1 CONDOMINIO Definizione Il condominio è un istituto piuttosto

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1 CONDOMINIO Definizione Il condominio è un istituto piuttosto
CONDOMINIO
Definizione
Il condominio è un istituto piuttosto giovane, disciplinato in maniera sistematica solo a partire dal
codice del 1942, a differenza di quello del 1865 che non conteneva una disciplina compiuta.
È un ente di gestione che si costituisce senza nessuna formalità subito dopo la realizzazione
dell’edificio e la vendita anche di uno solo delle unità immobiliari di proprietà esclusiva.
È una particolare forma di comunione su di un bene immobile, basti pensare che le norme che lo
regolano sono quelle del Libro III riguardanti la proprietà, ed esattamente Capo II Titolo VII
relativo alla comunione.
Nel condominio, rispetto alla più generale disciplina della comunione, coesistono parti di proprietà
esclusiva accanto a parti di proprietà comune. Di conseguenza un condominio comincia,
giuridicamente, ad esistere nel momento in cui l’edificio, con un solo proprietario, viene ad essere
diviso attraverso atti pubblici, cioè si passa da una proprietà individuale ad una plurima. Rimangono
in comunione pro indiviso tutte quelle parti della costruzione che per ubicazione e struttura
funzionale, sono destinate a soddisfare esigenze generali e primarie del condominio.
Dunque, mentre tutti i beni immobili possono essere oggetto di comunione, non tutti possono essere
in condominio. Se un terreno appartenente a diverse persone, soggetto alla disciplina della
comunione, non potrà mai essere oggetto di condominio, al contrario un edificio, composto da più
appartamenti, potrà essere disciplinato tanto secondo le regole della comunione che da quelle del
condominio.
Pertanto il condominio esiste quando due o più soggetti, proprietari esclusivi di diverse unità
immobiliari dello stesso palazzo (c.d. condominio minimo), esercitano il loro diritto tanto sulle parti
comuni quanto su quelle proprie in modo proporzionale al valore delle rispettive proprietà 1. Ma
nella eventualità in cui l’edificio è di proprietà indivisa tra più soggetti, come nel caso di una eredità
senza assegnazione delle singole unità immobiliari, sarà soggetto alla disciplina della comunione.
Il condominio, diversamente dalla comunione, ha come peculiarità l’esistenza di una proprietà
immobiliare divisa, da qui ente di gestione che opera perché sia assicurata la conservazione delle
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Cass. Sez. Unite, n°2046/2006.
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parti comuni così come la funzionalità dei servizi nell’interesse di tutti i condomini, senza per
questo interferire nei loro diritti autonomi.
La proprietà può essere per piano o porzione di piano in senso verticale, edificio condominiale a più
piani, o in senso orizzontale, gruppo di villette con in comune strade interne, illuminazione ecc.
Regolamento condominiale
Il condominio è disciplinato oltre che dalle norme stabilite dalla legge dalle disposizioni contenute
nel regolamento di condominio. Quest’ultimo dunque disciplina la vita condominiale, può essere
considerato come la legge interna dei condomini.
L’obbligo di redigere il regolamento di condominio nasce in presenza di più di dieci condomini, in
caso contrario la redazione è facoltativa ma, anche in questo caso, una volta predisposto verranno
applicate le stesse regole e norme previste per quello obbligatorio.
Il regolamento può essere assembleare o contrattuale. Il primo deve essere approvato
dall’assemblea con un numero di voti pari almeno alla metà dei condomini intervenuti in assemblea
e titolari di almeno la metà del valore dell’edificio e pertanto dei millesimi. La stessa maggioranza è
necessaria per l’approvazione delle eventuali modifiche. Provvede alla disciplina dell’uso delle parti
comuni, alla ripartizione delle spese secondo i diritti e gli obblighi di ciascun condomino (valore
delle singole proprietà in millesimi), utile e necessaria al fine di eliminare contrasti all’interno del
condominio e norme sul decoro dell’edificio e sull’amministrazione.
Il regolamento non può, pena la nullità delle clausole, contenere norme che menomino in qualsiasi
modo i diritti di ogni condomino, quali risultano dagli atti di acquisto e dalle convenzioni.
Ciascun condomino, nella eventualità in cui l’assemblea non proceda a deliberare, può interessarsi
della redazione del regolamento condominiale o della revisione di quello esistente.
Il secondo, cioè il regolamento contrattuale, è quello predisposto dal costruttore – venditore e
normalmente viene accettato, facendo parte integrante del contratto, dagli acquirenti delle singole
unità immobiliari.
A differenza del primo, il regolamento contrattuale può contenere limitazioni d’uso (ad esempio
vietare determinate destinazioni delle unità immobiliari, l’apposizione di targhe, insegne ecc.) sia
delle parti di proprietà esclusiva che di quelle comuni.
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La Suprema Corte di Cassazione2 ha precisato che solo un regolamento contrattuale può contenere
le seguenti materie:

Imposizione di servitù che devono essere obbligatoriamente trascritte alla conservatoria dei
registri immobiliari

Prestazioni di condomini a favore di altri (oneri reali)

Obbligazioni propter rem quali i divieti a tenere animali o utilizzare l’appartamento per
determinate attività
Per quanto riguarda le modalità di modifica del regolamento è intervenuta la Cassazione,
confermando l’orientamento ormai consolidato, ribadendo che a determinare la contrattualità dei
regolamenti sono esclusivamente le clausole di “natura contrattuale” che limitano i diritti dei
condomini sulle proprietà esclusive (divieto di destinare l’immobile a studio radiologico, a circolo
ecc.) o comuni, ovvero attribuiscono ad alcuni condomini dei maggiori diritti rispetto ad altri.
Queste clausole vanno approvate o modificate con il consenso unanime dei partecipanti al
condominio, mentre le clausole di “natura regolamentare” che si limitano a disciplinare l’utilizzo
dei beni comuni possono essere approvate e modificate con delibera assembleare adottata con la
maggioranza prevista all’art. 1136, co°2 c.c.3
In sede di definizione del regolamento condominiale contrattuale, prima o all’atto stesso del rogito,
è lecito chiedere l’inserimento di clausole contrattuali dal momento che il diritto di negoziarle
appartiene all’autonomia privata (es. inserimento nel regolamento condominiale di una clausola di
esclusione, solo per i proprietari di box interrati, dalle spese di esercizio, manutenzione ordinaria e
straordinaria delle scale e dell’ascensore, potendo questi ultimi raggiungere i box attraverso la
rampa esterna).
I dettami del regolamento condominiale sono vincolanti non solo per i proprietari ma anche per i
conduttori ed i comodatari delle singole unità immobiliari.
Condominio parziale
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Cass. n°11684/2000;
Cass. 18 /04/2002, n°5626;
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Accanto alla figura del condominio vi sono quelle del condominio parziale e del supercondominio,
fattispecie, quest’ultima, mancante di una propria regolamentazione codicistica e per questo
ricondotta per analogia alla disciplina del condominio.
All’interno dell’unico condominio, qualora le disposizioni degli atti notarili di vendita e del
regolamento condominiale contrattuale lo consentano, è ammessa l’esistenza di una pluralità di
condomini parziali. Questo è possibile quando i servizi, le cose e gli impianti di uso comune hanno
caratteristiche materiali e funzionali tali da essere destinati all’uso o al servizio non di tutto
l’edificio ma di alcune parti di esso.
Il condominio parziale è dunque una limitazione al riconoscimento del diritto del condomino, dal
momento che attribuisce la proprietà dei beni comuni a tutti i condomini solo quando questi sono
materialmente e funzionalmente collegati alla generalità degli appartamenti esistenti nel
condominio. Le spese, riguardanti la manutenzione dei beni, oggetto della comunione parziale, sono
interamente a carico dei condomini che ne traggono utilità, e che a loro volta sono i soli ad avere
diritto ad essere convocati all’assemblea e a deliberare sulla gestione dei beni stessi, fermo restando
che l’amministrazione spetta in ogni caso all’amministratore dell’unico condominio.
Il supercondominio può essere definito come il complesso di edifici strutturalmente autonomi ma
allo stesso tempo dotati di elementi e beni destinati a servire contemporaneamente i diversi edifici.
In via generale si applicano al supercondominio le regole del condominio e non della comunione
per la gestione e la ripartizione delle spese delle cose comuni.
Supercondominio
Il supercondominio può essere originario, quando il complesso edilizio è fin dall’inizio progettato e
costruito con i caratteri propri del supercondominio, oppure per scioglimento di un precedente
condominio in più condominii. Il condominio costituito da più palazzine, tra loro autonome, può
essere sciolto e i comproprietari di ciascuna parte costituirsi in un condominio separato.
Lo scioglimento deve essere approvato dall’assemblea con il voto favorevole della maggioranza dei
partecipanti e metà del valore dell’edificio. In caso contrario spetta all’autorità giudiziaria
provvedere, su richiesta di almeno un terzo dei comproprietari della palazzina che chiede di
staccarsi, allo scioglimento.
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La richiesta di scioglimento va effettuata nei confronti di tutti i condomini non nei riguardi
dell’amministratore che è privo di legittimazione passiva in quanto carente di un diritto all’interno
del condominio.
Lo scioglimento comporta il venir meno del diritto di proprietà su alcuni beni e servizi da parte di
taluni componenti del condominio originario, con conseguente modificazione proporzionale del
diritto di godimento sulle parti comuni e dell’obbligo di partecipazione alle spese4.
