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Benvenuti a questo nuovo numero di Febbraio! Come dite?
Siamo i primi di Marzo? Ops ve ne siete accorti!
Anche se gli articoli erano da settimane alla nostra “redazione”,
ho fatto fatica a trovare il tempo per impaginare tutto per bene, e
quindi, ve lo state leggendo un poco di posticipo.
Ma bando alle ciance, se in copertina appaiono visibili Gandalf e
compagni, non vi preoccupate, non sprecheremo né spazio né
tempo per parlare del gioco del signore degli anelli che ormai ha
stufato un po’ tutti. L’illustrazione di Mastropero è solo per
presentare al meglio l’approfondimento del nostro Alessandro
Forlani sul libro “lo Hobbit” nella sua sezione “L’Altra Realtà”.
Detto questo vi lascio con gli articoli di modellismo dei bravissimi
Esorcista e Axia, e ringraziare sempre i nostri lettori che ogni
giorno si fanno più volenterosi mandandoci materiali a questa
casella postale [email protected] , i quali pubblicheremo in
futuro.
Alla prossima!
Alan D’Amico
Se volete vedere altri lavori
di Mauro Perini in arte
Mastropero, potete andare
al suo sito ufficiale:
http://www.mastropero.com/
I Rischi Mortali Del Gelido Nord
Per questo numero dell'Orco Nero, visto il gelo e la neve che ancora flagellano gran parte dello Stilvale, sollecitato da Alan
ho pensato di proporvi la modifica che ho realizzato per il mini-contest “Neve” su GW Tilea, e che poi (bontà dei votanti...) è
risultata vincitrice.
Il tema è quello dell’inverno, con neve, ghiaccio, freddo, pioggia e chi più ne ha più ne metta.
Ho pensato a una scena che fosse insolita e che mi permettesse di dare il senso del “rigore invernale” e dei rischi che
comporta, rimanendo entro il BG di Warhammer ma uscendo, in un certo senso, dal “solito” contesto.
E quale ambientazione poteva rendere meglio il senso del freddo invernale se non il “gelido Nord”?
E’ nata così questa piccola scena ambientata al confine fra l’Impero e il Kislev, lungo le rive dell’Urskoy, nei Boschi del
Grifone, a metà strada fra Bechafen e Kislev (capitale) stessa.
Precisamente qui:
Protagonista è Aleksandr “Sasha” Kossarovitch Ivanov, arciere e “scout” di origini
imperial-kislevite, come molti in zona, considerata la natura di confine dell’area, dove da
secoli le “genìe” dei due paesi limitrofi si mescolano e convivono abbastanza
armoniosamente.
Attualmente Sasha è in forza ad un reparto di stanza in una delle guarnigioni di confine, e
pattuglia insieme ai suoi compagni la zona a nord-ovest delle anse dell’Urskoy proprio
prima dell'inizio del territorio kislevita.
Qui è raffigurato durante una delle sue perlustrazioni, mentre provvede anche
all’approvvigionamento del rancio quotidiano.
Ma, si sa, al Nord, ai confini col Kislev, l’inverno può essere duro e “traditore”, e
nascondere grandi pericoli…
E così, senza volerlo, il nostro eroe si ritrova a rischiare la pelle.
Basta un attimo e si può andare “all’altro mondo”…
L'opera è pensata come “pretesto” per “mettere in scena” un po' di elementi legati al tema invernale (neve, ghiccio e
ghiaccioli) ma anche per giocare un po' con una posa dinamica e inusuale, e per sfruttare qualche piccolo trucco sugli “angoli
ciechi”, in modo da dare la sensazione che qualche elemento della composizione stia “galleggiando” nell'aria.
Ecco l’abbozzo della
basetta, realizzata con
semplice polistirolo da
coibentazione e rametti
veri:
E questo è Sasha, colto nell'attimo in cui, messo un piede in fallo su una
lastra di ghiaccio, scivola rovinosamente tentando di non perdere la preda
appena catturata:
La testa è una di quelle del set degli arcieri imperiali. Busto e braccio sinistro sono della milizia imperiale, come le gambe. Il
mantello è quello dei Templari del Lupo Bianco.
La preda è il fagiano che esce dalla scatola dei nuovi arcieri imperiali e – con il braccio destro – completa la minia.
Il pennuto catturato (secondo la fisionomia riprodotta nella plastica, e le illustrazioni GW che ne mostrano la colorazione) è
un "fagiano di monte" o "gallo forcello", tipico delle zone montane e nevose.
A seconda che si tratti del maschio o della femmina, e di diversi periodi dell'anno, può avere livree differenti:
Il corpo è abbastanza piccolo da non "piegarsi" eccessivamente sotto la spinta dinamica di un'azione come quella che ho
rappresentato. E le lunghe penne della coda nella parte inferiore sono "rigide" in natura, e quindi non si piegano anche
volendo!
Ecco una prima prova di assemblaggio minia-basetta:Sasha è tenuto in sedegrazie all'intuibile perno sotto il piede che è a
contatto con la base:
Subito dopo sono passato alla fase di "riempimento" della pozzanghera con rami, foglie e altro materiale "da sottobosco":
I rametti sono veri e le foglie sono origano secco tritato.
