2007 1 - Istituto B.Russell
Transcript
2007 1 - Istituto B.Russell
Il Giorn@linkio Anno 2, n°1 Raccontare … di nuovo L’anno scolastico è nuovo, ma il Giorn@linkio è rimasto: per la prima volta il periodico interno alla scuola riesce a sopravvivere due anni, con lo stesso nome e buona parte della redazione del 2006, cui si sono aggiunti altri ragazzi e ragazze che hanno accettato la sfida di riempire queste pagine, inserendo il frutto delle loro idee e gli spunti che hanno ricevuto dai loro coordinatori. Anche quest’anno il Giorn@linkio darà spazio a varie voci, a chi vorrà proporre riflessioni, racconti, esperienze, anche giuste provocazioni: tutti “sassi nello stagno” che vorrebbero stimolare altri a dire la loro e ad uscire dal branco (un po’ come è successo l’anno scorso, quando l’ultimo numero del giornale aveva acceso un inatteso dibattito di costume che ha coinvolto più persone). Raccontare (e raccontarsi) è una delle cose più belle che la vita può riservarci, ma è anche una delle più difficili: occorre il giusto cocktail di verità (innanzitutto), correttezza, ironia e divertimento. Dalle colonne di questi fogli cercheremo di farlo ogni volta, ma questo sarà impossibile senza la vostra collaborazione, come lettori ed anche come nuovi narratori: solo in questo modo, tra due o più anni, potrete leggere un Giorn@linkio migliore di questo. Gamma83 PERIODICO DEGLI STUDENTI DELL’ISTITUTO «BERTRAND RUSSELL» DI GUASTALLA (RE) Febbraio 2007 PROBLEMI DI IERI ED OGGI Anno scolastico 20062007: le cose non sono cambiate molto dall’anno scorso. Ogni cosa ha i suoi pregi ed i suoi difetti, ma se sono solo i difetti a venire a galla… niente di personale, ma è sempre così. Si può cominciare con una cosa – diciamo un bisogno “negato” – come i bagni al piano superiore del plesso dello «Jodi», chiusi per la bellezza di Un non auspicabile sviluppo della rotazione delle classi (di Jacopo Mommarelli) di cui si è parlato fin dall’anno scorso: i un mese perché… li intasiamo. La socancelli (con i non-alunni che entrano a luzione più ovvia sarebbe: «ANDATE MENO IN BAGNO!», quindi non scuola quando pare a loro) e le solite palestre sporche; a questo dobbiamo aggiunapprofittate della scuola per venire a gere il nuovo problema della rotazione farla qua … fatela a casa vostra!!! delle classi. Superato con grinta questo grave (Continua a pagina 2) problema, tornano un paio di questioni La Shoah sulla tela: la mostra di Nerone Non osiamo pensare quanto sia doloroso e difficile capire appieno cosa significhi e cos’abbia significato l’Olocausto (anzi, la Shoah) per coloro che lo hanno vissuto sulla pelle. Un computer, un dizionario direbbero che è la storia degli Ebrei, vittime del genocidio nazista, durante la seconda guerra mondiale. Ma questa definizione arriva diritta al cervello: razionale, matematica. E le urla? I singhiozzi al buio, l’odore di paura, il sapore della vergogna e dell’umiliazione? Non bastano sterili parole a descrivere ciò. Uno degli strumenti più nobili ed immediati che colpiscono il cuore è l’arte: le immagini esprimono emozioni. (Continua a pagina 2) Alcune delle attività che si sono svolte a scuola in questi mesi: l’incontro con Matteo Setti, la combinata ed uno scoop… LA BACHECA DEL RUSSELL Da pagina 7 Riflessioni, dialoghi, recensioni, provocazioni ed appuntamenti interni alla scuola GIORN@LINKIO CULTURA Da pagina 4 2 - Il Giorn@linkio Febbraio 2007 PROBLEMI DI IERI ED OGGI La Shoah sulla tela: la mostra di Nerone (Continua da pagina 1) Quanto ai cancelli, le nuove parole d’ordine sono: «Fabio Cannavaro», «Il Re di Francia», «i ladri» … e chi più ne ha più ne metta, tanto aprono sempre. Forse – e dico forse – sarà per questo che i “forestieri” entrano quando vogliono; bisogna anche dire che, grazie alla determinazione ed al senso del dovere dei nostri collaboratori scolastici (traduco: i bidelli), i farabutti vengono rispediti da dove son venuti. E per le palestre sporche?? Eh, raga: è un problema che va avanti da quando è nata la scuola. Il Preside è venuto incontro ai nostri problemi, risolvendoli, con calma, ma tutto è bene ciò che finisce bene; come la porta della mia aula, che è rimasta in mano ad un mio compagno di classe il primo giorno ed è stata riparata solo a fine novembre (l’abbiamo preso come regalo di Natale). Prendiamola con filosofia! I difetti rendono la scuola più divertente perché ci coinvolge tutti. Ringraziamo poi il Preside per averci dato la possibilità di realizzare il progetto «Monte ore», un’iniziativa nuova che sicuramente sarà divertente e interessante, visti poi i partecipanti… PIO preparato un percorso di suoni, di Nerone è riuscito ad imprimere esperienze tattili per accompagnare sentimento, angoscia, forza, terrore e spiegare le figure neroniane. Nel nei suoi quadri, il cui impatto emo- visitare la mostra si è potuto toccativo induce alla riflessione, suscita re “il filo spinato”, si è stati pietà. Soffermandosi ad osservare “timbrati”: una vita, un numero; «Anna Frank», non nasce forse il tristi canti accompagnavano il viagdesiderio di proteggerla, di salvar- gio dei visitatori. la? Di Le classi fronte al che han«Campo di no partesterminio» cipato non si sono riavverte maste forse l’orsegnate rore, il da questa male? Pare esperiendi vedere za che un’isola di aiuta a sofferenza sentirsi chiusa, un po’ sola, lontap i ù na dal Nerone: Ebrei avviati verso i campi di sterminio (logo della mostra) “ebrei”. mondo e dall’umano. È appagante vedere come anche E quel forno? Pensare con quale i giovani, solitamente più distaccati combustibile era alimentato… Si dal dolore, si siano commossi tocpercepisce calore, gli occhi brucia- cando con mano le sofferenze di no quando lo si guarda intensa- un popolo. mente… E poi le madri disperate, Per questo, a nome di tutti, rinabbracciate