Al cuore del consumatore

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Al cuore del consumatore
Da ADV - Casa Editrice Finedit Italia
Al cuore del consumatore
L’obiettivo è sempre quello di raggiungere il target; le strade sono molteplici,
complesse e trasversali. Partono dall’analisi del mercato e delle sue esigenze,
individuano gli strumenti più efficaci tornando al punto di partenza: il consumatore
di Laura Franconi
Da sempre Procter&Gamble rappresenta un modello avanzato di impresa, tale da fare scuola nel
mondo a livello di marketing, ricerca & sviluppo, comuninazione. Esiste un approccio
Procter&Gamble al consumatore? In cosa consiste? Come è formulato? Ne abbiamo parlato con
Riccardo Calvi, Responsable Ufficio Stampa P&G.
“Il nostro approccio è molto semplice e pragmatico e si fonda sulla centralità del consumatore: il
consumatore per noi è il nostro “capo”. Ogni nostra strategia prende le mosse da ricerche
approfondite sulle sue esigenze e da una analisi del modo in cui noi possiamo soddisfarle con
prodotti innovativi. Il nostro obiettivo è di creare prodotti che migliorino la qualità della vita e
rispondano alla domanda espressa o inespressa del mercato.
In che modo il vostro approccio tiene conto dell’evoluzione in atto nella società?
Grazie al dialogo quotidiano con i consumatori. Dash è sul mercato da quarant’anni perché nel
tempo ha saputo riadattarsi in funzione delle rinnovate aspettative della gente. Basti dire che ha
cambiato la propria formula ben 70 volte. Ciò dimostra come, grazie all’affidabilità del prodotto,
questo ha saputo conquistare la fiducia degli italiani e crescere con loro.
Un altro prodotto significativo è Swiffer. Dalle nostre ricerche, infatti, è emerso che una delle
incombenze che si ritengono più fastidiose, anche in relazione alla scarsa disponibilità di tempo, è
la rimozione della polvere. Con l’invenzione di questo panno cattura-polvere noi abbiamo non solo
assecondato le esigenze dei consumatori, ma risolto un problema che era vissuto come ossessivo.
Nel contempo, abbiamo creato nel mercato un nuovo segmento, quello dei cattura-polvere, che oggi
vale 80 milioni di Euro.
Su quali basi fondate le vostre strategie per conquistare il mercato? Che tipo di ricerche effettuate?
La prima è quella fondamentale dell’ascolto dei consumatori. Procter & Gamble possiede uno dei
più storici reparti di ricerche di mercato al mondo. Ogni anno ascoltiamo oltre 10 milioni di
consumatori attraverso ricerche di mercato, focus group e soprattutto visite a domicilio.
Quest’ultima attività coinvolge dal manager junior ai vertici dell’azienda. Ci si reca a casa delle
persone, si dialoga con loro, si osservano le modalità di fruizione dei nostri prodotti, cercando di
comprendere i bisogni insoddisfatti, si va con loro a fare la spesa. In Messico, ad esempio, ogni
nuovo impiegato della P&G passa le prime settimane di assunzione in un quartiere popolare,
lavorando dietro al bancone di un negozio per imparare a conoscere le esigenze dei clienti e dei
consumatori. A volte vive intere giornate a casa di consumatori, con l’obiettivo di conoscere a
fondo la loro vita e le loro necessità quotidiane. Alla comprensione dei consumatori si affianca
l’innovazione. Noi consideriamo la ricerca & sviluppo come la nostra linfa vitale. Pertanto
investiamo molte risorse in ricerca, il 3,5% del nostro fatturato (56,7 miliardi di dollari), che
corrisponde quasi a 2 miliardi di dollari all’anno. Abbiamo una comunità di 7500 ricercatori interni,
distribuiti in venti centri di ricerca in tutto il mondo, a loro volta connessi, attraverso il programma
“Connect & Develop” con gli oltre 2 milioni di ricercatori esterni, che operano nelle università o in
altre aziende più o meno grandi. Un tempo svolgevamo tutto al nostro interno, ma oggi la necessità
di arrivare sul mercato in modo più veloce ed accurato unita ad una migliore efficienza nei costi,
impone di ottimizzare eventuali potenzialità che il mondo della ricerca offre. A questo riguardo
Swiffer Duster, il piumino cattura-polvere estensione della linea Swiffer offre un esempio concreto:
P&G ha sviluppato la costruzione di marketing e la tecnologia per il prodotto ma il manico è stato
acquistato da un’altra azienda. Questo ci ha permesso di arrivare sul mercato con questa importante
innovazione nel giro di 8 mesi con evidenti benefici per i consumatori e per l’azienda.
