, in questo caso la
persona con disabilità. Si tratta di una formula anglosassone ratificata dall’Italia: chi vuole
attuarla deve scegliere con quale normativa straniera questo meccanismo deve operare;
inoltre è una scelta costosa che si stima potrebbe essere utilizzata solo da una percentuale
molto bassa dei possibili interessati dalla Legge: occorre avere dei beni da destinare all’erede
e una somma di denaro considerevole per mantenere la persona con disabilità fino alla sua
morte, oltre che per la costituzione iniziale, la gestione e i costi del trustee.
Sicuramente la platea degli interessati e le associazioni del settore si attendevano proposte
diverse, più concrete e realizzabili, e il ddl ha suscitato una forte reazione critica, dando vita a
un dibattito molto vivo.
APPLICARE LE LEGGI VIGENTI SUL PROGETTO DI VITA
Un altro nodo critico della Legge è quello che sottolineavo all’inizio in generale: per costruire
una vera inclusione e un futuro che non sia traumatico, sradicante ma di vita piena e di
qualità, forse non serve una Legge sul dopo di noi, ma attuare e finanziare le leggi tante e belle
che il ns paese ha e lavorare nel Durante Noi pianificando l’esercizio del diritto di cittadinanza,
secondo le previsioni di legge già esistenti: diritto all’assistenza, allo studio, al lavoro, ai
servizi sul territorio.., ovvero attuare una serie di iniziative che portino alla massimizzazione
dell’autonomia delle persone con disabilità.
Per esempio, avviando al lavoro, dove si può, o comunque favorendo il più possibile le attività
d’inclusione sociale.
Non so se questa proposta di legge verrà approvata e come, con quali modifiche, non è
secondo me risolutiva…
PROPOSTE PARTECIPATE SUL TERRITORIO PER DARE LUOGO A COMUNITA’ RESIDENZIALI
Secondo me è difficile dare risposte normative precostituite a situazioni molto diverse,
bisognerebbe favorire attraverso il finanziamento la diffusione dei servizi e promuovere
progetti residenziali che sperimentino per tempo il Dopo di Noi, pensato con soluzioni di
‘welfare mix’ tra pubblico e privato, proposte partecipate sul territorio insieme ai famigliari,
alle istituzioni e alla cittadinanza.
Ad esempio sul modello di quanto è in realizzazione da tempo in Toscana, l’esperienza
toscana riguardo al “Dopo di Noi” è molto ricca: vi sono sei Fondazioni di Partecipazione,
realtà cogestite da privati e Pubbliche Amministrazioni, che stanno portando avanti
esperienze di residenzialità e progetti di vita indipendente per quanto possibile, come
avvicinamento al momento del “Dopo di Noi” in case famiglia.
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Ma torneremo sulla legge se e quando sarà approvata.
Vorrei ora entrare maggiormente nel concreto, e almeno accennare, senza pretesa di
esaustività, alcuni STRUMENTI NORMATIVI_ECONOMICI CHE POSSONO AIUTARE A DARE
QUALITA’ DELLA VITA AI CONGIUNTI FRAGILI attraverso la loro protezione personale e
patrimoniale.
CONCETTO DI ADULTITA’
Partirei – magari ripetendo cose già dette – dal concetto di adultità: il percorso che state
facendo è infatti focalizzato sulla VITA ADULTA, CHE CONVENZIONALMente SI FA
DECORRERE DAL COMPIMENTO DELLA MAGGIORE ETA’.
TUTELA LEGALE
Necessariamente devo introdurre quindi il concetto di tutela legale della persona
maggiorenne con disabilità che comprometta in tutto o in parte la sua capacità di
autorappresentanza e decisionale. Una corretta tutela legale infatti può essere UN
PRESUPPOSTO IMPORTANTE PER GLI ALTRI DIRITTI: può essere opportuno, e a volte
necessario, munirsi di una misura di protezione per poter esercitare i vari diritti che man
mano vogliamo attivare , e che ci aiutano a comporre il complesso quadro di una vita adulta: il
diritto all’assistenza, alla sanità, alla previdenza, allo studio, al lavoro, alla mobilità, al tempo
libero, alle pari opportunità e non discriminazione, ad una vita adulta in realizzazione di un
progetto di vita.
CAPACITA’ E INCAPACITA’
Entriamo quindi velocemente nel merito dei Principi di protezione giuridica della persona
fragile:nel ns ordinamento, ogni persona consegue con la nascita la CAPACITA’ GIURIDICA,
che è la capacità di essere titolare di diritti (es di cittadinanza, di proprietà etc);
il compimento della maggiore età comporta invece l’acquisizione della CAPACITA’ DI AGIRE,
ovvero la capacità di gestire ed esercitare i propri diritti: ad esempio, vendere un immobile
ereditato.
La capacità di agire viene acquisita automaticamente dalla persona maggiorenne, se però tale
capacità di agire non può essere esercitata validamente a causa di un’incapacità di
intendere e di volere, la persona con fragilità rischia di avere dei problemi, può essere
titolare ma non riuscire ad esercitare diritti e di doveri.
Ricordiamo infatti che con il compimento della maggiore età il genitore non ha più la
responsabilità genitoriale (quella che una volta si denominava PATRIA POTESTA’ ) e non è più
legittimato ad esprimere la volontà del figlio. Quindi quando per necessità un genitore di
persona disabile si sostituisce la figlio magari firmando al posto suo può non essere accettata
la cosa…
L’AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO
Per dare una legittimazione ad agire per gli interessi di una persona fragile o disabile che non
sia in grado di intendere e volere, la legge prevede di passare attraverso una procedura
giudiziaria che, garantendo alla persona interessata di essere ascoltata, possa dare luogo alla
nomina di un suo “rappresentante”.
