Reductive Winemaking for White Wines

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Reductive Winemaking for White Wines
GIBSON R., VINIFICAZIONE IN RIDUZIONE - PARTE 2°: LA VINIFICAZIONE, PAG.1
VINIFICAZIONE IN RIDUZIONE DEI VINI BIANCHI – PARTE 2°: LA VINIFICAZIONE
Richard GIBSON – Scorpex Wine Services, Australia
Nella seconda parte di questo articolo, R. Gibson presenta gli aspetti pratici della vinificazione e
dell’affinamento, secondo le modalità previste dalla tecnica di lavorazione in riduzione.
La Vinificazione in Riduzione nella pratica
Manipolazione delle uve e del mosto
I principi base per maneggiare uve e mosto durante la vinificazione in riduzione sono:
•
Lavorare in fretta
•
Lavorare al freddo
•
Proteggere il mosto
•
Bassa estrazione fenolica
•
Pulire il mosto
Lavorare in fretta
Lavorare in fretta può minimizzare le opportunità di contatto con l’ossigeno quando si opera in
riduzione. La maggior parte delle uve in Australia è raccolta a macchina, il che significa che una
grande estensione di vigneto può essere vendemmiata a maturità ottimale. Si possono evitare
ritardi, così che le uve vengono processate il più velocemente possibile appena raccolte. I ritardi
dovuti al riempimento di grandi presse possono essere evitati dall’utilizzo di un maggior numero di
unità più piccole. La centrifugazione può diminuire il tempo richiesto per la lavorazione del mosto,
in confronto alle tecniche di decantazione convenzionali.
Come eccezione a questa regola, alcuni enologi australiani preferiscono preparare mosti bianchi
estremamente chiarificati e raffreddarli a temperatura molto bassa (intorno a 0 °C). Il mosto è poi
conservato al freddo in vasche di acciaio inossidabile per alcuni mesi, fino al termine della raccolta
e della fermentazione delle uve rosse. Il mosto bianco è quindi riscaldato, si aggiunge il lievito e si
compie la fermentazione. È richiesta un’attenta gestione per evitare fermentazioni spontanee ed il
rischio di ossidazioni.
Lavorare al freddo
Il raffreddamento di uve e mosto è largamente praticato durante la vinificazione in riduzione. Le
basse temperature rallentano le reazioni di ossidazione. L’uva raccolta a mano può essere
raffreddata in camere frigorifere prima della pigiatura o della pressatura delle uve intere. Più di
frequente, il mosto è raffreddato usando uno scambiatore a fascio tubiero nel passaggio tra la
pigiatrice e la pressa. Col raffreddamento si raggiunge la temperatura desiderata di 5-10 °C.
Anche la vendemmia meccanica notturna aiuta ad abbassare la temperatura di uva e mosto ed il
carico nel sistema di raffreddamento della cantina.
La bassa temperatura di uve e mosto può inibire l’azione degli enzimi pectolitici. La rottura delle
pectine è essenziale per ottenere il livello di pulizia del mosto richiesto per lo stile in riduzione. Per
assicurare che l’azione enzimatica avvenga prima del raffreddamento, alcuni produttori
aggiungono gli enzimi pectolitici all’uva vendemmiata a macchina durante la raccolta in vigneto.
Ciò aumenta il tempo di azione degli enzimi, prima che la temperatura del mosto sia abbassata.
Lavorare con uve e mosti a bassa temperatura può consentire una maggiore dissoluzione
dell’ossigeno, ma la reazione di questo ossigeno con i componenti del mosto è inibita. Tutto
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l’ossigeno disciolto durante la lavorazione del mosto è rapidamente consumato dal lievito all’inizio
della fermentazione.
Per ridurre la temperatura di uva e mosto si può usare l’anidride carbonica congelata (ghiaccio
secco). Tuttavia, questo metodo di raffreddamento è relativamente inefficiente, e non è molto
praticato in Australia.
Proteggere il mosto
Durante la lavorazione il mosto può essere protetto tramite l’uso di antiossidanti ed evitando il
contatto con l’ossigeno.
