2007 1 - Istituto B.Russell

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2007 1 - Istituto B.Russell
Il Giorn@linkio
Anno 2, n°1
Raccontare
… di nuovo
L’anno scolastico è nuovo,
ma il Giorn@linkio è rimasto: per la prima volta il periodico interno alla scuola
riesce a sopravvivere due anni,
con lo stesso nome e buona
parte della redazione del
2006, cui si sono aggiunti
altri ragazzi e ragazze che
hanno accettato la sfida di
riempire queste pagine, inserendo il frutto delle loro idee e
gli spunti che hanno ricevuto
dai loro coordinatori.
Anche quest’anno il
Giorn@linkio darà spazio
a varie voci, a chi vorrà proporre riflessioni, racconti,
esperienze, anche giuste provocazioni: tutti “sassi nello stagno” che vorrebbero stimolare
altri a dire la loro e ad uscire
dal branco (un po’ come è
successo l’anno scorso, quando
l’ultimo numero del giornale
aveva acceso un inatteso dibattito di costume che ha coinvolto più persone).
Raccontare (e raccontarsi) è
una delle cose più belle che la
vita può riservarci, ma è anche
una delle più difficili: occorre
il giusto cocktail di verità
(innanzitutto), correttezza,
ironia e divertimento. Dalle
colonne di questi fogli cercheremo di farlo ogni volta, ma
questo sarà impossibile senza
la vostra collaborazione, come
lettori ed anche come nuovi
narratori: solo in questo modo, tra due o più anni, potrete
leggere un Giorn@linkio
migliore di questo.
Gamma83
PERIODICO DEGLI STUDENTI DELL’ISTITUTO
«BERTRAND RUSSELL» DI GUASTALLA (RE)
Febbraio 2007
PROBLEMI DI IERI ED OGGI
Anno scolastico 20062007: le cose non sono
cambiate molto dall’anno
scorso. Ogni cosa ha i
suoi pregi ed i suoi difetti, ma se sono solo i difetti a venire a galla…
niente di personale, ma è
sempre così.
Si può cominciare con
una cosa – diciamo un
bisogno “negato” – come
i bagni al piano superiore
del plesso dello «Jodi»,
chiusi per la bellezza di Un non auspicabile sviluppo della rotazione delle classi (di Jacopo Mommarelli)
di cui si è parlato fin dall’anno scorso: i
un mese perché… li intasiamo. La socancelli (con i non-alunni che entrano a
luzione più ovvia sarebbe: «ANDATE
MENO IN BAGNO!», quindi non
scuola quando pare a loro) e le solite palestre sporche; a questo dobbiamo aggiunapprofittate della scuola per venire a
gere il nuovo problema della rotazione
farla qua … fatela a casa vostra!!!
delle classi.
Superato con grinta questo grave
(Continua a pagina 2)
problema, tornano un paio di questioni
La Shoah sulla tela:
la mostra di Nerone
Non osiamo pensare quanto sia doloroso e difficile capire appieno cosa
significhi e cos’abbia significato l’Olocausto (anzi, la Shoah) per coloro che lo
hanno vissuto sulla pelle.
Un computer, un dizionario direbbero che è la storia degli Ebrei, vittime
del genocidio nazista, durante la seconda guerra mondiale. Ma questa definizione arriva diritta al cervello: razionale,
matematica. E le urla? I singhiozzi al
buio, l’odore di paura, il sapore della
vergogna e dell’umiliazione?
Non bastano sterili parole a descrivere ciò. Uno degli strumenti più nobili
ed immediati che colpiscono il cuore è
l’arte: le immagini esprimono emozioni.
(Continua a pagina 2)
Alcune delle attività che si sono
svolte a scuola in questi mesi:
l’incontro con Matteo Setti,
la combinata ed uno scoop…
LA BACHECA
DEL RUSSELL
Da pagina 7
Riflessioni, dialoghi, recensioni,
provocazioni ed appuntamenti
interni alla scuola
GIORN@LINKIO
CULTURA
Da pagina 4
2 - Il Giorn@linkio
Febbraio 2007
PROBLEMI DI
IERI ED OGGI
La Shoah sulla tela: la mostra di Nerone
(Continua da pagina 1)
Quanto ai cancelli, le nuove parole
d’ordine sono: «Fabio Cannavaro»,
«Il Re di Francia», «i ladri» … e chi
più ne ha più ne metta, tanto aprono sempre. Forse – e dico forse –
sarà per questo che i “forestieri” entrano quando vogliono; bisogna
anche dire che, grazie alla determinazione ed al senso del dovere dei
nostri collaboratori scolastici
(traduco: i bidelli), i farabutti vengono rispediti da dove son venuti.
E per le palestre sporche?? Eh, raga:
è un problema che va avanti da
quando è nata la scuola.
Il Preside è venuto incontro ai
nostri problemi, risolvendoli, con
calma, ma tutto è bene ciò che finisce bene; come la porta della mia
aula, che è rimasta in mano ad un
mio compagno di classe il primo
giorno ed è stata riparata solo a
fine novembre (l’abbiamo preso
come regalo di Natale).
Prendiamola con filosofia! I difetti
rendono la scuola più divertente
perché ci coinvolge tutti.
Ringraziamo poi il Preside per
averci dato la possibilità di realizzare il progetto «Monte ore», un’iniziativa nuova che sicuramente sarà
divertente e interessante, visti poi i
partecipanti…
PIO
preparato un percorso di suoni, di
Nerone è riuscito ad imprimere esperienze tattili per accompagnare
sentimento, angoscia, forza, terrore e spiegare le figure neroniane. Nel
nei suoi quadri, il cui impatto emo- visitare la mostra si è potuto toccativo induce alla riflessione, suscita re “il filo spinato”, si è stati
pietà. Soffermandosi ad osservare “timbrati”: una vita, un numero;
«Anna Frank», non nasce forse il tristi canti accompagnavano il viagdesiderio di proteggerla, di salvar- gio dei visitatori.
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dal Nerone: Ebrei avviati verso i campi di sterminio (logo della mostra) “ebrei”.
mondo e dall’umano.