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Questa procedura un tempo – non così lontano: fino a dieci anni fa – si svolgeva attraverso un
contenzioso: muniti di assistenza legale si faceva ricorso dinanzi al TRIBUNALE per ottenere
una sentenza di INTERDIZIONE O DI INABILITAZIONE.
Questi due istituti sono stati a lungo gli unici presenti nel ns codice civile per individuare chi
possa agire in nome e per conto o al fianco della pcd e a tutt’oggi sn vigenti, però sono un po’
pesanti e costosi nella procedura.
Dal 2004 è stata prevista una nuova misura di protezione, appunto l’amministrazione di
sostegno che come dice il nome intende dare sostegno e protezione alla persona, per la
realizzazione dei suoi bisogni interessi aspirazioni.
Il nuovo istituto, come indica la sua denominazione, è destinato a dare un supporto flessibile –
senza però privarla della generale capacità di agire - alla persona che si trovi in situazione di
fragilità di qualsiasi origine, che la privi di autonomia completamente o totalmente,
definitivamente o anche parzialmente.
Con le parole del legislatore le persone che “ per effetto di una infermità ovvero di una
menomazione fisica o psichica, si trovano nell’impossibilità anche parziale o temporanea, di
provvedere ai propri interessi, possono essere assistite da un Amministratore di sostegno”.
NON SOLO TUTELA ECONOMICA: REALIZZAZIONE DI BISOGNI E ASPIRAZIONI
L’ads è chiamato a corrispondere non solo alle necessità di gestione economica e materiale del
beneficiario, ma anche alle sue esigenze personali e morali: quindi egli si occupa e preoccupa
della PROTEZIONE ECONOMICO PATRIMONIALE MA PRIMA ANCORA DELLA TUTELA DELLA
SALUTE , DEL BENESSERE DELLA PERSONA FRAGILI ed in generale DELLA SUA VITA.
Non è questa la sede per analizzare nel dettaglio l’ads, basti sapere che l’amministratore dovrà
agire con la testa e con il cuore per assicurare il benessere del beneficiario, venendo incontro
ai suoi bisogni morali e materiali e rispettando le sue aspirazioni e i suoi desideri, per quanto
possibile.
Vedete come l’ads può diventare il fondamento della adultità del ns congiunto e
garantire quella protezione legale e legittima DURANTE NOI ancora prima che dopo di
noi.
L’ADS STRUMENTO DI PROTEZIONE PERSONALE E PATRIMONIALE
In questo senso – lo ripetiamo - l’amministratore di sostegno è strumento per la
costruzione del progetto di vita della pcd beneficiaria e garante della sua qualità della
vita, e quindi leva per la costruzione Durante Noi del Dopo di noi.
In altre parole: la nomina di un amministratore di sostegno può essere inserito in una più
ampia azione di progettazione del futuro della persona con disabilità, per quando i genitori
della persona verranno a mancare.
Due parole anche su questo concetto, che ho già citato, ma che non ancora sufficientemente
acquisito dai servizi e nelle prassi, anche se introdotto dal legislatore con legge nazionale: IL
PROGETTO DI VITA
Per progetto di vita adulta della pcd intendiamo le possibili opzioni ed azioni che si possono
pianificare e mettere in campo, così come ognuno di noi ha il proprio progetto di vita,
chiaramente declinato secondo limiti, capacità residue, aspirazioni e bisogni
Parlare di progetto di vita ci consente di affrontare per tempo se possibile e voluto anche
il tema della residenzialità e in generale il DURANTE NOI, predisponendo “il Dopo” con
logiche preventive, orientate ad anticipare l’insorgere dell’emergenza, guidando e aiutando
il nucleo familiare ad attivare INSIEME ALL’INTERESSATO e AI SERVIZI tutte le iniziative
possibili per predisporre il futuro del proprio congiunto.
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Per fare al meglio questo PERCORSO o PROGETTO, dobbiamo predisporre tutto quanto può
essere utile, in particolare di quanto possa garantire nel tempo la stabilità e sostenibilità della
qualità della vita:
Quindi cosa possiamo fare x ns figlio, che ci aiuti a proteggerlo e sostenerlo lungo la via
In primo luogo abbiamo visto che può essere opportuno metterci l’apertura della migliore
protezione giuridica
Senz’altro dobbiamo metterci diritti e strumenti economici e patrimoniali per la sostenibilità
economica:
in primis l’attivazione delle provvidenze economiche spettanti, attraverso il
RICONOSCIMENTO DI INVALIDITA’ CIVILE DA PARTE delle asl, ora ATS:
ASSEGNO o PENSIONE DI Invalidità civile, INDENNITA’ DI ACCOMPAGNAMENTO se spettante.
Cercheremo di attivare per lui l’inserimento lavorativo se possibile secondo il principio del
collocamento mirato, e con tutte le agevolazioni del caso: permessi orari, mensili,
prepensionamento.