Voi avete organizzato in vostro approccio in due momenti: First Moment of Truth e Second
Moment of Truth. Potrebbe spiegarci in cosa consistono?
Questi due concetti costituiscono un po’ il cuore del nostro approccio al mercato. Il “Primo
momento di verità” si svolge all’interno del punto vendita, quando il consumatore si reca ad
acquistare un prodotto e compie la scelta fra una molteplicità di proposte. Il “Secondo momento di
verità” ha luogo a casa, quando il nostro prodotto viene provato e deve mantenere la promessa di
beneficio. Questo momento è sostanzialmente legato alle attività di ricerca & sviluppo, in quanto
pone in essere una verifica delle performance del prodotto. Il “Primo momento di verità”, al
contrario, è strettamente correlato a dinamiche diverse, di marketing in-store o, come noi lo
chiamiamo, di shopper marketing.
Cosa si intende per shopper marketing?
Per dare una definizione sintetica lo shopper marketing si propone di migliorare l’esperienza
dell’acquirente nel punto di vendita, stimolare la domanda e aiutare le diverse insegne a competere
sul mercato, differenziandosi efficacemente. In passato, cercavamo di capire cosa pensava il
consumatore del nostro prodotto quando lo utilizzava a casa. In un concetto, eravamo molto
focalizzati sul “primo momento della verità.” Oggi sviluppiamo nuove tecniche d’indagine per
comprendere il suo comportamento quando si trova nel negozio e compie la sua scelta di acquisto,
come fa la spesa nelle categorie nelle quali operiamo, quali sono i criteri sulla base dei quali sceglie
i vari prodotti. È un ampliamento notevole di know-how che vogliamo utilizzare con la catena
distributiva per sviluppare progetti in comune che creano valore per il consumatore. Tutto ciò
ovviamente non trascurando una presenza in store costante per assistere gli acquirenti. Oggi con
l’avvento delle grandi superfici si è infatti passati da una vendita assistita nella quale gli acquisti
avvenivano nel negozio di prossimità dove c’era un negoziante che, con i suoi consigli, supportava
ed indirizzava le scelte dei clienti ad una vendita totalmente libera nella quale il contatto diretto si è
perso ed il consumatore si ritrova spesso spaesato in mezzo ad una molteplicità di offerte. Per molti
prodotti riteniamo sia fondamentale avere una hostess che ne illustri le caratteristiche e aiuti nella
scelta. Questo è tanto più vero quando si parla di prodotti di bellezza, per la cura dei capelli o per
l’igiene personale.
In che modo questa filosofia si concretizza? Possiamo citare degli esempi?
Noi realizziamo moltissimi progetti di shopper marketing. Attualmente abbiamo in atto dei progetti
di category reinvention e shopper marketing con quasi tutti gli operatori della distribuzione, in linea
con la nostra filosofia commerciale, basata sulla trasparenza e la collaborazione. Per citarne alcuni,
un esempio rappresentativo è stato “The Beauty Experience”, realizzato con il punto vendita di
Finiper a Rimini. Davanti al supermercato avevamo allestito una sorta di “isola della bellezza” dove
la shopper che aveva acquistato dei prodotti beauty P&G nell’ipermercato poteva ricevere un
trattamento di bellezza a scelta. I risultati sono stati eccezionali, aumentando sia la fidelizzazione
dei clienti al punto vendita, sia miglioramento la loro esperienza di acquisto sia incrementando le
vendita, a vantaggio sia dell’insegna distributiva che dell’azienda che del consumatore. Non solo,
anche il trattamento di bellezza di cui fruiva la cliente si trasformava in un momento per noi
interessante in quanto permetteva la prova del nostro prodotto, che veniva esaltato nelle sue
caratteristiche, insegnando alla shopper ad usarlo nel modo migliore. Un progetto che definirei
“win-win-win” nel quale hanno tratto vantaggio la cliente, l’azienda ed il distributore.