È appagante vedere come anche
E quel forno? Pensare con quale i giovani, solitamente più distaccati
combustibile era alimentato… Si dal dolore, si siano commossi tocpercepisce calore, gli occhi brucia- cando con mano le sofferenze di
no quando lo si guarda intensa- un popolo.
mente… E poi le madri disperate,
Per questo, a nome di tutti, rinabbracciate ai bambini spaventati, graziamo il maestro Nerone che,
pronti per la “doccia”.
attraverso la sua pittura, ha aiutato
Questi e tanti altri quadri altret- noi ragazzi a percepire il vero sentanto forti sono stati avvalorati so della morte, della guerra e della
dalla mostra interattiva allestita vita.
dalla prof.ssa Patrizia Vezzani e
Ale & Ale
dalle ragazze della cooperativa di
(Alessandra Leidi e
operatori culturali «Otia». È stato
Alessandra Boldini)
(Continua da pagina 1)
Ma è giusto rendere le superiori un obbligo?
Questa è una domanda che si
pongono molte persone, soprattutto genitori.
C’è chi sostiene sia giusto rendere
la scuola un obbligo: in fondo nella
società in cui viviamo l’istruzione è
fondamentale per riuscire ad ottenere un lavoro soddisfacente. Certo, anche un titolo di studio come
un diploma non può dare le stesse
aspettative di una laurea, che al
giorno d’oggi è molto importante;
la scuola però, oltre ad essere un
luogo di crescita culturale, offre la
possibilità di partecipare ad attività
extra scolastiche, nelle quali i ragaz-
zi possono maturare interessi diversi da quelli che già hanno. I genitori pensano anche che mandare
a scuola i propri figli sia educativo,
nonostante (o, forse, proprio per
questo) i ragazzi d’oggi non abbiano più rispetto né per le persone
più grandi né per le cose che non
appartengono a loro.
Altri invece sostengono il contrario, cioè che la scuola non debba essere un obbligo. Queste persone pensano che i ragazzi dovrebbero avere la possibilità di decidere
da soli se continuare o meno gli
studi, senza essere influenzati da
genitori o insegnanti; per loro, obbligare un ragazzo a frequentare la
scuola è sbagliato, sia nei suoi confronti, che nei confronti delle persone che lo circondano nell’ambiente scolastico (ad esempio rende difficile lo stare in classe con
tranquillità). Inoltre alcuni ragazzi
decidono di ritirarsi per diversi
motivi, in particolare il non potersi
permettere le spese che ogni alunno paga per frequentare la scuola:
se la scuola superiore diventasse
davvero un obbligo, bisognerebbe
abbassare i costi dei libri e le tasse
d’iscrizione.
Teresa Marcone
e Alessia Mele
Anno 2, n°1
Il Giorn@linkio - 3
Le opinioni del Giorn@linkio
Cellulari, prof e scandali
Agli alunni spesso si ripetono
frasi di questo tipo: «Metti via il
cellulare!» oppure «Spegnilo o lo
porto in presidenza!». Come si sa, i
cellulari in classe non si possono
accendere o addirittura non si dovrebbero nemmeno portare; questa
regola, ovviamente, vale non solo
per gli alunni ma anche per i professori che dovrebbero dare l’esempio.
Dopo gli ultimi “scandali” provocati da scolari che hanno divulgato fotografie e filmati poco edificanti (ovviamente è un eufemismo)
grazie ai cellulari, il problema è
diventato più scottante; persino il
ministro dell’Istruzione ha imposto
norme severissime per chi utilizza i
telefoni a scuola e durante le lezioni.
È vero, sembra che noi ragazzi
non riusciamo più a far nulla senza
un videotelefonino ed un collegamento ad Internet: ma siamo davvero da demonizzare? Non saremo
semplicemente figli del nostro tempo (oltre che di chi ci ha comprato il
cellulare)? Un “tempo” che è il risultato di mete raggiunte da generazioni precedenti fino ai nostri genitori?
Il videofonino,
strumento di
comunicazione
negli ultimi mesi
al centro di diversi
fatti di cronaca,
anche all’interno
delle scuole
Sono in molti a volerci «moderni»
ma «anticamente rigorosi»; spontanei ma ossequiosi di non ben definite regole; liberi ed autogestiti ma ci
si scandalizza se per leggerezza –
adolescenziale – succede qualche
disastro. Proprio non troviamo nulla di male in certe bravate, pur se un
tantino spinte; si potrebbe replicare
che basterebbe un po’ di buon senso, ma quello alcuni lo hanno, altri
no (e vale per tutte le età).
Allora, che si fa? Niente cellulari?
Censura? Mah.... non sarà che, come al solito, si ha solo paura di
qualcosa che non si riesce a gestire,
controllare, dirigere perché qualcuno non se n’è occupato a tempo
debito? Riflettete!
Carmen Tessitore
ed Elena Vaiti (1ªQ)
N.B. L’articolo, volutamente provocatorio (e
rispecchiante i pensieri di alcuni studenti), è
stato inserito in queste pagine per suscitare una
discussione e raccogliere i pareri di chiunque,
d’accordo o no, voglia dire la propria; per questo, tutti coloro che volessero intervenire sono
invitati a scrivere all’indirizzo e-mail
[email protected]
Fashion’s victims ed anor essia,
un pr oblema sempr e più discusso
L’anoressia è una malattia mortale sempre più diffusa tra i giovani
d’oggi: consiste in un disturbo psicologico che insorge soprattutto
negli adolescenti, quando non si
sentono più a proprio agio con il
loro fisico. Essi quindi si inducono
ad un digiuno volontario, anche se
il loro corpo richiede cibo per
mantenere un peso necessario, per
crescere in salute e poter sopportare gli sforzi fisici di tutti i giorni.
Benché i pazienti anoressici abbiano appetito, si costringono a
sopprimere questo stimolo, credendo di poter esercitare il controllo sulla propria vita. A questo
punto occorre farsi una domanda
importante: «Perchè persone si
sottopongono a questa tortura fisica solo per poter dimagrire di qualche chilo?»
Prima di tutto va detto che il
90% degli individui affetti da anoressia sono donne. Loro guardano
con ammirazione i modelli di ragazze “tipo” offerti dalla nostra società,
a partire dalle modelle: sottopeso e
molto spesso anch’esse vittime di
malattie dovute al cibo, sono viste
come esempi di donne perfette, ma
in realtà sono prive di sostanza fisica e di femminilità. Eppure è stato
affermato che le donne più belle
della storia del cinema risalgono ai
tempi di Sophia Loren e Marilyn
Monroe: era l’epoca delle pin-up, con
tanto di curve, vitini da vespa, fianchi larghi da taglia 46, e seni molto
prosperosi.