Parallelamente ho aggiunto alcuni accessori proveniente dagli sprue
dei bretoniani e da quello degli arcieri imperiali sulla miniatura
(coniglio, coltello, frecce):
...e dato un'aggiustatina al mantello (materia verde sul collo, "peli"
sui bordi e rigatura sotto):
Ecco l'assemblaggio finale, prima di passare al primeraggio e alla
colorazione:
E torniamo alla basetta, sulla quale va posta la lastra di ghiaccio che farà scivolare
Sasha:
La lastra di ghiaccio in effetti è semplice plastica di blister tagliata con sagoma
adatta.
Qui, invece, ci sono i vari tipi di coltre nevosa che ho provato prima di decidere
quale mettere sulla basetta. Da sinistra: sabbia bianca, sale fino, bicarbonato, neve
GW "semplice" e neve GW emulsionata con acqua e vinilica:
Ogni metodo può essere adatto a rappresentare neve più o meno
fresca, più o meno ghiacciata, più o meno farinosa.
Per questa scenetta ho scelto l'ultima.
E qui veniamo al bello.
Ecco la prova ghiaccioli sui rami:
Ve ne posto anche una foto in fase di realizzazione: il flash li fa
sembrare opachi, ma sono trasparentissimi come vedrete poi dalle
foto “in opera”.
Molti sono rimasti perplessi di
fronte a questo tipo di
conformazione dei ghiaccioli,
reputando dovessero essere “a
punta”.Non è così.
I ghiaccioli che si creano sui rami
non sono aguzzi, a meno che non si
spezzino.
Hanno la punta inferiore
tondeggiante o a goccia
pronunciata, come ho scoperto
documentandomi per ricreare i miei.
Ecco qualche esempio trovati su internet:
Scelta la forma da ricreare, vediamo come procedere per realizzarli per i nostri elementi
scenici.
Si tratta di operazioni semplici: Preparo una piccola intelaiatura di sostegno (un
legnetto basta) alla quale appendo/incollo dei fili in nylon trasparente dello spessore
desiderato, lievemente inferiore a quello dei ghiaccioli finali che mi servono;
con l'effetto acqua (qui ho usato quello della Noch, gommoso al punto giusto... )
spennello i fili per una prima passata;
attendo una manciata di secondi che inizi a rapprendersi, poi passo una seconda volta,
ma non ovunque, per dare una "texture" differente ai vari pezzi del ghiacciolo;
passo una terza o quarta volta, a seconda dello spessore che mi serve, curando di fare in
modo che la base sia comunque più spessa della punta;
alla fine aggiusto - se serve - la punta con una goccia ad hoc;
taglio alla lunghezza desiderata, incollo al ramo con cianoacrilica, poi ritocco con altro
effetto acqua per eventuali aggiustamenti. E il gioco è fatto!
Vediamo dunque la basetta terminata con neve e aggiustamenti ai ghiaccioli
Ecco la pozzanghera: è venuta molto
trasparente: volevo che si vedessero
rametti e foglie sul fondo.
La resa finale mi soddisfa abbastanza:
Come vedete, la lastra non è "piatta"
come potrebbe sembrare, ma presenta
le stratificazioni proprie del ghiaccio
"fresco" in assestamento dopo nevicate
o piogge che "aggiungono" strati alla
lastra già presente.
E' stata ottenuta con la plastica dei
blister delle miniature, ricoperta con
vari passaggi di effetto acqua a chiazze
irregolari.
Permette comunque la visione delle foglie e dei rami presenti nella pozzanghera sottostante (che si presume ghiacciata) e sui
bordi ho ottenuto un certo effetto "opacizzante" con micro-gocce di cianoacrilato poste sotto il bordo della lastra in sede di
fissaggio, in modo che formassero i tipici vapori.
Dalla foto, però, questo dettaglio non si nota, nè ho potuto schiarirla oltre, perchè altrimenti il flash avrebbe "sparato" troppo
sulla lastra stessa.
L'arco sarà aggiunto in sede di rifinitura finale, dovendo essere incollato in un punto
particolare che, sfruttando un “angolo cieco” della visuale, possa dare l'impressione che
l'arma, lasciata da Sasha, stia cadendo, senza avere più alcun punto di contatto con l'arciere.
L'arco è un semplice arco degli arcieri imperiali, un accessorio banalissimo, cui ho
aggiunto incordatura e impugnatura. Fortunatamente la GW si è ricordata di scolpire
sull'arma le “tacche” per accogliere la corda, quindi non è stato necessario intagliarle.
Ed ecco la foto dell'assemblaggio finale:
Questo è tutto!