Aggiunte di SO2 e acido ascorbico sulle uve e/o sul mosto vengono praticate durante la
vinificazione in riduzione. Questi composti reagiscono con l’ossigeno e lo rimuovono dalla
soluzione, prevenendo così la reazione dell’ossigeno con altri componenti del mosto.
La SO2 è normalmente aggiunta alla raccolta delle uve in vigneto. Di solito è somministrata in
forma di soluzione preparata di fresco di metabisolfito di potassio, a dosi che raggiungono i 200
grammi per tonnellata di uva. Questo dosaggio determinerà un livello residuo nel mosto dopo la
lavorazione di circa 50 ppm di SO2 totale. È meglio aggiungere la soluzione sul fondo dei
contenitori di raccolta e negli altri punti di accumulo preferenziale del mosto. Gli enologi a volte
scelgono di effettuare aggiunte supplementari alla pigiatura delle uve.
L’acido ascorbico può essere addizionato sull’uva in vigneto o alla pigiatura. Le dosi tipiche
aggiunte si aggirano sui 50 grammi per tonnellata. Come esposto nella prima parte dell’articolo, è
essenziale che sia presente SO2 libera quando si aggiunge l’acido ascorbico.
Il contatto con l’aria può essere prevenuto tramite copertura con gas inerti e assicurandosi che
tutta l’attrezzatura di lavorazione sia ermeticamente sigillata contro l’ingresso di aria. Come gas di
copertura in questa fase della lavorazione è spesso impiegata l’anidride carbonica. Il ghiaccio
secco fornisce una fonte di anidride carbonica conveniente e portatile. Azoto e anidride carbonica
possono essere impiegati per riempire le condutture e le vasche prima dell’ingresso del mosto.
Durante la vinificazione in riduzione sono utilizzate vasche, presse e altre attrezzature che
possono essere completamente sigillate contro l’ingresso dell’aria. In particolare, le centrifughe
devono operare senza ingresso di aria. Alcune presse sono equipaggiate con linee che
permettono l’entrata di gas inerte allo sgonfiamento del polmone, impedendo che il mosto entri a
contatto con l’aria.
È impossibile proteggere il mosto dal contatto con l’aria durante la chiarificazione tramite filtrazione
con filtro rotativo sotto vuoto. Tuttavia, se il mosto è filtrato a freddo e la fermentazione comincia
subito dopo la filtrazione, l’ossigeno entrato durante il processo è consumato dal lievito prima che
possa reagire con i componenti del vino, evitandone l’ossidazione.
Bassa estrazione fenolica
I fenoli sono il maggior substrato ossidabile nel vino, ed è in genere opportuno per i vini realizzati
con la tecnica in riduzione avere bassi livelli di fenoli. Per essere sicuri di avere un ridotto tenore
fenolico, per i prodotti di gamma medio-alta vengono utilizzati solo il mosto fiore e le pressature
molto soffici (fino a 0,5 bar). A volte, viene effettuata una macerazione pellicolare per l’estrazione
di aromi, in particolare con il Sauvignon Blanc. Questo può portare all’estrazione di più fenoli di
quanto desiderato. Il contenuto fenolico del mosto può essere ridotto rapidamente e con efficacia
tramite una leggera chiarifica con polivinil-polipirrolidone (PVPP).
Pulire il mosto
La chiarificazione del mosto non è indispensabile per lo status di riduzione. Tuttavia, la limpidezza
del mosto è importante per mantenere la freschezza generale, la pulizia dell’aroma varietale e
l’assenza di caratteri secondari, che sono importanti nei vini in riduzione. I mosti destinati alla
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vinificazione in riduzione sono generalmente molto chiarificati. Il mosto è di norma decantato a
freddo o centrifugato fino ad un alto livello di pulizia, ma gli enologi possono anche filtrare il mosto
fino a livelli di brillantezza molto spinti. Di solito si pratica una filtrazione a farina fossile, ma c’è
interesse nell’uso della microfiltrazione tangenziale per la chiarifica del mosto. In genere, è
necessario un efficace trattamento con enzimi pectolitici per ottenere gli alti livelli di pulizia richiesti.
Al termine delle fasi di raccolta delle uve e ammostamento, i mosti destinati alla vinificazione in
riduzione dovrebbero presentarsi estremamente chiarificati, raffreddati, esenti da ossidazioni e
senza ossigeno disciolto. Il mosto è ora pronto per la fermentazione.
