scarica la sentenza - Giurisprudenza delle imprese

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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI MILANO - Sezione Specializzata in materia di impresa - B
Il Tribunale, nella persona dei sigg. dott.:
Vincenzo Perozziello
Presidente
Angelo Mambriani
giudice
Enrico Consolandi
relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al N. 44733/2009 R.G. promossa da:
FALL.TO GROUPE SERVICE MILANO SPA IN LIQ. (c.f. 12016450152 ), con il patrocinio degli
avv. RONDINONE NICOLA e ,
ATTORE;
contro:
FELICE COLOMBO (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. FRAU GIOVANNI e FRANCESCA VERNA
CONVENUTO
EZIO ALGAROTTI (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. GRITTI FRANCESCA
CONVENUTO
CONCLUSIONI
Le parti hanno concluso come da note ex art. 10 d.lgs. 5/2003 e istanze fissazione udienza.
Il fallimento attore dopo la precisazione nella istanza di fissazione, nella quale chiedeva un danno di
euro 26.582.000,00 pari del resto alla domanda avanzata in sede di citazione, ha ridimensionato la
domanda con atto 26.2.2015, come segue:
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Firmato Da: PRIMAVERA ROBERTO Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 98684 - Firmato Da: PEROZZIELLO VINCENZO Emesso Da: POSTECOM CA2 Serial#: ee6b1
Firmato Da: CONSOLANDI ENRICO Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 13ca4
Sentenza n. 14846/2015 pubbl. il 30/12/2015
RG n. 44733/2009
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Firmato Da: PRIMAVERA ROBERTO Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 98684 - Firmato Da: PEROZZIELLO VINCENZO Emesso Da: POSTECOM CA2 Serial#: ee6b1
Firmato Da: CONSOLANDI ENRICO Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 13ca4
Sentenza n. 14846/2015 pubbl. il 30/12/2015
RG n. 44733/2009
Sentenza n. 14846/2015 pubbl. il 30/12/2015
RG n. 44733/2009
Si tratta della azione di responsabilità di gruppo ex art. 2497 cc svolta da società fallita nei confronti di
amministratori e sindaci di società facenti parte della catena di controllo della GSM spa.
Analoga azione è stata svolta nei confronti del revisore KPMG, che ha transato; così pure è stata
raggiunta una transazione con rinuncia, accettata, tra la massima parte dei soggetti inizialmente
convenuti dal falliemnto (erano 15, ne son rimasti 2) e alla udienza del 5 marzo 2015 il Tribunale ha
dichiarato la estinzione del giudizio per tutti gli originari convenuti, ad eccezione di Colombo e
Algarotti.
Il fallimento attore ha poi ristretto le proprie pretese rispetto alle domande iniziali, riferendosi solo alla
operazione del 2002 di finanziamento della controllata CGS di New York, che ivi gestiva una boutique
in Madison Avenue.
Per quanto attiene allo svolgimento del processo e alla descrizione della lite si fa riferimento
all'ordinanza di fissazione udienza che qui si riporta per stralcio:
“ fatti che vengono addebitati sono in parte di mala gestione ed in parte di non corretta gestione
societaria, ma non è agevole distinguere i comportamenti addebitati ad ogni singolo amministratore o
sindaco, proprio per la molteplicità di cariche, per l'alternarsi nel tempo, e, va detto, per il fatto che
l'atto introduttivo non distingue chiaramente fra tali responsabilità.
La presente causa riguarda la responsabilità degli amministratori delle società facenti parte della
catena di controllo della fallita, che, come detto, sono in buona parte gli stessi che hanno amministrato
la società fallita attrice; non sono state coinvolte le società facenti parte della catena di controllo,
probabilmente perché anche esse fallite.
Risulta evidente che si tratta sostanzialmente di un duplicato della causa di responsabilità intentata
contro sostanzialmente gli stessi soggetti per responsabilità diretta nell'amministrazione della società
fallita. Questo è uno dei punti fondamentali di questa causa che rischia di essere un duplicato di quella
diversa azione di responsabilità, se non per alcune posizioni di soggetti che non hanno amministrato la
GSM attrice.