L’esorcista
Figli di Naggaroth
Penso che per tutti i giocatori di Warhammer a sentire il nome elfi oscuri
associano un'armata piena di elfi cattivi cupi e puntuti con dei colori
prevalentemente neri e viola. E' una sorta di associazione istantanea è difficile
associarli a colori diversi, pero i colori possono essere usati in maniera
differente dal solito concept propostoci dai libri e dai modelli gw.Ed è ciò che
è stato fatto in questo esercito. Ma andiamo con ordine: un giorno sul forum
gw tilea (forum che frequento e dove molti mi conoscono col nome di axia) mi
contatta un utente con una proposta allettante quanto difficile: creare e
dipingere un esercito di elfi oscuri basato su un nucleo di truppe iniziato da
niente di meno che Andrea Ottolini (per chi non lo conoscesse è uno dei
migliori pittori italiani vincitore di alcuni premi golden demon).Inoltre
nell'esercito vi era un'unita di guardia nera con assassino dipinta anche da un
suo amico Giacomo Chelucci. Ora adattarsi ad uno stile di un pittore è difficile già di suo,adattarsi allo
stile di un grande pittore ed essere lo strumento di raccordo fra i suoi modelli quelli di un altro e di nuovi
lo è ancora di piu.Da qui è partita una fase di studio: ho passato diverse ore a osservare e capire quali
colori e come li abbia usati e distribuiti sui modelli Ottolini ed ho fatto varie prove per trovare una
gradazione giusta o almeno simile ed ho creato un modello di esempio (il carnefice)in cui ho riversato
ciò che avevo studiato. Ma parliamo appunto dei colori: l'armata non si discosta molto dal classico
binomio viola-nero ma li utilizza in maniera più massiccia a discapito del metallo mediante la
realizzazione di armature laccate proprio dei suddetti colori.
Inoltre il viola delle armature
è leggermente più chiaro
rispetto a quello delle vesti
per dare un distacco e,
insieme al nero arriva ad
avere
una
sorta
di
lumeggiatura profilata sui
bordi in modo da dare un
effetto ottico di grande
impatto. Questi due colori
insieme al metallo, all'oro e
al marrone lumeggiato con
varie tonalità da un aspetto
omogeneo a tutto l'esercito
pur comprendendo modelli estremamente diversi tra loro. Altro aspetto aggregante molto importante e
da non sottovalutare è la basetta: in questo esercito rappresenta un territorio montuoso di Naggaroth,
quindi tendente al nero,niente erba e tanta neve. Inoltre i bordi delle basette ,che molte volte sono
trascurate sono stati ridipinti di nero per non staccare troppo dal resto della basetta e per dare un certo
risalto alle miniature e darle un aspetto più "nobile". Altro aspetto caratteristico è la presenza di molti
freehand: Ottolini è un maestro in
questo ed io ho cercato di
avvicinarmi al suo stile su modelli
come la megera del calderone e i
teschi e lo scudo del Nobile su
naggaronte. Inoltre ci sono anche
delle rune in freehand sugli
stendardi: sono realizzate in modo
che "escano" dal tessuto stesso dello
stendardo per dare un aspetto
magico al tessuto.
Passiamo ora alle unità dell'esercito:
si noteranno subito i cavalieri su
naggaronte con delle lance e balestre
senza scudi e con armature da
fante.L'idea del committente è di
avere delle cavallerie leggere su
naggaronte sia per dare un background forte all'armata sia per usare i fantastici modelli di
naggaronte.Questi ultimi sono stati dipinti con toni freddi per rappresentare la loro natura (non per altro
si chiamano "glaciali")e per dar loro un aspetto piu animalesco ho aggiunto della saliva nella loro bocca
aperta ,effetto che si nota nella foto
ingrandita del naggaronte del nobile.
I corsari invece seguono uno schema
alquanto simile alla confezione con
armature laccate e mantelli di pelle di drago
marino: qui sono stato attento a
differenziare il marrone della pelle a quello
delle
scaglie
per
non
creare
confusione,inoltre sono armati di balestrini
che ho dipinto con un effetto legno con
venature per poterli schierare anche come
balestrieri. Alcuni hanno le teste scoperte e
ne ho approfittato per dipingere dei volti
con lineamenti affilati e con espressioni
cattive tipiche di schiavisti come loro;ho
ottenuto l'effetto giocando su forti contrasti
tra luci e ombre ovvero tra pieghe della pelle e punti estremamente scoperti come zigomi menti e
orecchie.
Si passa poi ai pezzi centrali dell'esercito : il calderone del sangue con megera stendardiere da battaglia e
gli eroi.
Per il calderone ho rotto con la
classica immagine gw che lo ritrae con
i colori oro e marmo verde,colori che
mi piacciono poco e che a mio avviso
non sarebbero stati adatti all'armata.
Cosi mi son voluto ispirare ad un
marmo diverso ,lampante,che faccia
risaltare il modello per quello che è,
ovvero una rappresentazione di un dio
quindi una cosa che attiri l'occhio e
che risalti sul campo di battaglia.