È molto difficile trovare ragazze
sane e reali che raggiungano quei
canoni di bellezza, magrezza e
(presunta) perfezione. A dire la verità, la maggior parte delle modelle
sono ragazze insane che per riuscire
a resistere alla fame fanno uso di
droghe, che in apparenza danno
loro forza ed energia, ma a lungo
andare distruggono le cellule cele-
brali, portando alla morte. Certamente non è un caso che siano in
continuo incremento i casi
di famosi personaggi che fanno uso
di stupefacenti o di giovani e belle
ragazze che muoiono. Come il noto
scandalo di Kate Moss sorpresa a
fare uso di alcool e cocaina, questo
non ha fatto altro che farle pubblicità e successivamente è diventata il
volto-immagine delle più importanti
firme della moda (Chanel, Calvin
Klein, Christian Dior, Rimmel) ed è
apparsa 10 volte sulla copertina di
Vogue.
Lo stereotipo della donna filiforme nasce dall’esigenza degli stilisti, i
quali affermano che una figura senza curve sia più facile e meno costosa da vestire. Non sarà che la maggior parte degli stilisti voglia imporre modelli mascolini perchè più non
attratti dalla bellezza femminile?
Susanna Bigliardi
e Martina Lauri
4 - Il Giorn@linkio
Febbraio 2007
Giorn@linkio C u l t u r a
Spunti di lettura PROVE TECNICHE DI… Dialogo
(a cura della classe 2ªI)
RICHARD
MATHESON
Io sono
leggenda
(Fanucci,
pp. 218,
€ 7,90)
«Io sono leggenda»: tre parole che tengono il lettore col fiato sospeso fino
all’ultimo. «Nei giorni come quello, in cui il
cielo era coperto di nuvole, Robert Neville non
era mai sicuro di quanto mancava al tramonto e a volte li trovava già nelle strade, prima
di riuscire a rientrare in casa. Se non avesse
avuto tanta avversione per la matematica,
avrebbe potuto calcolare l’ora approssimativa
del loro arrivo...». Inizia così questo favoloso romanzo.
La storia è ambientata in un villaggio
americano in cui il protagonista, Robert Neville, si trova ad essere l’ultimo
umano sopravvissuto, in un mondo
abitato completamente da vampiri. Nel
1975 una grande epidemia si diffonde
in tutto il mondo: essa contagia tutte le
persone, trasformandole in vampiri
che si rintanano di giorno e durante la
notte scorrazzano, assetati di sangue.
Nella sua solitudine Robert studia il
fenomeno ed i modi per sterminare
queste creature: durante la notte resta
al riparo nella sua casa (assediata da
morti viventi che tentano di rompere
le sue difese), ma col sorger del sole la
situazione si ribalta, diventando Neville il cacciatore e i vampiri la sua preda.
Il romanzo è suddiviso in tre parti;
la prima, molto coinvolgente, presenta
scontri e rivelazioni su questi strani
nemici; la seconda è un po’ meno avvincente, ma comunque essenziale per
collegarsi alla parte finale, la più bella,
ricchissima di colpi di scena: qui l’autore ha messo tutto sé stesso, chiudendo uno stupendo libro con un finale al
pari delle aspettative date.
Io sono leggenda è un libro stupefacente, perché tiene il lettore sospeso sino
alla fine. La straordinaria determinazione di Robert ad affrontare la sua
strana vita spinge a proseguire nel racconto: una narrazione horror, resa quasi
realistica da Matheson, con la sua straordinaria abilità di descrivere il passare
del tempo. Il libro merita davvero la
lettura, soprattutto per il finale.
Nel tempo la filosofia si è espressa in tanti modi, anche con dialoghi tra pensatori (vedi quelli
scritti da Platone). Alcune classi, sotto la guida della prof.ssa Maria Rosa Mantelli, hanno
ripreso quel genere letterario, attualizzandolo e personalizzandolo. Questo dialogo, tra il serio ed
il faceto, è nato all’interno della classe 3ªB: il coraggioso ideatore si svela nelle sue prime righe.
Eraclito & Parmenide a dialogo:
– Oh, bella zio! Quanto tempo!
– Ciao vecchio! Oh, hai sentito che
hanno assegnato a Marco Tosi il
premio Nobel per la Filosofia? Roba
da matti…
– Ho sentito! L’ha ricevuto per il suo
trattato sul concetto dell’essere; io
l’ho letto e sono rimasto sconvolto.
Tu che pensi dell’essere, Eraclito?
– Ti dirò, fra; io, più che pormi problemi sull’essere, mi concentro sul
divenire di tutte le cose e sul senso
dei contrari.
– E cioè?
– Secondo me la lotta tra i contrari è
l’archè, il principio di tutto. La vita è
tensione di opposti, e questa tensione è generatrice di ogni cosa. L’opposizione dei contrari realizza sia la
loro esistenza sia la loro armonia!
– Continuo a non capire…
– TUTTO SCORRE, bro. Ascolta, ciò
che ti si presenta davanti non torna
più a causa della lotta tra contrari.
Questi si completano a vicenda:
senza il loro opposto non sarebbero
niente. Secondo me «essere» e
«divenire» non si oppongono e basta, ma si identificano. Devi avere
una visione collettiva dell’insieme…
Io penso che la ragione governi tutte
le cose. Gli uomini moderni sono
chiusi a quest’idea, si rifugiano nella
loro scatolina fatta di idee antiquate
e superstizioni. Quello che cerchiamo lo raggiungiamo solo con la ragione. Io sto cercando la verità, e tu?
– Io prendo un Crodino, grazie!
– Mmh… Stavo dicendo che la verità
verrà a galla solo adoperando il mio
modo di vivere, seguendo il «Logos».
– E sarebbe?
– È un termine che allude alla legge, al
pensiero, alla parola e soprattutto
alla ragione. Quando tutti sapranno
utilizzarla capiranno la mia legge sui
contrari e sul divenire.
– Quindi per te il Logos è questa roba?
– Non solo. Io lo vedo anche nel fuoco, ma non come elemento naturale.
Lo vedo più come simbolo di una
continua trasformazione. Dal fuoco
–
–
–
–
–
–
–
–
–
infatti c’è una via che va in su e una
via che va in giù. Dal fuoco, per
condensazione, derivano l’acqua e la
terra. Dalla terra evaporano i vapori
e il vento. Di qui si passa di nuovo al
fuoco. E la storia si ripete… A proposito di fuoco, hai da accendere?
Ho voglia di una paglia… Tu invece
cosa pensi dell'essere, man?
Mah… Boh… Non so… Penso ci
siano due strade per la ricerca: una
fondata sulla verità, l’altra sull’opinione. La prima si basa sul pensiero,
la seconda su quello che si sente dire
in giro. Solo il pensiero conosce «ciò
che è», cioè quello che resta immutato. Se la gente comune segue le opinioni pubbliche 99 volte su 100 si
contraddirà. Se seguirà il pensiero
capirà invece che «l’essere è e non
può non essere». Io, più che pormi
domande sull'archè, affermo che il
principio deve in primis essere.