C'è anche, vien da dire ovviamente, una domanda di responsabilità per non aver interrotto l'attività
tipica di rischio in presenza di condizioni di perdita totale del capitale, con violazione dell'articolo
2485 c.c.: La tesi di parte attrice è che al 31 dicembre 2002 vi fossero perdite superiori al terzo del
capitale e che dunque si dovesse interrompere l'attività di rischio e porre in liquidazione la società, che
ha invece continuato ad operare sino al 3 maggio 2006. Se questo, di interrompere la attività di
rischio, è sicuramente un dovere dell’amministratore della società, è dubbio che ciò corrisponda
necessariamente anche ad un cattivo criterio di gestione del gruppo: in ogni caso si tratta di un unico
fatto dannoso, non risarcibile due volte.
Le ragioni della perdita del capitale a quella data sono, secondo il fallimento, che in ciò si rifà ad una
consulenza di parte da lui commissionata, la svalutazione di partecipazioni, la dovuta svalutazione dei
crediti, una diversa valutazione di un contributo a fondo perduto versato da Unilever per la
concessione del marchio, che secondo il fallimento non poteva inserirsi in quel bilancio, poiché era
previsto che fosse scaglionato in un numero notevole di anni, il che per altro è contestato dai
convenuti.
I convenuti contestano anche la svalutazione dei crediti, nella maggior parte verso la sovraordinata
Cerruti holding, sulla base del fatto che nel 2002 questi crediti si erano di molto ridotti e dunque non
poteva ipotizzarsi un rischio di insolvenza della debitrice, peraltro poi verificatasi.
Il fallimento espone anche operazioni specifiche che a suo modo di vedere sarebbero fonte di
responsabilità dei convenuti ed in particolare :
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Firmato Da: PRIMAVERA ROBERTO Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 98684 - Firmato Da: PEROZZIELLO VINCENZO Emesso Da: POSTECOM CA2 Serial#: ee6b1
Firmato Da: CONSOLANDI ENRICO Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 13ca4
Concisa esposizione dei motivi in fatto e in diritto
1. finanziamento verso Cerruti holding per € 26.172.517, in due bonifici del 26 aprile 2002 in
concomitanza con la sottoscrizione da parte di questa del versamento di quanto necessario alla
società poi fallita per coprire le perdite e ricostituire il capitale, per un importo pari al
finanziamento, il che evidenzierebbe come il danaro “fresco” sia entrato e subito uscito dalla
società, con palese conflitto di interessi e di nessun giovamento finanziario per la società già in
crisi; su questa operazione la società di revisione a fine anno ha elevato un rilievo che i sindaci
hanno ignorato, sostenendo che si tratti di normale conto corrente intergruppo finalizzato la
gestione centralizzata della tesoreria; peraltro nel corso del 2003 questo credito si è
significativamente ridotto, ed è stato utilizzato, crescendo poi in data successiva.
2. Rinunzia al credito verso la controllata newyorkese Cerutti group service di New York, per
9.361.287 intervenuta nel dicembre 2002, che la procedura attrice qualifica come atto a titolo
gratuito;
3. la ricapitalizzazione effettuata nel 2004 per assorbire oltre 16 milioni di euro di perdite
sarebbe stata attuata in modalità tali da non assicurare l'effettivo afflusso di risorse finanziarie
con accolli di debiti rinuncia ai crediti e cessioni e rinunce di crediti infragruppo.
Circa le prove il fallimento attore formula istanza di c.t.u., proponendo anche quesito, allo scopo di
appurare se e quando si fosse verificata una situazione che impedisse la prosecuzione dell'attività,
nonché circa l'incremento dello sbilancio patrimoniale negativo; specifica peraltro l'attore che
analoga c.t.u. è stata richiesta nella causa di responsabilità.
Si tratta in buona sostanza dell'unica prova richiesta nel fascicolo, che, in caso dovesse procedersi alla
decisione finale, dovrà essere assunta, salva la valutazione del collegio circa la responsabilità di
gruppo per la mancata interruzione della attività di rischio, soprattutto prima del 1.1.2004.
Si osserva tuttavia:
• che vi è un'eccezione di nullità della citazione per la sua indeterminatezza mossa da
Carpaneda, amministratore indipendente di Fin.Part., che merita considerazione e toglierebbe
qualsiasi necessità di approfondimento probatorio essendo preliminare. In effetti vi sono
profonde difficoltà a comprendere quali siano i fatti a ciascuno dei convenuti addebitati dal
fallimento.