ai bambini spaventati, graziamo il maestro Nerone che, pronti per la “doccia”. attraverso la sua pittura, ha aiutato Questi e tanti altri quadri altret- noi ragazzi a percepire il vero sentanto forti sono stati avvalorati so della morte, della guerra e della dalla mostra interattiva allestita vita. dalla prof.ssa Patrizia Vezzani e Ale & Ale dalle ragazze della cooperativa di (Alessandra Leidi e operatori culturali «Otia». È stato Alessandra Boldini) (Continua da pagina 1) Ma è giusto rendere le superiori un obbligo? Questa è una domanda che si pongono molte persone, soprattutto genitori. C’è chi sostiene sia giusto rendere la scuola un obbligo: in fondo nella società in cui viviamo l’istruzione è fondamentale per riuscire ad ottenere un lavoro soddisfacente. Certo, anche un titolo di studio come un diploma non può dare le stesse aspettative di una laurea, che al giorno d’oggi è molto importante; la scuola però, oltre ad essere un luogo di crescita culturale, offre la possibilità di partecipare ad attività extra scolastiche, nelle quali i ragaz- zi possono maturare interessi diversi da quelli che già hanno. I genitori pensano anche che mandare a scuola i propri figli sia educativo, nonostante (o, forse, proprio per questo) i ragazzi d’oggi non abbiano più rispetto né per le persone più grandi né per le cose che non appartengono a loro. Altri invece sostengono il contrario, cioè che la scuola non debba essere un obbligo. Queste persone pensano che i ragazzi dovrebbero avere la possibilità di decidere da soli se continuare o meno gli studi, senza essere influenzati da genitori o insegnanti; per loro, obbligare un ragazzo a frequentare la scuola è sbagliato, sia nei suoi confronti, che nei confronti delle persone che lo circondano nell’ambiente scolastico (ad esempio rende difficile lo stare in classe con tranquillità). Inoltre alcuni ragazzi decidono di ritirarsi per diversi motivi, in particolare il non potersi permettere le spese che ogni alunno paga per frequentare la scuola: se la scuola superiore diventasse davvero un obbligo, bisognerebbe abbassare i costi dei libri e le tasse d’iscrizione. Teresa Marcone e Alessia Mele Anno 2, n°1 Il Giorn@linkio - 3 Le opinioni del Giorn@linkio Cellulari, prof e scandali Agli alunni spesso si ripetono frasi di questo tipo: «Metti via il cellulare!» oppure «Spegnilo o lo porto in presidenza!». Come si sa, i cellulari in classe non si possono accendere o addirittura non si dovrebbero nemmeno portare; questa regola, ovviamente, vale non solo per gli alunni ma anche per i professori che dovrebbero dare l’esempio. Dopo gli ultimi “scandali” provocati da scolari che hanno divulgato fotografie e filmati poco edificanti (ovviamente è un eufemismo) grazie ai cellulari, il problema è diventato più scottante; persino il ministro dell’Istruzione ha imposto norme severissime per chi utilizza i telefoni a scuola e durante le lezioni. È vero, sembra che noi ragazzi non riusciamo più a far nulla senza un videotelefonino ed un collegamento ad Internet: ma siamo davvero da demonizzare? Non saremo semplicemente figli del nostro tempo (oltre che di chi ci ha comprato il cellulare)? Un “tempo” che è il risultato di mete raggiunte da generazioni precedenti fino ai nostri genitori? Il videofonino, strumento di comunicazione negli ultimi mesi al centro di diversi fatti di cronaca, anche all’interno delle scuole Sono in molti a volerci «moderni» ma «anticamente rigorosi»; spontanei ma ossequiosi di non ben definite regole; liberi ed autogestiti ma ci si scandalizza se per leggerezza – adolescenziale – succede qualche disastro. Proprio non troviamo nulla di male in certe bravate, pur se un tantino spinte; si potrebbe replicare che basterebbe un po’ di buon senso, ma quello alcuni lo hanno, altri no (e vale per tutte le età). Allora, che si fa? Niente cellulari? Censura? Mah.... non sarà che, come al solito, si ha solo paura di qualcosa che non si riesce a gestire, controllare, dirigere perché qualcuno non se n’è occupato a tempo debito? Riflettete! Carmen Tessitore ed Elena Vaiti (1ªQ) N.B. L’articolo, volutamente provocatorio (e rispecchiante i pensieri di alcuni studenti), è stato inserito in queste pagine per suscitare una discussione e raccogliere i pareri di chiunque, d’accordo o no, voglia dire la propria; per questo, tutti coloro che volessero intervenire sono invitati a scrivere all’indirizzo e-mail [email protected] Fashion’s victims ed anor essia, un pr oblema sempr e più discusso L’anoressia è una malattia mortale sempre più diffusa tra i giovani d’oggi: consiste in un disturbo psicologico che insorge soprattutto negli adolescenti, quando non si sentono più a proprio agio con il loro fisico. Essi quindi si inducono ad un digiuno volontario, anche se il loro corpo richiede cibo per mantenere un peso necessario, per crescere in salute e poter sopportare gli sforzi fisici di tutti i giorni. Benché i pazienti anoressici abbiano appetito, si costringono a sopprimere questo stimolo, credendo di poter esercitare il controllo sulla propria vita. A questo punto occorre farsi una domanda importante: «Perchè persone si sottopongono a questa tortura fisica solo per poter dimagrire di qualche chilo?» Prima di tutto va detto che il 90% degli individui affetti da anoressia sono donne. Loro guardano con ammirazione i modelli di ragazze “tipo” offerti dalla nostra società, a partire dalle modelle: sottopeso e molto spesso anch’esse vittime di malattie dovute al cibo, sono viste come esempi di donne perfette, ma in realtà sono prive di sostanza fisica e di femminilità. Eppure è stato affermato che le donne più belle della storia del cinema risalgono ai tempi di Sophia Loren e Marilyn Monroe: era l’epoca delle pin-up, con tanto di curve, vitini da vespa, fianchi larghi da taglia 