Cioè? Parla come mangi…
Se il principio non ci fosse, avesse
subito mutazioni o derivasse da qualcos’altro, non sarebbe più principio!
Comincio a capire, uomo…
Solo il pensiero coglie l’idea dell’essere, mentre quello che colgono i
sensi prima o poi svanisce. L’essere
ed il pensare sono la stessa cosa
perché «l’essere è» e lo si può pensare,
mentre «il non essere non è» e non si
riesce a figurarselo. L’essere è eterno e
ingenerato; il non essere semplicemente non è pensabile. Capisci di matematica, bro?
Quel tanto che basta…
Perfetto… Pensa al principio del
«terzo escluso»: un qualcosa È O
NON È. Ma l’essere è uno solo. Se
fosse due, il non essere dovrebbe separare i due opposti esseri… Ma il non
essere non è neanche pensabile. L'idea
di essere è immobile e compatta. Se
fosse mobile si alternerebbe al concetto del non essere. L’essere è una
forma perfetta con forza uguale in
tutti i suoi punti: è una palla, una
sfera. Capito, man?
Boh… Sarà… Resta il fatto che Tosi
ha illuminato il mondo filosofico!!
Giusto bro… PEES!!!
Anno 2, n°1
Il Giorn@linkio - 5
Giorn@linkio C u l t u r a
ASSOLUTISMO: CHE COS’È?
Ciao a tutti!! Avete mai sentito parlare di assolutismo? Che ne pensate?
Per me l’assolutismo è un sistema
politico in cui i tre poteri (legislativo,
esecutivo e giudiziario) sono concentrati nella persona del sovrano, che agisce senza organo di controllo. Questi
poteri non gli sono conferiti da alcuno, ma acquisiti per diritto divino.
Oggi l’assolutista è chi pretende di
dettar legge, proprio come faceva
Luigi XIV circa 400 anni fa. Ma come
si arrivò all’assolutismo in Francia?
Dopo la crisi del ‘300, all’indomani
delle guerre di religione, Enrico IV di
Borbone volle riempire in fretta le
casse e, oltre che rivolgersi ai banchieri privati, iniziò a vendere cariche pubbliche ed importanti uffici di stato,
fino ai titoli nobiliari.
Nacque cosi (anche grazie alla paulette, una tassa che rendeva quelle cariche ereditarie) la «nobiltà di toga», che
col tempo fini per acquistare potere in
ambito politico, economico e sociale;
privilegi ed immunità acquisite furono
difese con tutta la forza. Un esempio
del potere assunto dalla nobiltà di toga
è la trasformazione graduale dei parlamenti provinciali (antiche istituzioni
giudiziarie, create per giudicare cause
di rilievo e registrare gli editti del sovrano) in giudici di legittimità delle
decisioni regie.
Morto Enrico IV, nel 1614 i dignitari di corte indussero l’appena tredicenne Luigi XIII a convocare gli Stati
generali (organo rappresentativo del
Regno); dieci anni dopo, il cardinale
Richelieu (nuovo primo ministro)
limitò le autonomie locali, riservando
allo stato l’uso della forza, aumentò il
carico fiscale e creò un nuovo ceto di
funzionari (gli intendenti) addetti alla
riscossione delle imposte, di nomina
regia ed estrazione borghese.
Dopo Richelieu, il cardinale Mazzarino (che ne prese il posto e ne proseguì la politica) tentò di cambiare il
sistema di riscossione delle imposte;
all’assolutismo ormai alle porte tentarono di opporsi parlamentari e principi (la cosiddetta Fronda), stanchi dello
strapotere del cardinale e delle tasse,
ma tutto fu soffocato.
L’assolutismo vero e proprio nacque con Luigi XIV, noto a tutti come
«il Re Sole»: la sua azione si fece senti-
re in tutti gli ambiti della società. Si
mise al riparo da possibili disordini
religiosi (proibendo il culto di ugonotti e giansenisti); si guardò bene dal
convocare gli Stati generali e ridusse i
poteri di controllo dei parlamentari;
limitò fortemente le autonomie locali,
sminuì la nobiltà feudale e sottopose
le province a uomini di sua fiducia.
L’esercito, potenziato, doveva servire per le costosissime guerre (contro
Spagna, Olanda, Inghilterra ed Austria) volute dal Re; l’aristocrazia, allettata dalla sfarzosa vita di corte, finì
dritta nelle mani del sovrano; in economia diede impulso alle attività produttive ed ai commerci, badando a
controllare strettamente ogni processo
economico.
Dopo questo racconto, cari studenti, vi siete fatti un’idea sull’assolutismo? Per quanto mi riguarda, io concordo col filosofo Rousseau che in
una sua famosa opera, Il contratto sociale
(1762), spiegava come spettasse solo
al popolo il compito di esprimere una
volontà generale che incarni i suoi
autentici interessi: per Rousseau la
vera democrazia è solo quella assembleare, in cui il popolo è chiamato direttamente a decidere (non quella rappresentativa, in cui il popolo, con una
delega, affida lo stesso processo decisionale a individui che sceglie).
Scrisse Rousseau: «Poiché non è
concesso ad alcuna volontà di consentire a niente che sia contrario al bene
dell’essere che vuole, se il popolo promette semplicemente di obbedire, in
questo stesso atto esso si dissolve,
perde la sua qualità di popolo; nel
momento in cui vi è un padrone non
vi è più un corpo sovrano, e da allora
il corpo politico è distrutto».
Penso di avervi dato elementi a
sufficienza per sostenere ognuno la
propria tesi. Sotto lo strapotere assolutista di Luigi XIV, i sudditi francesi
gridavano per far valere i propri diritti;
ancora nel secolo scorso Martin Luther King, ispiratore della lotta non
violenta dei neri americani contro le
segregazioni imposte dai bianchi,
denunciò con forza le discriminazioni
(negazione di libertà politica, di pensiero, e di parola) nel suo discorso più
bello e più famoso: «Io ho un sogno».
Classe 4ªS (Giulia Avanzi)
FOCUS: NOBEL
PER LA PACE ‘06
Foto di
Muhammad
Yunus, premio
Nobel
per la pace 2006
per aver aiutato
i più poveri ad
«aiutarsi»
Il premio Nobel per la pace dello
scorso anno è stato assegnato a Muhammad Yunus, economista nato
66 anni fa nella poverissima Chittagong; per anni docente di economia
negli Stati Uniti, è stato premiato per
il suo progetto della «Gramen Bank»,
la banca del microcredito per i più poveri avviata trent’anni fa.