Se non possibile un proficuo lavoro è possibile un domani
la cd QUOTA DI REVERSIBILITA’ della pensione dei genitori, spettante al figlio inabile totale a
carico, anche se non convivente;
e ogni altro strumento GIURIDICO ECONOMICO che potremo e vorremo dedicare:
POLIZZE VITA che garantiscano una rendita vitalizia,
una SUCCESSIONE EREDITARIA magari predisposta tramite TESTAMENTO per garantire un
immobile o un affitto…
un USUFRUTTO su di un IMMOBILE
una DONAZIONE
solo se abbiamo un grosso patrimonio potremo dedicarglielo attraverso la istituzione di un
TRUST o anche di una FONDAZIONE DI PARTECIPAZIONE
Inoltre TUTTI I POSSIBILI SERVIZI CHE IL TERRITORIO OFFRE ADATTI A LUI, sono altrettanti
possibili strumenti di realizzazione e tappe del suo percorso di vita:
servizi di inserimento lavorativo, la frequenza di un centro diurno, o di uno SFA , strutture per
la riabilitazione, la socializzazione, il tempo libero, lo sport, l’arte, la musica, e iniziamo
appunto a metterci la scelta residenziale maggiormente corrispondente ai bisogni e alle
caratteristiche del ns congiunto, condivisa con i familiari e coprogettata con gli operatori,
parte integrante del percorso di vita
Ma non voglio sconfinare nella parte sui servizi, che so essere già stata trattata; fornisco un
sintetico glossario degli istituti giuridici citati, utilizzabili per destinare al meglio le risorse
patrimoniali al progetto di vita del figlio disabile, a seconda delle scelte che si intendono fare.
USUFRUTTO
L’Usufrutto è il diritto al godimento della cosa altrui con l’obbligo del rispetto della
destinazione economica o d’uso.
L’usufruttuario, cioè colui che gode il bene, può usarlo e trarne tutte le utilità alla stregua del
proprietario, che – in quanto privato del godimento – viene detto nudo proprietario.
I poteri dell’usufruttuario sono notevoli: ha il possesso della cosa, la può utilizzare, può darla
in locazione, ..Sono a suo carico imposte e oneri fiscali e le spese di manutenzione ordinaria.
L'unico limite all’utilizzo è il rispetto della destinazione economica o d’uso.
L’usufrutto si estingue generalmente con la morte dell’usufruttuario.
DONAZIONE
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E’ un atto con cui una parte arricchisce un’altra, per spirito di liberalità.
Deve essere fatta con atto pubblico, dinanzi a notaio, e alla presenza di due testimoni.;
l’accettazione può essere fatta con lo stesso atto o con atto pubblico posteriore: la donazione è
perfetta a partire dal momento in cui l’accettazione è notificato al donante.
DONAZIONE MODALE
È una donazione gravata dall’obbligo del donatario di usare l bene o la somma donata per un
determinato motivo o scopo.
CONTRATTO DI RENDITA VITALIZIA
Comporta l’alienazione di un bene mobile o la cessione di un capitale a fronte di una rendita e
o di una somma di denaro per tutta la durata della vita di un beneficiario.
Può esser costituito come atto tra vivi o per testamento.
In sintesi: è un dare affinchè la persona DIA
CONTRATTO DI MANTENIMENTO
Comporta che una parte conferisca all’altra il diritto di esigere “vita natural durante” di essere
mantenuta, cioè una prestazione di fare, (assistere curare..) quale corrispettivo della
alienazione di un bene mobile o immobile o della cessione di un capitale.
In sintesi: è un dare affinchè la persona FACCIA
FONDAZIONE
Deve essere costituita con atto pubblico, e può essere disposta anche x testamento. L’atto
costitutivo e lo statuto devono indicare la denominazione dell’ente, lo scopo, il patrimonio, la
sede , nonché le norme sull’ordinamento e l’amministrazione.
FONDAZIONI DI FAMIGLIA
Tipo particolare di fondazioni con lo scopo di beneficiare i discendenti del fondatore, che si
trovino in particolari situazioni anche di disabilità.
FONDAZIONE DI PARTECIPAZIONE
Si stanno diffondendo per lo sviluppo e la gestione di iniziative residenziali: non possono
avere scopo di lucro, e vi si può aderire apportando denaro, beni materiali, o immateriali,
professionalità o servizi. Servono a realizzare scopi comuni in collaborazione, garantendo
diritti doveri e stabilità.
-Diventa a questo punto evidente che la COSTRUZIONE DEL PROGETTO DI VITA, DEL
DURANTE NOI , sia una problematica complessa e multidisciplinare, che va affrontata caso per
caso, non essendo possibili generalizzazioni, e dove le tematiche assistenziali si intrecciano
continuamente con quelle educative con quelle giuridiche, quelle patrimoniali e quelle
relazionali, così come avviene nella vita di tutti, ma in maniera più complessa, e richiedono
quindi una TRATTAZIONE MULTIDISCIPLINARE, IN EQUIPE.
A cura di Daniela Piglia [email protected]
Milano aprile 2016
Ogni diritto riservato. La riproduzione è possibile solo dietro autorizzazione scritta dell’autrice
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Allegati
Superando.it
"Dopo
del
di
Noi":
bastava
09-02-2016
ascoltare
l'Osservatorio
«Le Commissioni Parlamentari Permanenti – sottolinea Sergio Silvestre, soffermandosi sulla norma del
“Dopo di Noi” approvata alla Camera – hanno il compito di preparare i testi di legge. Perché dunque
non si confrontano preventivamente almeno con gli organismi istituzionalmente preposti a fornir loro
contributi e supporti, come l’Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità?
Eviterebbero brutte figure (sul titolo della Legge), critiche e sospetti (in particolare per ciò che
riguarda
lo
strumento
del
trust)».
di Sergio Silvestre
ROMA. A ben leggere i commenti di questi giorni all’indomani dell’approvazione in prima lettura alla
Camera della nuova Legge sul “Dopo di Noi”, sembra che alla fine non ci sia nessun vincitore e che il
testo non soddisfi quasi nessuno. Credo anzi che neanche chi si è premurato di scriverlo ne sia più di
tanto convinto. Tutto rimandato al “secondo round” al Senato, dove ci si aspetta che si raddrizzi il tiro.