I beni comuni sono assoggettati alle regole del condominio e non della comunione in generale.
Il regolamento può essere predisposto dal costruttore – proprietario insieme a quelli dei singoli
condominii, oppure se il supercondominio si è formato a seguito di scioglimento di un condominio,
i proprietari di quest’ultimo o modificano il regolamento precedente o ne redigono uno nuovo.
All’assemblea hanno diritto a partecipare tutti i condomini, però, nella maggior parte dei casi il
regolamento prevede, al fine di ovviare al gran numero di condomini, che a partecipare siano gli
amministratori dei singoli condominii anche se si tratta di una prassi illegittima5. Più lecito, per far
fronte al problema dell’elevato numero di partecipanti, si presenta il sistema delle deleghe.
La nomina dell’amministratore non è obbligatoria ma facoltativa, a decidere è l’assemblea generale
dei condomini con un numero di voti pari alla maggioranza degli intervenuti e almeno alla metà del
valore delle proprietà esclusive.
Nel supercondominio esistono tanti amministratori quanti sono gli edifici che lo compongono, più
uno per le parti comuni a tutti i condominii, per la gestione dei quali beni gli competono gli stessi
diritti e doveri dell’amministratore di un singolo condominio.
La ripartizione delle spese è effettuata sulla base di due tabelle una per ogni singolo edificio in
condominio e l’altra per la comunione generale degli impianti e servizi comuni.
La crescita d’importanza della materia condominiale, nonché l’aumento dei contenziosi, nella prassi
si registra un vero e proprio boom di cause civili, come emerge dal rapporto Censio – Anaci del
2006, solo nel 2003, davanti al giudice di pace erano pendenti due milioni di cause relative a
questioni condominiali. Dal 2000 al 2005 il 53% delle cause civili è nata da dissensi tra condomini,
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Cass. civ., Sez. II, 23/01/2008, n°1460
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Cass. “è nulla per contrarietà a norme imperative la clausola del regolamento che prevede che l’assemblea di un
supercondominio sia composta dagli amministratori dei singoli condominii, anziché da tutti i comproprietari degli
edifici che lo compongono”.
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un più contenuto 10% rappresenta i condomini con tre o quattro abitazioni che hanno un
amministratore. Tutto ciò fa comprendere la necessità di un intervento legislativo.
La riforma della normativa in materia di condominio si pone oggi come necessaria e non più
prorogabile. Il corpus di norme codicistiche sul condominio è ampiamente superato, nonché
incongruo rispetto alle nuove problematiche legate alla diversa organizzazione di vita delle
famiglie, ai nuovi servizi di cui usufruiscono e alle diverse caratteristiche delle abitazioni.
Oggi, spesso la disciplina della materia trova fondamento più nelle pronunce giurisprudenziali che
nelle norme del codice civile, da qui la necessità di riscrivere ex novo le norme in modo tale da
originare una disciplina nuova ed omogenea in linea con quella vigente così come via via
interpretata dalla giurisprudenza.
Il secondo testo unificato del Ddl AS 71, in materia di riforma del condominio, come approvato, in
sede referente, dalla Commissione Giustizia del Senato, è il frutto di un lungo confronto tra i diversi
schieramenti politici ma anche il risultato di molte proposte emendative.
Il disegno di legge si compone di 24 articoli e tra le novità più importanti particolare attenzione è
posta per la sicurezza, per le parti comuni, per il ruolo svolto dall’assemblea e dall’amministratore.
Gli articoli 1 e 2 riscrivono l’art. 1117, 1117 bis, ter, quater e quinquies c.c, provvedendo ad una
elencazione delle parti comuni che, chiaramente, non può essere esaustiva ma che comunque tiene
conto delle elaborazioni giurisprudenziali affermatesi nel tempo.
Accanto alla nozione di
condominio viene inclusa quella di condominio orizzontale, vedi i villaggi residenziali e i
supercondomini. È prevista, per la sostituzione delle parti comuni, o per la modificazione della loro
destinazione d’uso, una più agevole decisione assembleare (la maggioranza degli intervenuti ed
almeno i 2/3 del valore complessivo). È prevista la possibilità di attribuire al condominio la capacità
giuridica, in modo da diventare un soggetto di diritto autonomo rispetto agli stessi condomini e,
come tale centro di imputazione di obblighi e diritti.
La capacità giuridica consente, non solo, di semplificare ma anche di ridurre i costi a carico dei
condomini, come quelli legati alla rappresentanza degli stessi nei riguardi di terzi e in giudizio, dal
momento che il condominio è un centro unitario di riferimento che può formare centro di
imputazione dei rapporti giuridici.
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L’articolo 3, riscrive l’art. 1118 c.c., disciplina i diritti sulle parti comuni, la possibile rinuncia
all’uso delle parti comuni, come l’impianto di riscaldamento o di condizionamento, se questo non
determina grossi squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini.
L’articolo 4, riscrive l’art. 1120 c.c., prevede, per le decisioni relative alla sicurezza degli edifici,
all’eliminazione delle barriere architettoniche, alla realizzazione di parcheggi condominiali, agli
interventi di contenimento di consumo energetico e all’installazione di impianti centralizzati per la
ricezione radiotelevisiva, delle maggioranze molto basse, 1/3 del valore dell’edificio.
L’articolo 5 e 6, riscrivono gli art. 1122 e 1122 bis c.c., prevedono l’impossibilità per i condomini
di eseguire opere, modiche, attività o modificare la destinazione d’uso nel caso in cui questo
dovesse provocare danni alle parti comuni o alle proprietà esclusive o, ancora, dovesse ridurre il
godimento o il valore, oppure recare pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro
architettonico dell’edificio. È prevista una dettagliata disciplina circa gli interventi urgenti a tutela
della sicurezza dell’edificio, è esclusa la realizzazione di impianti, tanto nelle parti comuni che in
quelle di proprietà esclusiva, che non rispettino le condizioni di sicurezza stabilite dalla legge. In
caso contrario l’amministratore su richiesta anche di un solo condomino deve provvedere affinché
siano ripristinate le condizioni di sicurezza.
L’articolo 8 e 9, riscrivono l’art. 1129 e 1130 c.c., riguardano i poteri e le responsabilità
dell’amministratore, nonché i casi di revoca per violazione dei suoi doveri.
L’obbligo, salva dispensa da parte dell’assemblea, dell’amministratore di prestare idonea garanzia
per le responsabilità e gli obblighi derivanti dallo svolgimento del suo incarico per un valore non
inferiore agli oneri prevedibili della gestione annuale. In caso contrario la nomina o il rinnovo
dell’incarico sono privi di efficacia.
L’articolo 11, riscrive l’art. 1137 c.c., stabilisce le regole riguardanti le impugnazione delle
deliberazioni dell’assemblea.
L’articolo 15, modifica l’articolo 2659 c.c., contiene le modalità di riscossione dei contributi
condominiali.
L’articolo 17, modifica l’art. 64 delle disposizioni per l’attuazione del codice civile e disposizioni
transitorie, prevede le modalità di convocazione dell’assemblea.
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L’articolo 18, sostituisce il comma 3 dell’art. 66 delle disposizioni per l’attuazione del codice civile
e disposizioni transitorie, stabilisce le modalità di rappresentanza e di funzionamento
dell’assemblea.
L’articolo 19, riscrive l’art. 67 delle disposizioni per l’attuazione del codice civile e disposizione
transitorie, contiene la revisione delle tabelle millesimali.
ORGANI
ASSEMBLEA
L’assemblea è l’organo deliberativo del condominio e rappresenta la suprema volontà dei
condomini.
L’assemblea è composta da tutti i condomini, come tale non può deliberare se non risulta che tutti
siano stati invitati a parteciparvi, e in alcuni casi (assemblea ordinaria annuale) anche dagli
usufruttuari (ved. nomina e determinazione del compenso dell’amministratore).
Per gli edifici di oltre nove unità immobiliari l’assemblea può nominare, unitamente
all’amministratore, un consiglio di condominio che è composto da non meno di tre condomini. Il
consiglio ha funzioni consultive e di controllo e su delega dell’assemblea, quando per qualsiasi
motivo manchi il legale rappresentante del condominio, può assumere in via provvisoria le funzioni
dell’amministratore, anche nel caso di dimissioni di questo o scadenza dell’incarico senza che
l’assemblea abbia provveduto alla nuova nomina.
Gli inquilini hanno la possibilità di prendere parte all’assemblea, in luogo del proprietario
dell’appartamento, solo quando si delibera sulle spese e sulle modalità di gestione dei servizi di
riscaldamento e di condizionamento dell’aria. Chi non è condomino non può partecipare
all’assemblea, a meno che non abbia la delega di un condomino proprietario.
Convocazione
I condomini vanno convocati a mezzo raccomandata a mano, facendo firmare un foglio per presa
visione, ancora meglio con lettera raccomandata con ricevuta di ritorno. L’avviso di convocazione
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dell’assemblea condominiale può essere trasmesso anche per E-mail. Non esiste, per la
convocazione, salvo che il regolamento non stabilisca diversamente, nessun obbligo di forma6.
La convocazione per E-mail è valida anche se non certificata purché vi sia la prova della effettiva
comunicazione, in caso contrario la delibera del condominio è annullabile.
Il condomino, che impugna la delibera per mancata comunicazione dell’avviso di convocazione, ha
l’onere di provare di non aver mai ricevuto l’E-mail.