La fermentazione
La fermentazione è la fase del processo di vinificazione maggiormente in riduzione. I lieviti
consumano l’ossigeno e l’anidride carbonica prodotta fornisce una naturale copertura di gas inerte.
Tuttavia, ci sono alcune regole fondamentali per assicurare che lo stile di vino in riduzione sia
mantenuto durante la fermentazione. Queste sono:
•
Usare un lievito neutro o varietale
•
Rapido avvio della fermentazione
•
Fermentare a bassa temperatura
•
Fermentazione regolare e completa
•
Minimizzare i solfuri
La vinificazione in riduzione presenta alcune sfide impegnative durante la fermentazione. Mentre
lavoriamo con mosti estremamente chiarificati, vogliamo una fermentazione regolare e completa.
Conduciamo la fermentazione a bassa temperature, ma desideriamo minimizzare la formazione di
solfuri. Abbiamo bassi livelli di ossigeno disciolto nei nostri mosti, ma ci proponiamo un rapido
avvio di fermentazione. Questi conflitti sottolineano l’importanza di un’efficace gestione della
fermentazione per avere successo nella produzione dei vini in riduzione.
Lievito neutro o varietale
I ceppi di lievito usati per i vini in riduzione sono in genere neutri. Lieviti che producono in
fermentazione alti quantitativi di esteri non sono apprezzati, dal momento che possono dominare
sugli aromi varietali che lo stile cerca di conservare. Vi è invece interesse per l’uso di lieviti in
grado di liberare i precursori aromatici dell’uva durante fermentazione, in particolare per il
Sauvignon Blanc.
Rapido avvio della fermentazione
Il tempo che trascorre prima che nel mosto cominci la fermentazione è abbastanza critico per la
conservazione dei caratteri aromatici e la prevenzione dagli effetti del contatto con l’ossigeno. In
Australia, le cantine preparano delle colture liquide per avere una partenza veramente rapida della
fermentazione. Queste colture sono di solito preparate partendo da un lievito secco riprodotto in
mosto d’uva filtrato. Il mosto è integrato con azoto assimilabile dal lievito, abitualmente tramite
aggiunte di fosfato ammonico (DAP), e con vitamine. La coltura è fortemente aerata per ottenere
un alto numero di cellule di lievito, in buona salute e con ampie riserve di steroli. I mosti vengono
inoculati con questa coltura attiva nel quantitativo necessario per avere conte di 106 cellule/mL o
più. L’inizio della fermentazione è in genere molto rapido. Nella coltura liquida di solito viene
prodotta un po’ di acetaldeide, che può aiutare a combinare la SO2 libera nel mosto e ridurre
l’inibizione del lievito. L’aerazione della coltura di lievito può sembrare contraria ai principi della
vinificazione in riduzione, viceversa è un fattore importante per il successo di questa tecnica.
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Fermentare a bassa temperatura
La fermentazione dei vini in riduzione è di norma condotta a 10-15 °C. La temperatura viene
regolata per ottenere una velocità di fermentazione di 1 grado di alcol al giorno. Si preferisce
utilizzare fermentatori dotati di sistema fisso di raffreddamento, abbinato al controllo automatico
della temperatura. Il controllo è impostato in modo da avere una variazione di temperatura minima
intorno alla temperatura prefissata.
Fermentazione regolare e completa
Fermentazioni prolungate (stentate) o bloccate (in arresto) possono contribuire alla comparsa di
caratteri non desiderati nei vini realizzati con la tecnica in riduzione. L’andamento della
fermentazione è monitorato molto da vicino, con misure di densità effettuate due o tre volte al
giorno. L’avanzamento della fermentazione è di norma riportato su grafico, in modo da notarne
ogni rallentamento, e intraprendere le opportune azioni per assicurare il mantenimento dell’attività
del lievito. Se si verifica un rallentamento, le opzioni a disposizione degli enologi consistono
nell’aumentare la temperatura di fermentazione, nell’aggiungere un ceppo di lievito “di soccorso”
con alta tolleranza all’alcol (ad esempio ceppi di Saccharomyces bayanus), nel risospendere i
fondi (sia tramite agitatore sia con iniezione di gas inerte) o nell’aggiungere fecce di lievito da una
vasca che ha già completato la fermentazione. Quando si realizzano vini in riduzione si preferisce
non cercare di favorire l’attività del lievito durante la fermentazione tramite aerazione.