•
•
•
che vi è una eccezione di carenza di legittimazione attiva del curatore del fallimento alla
azione per responsabilità ex art. 2485 cc
che vi sono difficoltà a concepire una responsabilità ex articolo 2497 per fatti precedenti il 1
gennaio 2004, essendo la norma entrata in vigore in quella data
che l'azione di cui trattasi riguarda gli stessi fatti e pressoché le stesse persone della causa
numero 77.452 del 2008, attualmente rinviata al 25 settembre 2014, per definizione
transazione, per cui quella transazione riguardando tanto gli stessi fatti che le stesse persone,
non potrebbe non avere riflessi sulla presente azione.
Tutto ciò consiglia di non approfondire ulteriormente e di fissare l'udienza innanzi al collegio nei
termini di cui al dispositivo.
Il presumibile esito della causa 77.452 esime dal prendere posizione circa riunione o sospensione in
attesa dell'esito di quella causa. ”
Nelle more del giudizio il procedimento “parallelo” per le azioni di responsabilità dirette si è chiuso
con transazione di tutte le posizioni e rinuncia a spese compensate, ad eccezione di quella di Algarotti,
il quale ha preteso le spese ed il Tribunale le ha riconosciute, sulla base di soccombenza virtuale, in
quanto la originaria domanda era stata rinunciata dal fallimento.
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Firmato Da: PRIMAVERA ROBERTO Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 98684 - Firmato Da: PEROZZIELLO VINCENZO Emesso Da: POSTECOM CA2 Serial#: ee6b1
Firmato Da: CONSOLANDI ENRICO Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 13ca4
Sentenza n. 14846/2015 pubbl. il 30/12/2015
RG n. 44733/2009
Sentenza n. 14846/2015 pubbl. il 30/12/2015
RG n. 44733/2009
Parte attrice, come detto, ritiene in questo processo che sussistano gli estremi per ravvisare la
responsabilità di amministratori e sindaci della controllante ex art. 2497 c.c., limitando tuttavia con le
conclusioni da ultimo rassegnate le pretese alla sola questione della controllata newyorkese, sopra
citata sub 2: di conseguenza non sono oggetto della presente sentenza gli altri fatti sopraindicati sub
uno e tre ed anche la continuazione dell'attività della controllata nonostante le perdite che avrebbero,
secondo la tesi di parte attrice, completamente eroso il capitale sociale.
Il danno richiesto dalla parte attrice per tale fatto è di euro 9.361.287,00.
La originaria pretesa è stata poi ridimensionata ai due quindicesimi di questa somma, essendo state
transate le altre 13 posizioni originariamente contestate: si arriva così alla pretesa risarcitoria di euro
1.248.171,60.
1. circa la connessione e riunione più volte richiesta di invocata dalle parti, la definizione dell'altro
giudizio toglie qualsiasi rilevanza alle eccezioni sollevate;
2. quanto alla carenza di autorizzazione, si è rilevato agli atti la presenza della autorizzazione al
momento dell'invio in decisione della causa;
3. quanto alla prescrizione si osserva che nel caso di responsabilità dell'amministratore ed ancor
più nel caso di responsabilità di gruppo, laddove è esplicitamente richiesta la preventiva
richiesta di pagamento della società per l'azione del terzo ex articolo 2497 comma terzo CC, la
azione diviene esperibile quando si manifesti la insolvenza: prima di tale momento è sempre
possibile il pagamento da parte della società, per i terzi e i creditori sociali, e comunque è
sempre possibile che la società trovi vantaggi compensativi nella logica di gruppo. La
insolvenza si è manifestata con la approvazione del bilancio al 31 dicembre 2005 e la società è
stata posta in liquidazione il 3 maggio 2006. Poiché la citazione è del 2009 non è decorso il
termine quinquennale di prescrizione.
4. quanto alla nullità dell'atto di citazione per indeterminatezza, questa poteva derivare dalla
confusione dei ruoli, nella pluralità degli amministratori e sindaci chiamati a rispondere: lo
svolgersi del processo e le precisazioni di parte attrice hanno chiarito che viene attribuita a tutti
i convenuti una responsabilità generica ed uguale – difatti la responsabilità viene attribuita in
quindicesimi, “per teste” - fra tutti i convenuti per il solo fatto di aver rivestito cariche nel
gruppo; si vedrà poi nella trattazione di merito quale conseguenza questo abbia.