Ciò che però che mi infastidisce è che tutte le analisi critiche mosse dalle maggiori associazioni
nazionali delle persone con disabilità fossero già state a suo tempo mosse in sede “istituzionale”, ma
siano restate “lettera morta”, senza che la Commissione Affari Sociali della Camera le abbia prese
minimamente
in
considerazione.
Infatti, nell’Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità – organismo
rappresentativo istituzionale, dove lavorano fianco a fianco associazioni, parti sociali (Sindacati,
Confindustria ecc.), rappresentanti dell’UPI (Unione Province Italiane), dell’ANCI (Associazione
Nazionale Comuni Italiani), della Conferenza Stato-Regioni, dell’INPS e dell’ISTAT, oltre ai dirigenti dei
principali Dicasteri coinvolti sul tema della disabilità (Istruzione,Università e Ricerca, Pari
Opportunità, Funzione Pubblica e Presidenza del Consiglio) – ormai da anni ci ritroviamo (anche due
volte al mese e senza alcun tipo di compenso) a discutere, proporre, analizzare temi e argomenti utili
al Legislatore, nel momento in cui poi si debbano adottare provvedimenti come quello sul “Dopo di
Noi”.
In fase di discussione del provvedimento, va ricordato, alcuni Parlamentari hanno fatto riferimento al
Programma di Azione Biennale per la Promozione dei Diritti e dell’Integrazione delle Persone con
Disabilità, il quale altro non è che il frutto del lavoro condiviso dell’Osservatorio, all’interno del quale
vi erano tutti gli elementi necessari per scrivere una Legge adeguata alle esigenze. Un Programma che
tra l’altro è stato approvato all’unanimità da tutto il Parlamento [DPR del 4 ottobre 2013, N.d.R.].
Per evitare dunque questi insopportabili riti della politica, basterebbe che le Commissioni
Parlamentari Permanenti – che hanno proprio il compito di preparare i testi di legge – si
confrontassero preventivamente almeno con gli organismi istituzionalmente preposti a fornir loro
contributi
e
supporti,
come
appunto
nel
caso
del
citato
Osservatorio.
Se infatti la Commissione Parlamentare avesse recepito i vari suggerimenti che come Osservatorio
avevamo mandato loro, si sarebbe risparmiata almeno la cattiva figura di dover rimediare alla
riscrittura del titolo [in quest’ultimo le parole “persone affette da disabilità” hanno suscitato dure
critiche ad esempio da parte della FISH, la Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap,
N.d.R.], ciò che avevamo già segnalato nel mese di settembre dello scorso anno, così come avevamo
suggerito
di
migliorare
alcuni
punti
poco
chiari.
Soprattutto avevamo sollevato tutte le perplessità emerse, sempre in sede dell’Osservatorio, sulla
necessità di trattare la questione del trust separatamente [il trust è un istituto di origine anglosassone
che consente di spossessarsi, con agevolazioni fiscali, di patrimoni propri, in funzione di un vantaggio
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o beneficio futuro, N.d.R.], oppure di affrontarla nel suo complesso rispetto ad altri strumenti analoghi
già presenti da anni nel nostro ordinamento primario, in particolare la sostituzione fedecommissaria e
i vincoli di destinazione d’uso, già defiscalizzati e chiaramente disciplinati dal Codice Civile.
Proprio sulla questione dei trust, però, vorrei soffermarmi un po’ di più, perché ritengo che siamo di
fronte
a
una
forzatura
bella
e
buona.
Se lo strumento è ritenuto così valido, non vedo perché allora non lo si voglia disciplinare come tutte le
altre norme di diritto, attraverso l’inserimento nel Codice Civile: sarebbe il posto giusto, senza
ricorrere a un “codicillo” inserito in legge, perché poi, se ci dovessero essere abusi o contestazioni,
ricorrere ai giudici, in assenza di norme di diritto chiare o armonizzate tra loro, diventerebbe una
“corsa
a
ostacoli”
con
risultati
incerti.
Attualmente il riconoscimento giuridico interno del trust scaturisce dalla ratifica, da parte dell’Italia,
della Convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985, nulla di più. Tale Convenzione afferma che il trust è
regolato «dalla legge scelta dal disponente» e qualora una legge non conosca il trust, si applica la
norma con la quale ha collegamenti più stretti, da intendersi come il luogo di amministrazione del
trust o l’ubicazione dei beni, o la residenza (o domicilio) del trustee [il gestore del patrimonio ricevuto,
N.d.R.] o – in relazione allo scopo – il luogo ove esso deve essere realizzato. Quindi, di fatto, poco più
che
un
contratto
definito
dalle
parti.
Vorrei qui ricordare solo che sul tema del trust il Parlamento ha tentato più volte di legiferare (si
ricorda ancora l’acceso dibattito sul blind trust, naufragato poi miseramente perché ritenuto risolutivo
«solo per questioni ad personam»), senza per questo approdare a una proposta che quanto meno lo
riconoscesse ufficialmente nel nostro Codice Civile. Anche in quel caso il Parlamento volle comunque
salvaguardare scopi meritevoli di tutela, inserendo nel 2006, in alternativa al blind trust, il vincolo di
destinazione d’uso, defiscalizzandolo, ma limitandolo ai soli beni registrati, così come previsto
dal’articolo
2645-ter
del
Codice
Civile.
A questo punto qualche malizioso potrebbe pensare che si voglia utilizzare questa Legge sul “Dopo di
Noi” per piazzare intanto un “cavallo di troia” e poi estendere successivamente questo strumento ad
altre possibilità di intervento. Ma allora perché non affrontare una volta per tutte il tema? Famosa in
tal senso la frase del Cardinal Mazzarino, resa celebre in politica da un grande statista, che diceva come
«a
pensar
male
si
fa
peccato
ma
ci
si
azzecca!».