L’alto livello di steroli determinato dalla forte aerazione effettuata nella coltura liquida di lievito
consente in genere di completare la fermentazione, benché l’ambiente durante la fermentazione
rappresenti una sfida per il lievito.
Minimizzare i solfuri
I caratteri di ridotto come idrogeno solforato (H2S) e mercaptani sono un rischio sempre presente
durante la vinificazione in riduzione. Il controllo dei solfuri durante il processo è essenziale.
Durante la fermentazione attiva, H2S può essere efficacemente controllato con l’aggiunta di azoto.
Di regola, gli enologi australiani per controllarlo aggiungono azoto in forma di fosfato ammonico
(DAP). Il DAP può essere aggiunto sia come strategia preventiva, sia in risposta alla formazione di
H2S. Nel secondo caso, si effettua un’aggiunta di 50 ppm di DAP quando si avverte la presenza di
H2S alle degustazioni durante la fermentazione.
Verso la fine della fermentazione, le aggiunte di azoto non sono efficaci per controllare H2S. Se si
forma H2S nella fase conclusiva della fermentazione, un efficace controllo è assicurato da
un’aggiunta di rame al temine della fermentazione. Questo pratica comporta un rischio limitato di
rame residuale nel vino. Alcuni enologi effettuano un’aggiunta standard di solfato di rame (circa 0,2
mg/L) a fine fermentazione, come garanzia dell’assenza di residui di solfuri.
Una volta conclusa la fermentazione, i vini in riduzione dovrebbero essere completamente
fermentati, con scarsi zuccheri residui, senza caratteri solforati e in grado di mantenere la
freschezza degli aromi varietali derivati dall’uva, senza note di lievito significative. I vini devono ora
essere stabilizzati e preparati per l’imbottigliamento.
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L’affinamento
Le regole base durante le operazioni post-fermentative dei vini in riduzione sono:
•
Rimuovere il lievito
•
Aggiungere antiossidanti
•
Minimizzare le operazioni
•
Escludere l’aria
•
Rimuovere l’ossigeno
•
Conservare al freddo, imbottigliare rapidamente
•
Monitorare ossigeno e antiossidanti
Rimuovere il lievito
Sebbene le fecce di lievito siano dei forti riducenti, nei vini realizzati con questo stile si tende a non
mantenere il lievito sulle sue fecce per lunghi periodi. Il rischio della comparsa di caratteri di ridotto
ha maggior peso di ogni possibile beneficio che può essere ottenuto a contatto con le fecce. Al
completamento della fermentazione attiva, si lascia sedimentare il lievito per un breve periodo e
poi il vino è travasato, spesso passando attraverso una centrifuga. Vi è un interesse crescente per
l’applicazione della microfiltrazione tangenziale in questa fase di chiarifica.
Aggiungere antiossidanti
L’anidride solforosa è aggiunta il più presto possibile dopo la rimozione delle cellule di lievito. La
SO2 può essere addizionata al vino per iniezione in linea nel trasferimento dalla centrifuga alla
vasca di ricezione. In alternativa, si può aggiungere la dose di SO2 per l’intero volume di vino sul
fondo della vasca di ricezione; la miscelazione avviene al riempimento della vasca. La quantità di
SO2 aggiunta deve essere sufficiente per fornire 20-30 mg/L di libera. Una volta verificata la
presenza di più di 10 mg/L di SO2 libera, si aggiunge al vino acido ascorbico in dosi fino a 100
mg/L.
Se l’acido ascorbico è già stato usato sulle uve, è possibile che il vino a fine fermentazione
contenga ancora acido ascorbico e livelli molto bassi di SO2 libera. In questa situazione, è
essenziale ristabilire nel vino un livello adeguato di SO2 libera il più rapidamente possibile dopo la
separazione del vino dalle fecce di lievito, prima di ogni potenziale contatto con l’ossigeno.