5. Sulla questione di estinzione sollevata dai convenuti, il collegio ritiene la infondatezza,
condividendo quanto enunciato dal giudice relatore nella ordinanza 5.5.2011 che qui si riporta:
“
•
a seguito della morte di due dei convenuti, il dottor Luigi Carlo Spadacini, avvenuta il 12
agosto 2009 e resa nota in sede di notifica dell'istanza di fissazione udienza, il 12 febbraio
2010, nonché la dottoressa Paola Del Curto, avvenuta il 4 ottobre 2009, veniva presentata
istanza dall'attore per declaratoria di interruzione del processo - che si svolge secondo le
norme del d.lg 5/2003 - in data 30 aprile 2010;
• il giudice relatore in data 6 maggio 2010 dichiarava pertanto l'interruzione del processo per la
morte dei due convenuti
• il fallimento attore depositava nel luglio 2010 ricorso per riassunzione sul quale, il 16 luglio
2010 il giudice relatore, nulla disponendo per il caso di specie il decreto legislativo cinque del
2003, fissava udienza di trattazione disponendo la notifica del ricorso e del decreto a cura
del ricorrente; a tale udienza venivano concessi termini per memorie.
• sostengono taluni dei convenuti che il processo si sarebbe estinto per tardiva riassunzione,
dovendosi applicare l'articolo 299 e non l'articolo 300 c.p.c., in relazione al fatto che non vi
era udienza nella quale il procuratore della parte costituita avrebbe potuto dichiarare la causa
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QUESTIONI PROCESSUALI E PRELIMINARI
di interruzione; operando, secondo la tesi dei convenuti la causa di interruzione di diritto,
doveva constatarsi la mancata riassunzione nel termine di sei mesi di cui all'articolo 305 cpc
(vigente per i processi iniziati prima del 4 luglio 2009, come il presente)
• i decessi si sono verificati mentre era ancora pendente il termine dei convenuti per la replica,
che era il 17.11.2009, e pertanto le due posizioni dei convenuti deceduti sono restate senza
difesa durante la fase dello scambio delle memorie
• la difesa Storer ha rilevato che in sede di notifica delle comparse di costituzione e risposta dei
convenuti Pagani, FAcchni e Mazzola era emersa la impossibilità della notifica per
avvenuto decesso di Spadacini e le relative notifiche erano state depositate nel dicembre 2009
unitamente alle comparse.
Il decreto legislativo cinque del 2003 dedica alla interruzione del processo solo il comma quattro
dell'articolo 12 che dice che quando l'evento interruttivo si verifichi nei riguardi di parte costituita ed
è previsto un termine perentorio per la notifica alle altre parti dell'evento interruttivo, notifica che
evidentemente nel caso di morte non può avvenire.
Non si tratta del caso di specie, nel quale le parti non erano (ancora) costituite.
Interessante ai fini che qui premono è il fatto che si parli del giudice relatore quale soggetto che
dichiari l'interruzione il che denota come sistema di legge fosse destinato a far operare l'interruzione
solo quando un'istanza di fissazione fosse già presentata.
La successiva parte dell'articolo 12 comma quattro, stabilisce che il giudice debba dichiarare la
interruzione con effetto dal momento del verificarsi dell'evento nei casi in cui questo operi di
diritto, come la morte.
Alla luce di queste disposizioni il sistema, che rispetto alla disciplina ordinaria differisce
totalmente, non essendo prevista la udienza nella quale nel regime ordinario può essere enunciata o
riassunta, può essere ricostruito così:
1. se la parte è costituita vi è onere di notificare l'evento, evidentemente per una successiva
riassunzione
2. qualora ciò non possa accadere, perchè l'evento opera di diritto e la parte non è ancora
costituita, l'interruzione retroagisce all'evento.
In questo modo viene tutelato il diritto delle parti, o dei loro eredi nel caso di morte, a partecipare al
processo da un lato ponendo un onere di notifica e dall'altro eliminando gli effetti processuali
prodottisi successivamente all'evento interruttivo.
Ciò logicamente, nel caso di specie deve coniugarsi alla luce della scindibilità o meno delle
posizioni delle parti per le quali si verifica la interruzione. La Cassazione ha infatti recentemente
stabilito che (Sez. U, Sentenza n. 15142 del 05/07/) " Nel caso di trattazione unitaria o di riunione
di più procedimenti relativi a cause connesse e scindibili, che comporta di regola un litisconsorzio
facoltativo tra le parti dei singoli procedimenti confluiti in un unico processo, l'evento interruttivo
relativo ad una delle parti di una o più delle cause connesse, opera di regola solo in riferimento al
procedimento (o ai procedimenti) di cui é parte il soggetto colpito dall'evento.". Ciò del resto in
applicazione di logici principi di economia e speditezza processuale.