La «banca rurale» (questo il significato in lingua angla del termine
«Gramen») funziona come ogni altro
istituto bancario, ma recupera il 98%
dei crediti, percentuale che ben poche
altre banche possono vantare.
Yunus ha ideato una nuova teoria
economica che, contrariamente ad
altre, basa i propri fini sul valore umano e sulla volontà di creare un mondo migliore per il proprio popolo: lui
ha creduto in un’economia creata per
avvantaggiare i più poveri, che lavorano per i creditori, non per sé.
L’economista ha invertito il principio seguito dalle banche, per cui più
si ha e più si ottiene (e, di contro, chi
non ha nulla non ottiene nulla): per
Yunus meno hai, più hai il diritto di
avere un prestito. La cosa ha funzionato; alla base di tutto c’è un motto di
Gandhi: «Se dai un pesce a un uomo
lo sfamerai per un giorno, se gli insegni a pescare lo sfamerai per sempre».
Si diceva che le donne non sapevano maneggiare i soldi; lui ha voluto
capire se ciò era vero o era un retaggio della cultura patriarcale di quei
luoghi: oggi il 95% di chi chiede prestiti sono donne e tutte stanno svolgendo un ottimo lavoro.
Il credito è un diritto umano, non la
carità: occorre dare alla gente bisognosa possibilità di vivere da “esseri
umani completi”, non come animali
chiusi negli zoo e sfamati ogni giorno.
La povertà non è stata creata dai
poveri, ma dalle istituzioni e bisogna
concentrarsi su di loro; persone come
Yunus hanno dimostrato che il sogno
di un altro mondo può avverarsi.
Classe 4ªA
6 - Il Giorn@linkio
Febbraio 2007
Giorn@linkio C u l t u r a
Teatro: la «Luba» ruggisce ancora
Anche quest’anno la compagnia
teatrale della scuola «La Luba» ha allestito uno spettacolo di metà anno scolastico, che doveva andare in scena
prima delle vacanze natalizie: per problemi tecnici non è stato possibile, ma
ciò non ha scoraggiato ragazzi e professori che hanno posticipato l’evento.
Il 20 gennaio, nell’atrio dell’istituto,
la compagnia ha messo in scena
«Malumore?», un insieme di sette scenette che analizzavano l’amore in tutti
i suoi aspetti. Nei primi cinque quadri
(«Il prologo», «Finalmente soli», «La
domanda di matrimonio», «Fame d’amore» e «Film muto») si sono alternati
episodi di tradimento a situazioni di
vero amore; le ultime scene
(«L’ipocondriaca» e «La superiora»)
danno buoni consigli a chi vuole liberarsi di una suocera troppo invadente.
Non si è trattato di una recitazione
“classica”, cui la compagnia ci aveva
abituato da anni: gli attori in questo
spettacolo hanno cercato di far concentrare l’attenzione anche sul corpo e
su come esso possa dar spettacolo e
emozionare anche senza le parole; per
questo il prologo e la scena «Film muto» si sono basate essenzialmente sulla
mimica dei personaggi.
I ragazzi, sia quelli che fanno parte
della compagnia da tempo, sia le numerose nuove reclute, hanno dato il
meglio grazie all’aiuto dei professori
Evelina Ferrari, Maddalena Letari e
Roberto Rinaldi che li hanno aiutati e
seguiti fino alla messa in scena.
Come ogni anno il risultato è stato
molto bello e professionale: unico
inconveniente – assolutamente positivo – la mancanza di posti a sedere,
per l’incredibile afflusso di persone.
Come da tradizione, anche questa
volta spero che la compagnia continui
così, che possa continuare a mettere in
scena altri spettacoli e che altri giovani
attori si possano unire alla compagnia:
dunque «In bocca alla Luba!»
Jacopo Mommarelli
La locandina
dell’ultimo
spettacolo
messo in
scena dalla
compagnia
teatrale
«La Luba»,
attiva
all’interno
del Russell
da quasi
15 anni
Comunicare … o cancellare?
Quesito: «Cosa significa comunicare?»
«Parlare», «comprendere», «esporre concetti
attraverso gesti o parole», «capire»,
«rapportarsi agli altri», «scambiarsi opinioni
e idee» eccetera: tanti aspetti che, insieme,
danno una risposta precisa a questa domanda. Ma, al giorno d’oggi, non si sta forse
travisando e impoverendo questo concetto
universalmente così chiaro e importante?
Nel 2007, era di computer, telefonini con
la videochiamata, tv satellitare, si può conversare con amici d’altri continenti, si vedono
film in inglese, giapponese, russo, si scaricano
immagini d’ogni tipo da tutto il mondo.
Ma occorre soffermarsi anche sul rovescio
della medaglia: tutti, bambini e adolescenti
compresi, sono in grado ed hanno la concreta
possibilità di abusare dei mezzi che sono – a
torto o a ragione – considerati basilari, assolutamente necessari dalla società del nuovo
millennio.
Forse non ce ne accorgiamo, ma anche così
la nostra vita perde spessore! Siamo “leoni”
davanti a quello schermo che non ci permette
d’imparare a vincere la nostra timidezza o che
qualcuno usa per diffondere puerile stupidità e
inutili pregiudizi; si rischia di diventare artefici (più o meno consapevoli) di azioni che
portano a conseguenze impreviste.
Ciò che è stato creato dall’uomo per l’uomo
– lo sappiamo tutti – ci ha resi più agiati,
più “comodi”, offre velocità e immediatezza
alle nostre attività ed alla comunicazione; la
stessa tecnologia, però, ha finito per cancellare
molte emozioni e, per colpa di chi ne fa un
cattivo uso, sta contribuendo alla dimenticanza di molti valori etici e morali; intanto noi
stessi stiamo cambiando, rimuovendo passato
e tradizioni per un presente “tecnologico”.
Non giudichiamo nessuno, ma vale la pena
di riflettere, anche solo per un istante: è il caso
di continuare così? Il gioco vale la candela?
Alessandra Leidi e
Alessandra Boldini
LABORATORIO
DI FILOSOFIA
La locandina
del nuovo
laboratorio
di pensiero
(tra religione
filosofia
economia
ed arte)
che il liceo,
all’interno
del Russell,
ha attivato
per l’anno
2007
Per il secondo anno consecutivo
(dopo il successo della prima iniziativa
legata al Male) il liceo scientifico
«Passerini» di Guastalla propone un
«laboratorio di filosofia» per affrontare alcuni temi di grande interesse;
quest’anno il titolo è «Sul filo del potere».