La convocazione deve contenere l’indicazione del luogo, della data, dell’ora dell’incontro e,
possibilmente, della data dell’assemblea di seconda convocazione, tenendo presente che essa non
deve essere tenuta ne nello stesso giorno, ne oltre dieci giorni dalla prima. La convocazione deve
contenere anche l’ordine del giorno e nessuna decisione può essere presa su un argomento che non
sia stato posto all’ordine del giorno. Tra la ricezione dell’avviso e la data dell’assemblea devono
intercorrere non meno di cinque giorni liberi che iniziano a decorrere dal giorno seguente al
ricevimento dell’avviso da parte del condomino.
L’assemblea deve essere convocata in via ordinaria almeno una volta l’anno per approvare il
bilancio e confermare o meno l’amministratore. Può essere convocata in sede straordinaria tutte le
volte che risulti necessario, dall’amministratore o quando ne è fatta richiesta da almeno due
condomini che rappresentino un sesto del valore dell’edificio, per discutere di argomenti urgenti.
Decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, i detti condomini possono provvedere direttamente
alla convocazione.
L’assemblea normalmente è convocata dall’amministratore e solo in tre casi può essere convocata
da persone diverse con precisi accorgimenti e cautele:

Da ogni condomino nel caso in cui manchi l’amministratore;

Da almeno due condomini che rappresentino 1/6 del valore dell’edificio, nelle eventualità
in cui l’amministratore si sia rifiutato di convocarla;

Dal curatore speciale;
Le assemblee straordinarie, secondo la Cassazione, non vanno retribuite a parte in quanto già
comprese nell’onorario dell’amministratore.
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Cass. civ., Sez. II, 01/04/2008, n°8449
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Tutti i condomini possono intervenire in assemblea in proprio o a mezzo di un rappresentante e se il
regolamento di condominio non prevede particolari regole, chiunque può essere delegato.
Il delegato non può delegare altri salvo che non sia autorizzato da colui che gli ha conferito la
delega.
L’eventuale situazione di conflitto di interessi, del condomino delegato da altro condomino a votare
in assemblea, non è estensibile a priori al rappresentato, purché si provi che il delegante non era a
conoscenza di tale situazione, in caso contrario è da presumere che, il delegante, nel conferire il
mandato, abbia valutato anche il proprio interesse, quale componente della collettività, e lo abbia
ritenuto conforme a quello del delegato. Questo vuol dire che nel caso di voto espresso per delega si
ha una presunzione relativa di validità, che però ammette la prova contraria da parte
dell’impugnante7.
Se la delega non contiene limiti, il condomino è rappresentato in toto dal delegato ed è come se
fosse presente all’assemblea.
La delibera produce effetti nei riguardi di tutti i condomini anche quelli assenti o dissenzienti.
Il condomino assente o in disaccordo può impugnare la delibera entro trenta giorni che decorrono
per gli assenti dalla data di ricevimento del verbale e per i presenti
dissenzienti dalla data
dell’assemblea. Tale termine di decadenza non trova applicazione alle assemblee nulle.
Delibere annullabili e nulle
La delibera condominiale è annullabile o nulla a seconda del tipo di invalidità.
È annullabile, quindi impugnabile entro trenta giorni, la delibera contraria alla legge o al
regolamento ma non alle norme che regolano il procedimento, come possono essere quelle relative
alla convocazione dei partecipanti, o quelle che prevedono delle maggioranze ben precise per un
determinato oggetto da adottare. Mentre è nulla la delibera adottata nell’interesse comune senza,
però, il consenso dei condomini8, o quella che l’assemblea ha adottato eccedendo nei propri poteri9.
È inoltre nulla la delibera che abbia espressamente cambiato il criterio di riparto delle spese così
come previsto dal regolamento condominiale contrattuale. In tal caso la nullità potrà essere fatta
valere in qualsiasi momento, mentre nella eventualità in cui contenga una erronea ripartizione delle
spese dovrà essere impugnata entro 30 giorni.
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Cass. civ., Sez. II, 10/08/2009, n°18192
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Cass., Sez. II civ., 30/12/1997, n°13116;
Cass., Sez. II civ., 05/11/1990, n°10602;
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Il verbale, redatto nel corso di una assemblea condominiale, è valido anche quando manca
l’indicazione del numero totale dei partecipanti al condominio, dal momento che una simile
omissione non esclude la possibilità di controllo “aliunde” della regolarità del procedimento e delle
deliberazioni assunte10.
Costituzione: assemblea ordinaria e straordinaria
L’assemblea è costituita validamente se, in prima convocazione, sono presenti 2/3 del valore
dell’edificio + 2/3 dei partecipanti al condominio ed in seconda convocazione 1/3 del valore
dell’edificio + 1/3 dei partecipanti al condominio.
Diverse sono le maggioranze previste per l’assemblea ordinaria e straordinaria.
Delibere a maggioranza ordinaria, ½ del valore dell’edificio + maggioranza numerica degli
intervenuti (1° convocazione), 1/3 del valore dell’edificio + 1/3 dei partecipanti al condominio, il
numero dei voti deve rappresentare la maggioranza tanto degli intervenuti quanto del valore rispetto
ai voti dei dissenzienti (2° convocazione): retribuzione dell’amministratore, opere di manutenzione
straordinaria di piccola entità, preventivo, rendiconto e riparto spese ordinarie e straordinarie,
utilizzo del residuo attivo di gestione, controversie rientranti nelle competenze dell’amministratore,
contratti di appalto, innovazioni di cui L. 9/1/89 n.13 art. 2, locazione parti comuni senza
modificazione di destinazione, parcheggio nel cortile, consiglio di condominio: istituzione, nomina,
revoca, sostituzione consiglieri, installazione autoclave.
Delibere a maggioranza straordinaria, ½ del valore dell’edificio + maggioranza numerica degli
intervenuti (1° convocazione), ½ del valore dell’edificio + 1/3 +1 dei partecipanti al condominio (2°
convocazione): nomina, revoca e conferma dell’amministratore, liti attive e passive esorbitanti le
competenze dell’amministratore, scioglimento del condominio, riparazioni straordinarie di notevole
entità, condono edilizio parti comuni, sostituzione cancelli, di entrata/uscita, da manuali ad
automatizzati, istituzione ed eliminazione del portierato, revisione tabelle millesimali per la
divisione delle spese, modificazione ed approvazione del regolamento condominiale quanto all’uso
delle cose comuni, modifica delle norme contenute nel regolamento contrattuale, realizzazione
parcheggi sotterranei o siti al piano terreno (L. n.122/89).
Delibere a maggioranza straordinaria, 2/3 del valore dell’edificio + maggioranza numerica dei
partecipanti al condominio (1° convocazione), 2/6 del valore dell’edificio + maggioranza numerica
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Cass. n°24132/2009
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dei partecipanti al condominio (2° convocazione): locazione parti comuni, locazione, inferiore a 9
anni, della facciata o del tetto per pubblicità, costituzione ipoteche, realizzazione di veranda su
lastrico, innovazioni per un uso più comodo, migliore e per un maggior rendimento delle cose
comuni, impianto irrigazione automatico, installazione ascensore, modificazione sostanziale
dell’estetica dell’edificio.
Delibera a maggioranza straordinaria, maggioranza delle quote millesimale(1° e 2° convocazione):
interventi su parti comuni per ridurre il consumo energetico ed utilizzare fonti energetiche
rinnovabili (L. n. 10/91, art. 26 c.2).
Delibera
a maggioranza straordinaria,
maggioranza
dei
partecipanti
all’assemblea (1°
convocazione), 1/3 + 1 dei partecipanti al condominio (2° convocazione): adozione di sistemi di
termoregolazione e contabilizzazione del calore e riparto delle spese di riscaldamento sulla base del
consumo realmente registrato (L. n.10/91, art.26 c.5).
Delibere a maggioranza straordinaria, unanimità di tutti i partecipanti al condominio (1° e 2°
convocazione): vendita di una parte comune, acquisto di immobile da destinare a parte comune,
eliminazione dell’impianto centralizzato di riscaldamento e/o dell’acqua calda, divisione parti
comuni, locazione, per una durata superiore a 9 anni, della facciata o del tetto per pubblicità,
rifacimento, approvazione e modificazione delle tabelle millesimali di comproprietà, nuovo
regolamento condominiale o modificazioni, integrazioni che comportino variazioni quanto ai diritti
di alcuni condomini sulle parti comuni, o che incidono sulla proprietà esclusiva, costituzione di
diritti reali sulle parti comuni, ripartizione delle spese secondo un criterio diverso da quello previsto
dalla legge, rinuncia o modifica a servitù attiva o a diritti reali di godimento.
Delibera a maggioranza straordinaria, ½ del valore dell’edificio + la maggioranza numerica degli
intervenuti (1° convocazione), ½ del valore dell’edificio + 1/3 +1 dei partecipanti al condominio (2°
convocazione): recupero edilizio (L. n.179/92, art. 15; L. n.457/78, art. 30).
Bilancio preventivo e consuntivo
L’assemblea, ex art. 1135 c.c., ha l’obbligo di approvare il bilancio preventivo e la relativa
ripartizione tra i condomini al fine di assicurare tanto la regolarità della gestione amministrativa,
quanto per precostituire un titolo di credito dell’amministrazione condominiale nei riguardi dei
singoli condomini.