Da ciò segue che la causa non possa ritenersi estinta per l'intero, mentre per gli eredi dei
due convenuti deceduti la interruzione "retroattiva" costituisce sufficiente tutela, per cui non è il caso
di fare applicazione dell'art. 305 cpc, non essendovi motivo di analogia.
Ciò toglie rilevanza al momento della conoscenza legale, che comunque è ben successivo all'evento.
Le cause di responsabilità quali quella in oggetto sarebbero scindibili come ha stabilito la
Cassazione (L'azione di responsabilità, cumulativamente promossa contro più amministratori e
sindaci di una società, introduce cause scindibili, alla stregua dell'autonomia dei rapporti fra il
creditorie e ciascuno dei coobbligati in solido, salvo che, trattandosi di persone evocate in giudizio
nella qualità di componenti dello stesso organo collegiale di gestione o di controllo, si verifichi
interdipendenza fra le relative domande, per l'esigenza di una valutazione globale degli atti
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Sentenza n. 14846/2015 pubbl. il 30/12/2015
RG n. 44733/2009
compiuti da detto organo. Ne consegue, quando non ricorra detta ultima ipotesi, che l'eccezione di
estinzione del giudizio (nella specie, per tardiva riassunzione oltre il termine dell'art. 305
cod.proc.civ.), avanzata da uno soltanto dei convenuti, opera limitatamente al rapporto ad esso
afferente, senza estendersi alle cause riguardanti gli altri amministratori o sindaci. Cass-. sez. 1 n.
2298 del 1.3.1995).
Tuttavia nel caso di specie molti dei convenuti hanno chiesto una graduazione delle responsabilità,
il che costituisce domanda "trasversale" che comporta la necessaria partecipazione di tutti i
convenuti, soprattutto per come viene formulata, in modo del tutto generico, nei confronti di tutti gli
obbligati.
Del resto la suddivisione delle responsabilità nell'ambito di un obbligo risarcitorio solidale
comporta che tutti i soggetti passivi della azione debbano potersi difendere anche rispetto ai
coobbligati, in relazione al maggiore o minore proprio grado di responsabilità.
Nel caso di specie dunque poichè la interruzione opera dal momento della morte e poichè questa si
è verificata quando essi dovevano replicare alla citazione, essendo stato riassunto il processo, con
atto che significa la volontà dell'attore di portare avanti le proprie pretese nei confronti degli eredi,
costoro dovranno essere rimessi in termine per la proposizione di memoria di costituzione, mentre
successivamente tutte le altre parti avranno termine per eventuali difese, soprattutto verso le
eventuali domande degli eredi, con necessità di deposito di nuova istanza di fissazione.
ptm
Respinge le questioni di estinzione come proposte “
IL MERITO
Si osserva innanzitutto che l'azione giudiziaria intrapresa dal Fallimento si fonda su una richiesta
generica di responsabilità che prescinde dai singoli ruoli degli odierni convenuti nell'ambito della
compagine sociale: nella citazione non si riferiscono fatti precisi ai due convenuti, ma vengono
semplicemente elencati con il rispettivo ruolo.
Quanto detto è confermato dal fatto che amministratori e sindaci, indifferentemente della fallita e della
controllante della fallita, subiscono la medesima imputazione di responsabilità, senza che sia loro
addebitato un comportamento specifico che effettivamente abbiano tenuto.
Non possono essere prese in considerazione le richieste di responsabilità avanzate dal curatore
fallimentare, laddove vi siano state molteplici successioni di più soggetti nelle cariche sociali, in quanto
non può essere ammessa l'imputazione indistinta a tutti gli amministratori e a tutti i sindaci in via
solidale di un obbligo risarcitorio globale a prescindere dalla verifica dell'apporto causale a ciascuno
riferibile.
La tesi del fallimento soffre quindi di una genericità di fondo, posto che da un lato non è mai stata data
una ricostruzione distinta della responsabilità specifica di ciascuno degli amministratori e dei sindaci, e
dall'altro lato il medesimo generico criterio cumulativo risulta essere stato utilizzato in tema di
qualificazione e quantificazione del danno.