46, e seni molto prosperosi. È molto difficile trovare ragazze sane e reali che raggiungano quei canoni di bellezza, magrezza e (presunta) perfezione. A dire la verità, la maggior parte delle modelle sono ragazze insane che per riuscire a resistere alla fame fanno uso di droghe, che in apparenza danno loro forza ed energia, ma a lungo andare distruggono le cellule cele- brali, portando alla morte. Certamente non è un caso che siano in continuo incremento i casi di famosi personaggi che fanno uso di stupefacenti o di giovani e belle ragazze che muoiono. Come il noto scandalo di Kate Moss sorpresa a fare uso di alcool e cocaina, questo non ha fatto altro che farle pubblicità e successivamente è diventata il volto-immagine delle più importanti firme della moda (Chanel, Calvin Klein, Christian Dior, Rimmel) ed è apparsa 10 volte sulla copertina di Vogue. Lo stereotipo della donna filiforme nasce dall’esigenza degli stilisti, i quali affermano che una figura senza curve sia più facile e meno costosa da vestire. Non sarà che la maggior parte degli stilisti voglia imporre modelli mascolini perchè più non attratti dalla bellezza femminile? Susanna Bigliardi e Martina Lauri 4 - Il Giorn@linkio Febbraio 2007 Giorn@linkio C u l t u r a Spunti di lettura PROVE TECNICHE DI… Dialogo (a cura della classe 2ªI) RICHARD MATHESON Io sono leggenda (Fanucci, pp. 218, € 7,90) «Io sono leggenda»: tre parole che tengono il lettore col fiato sospeso fino all’ultimo. «Nei giorni come quello, in cui il cielo era coperto di nuvole, Robert Neville non era mai sicuro di quanto mancava al tramonto e a volte li trovava già nelle strade, prima di riuscire a rientrare in casa. Se non avesse avuto tanta avversione per la matematica, avrebbe potuto calcolare l’ora approssimativa del loro arrivo...». Inizia così questo favoloso romanzo. La storia è ambientata in un villaggio americano in cui il protagonista, Robert Neville, si trova ad essere l’ultimo umano sopravvissuto, in un mondo abitato completamente da vampiri. Nel 1975 una grande epidemia si diffonde in tutto il mondo: essa contagia tutte le persone, trasformandole in vampiri che si rintanano di giorno e durante la notte scorrazzano, assetati di sangue. Nella sua solitudine Robert studia il fenomeno ed i modi per sterminare queste creature: durante la notte resta al riparo nella sua casa (assediata da morti viventi che tentano di rompere le sue difese), ma col sorger del sole la situazione si ribalta, diventando Neville il cacciatore e i vampiri la sua preda. Il romanzo è suddiviso in tre parti; la prima, molto coinvolgente, presenta scontri e rivelazioni su questi strani nemici; la seconda è un po’ meno avvincente, ma comunque essenziale per collegarsi alla parte finale, la più bella, ricchissima di colpi di scena: qui l’autore ha messo tutto sé stesso, chiudendo uno stupendo libro con un finale al pari delle aspettative date. Io sono leggenda è un libro stupefacente, perché tiene il lettore sospeso sino alla fine. La straordinaria determinazione di Robert ad affrontare la sua strana vita spinge a proseguire nel racconto: una narrazione horror, resa quasi realistica da Matheson, con la sua straordinaria abilità di descrivere il passare del tempo. Il libro merita davvero la lettura, soprattutto per il finale. Nel tempo la filosofia si è espressa in tanti modi, anche con dialoghi tra pensatori (vedi quelli scritti da Platone). Alcune classi, sotto la guida della prof.ssa Maria Rosa Mantelli, hanno ripreso quel genere letterario, attualizzandolo e personalizzandolo. Questo dialogo, tra il serio ed il faceto, è nato all’interno della classe 3ªB: il coraggioso ideatore si svela nelle sue prime righe. Eraclito & Parmenide a dialogo: – Oh, bella zio! Quanto tempo! – Ciao vecchio! Oh, hai sentito che hanno assegnato a Marco Tosi il premio Nobel per la Filosofia? Roba da matti… – Ho sentito! L’ha ricevuto per il suo trattato sul concetto dell’essere; io l’ho letto e sono rimasto sconvolto. Tu che pensi dell’essere, Eraclito? – Ti dirò, fra; io, più che pormi problemi sull’essere, mi concentro sul divenire di tutte le cose e sul senso dei contrari. – E cioè? – Secondo me la lotta tra i contrari è l’archè, il principio di tutto. La vita è tensione di opposti, e questa tensione è generatrice di ogni cosa. L’opposizione dei contrari realizza sia la loro esistenza sia la loro armonia! – Continuo a non capire… – TUTTO SCORRE, bro. Ascolta, ciò che ti si presenta davanti non torna più a causa della lotta tra contrari. Questi si completano a vicenda: senza il loro opposto non sarebbero niente. Secondo me «essere» e «divenire» non si oppongono e basta, ma si identificano. Devi avere una visione collettiva dell’insieme… Io penso che la ragione governi tutte le cose. Gli uomini moderni sono chiusi a quest’idea, si rifugiano nella loro scatolina fatta di idee antiquate e superstizioni. Quello che cerchiamo lo raggiungiamo solo con la ragione. Io sto cercando la verità, e tu? – Io prendo un Crodino, grazie! – Mmh… Stavo dicendo che la verità verrà a galla solo adoperando il mio modo di vivere, seguendo il «Logos». – E sarebbe? – È un termine che allude alla legge, al pensiero, alla parola e soprattutto alla ragione. Quando tutti sapranno utilizzarla capiranno la mia legge sui contrari e sul divenire. – Quindi per te il Logos è questa roba? – Non solo. Io lo vedo anche nel fuoco, ma non come elemento naturale. Lo vedo più come simbolo di una continua trasformazione. Dal fuoco – – – – – – – – – infatti c’è una via che va in su e una via che va in giù. Dal fuoco, per condensazione, derivano l’acqua e la terra. Dalla terra evaporano i vapori e il vento. Di qui si passa di nuovo al fuoco. E la storia si ripete… A proposito di fuoco, hai da accendere? Ho voglia di una paglia… Tu invece cosa