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La necessità dell’approvazione del preventivo sta nel fatto che l’amministratore non può procedere
ad erogare spese che non siano state preventivamente approvate dall’assemblea, non essendo egli
legittimato a utilizzare liberamente le somme incassate.
Quanto al bilancio consuntivo, non esiste nessuna norma di legge che imponga l’osservanza di una
rigorosa sequenza temporale nell’esame dei vari rendiconti presentati dall’amministratore e
riguardanti i singoli periodi di esercizio in essi considerati11.
L’amministratore, salvo che il regolamento condominiale contrattuale non preveda diversamente,
può ritardare di qualche mese la presentazione del rendiconto annuale.
Rendiconto consuntivo
La contabilità non è soggetta a particolari formalità,analoghe a quelle dei bilanci delle società, ma è
sufficiente sia redatta in modo che le voci di entrata e di uscita, con le relative quote di ripartizione,
siano intelligibili dai condomini12.
I condomini dissenzienti possono impugnare soltanto un rendiconto che non sia sufficientemente
documentato, mentre se redatto con imprecisioni di natura formale, ed approvato dall’assemblea, è
annullabile entro trenta giorni.
Il rendiconto non veritiero è nullo.
AMMINISTRATORE
L’amministratore è l’organo di governo del condominio al quale è legato da un contratto di
mandato.
Si tratta di una figura che va assumendo sempre maggiore importanza e questo anche per il
crescente numero di leggi che richiedono persone preparate, ormai solo teoricamente si può dire che
chiunque può svolgere tale attività.
Nomina
La nomina dell’amministratore è obbligatoria solo se i condomini sono più di quattro in caso
contrario è facoltativa.
È facoltativa anche quando pur essendo, le unità immobiliari, più di quattro appartengano ad un
unico proprietario.
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Cass., 13/10/1999, n° 11526;
Cass., 20/04/1994, n°3747
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È nominato dall’assemblea e se questa non riesce a pronunciarsi a proposito, la nomina è fatta
dall’autorità giudiziaria ma solo su ricorso di uno o più condomini.
L’assemblea non può ricorrere all’autorità giudiziaria, per la designazione dell’amministratore, se
prima non ha verificato la possibilità di formare una maggioranza.
È nulla la nomina, anche se inserita nel contratto di acquisto, fatta dal costruttore – venditore di un
edificio.
Il patto, con cui viene imposto l’amministratore scelto dal costruttore – venditore, è nullo perché
contrario a quanto stabilito dall’art. 1129 c.c. che invece conferisce il potere di nominare e revocare
all’assemblea ed è nullo fin dall’inizio se i condomini sono almeno cinque, in caso contrario diventa
invalido nel momento in cui raggiungono tale numero.
Può sussistere il cosiddetto conflitto di interessi tra l’amministratore scelto dal costruttore –
venditore e il condominio quando, in un contenzioso tra quest’ultimo e il costruttore – venditore,
l’amministratore rappresenti il costruttore in virtù di deleghe da lui ricevute, a condizione però che
il conflitto sia concreto e non solo virtuale.
L’assemblea provvede alla nomina dell’amministratore con il voto favorevole della maggioranza
degli intervenuti ed almeno
la metà dei millesimi degli appartenenti al condominio. Detta
maggioranza è inderogabile tanto per la prima quanto per la seconda convocazione e la stessa,
secondo giurisprudenza, occorre per la riconferma.
In ogni caso la nomina dell’amministratore deve essere adottata con il voto favorevole di almeno
1/3 dei condomini, i quali dispongano di almeno 500 millesimi.
La nomina così come la revoca vanno, in ogni caso, annotate in apposito registro.
Durata
L’amministratore dura in carica per un anno allo scadere del quale può essere riconfermato o
sostituito. In caso di cessazione dell’incarico non decade automaticamente ma continua ad eseguire
i propri compiti finché non sarà nominato un successore.
Attribuzioni
L’amministratore deve:

eseguire le deliberazione prese dall’assemblea e curare l’osservanza del regolamento di
condominio
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
disciplinare l’uso delle cose comuni di modo da assicurare a tutti i condomini il miglior
godimento

riscuotere le quote di spese condominiali ed utilizzarle per la manutenzione ordinaria delle
parti comuni dell’immobile e per l’esercizio dei servizi comuni, redigere il rendiconto
consuntivo facendolo approvare dall’assemblea insieme al preventivo con la relativa
ripartizione delle spese.
Spetta esclusivamente all’amministratore riscuotere i contributi ed erogare le spese
occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio e per l’esercizio dei
servizi comuni. È tenuto a mettere in mora gli obbligati inadempienti trascorsi trenta giorni
da quando il credito è divenuto esigibile ed a intraprendere iniziative giudiziarie per la
riscossione forzosa entro tre mesi dal giorno in cui il credito è divenuto esigibile, salvo che
non sia stato dispensato dall’assemblea. Trascorso tale termine gli obbligati in regola con i
pagamenti sono liberati dal vincolo di solidarietà e l’amministratore risponde nei confronti
dei terzi nei limiti delle somme non riscosse.
Il consiglio dei condomini non può deliberare di tenere l’amministratore soltanto per fare i
conteggi e delegare, invece, un condomino interno al condominio per i pagamenti, salvo che
lo stesso amministratore sia espressamente d’accordo nel delegare tale attribuzione con
l’assenso unanime di tutti i condomini.
L’amministratore non può utilizzare gli incassi straordinari per fare fronte al pagamento di
servizi essenziali quali luce, manutenzione, ecc.. Soltanto l’assemblea può autorizzarlo a un
diverso impiego delle somme destinate alle spese straordinarie, ovvero a costituire un fondo
morosità.
Nel caso di effettiva ed improrogabile urgenza di utilizzare somme, al fine di evitare
“l’aggressione” ad opera di creditori del condominio in danno di parti comuni dell’edificio,
è possibile una delibera assembleare che sopperisca all’inadempimento del condomino
moroso attraverso la costituzione di un apposito fondo cassa, così da evitare danni ben più
gravi nei riguardi di tutti i condomini.
La violazione degli obblighi del mandatario incombenti sull’amministratore, per eccesso di
potere, può essere ratificata attraverso una apposita delibera straordinaria, o mediante una
delibera di approvazione del rendiconto annuo.
15
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
compiere atti conservativi dei diritti riguardanti le parti comuni, al fine di tutelare gli
interessi del condominio sia nei confronti dei singoli condomini che dei terzi, rendere, alla
fine di ogni anno, conto della sua gestione, in caso contrario ogni condomino potrà
chiedere, al giudice, la revoca per giusta causa. Ogni condomino può procedere alla verifica
della regolarità della gestione, infatti tutta la documentazione acquisita dall’amministratore,
compreso il cedolino paga del portiere, in virtù del diritto alla trasparenza delle spese, è a
disposizione del condomino che ne faccia richiesta al fine di accertare la regolarità della
gestione. Le informazioni acquisite dal condomino non possono essere comunicate a terzi.

Inoltre, deve, essendo il condominio soggetto sostituto d’imposta, per conto dello stesso
effettuare e versare le ritenute di acconto.
Responsabilità penali
Le responsabilità in cui può incorrere l’amministratore sono quelle di volontà e di omissione.
Sono volontari tutti quei reati commessi con dolo, in modo particolare, violazione di domicilio,
esercizio arbitrario delle proprie ragioni, come ad esempio l’interruzione dei servizi a causa di un
condomino moroso, ecc. in quest’ultimo caso, l’amministratore è tenuto ad agire ingiuntivamente
iscrivendo ipoteca sull’immobile di proprietà del condomino moroso o provvedendo a
pignoramento dell’appartamento dello stesso, al fine di soddisfarsi sul ricavato della vendita
all’asta.
Secondo recente giurisprudenza non sussiste, nei confronti del terzo appaltatore, alcuna solidarietà
dei condomini per il pagamento del prezzo dell’appalto.
Le obbligazioni assunte dall’amministratore, nei confronti di terzi, nell’interesse del condominio, si
imputano ai singoli condomini, secondo il criterio della parziarietà, in proporzione delle rispettive
quote13.
Si ha reato di omissione ogni qualvolta, per negligenza, non si provveda ad adottare tutte le misure
di sicurezza stabilite dalla legge o imposte dalla tecnica e da ciò derivino lesioni o addirittura la
morte, si pensi a pezzi di cornicioni caduti, a corti circuiti, incendi ecc.
Poteri di rappresentanza dell’amministratore
13
Cass., S. U., 08/04/2008, n°9148
16
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Nei limiti delle attribuzioni stabilite dalla legge, dall’assemblea e dal regolamento di condominio,
l’amministratore ha il potere di rappresentare il condominio in giudizio sia contro i condomini, sia
contro terzi e può essere convenuto per ogni azione riguardante le parti comuni dello stabile, in
questo caso si dice che la rappresentanza è attiva.
Non occorre alcuna delibera assembleare o mandato da parte dei condomini affinché
l’amministratore possa agire in giudizio per riscuotere le quote condominiali.
I provvedimenti adottati dall’amministratore nell’ambito delle sue competenze, come stipulare i
contratti necessari per provvedere, nei limiti di spesa approvati dall’assemblea, tanto alla
manutenzione ordinaria quanto alla prestazione dei servizi comuni, sono obbligatori per tutti i
condomini, salvo la possibilità di ricorrere all’assemblea condominiale.