In estate abbiamo realizzato un progetto insieme a Sma che abbiamo chiamato “Caccia alla marca”.
Dopo l’esperienza positiva dell’iniziativa 2004 “Vinci la spesa”, il cui obiettivo era quello di far
crescere la fedeltà all’insegna ed aumentare lo scontrino medio, con “Caccia alla marca” abbiamo
creato un progetto che, nell’attuale scenario di mercato, sempre più orientato verso i low cost,
enfatizzasse l’importanza del valore della marca come strumento di differenziazione. Attraverso la
ricerca di indizi, abbiamo invogliato lo shopper di Sma a girare nel pdv passando per corsie e reparti
che di solito non prende in considerazione, compiendo un percorso quasi automatico. La
conseguenza è stata una crescita delle vendite non solo per noi ma per l’intera categoria che ne ha
tratto beneficio. Oppure con l’operazione “Shop as you wash” realizzata con Conad Tirreno,
abbiamo addirittura riorganizzato una categoria al supermercato. In sostanza, immaginando la
persona che fa il bucato, abbiamo ridisegnato gli scaffali secondo questa logica di fruizione, a
beneficio di tutti i brand del comparto merceologico. In questo modo, lo shopper, che spesso
lamentava una difficoltà nel reperire i prodotti sugli scaffali, compiendo un percorso logico di
acquisto, risultava facilitato nella propria spesa.
Questo tipo di approccio è utile per ogni tipologia di mercato e di target?
Sicuramente questo approccio è declinabile in altre categorie di prodotto o superfici o target. Va
valutato insieme agli obiettivi del cliente e alle esigenze dei suoi acquirenti.
Dal nostro punto di vista puntiamo a far crescere le categorie e il margine complessivo, non il
singolo brand. Ogni decisione viene presa insieme al cliente dopo aver analizzato i dati, le
caratteristiche specifiche del banner, insieme ai suoi obiettivi e strategie.
Per conquistare il consumatore, l’advertising non basta più; occorre coinvolgerlo in diversi momenti
della giornata e con modalità di approccio differenziate. Di quali strumenti vi avvalete? Come
suddividete i vostri investimenti?
Il mercato ed i consumatori sono oggi più esigenti e sofisticati rispetto al passato. E’ molto più
difficile essere ascoltati, in quanto ogni giorno, in ogni luogo, sono esposti a migliaia di messaggi in
qualsiasi posto si trovino. Da un marketing dominato dall’utilizzo della tv, siamo passati ad un
marketing di tipo “olistico”, dove la tv è un mezzo importante ma non il solo, venendo affiancato da
altri stumenti quali eventi, innovazioni commerciali (es. il concorso Pantene Protagonist), direct
mailing, alleanze strategiche. La sfida del futuro è dunque raggiungere i consumatori dove essi sono
maggiormente ricettivi e disposti ad ascoltare il messaggio che si vuole passare. La televisione
continua ad essere importante nel nostro media mix ma nonostante ciò, oggi la nostra filosofia ci
porta a mettere in discussione anche questo mezzo valutando la sua efficacia rispetto ad altri
strumenti, a seconda del target che vogliamo raggiungere. Gli investimenti di Procter & Gamble in
advertiser, a livello mondiale, superano i 5 miliardi di dollari all’anno, posizionandola come top
spender globale.
Ci sono prodotti per i quali è preferibile percorrere una strada già tracciata piuttosto che lanciarsi
nel nuovo?
