qui - Aiuto alla Chiesa che Soffre

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APPARTENENZA RELIGIOSA
Musulmani 96,6%
Cristiani 2,7%
Buddisti 0,3%
Non affiliati 0,2%
LIBIA
LIBIA
AREA
POPOLAZIONE RIFUGIATI (interni*) RIFUGIATI (esterni**) SFOLLATI
1.759.500 km2 6.155.000
7.797
3.089
59.425
*Rifugiati stranieri che vivono in questo Paese **Cittadini di questo Paese rifugiati all’estero
Dopo la caduta del regime di Muhammar Gheddafi, il Paese è tuttora in uno stato di
transizione istituzionale. Le autorità provvisorie incontrano enormi difficoltà per far rispettare la legge e mantenere l’ordine pubblico. Sono attive in tutto il Paese numerose milizie armate, molte delle quali già coinvolte nella guerra civile iniziata nel
2011. Gli attacchi contro le minoranze religiose – iniziati nell’ottobre 2011 – sono proseguiti anche nel 2012 e nel 2013, periodo preso in esame dal presente Rapporto.
In attesa che siano eletti i 60 membri dell’Assemblea Costituente, la Libia è temporaneamente governata secondo i principi della “Dichiarazione costituzionale intermedia” promulgata il 3 agosto 2011 dal Consiglio Nazionale di Transizione
(CNT). Il preambolo di tale Documento invoca lo «spirito islamico» e, nell’art. 1, si
legge che «l’islam è la religione dello Stato e la principale fonte della legislazione
è la giurisprudenza islamica»1, sebbene poi si aggiunga che «lo Stato deve garantire ai non musulmani la libertà di praticare i propri riti religiosi». L’art. 6 stabilisce che «tutti i libici sono uguali davanti alla legge. Essi devono godere di uguali diritti civili e politici, devono avere le medesime opportunità e sono soggetti agli
stessi doveri e obblighi pubblici, senza discriminazioni legate a religione, dottrina,
lingua, ricchezza materiale, razza, famiglia d’origine, opinioni politiche, status sociale, status tribale o fedeltà a una personalità eminente o alla propria famiglia».
È la prima volta dal 1969 che una tutela “costituzionale” della libertà religiosa è introdotta nel Paese; va segnalato che molte delle leggi emanate da Gheddafi per
limitarla – sebbene non siano mai state applicate dopo la caduta del regime2 – sono comunque tuttora in vigore.
In assenza di una legge in materia di conversioni religiose, il proselitismo tra i musulmani può essere punito con l’arresto, come si è già verificato anche dopo il rovesciamento di Gheddafi. Per quanto riguarda il sistema di istruzione, tutte le
scuole, sia statali che private, devono includere nel programma di insegnamento
corsi di religione islamica. Nel Paese esistono alcuni luoghi di culto cattolici, gre1 2 http://documenti.camera.it/leg16/dossier/testi/es0892.htm
http://www.state.gov/j/drl/rls/irf/religiousfreedom/index.htm?year=2012&dlid=208402
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co-cattolici, russo-ortodossi e ortodossi ucraini, oltre che evangelici; la comunità
ebraica – dopo che la maggior parte dei suoi componenti ha lasciato il Paese tra
il 1948 e il 1967 – conta pochissimi aderenti.
La Chiesa cattolica è presente in varie regioni; il suo clero, le religiose e i religiosi, continuano a lavorare in ospedali e orfanotrofi, oltre che con anziani e disabili.
Per quanto riguarda i musulmani, il Ministero dell’Awqaf e degli Affari islamici,
un’organizzazione panafricana islamica semi-caritativa, esercita la propria autorità sulle moschee, supervisiona il clero e assicura che le pratiche religiose siano
conformi ai regolamenti governativi. Questo stesso ente fornisce agli imam i testi
dei loro sermoni, testi che trattano spesso questioni di carattere politico e sociale.
Tuttavia, le forze di sicurezza religiose, che in precedenza avevano il compito di
controllare il comportamento dei cittadini in materia religiosa, sono state sciolte
dalle nuove autorità nel 2011. Di conseguenza, gli arresti degli imam che non rispettano i testi delle prediche imposti dal Governo o di credenti musulmani che
partecipino alla preghiera dell’alba – intesa da Gheddafi come segno di fondamentalismo – sono ormai cessati. Va segnalato però che il Governo tuttora impiega milizie private che, indossando l’uniforme delle forze di sicurezza, possono effettuare arresti “ufficiali”.
Dal 2012, su iniziativa del Consiglio Nazionale di Transizione (CNT), è stato istituito l’Ufficio del Gran muftì che ha la prerogativa di emettere interpretazioni autorevoli (le c.d. fatwa) in materia religiosa. Per i musulmani, il diritto domestico e
familiare (riguardante questioni come eredità, divorzio e diritti di proprietà), viene
applicato secondo le disposizioni della legge islamica. Una donna non-musulmana che sposa un uomo musulmano non deve necessariamente convertirsi (anche
se nella pratica è comune che ciò avvenga); viceversa, un uomo non-musulmano
che voglia sposare una donna musulmana deve prima convertirsi all’islam. Il Ministero per gli Affari islamici amministra anche il diritto di famiglia per i non-musulmani,
ma in tal caso vigono norme diverse, in base, principalmente, ai precedenti giurisprudenziali nei Paesi vicini.