Minimizzare le operazioni
Ogni trattamento in cantina introduce il rischio di contatto con l’aria e di ingresso di ossigeno. Le
operazioni di pompaggio e chiarifica vanno ridotte al minimo. La stabilizzazione proteica può
essere effettuata nella vasca di fermentazione, approfittando dell’ambiente in riduzione. È
importante svolgere un test di laboratorio per determinare la quantità di bentonite necessaria,
prima di aggiungerla in cantina. Troppo poca bentonite richiederà una seconda aggiunta e ulteriori
lavorazioni prima dell’imbottigliamento. L’aggiunta di troppa bentonite può provocare la
diminuzione dei composti aromatici, per adsorbimento sulle particelle della bentonite stessa.
Quando usata in fermentazione, la bentonite è generalmente aggiunta nell’ultima fase del
processo fermentativo, dopo la formazione di circa il 10% di alcol.
Alcuni enologi effettuano anche la stabilizzazione a freddo direttamente nel fermentatore. Al
termine della fermentazione, la vasca è rimescolata e raffreddata a circa -4 °C, a volte con
l’aggiunta di bitartrato di potassio macinato fine in funzione di germe di cristallizzazione. Raggiunta
la stabilità a freddo, il vino è travasato e centrifugato per rimuovere il congiunto di fecce di lievito,
bentonite e tartrati.
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Se la stabilizzazione a freddo è svolta in una fase successiva della vinificazione, va ricordato che
la solubilità dell’ossigeno aumenta alle basse temperature; anche la miscelazione praticata durante
l’operazione può favorire la dissoluzione dell’ossigeno, per cui va prestata particolare attenzione a
lavorare con vasche piene ed a mantenere una copertura di gas inerte sul vino per minimizzare il
contatto con l’aria. Se dopo la stabilizzazione a freddo è presente dell’ossigeno nel vino, esso può
reagire coi suoi componenti quando risale la temperatura. La misura dell’ossigeno dopo la
stabilizzazione a freddo è un importante punto di controllo nel monitoraggio del vino.
Anche la filtrazione è un processo durante il quale l’ossigeno può essere introdotto nel vino. In
funzione delle tecniche utilizzate, vale la pena di considerare l’applicazione di vari gradi di
filtrazione in linea, per raggiungere con un solo passaggio il livello desiderato di pulizia e assenza
di microrganismi.
Escludere l’aria
Evitare il contatto del vino con l’aria è un fattore chiave per mantenere l’ambiente in riduzione
durante la stabilizzazione e la conservazione. Le vasche devono essere realizzate con materiali
impermeabili all’ingresso dell’ossigeno. Le vasche devono essere piene, per minimizzare la
superficie che può essere potenzialmente esposta all’aria. In alternativa, si possono usare vasche
tipo semprepiene. Attrezzature, tubazioni, pompe e raccordi devono essere ben sigillati.
In questa fase, si fa un uso intensivo di gas inerte per proteggere i vini in riduzione dal contatto con
l’aria. Il gas preferito è l’azoto, dal momento che è praticamente insolubile nel vino e può essere
prodotto in cantina utilizzando l’aria tramite membrane di separazione o tecniche di assorbimento a
variazione di pressione.
Nelle cantine è presente un sistema di tubazioni con azoto, allo scopo di fornire un’opportuna fonte
di gas per riempire lo spazio di testa delle vasche di conservazione e di lavorazione. La figura
seguente illustra un sistema che permette di mantenere una leggera sovrapressione di azoto nella
vasca in ogni momento. In entrata (inlet), l’azoto è fornito a bassa pressione da una bombola o da
un generatore. In uscita (outlet), un bagno d’acqua mantiene una leggera contropressione.
Attenzione a non permettere l’ingresso di residui di vino nel sistema del gas, dal momento che ne
potrebbe derivare una crescita microbica, e di conseguenza una fonte potenziale di
contaminazione.