Tutto dipende dal target al quale ci si rivolge. “Dash” ad esempio. È da sempre il “detersivo delle
donne italiane”. Intere generazioni sono cresciute avendo in casa questo prodotto. Per questo la sua
campagna di comunicazione è da sempre imperniata portando sullo schermo tv delle reali donne di
casa che utilizzano il nostro prodotto le quali, attraverso un format tipo intervista vengono invitate
dal testimonial (da Mike Buongiorno, Paolo Ferrari, il Sig. Tozzi, Fabio Fazio, Susy Blady e
Maurizio Roversi ed ora Luciana Littizzetto) a mostrare in tv il bianco del proprio bucato lavato con
Dash. Alcuni anni fa in un’ottica di globalizzazione abbiamo deciso di modificare questo format,
lanciando uno spot “europeo”, che comunicava in maniera diversa i contenuti del marchio.
Nell’arco di breve tempo abbiamo verificato come il consumatore stesse perdendo il proprio
coinvolgimento emotivo col “suo” prodotto allontanandosi piano piano dal brand. Abbiamo quindi
deciso di ripristinare il format tradizionale, comprendendo che esistono dei prodotti che ormai fanno
parte del vissuto degli italiani e che quindi non possono deludere l’aspettativa che il consumatore ha
nei loro confronti. Questo farebbe pensare ad una comunicazione che sia sempre “tradizionale” per
questo marchio. Ma non è così. Infatti di recente con Dash Liquido abbiamo sponsorizzato la serie
televisiva “Desperate Housewives” perchè questo prodotto si rivolge ad una consumatrice giovane,
molto ricettiva verso prodotti innovativi e dunque perfettamente in target con il pubblico del
programma. Questo è stato un intervento innovativo per il marchio Dash, sia come scelta media, sia
come realizzazione dell’intervallo pubblicitario, non una classica “telepromozione” ma un break nel
quale abbiamo riprodotto delle situazioni vicine a quelle dei telefilm.
Voi realizzate anche attività di product placement?
In Italia non molto, mentre accade più frequentemente in America. È stato il caso del marchio Max
Factor nel film “Il diario di Bridget Jones”. È però vero che realizziamo delle partnership con alcuni
film; recentemente abbiamo presentato in prima visione “Le cronache di Narnia” con la
sponsorizzazione dei brand Pringles e Swiffer.
Si può dire che, concettualmente, l’importanza dell’advertising e quella del punto vendita siano
ormai paragonabili? Quali sono i punti di contatto tra i due?
L’advertising ci vede tra i big spender, ma anche sul punto vendita la nostra presenza è veramente a
360 gradi, dalla consulenza in-store ai display ai progetti di category management ai progetti di
shopper marketing. Il punto di contatto è sempre il nostro target finale, nella figura sia del
consumatore che dello shopper. A questo riguardo noi effettuiamo ricerche continue per conoscere
le motivazioni che inducono non solo a scegliere un prodotto piuttosto che un altro, ma anche un
punto vendita piuttosto che un altro. È così che, ad esempio, è nato il progetto realizzato per Acqua
& Sapone (Cesar), un progetto con elementi di category management, ma anche di shopper
psichology, attraverso il quale, dopo aver intervistato oltre 1.000 clienti, abbiamo rivisto alcuni
assortimenti, come cura dei capelli, crema viso ed altri, ridisegnando il layout di sei pdv in base al
principio della segmentazione del target. Anche in questo caso i risultati sono stati ottimi, con una
crescita del 15% della categoria rispetto ai pdv non coinvolti nel progetto.
Ritenete più importante acquisire nuovi consumatori o mantenere quelli esistenti?
Diciamo che il nostro impegno ci induce a lanciare sempre nuovi prodotti, a vantaggio sia dei
consumatori già acquisiti, ai quali si offre un servizio in più, sia di quelli potenziali.
Sicuramente la capacità di essere innovativi ci porta ad essere molto orientati verso l’acquisizione di
nuovi consumatori, perché questo ci consente anche di allargare il mercato. L’esempio di Swiffer è
indicativo. Con tale prodotto abbiamo acquisito nuovi consumatori in quanto questo segmento di
mercato prima non esisteva. Altrettanto si può dire di Mastro Lindo Car Wash, dedicato alla pulizia
dell’auto, e di Mastro Lindo Gomma Magica che sono ampliamenti della linea Mastro Lindo
destinati a portarci nuovi consumatori.