È poi anche opportuno ricordare che la Legge Comunitaria 2010 ha delegato il Governo a introdurre e
disciplinare l’istituto del trust nel nostro ordinamento giuridico. A tal proposito giace in Parlamento il
Disegno di Legge n. 2284, presentato dall’allora ministro della Giustizia Angelino Alfano, testo di cui
non è mai iniziato l’esame, che delegava appunto il Governo ad apportare modifiche in materia nel
Codice
Civile
in
materia.
Ad esso sono seguiti nel 2014, sempre sul tema del trust, la Proposta di Legge Carfagna n. 2301 e il
Disegno di Legge Patriarca n. 2671, quest’ultimo sulla Disciplina dei trust istituiti in favore di persone
in
situazioni
di
svantaggio,
entrambi
ancora
fermi.
Su un altro versante, infine, è quasi superfluo tornare al 2004, quando la Legge 6/04 ha introdotto nel
nostro ordinamento il nuovo strumento giuridico dell’amministrazione di sostegno. Quella norma,
però, non ha tenuto conto di tutti gli altri aspetti, ovvero delle competenze e dell’armonizzazione con
le leggi già presenti in tema di diritto di famiglia, successione, legati, fedecommesso ecc., motivo per il
quale, a distanza di dodici anni, è attualmente in discussione la revisione di molte norme del Codice
Civile, che dovranno essere modificate e in alcuni casi anche eliminate quanto prima.
Proprio questa, dunque, potrebbe essere l’occasione giusta, in occasione del “tagliando” normativo su
temi comuni, per il riconoscimento nell’ordinamento primario di norme così importanti che
riguardano la tutela e gli interessi non solo delle persone con disabilità, ma anche di quelle persone
che per ogni altra ragione sono prive in tutto o in parte di autonomia. Staremo a vedere.
Presidente nazionale del CoorDown (Coordinamento Nazionale Associazioni delle Persone con
Sindrome di Down).
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Superando.it
Ma
del
il
futuro
08-02-2016
e'
oggi
«Noi ripetiamo incessantemente che “il futuro è oggi”, che quella serenità che si dice avrebbero
raggiunto i genitori con l’approvazione di questa Legge, sarà effettiva solo se quei genitori potranno
vedere sin da oggi iniziare a realizzarsi quel progetto globale di vita per il proprio figlio con disabilità,
tanto spesso citato, ma del quale raramente si vede traccia»: questa l’opinione di Luca Marchi,
direttore della Fondazione Dopo di Noi Bologna, dopo l’approvazione alla Camera della Legge
riguardante
appunto
il
cosiddetto
“Dopo
di
Noi”.
ROMA. La Camera ha approvato la Legge sul cosiddetto “Dopo di Noi”, che prevede lo stanziamento di
un fondo specifico dedicato a servizi per persone con disabilità orfane o prive di un adeguato sostegno
genitoriale. È una buona notizia, un passo importante, ma guai a pensare che tale delicatissima
problematica
abbia
così
trovato
una
soluzione.
Lo sappiamo noi che da anni lavoriamo su questo delicatissimo tema e lo sanno bene anche i
Parlamentari che con passione e competenza hanno contribuito alla stesura del testo definitivo.
La mamma che era presso la nostra sede questa mattina, vedova, con un unico figlio quarantenne con
disabilità intellettiva, potrebbe non trovare alcun sollievo da questa legge. Ci dice: «Non mi interessa
sapere che ci potrà essere una struttura per lui quando avrà sessant’anni, vorrei avere un aiuto per
costruire
oggi
una
vita
soddisfacente
per
lui».
Diciamo “potrebbe”, perché molto dipenderà da come le Regioni e gli Enti Locali, ai quali sarà
demandato l’utilizzo del fondo, sapranno raccogliere le potenzialità che la Legge contiene: se le risorse
saranno primariamente destinate alla costruzione di residenze e case alloggio, avremo allora fatto
davvero un piccolo passo, se invece la Legge potrà sostenere «interventi innovativi di residenzialità» e
«programmi di sviluppo delle competenze per la gestione della vita quotidiana» (sono passaggi
contenuti
nella
Legge
stessa),
allora
sarà
davvero
un
balzo
in
avanti.
Come Fondazione Dopo di Noi Bologna ripetiamo incessantemente che “il futuro è oggi”, che quella
serenità che si dice avrebbero raggiunto i genitori con l’approvazione di questa Legge, sarà effettiva
solo se quei genitori potranno vedere sin da oggi iniziare a realizzarsi quel progetto globale di vita per
il proprio figlio, tanto spesso citato, ma del quale raramente si vede traccia.
Ma questo sarà possibile solo con una presa di consapevolezza del problema a tutti i livelli, ovvero:
– presso l’Ente Pubblico, che dovrà intervenire non solo sulla gestione dell’emergenza (l’inevitabile
scomparsa del genitore), ma su di un progetto in grado di gestire senza traumi quell’emergenza;
– presso i genitori, che devono iniziare a vedere quel figlio non solo e sempre legato a se stessi («vorrei
che morissimo insieme», questa la frase più comune), ma come un adulto per il quale può essere
possibile una vita anche senza il genitore a fianco, anche in un luogo diverso dalla casa della famiglia;
– presso tutti coloro che si occupano di servizi alla persona (cooperative, associazioni, fondazioni, fino
ad ogni singolo operatore sociale), che devono vedere nella persona con disabilità più la “persona” che
la “disabilità”, quindi non un soggetto da gestire, un posto letto occupato che garantisce occupazione,
ma una persona con un progetto di vita che muta ed evolve nel tempo.