pensi dell'essere, man? Mah… Boh… Non so… Penso ci siano due strade per la ricerca: una fondata sulla verità, l’altra sull’opinione. La prima si basa sul pensiero, la seconda su quello che si sente dire in giro. Solo il pensiero conosce «ciò che è», cioè quello che resta immutato. Se la gente comune segue le opinioni pubbliche 99 volte su 100 si contraddirà. Se seguirà il pensiero capirà invece che «l’essere è e non può non essere». Io, più che pormi domande sull'archè, affermo che il principio deve in primis essere. Cioè? Parla come mangi… Se il principio non ci fosse, avesse subito mutazioni o derivasse da qualcos’altro, non sarebbe più principio! Comincio a capire, uomo… Solo il pensiero coglie l’idea dell’essere, mentre quello che colgono i sensi prima o poi svanisce. L’essere ed il pensare sono la stessa cosa perché «l’essere è» e lo si può pensare, mentre «il non essere non è» e non si riesce a figurarselo. L’essere è eterno e ingenerato; il non essere semplicemente non è pensabile. Capisci di matematica, bro? Quel tanto che basta… Perfetto… Pensa al principio del «terzo escluso»: un qualcosa È O NON È. Ma l’essere è uno solo. Se fosse due, il non essere dovrebbe separare i due opposti esseri… Ma il non essere non è neanche pensabile. L'idea di essere è immobile e compatta. Se fosse mobile si alternerebbe al concetto del non essere. L’essere è una forma perfetta con forza uguale in tutti i suoi punti: è una palla, una sfera. Capito, man? Boh… Sarà… Resta il fatto che Tosi ha illuminato il mondo filosofico!! Giusto bro… PEES!!! Anno 2, n°1 Il Giorn@linkio - 5 Giorn@linkio C u l t u r a ASSOLUTISMO: CHE COS’È? Ciao a tutti!! Avete mai sentito parlare di assolutismo? Che ne pensate? Per me l’assolutismo è un sistema politico in cui i tre poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario) sono concentrati nella persona del sovrano, che agisce senza organo di controllo. Questi poteri non gli sono conferiti da alcuno, ma acquisiti per diritto divino. Oggi l’assolutista è chi pretende di dettar legge, proprio come faceva Luigi XIV circa 400 anni fa. Ma come si arrivò all’assolutismo in Francia? Dopo la crisi del ‘300, all’indomani delle guerre di religione, Enrico IV di Borbone volle riempire in fretta le casse e, oltre che rivolgersi ai banchieri privati, iniziò a vendere cariche pubbliche ed importanti uffici di stato, fino ai titoli nobiliari. Nacque cosi (anche grazie alla paulette, una tassa che rendeva quelle cariche ereditarie) la «nobiltà di toga», che col tempo fini per acquistare potere in ambito politico, economico e sociale; privilegi ed immunità acquisite furono difese con tutta la forza. Un esempio del potere assunto dalla nobiltà di toga è la trasformazione graduale dei parlamenti provinciali (antiche istituzioni giudiziarie, create per giudicare cause di rilievo e registrare gli editti del sovrano) in giudici di legittimità delle decisioni regie. Morto Enrico IV, nel 1614 i dignitari di corte indussero l’appena tredicenne Luigi XIII a convocare gli Stati generali (organo rappresentativo del Regno); dieci anni dopo, il cardinale Richelieu (nuovo primo ministro) limitò le autonomie locali, riservando allo stato l’uso della forza, aumentò il carico fiscale e creò un nuovo ceto di funzionari (gli intendenti) addetti alla riscossione delle imposte, di nomina regia ed estrazione borghese. Dopo Richelieu, il cardinale Mazzarino (che ne prese il posto e ne proseguì la politica) tentò di cambiare il sistema di riscossione delle imposte; all’assolutismo ormai alle porte tentarono di opporsi parlamentari e principi (la cosiddetta Fronda), stanchi dello strapotere del cardinale e delle tasse, ma tutto fu soffocato. L’assolutismo vero e proprio nacque con Luigi XIV, noto a tutti come «il Re Sole»: la sua azione si fece senti- re in tutti gli ambiti della società. Si mise al riparo da possibili disordini religiosi (proibendo il culto di ugonotti e giansenisti); si guardò bene dal convocare gli Stati generali e ridusse i poteri di controllo dei parlamentari; limitò fortemente le autonomie locali, sminuì la nobiltà feudale e sottopose le province a uomini di sua fiducia. L’esercito, potenziato, doveva servire per le costosissime guerre (contro Spagna, Olanda, Inghilterra ed Austria) volute dal Re; l’aristocrazia, allettata dalla sfarzosa vita di corte, finì dritta nelle mani del sovrano; in economia diede impulso alle attività produttive ed ai commerci, badando a controllare strettamente ogni processo economico. Dopo questo racconto, cari studenti, vi siete fatti un’idea sull’assolutismo? Per quanto mi riguarda, io concordo col filosofo Rousseau che in una sua famosa opera, Il contratto sociale (1762), spiegava come spettasse solo al popolo il compito di esprimere una volontà generale che incarni i suoi autentici interessi: per Rousseau la vera democrazia è solo quella assembleare, in cui il popolo è chiamato direttamente a decidere (non quella rappresentativa, in cui il popolo, con una delega, affida lo stesso processo decisionale a individui che sceglie). Scrisse Rousseau: «Poiché non è concesso ad alcuna volontà di consentire a niente che sia contrario al bene dell’essere che vuole, se il popolo promette semplicemente di obbedire, in questo stesso atto esso si dissolve, perde la sua qualità di popolo; nel momento in cui vi è un padrone non vi è più un corpo sovrano, e da allora il corpo politico è distrutto». Penso di avervi dato elementi a sufficienza per sostenere ognuno la propria tesi. Sotto lo strapotere assolutista di Luigi XIV, i sudditi francesi gridavano per far valere i propri diritti; ancora nel secolo scorso Martin Luther King, ispiratore della lotta non violenta dei neri americani contro le segregazioni imposte dai bianchi, denunciò con forza le discriminazioni (negazione