La continua necessità di innovazione, che a sua volta introduce la necessità di difendere il vantaggio
acquisito, nel tempo, non rischia di diventare un impegno pesante da gestire?
Nessuna innovazione può essere improvvisata, pertanto, quando si conquista un posizionamento
con un nuovo prodotto la concorrenza ha sempre bisogno del tempo per poter recuperare terreno. E
chi arriva primo ha modo di sedimentare la propria immagine nella mente del consumatore. Non
solo, acquisisce una serie di vantaggi anche in termini di esperienza e know how.
Per rispondere in modo adeguato alle aspettative del consumatore, è necessario fornirgli
informazioni, coinvolgerlo emotivamente e prestargli un servizio. In che misura sono importanti
questi tre aspetti? Come stanno cambiando le vostre esigenze in termini di creatività della
comunicazione, da un lato, e di servizio al cliente, dall’altro?
Sono tutti e tre aspetti molto importanti. Sicuramente noi vogliamo che i nostri prodotti e i nostri
marchi prestino un servizio ed una esperienza ai consumatori. L’informazione e l’educazione dei
consumatori verso un uso corretto dei nostri prodotti è una sorta di servizio, di grande rilievo per
tutte le categorie nelle quali operiamo. Il coinvolgimento emotivo a sua volta è fondamentale non
solo per avere la possibilità di essere ascoltati ma anche perchè, in molti casi, è parte del carattere
dei marchi. In passato il marketing serviva per vendere i nostri prodotti. Oggi non basta più. Prima
di vendere bisogna coinvolgere il cliente, divertirlo, costruire un legame, conoscere come utilizza i
diversi media. Si guarda molto di più al target rispetto a prima. Anche dal punto di vista della
creatività siamo sempre alla ricerca di sistemi innovativi in grado di garantire una comunicazione
“su misura” per il consumatore. Il nostro capo.
Future visions
Dove va la distribuzione
Il Future Concept Lab ha individuato le dieci tendenze della distribuzione futura, giungendo a
delinearne gli spazi di vendita ottimali in funzione dell’evoluzione della società e delle sue
aspettative di consumo.
1. Prossimità proattiva
Possiamo partire da un esempio, il City Market recentemente aperto a Bangkok: un centro
commerciale che ha al proprio interno aree di vendita molto diversificate in cui è possibile
approfondire i vari prodotti e servizi, dall’alimentare alla cura della bellezza, al salutistico, ai servizi
bancari. Il layout del centro commerciale è teso a favorire acquisti mirati e relax, legandosi
fortemente al territorio socio culturale in cui è situato, cioè il cuore pulsante del quartiere lavorativo
della città, frequentato da giovani professionisti.
Come dimostrano Ikea che arreda le camere della catena alberghiera Etap e Philips che con la
macchina da caffè Senseo offre gratuitamente il caffè alle fermate dei tram in Germania, un nuovo
modo di fare comunicazione avvicinando pubblicità all’esperienza diretta è il “tryvertising”. In
questi casi diventa vincente essere al posto giusto nel momento giusto. Nel contempo, la
distribuzione cerca di riappropriarsi della relazione proattiva con il territorio, recuperando i concetti
di prossimità all’interno del contesto urbano e riacquistando dimensioni a misura d’uomo.
All’arresto della crescita dei grandi ipermercati, si accompagna la tendenza a format specialistici
che esaltano la ricchezza del panorama multiculturale delle città. In molti casi si assiste anche al
ripensamento degli spazi e alla valorizzazione delle realtà di quartiere. In questa ottica vanno intese
anche le riconversioni di edifici industriali in aree fieristiche e luoghi di evento. Mentre la tendenza
al nomadismo in passato ha dato vita a luoghi anonimi, oggi ritorna la volontà di vivere la città in
modo consapevole, legando individuale e collettivo; pensiamo agli Open Air Cinema di Barcellona
dove la visione del film si accompagna al pic-nic, il reading letterario ed altri eventi.
In questo contesto, le promozioni devono divenire occasione di socializzazione, incoraggiando,
anche nello spazio vendita, la pro-attività del cliente.