Riguardo poi tutta la parte della Legge dedicata alla defiscalizzazione di polizze assicurative e trust*,
possiamo dire solo che resta la sensazione che non ci sia stata la forza di compiere un’azione più ampia
e completa.
Importantissimo è aver posto a fianco del tema del “Dopo di Noi” quello di problematiche giuridiche,
patrimoniali e fiscali, volte a facilitare la partecipazione di privati, dal momento che si tratta di aspetti
fondamentali per predisporre un buon progetto per il futuro della persona non autosufficiente. Infatti,
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voler contribuire alla qualità di vita del proprio figlio, della propria sorella, del nipote, è naturale e
legittimo, ed è bene allora che sia agevolato e regolamentato, ciò che se ben fatto non sarà a vantaggio
solo del diretto interessato.
Ma allora perché fermarsi solo a trust e assicurazioni? Perché non coinvolgere nel ragionamento anche
altri strumenti giuridici esistenti, ugualmente utili per affrontare simili situazioni?
Siamo contenti di questa Legge, ma dedicheremo ogni sforzo affinché possa contribuire a migliorare la
“vita tutta” delle persone con disabilità, e non solo a realizzare la loro ultima residenza.
*Istituto di origine anglosassone che consente di spossessarsi, con agevolazioni fiscali, di patrimoni
propri,
in
funzione
di
un
vantaggio
o
beneficio
futuro.
di Luca Marchi, Direttore della Fondazione Dopo di Noi Bologna ONLUS.
Redattore Sociale del 29-03-2016
Disabilita'
intellettiva,
domani
la
Giornata
che
promuove
diritti
e
cittadinanza
Al Quirinale il 30 marzo la Giornata nazionale delle persone con disabilità intellettiva accende i
riflettori sulle condizioni di vita, le opportunità e i diritti, ma anche le discriminazioni, che riguardano
oltre 2 milioni di persone in Italia.
ROMA. Se ci fossero sempre condizioni idonee, le persone con disabilità potrebbero essere
compiutamente cittadini delle e nelle proprie comunità. E’ questo il principio che si vuol affermare in
occasione della Giornata nazionale delle persone con disabilità intellettiva che si celebra domani, 30
marzo, con una cerimonia a Palazzo del Quirinale. Tante le criticità con cui le persone con disabilità e i
loro familiari quotidianamente convivono, e diverse le urgenze che i disabili reclamano e che devono
trovare soluzione: piena e concreta attuazione della convenzione Onu; maggiore attenzione alle
politiche di inclusione e pari opportunità; rendere “praticabili” i progetti di vita delle persone; risorse
e norme coerenti per il “dopo di noi” e per il “durante noi”; livelli essenziali di assistenza per i disturbi
dello spettro autistico; qualità dell’inclusione scolastica; inclusione lavorativa e promozione delle
capacità lavorative delle persone disabili, c he possono essere lavoratori a tutti gli effetti. “Non
vogliamo più essere considerati pesi – dicono le associazione alla vigilia della Giornata -, ma persone e
cittadini
pienamente
inclusi
nella
società”.
La Giornata nazionale è organizzata dalla Presidenza della Repubblica in collaborazione con le
federazioni Fish (Federazione italiana superamento handicap) e Fand (Federazione tra le associazioni
nazionali delle persone con disabilità) e con le associazioni Anffas onlus (Associazione nazionale
famiglie di persone con disabilità intellettiva e/o relazionale), Angsa onlus (Associazione nazionale
genitori soggetti autistici) ed Aipd onlus (Associazione nazionale persone Down), maggiormente
rappresentative a livello nazionale delle disabilità intellettive. Lo scopo dell’iniziativa è di accendere i
riflettori sulle condizioni di vita, le opportunità e i diritti, ma anche le discriminazioni, che riguardano
nel nostro Paese oltre 2 milioni di persone, ancora troppo spesso relegate all’invisibilità.
Sono infatti oltre 2 milioni le persone con disabilità intellettive che vivono in Italia e che, insieme alle
loro famiglie, sperimentano situazioni di discriminazione, esclusione e deprivazione, attenuata spesso
solo grazie all’intervento delle famiglie e dei servizi che le stesse famiglie auto-organizzandosi tentano,
non senza crescenti difficoltà, di assicurare. Ciò pur in presenza di tante leggi, alcune tra le migliori a
livello europeo e mondiale, tra cui spicca la legge n. 18 del 2009 che ha ratificato la Convenzione Onu
sui
diritti
delle
persone
con
disabilità.
Le esperienze, i dati e le evidenze culturali e scientifiche, le tante buone prassi esistenti indicano
chiaramente la necessità di sostegni personalizzati, precoci e tempestivi, ma soprattutto incardinati
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all’interno di un progetto globale di vita, che coinvolga l’intero nucleo familiare, per garantire alle
persone con disabilità intellettiva il rispetto dei diritti fondamentali in tutte le aree della vita: salute,
scuola,
lavoro,
vita
indipendente
e
di
relazione,
solo
per
citarne
alcuni.
E, dicono le associazioni promotrici, proprio “grazie a questi sostegni, insieme ad un cambiamento
culturale e alla presenza e impegno costante da parte delle istituzioni e della comunità tutta, è
possibile squarciare il velo del pregiudizio e dello stigma che vede ancora le persone con disabilità
come pesi e non come persone e cittadini che possono e devono portare un contributo nelle comunità
in
cui
vivono”.