Ispirandomi ad una delle livree del
personaggio del caos Harry Martello
realizzata in un contest interno
dell'heavy metal ho deciso di
realizzare un marmo bianco con
spaccature, in modo da rappresentare
una statua che ha risentito delle varie
battaglie e che venga tenuta insieme
da delle fasce d'oro. Oro che ho cercato di tenere su una tonalità violacea per rimanere in tema,tonalità
che ho applicato anche al pugnale che stringe. Il sangue del calderone è un mix di colori,inchiostri e
lucido per dare un aspetto di sangue fresco e ribollente. Sangue che è anche presente sul pavimento sotto
forma di schizzi,accompagnati da lavature verdi e marroni per dare l'impressione di sporco. La parte che
piu mi piace del modello sono le fiamme delle candele, che ho realizzato con tonalità inverse per
spezzare col chiaro della cera. Per dare un effetto di rovinato al tutto al modello ho infine dipinto a
trompe d'oeil scheggiature e spaccature.
I personaggi sono l'altra parte centrale sono i catalizzatori delle specialità guerresche degli elfi
oscuri:abbiamo un Nobile su naggaronte,un Assassino e una Megera della morte.
L'assassino è stato realizzato per primo tra i tre e ho voluto tenerlo su un aspetto molto cupo e scuro
utilizzando
un
viola
vinaccio e nero sia puro
che mischiato col blu.Per
contrastare il tutto ho dato
alla pelle una tonalità
molto chiara e occhi color
avorio e senza iride per
rappresentare un assassino
che caccia nell'oscurità. Ho
dipinto anche una runa
come
simbolo
di
protezione all'interno del
mantello e per dare
ulteriore
idea
di
movimento ho schizzato
della neve anche sul
mantello come se stesse
camminando velocemente.
La megera è la seconda in ordine cronologico di pittura e per lei ho fatto un ragionamento inverso:
volevo che avesse colori chiari che facessero da contraltare ad una pelle piu scura ed allo stendardo nero.
Qui mi sono deliberatamente ispirato nella scelta dei colori e dei freehand alla megera fatta da Ottolini
per fare una sorta di gioco "trova la differenza".
Arriviamo infine al nobile su naggaronte,l'ultimo e quello su cui mi ci sono impegnato particolarmente
usando anche tecniche per me nuove come ombre multicolore sui metalli. Qui la pelle ha una tonalità
ancora diversa,più vissuta tipica da combattente avvezzo alle durezze dell'accampamento. Inoltre non mi
piace vedere tanti modelli con lo stesso tono di pelle lo trovo alquanto irrealistico.Su questo modello
sono molti i toni contrastanti tra loro come metalli scuri e ori chiari,naggaronte con colori freddi e le
parti insanguinate che esprimono calore, ma la cosa che più mi ha soddisfatto sono proprio i
metalli,hanno un carattere di arma lucida ma opaca,non le solite armi argentate tipiche della gw,che sono
piatte e poco reali.
Menzione particolare al calderone del sangue: insieme al mio orco capoguerra su cinghiale mi è valso un
bronzo al Grog 2009 di Lucca,l'ho presentato li su basetta scenica e a quanto pare è piaciuta molto!
Inoltre,come
spesso
accade per gli eserciti di
warhammer
questo
esercito è in continua
crescita,di fatti presto si
aggiungeranno altre unità
come 15 carnefici ed altri
pezzi grossi.
Prossimamente sui vostri
schermi..
Per chi mi volesse
contattare
per
commissioni o domande,
il mio e-mail è:
[email protected]
Axia
Figw space
Cari lettori di Orco Nero, preparate i dadi e spolverate le vostre armate migliori!
Quest'anno durante l'ormai tradizionale "Tilea Day" (la festa della community dei
giocatori italiani) che si svolgerà a Cecina il 29 e 30 maggio, si disputerà la seconda
edizione del TORNEO FEDERALE PER CLUB!
Per chi non avesse partecipato alla prima edizione di questo nazionale (disputata a
Chiaravalle a marzo 2009), vi spiegherò brevemente di cosa si tratta.
E' un torneo riservato ai soli club della penisola registrati sul portale FIGW, una sfida
tra associazioni con lo scopo di eleggere il gruppo di gioco italiano più forte in
assoluto.
Le squadre saranno composte da 4 persone (è consigliato partecipare esclusivamente con membri del
proprio club, data la natura del torneo, ma ci saranno regole che consentiranno anche l'utilizzo di
"freelancers" e mercenari) e si sfideranno in 5 round contro gli altri club partecipanti in incontri 1 vs 1.
Chiaramente, gli eserciti non possono essere ripetuti all'interno dello stesso team e un club può portare
anche più di una rappresentativa al torneo.
Non mancate a questo evento FIGW che anno scorso ha riscosso un successo superiore alle aspettative
(le partite a squadre sono veramente divertenti, ve lo assicuro.. hanno un sapore del tutto particolare!) e
ha visto la vittoria (tanto per cambiare!) del Manamanà Team Campano.
All'interno delle pagine dedicate al nostro spazio, questo mese troverete anche una divertente intervista
al Ratto Cornuto Fontana, l'eterno piazzato degli ultimi anni del circuito FIGW, il quale tra un attacco di
gastrite e l'altro dovuto agli arbitraggi riservati alla sua Fiorentina ha trovato il tempo di rispondere alle
nostre domande!
Alla prossima!
Daniele Gorini Founder FIGW
Intervista a Michele Fontana
1)Nome e cognome
Michele Fontana
2)Quando hai iniziato a giocare a Warhammer?