di libertà politica, di pensiero, e di parola) nel suo discorso più bello e più famoso: «Io ho un sogno». Classe 4ªS (Giulia Avanzi) FOCUS: NOBEL PER LA PACE ‘06 Foto di Muhammad Yunus, premio Nobel per la pace 2006 per aver aiutato i più poveri ad «aiutarsi» Il premio Nobel per la pace dello scorso anno è stato assegnato a Muhammad Yunus, economista nato 66 anni fa nella poverissima Chittagong; per anni docente di economia negli Stati Uniti, è stato premiato per il suo progetto della «Gramen Bank», la banca del microcredito per i più poveri avviata trent’anni fa. La «banca rurale» (questo il significato in lingua angla del termine «Gramen») funziona come ogni altro istituto bancario, ma recupera il 98% dei crediti, percentuale che ben poche altre banche possono vantare. Yunus ha ideato una nuova teoria economica che, contrariamente ad altre, basa i propri fini sul valore umano e sulla volontà di creare un mondo migliore per il proprio popolo: lui ha creduto in un’economia creata per avvantaggiare i più poveri, che lavorano per i creditori, non per sé. L’economista ha invertito il principio seguito dalle banche, per cui più si ha e più si ottiene (e, di contro, chi non ha nulla non ottiene nulla): per Yunus meno hai, più hai il diritto di avere un prestito. La cosa ha funzionato; alla base di tutto c’è un motto di Gandhi: «Se dai un pesce a un uomo lo sfamerai per un giorno, se gli insegni a pescare lo sfamerai per sempre». Si diceva che le donne non sapevano maneggiare i soldi; lui ha voluto capire se ciò era vero o era un retaggio della cultura patriarcale di quei luoghi: oggi il 95% di chi chiede prestiti sono donne e tutte stanno svolgendo un ottimo lavoro. Il credito è un diritto umano, non la carità: occorre dare alla gente bisognosa possibilità di vivere da “esseri umani completi”, non come animali chiusi negli zoo e sfamati ogni giorno. La povertà non è stata creata dai poveri, ma dalle istituzioni e bisogna concentrarsi su di loro; persone come Yunus hanno dimostrato che il sogno di un altro mondo può avverarsi. Classe 4ªA 6 - Il Giorn@linkio Febbraio 2007 Giorn@linkio C u l t u r a Teatro: la «Luba» ruggisce ancora Anche quest’anno la compagnia teatrale della scuola «La Luba» ha allestito uno spettacolo di metà anno scolastico, che doveva andare in scena prima delle vacanze natalizie: per problemi tecnici non è stato possibile, ma ciò non ha scoraggiato ragazzi e professori che hanno posticipato l’evento. Il 20 gennaio, nell’atrio dell’istituto, la compagnia ha messo in scena «Malumore?», un insieme di sette scenette che analizzavano l’amore in tutti i suoi aspetti. Nei primi cinque quadri («Il prologo», «Finalmente soli», «La domanda di matrimonio», «Fame d’amore» e «Film muto») si sono alternati episodi di tradimento a situazioni di vero amore; le ultime scene («L’ipocondriaca» e «La superiora») danno buoni consigli a chi vuole liberarsi di una suocera troppo invadente. Non si è trattato di una recitazione “classica”, cui la compagnia ci aveva abituato da anni: gli attori in questo spettacolo hanno cercato di far concentrare l’attenzione anche sul corpo e su come esso possa dar spettacolo e emozionare anche senza le parole; per questo il prologo e la scena «Film muto» si sono basate essenzialmente sulla mimica dei personaggi. I ragazzi, sia quelli che fanno parte della compagnia da tempo, sia le numerose nuove reclute, hanno dato il meglio grazie all’aiuto dei professori Evelina Ferrari, Maddalena Letari e Roberto Rinaldi che li hanno aiutati e seguiti fino alla messa in scena. Come ogni anno il risultato è stato molto bello e professionale: unico inconveniente – assolutamente positivo – la mancanza di posti a sedere, per l’incredibile afflusso di persone. Come da tradizione, anche questa volta spero che la compagnia continui così, che possa continuare a mettere in scena altri spettacoli e che altri giovani attori si possano unire alla compagnia: dunque «In bocca alla Luba!» Jacopo Mommarelli La locandina dell’ultimo spettacolo messo in scena dalla compagnia teatrale «La Luba», attiva all’interno del Russell da quasi 15 anni Comunicare … o cancellare? Quesito: «Cosa significa comunicare?» «Parlare», «comprendere», «esporre concetti attraverso gesti o parole», «capire», «rapportarsi agli altri», «scambiarsi opinioni e idee» eccetera: tanti aspetti che, insieme, danno una risposta precisa a questa domanda. Ma, al giorno d’oggi, non si sta forse travisando e impoverendo questo concetto universalmente così chiaro e importante? Nel 2007, era di computer, telefonini con la videochiamata, tv satellitare, si può conversare con amici d’altri continenti, si vedono film in inglese, giapponese, russo, si scaricano immagini d’ogni tipo da tutto il mondo. Ma occorre soffermarsi anche sul rovescio della medaglia: tutti, bambini e adolescenti compresi, sono in grado ed hanno la concreta possibilità di abusare dei mezzi che sono – a torto o a ragione – considerati basilari, assolutamente necessari dalla società del nuovo millennio. Forse non ce ne accorgiamo, ma anche così la nostra vita perde spessore! Siamo “leoni” davanti a quello schermo che non ci permette d’imparare a vincere la nostra timidezza o che qualcuno usa per diffondere puerile stupidità e inutili pregiudizi; si rischia di diventare artefici (più o meno consapevoli) di azioni che portano a conseguenze impreviste. Ciò che è stato creato dall’uomo per l’uomo – lo sappiamo tutti – ci ha resi più agiati, più “comodi”, offre velocità e immediatezza alle nostre attività ed alla comunicazione; la stessa tecnologia, però, ha finito per cancellare molte emozioni e, per colpa di chi ne fa un cattivo uso, sta contribuendo alla dimenticanza di molti valori etici e morali; intanto noi stessi stiamo cambiando, rimuovendo passato e tradizioni