2. Fiducia creativa
Fattori estetici e fattori funzionali si fondono in Kitchen, luogo di vendita e di esperienza nato a
Milano e totalmente dedicato al cibo e alla sua preparazione, con grande apertura per gli aspetti di
sperimentazione creativa. Oltre all’acquisto di strumenti per la cucina, è possibile seguire corsi ed
incontri a tema.
La tendenza della “fiducia creativa” si fonda sui concetti di sperimentazione e innovazione e trova
luogo in un ambiente rassicurante. Trae forza dall’amore per le piccole cose, che vengono arricchite
con una interpretazione personale. L’incrocio di linguaggi che ne scaturisce è frutto anche di una
nuova relazione tra prodotto, comunicazione e distribuzione. Nascono così nuove élites culturali di
consumo, attente ad aspetti quali il packaging, l’ambientazione, l’innovazione.
In termini di retail, sarà importante esprimere il proprio carattere attraverso una esposizione
“emotiva” e caratterizzata, ricreando situazioni che trovano spunto nella quotidianità.
3. Marca illuminata
Gli Apple Store utilizzano un format simile a quello adottato dal primo punto vendita, a New York:
integrazione con l’edificio ospitante, spesso d’epoca, grandi vetrate e scale in cristallo all’interno,
luce possibilmente naturale. Alle aree espositive si aggiungono un Genius Bar dove i tecnici
forniscono consigli a chi ne faccia richiesta, l’area Studio in cui sono tenuti corsi di formazione, e
zone tematiche per la prova dei prodotti. Se l’atmosfera non è volta a provocare l’acquisto
immediato, rafforza sicuramente l’identità del marchio e dei suoi prodotti.
In questo modo il punto vendita è una vera e propria casa per la brand, seguendone l’evoluzione
relazionale con il consumatore. La marca diventa così compagna di vita.
Un’altra declinazione di questa tendenza è quella praticata da Mac Donald’s con la creazione dei
Mac Café, o dal Just Cavalli Café, che colgono delle occasioni di consumo e le interpretano in
chiave di brand.
Oltre a ricercare negli spazi di vendita punti di riferimento radicali, questa tendenza porta ad usare il
negozio per esporre la propria filosofia di marca.
4. Semplicità esemplare
La semplificazione creativa consiste nella capacità di mettere insieme e proporre in modo nuovo ma
chiaro prodotti molto diversi, che vengono fatti ruotare e riassortiti in spazi di vendita pensati ad
hoc. Una proposta che si rivolge a target nuovi e originali, disposti a reinterpretare il quotidiano. È
il caso della catena spagnola di intimo Women’ Secret, o del format distributivo di Zara che gioca
con il nuovo pronto moda. Un aspetto fondamentale è la convenienza dell’offerta. È lo stesso
meccanismo che ha luogo negli outlet, frequentati spesso anche da classi sociali elevate in quanto
fondono divertimento e funzionalità, coinvolgendo l’intera famiglia. Infine, questa modalità
consente di diversificare la propria proposta commerciale.
In questa ottica, il retail dovrà ragionare in termini di nuovi target e comportamenti innovativi,
sviluppando l’idea di famiglia di prodotti.
5. Archetipo architettonico
Il nuovo quartier generale asiatico di Tod’s, a Tokio, è stato progettato dall’architetto Toyo Ito, su
2500 metri quadrati suddivisi su sei piani. L’edificio ospita boutique, uffici, sale riunioni, roof
garden, esposizioni e spazi per eventi. L’architettura si ispira all’intreccio dei rami di un albero, in
un gioco tridimensionale di luci e ombre. Questa scelta offre una sorta di interpretazione del futuro,
avanza una scommessa sull’evoluzione del concetto di spazio. La griffe sempre più spesso desidera
un’immortalità oltre al mondo della moda, cercando di diventare eterna come le grandi cattedrali.
Questa tendenza cerca risposte sulla vivibilità dei nuovi spazi, progettando nuove forme di relazione
e nuove possibilità di rapporto tra spazio pubblico e privato.