Una volta convenuto in giudizio occorre distinguere se la citazione riguarda o meno questioni
rientranti nelle sue attribuzioni. Nel primo caso può agire come ritiene più opportuno quanto alla
scelta del legale ed alla strategia da seguire, nel secondo caso, invece, dovrà provvedere ad
informare immediatamente l’assemblea.
Il contratto di assicurazione non rientra tra gli atti conservativi, necessari per la salvaguardia
dell’integrità dell’edificio, avendo come unico obiettivo quello di evitare danni economici ai
proprietari dell’edificio danneggiato, che l’amministratore ha l’obbligo di compiere. Pertanto per
assicurare l’immobile deve chiedere ed ottenere il benestare dell’assemblea14.
L’assemblea può conferire, quanto alla rappresentanza in giudizio del condominio, questo potere
ad una persona diversa dall’amministratore.
La legittimazione passiva dell’amministratore non ha limiti, egli può essere convenuto in giudizio
per qualunque azione, anche reale o possessoria, riguardante il condominio e le parti comuni
dell’edificio15 che sono estensivamente anche le parti esterne dello stabile condominiale, perché
adibite all’uso comune di tutti i condomini, con la conseguenza che non necessita di nessuna
autorizzazione dell’assemblea per resistere in giudizio e per proporre le impugnazioni
eventualmente necessarie, compreso il ricorso per cassazione16.
L’esistenza di un amministratore non priva i condomini dall’agire in difesa dei diritti esclusivi e
comuni relativi all’edificio. Ciascuno di essi è legittimato a impugnare personalmente, anche in
14
Cass. civ., Sez. II, 03/04/2007, n°8233
Cass., Sez. II, 14/07/2008, n°19307
16
Cass. 14/04/2004, n°7058; Cass. 19/05/99, n°4845; Cass. 29/02/88, n°2129
15
17
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cassazione, la sentenza sfavorevole emessa nei riguardi del condominio, anche se non ha
partecipato al giudizio di primo grado17.
L’Amministratore, in caso di azione nei confronti di un condominio per danni derivanti dalle cose
comuni in custodia, è legittimato passivo ad agire in giudizio senza che occorra integrare il
contraddittorio nei riguardi dei singoli condomini.
Compenso
Il mandato conferito all’amministratore si presume oneroso e come tale ha diritto ad un compenso
per il lavoro svolto. Questo non esclude che possa prestare la sua opera anche a titolo gratuito,
come quando tale compito è svolto da uno degli stessi condomini.
La misura del compenso è determinata dall’assemblea, in mancanza sono applicate le tariffe
professionali indicate da Collegi e Associazioni.
All’amministratore non spettano compensi per le assemblee straordinarie18 in quanto vanno
considerate come eventi accessori alla gestione ordinaria del condominio dal momento che
decidono sulle stesse materie.
Il compenso spetta anche quando il mandato è scaduto se ancora non si è provveduto a sostituire
l’amministratore uscente con uno nuovo (nel testo di disegno di legge di riforma del condominio è
previsto che all’amministratore sia dovuto un compenso determinato dall’assemblea in funzione del
tempo necessario, non superiore a venti giorni, per le operazioni di presentazione del rendiconto e
di successione dall’incarico).
Nel caso in cui l’assemblea confermi l’amministratore uscente ma non provveda a stabilire il
compenso si ritiene di diritto confermato quello dell’anno precedente.
L’amministratore ha diritto ad un compenso professionale, ove non conglobato nel compenso annuo
complessivo, qualora provveda ad effettuare, su incarico dell’assemblea, per conto dei condomini,
le ritenute di legge.
Revoca
L’amministratore può essere revocato:
17
18
Cass. civ., Sez. II, 04/05/2005, n°9206
Cass., 12/03/2003, n°3596
18
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
dall’assemblea condominiale in ogni momento, anche senza giusta causa, con la stessa
maggioranza richiesta per la nomina. Però, secondo diversi giuristi, avrebbe diritto a
percepire il compenso per il periodo mancante allo scadere del mandato.

Dall’autorità giudiziaria su ricorso di uno o più condomini, quando:
1. essendo stato destinatario di un atto di citazione o di un provvedimento non
rientrante nelle sue competenze non abbia provveduto a darne immediata
comunicazione all’assemblea
2. per due anni non ha reso conto della propria gestione
3. vi sono fondati sospetti di irregolarità.
Su questo punto sono poche le pronunce giudiziali. In una recente decisione il
Tribunale di Bologna ha stabilito che tale figura si ravvisa nel caso di gestione
irregolare e non di gestione non retta: “all’adozione di un provvedimento così
particolarmente severo nei confronti dell’amministratore si può addivenire soltanto
all’esito di un giudizio, in cui non solo il fumus delle gravi irregolarità si renda
verificabile attraverso la rappresentazione di elementi precisi e concordanti, ma
quando a ciò si possa far seguire la prognosi che la protratta permanenza nella carica
dell’amministratore revocando risulti pregiudizievole per l’interesse del condominio
(Trib. Bologna, Sez. III, 25/05/2006).
In un’altra sentenza, le gravi irregolarità sono state ravvisate nel caso di confusione
nella gestione del conto del condominio. “L’adozione ad opera dell’amministratore
di un conto corrente intestato ad una gestione patrimoniale costituisce irregolarità di
tale gravità da comportare di per sé la revoca del mandato, posto che il conto
corrente non contiene nessun elemento idoneo a ricondurre le operazioni eseguite
solo ed esclusivamente al condominio. Non ha alcun rilievo il fatto che il conto
corrente in questione non sia il conto personale dell’amministratore, ma sia intestato
ad una gestione patrimoniale” (App. Catania, Sez. I, 04/10/2004).
Per la revoca è competente il Tribunale in cui ha sede il condominio. Contro il provvedimento del
Tribunale l’amministratore può fare ricorso entro 10 giorni dalla notifica.
Anagrafe condominiale
19
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La dottrina, in materia di anagrafe condominiale, sostiene che è compito specifico
dell’amministratore effettuare le ricerche presso la conservatoria dei registri immobiliari, gli uffici
catastali e quelli anagrafici al fine di conoscere chi sono i proprietari dei singoli immobili. Però, è
altrettanto vero che nessuna norma impone all’amministratore di provvedere, periodicamente,
all’aggiornamento dell’anagrafe condominiale. A questo proposito diverse sentenze della
Cassazione affermano che è compito del nuovo titolare dell’immobile portare a conoscenza dei
condomini il cambiamento di proprietà19.
D’altro canto, secondo l’ultimo orientamento rientra nella normale diligenza dell’amministratore
verificare i cambiamenti circa lo stato delle proprietà condominiali andando, se occorre, anche al di
là della privacy di ogni condomino20.
Privacy
Il diritto alla privacy non può ostacolare la corretta e trasparente gestione di un condominio.
I condomini sono tenuti a fornire all’amministratore tutti i dati necessari per lo svolgimento delle
attività di gestione e di amministrazione delle parti comuni e per la determinazione delle posizioni
dei singoli proprietari rispetto alle spese deliberate dall’assemblea.
L’amministratore non può pretendere di acquisire i dati relativi a tutti i residenti, come ad esempio i
conviventi dei condomini, mentre i locatori sono obbligati a fornire i dati degli inquilini, dal
momento che anch’essi sono tenuti all’osservanza del regolamento di condominio.
Affinché vi sia una corretta convocazione delle assemblee i condomini non possono rifiutarsi di
esibire all’amministratore copia del rogito del proprio appartamento. Dal documento, tuttavia, è
possibile cancellare i dati, come il prezzo di acquisto, non essenziali per la gestione condominiale.
L’amministratore, purché sia garantito il diritto alla privacy, può fare recapitare nelle cassette
postali tutte le comunicazioni del condominio, fermo restando che è su di lui che grava l’onere di
provare l’avvenuta comunicazione ad ognuno dei condomini.
È indispensabile l’invio mediante raccomandata quando, invece, si tratta di atti di particolare
importanza come la notifica del verbale assembleare.
I condomini non possono esimersi dal fornire all’amministratore tanto i dati relativi all’effettivo uso
dell’abitazione, in modo da prevenire eventuali contrasti con il regolamento, quanto le informazioni
19
20
Cass. civ., 14/03/1987, n°2658, Cass. civ., 04/02/1999, n°985;
Cass. n°15283/2000;
20
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riguardanti eventuali modifiche strutturali eseguite nell’appartamento, per la salvaguardia
dell’interesse generale della statica e della sicurezza dell’edificio.
Il regolamento di condominio può prevedere, senza per questo violare la privacy, che i condomini
comunichino all’amministratore le variazioni del proprio indirizzo e i cambiamenti di proprietà
dell’immobile.
I dati personali dei condomini non possono essere comunicati a terzi estranei se non vi è il consenso
dell’interessato. Il divieto vale anche per il portiere, i condomini o chiunque altro venga a
conoscenza, per motivi di lavoro o per caso, di tali informazioni. Al contrario, nei rapporti tra
condomini tutto questo non vale perché essi, ai fini della privacy, sono considerati contitolari del
trattamento, e quindi legittimati a ricevere le comunicazioni dei dati personali relativi, tanto al
condominio quanto agli altri condomini.
Dove c’è necessità di eseguire un rapporto contrattuale, la legge sulla privacy non pone restrizioni.