per un presente “tecnologico”. Non giudichiamo nessuno, ma vale la pena di riflettere, anche solo per un istante: è il caso di continuare così? Il gioco vale la candela? Alessandra Leidi e Alessandra Boldini LABORATORIO DI FILOSOFIA La locandina del nuovo laboratorio di pensiero (tra religione filosofia economia ed arte) che il liceo, all’interno del Russell, ha attivato per l’anno 2007 Per il secondo anno consecutivo (dopo il successo della prima iniziativa legata al Male) il liceo scientifico «Passerini» di Guastalla propone un «laboratorio di filosofia» per affrontare alcuni temi di grande interesse; quest’anno il titolo è «Sul filo del potere». La possibilità di un nuovo percorso filosofico soddisfa la responsabile del progetto, prof.ssa Arianna Torreggiani, che vede in questo ciclo d’incontri un'occasione di formazione importante, indicata per gli studenti ma rivolta anche agli operatori del settore. Gli incontri del laboratorio si terranno di lunedì in aula magna (14:30 – 16:30) Simone Fellina - Aristotele: – 19 febbraio: La polis come luogo di realizzazione della felicità – 26 febbraio: Il potere politico tra individuo e polis, Etica e Politica – 5 marzo: Forme istituzionali del potere politico tra empiria e utopia Don Daniele Moretto - Potere e religione: – 12 marzo: Il problema della regalità in Israele – 19 marzo: Gesù e il potere – 26 marzo: Da una Chiesa perseguitata ad un impero cristiano – 2 aprile: Il dibattito sul potere nella Societas Christiana Federico Zuolo - Baruch Spinoza: – 16-23 aprile: Il problema teologicopolitico all’inizio della modernità Simonetta Squillace - Arte e potere: – 27 aprile: Arte e potere, identità in dialogo Anno 2, n°1 Il Giorn@linkio - 7 Il cantante Matteo Setti sale in cattedra Il 1° febbraio 2007, alle ore 10.30 ha avuto luogo il tanto atteso appuntamento con il cantante Matteo Setti, che si è fatto conoscere al mondo grazie alla partecipazione all’opera di Riccardo Cocciante Notre Dame de Paris: lì ha interpretato la parte del poeta, che dopo ogni scena compariva per spiegare cosa stesse succedendo all’interno della storia. All’incontro (organizzato dalla professoressa Patrizia Vezzani e reso possibile grazie al prof. Adriano Tosi) erano presenti, oltre alla stampa, tutto il liceo delle Scienze Sociali e il gruppo di teatro. Appena arrivato, il cantante reggiano è stato accolto da applausi e festeggiamenti; Setti ha ringraziato tutti per l’occasione che gli era stata concessa, anche se eravamo noi a ringraziarlo per essere venuto a parlarci del suo lavoro e di come era nata la sua passione. L’artista ha iniziato ricordando la sua lunga preparazione per le audizioni e come non si aspettasse di essere scelto tra tutte quelle persone, aggiungendo che per tutto il tempo (sia prima che durante) delle audizioni era molto nervoso perché doveva cantare davanti a coloro che avrebbero deciso cosa ne sarebbe stato di lui. Il cantante ci ha detto anche che inizialmente Cocciante gli aveva assegnato la parte di Febo, benché lui non si vedesse molto in quel ruolo: leggendo il libro Matteo si ritro- vava piuttosto nel personaggio di Gringoire e, dopo aver convinto Riccardo Cocciante a fargli fare un provino per quella parte, anche il cantautore italovietnamita si rese conto che quello era il ruolo perfetto per Setti. Ci ha spiegato pure che durante le prove si chiedeva se sarebbe stato in grado di unire l’espressione del viso con i movimenti del corpo ed il canto, ma con le sue performances ha dato prova di esserci riuscito benissimo. Durante l’incontro Matteo Setti ci ha parlato delle parti “tecniche” del canto e degli esercizi che doveva fare per migliorare il suo modo di cantare, fino ai racconti di avvenimenti simpatici e ridicoli che lo hanno “colpito” nel corso del tour. Quando gli è stato chiesto a quale canzone fosse più legato, ha risposto «Luna», perché gli ricordava il padre e poi, ultima emozione, ha iniziato a cantarla: un brivido unico ha attraversato ognuno di noi. Lo abbiamo lasciato andare così come lo abbiamo accolto, tra gli applausi e una fila interminabile per gli autografi. Eleonora Bertolini, Verdiana Salmi, Cristiana Soprani (1°T) LA HEC A DEL RUS SELL BAC PUBBLICITÀ (a cura di Cristian Chinello, Verdiana Salmi, Cristiana Soprani, Eleonora Bertolini) Le invenzioni moderne ci consentono di usare i prodotti in commercio per risolvere le situazioni “troppo stressanti” per noi studenti. Se il professore ti interroga e tu non sei preparato/a, risolvi la situazione con un piccolo spruzzo di «Spray anti - prof»…. Se nella verifica sei certo/a che non ce la puoi fare, «Spray anti - prof» ed il problema sparisce. Faccia a faccia con … l’omino delle macchinette Qual è il tuo nome? Enrico Rossi. Che soddisfazioni ti dà il tuo lavoro? Stare in mezzo alla gente ed ai giovani . Quali sono i prodotti più richiesti dalla clientela? Patatine, Coca-Cola, Kinder Bueno e cioccolate varie. In quali luoghi vi è maggior consumo? A scuola! Quanti distributori ogni giorno rifornisci? Circa una trentina. Il vostro lavoro è diviso in gradi? Ad esempio, c’è un capo con dei privilegi e persone che eseguono gli ordini? Bene o male ho anche io delle responsabilità. Tu di che grado sei? Basso… Cosa non sopporti del tuo lavoro? La cosa che odio di più è la gente che non usa le buone maniere. Hai molti amici tra i tuoi colleghi? Sì, tutti i miei colleghi sono amici. Quali rischi corri nel tuo mestiere? Guidare (poiché il lavoro comporta lo spostarsi da un luogo all’altro) ed inoltre prestare attenzione agli eventuali furti dei soldi raccolti. Hai sempre voluto fare questo lavoro oppure è stata una decisione programmata? La mia è stata una scelta programmata, altrimenti sarei ancora in un caseificio! Che mestiere avresti fatto se non fossi diventato rifornitore di