6. Sensibilità selettiva
Clube Chocolate è il nome evocativo di un concept store di grande interesse a livello internazionale
sorto a San Pablo. Con le sue scelte architettoniche e di design, oltre che con l’offerta di prodotti
che spazia dall’abbigliamento ai fiori, alla frutta, al ristorante, propone un’idea di lusso raffinato. La
selettività parte dalla sensibilità culturale del consumatore che diventa attore di un nuovo spazio
scenico. Basilari sono la ricerca di nuove tendenze di consumo e di fenomeni cult, e la capacità di
combinare insieme elementi eterogenei, in modo insolito. Una esperienza in continua evoluzione
che porta frammenti di arte nel quotidiano e si focalizza, in termini di retail, sulla performance e
sulla competenza.
7. Connettività conviviale
Il maggiore gestore telefonico in Portogallo sponsorizza Yorn Store, grande punto vendita che
racchiude negozi e servizi molto trendy presso i giovani, internet point e boutique internazionali.
Qui hanno luogo eventi divertenti e originali: pensiamo a quando centinaia di persone con indosso
solo i calzini sono state rivestite di tutto punto gratuitamente, per aver avuto il coraggio di mostrarsi
nudi nello shop.
Altro esempio, www.londoneating.co.uk riporta commenti e critiche sui ristoranti londinesi ed è in
grado di contribuire alla fortuna o alla perdita di credibilità di un locale.
Capacità di proporre nuovi luoghi di scambio, ambiente internazionale e cosmopolita, locazione
informale, tecnologia e sperimentazione, condivisione di informazioni sono elementi che
consentono la connessione tra individui. E le superfici distributive hanno grandi opportunità di
creare progetti che facilitino le relazioni.
8. Magia del mercato
Emporium a Bangkok, che affianca griffe internazionali a prodotti e modalità di vendita propri della
cultura del luogo; i Body Shop che negli anni ’70 hanno aperto una nuova strada etica ed hanno
avvicinato il consumatore alla merce; il mercato nella zona delle Ramblas a Barcellona. Il fascino
della tradizione proprio del bazar si rafforza con l’uso di linguaggi diversi, dando vita ad un’aura
magica che consente di riscoprire il piacere del gesto e della relazione tra venditore e acquirente.
D’altro lato, si esalta il contatto diretto e sensoriale con i prodotti.
9. Cultura da club
Il londinese Barber Shop si ispira alle vecchie botteghe di barbiere e, con una impostazione tutta al
maschile, oltre ai servizi classici offre la possibilità di massaggi anti-stress, cura della pelle, pulizia
delle scarpe. Alla sera, poi, si trasforma in cigar and whisky bar. Il luogo diventa così una
espressione dell’identità di chi lo frequenta, piattaforma progettuale per immaginare nuove
esperienze, occasione per ripensare ad un ampliamento della gamma offerta e per aprire ad un
pubblico più ampio ma selezionato.
Un esempio diverso: nell’American Girl Place a Chicago, il mondo delle bambole diventa a misura
di bambina, con uno spazio nel negozio per organizzare pranzi feste ed eventi.
La comunicazione può puntare sull’approccio didattico, sulla competenza o sull’esaltazione di una
passione.
10. Sintonia temporale
Il corto circuito creativo che si instaura tra due realtà apparentemente distanti consente una diversa
fruizione del tempo. Come Pizza Express, pizzeria in cui hanno luogo concerti di jazz. O Elemis,
marchio di prodotti di aromaterapia che ha dato vita ad una Day Spa in cui, scegliendo tra diverse
suite di ispirazione esotica, si accede a trattamenti rilassanti e ad esperienze di ascolto interiore.
Il lusso del futuro sarà il tempo e la distribuzione troverà nuove opportunità laddove saprà offrire
occasioni di sosta e relax in situazioni inaspettate: le lezioni di inglese, i film in prima visione e i
massaggi sul treno Eurostar Roma-Milano.
Le occasioni di avvicinamento culturale e la creazione di mondi immaginari costituiscono una
valorizzazione del tempo destinata ad esere sempre più apprezzata negli anni a venire.