il reportage - Il Secolo XIX
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il reportage - Il Secolo XIX
2 MERCOLEDÌ 20 FEBBRAIO 2008 il reportage TRIPOLI FRA RINASCITA E INCUBI COLONIALI TUNISIA Zuwarah Sabratah Tripoli Leptis Magna Misurata 1 milione e mezzo 300 euro 10 centesimi al litro 7065 milioni di euro 3,7% 40 miliardi di dollari EGITTO gli abitanti di Tripoli lo stipendio medio il prezzo della benzina Tobruk il valore dell’interscambio Italia-Libia la quota libica dell’investimento estero in Liguria gli investimenti strutturali previsti entro il 2010 Bengasi Sirte LIBIA dalla prima pagina La capitale sta già cambiando. Grat tacieli futuristi svettano nel cuore di Dhat alImad, il quartiere degli affari che ha appena tenuto a battesimo la Libyan Bank, nata dalla fusione tra il primoeilquintoistitutodicreditona zionale. La partnership tra la Borsa di Tripoli e il London Stock Exchange è l’argomento del giorno nella hall del Corinthia,ilsontuosoalbergoperma nager occidentali sorto accanto alla Torre della Rivoluzione. Sulla piazza Verde, dove una volta c’era la statua di Mussolini a cavallo che impugnava la spada dell’Islam, il traffico sostenuto ricorda che uno dei diritti fondamen tali della Jahmairiya il possesso dell’automobile è pienamente ri spettato. La fine dell’embargo è stata accom pagnatadallariduzionedelletassedo ganali, dalla cancellazione del divieto dipossedereunasecondaabitazionee dal ritorno a una certa libertà d’im presa. Gli stipendi statali restano bassi, un medico o un insegnante gua dagnano 300 euro al mese, ma la pasta, il pane, l’olio e lo zucchero sono aprezzocalmierato,ilpescenoncosta nulla, un impianto tv satellitare si compraconuncentinaiodieuro.Fino atreannifalepadellevenivanonasco ste all’interno di finti cassoni per l’acqua, oggi i bianchi tetti di Tripoli sono una foresta di antenne. Va da sé che cento canali interna zionali riflettono modi alternativi di concepire l’esistenza, e la gioventù li bica la metà della popolazione ha meno di vent’anni sta progressiva mente abbandonando gli austeri stili di vita proposti dalla Jahmairiya. Tre milioni di telefonini su 5,6 mi lioni di abitanti. Pepsi Cola al posto del tè. Automobili d’importazione co reana invece dei cammelli e dei car retti trainati dagli asini, che fino a dieci anni fa erano parte integrante del paesaggio urbano. Non si possono assolutamenteberealcolici,suquesto il pur laico colonnello non transige, ma tra i marmi in stile littorio della caffetteria di piazza Algeria, ex piazza della cattedrale, i giovani indugiano fumando il narghilé. Le ragazze in dossano il velo con levità. «Si sente che sta cambiando il vento», sorride il vescovo di Tripoli che è un francescano, si chiama Gio vanni Martinelli e officia nella chiesa del suo Ordine perché il duomo co struito dagli italiani è stato riconver tito in moschea. Lui, fino a qualche tempo fa, doveva usare mille cautele per procurarsi il vino della messa. Ora «Italiani brutta gente» La Libia non perdona Vecchi, donne e bambini lasciati morire alle isole Tremiti Nel museo dell’orrore: «Noi non dimenticheremo mai» porta il Verbo nelle più remote oasi del deserto, a bordo di un Land Rover, favorito anche dal prezzo irrisorio della benzina: un pieno dieci dinari, sette euro, dieci centesimi al litro. «Marsciapiedi,cuscina,balcone,ca miscia»: i ragazzi giocano a pallone sotto le palme della piazza Verde e ri petono le parole che gli antichi coloni hanno lasciato in eredità, assieme a un’intera terminologia meccanica: «Spinterogeno, batteria, candele...». Non ci sono turisti e uno straniero non passa inosservato, figuriamoci un italiano: «Juventus? Milan?». Schierata davanti alla fontana della gazzella, il landmark di Tripoli, la banda dell’esercito intona marcette militari. Tamburi, pifferi, ottoni in dossano le uniformi carta zucchero con fregi in oro fornite dalla premiata ditta spezzina Dante Gorrini, 600 mila euro di fatturato e cinque dipen denti, sarti specializzati: quando si dice l’impresa di nicchia. «Gorrini è l’eccezione che con ferma la regola», sospirano tra il di ciottesimo e il ventesimo piano della torre bianca e verde intitolata alla Ri voluzione, tra la medina e il porto, pochi isolati dalla caserma blindata dove vive Gheddafi. Al diciottesimo ci sono gli uffici dell’Ice, l’Istituto per il commercio con l’estero: «L’Ali, l’agenzia italolibica nata per agevo lare i rapporti commerciali tra i due Paesi, pretende dalle aziende italiane una tassa del due per cento sul valore di ogni contratto. In cambio non dà nessun servizio. Gorrini è stato ri sparmiatoperchéilsuoclientesonole forze armate». Al ventesimo piano c’è l’Ali: «Non è vero che non forniamo servizi. Cu riamo le pratiche burocratiche e favo riamo le occasioni di business. E poi eravamo tutti d’accordo quando ab biamo deciso di fondare l’associa zione, e se l’amministratore delegato èaraboilpresidenteèitaliano.Ono?». E’ un fatto che le imprese concor renti, senza la gabella supplementare, risultano avvantaggiate. Così negli ul timi mesi i francesi e i brasiliani si sono assicurati l’appalto per il nuovo aeroporto di Tripoli, i cinesi i lavori per la prima tratta della rete ferrovia ria smantellata dagli inglesi alla fine della guerra, i coreani quelli per il primo albergo a cinque stelle extra lusso della capitale. Gli italiani che riescono a lavorare senza problemi sono quelli che pos sonovantaretradizioniquasisecolari, come la società di navigazione Mes sina che collega Genova con Tripoli, Bengasi e Misurata. «In pratica sospira l’amministra tore delegato della Idrabel di Aren zano, Claudio Giulietti i danni di guerra li fanno pagare a noi». L’Idra bel è un’azienda specializzata nella produzione di software in ambito pe trolifero, si occupa di ambiente e sicu rezza. I libici ne avrebbero bisogno come il pane, abituati come sono a scaricare nel deserto le sentine degli oleodotti: ma il contratto già stipu lato, che prevede l’inizio dei lavori per marzo, rimane in bilico. Il 2 per cento di “trattenuta” è parecchio per un’azienda che fattura tre milioni di euro e ha trenta dipendenti, Giulietti confessa che «dobbiamo pensarci an cora un po’». Idannidiguerra,moraliemateriali, saranno risarciti con l’autostrada che si raccorderà agli svincoli sul lungo mare, oltrepasserà la medina con i battirame e i venditori d’oro, accarez zerà il vecchio cimitero italiano di Hammanji. Quel giorno avrà finito il suo compito Bruno Dalmasso, il cu stode che da almeno vent’anni scava, nella terra e negli archivi, per restitu ire a chi è morto in Libia la dignità di una tomba. Il cimitero era stato semidistrutto all’indomani della cacciata degli ita liani. Lui ha ricostruito i sepolcri, ri pulito i campi, identificato 3870 salme su 6745 e «rimesso le cose a posto»; curioso destino per uno che è nato in Etiopia, da famiglia ligure di Bordighera, e si sente senza patria ovunque vada. Sul cruscotto della vecchia berlina d’importazione coreana ha un ade sivo rossoblu del Genoa, «l’unica cer tezza della mia vita», il Grifo aveva già vinto nove scudetti ai tempi di “Tri poli bel suol d’amor”. ‘ IL MADE IN ITALY PAGA LA GABELLA Le nostre ditte devono versare una tassa del 2% su ogni contratto e gli affari li fanno gli altri ICE TRIPOLI (Istituto commercio estero) >> EX COLONIA QUARTA SPONDA, 40 ANNI DI STORIA RIMOSSA ••• LA STORIA degli italiani in Libia è raramente riportata dai manuali di storia. Imbarazzo. Vergogna. Ri morso. Perché fin dallo sbarco sulla Quarta sponda i nostri militari si sono lasciati andare a soprusi e vio lenze assolutamente gratuite, non compatibili con lo stereotipi degli “italiani brava gente”. Un’approfondita ricerca di Ahmed Mohamed Asiurakis, lo storico li bico che ha raccolto i documenti soprattutto di parte italiana, svela retroscena raccapriccianti. Per fiaccare la resistenza, tutt’altro che disposta alla resa, gli italiani non hanno esitato a deportare in teri villaggi della Cirenaica, tanto che alla fine della normalizzazione negli anni 30, governatore il ge nerale Graziani si contavano 180 mila vittime: due terzi della popo lazione, 300 mila fra beduini e “metropolitani” di Bengasi. Altre migliaia di libici vecchi, donne e bambini furono lasciate morire alle isole Tremiti ed Egadi, soprattutto Favignana. Nell’agosto del 1984, le Nazioni Unite effettua rono una ricerca sui patimenti su biti da 100 mila famiglie libiche tra il 1911 e il 1943. Ecco i risultati: morti durante i combattimenti, 21.123; giustiziati a causa della loro opposizione al re gime italiano, 5.867; arruolati coer citivamente per partecipare alla campagna di Abissinia e alla Se conda guerra mondiale, 25.738; obbligati ad emigrare, 30.091; vit time dei bombardamenti e delle mine, 12.058; detenuti in campi di concentramento, 37.763; mutilati, 14.910. La piazza Verde di Tripoli, con il palazzo che fu del Banco di Roma; le cinque torri del quartiere degli affari; il vescovo Giovanni Martinelli; donne diversa mente velate davanti a un banco di scarpe della storica medina PAOLO CRECCHI [email protected] (2 / continua) ‘ Dal Libro Verde di Muammar Gheddafi Nessuno ha il diritto di costruire una casa oltre alla propria abitazione, anche ereditata, allo scopo di darla in locazione, perché quella casa non è che una necessità dovuta ad un altro uomo. Il costruirla col proposito di cederla in affitto costituisce l’incipienza del controllo del bisogno di quell’altro uomo. Nel bisogno celasi la libertà. Anche il mezzo di trasporto è una necessità impellente per l’individuo e la famiglia. Il tuo mezzo di trasporto non deve essere di proprietà d’un terzo. Non è permesso nella comunità socialista, a un uomo, di possedere mezzi di trasporto privati allo scopo di noleggiarli, perché ciò costituisce un sopruso a danno del bisogno degli altri. >> L’ACCORDO UN’AUTOSTRADA PER FARE LA PACE ••• FU LAMBERTO DINI, mini stro degli Esteri nel 1998, a fir mare il primo accordo di pace fra Italia e Libia. Previsti finan ziamenti per la costruzione di un grande ospedale e una serie di aiuti attraverso tecno logia e risorse umane, ma a Gheddafi non basta. A Silvio Berlusconi il colon nello chiede ufficialmente un’autostrada: costo previsto, fra i 3 e i 6 miliardi di euro. Berlusconi sulle prime nicchia, poi si lascia convincere e anche D’Alema, agli esteri nel governo Prodi, acconsente a dotare la Libia di un’arteria a scorrimento veloce tra il con fine tunisino e quello egi ziano. Oltre a cancellare quel che resta dei contenziosi co loniali, l’autostrada vorrebbe dire un bel business per le aziende italiane e il consolida mento di una Libia laica nel tormentato Maghreb.