Diffusori galleggianti possono assicurare che il flusso di gas sia applicato nel punto dove è
maggiormente efficace, alla superficie del vino:
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Punto di ingresso del gas inerte
Superficie del vino
Flusso del gas inerte
L’anidride carbonica può essere usata come sorgente di gas inerte di copertura in forma gassosa o
solida (ghiaccio secco). Tuttavia, l’uso della CO2 in questa fase del processo di vinificazione
presenta alcuni svantaggi. È solubile nel vino, la qual cosa comporta che si dissiperà nel tempo;
questo può anche portare ad un indesiderato aumento del contenuto di CO2 nel vino, in particolare
quando è freddo. Se applicata come ghiaccio secco, lo strato protettivo che fornisce si può formare
lentamente, ed essere facilmente eroso. 2 kg di ghiaccio secco hanno bisogno di 30 minuti per
sublimare in CO2 gassosa. Questa velocità può essere rallentata quando il ghiaccio secco è in
contatto con il vino, poiché si può formare uno strato protettivo di ghiaccio intorno alla CO2 solida,
che le impedisce di sublimare a gas. Per questa ragione, il ghiaccio secco viene spesso sospeso
sopra la superficie del vino, quando è usato in vasca.
La miscelazione della CO2 con l’aria nello spazio di testa sopra lo strato della CO2 stessa può
avvenire relativamente in fretta. Di solito il ghiaccio secco è usato solo per la protezione del vino a
breve termine; se usato per un tempo più lungo, è necessario rinnovarlo regolarmente.
Rimuovere l’ossigeno
Se l’ossigeno entra a contatto con il vino, si può ridurre il danno delle reazioni ossidative
assicurandosi di rimuoverlo tramite strippaggio con gas inerte prima che abbia l’opportunità di
reagire con i componenti del vino. Durante lo strippaggio, viene iniettato nel vino un gas inerte, in
forma di bollicine molto fini. L’ossigeno passa dal vino alle bolle di gas, che sono poi scaricate
nell’atmosfera. Il livello di ossigeno disciolto nel vino diminuisce.
Lo strippaggio può essere condotto in linea usando attrezzature simili a quella riportata nella
seguente illustrazione.
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In alternativa, le bollicine possono essere introdotte nel vino in vasca usando candele porose di
ceramica sinterizzata o di acciaio inossidabile.
L’efficacia dello strippaggio dipende da numerosi fattori, tra cui:
•
Il livello di ossigeno disciolto nel vino
•
La dimensione delle bolle di gas di strippaggio
•
Il tempo di contatto delle bolle nel vino
•
La temperatura del vino
•
La pressione nello spazio di testa
•
Flusso di gas relativamente al volume liquido
•
Disegno dell’equipaggiamento e del sistema
Questo esteso novero di variabili comporta che lo strippaggio sia un’operazione ampiamente
empirica. La gestione dello strippaggio richiede un attento monitoraggio dei livelli di ossigeno
disciolto, per evitare un’eccessiva esposizione del vino al gas utilizzato. Uno strippaggio eccessivo
può determinare la riduzione degli aroma del vino.
Lo strippaggio con azoto puro può rimuovere dal vino l’anidride carbonica disciolta, analogamente
all’ossigeno. Il mantenimento della CO2 è una parte importante dello stile dei vini in riduzione. Per
prevenire perdite di CO2, lo strippaggio è spesso effettuato con una miscela di gas, come ad
esempio 70% azoto e 30% CO2.
Conservare al freddo, imbottigliare rapidamente
I vini in riduzione sono spesso conservati al freddo tra la fermentazione e l’imbottigliamento, per
favorire il mantenimento dei caratteri dell’uva fresca e minimizzare le reazioni del vino con
l’ossigeno. Il vino è stoccato in vasche isolate e raffreddate a 8-10 °C. L’imbottigliamento è
effettuato subito dopo la vendemmia, a volte entro 4 mesi. Ancora, questo aiuta a mantenere la
freschezza e ad esaltare i caratteri dell’uva.
Monitorare ossigeno e antiossidanti
Durante la stabilizzazione, la conservazione e la preparazione del vino per l’imbottigliamento,
vengono monitorati i tenori di ossigeno e di antiossidanti. Queste misure sono particolarmente
importanti nei punti critici dove può avvenire l’esposizione all’aria o in cui l’ossigeno può reagire coi
componenti del vino. Nel caso in cui le analisi mostrino che è richiesto un intervento, si può
effettuare uno strippaggio e l’aggiunta di antiossidanti.
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