Colombo è stato amministratore di Fin.Part., controllante della controllante, nel periodo in cui si sono
svolti i fatti, cioè il finanziamento dalla fallita alla società newyorkese, mentre Algarotti è stato sindaco
di GSM – ed il giudizio per questa sua carica per i medesimi fatti si è concluso come detto con rinuncia
dell'attore, condannato al risarcimento delle spese – e sindaco anche di Fin.Part.
Per ritenere sussistente la responsabilità dei sindaci delle società controllanti Fin.Part. e C-holding deve
essere fornita la prova della culpa in vigilando e cioè la prova che essi non abbiano vigilato in
conformità degli obblighi derivanti dalla carica ricoperta, e, per altro verso, del nesso di causalità tra il
danno sofferto dalla società fallita e l'omissione imputabile all'organo di controllo.
Manca in questa causa non solo l'addebito circa l'inadempimento specifico dei sindaci, ma anche il
nesso eziologico tra l'inadempimento di quest'ultimo ed il danno subito.
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Nella responsabilità di cui all'art. 2497 c.c. spetta al fallimento l'onere probatorio relativo alle
specifiche condotte dannose, al nesso di causalità tra di esse ed il danno subito ed il preciso ammontare
di quest'ultimo.
Parte attrice si limita a riferire atti di malagestio, non specificamente indicati, imputando genericamente
al collegio sindacale della controllante una colpa per mancata vigilanza: anche a ritenere che vi sia stato
omesso controllo, resta oscuro come il sindaco avrebbe potuto impedire il rifinanziamento della
controllata newyorkese, prima che questo accadesse.
Sia i principi elaborati dalla giurisprudenza sul tema in esame precedenti alla riforma del 2004, che lo
stesso art. 2497 c.c., che ha recepito i suggerimenti giurisprudenziali, presuppongono una condotta
commissiva del soggetto ritenuto responsabile del danno di gruppo cagionato.
E' necessario che il soggetto appartenente alla controllante abbia indotto o consentito, dovendola
impedire, alla controllata di compiere una azione od omissione che le abbia direttamente cagionato un
danno. Nel caso di specie la funzione di controllo dei sindaci appare incompatibile con una
disposizione alla controllata di non procedere al rifinanziamento delle perdite delle società a loro volta
controllate.
E' infatti chiaro nella sua formulazione l'art. 2497 c. 2 nel richiedere una condotta commissiva perché
possa essere addebitato il danno, prescrivendo al secondo comma che “risponde in solido chi abbia
comunque preso parte al fatto lesivo“. Questa disposizione esclude che per il solo fatto di aver
occupato una carica si possa rispondere dei fatti della controllata, dovendosi invece individuare e
provare, ad opera dell'attore ovviamente, il comportamento che ha cagionato la lesione.
Anche per quanto attiene alla responsabilità dell'amministratore Felice Colombo si osserva che la
Curatela Fallimentare non è riuscita a fornire la prova della sussistenza in capo a Fin.Part di una attività
di direzione e coordinamento e dell'abuso di tale attività e dall'altro lato della partecipazione
dell'amministratore alle operazioni ritenute dannose. Il Colombo era infatti amministratore senza
deleghe e non è nemmeno allegato nella citazione quale possa essere stato il suo contributo causale nel
consentire la ricapitalizzazione che si assume dannosa.
In ogni caso ciò che viene attribuito ai convenuti dall'attore è l'aver coperto le perdite della controllata,
con poche speranze di ritorno, visto anche l'esito, costantemente in perdita, delle annate precedenti.
Così si esprime l'attore “ nel corso del 2002 CGSNY restituisce grazie al contributo Unilever di cui si è
riferito nella paragrafo 1, una quota dei finanziamenti ricevuti da GSM, ma quest'ultima deve
procedere a nuovi finanziamenti a favore della controllata, ed anzi il 15 dicembre 2002 per evitare che
la stessa ripresenti un patrimonio netto negativo alla fine dell'esercizio è costretta a rinunziare in via
definitiva ad un credito di $ 9,600,000 con atto a titolo gratuito inequivocabilmente lesivo del suo
interesse”.