Tra i dati ammessi alla comunicazione vi sono quelli identificativi dei condomini tenuti al
pagamento, purché le informazioni siano pertinenti e non eccedenti gli obblighi derivanti dal
contratto stipulato da tutti i partecipanti al condominio, le quote millesimali e le ulteriori
informazioni necessarie a determinare le somme dovute da ciascuno21.
PARTI COMUNI
Definizione
Come abbiamo detto il condominio è l’insieme delle parti di un edificio di proprietà comune a più
condomini e, sicuramente, tra i tanti problemi che affliggono la vita in condominio vi sono quelli
legati alle parti comuni. Questi rappresentano il fulcro su cui poggia la macchina
condominiale:dalla loro individuazione, utilizzazione, gestione fino alla manutenzione.
Il legislatore ha provveduto ad una precisa identificazione ma anche il regolamento condominiale è
titolo valido per includere un bene tra le cose comuni, a condizione che si tratti del regolamento
predisposto dall’originario unico proprietario o dal costruttore dell’edificio e sia richiamato nei
singoli contratti d’acquisto. L’elenco fatto dalla legge non è inderogabile di conseguenza se dal
21
Cass., sez. UU, n°9148/08
21
(C) In Iure Praesentia - www.iniurepraesentia.eu - con riserva di tutti i diritti
titolo risulta che una delle parti qualificata comune è invece di proprietà esclusiva prevale quanto
stabilito nel titolo.
Le parti comuni si dividono in tre gruppi:
1. Le parti che costituiscono elementi integranti l’edificio, in mancanza dei quali questo non
sarebbe completo né potrebbe essere utilizzato (il suolo su cui poggia l’edificio, i muri
maestri, i tetti, i lastrici solari, i portoni d’ingresso, le scale comprensive della cosiddetta
“tromba delle scale”);
2. I locali destinati ai servizi comuni (portineria, lavanderia, riscaldamento centralizzato ecc.);
3. Le parti destinate all’uso e al godimento dei condomini con carattere di accessorietà
(ascensori, fognature, acquedotti, impianti per l’acqua, gas, energia elettrica ecc.).
Esistono poi delle parti dell’edificio che spesso e volentieri vengono considerate comuni ma che
non sempre lo sono. Il giardino è un esempio di bene frequentemente considerato comune quando
in realtà non sempre lo è. L’equivoco nasce dalla tendenza ad identificarlo con il cortile,
commettendo un errore dal momento che quest’ultimo rientra espressamente tra i beni comuni
mentre il giardino no. Si tratta di beni con funzioni diverse, il cortile fornisce luce ed aria alle unità
immobiliari che lo sovrastano, il giardino, invece, costituisce ornamento del fabbricato, non rientra
nell’elenco previsto dalla legge e pertanto in assenza di una precisa indicazione circa la proprietà
occorre andare a verificare se è destinato all’intero condominio o ad una singola unità immobiliare
per stabilire se siamo o meno in presenza di un bene comune. Nel caso in cui lo sia, per esempio, il
condomino, in presenza di alberi che impediscono l’ingresso dell’aria e della luce nella propria
abitazione, a causa della mancata manutenzione dovuta a negligenza del condominio, idonea a
provocare un danno ingiusto ed a violare il principio secondo cui l’uso delle parti comuni non deve
dar luogo a pregiudizio nei riguardi di nessun condomino, può rivolgersi al magistrato per ottenere
l’abbattimento totale o parziale degli stessi.
Uso delle parti comuni
L’uso delle parti comuni è consentito a tutti i condomini, tutti possono far uso della cosa comune a
condizione che non limiti le possibilità degli altri di fare altrettanto. In teoria l’uso dovrebbe essere
proporzionato ai millesimi di proprietà, nella pratica si estende all’intera parte comune e il solo
limite è rappresentato dalla concorrenza del diritto degli altri: tutti i condomini hanno il diritto di
servirsi in eguale misura delle scale, dell’atrio, del cortile indipendentemente da quelli che sono i
22
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millesimi di proprietà, il godimento è uguale a prescindere dai metri quadri. L’uso deve sempre
rispettare la destinazione del bene in caso contrario si trasforma in abuso. La cosa comune può
essere suscettibile di più usi, in tal caso occorre fare riferimento a quello fatto dalla maggioranza dei
condomini. A questo proposito c’è da dire che la legge lascia, ai condomini, la possibilità di
modificare la destinazione della parte comune, chiaramente nel rispetto di quelli che sono i limiti
imposti dal regolamento o dai singoli atti di acquisto, quando da questo ne deriva un miglior
godimento del bene stesso. È esclusa, però, la possibilità di disporre di una parte comune a favore di
terzi a titolo gratuito, visto che l’uso deve essere disciplinato nell’interesse esclusivo dei condomini
e il consentire a terzi e a titolo gratuito l’uso di una parte comune comporterebbe non un mutamento
circa il modo e tipo di utilizzo ma priverebbe i condomini del godimento della cosa 22. Ogni
condomino può servirsi della cosa comune purché non impedisca agli altri di farne pari uso.
È principio pacifico nella giurisprudenza della Suprema Corte che ogni condomino ha diritto ad
utilizzare le cose comuni oltre che secondo la loro destinazione usuale, anche in modo particolare e
diverso dagli altri (es. uso del parcheggio per i camper o per le roulotte), purché tutto ciò non limiti
la normale destinazione né alteri il pari uso degli altri partecipanti al condominio.
Il pari uso va individuato sulla base di un rapporto di equilibrio tra le diverse utilizzazioni che
ciascun condomino può fare del bene comune, una diversa interpretazione, basata sull’identità
temporale e spaziale, renderebbe il “pari uso” sinonimo di “uso identico” con conseguente divieto
da parte dei condomini di destinare la cosa comune ad un uso particolare.
Quando si parla di pari uso si fa riferimento a un qualsiasi diverso miglior uso che può essere fatto
della parte comune.
Nella eventualità in cui lo spazio comune non è sufficiente a garantire che tutti possano goderne con
eguale intensità, spetta all’assemblea, con la maggioranza prevista dalla legge, stabilire le
condizioni maggiormente idonee perché il godimento dell’area comune ad opera dei condomini sia
il più possibile ampio ed equilibrato.
La flessibilità, consentita dalla legge, quanto alla possibilità di modificare la destinazione della
parte comune, lascia spazio ad una svariata casistica, dall’uso del cortile come parcheggio fino
all’apposizione di insegne pubblicitarie sulla facciata.
22
Cass. 15/05/1972, n°1467
23
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Per quanto riguarda il parcheggio di autovetture nel cortile condominiale l’orientamento prevalente
della giurisprudenza è nel senso della legittimità della delibera, che attribuisce a tutti i condomini la
facoltà di occupare il cortile comune con autovetture proprie, subordinata alla condizione che in tal
modo non venga arrecato pregiudizio al godimento delle proprietà o delle pertinenze degli altri
condomini. L’assemblea condominiale, con deliberazione presa a maggioranza, ha il potere di
predeterminare, nel cortile comune, le aree destinate a parcheggio delle autovetture e di stabilire, al
loro interno, le porzioni separate di cui ciascun condomino può disporre, ma non quello di
trasformare in un’area edificabile destinata alla installazione, con opere edilizie stabili, di box, a
beneficio di alcuni soltanto dei condomini, configurandosi una innovazione vietata in ragione, oltre
che del venir meno della stessa funzione della detta area comune, della sua utilizzazione esclusiva
da parte di alcuni dei condomini, con la sottrazione all’uso ed al godimento anche di un solo
condomino23. È nulla la delibera assembleare con cui si concede in locazione, a vantaggio esclusivo
di alcuni condomini, il cortile per uso di parcheggio delle macchine, senza stabilire, a fronte della
esiguità dello spazio esistente in rapporto al numero totale dei condomini, forme di godimento
ternario del bene da parte di tutti gli aventi diritto24. Il collocare una o più autovetture fuori posto è
certamente abusivo, per violazione dell’art. 1102 c.c., un tale comportamento viola il pari diritto di
godimento degli altri. Però, illegittima e illecita è la delibera con cui il condominio decidesse, nei
confronti dei trasgressori, la rimozione forzata del veicolo. Non solo il parcheggio è privato ma
occorre ricordare l’inapplicabilità al condominio, istituto di diritto reale, dell’art. 2931 c.c.
riguardante l’esecuzione forzata degli obblighi di fare, che tra l’altro presuppone una pronuncia
giudiziale.
Secondo consolidato principio ogni condomino può utilizzare il muro perimetrale dell’edificio
condominiale mediante l’apposizione targhe, insegne e simili per dare risalto pubblicitario alla
propria attività professionale o commerciale purché non alteri la naturale destinazione di sostegno
del fabbricato e non impedisca l’eguale esercizio da parte degli altri condomini.
È possibile con il consenso unanime dei condomini, dal momento che si tratta di innovazione,
cedere uno spazio o il lastrico o la facciata per l’affissione di cartelloni pubblicitari.
Indivisibilità ed inseparabilità
23 Cass. 09/12/1988, n°6673
24 Trib. Milano 12/02/1987
24
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Le parti comuni sono porzioni funzionali all’uso e al godimento delle singole unità abitative e come
tali indivisibili ed inseparabili dalla proprietà esclusiva del condominio. Il principio della
indivisibilità non deriva dalla impossibilità effettiva di utilizzare autonomamente alcune parti
comuni ma dal fatto che la divisione impedirebbe o renderebbe più scomodo il godimento dei locali
di proprietà esclusiva del singolo condomino. La divisione è ammessa laddove non rende più
scomodo l’uso della cosa a ciascun condomino, tenendo presente che la comodità va rapportata
all’utilità che ognuno traeva dal bene prima della divisione e a quella che ne ricava dopo.