macchinette? Probabilmente l’elettricista. Ti è piaciuto essere intervistato? Si, molto. Consumatori-consumatrici della 1ªT 8 - Il Giorn@linkio LA A HEC BAC DEL SELL S U R Febbraio 2007 Test per i docenti: come ci comportiamo in classe? Abbiamo sottoposto un test a tutti i professori del Russell, riguardante il loro rapporto con gli studenti e l’atteggiamento delle varie classi. Delle 150 schede consegnate, solo una cinquantina sono state restituite: molti non hanno voluto rispondere alle domande, sostenendo che questi test non avrebbero senso e sarebbero inutili (che delusione!). Tra chi invece ci ha risposto, i più rapidi sono stati i docenti del liceo e del professionale. Di seguito trovate domande e risposte. Carmen Tessitore ed Elena Vaiti, 1ªQ Combinata sportiva La Combinata Sportiva è una gara libera fra classi su varie discipline sportive: corsa campestre, badminton, calcetto, basket, nuoto, atletica, tennis da tavolo, pallavolo. Le gare sono gestite al Russell dalla prof.ssa Romana Secchi ormai da dieci anni. L’adesione alle gare da parte degli studenti è abbastanza regolare nel tempo. Le statistiche riferite allo scorso anno scolastico (2005-2006) dicono che alle gare hanno partecipato ben 402 studenti (la maggioranza ha partecipato ai tornei di calcetto e pallavolo; a seguire badminton e tennis tavolo). Quest’anno la partecipazione è stabile. A gareggiare sono gli studenti di tutti gli indirizzi ma, secondo la prof. Secchi, quelli del professionale sono poco costanti nella partecipazione e aggiunge: «Credo che la Combinata sia un momento importante per il confronto fra studenti di classi diverse; mi piacerebbe che il ruolo degli studenti fosse più attivo, sarebbe bello se loro stessi si occupassero dell’organizzazione delle gare e promuovessero iniziative». Sul sito www.russell.it nella sezione CULTURA → SPORT potrete trovare tutte le notizie sulle gare (calendari, classifiche, regolamento ed i moduli d’iscrizione) cliccando su «combinata d’istituto». Antonio Lumare 1. Che ne pensa del rendimento scolastico degli studenti (in generale)? – – – Molto studiosi: 37 Poco studiosi: 4 Scarsamente studiosi: 14 2. Che comportamento hanno gli alunni? – – – Vivace: 27 Corretto: 12 Indisciplinato: 17 (tra le lamentele registrate, le più importanti hanno riguardato le gite, il libretto durante la ricreazione e le entrate/uscite) 7. In classe fate lavori di gruppo? – – – Sì, spesso: 11 No, si fa troppa confusione: 14 Qualche volta: 31 8. Secondo Lei, è “facile” la scuola in cui insegna? 3. Secondo Lei, la maggioranza degli alunni frequenta la scuola per un preciso obiettivo lavorativo? – Sì: 17 – No: 31 – Un po’: 13 (da notare che alcuni hanno risposto: nulla è facile se lo si fa seriamente; non sono abituata a definire una scuola facile o difficile) 4. Durante le ore di lezione, gli alunni cosa fanno? 9. Secondo Lei le gite sono importanti per noi studenti? 5. Gli alunni soddisfano le Sue aspettative? 10. Nel complesso Lei è contento del funzionamento della scuola? – – – – – – Sì: 11 No : 28 Solo alcuni: 12 Ascoltano: 15 Sono distratti: 38 Sono disinteressati: 9 – Sì, tutti: 5 – No, per niente: 2 – Solo alcuni: 45 (Quadro piuttosto desolante!) 6. Gli alunni si sono lamentati con Lei circa le nuove regole adottate per il buon funzionamento della scuola? – – Sì: 9 No: 43 SCOOP! Chi ha detto che anche i prof non possano avere un fisico tonico ed atletico? Da giorni girava in corridoio la voce che un gruppo piuttosto numeroso di professori si ritrovasse il martedì pomeriggio a scuola per seguire un corso di step … e noi, ragazze della redazione, non potevamo lasciarci sfuggire una così eclatante e succulenta notizia!! Eccovi dunque una simpatica foto (scura, ma è l’unica cosa che i nostri reporter d’assalto hanno potuto carpire) di alcune nostre professoresse, tanto amate, odiate e a volte anche un po’ temute, alle prese con la ginnastica! Susanna Bigliardi e Stefania Lopriore – – – Servono molto: 27 Sono una perdita di tempo: 8 Dipende dalla meta: 21 – Sì: 34 – No: 11 (tra le proposte pervenuteci, tra le più significative ci sono: maggior rigore, maggiore severità nel controllare il rispetto delle regole; un rapporto più strutturato con i genitori, per rendere univoca la disciplina; maggior rispetto delle regole, delle persone, degli ambienti; incontri pre-post diploma; più impegno di studenti ed insegnanti) Anno 2, n°1 Il Giorn@linkio - 9 Alla scoper ta di: LAURA PAUSINI Laura Pausini, nata il 16 maggio 1974, è cresciuta a Solarolo, piccolo paese nei pressi di Faenza, in Romagna. Molti per questo credono che sia anche nata a Solarolo (lo scrive anche il suo sito ufficiale); in realtà Laura è nata a Faenza, a pochi chilometri da Solarolo, anche perché Solarolo è talmente piccola che non ha un ospedale. La Pausini ha iniziato a cantare nei locali di pianobar con suo padre fin dall'età di otto anni. Nel 1987 registrò il suo primo album, I sogni di Laura (che però aveva solo scopo promozionale, essendo disponibile solo per gli spettatori delle sue serate di pianobar) quel disco conteneva tredici brani, due scritti da lei (ma firmati dal padre per motivi di età), mentre gli altri erano reinterpretazioni di brani famosi. Col tempo partecipa a vari concorsi in Emilia-Romagna, ma la grande occasione arriva nel 1991, quando passa con successo le selezioni per partecipare al Festival di Castrocaro. Nel 1993 vince Sanremo nella categoria «Nuove proposte» con la canzone La solitudine; l’anno dopo ha il diritto di gareggiare tra i «big» ed arriva terza con Strani amori: da allora la sua musica arriva in tutto il mondo. Nel 1995 riceve l’Oscar della musica (il «World music award») battendo Mariah Carey; l’anno dopo pubblica Le cose che vivi che esce in tre versioni (per i mercati italiano, spagnolo ed ispano-americano) ed