La Giornata vedrà la partecipazione delle persone con disabilità e dei loro familiari provenienti da
tutta Italia, e sono previste diverse testimonianze, tra le quali quelle di una lavoratrice con la sindrome
di Down, di un pianista con autismo, di una famiglia, di una giornalista e scrittrice, di due giovani con
disabilità intellettiva che presenteranno la “Dichiarazione di Roma sulla promozione dell’autorappresentanza in Italia ed in Europa”. Tanti volti e voci che rappresenteranno le persone con
disabilità intellettiva di tutta Italia davanti al Capo dello Stato in un evento la cui conduzione sarà
affidata a Flavio Insinna e che domani sarà trasmesso in diretta su Rai 1 dalle ore 10.55 alle ore 12.00.
Prima dell’evento una delegazione composta dai presidenti nazionali delle organizzazioni coinvolte
sarà
ricevuta
dal
presidente
Mattarella.
da Superando.it del 17-03-2016
Essere adulti con disabilita'
Intervista a Marta Sousa di Simona Lancioni
Essere adulti ed esserlo con una disabilità: ruota su questi interrogativi “antichi” la nostra intervista
con Marta Sousa, psicologa dello sviluppo e dell’educazione, che ricorda tra l’altro come «avere una
vita autonoma non significhi fare tutto da soli, ma integrare le proprie competenze con quelle degli
altri e saper chiedere auto».
Cosa vuol dire essere adulti? E come cambia la definizione di “adultità” se riferita a persone con
disabilità? Sono interrogativi antichi che non consentono una risposta univoca, ma con i quali siamo
chiamati a cimentarci e per farlo abbiamo chiesto aiuto a Marta Sousa, psicologa dello sviluppo e
dell’educazione.
Cosa
vuol
dire
essere
adulti?
«È una domanda difficile perché può prevedere un’infinità di risposte. Per la psicologia, essere adulti è
avere raggiunto il completo sviluppo fisiologico, psicologico e sessuale. Si può anche dire che essere
adulti è essere capaci di autodeterminarsi, fare scelte consapevoli, assumersi delle responsabilità e
acquisire determinate libertà. Un tempo, era più chiaro che diventare adulti significava essere
maggiorenni, fare scelte legate al lavoro, costruirsi una famiglia. Attualmente la fase dell’adolescenza è
molto dilatata, un po’ per la difficoltà a rendersi indipendenti economicamente dalla famiglia di
origine, un po’ per problematiche di tipo sociale (allungamento delle scolarizzazione, incertezza verso
il futuro, mantenimento di stili di vita con meno responsabilità). In ogni caso, si può dire che la
maggiore
età
sancisca
l’ingresso
nell’età
adulta».
Ma come cambia, se cambia, la definizione di “adultità”, se riferita a persone con disabilità?
«Quando parliamo di persone disabili, la definizione diventa ancora più difficile, nel senso che, se
intendiamo per adulto una persona autonoma e responsabile delle sue scelte, la persona disabile,
soprattutto nei casi di grave disabilità intellettiva, non lo diventerebbe mai. Ma, in ogni caso,
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bisognerebbe fare riferimento alle competenze che ogni individuo possiede, più che alla sua età
anagrafica».
Nelle circostanze in cui la disabilità consente spazi di autodeterminazione, un comportamento corretto
nei confronti della persona con disabilità scaturisce dal semplice riconoscimento di tale capacità. Ma
come orientarsi, invece, quando la capacità di autodeterminazione è seriamente compromessa o
assente?
«In questi casi bisognerebbe che ogni famiglia, insieme alle altre Istituzioni che si occupano della
persona con disabilità, concorressero a fare sviluppare il massimo di competenza possibile,
raggiungendo il massimo grado di autonomia possibile. Spesso, alla fine della scolarità, questi ragazzi
hanno come unica prospettiva i centri diurni o i laboratori protetti, dato che la maggioranza non è in
grado di potere svolgere un lavoro. È in questo momento che, spesso, i genitori si rendono pienamente
consapevoli che la disabilità del figlio è “senza uscita”. Questo crea non pochi problemi alla capacità di
tenuta emotiva dei genitori. Ritornano le preoccupazioni dei primi anni, quando tutta l’energia dei
genitori era dedicata più alla gestione quotidiana che a progettare il futuro. La famiglia dovrebbe
favorire un percorso tale da permettere alla persona con disabilità l’elaborazione di un suo proprio
modo di separarsi dalle persone adulte della famiglia di origi ne, realizzandone il bisogno di
indipendenza».
Nel caso di persone con disabilità intellettiva, si tende a definire la persona considerando solo (o in
prevalenza) la sua presunta “età mentale”. Ritiene che ciò sia corretto?
«Penso non lo sia affatto. L’età mentale è un indice che va “letto”. Io preferisco parlare di competenze,
di cose che la persona è, o non è, in grado di fare, di abilità che può imparare, di percorsi riabilitativi
che la portano a realizzare il massimo del suo potenziale. Se rimaniamo attaccati all’“età mentale”, la
tendenza è considerare la persona disabile come “un eterno bambino”, non contribuendo alla sua
“crescita” attraverso azioni educative concrete e costringendola alla dipendenza, anche laddove ci
sono
i
margini
per
una
vita
autonoma.
Avere una vita autonoma non significa fare tutto da soli, ma integrare le proprie competenze con
quelle degli altri e saper chiedere aiuto. Implica un grado di maturazione affettiva e psicologica che
permetta
la
costruzione
della
propria
identità».
Nei casi di disabilità intellettiva grave, alcuni genitori tendono ad instaurare un rapporto di tipo
simbiotico con la persona di cui si curano. Sotto un profilo psicologico, quali rischi può comportare
questa scelta?