1997, con la 5a edizione.
3)Hai provato altri sistemi di gioco oltre al Fantasy?
Ho fatto qualche partita alla 2a edizione del 40K e a Confrontation,
ma non mi sono piaciuti tanto quanto WFB e ho preferito
concentrarmi su un solo gioco.
4)Quali eserciti (parliamo di Warhammer Fantasy) usi?
A seconda dei regolamenti da torneo, ho giocato per un po' Elfi Oscuri (5a edizione), Elfi Alti (5a e 7a),
Lizardmen (5a e 6a) e Impero (6a), ma i miei eserciti preferiti sono Skaven e Re dei Sepolcri, con cui ho
giocato praticamente tutti i tornei importanti quali GT e Heat GW ITA/UK, TNF, TFC, ETC, ecc.
5)Che cosa ti ha portato nel depravato mondo dei pupazzetti? Chi ti ha insegnato a giocare per
primo?
Giocavo a Magic con un gruppo di amici di Borgomanero, ci interessammo a WHFB perchè vendevano
i modelli nello stesso negozio; nel '99 ai primi tornei conobbi certi loschi figuri del basso novarese quali
Bonini, Cantoro e Masiero con cui fondammo il club Covo delle Vipere qualche tempo dopo.
6)Hai qualcosa da dire a tua discolpa per la sindrome da piazzamento che ti ha colpito negli ultimi 34 anni?
Per vincere un torneo prestigioso con tanti bravi partecipanti ci vogliono tante cose: bravura,
allenamento, esperienza, lista dell'esercito costruita con cura, fortuna negli abbinamenti e nei dadi. Negli
ultimi anni mi è mancato qualcosina che mi ha impedito di rivincere un torneo importante in singolare;
per fare qualche esempio alla finale del GT Ita 2007 contro Cantoro e i suoi steam tank ho perso 2
catapulte e la partita al 1o turno per un'avaria e una cannonata, mentre invece alla finale del GT ITA
2006 Manfroni ha giocato decisamente meglio i suoi Demoni di Tzeencht di quanto io abbia fatto con
gli Skaven. Al TNF FIGW 2008 alla 1a partita trovo gli Orchi&Goblin di Bonini, armata che
difficilmente posso battere coi Re dei Sepolcri, pareggio e posso solo arrivare 4o in rimonta vincendo le
altre partite; sul TNF 2009 stendiamo un velo pietoso che è meglio...
Rimane comunque la soddisfazione di essere sempre fra i primi a giocarsela, poi è giusto che chi giochi
meglio e sia più fortunato in quelle 6 partite vinca il torneo.
7)Quale consiglio potresti dare ai nostri lettori, grazie alla tua esperienza?
Il mio consiglio è quello di scegliere un'armata che vi piace e di tentare di giocarla al meglio,
inserendovi delle idee vostre nel modo di giocarla; è inutile copiare una lista di successo se non si
comprende la funzione di ogni singola truppa. Cambiare armata per migliorare i propri risultati a un
torneo non è sempre la soluzione migliore, anche se a volte è necessario quando palesemente il libro è
troppo vecchio o poco adatto ad essere giocato con determinate limitazioni o scenari.
8)Che ne pensi di questa edizione di Warhammer? Il miglio pregio e difetto?
La 7a edizione ha un'ottimo libro delle regole base, in parte rovinata da dei libri degli eserciti poco
bilanciati : secondo me l'enorme diffusione di unità o intere armate immuni a psicologia o irriducibili e
l'abbondare di bersagli grandi sottocosto e facili da usare in molte armate ha reso più semplice il gioco.
9)Hai partecipato a tutte le edizioni degli ETC disputati fino ad adesso; qual'è stata quella più
divertente e soddisfacente, risultato finale a parte?
Premettendo che non ho giocato la 1a edizione dell'ETC nel 2006, ho partecipato a quelle del 2007 in
Polonia, del 2008 in Italia e nel 2009 in Germania.
Come esperienza personale ritengo superiore i 2 tornei europei disputati all'estero, essendo stati 2 tornei
totalmente diversi come luogo, atmosfera e partecipanti. La sensazione di giocare in trasferta è allo
stesso tempo fastidiosa e stimolante e gli aneddoti da raccontare a riguardo si sprecano!
10)Ma la Fiorentina ce la fa ad arrivare 4° quest'anno??
L'anno prossimo la Fiorentina gioca in Europa League, le soddisfazioni quest'anno vengono dalle coppe!
Per concludere ringrazio per l'opportunità che mi hanno concesso l'intervistatore Goro83 e la rivista
Orco Nero, che leggo sempre con piacere. Continuate così!
GD Baltimore/Canada 2009
L’ALTRA REALTA’
“I CONFORTEVOLMENTE LONTANI”
Introduzione alla lettura de Lo Hobbit di J.R.R. Tolkien
“Ignoriamo il senso del drago, come ignoriamo il senso dell’universo; ma c’è qualcosa, nella sua
immagine, che s’accorda con l’immaginazione degli uomini; e così esso sorge in epoche e latitudini
diverse.”