La possibilità di un nuovo percorso
filosofico soddisfa la responsabile del
progetto, prof.ssa Arianna Torreggiani, che vede in questo ciclo d’incontri
un'occasione di formazione importante, indicata per gli studenti ma rivolta
anche agli operatori del settore. Gli
incontri del laboratorio si terranno di
lunedì in aula magna (14:30 – 16:30)
Simone Fellina - Aristotele:
– 19 febbraio: La polis come luogo di
realizzazione della felicità
– 26 febbraio: Il potere politico tra
individuo e polis, Etica e Politica
– 5 marzo: Forme istituzionali del
potere politico tra empiria e utopia
Don Daniele Moretto - Potere e
religione:
– 12 marzo: Il problema della regalità in Israele
– 19 marzo: Gesù e il potere
– 26 marzo: Da una Chiesa perseguitata ad un impero cristiano
– 2 aprile: Il dibattito sul potere
nella Societas Christiana
Federico Zuolo - Baruch Spinoza:
– 16-23 aprile: Il problema teologicopolitico all’inizio della modernità
Simonetta Squillace - Arte e potere:
– 27 aprile: Arte e potere, identità in
dialogo
Anno 2, n°1
Il Giorn@linkio - 7
Il cantante Matteo Setti sale in cattedra
Il 1° febbraio 2007, alle ore 10.30
ha avuto luogo il tanto atteso appuntamento con il cantante Matteo
Setti, che si è fatto conoscere al
mondo grazie alla partecipazione
all’opera di Riccardo Cocciante
Notre Dame de Paris: lì ha interpretato
la parte del poeta, che dopo ogni
scena compariva per spiegare cosa
stesse succedendo all’interno della
storia. All’incontro (organizzato
dalla professoressa Patrizia Vezzani
e reso possibile grazie al prof. Adriano Tosi) erano presenti, oltre alla
stampa, tutto il liceo delle Scienze
Sociali e il gruppo di teatro.
Appena arrivato, il cantante reggiano è stato accolto da applausi e
festeggiamenti; Setti ha ringraziato
tutti per l’occasione che gli era stata
concessa, anche se eravamo noi a
ringraziarlo per essere venuto a parlarci del suo lavoro e di come era
nata la sua passione.
L’artista ha iniziato ricordando la
sua lunga preparazione per le audizioni e come non si aspettasse di
essere scelto tra tutte quelle persone,
aggiungendo che per tutto il tempo
(sia prima che durante) delle audizioni era molto nervoso perché doveva cantare davanti a coloro che
avrebbero deciso cosa ne sarebbe
stato di lui.
Il cantante ci ha detto anche che
inizialmente Cocciante gli aveva
assegnato la parte di Febo, benché
lui non si vedesse molto in quel ruolo: leggendo il libro Matteo si ritro-
vava piuttosto nel
personaggio
di
Gringoire e, dopo
aver
convinto
Riccardo Cocciante a fargli fare un
provino per quella
parte, anche il
cantautore italovietnamita si rese
conto che quello
era il ruolo perfetto per Setti. Ci ha
spiegato pure che durante le prove si
chiedeva se sarebbe stato in grado di
unire l’espressione del viso con i
movimenti del corpo ed il canto, ma
con le sue performances ha dato prova
di esserci riuscito benissimo.
Durante l’incontro Matteo Setti ci
ha parlato delle parti “tecniche” del
canto e degli esercizi che doveva
fare per migliorare il suo modo di
cantare, fino ai racconti di avvenimenti simpatici e ridicoli che lo hanno “colpito” nel corso del tour.
Quando gli è stato chiesto a quale
canzone fosse più legato, ha risposto «Luna», perché gli ricordava il
padre e poi, ultima emozione, ha
iniziato a cantarla: un brivido unico
ha attraversato ognuno di noi.
Lo abbiamo lasciato andare così
come lo abbiamo accolto, tra gli
applausi e una fila interminabile per
gli autografi.
Eleonora Bertolini,
Verdiana Salmi,
Cristiana Soprani (1°T)
LA
HEC
A
DEL
RUS
SELL
BAC
PUBBLICITÀ
(a cura di Cristian Chinello,
Verdiana Salmi, Cristiana
Soprani, Eleonora Bertolini)
Le invenzioni moderne
ci consentono di usare
i prodotti in commercio
per risolvere le situazioni
“troppo stressanti”
per noi studenti.
Se il professore ti interroga
e tu non sei preparato/a,
risolvi la situazione
con un piccolo spruzzo di
«Spray anti - prof»….
Se nella verifica sei certo/a
che non ce la puoi fare,
«Spray anti - prof»
ed il problema sparisce.
Faccia a faccia con … l’omino delle macchinette
Qual è il tuo nome?
Enrico Rossi.
Che soddisfazioni ti dà il tuo lavoro?
Stare in mezzo alla gente ed ai giovani .
Quali sono i prodotti più richiesti dalla
clientela?
Patatine, Coca-Cola, Kinder Bueno
e cioccolate varie.
In quali luoghi vi è maggior consumo?
A scuola!
Quanti distributori ogni giorno rifornisci?
Circa una trentina.
Il vostro lavoro è diviso in gradi? Ad
esempio, c’è un capo con dei privilegi e
persone che eseguono gli ordini?
Bene o male ho anche io delle responsabilità.
Tu di che grado sei?
Basso…
Cosa non sopporti del tuo lavoro?
La cosa che odio di più è la gente che
non usa le buone maniere.
Hai molti amici tra i tuoi colleghi?
Sì, tutti i miei colleghi sono amici.
Quali rischi corri nel tuo mestiere?
Guidare (poiché il lavoro comporta
lo spostarsi da un luogo all’altro) ed
inoltre prestare attenzione agli eventuali furti dei soldi raccolti.
Hai sempre voluto fare questo lavoro oppure è stata una decisione programmata?
La mia è stata una scelta programmata, altrimenti sarei ancora in un
caseificio!
Che mestiere avresti fatto se non fossi diventato rifornitore di macchinette?
Probabilmente l’elettricista.
Ti è piaciuto essere intervistato?
Si, molto.
Consumatori-consumatrici della 1ªT
8 - Il Giorn@linkio
LA
A
HEC
BAC
DEL
SELL
S
U
R
Febbraio 2007
Test per i docenti: come ci comportiamo in classe?