L’inseparabilità comporta l’impossibilità di rinunciare alla proprietà delle parti comuni, la legge
stessa, sia pure indirettamente, esclude la validità della rinuncia impedendo al condomino
rinunciatario di sottrarsi al pagamento delle spese per la conservazione e manutenzione della cosa
comune, sul presupposto che le parti comuni necessarie per l’uso dei piani o destinate al loro uso o
servizio continuano a servire il condomino anche dopo la rinuncia. Il riscaldamento è un esempio di
come pur staccandosi non si è esonerati dal pagare. Dall’impianto di riscaldamento centralizzato ci
si può staccare, a condizione che non dia luogo ad uno squilibrio termico dell’intero palazzo con
conseguente aumento di spese per gli altri condomini, ma tale distacco riguarda soltanto l’uso
dell’impianto non la proprietà. Il condomino rinuncia ad usufruire del riscaldamento ma resta
comunque comproprietario del bene, di conseguenza non pagherà le spese per il consumo del
gasolio ma continuerà a sostenere quelle per la sua manutenzione e conservazione. Salvo che il
regolamento condominiale non contenga una clausola che preveda, in caso di distacco dall’impianto
centralizzato, il pagamento da parte del condomino di una percentuale sulle quote di riscaldamento,
tale disposizione se si tratta di regolamento contrattuale, potrà essere modificata con il consenso
unanime di tutti i condomini. Nella eventualità in cui si dovesse trattare di regolamento approvato
dall’assemblea la modifica potrà avvenire con una delibera assembleare25.
Allo stesso modo, il singolo condomino può provvedere al distacco dall’impianto centralizzato
dell’acqua, purché questo non determini, nei confronti di coloro che continuano ad avvalersi
dell’impianto, un aggravio di spese o squilibri termici tali da pregiudicare l’erogazione del servizio.
Sempre per l’inseparabilità che comporta l’impossibilità di rinunziare al diritto sulle cose comuni, il
proprietario di un locale sito a piano terra può decidere di chiudere la porta tramite la quale si
accede all’androne interno del palazzo, rinunciando così all’uso ma non anche alla comproprietà di
25
Cass. civ., 29/03/2007, n°7708
25
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una parte comune per la quale, anche in caso di mancato utilizzo, è comunque tenuto a
corrispondere le spese di conservazione e manutenzione straordinaria.
Uso esclusivo e perpetuo
È anche possibile l’uso esclusivo e perpetuo delle parti comuni. L’assegnazione, a un singolo
condomino, in uso esclusivo di una parte comune dell’edificio o delle sue pertinenze non è in
contrasto, e come tale inammissibile, con l’art. 1102 c.c., dal momento che la stessa disciplina in
materia di condominio non esclude che parti comuni dell’edificio, non indispensabili per la sua
esistenza, possano essere destinate, mediante atto negoziale, all’uso esclusivo e perpetuo da parte di
uno o di alcuni condomini.
Il diritto d’uso esclusivo e perpetuo è cedibile, a condizione però che l’atto costitutivo del diritto sia
trascritto, e pertanto opponibile ai terzi.
Tale diritto nel caso in cui, per esempio, abbia ad oggetto una parte del cortile comune
condominiale vincolato a parcheggio, dovrà essere compatibile e rispettare i preesistenti vincoli
pertinenziali a parcheggio (L. 1150/42 successivamente modificata dalla L. 765/67 e dalla L.
122/89).
Il costruttore, nel procedere alla vendita delle singole unità immobiliari non può, in virtù del diritto
reale d’uso che i condomini hanno sugli spazi riservati a parcheggio di veicoli, sottrarre delle aree
alla loro destinazione inderogabile, in caso contrario il contratto di vendita sarà nullo proprio nella
parte in cui gli spazi destinati a parcheggio vengono sottratti alla loro destinazione.
Il condomino non può sottrarsi dal contribuire alle spese per il mantenimento delle parti comuni,
anche nel caso di non utilizzo. L’obbligo di contribuire alle spese non dipende dall’uso effettivo che
i condomini fanno dei beni comuni, bensì da quello che potenzialmente possono fare.
Criterio della parzietà
Per i condomini morosi al criterio della solidarietà viene preferito quello della parzietà. Le
obbligazioni assunte dal condominio verso i terzi non sono più regolate dall’art. 1294 c.c. ma da
criteri simili a quelli previsti dagli art. 752 e 1295 c.c. in materia di obbligazioni ereditarie.
Ciascun condomino potrà essere citato dal creditore del condominio solo per la propria quota
millesimale.
L’obbligazione, anche se comune, è divisibile dal momento che si tratta di somma di denaro.
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Non costituisce ostacolo al principio generale dettato dal Garante, che obbliga l’amministratore a
impedire che terzi estranei al condominio possano conoscere notizie riservate sui condomini, la
messa a disposizione del creditore di tutte le informazioni necessarie per identificare i condomini
morosi. Tuttavia, le notizie fornite devono essere pertinenti e non eccedenti l’amministrazione dei
beni comuni.
Il criterio della parzietà tutela la posizione dei condomini – debitori, mentre il creditore è costretto,
per poter recuperare la somma a lui dovuta, a ripartire il credito fra le diverse quote millesimali e a
citare ogni singolo condomino solo per la propria quota26.
Tabelle millesimali
Le tabelle millesimali, allegate al regolamento di condominio, hanno la funzione di determinare il
valore delle singole unità abitative e conseguentemente il valore delle singole quote di comproprietà
sulle parti comuni al fine della ripartizione delle spese e della formazione della volontà
dell’assemblea.
Vi sono diversi tipi di tabelle millesimali, la principale è quella di proprietà, vale a dire il rapporto
tra i valori delle singole unità abitative. Accanto ad essa, in quasi tutti i condominii, vi sono
altrettante tabelle quanti sono i servizi in comune (scale, riscaldamento, ascensore, autoclave,
portierato ecc.)
La formazione delle tabelle millesimali deve essere affidata, possibilmente, ad un tecnico dal
momento che occorre procedere ad un attento studio dell’immobile. Non va dimenticato che nella
redazione delle tabelle millesimali non bisogna prendere in considerazione il canone locatizio, lo
stato di manutenzione o i miglioramenti apportati a ciascun piano o porzione di piano.
I valori determinanti le quote millesimali possono essere modificati, anche su richiesta di un singolo
condomino, quando sono il risultato di un errore del tecnico incaricato alla loro redazione, e quando
a causa delle mutate condizioni di una parte dell’edificio, in conseguenza di sopraelevazioni o
espropriazioni parziali, il condomino che chiude una parte del terrazzo trasformandolo in veranda,
risulta fortemente alterato il rapporto originario tra i valori dei singoli piani o porzioni di piano.
Il problema è stabilire quali sono i quorum necessari per l’approvazione. Secondo la prevalente
giurisprudenza, sia di merito che di legittimità, le tabelle millesimali costituiscono un negozio di
26
Cass., Sez. U.U., 08/04/2008, n°9148
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accertamento del valore della proprietà di ciascun condomino rispetto alle parti comuni e pertanto
per la loro approvazione occorre il voto unanime di tutti i condomini.
In base ad alcune pronunce giurisprudenziali la determinazione dei valori della proprietà di ogni
condomino e la loro espressione in millesimi sarebbe regolata direttamente dalla legge e non
rientrerebbe, quindi, nella competenza dell’assemblea. Altre, invece, hanno fatto riferimento alla
natura negoziale dell’atto di approvazione delle tabelle millesimali. Infatti, anche se la relativa
delibera non può essere considerata come un contratto, a causa della mancanza del carattere
dispositivo tipico dell’accordo, la stessa potrebbe essere ricondotta ad un negozio di accertamento
con la conseguente necessità del consenso di tutti i condomini.
Questo orientamento è stato del tutto ribaltato da recente decisione delle Sezioni Unite della
Cassazione27 che ha affermato: “la delibera che approva le tabelle non si pone come fonte diretta
dell’obbligo contributivo del condomino, ma semplicemente come parametro di quantificazione
dell’obbligo stabilito sulla base di una valutazione tecnica”.
Pertanto la delibera che approva le tabelle non fa altro che sancire il risultato di una operazione
tecnica e di conseguenza il semplice riconoscimento che le operazioni sono state realizzate in
conformità al precetto legislativo non può quantificarsi attività negoziale.
Dunque decenni di giurisprudenza spazzati via, l’approvazione della tabella millesimale non
costituisce più, come era in passato, un negozio di accertamento del diritto di proprietà sulle parti
comuni.
È sufficiente per l’approvazione e la modifica delle tabelle millesimali riguardanti le quote di
proprietà condominiale, necessarie per effettuare una corretta divisione delle spese comuni e ad
assicurare il regolare funzionamento dell’assemblea condominiale, raggiungere la concorde volontà
della metà più uno della compagine condominiale.
Questo, però, non deve far pensare che la nuova interpretazione data dalla Corte Suprema comporti
la possibilità per la maggioranza di approvare tabelle arbitrarie ed eccessivamente gravose a danno
di qualche condomino, perché, anche se adesso è riconosciuta la validità di una tabella approvata a
maggioranza, non cambiano i presupposti che giustificano la variazione dei valori millesimali.