J.L.Borges
“La letteratura fantastica richiede la cooperazione attiva del lettore, che segue il narratore e i suoi
personaggi oltre lo specchio, in un universo apparentemente arbitrario, le cui leggi richiedono
un’interpretazione mai definitiva. Per la sua instabile struttura, la Terra Fatata è in continua
mutazione - ma una soglia va, comunque, individuata e oltrepassata con un atto di volontà.”
C. Pagetti
The Hobbit, or There and Back Again di John Ronald Reuel Tolkien fu pubblicato per la prima volta a
Londra per i tipi della George Allen & Unwin nel 1937. Fu un iter editoriale discontinuo, e tracce se
riscontrano in certa incongruenza stilistica fra i primi e gli ultimi capitoli. Tolkien comincia a scrivere il
romanzo nel 1930, ma lo lascia incompiuto. Solo sei anni dopo, l’editor Susan Dagnall legge il
manoscritto e sprona l'autore a completarlo. Il romanzo viene accettato per la pubblicazione e, l'anno
seguente, dato finalmente alle stampe.
I lettori di tutto il mondo conoscono ormai l’opera di Tolkien. E’ una familiarità con gli scritti e con
l’autore tuttavia (ma soprattutto con gli scritti…) che potremmo distinguere in tre diverse forme, tre
approcci, tre livelli di approfondimento.
A livello assolutamente superficiale i più considerano Tolkien l’inventore, l’iniziatore o il “nume
tutelare” della cosiddetta Letteratura Fantasy: ciò in senso positivo (e più che positivo: esiste un “culto”
dell’opera di Tolkien) e negativo (l’atteggiamento di chi, con sufficienza, considera Il Signore degli
Anelli uno sciocco racconto per bambini). Assunto in ogni caso errato, poiché non considera per
esempio il precedente contributo, pur dilettantistico, di autori come Robert Erwin Howard (ciclo di
Conan il Barbaro) alla definizione dell’immaginario “Heroic Fantasy”.
Lettori più attenti riconoscono indubbiamente il valore de Lo Hobbit, Il Signore degli Anelli eccetera;
ammettono le capacità e lo spessore di Tolkien – serenamente valutandolo in base a criteri stilistici,
strutturali e critici - ma, ancora, esclusivamente nell’ambito della Letteratura Fantastica.
Chi ha voluto e saputo approfondirne la lettura, e indagare la figura dell’autore, colloca ormai Tolkien
con certezza fra i grandi Classici della Letteratura del ‘900; di tutta la Letteratura del ‘900.
Il mondo letterario e accademico anglosassone considera Tolkien non solo un abile romanziere, ma
altresì uno dei massimi filologi, linguisti e studiosi di Letteratura Medioevale. La statura intellettuale di
Tolkien è pari, per intenderci, a quella che in Italia si riconosce a Gianfranco Contini, Dario del Corno,
Luca Canali, Natalino Sapegno. Le edizioni critiche di Sir Gawain e il Cavaliere Verde e del Beowulf
curate da Tolkien (due celebri poemi medioevali) restano tutt’ora come pietre miliari. E a buon diritto.
Meriti, conoscenza e comprensione profonda della Tradizione e della Letteratura che impongono una
lettura del Lo Hobbit (e del Signore degli Anelli, del Silmarillion…) assai più attenta di quella a cui il
successo della recente trilogia cinematografica di Peter Jackson (e le “mode” a seguire…) ci invitano.
L’impegno, il metodo, la costanza e il tempo dedicati da Tolkien alla narrativa sono pari a quelli
applicati alla ricerca scientifica. L’analisi della “materia fantastica” delineata nell’articolo Sulle Fiabe
(1939) suggeriscono anzi una stretta relazione fra i due campi d’interesse dell’autore. L’una non può
prescindere dell’altra, e – di conseguenza – all’eccellenza dell’una deve corrispondere quella dell’altra.
La vicenda narrata ne Lo Hobbit è semplicissima, lineare: una compagnia di avventurieri – un Hobbit,
Bilbo Baggins, e tredici Nani guidati dal Mago Gandalf – viaggia alla volta di una montagna-tana di un
Drago per conquistarne il tesoro. E’ la più essenziale delle trame del racconto fantastico d’avventura.
Ma gli elementi che la compongono, e di cui ci è dato cogliere e interpretare il significato, sono più che
complessi. Lo Hobbit “è una storia di tanto tempo fa”.
Innanzi tutto: che cos’è un Hobbit?
“Credo che al giorno d’oggi gli Hobbit abbiano bisogno di essere in qualche modo descritti, dal
momento che sono diventati rari e timorosi della Gente Grossa, come ci chiamano. Sono (o erano)
gente piccola, alti all’incirca la metà di noi, e più minuti dei nani barbuti. Gli Hobbit non hanno
barba. Del resto, poco o niente di magico c’è in loro tranne il modo comunissimo con cui spariscono
silenziosamente e velocemente quando gente grossa e stupida come me e voi capita lì attorno.