Abbiamo sottoposto un test a tutti i professori del Russell, riguardante il loro rapporto con gli studenti e l’atteggiamento delle varie classi. Delle 150 schede consegnate, solo una cinquantina sono state restituite: molti non
hanno voluto rispondere alle domande, sostenendo che questi test non avrebbero senso e sarebbero inutili (che
delusione!). Tra chi invece ci ha risposto, i più rapidi sono stati i docenti del liceo e del professionale. Di seguito
trovate domande e risposte.
Carmen Tessitore ed Elena Vaiti, 1ªQ
Combinata
sportiva
La Combinata Sportiva è una gara
libera fra classi su varie discipline sportive: corsa campestre, badminton, calcetto, basket, nuoto, atletica, tennis da
tavolo, pallavolo. Le gare sono gestite
al Russell dalla prof.ssa Romana Secchi
ormai da dieci anni.
L’adesione alle gare da parte degli
studenti è abbastanza regolare nel tempo. Le statistiche riferite allo scorso
anno scolastico (2005-2006) dicono
che alle gare hanno partecipato ben
402 studenti (la maggioranza ha partecipato ai tornei di calcetto e pallavolo;
a seguire badminton e tennis tavolo).
Quest’anno la partecipazione è stabile.
A gareggiare sono gli studenti di tutti
gli indirizzi ma, secondo la prof. Secchi, quelli del professionale sono poco
costanti nella partecipazione e aggiunge: «Credo che la Combinata sia un
momento importante per il confronto
fra studenti di classi diverse; mi piacerebbe che il ruolo degli studenti fosse
più attivo, sarebbe bello se loro stessi
si occupassero dell’organizzazione
delle gare e promuovessero iniziative».
Sul sito www.russell.it nella sezione
CULTURA → SPORT potrete trovare
tutte le notizie sulle gare (calendari,
classifiche, regolamento ed i moduli
d’iscrizione) cliccando su «combinata
d’istituto».
Antonio Lumare
1. Che ne pensa del rendimento
scolastico degli studenti (in
generale)?
–
–
–
Molto studiosi: 37
Poco studiosi: 4
Scarsamente studiosi: 14
2. Che comportamento hanno gli
alunni?
–
–
–
Vivace: 27
Corretto: 12
Indisciplinato: 17
(tra le lamentele registrate, le più importanti hanno riguardato le gite, il
libretto durante la ricreazione e le entrate/uscite)
7. In classe fate lavori di gruppo?
–
–
–
Sì, spesso: 11
No, si fa troppa confusione: 14
Qualche volta: 31
8. Secondo Lei, è “facile” la scuola
in cui insegna?
3. Secondo Lei, la maggioranza
degli alunni frequenta la scuola
per un preciso obiettivo lavorativo?
–
Sì: 17
–
No: 31
–
Un po’: 13
(da notare che alcuni hanno risposto:
nulla è facile se lo si fa seriamente; non
sono abituata a definire una scuola
facile o difficile)
4. Durante le ore di lezione, gli
alunni cosa fanno?
9. Secondo Lei le gite sono importanti per noi studenti?
5. Gli alunni soddisfano le Sue
aspettative?
10. Nel complesso Lei è contento
del funzionamento della scuola?
–
–
–
–
–
–
Sì: 11
No : 28
Solo alcuni: 12
Ascoltano: 15
Sono distratti: 38
Sono disinteressati: 9
–
Sì, tutti: 5
–
No, per niente: 2
–
Solo alcuni: 45
(Quadro piuttosto desolante!)
6. Gli alunni si sono lamentati con
Lei circa le nuove regole adottate per il buon funzionamento
della scuola?
–
–
Sì: 9
No: 43
SCOOP!
Chi ha detto che anche i prof non possano avere un fisico tonico ed
atletico? Da giorni girava in corridoio la voce che un gruppo piuttosto
numeroso di professori si ritrovasse il martedì pomeriggio a scuola per
seguire un corso di step … e noi, ragazze della redazione, non potevamo lasciarci sfuggire una così eclatante e succulenta notizia!!
Eccovi dunque una simpatica foto (scura, ma è l’unica cosa che i nostri
reporter d’assalto hanno potuto carpire) di alcune nostre professoresse, tanto amate, odiate e a volte anche un po’ temute, alle prese con la
ginnastica!
Susanna Bigliardi e Stefania Lopriore
–
–
–
Servono molto: 27
Sono una perdita di tempo: 8
Dipende dalla meta: 21
–
Sì: 34
–
No: 11
(tra le proposte pervenuteci, tra le più
significative ci sono: maggior rigore,
maggiore severità nel controllare il
rispetto delle regole; un rapporto più
strutturato con i genitori, per rendere
univoca la disciplina; maggior rispetto
delle regole, delle persone, degli ambienti; incontri pre-post diploma; più
impegno di studenti ed insegnanti)
Anno 2, n°1
Il Giorn@linkio - 9
Alla scoper ta di: LAURA PAUSINI
Laura Pausini, nata il 16 maggio
1974, è cresciuta a Solarolo, piccolo
paese nei pressi di Faenza, in Romagna. Molti per questo credono che sia
anche nata a Solarolo (lo scrive anche
il suo sito ufficiale); in realtà Laura è
nata a Faenza, a pochi chilometri da
Solarolo, anche perché Solarolo è talmente piccola che non ha un ospedale.
La Pausini ha iniziato a cantare nei
locali di pianobar con suo padre fin
dall'età di otto anni. Nel 1987 registrò
il suo primo album, I sogni di Laura
(che però aveva solo scopo promozionale, essendo disponibile solo per gli
spettatori delle sue serate di pianobar)
quel disco conteneva tredici brani,
due scritti da lei (ma firmati dal padre
per motivi di età), mentre gli altri erano reinterpretazioni di brani famosi.
Col tempo partecipa a vari concorsi
in Emilia-Romagna, ma la grande occasione arriva nel 1991, quando passa
con successo le selezioni per partecipare al Festival di Castrocaro. Nel
1993 vince Sanremo nella categoria
«Nuove proposte» con la canzone La
solitudine; l’anno dopo ha il diritto di
gareggiare tra i «big» ed arriva terza
con Strani amori: da allora la sua musica arriva in tutto il mondo.
Nel 1995 riceve l’Oscar della musica (il «World music award») battendo
Mariah Carey; l’anno dopo pubblica
Le cose che vivi che esce in tre versioni
(per i mercati italiano, spagnolo ed ispano-americano) ed inizia un tour che la
porta davanti a milioni di fan in città
come Bruxelles, Rotterdam, Madrid,
Parigi, Montecarlo.