inizia un tour che la porta davanti a milioni di fan in città come Bruxelles, Rotterdam, Madrid, Parigi, Montecarlo. Nel 1998 esce La mia risposta, pubblicato in cinquanta paesi in italiano e spagnolo. L’album rappresenta un’evoluzione musicale dell’artista, grazie a brani dalle atmosfere soul, con la consueta buona dose di melodia; chiude l’album un brano scritto da Phil Collins (Looking for angel). L’anno dopo incide One more time per il film «Le parole che non ti ho detto», con Kevin Costner e Paul Newman; parte poi un breve tour europeo ed alla fine Laura vola negli USA. Il 2000 è l’anno di Tra te e il mare (il brano omonimo è firmato da Biagio Antonacci); l’anno dopo esce la prima raccolta «Laura Pausini - The best of» (che contiene E ritorno da te) mentre l’album cui lavorava da ben due anni, From the inside, sbarca negli Stati Uniti nel 2002. Nel 2004, dopo due anni di pausa (in cui duetta con la cantante francese Hélène Ségara), torna sulla scena con Resta in ascolto e con la versione in spagnolo Escucha; Benedetta passione è invece il nome del pezzo che Vasco Rossi (assieme a Gaetano Curreri e Saverio Grandi degli Stadio) crea in esclusiva per Laura, mentre Antonacci scrive per lei Vivimi. Al Festivalbar 2005 è presente con Come se non fosse stato mai amore. Incide poi un duetto postumo con Ray Charles (Surrender To Love) e duetta con Michael Bublé (You'll never find another love like mine) nel dvd Live in Paris. L’ 8 febbraio 2006 ottiene il Grammy Award per il miglior album (unica italiana dopo Domenico Modugno). Il 10 novembre esce l’album Io canto (1 milione e 550 mila copie venute in un mese), raccolta di cover famose; al disco sarà dedicata una serata, prevista per la fine di marzo, intitolata proprio Io canto e strutturata come un musical. Tra maggio e giugno ci sarà un solo maxi-concerto a livello mondiale allo stadio Meazza di Milano. Antonio Lumare I miei abiti rivelano la mia vera personalità? L’abbigliamento trasmette un messaggio su di noi e può essere un mezzo per identificarci: è facile capire che per molti giovani è importante ed è anche un modo per affermare la propria indipendenza e individualità. Alcuni giovani si servono dell'abbigliamento per attirare l’altro sesso o per apparire più grandi di quanto non siano in realtà. Alcuni ragazzi preferi- scono vestirsi come i loro compagni; sembra che questo dia loro un senso di sicurezza e di appartenenza, oppure prendono esempio da alcuni cantanti o stelle del cinema. Per altri ancora, invece, abiti strappati, stile punk o di contro, firmati e costosi sono una specie di contrassegno: se non si ha un certo taglio di capelli o un certo tipo di scarpe non si riesce ad entrare in un gruppo di persone “sofisticate” e che danno particolare attenzione all’aspetto esteriore. Questo è davvero un problema antico come il mondo e che dilaga dappertutto. Si dovrebbe trovare un modo per affrontarlo e soprattutto eliminarlo! Avete qualche idea? Scriveteci all’indirizzo e-mail del Giorn@linkio!!! Carmen Tessitore L A L A V I G N E T T A V I G N E T T A di Nichols Caputo Il Giorn@linkio A questo numero hanno collaborato anche: Giulia Avanzi, Stefania Lopriore, Iolanda Pucci Marco Tosi e le classi 2°I, 3°B, 4°A e 4°S PERIODICO DEGLI STUDENTI DELL’ISTITUTO «BERTRAND RUSSELL» DI GUASTALLA (RE) Per contattare la redazione del Giorn@linkio potete scri- Organizzazione 1 vere Dirigente scolastico: Valerio Messori ----Giornalista responsabile: Gabriele Maestri (Gamma83) Direttori: Lucia Grazia (Cinzia) Donatelli, Luca Bassi Redazione: Greta Alessandri, Emiliano Andreoli, Eleonora Angeli, Giada Anselmi, Vincenzo Balsamo (Pio), Eleonora Bertolini, Susanna Bigliardi, Alessandra Boldini, Kledis Bulaj, Nichols Caputo, Cristian Chinello, Fatima Cmara, Patrizia Crimi, Davide Daolio, Martina Lauri, Alessandra Leidi, Antonio Lumare, Teresa Marcone, Manuela Martino, Hajar Mhaourik, Alessia Mele, Jacopo Mommarelli, Gloria Pizzetti, Verdiana Salmi, Cristiana Soprani, Carmen Tessitore, Elena Vaiti all’indirizzo e-mail [email protected]. Lì potrete mandare domande, suggerimenti, critiche (possibilmente costruttive), ma anche proposte di collaborazione, spunti per articoli e quant’altro ritenete di volerci comunicare. *** Dal prossimo numero vorremmo aprire su queste pagine uno spazio dedicato a voi lettori: per inviare lettere e messaggi potete usare la stessa casella di posta elettronica. Confidiamo in una vostra partecipazione responsabile (gli interventi vanno benissimo, ma su queste pagine sono bandite le volgarità inutili) Valore Considero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola, la mosca. Considero valore il regno minerale, l’assemblea delle stelle. Considero valore il vino finché dura il pasto, un sorriso involontario, la stanchezza di chi non si è risparmiato, due vecchi che si amano. Considero valore quello che domani non varrà più niente e quello che oggi vale ancora poco. Considero valore tutte le ferite. Considero valore risparmiare acqua, riparare un paio di scarpe, tacere in tempo, accorrere a un grido, chiedere permesso prima di sedersi, provare gratitudine senza ricordare di che. Considero valore sapere in una stanza dov’è il nord, qual è il nome del vento che sta asciugando il bucato. Considero valore il viaggio del vagabondo, la clausura della monaca, la pazienza del condannato, qualunque colpa sia. Considero valore l’uso del verbo amare e l’ipotesi che esista un creatore. Molti di questi valori non ho conosciuto. Erri De Luca Vorrei offrire uno spunto di riflessione a tutti i ragazzi dell'istituto, ai docenti e a tutti coloro che hanno avuto la pazienza di arrivare fin qui nella lettura ed a cui dedico questa poesia dello scrittore napoletano Erri De Luca La responsabile del progetto : prof. Lucia Grazia Donatelli