Tendono a metter su un po’ di pancia; vestono di colori vivaci (soprattutto il verde e il giallo): non
portano scarpe, perché i loro piedi sviluppano piante naturalmente dure come il cuoio e un vello fitto,
caldo e scuro come quello che hanno in testa (che è riccioluta); hanno lunghe, abili dita scure, facce
gioviali, e ridono con risa profonde e pastose (specialmente dopo il pranzo, che consumano due volte
al giorno, se ci riescono). Adesso ne sapete abbastanza per andare avanti.”
Il ritratto che Tolkien traccia di questa presunta creatura di fiaba è fin troppo realistico e umano perché il
lettore non ci si identifichi da subito: prima ancora di qualsivoglia tentativo di interpretazione qualcosa
ci dice che gli Hobbit siamo noi; il loro è il nostro piccolo mondo e le loro sono le nostre abitudini.
Perché dunque, evitando oziose allegorie, Tolkien non affida il ruolo di protagonista ad Uomo a tutti gli
effetti?
Bilbo è “Mezz’Uomo” non solo per statura: in quanto destinato ad intraprendere il Viaggio e
rappresentato nel momento in cui tale cammino non è ancora principiato – benché se ne presenti la
necessità – egli è in effetti “Uomo A Metà”: ovvero che deve crescere, maturare, formare il carattere. E’
colui che deve essere iniziato. E’ il tipo-protagonista, per tentare un paragone con uno dei principali
filoni del Novecento – del cosiddetto “Romanzo di Formazione”. Questo è un tema forte del racconto: e
il simbolo-parodia dello Hobbit non è dunque gratuito.
Uno studioso cattolico, Thomas Howard, afferma che certo “equivoco” sul valore dell’opera di Tolkien
deriva dal fatto che l’autore si rivolge ai contemporanei con un linguaggio in un certo senso troppo
vigoroso, e che i più non sono in grado di comprendere: il linguaggio dell’epica. In una dimensione
mitica qual è quella cui ci riferiamo gli stessi Uomini acquistano statura eroica tout-court; figure ideali,
assolute: di cui i moderni appaiono caricature.
Indizi della volontà dichiarata di tornare ai motivi, i simboli, i protagonisti delle antiche saghe che
costituiscono il fondamento della cultura e dell’arte di Tolkien sono evidenti in molti oggetti e figure del
racconto. Il “Mondo Secondario” nel quale agiscono gli eroi tolkeniani è detto Middle Earth, la “Terra di
Mezzo”: esattamente come il Mondo degli Uomini in sé, il Midgard, nei miti scandinavi. Ancora
suggestioni norrene e citazioni dall’Edda di Snorri troviamo nei nomi di tre dei Nani che bussano alla
porta di Bilbo: Ori, Nori e Dori (ovvero i guardiani di tre punti cardinali); oppure nell’aspetto dello
Stregone Gandalf che richiama quello di Odino nell’attributo di Grimnir (“sapiente di magia”):
“Tutto ciò che l’ignaro Bilbo vide quel mattino era un vecchio con un bastone. Aveva un alto cappello
blu a punta, un lungo mantello grigio, una sciarpa argentea sulla quale la lunga barba bianca ricadeva fin
sotto la vita, e immensi stivali neri”
Gandalf, come Odino, ha familiarità con le Aquile. Nel Drago Smaug, custode del Tesoro, è fin troppo
facile riconoscere Fafnir e l’Oro del Reno di cui si racconta nel Nibelungenlied. Lo stesso dicasi per
l’Anello. Bard l’Arciere, l’eroe che uccide Smaug, ricorda da vicino i prodigiosi guerrieri dei poemi
islandesi.
Tutto ciò considerando, la prima domanda che sorge spontanea è: si tratta di plagio? Di mancanza
d’inventiva quantomeno? Niente affatto. Perché se è una gratuita originalità, un semplice stupore che
cerchiamo nell’opera di Tolkien allora siamo completamente sulla strada sbagliata.
Dagli Anni ’30 agli Anni ’50 – non a caso l’intervallo di tempo che vede la pubblicazione de Lo Hobbit
prima e della trilogia del Signore degli Anelli poi - Tolkien è fra gli “Inklings”, un gruppo di intellettuali
dell’Università di Oxford interessati a elaborare una narrativa fantastica popolare adatta ai tempi
moderni. L’intento puramente evasivo passa in secondo piano di fronte all’impegno etico da essi
propugnato. E forte altresì è il richiamo alla Tradizione. Quella di Tolkien è dunque, prima di tutto, una
riproposizione: illuminata da uno straordinario e opportuno sentire della modernità. Si consideri, ad
esempio, questo discorso di Gandalf sulla possibilità di affrontare frontalmente il Drago Smaug:
“Questo non servirebbe a niente – disse lo Stregone – Non senza un possente Guerriero, anzi un
Eroe. Ho cercato di trovarne uno, ma i guerrieri sono occupati a combattersi l’un l’altro in terre
lontane, e in questa zona gli eroi scarseggiano o è semplicemente impossibile trovarli. Da queste parti
le spade hanno per lo più perso il filo, le asce sono usate per gli alberi, e gli scudi come culle o
coperchi; i draghi poi sono confortevolmente lontani e perciò leggendari. Questa è la ragione per cui
mi sono deciso per lo scassinamento.”