Nel 1998 esce La mia risposta, pubblicato in cinquanta paesi in italiano e spagnolo. L’album rappresenta un’evoluzione musicale dell’artista, grazie a brani
dalle atmosfere soul, con la consueta
buona dose di melodia; chiude l’album
un brano scritto da Phil Collins (Looking
for angel). L’anno dopo incide One more
time per il film «Le parole che non ti ho
detto», con Kevin Costner e Paul Newman; parte poi un breve tour europeo
ed alla fine Laura vola negli USA.
Il 2000 è l’anno di Tra te e il mare (il
brano omonimo è firmato da Biagio
Antonacci); l’anno dopo esce la prima
raccolta «Laura Pausini - The best of» (che
contiene E ritorno da te) mentre l’album
cui lavorava da ben due anni, From the
inside, sbarca negli Stati Uniti nel 2002.
Nel 2004, dopo due anni di pausa
(in cui duetta con la cantante francese
Hélène Ségara), torna sulla scena con
Resta in ascolto e con la versione in spagnolo Escucha; Benedetta passione è invece
il nome del pezzo che Vasco Rossi
(assieme a Gaetano Curreri e Saverio
Grandi degli Stadio) crea in esclusiva
per Laura, mentre Antonacci scrive per
lei Vivimi. Al Festivalbar 2005 è presente con Come se non fosse stato mai amore.
Incide poi un duetto postumo con
Ray Charles (Surrender To Love) e duetta
con Michael Bublé (You'll never find another love like mine) nel dvd Live in Paris. L’
8 febbraio 2006 ottiene il Grammy Award per il miglior album (unica italiana
dopo Domenico Modugno).
Il 10 novembre esce l’album Io canto
(1 milione e 550 mila copie venute in
un mese), raccolta di cover famose; al
disco sarà dedicata una serata, prevista
per la fine di marzo, intitolata proprio
Io canto e strutturata come un musical.
Tra maggio e giugno ci sarà un solo
maxi-concerto a livello mondiale allo
stadio Meazza di Milano.
Antonio Lumare
I miei abiti rivelano la mia vera personalità?
L’abbigliamento trasmette un messaggio su di noi e può essere un mezzo per identificarci: è facile capire che
per molti giovani è importante ed è
anche un modo per affermare la propria indipendenza e individualità.
Alcuni giovani si servono dell'abbigliamento per attirare l’altro sesso o
per apparire più grandi di quanto non
siano in realtà. Alcuni ragazzi preferi-
scono vestirsi come i loro compagni;
sembra che questo dia loro un senso di
sicurezza e di appartenenza, oppure
prendono esempio da alcuni cantanti o
stelle del cinema.
Per altri ancora, invece, abiti strappati, stile punk o di contro, firmati e costosi sono una specie di contrassegno:
se non si ha un certo taglio di capelli o
un certo tipo di scarpe non si riesce ad
entrare in un gruppo di persone
“sofisticate” e che danno particolare
attenzione all’aspetto esteriore.
Questo è davvero un problema antico
come il mondo e che dilaga dappertutto. Si dovrebbe trovare un modo per
affrontarlo e soprattutto eliminarlo!
Avete qualche idea? Scriveteci all’indirizzo e-mail del Giorn@linkio!!!
Carmen Tessitore
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di Nichols Caputo
Il Giorn@linkio
A questo numero hanno collaborato anche:
Giulia Avanzi, Stefania Lopriore, Iolanda Pucci
Marco Tosi e le classi 2°I, 3°B, 4°A e 4°S
PERIODICO DEGLI STUDENTI DELL’ISTITUTO
«BERTRAND RUSSELL» DI GUASTALLA (RE)
Per contattare la redazione del Giorn@linkio potete scri-
Organizzazione 1
vere
Dirigente scolastico: Valerio Messori
----Giornalista responsabile: Gabriele Maestri
(Gamma83)
Direttori: Lucia Grazia (Cinzia) Donatelli, Luca Bassi
Redazione: Greta Alessandri, Emiliano Andreoli,
Eleonora Angeli, Giada Anselmi, Vincenzo Balsamo
(Pio), Eleonora Bertolini, Susanna Bigliardi, Alessandra
Boldini, Kledis Bulaj, Nichols Caputo, Cristian Chinello,
Fatima Cmara, Patrizia Crimi, Davide Daolio, Martina
Lauri, Alessandra Leidi, Antonio Lumare, Teresa
Marcone, Manuela Martino, Hajar Mhaourik, Alessia
Mele, Jacopo Mommarelli, Gloria Pizzetti, Verdiana
Salmi, Cristiana Soprani, Carmen Tessitore, Elena Vaiti
all’indirizzo
e-mail
[email protected].
Lì potrete mandare domande, suggerimenti, critiche
(possibilmente costruttive), ma anche proposte di
collaborazione, spunti per articoli e quant’altro ritenete
di volerci comunicare.
***
Dal prossimo numero vorremmo aprire su queste
pagine uno spazio dedicato a voi lettori: per inviare
lettere e messaggi potete usare la stessa casella di posta
elettronica. Confidiamo in una vostra partecipazione
responsabile (gli interventi vanno benissimo, ma su
queste pagine sono bandite le volgarità inutili)
Valore
Considero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola, la mosca.
Considero valore il regno minerale, l’assemblea delle stelle.
Considero valore il vino finché dura il pasto, un sorriso involontario,
la stanchezza di chi non si è risparmiato, due vecchi che si amano.
Considero valore quello che domani non varrà più niente
e quello che oggi vale ancora poco.
Considero valore tutte le ferite.
Considero valore risparmiare acqua, riparare un paio di scarpe,
tacere in tempo, accorrere a un grido, chiedere permesso prima di sedersi,
provare gratitudine senza ricordare di che.
Considero valore sapere in una stanza dov’è il nord,
qual è il nome del vento che sta asciugando il bucato.
Considero valore il viaggio del vagabondo, la clausura della monaca,
la pazienza del condannato, qualunque colpa sia.
Considero valore l’uso del verbo amare
e l’ipotesi che esista un creatore.
Molti di questi valori non ho conosciuto.
Erri De Luca
Vorrei offrire uno spunto di riflessione a tutti i
ragazzi dell'istituto, ai docenti e a tutti coloro che
hanno avuto la pazienza di arrivare fin qui nella
lettura ed a cui dedico questa poesia dello scrittore napoletano Erri De Luca
La responsabile del progetto :
prof. Lucia Grazia Donatelli