Il ripianamento delle perdite non può essere considerato un atto a titolo gratuito: dalla parte di chi
finanzia è estremamente oneroso, ma non senza contropartita, essendo questa costituita dalla possibilità
di mantenere in vita l'attività della controllata. Non si tratta quindi di una elargizione assimilabile a una
donazione o a un mutuo grazioso, ma di un atto di amministrazione teso a preservare la operatività
della controllata che altrimenti soccomberebbe ai debiti. In questo senso è una scelta discrezionale di
merito dell'amministratore soggetta alla cosiddetta business judgement rule; la responsabilità degli
amministratori può essere invocata soltanto in caso di violazione di legge, mentre la scelta di
rifinanziare è una scelta sostanzialmente di merito. In altre parole non è stato un atto a titolo gratuito
ma una valutazione imprenditoriale quella di sopportare un costo per copertura perdite al fine di tenere
aperta la boutique di Madison Avenue e la sua opportunità da un lato sfugge al sindacato giudiziario,
dall'altro è valutabile soltanto secondo le possibilità di ritorno economico ai tempi prospettabili, senza
che possa trarsi alcun elemento sulla opportunità della scelta dalle vicende successive, non
preventivabili al momento.
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Sentenza n. 14846/2015 pubbl. il 30/12/2015
RG n. 44733/2009
Nessuna considerazione arriva sulla valutazione ex ante di convenienza economica dall'attore, ma
anche se arrivasse non costituerebbe fatto sindacabile quando si tratti di appurare una violazione di
legge, non di opportunità.
La domanda di risarcimento va dunque rigettata per entrambi i convenuti.
Al rigetto della domanda del fallimento attore consegue la sua condanna al pagamento delle spese.
In proposito deve rilevarsi come la riduzione della domanda abbia rilievo sulla liquidazione delle spese,
come deciso dalla sentenza 25.553 del 2011 (Ai fini del rimborso delle spese di lite a carico della parte
soccombente, in caso di accoglimento dell'eccezione di prescrizione, e quindi di rigetto totale della
domanda proposta per l'intero credito nei confronti di uno dei debitori in solido, la cui entità sia stata
ridotta dall'attore in corso di causa, a seguito della transazione parziale stipulata con gli altri
coobbligati, ovvero dell'intervenuto pagamento parziale ad opera di costoro, nella liquidazione degli
onorari difensivi in favore del convenuto si deve tener conto del valore della domanda, quale risultante
da detta riduzione ed a far tempo da quest'ultima).
Tuttavia non può ignorarsi che per la gran parte del processo i due convenuti si sono dovuti difendere
da una domanda che non era di “soli” euro 1.200.000,00 circa, ma di oltre 20 volte superiore, il che
giustifica un aumento rispetto alla liquidazione con le indicazioni medie del regolamento 55 del 2014.
Quindi per lo scaglione massimo, fino a 520.000 euro di domanda la somma, per le varie fasi, è dà
21.387,00 euro, da aumentarsi del 30 % ex art. 22 dm 55/2014 per lo scaglione sino a 1.000.000,00 di
euro, quindi 27.803,1 e ancora del 30 % per lo scaglione sino a 1.520,000,00 euro sino a 36.144,03
euro, che copre la domanda, di euro 1.248.171,60. In realtà su questo ultimo scaglione l'aumento
potrebbe anche essere minore perché la domanda non lo copre per intero, si ritiene tuttavia di
mantenerla ferma ed anzi di aumentare le spese fino ad euro 42,000,00 per il fatto che fino al termine
del processo la domanda è stata, come si è detto, ben superiore ed il processo assai complesso.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza disattesa o assorbita, rigetta le
domande tutte di parte attrice.
Condanna altresì la parte attrice a rimborsare le spese di lite, come segue:
•
ad Ezio Algarotti euro 42.000,00 oltre spese forfettarie 15 % ed oltre IVA CPA
• a Felice Colombo euro 42.000,00 oltre spese forfettarie 15 % ed oltre IVA CPA
Cosi' deciso il 5 marzo 2015
Il Giudice relatore Dott. Enrico Consolandi
Il Presidente Dott. Vincenzo Perozziello
pagina
http://bit.ly/1P3LT2q
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Firmato Da: PRIMAVERA ROBERTO Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 98684 - Firmato Da: PEROZZIELLO VINCENZO Emesso Da: POSTECOM CA2 Serial#: ee6b1
Firmato Da: CONSOLANDI ENRICO Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 13ca4
Sentenza n. 14846/2015 pubbl. il 30/12/2015
RG n. 44733/2009