In questo brano è espresso una delle problematiche probabilmente più importanti e suggestive del
romanzo. Rispetto al modello epico del mondo cui Tolkien ci pone a confronto, occorre senz’altro
considerare ciò che accade da “queste parti” con occhio ironico e bonario (e tale è pure in massima parte
il registro della prosa del libro). Oggigiorno, è vero, “gli eroi scarseggiano” e i draghi sono
“confortevolmente lontani”… Ciò nonostante, Bilbo e i suoi compagni stanno ora per partire proprio per
affrontarne uno: dei più terribili.
Tolkien ci avverte che “il Drago” è uno di quegli ostacoli che, prima o poi nel corso della vita, ogni
uomo necessariamente deve affrontare. Sempre. E’ il medesimo precetto dei testi sacri indoeuropei (e, in
particolare, del Bhagavad-Gita): “Nessun uomo può astenersi dall’agire”. Così come è impossibile
evitare altri luoghi topici dell’anima, della psiche o della vita, comunque si vogliano definire, che
trovano ne Lo Hobbit puntuale corrispondenza simbolica: il Viaggio, il Bosco Atro, la Caverna o
Labirinto, Gollum, la Montagna, la Conquista del Tesoro. Ancora Thomas Howard avverte:
“La parola allegoria non piacerebbe a Tolkien. Gradirebbe molto di più il termine analogia. Personaggi,
luoghi e oggetti della sua saga non sono simboli o allegorie o altro. Sono ciò che sono, in primo luogo.
Ma si può anche dire che sono “casi esemplari” di questa o quell’altra cosa di cui noi facciamo
esperienza nel nostro mondo “primario”.
E tuttavia è impossibile non riconoscere in queste figure alcune fra le icone più radicate nella cultura
occidentale:
“Un racconto fantastico è un viaggio, un viaggio dentro la mente subconscia, proprio come la
psicanalisi. Come la psicanalisi può essere pericoloso; e trasformerà chi lo compie”
Più oltre, a partire da questa considerazione di Ursula le Guin, Il Viaggio come “cammin di nostra vita”;
la “selva oscura” o quella – nella Letteratura Romanza – in cui i Cavalieri, per mettersi alla prova si
inoltravano e procedevano a destra; il Doppio terrificante che nelle tenebre ci pone interrogativi. Non è
un caso che il primo oggetto del tesoro di Smaug che Bilbo riesce a trafugare (conquistare) sia un calice,
un Graal; non è senza significato il fatto che Thorin il Re dei Nani tenga soprattutto a recuperare
l’Archepietra così simile alla Pietra Filosofale…
Si potrebbe obiettare – ma è questo in realtà solo un altro punto a favore di Tolkien – che il tema del
Doppio (Gollum, appunto un Hobbit – come Bilbo – però corrotto) e il mostro in forma di Ragno (quelli
di Bosco Atro; o Shelob nel Signore degli Anelli o Ungoliant nel Silmarillion) derivino più dalla
Letteratura Romantica e dalle teorie di C.G. Jung che non dalla poesia medioevale. Si può osservare che,
al contrario di Beowulf e in uno stile più affine a quello di Sherazade ne Le Mille e una Notte, l’arma
vera di Bilbo non è la daga Pungolo bensì l’indovinello, la dialettica (con Smaug e Gollum), la
diplomazia (con Thorin e gli Uomini del Lago).
Vi è infine nel tessuto del racconto un elemento, del tutto strutturale, del tutto narrativo-strategico, che
forse più significativamente di altri rivela la “tensione” si Tolkien alla contemporaneità: una sorta di
“impossibilità dell’epilogo”. Le favole tradizionali si risolvono di solito nel conseguimento
dell’obbiettivo da parte dell’Eroe. Tanto ne Lo Hobbit quanto ne Il Signore degli Anelli, al contrario, il
racconto non termina con l’uccisione di Smaug o la distruzione dell’Unico Anello e la Caduta di Sauron.
Entrambe le storie proseguono in una sorta di problematica appendice: nella Trilogia è l’episodio della
“dittatura” instaurata da Saruman nella Contea, ne Lo Hobbit è il conflitto fra Elfi, Uomini, Nani e Orchi
(la “Battaglia dei Cinque Eserciti”) per il possesso del tesoro del Drago. Entrambe le situazioni si
riferiscono a tensioni che, più che all’epica tradizionale, fanno pensare a presentimenti o
reinterpretazioni di “crisi” contingenti negli anni di composizione dell’opera: non è azzardato il
paragone con il sorgere dei totalitarismi in Europa o le azioni politiche e militari in seguito
all’aggressione/spartizione della Polonia da parte dell’Unione Sovietica di Stalin e della Germania
Nazista di Hitler.
Segni di una volontà di ricerca di figure comprensibili e utili al lettore moderno; ben lungi dal gioco
intellettuale o il gusto antiquario dello scrittore interessato solo al bizzarro o al patrimonio del passato.
Opera di Alessandro Forlani (http://www.grandeavvilente.splinder.com/ )
Illustrazione di Mauro Perini ( http://www.mastropero.com/ )
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