«In questi casi i genitori tendono a concepire la cura del figlio con disabilità come una “ragione di vita”,
ostacolando ogni passo verso l’autonomia. In alcune situazioni assistiamo a veri e propri disturbi
dell’attaccamento. L’attaccamento è il comportamento che motiva il bambino a cercare “sicurezza”
nella vicinanza fisica con i genitori o con il caregiver [la persona che presta assistenza in modo
continuativo e gratuito ad un congiunto con disabilità, N.d.R.], quando vive emozioni di paura o di
dolore fisico e/o emotivo. Le risposte naturali di questo legame possono essere modificate davanti a
una diagnosi di disabilità, in quanto crea nella mamma (che spesso si occupa del figlio con disabilità)
vissuti depressivi o ansiosi che disorientano il figlio il quale ha difficoltà nel prevedere le risposte
emozionali. Quando presente, questo disturbo peggiora i risultati della riabilitazione e amplifica i
disturbi
dell’adattamento.
Il distacco dalle figure parentali è spesso ostacolato dalle ansie proprie della persona disabile, e
soprattutto dalle ansie dei familiari che, a causa del rapporto simbiotico, la rendono incapace di
acquisire in autonomia strumenti di confronto con la realtà esterna alla famiglia. Anche la tendenza di
molti genitori a risolvere i problemi al posto dei figli, sostituendoli, non crea le condizioni per “tagliare
il cordone ombelicale” e rendere la persona capace di sviluppare le proprie capacità di risoluzione.
Questa dipendenza forzata può portare a vissuti di aggressività, rabbia e depressione».
Prendersi cura di una persona con disabilità può anche essere fonte di senso e gratificazione per chi
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svolge tale attività. Ma questi sentimenti – che in sé sarebbero positivi – possono favorire lo sviluppo
di un rapporto di dipendenza reciproca con la persona accudita. Quali accorgimenti potrebbero
scongiurare un esito di questo tipo?
«Permettere alla persona con disabilità di frequentare ambienti esterni alla famiglia anche dopo la fine
della scuola, iniziare, già dalla scuola, progetti di alternanza scuola-lavoro, laddove tale percorso è
possibile, prevedere l’esistenza di più di un caregiver.
Sarebbe importante, inoltre, pensare al progetto di una vita indipendente, non solo con l’arrivo della
fine della scolarità, ma investendo tempo e risorse nel delineare una possibile traiettoria di
indipendenza, già da molto prima, abbandonando un modello di accudimento protettivo. È
sicuramente un processo lungo e pieno di insidie, che comporta una trasformazione del sistema
famiglia. Bisogna aiutare i genitori a non considerare la separazione come un rifiuto, ma come
un’opportunità per il figlio di acquisire i propri spazi e maturare una relativa autonomia».
Trovare un giusto equilibrio tra protezione e libertà nell’educazione dei figli è un problema che tutti i
genitori devono affrontare nell’accompagnarli verso l’età adulta.
Talvolta avere un figlio con disabilità induce i genitori a “far pendere la bilancia” dal lato della
protezione. Quali considerazioni potrebbero indurli a cercare un maggiore equilibrio tra questi due
aspetti?
«I genitori devono essere consapevoli che sostenere il processo di crescita dei propri figli implica
sapersi mettere in disparte, quando il figlio può fare passi da solo. La dinamica evolutiva non si ferma,
è sempre possibile fare qualche passo in più. Ai genitori tocca il compito di mediatori e facilitatori del
processo di autonomia, nella consapevolezza che l’iperprotezione e l’iperdipendenza possono
provocare un atteggiamento di passivizzazione che ostacola lo sviluppo e contribuisce a innescare un
livello di autostima molto basso, limitando fortemente le possibilità di fare esperienze e di misurarsi
non solo con gli altri, ma anche con se stessi. Invece, la capacità di immaginare le persone con disabilità
come capaci di assumere un ruolo e un lavoro, di partecipare alla vita della collettività, di sentire di
farne parte, porterà a sperimentare nuovi percorsi, trovando risorse nuove e insospettate».
Negli ultimi tempi si parla tanto del tema del “dopo di noi”, un’espressione che sottende come, in
alcuni casi, l’emancipazione della persona con disabilità dalla famiglia di origine sia rimandata sino a
quando i genitori (in genere sono loro a prestare assistenza) non saranno più in grado di prendersi
cura del proprio congiunto. Cosa pensa di questa emancipazione posticipata sino agli estremi del
rinviabile? E cosa si può fare per rendere il distacco meno doloroso possibile?
«Crescere i figli con il pensiero di renderli autonomi e anticipare il “dopo di noi” all’“ancora con noi”.
Vedere i figli da adulti, anche quando ancora non lo sono.
Il percorso verso l’autonomia deve iniziare sin dalle fasi di vita precedenti, dalla più giovane età della
persona con disabilità. Sostenerla nella costruzione di una realistica immagine di sé, e
nell’apprendimento graduale delle capacità necessarie per poter agire, il più possibile, da sola.
Bisogna sostenere lo sviluppo dell’identità che è strettamente legato all’esperienza del riconoscimento,
all’essere percepito e rispettato nella propria unicità. Il rispetto e il sostegno alla dignità della persona
– in particolar modo della persona con disabilità – comporta in primo luogo il riconoscimento del suo
sé e del suo bisogno di percepirsi capace di rispondere ad alcuni bisogni fondamentali.
I genitori, insieme agli altri operatori che si prendono cura della persona disabile, do vrebbero fargli
assumere la capacità di autodeterminazione e orientamento nelle proprie scelte di vita, ancor prima di
cominciare
a
pensare
al
“dopo
di
noi”».
Marta Sousa è psicologa dello sviluppo e dell’educazione. La presente intervista è già apparsa nel sito
di Informare un’H-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli, Peccioli (Pisa), con il titolo “Tra protezione e
libertà’”. Viene qui ripresa, con minimi riadattamenti al diverso contesto, per gentile concessione.
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