La stessa Cassazione dice: ” la deliberazione che approva le tabelle millesimali non si pone come
fonte diretta dell’obbligo contributivo del condomino, che è nella legge prevista, ma solo come
27
Cass., S.U., 09/08/2010, n°18477;
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parametro di quantificazione dell’obbligo, determinato in base a una valutazione tecnica” e questo
dal momento che “il fine dei condomini, quando approvano il calcolo delle quote, è solo quello di
prendere atto della traduzione in frazioni millesimali di un rapporto di valori preesistente”.
Pertanto nel momento in cui l’assemblea, decidendo a maggioranza, approvasse una tabella con
valori millesimali più onerosi per uno o più condomini senza che ciò sia giustificato dalla reale
situazione di fatto delle unità immobiliari coinvolte, la delibera risulterebbe non validamente
approvata e i condomini danneggiati potrebbero impugnare la delibera in giudizio senza dover
citare in causa tutti gli altri condomini.
Ripartizione delle spese
Tre sono i criteri di ripartizione delle spese:
1. Il valore millesimale;
2. L’utilizzazione differenziata;
3. L’utilizzazione separata;
Le spese relative alle parti e agli impianti comuni utilizzati da tutti i condomini sono ripartite in
misura proporzionale al valore millesimale.
Le spese per il rinnovo della parte esterna del portone vanno ripartite, in quanto attinenti al decoro
dell’edificio nel suo complesso, fra tutti i condomini, compresi i proprietari di locali commerciali
posti a piano terra anche se non hanno nulla a che vedere con il portone d’ingresso.
Invece, le spese per il rinnovo della parte interna spettano esclusivamente ai proprietari degli
appartamenti, i soli ad usare il portone.
Vanno ripartite in base ai millesimi di proprietà e non al numero dei proprietari le spese per la
recinzione del muro perimetrale al condominio.
Le spese per le tubature e per i condotti fognari sono suddivise, fatta eccezione per quei casi in cui
vi sia un regolamento contrattuale contenente clausole che stabiliscono una diversa
regolamentazione, secondo quanto previsto dall’art. 1123 c.c., dal momento che i canali di scarico,
fino al punto di diramazione dagli impianti ai locali di proprietà esclusiva dei singoli condomini,
vanno considerati oggetto di proprietà comune.
Le spese per il ripristino e la riparazione dell’impianto di riscaldamento nelle singole unità
abitative, non esistendo per l’impianto di riscaldamento centralizzato a pannelli radianti a
pavimento un vero e proprio punto di diramazione dalle parti comuni alle singole proprietà
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esclusive, rendendo così impossibile attribuire con certezza l’utilità di una determinata zona di
pannelli all’uno o all’altro condomino, vanno considerate spese comuni e come tali ripartite fra tutti
i condomini in base ai millesimi di proprietà o di riscaldamento.
Le spese per la manutenzione e riparazione del lastrico solare di uso comune, così come il tetto
dell’edificio, assolvendo la funzione primaria di protezione, vanno ripartite in conformità dell’art.
1123, comma 1, c.c. e quindi in misura proporzionale al valore delle singole quote di proprietà
esclusiva, dal momento che tutti i condomini ne hanno la custodia e l’obbligo di manutenzione.
L’istallazione dell’ascensore è a carico di tutti i condomini in proporzione al valore della proprietà
di ciascuno.
In presenza di opere condominiali la spesa per i ponteggi deve essere ripartita, proporzionalmente,
tra tutti i condomini.
I lavori di restauro o di manutenzione degli elementi decorativi o anche solo cromatici, dei balconi
aggettanti, che si armonizzano con la facciata dell’edificio dal quale sporgono, devono essere
ripartite, essendo il decoro estetico dell’edificio condominiale un bene comune, tra tutti i condomini
in ragione dei rispettivi millesimi di proprietà.
Si ha lesione del decoro architettonico dell’edificio quando la violazione è permanente e visibile
dal’esterno.
Si applica il criterio dell’utilizzazione differenziata, cioè a dire in relazione dell’uso che ciascuno
può farne, quando si tratta di parti comuni destinate a servire i condomini in modo diverso. E’ il
caso delle scale, dove le spese effettuate per la manutenzione sono suddivise per metà in ragione dei
millesimi e per l’altra metà in misura proporzionale all’altezza del piano.
L’unione di due appartamenti, situati su due piani diversi, non esonera il proprietario dal pagare le
spese di utilizzo e manutenzione dell’ascensore in ragione dell’altezza e del piano su cui si trovano
gli appartamenti.
Le spese di manutenzione del pozzo luce vanno ripartite (salvo che vi sia un regolamento di origine
contrattuale che stabilisca diversamente) tra quei condomini i cui appartamenti si affacciano sul
pozzo luce interno da cui prendono luce e aria.
A tali spese partecipano anche quei condomini che, pur non avendo abitazione con aperture e pareti
confinanti con il pozzo luce, possono, però, fare un uso anche solo potenziale di detta area comune.
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Quando il lastrico solare è in parte di uso esclusivo di un condomino le spese di manutenzione
relative alla parte di proprietà esclusiva, che non hanno una funzione di copertura, come quelle per
la sicurezza e praticabilità del piano di calpestio, per le ringhiere ed i parapetti, sono totalmente a
carico del proprietario esclusivo.
Le spese, invece, riguardanti la manutenzione, sia ordinaria che straordinaria, relative sì a lastrico
solare di proprietà esclusiva ma attinenti alle parti che svolgono funzione di copertura, vanno
ripartite tra il proprietario e i condomini serviti dal lastrico, nella misura di un terzo a carico del
proprietario e due terzi a carico dei condomini in base ai millesimi di proprietà.
Le spese per la riparazione del danno da infiltrazioni di acqua piovana, proveniente dal lastrico
solare di uso esclusivo, vanno ripartite nella misura di 1/3 a carico del proprietario esclusivo e di 2/3
a carico dei condomini sottostanti compreso il condomino, il cui appartamento ha, in quanto coperto
dal lastrico, riportato danni, perché condomino.
Stessa suddivisione per le spese di riparazione o ricostruzione del lastrico – giardino, 1/3 a carico
del proprietario esclusivo e 2/3 a carico di tutti i condomini sottostanti che hanno un collegamento
con la funzione di copertura del lastrico (impermeabilizzazione).
Al lastrico solare è equiparata la soletta dei balconi non aggettanti, cioè incassati nell’edificio
condominiale e non sporgenti dalla facciata (aggettanti) e pertanto anche qui le spese sono ripartite
nella misura di un 1/3 a carico del proprietario del balcone sovrastante e 2/3 a carico del titolare del
balcone sottostante28.
Le spese per l’illuminazione e per la pulizia delle scale, essendo spese utili ma non avendo la
funzione di preservare le parti comuni ma di assicurare ai condomini un miglior godimento sia delle
cose comuni che di quelle proprie, vanno ripartite in base all’uso che di tali parti viene fatto dal
singolo condomino.
I costi relativi all’utilizzo e al mantenimento dell’ascensore vanno suddivise in ragione del piano.
Le spese inerenti alla manutenzione e alla ricostruzione delle terrazze a livello incombono nella
misura di 1/3 sul proprietario esclusivo e 2/3 su tutti i condomini del fabbricato cui la terrazza serve
per la sua funzione di copertura.
I solai, quali strutture stabilmente unite ed incorporate ad alcune parti comuni (muri maestri) che
dividono orizzontalmente due proprietà, una sovrastante e l’altra sottostante, con una doppia
28
Cass. 15/07/2007, n°11029
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funzione di sostegno e copertura, sono parti divisorie e pertanto oggetto di una comunione che
riguarda solo i proprietari dei due appartamenti che da esse traggono utilità comune. Di
conseguenza le spese di ricostruzione e riparazione spettano ai proprietari dei due piani: a quello del
piano superiore la copertura del pavimento, all’altro intonaco, tinta e soffitto.
Le spese per il rivestimento sul soffitto del porticato, ove vi sono ripostigli di proprietà di diversi
condomini, corrispondente al solaio dei pavimenti del primo piano, se non c’è una norma nel
regolamento condominiale specificatamente prevista in proposito, vanno ripartite tra i proprietari
sottostanti e quello sovrastante in considerazione del fatto che si tratta di una spesa riguardante,
esclusivamente, solo le due parti prese in considerazione.
Infine si ha il criterio dell’utilizzazione separata, si pensi ai palazzi molto grandi, il cosiddetto
condominio parziale, dove possono esistere parti comuni utili soltanto ad alcuni proprietari. Stabili
che per la loro conformazione hanno più scale, cortili o lastrici solari che non servono l’intero
fabbricato ma esclusivamente una parte dell’edificio.
Beni comuni non appartenenti alla totalità dei condomini ma solo ad alcuni di essi.
Pertanto le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae
utilità non soltanto come utilizzatore ma anche come proprietario di questi beni.
I condomini sono obbligati a corrispondere le spese condominiali anche quando il loro
appartamento è vuoto o inutilizzato e il pagamento deve avvenire prima ancora che la spesa venga
effettuata, si tratta di anticipare pro – quota quelle spese necessarie a mantenere e conservare le
parti comuni.
Le norme in materia di spesa condominiale possono comunque essere derogate dall’unanimità dei
condomini attraverso il regolamento condominiale.
Dott.ssa Sciotto Fortunata Serena
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