Per quanto riguarda la libertà di espressione, le regole imposte dalle nuove autorità sembrano essere meno rigorose di quelle esistenti con il regime di Gheddafi3,
sebbene sembrerebbe che molti giornalisti e blogger, pur essendo più disposti
che in passato a usare i propri veri nomi sulla rete, siano tuttora cauti nell’affrontare esplicitamente temi religiosi, non tanto per timore dello Stato, quanto per le
eventuali reazioni dei gruppi di miliziani estremisti.
Reporters Without Borders ha riferito4 che Mansour Ati – editore del giornale indipendente Akhbar Ajdabiya che ha sede nella città di Ajdabiya, nella regione orientale del Paese – nel marzo 2013 è stato costretto a scusarsi ufficialmente con il
Ministero degli Affari islamici per aver pubblicato una poesia che il Ministero con3 4 http://www.refworld.org/docid/52663ae414.html
http://en.rsf.org/libya-growing-threats-to-safety-of-libya-26-04-2013,44443.html
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siderava «apostata». Al termine della vicenda è stato costretto a dimettersi, dopo
aver ricevuto anche minacce della milizia Ansar al-Shari’a, i cui combattenti, pochi giorni dopo, hanno distrutto la redazione del giornale. Il 25 agosto 2013, Nabil
Shebani, direttore dell’emittente televisiva al-Assema, è stato interrogato per diverse ore dal Comitato Supremo di Sicurezza del Ministero dell’Interno, in relazione alla copertura da parte di al-Assema delle notizie sulla distruzione di moschee
e tombe sufi a Tripoli5. In seguito, è stato rilasciato senza accuse.
Un’accusa di blasfemia è stata formalizzata contro due esponenti del Partito Nazionale Libico per alcuni slogan del manifesto utilizzato durante la campagna
elettorale del 2012. Ali Tekbali e Fathi Sager, rispettivamente incaricato della campagna elettorale e segretario generale del Partito, rischiano la pena di morte. Sono stati accusati, tra l’altro, di «istigazione alla divisione» e «insulti alla religione»,
imputazioni per le quali la legge prevede possa essere applicata la pena capitale.
L’incursione, effettutata dalle forze di sicurezza che nominalmente rispondono al
Ministero dell’Interno, ha avuto luogo quattro mesi dopo le elezioni e, anche considerata l’evoluzione della vicenda, Human Rights Watch ha definito la legislazione in questa materia «uno strumento per eliminare la libertà di parola»6.
Numerose sono state le aggressioni contro la comunità cristiana. Tra le più gravi,
l’attacco alla chiesa copto-ortodossa a Misrata, il 29 dicembre 2012, il primo ad
aver colpito specificatamente un luogo di culto cristiano dopo la rivoluzione del
2011. Una bomba è stata fatta esplodere all’uscita dalla chiesa, uccidendo due
persone e ferendone tre; i funzionari governativi hanno condannato l’attacco e
promesso un’inchiesta. L’identità degli aggressori e le loro motivazioni rimangono
sconosciute e, fino ad oggi, nessun arresto risulta essere stato effettuato.
Nel febbraio 2013, quattro persone di nazionalità non libica (uno svedese-americano, un sudafricano, un egiziano e un sud-coreano) sono state arrestate con
l’accusa di essere missionari cristiani e di aver stampato e distribuito libri cristiani. Secondo una legge risalente a Gheddafi e che non è mai stata abrogata7, questa accusa di proselitismo – rispetto alla quale gli indagati si sono dichiarati innocenti – potrebbe teoricamente portare alla pena di morte. Il gruppo è stato arrestato da una sedicente Sicurezza Preventiva, costituita, sostanzialmente, da un
gruppo di miliziani che risponderebbe direttamente al Ministero della Difesa.
Quando è stato intervistato dal quotidiano britannico «The Guardian», il reverendo Vaishar Baikaran, ministro presso la chiesa anglicana di Tripoli, ha spiegato
che le principali Chiese cristiane del Paese avevano finora evitato tali problemi
grazie a un tacito accordo sul non fare proselitismo né distribuire letteratura religiosa. Il rilascio di uno dei quattro arrestati è stato confermato in aprile dal «Libya
Herald»8. Analogamente, il giorno prima, quattro egiziani copti erano stati anch’eshttp://www.amnesty.org/en/region/libya/report-2013
http://www.hrw.org/news/2013/06/20/libya-blasphemy-charges-over-election-posters-0
7 http://www.theguardian.com/world/2013/feb/17/libya-arrests-suspected-foreign-missionaries
8 http://www.libyaherald.com/2013/04/12/another-christian-released/#axzz2lhV5VKA5
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si rilasciati, senza alcuna accusa, in cambio dell’estradizione di due alti funzionari dell’era-Gheddafi tenuti prigionieri in Egitto9.
Sempre nel febbraio 2013, un attacco ha colpito una chiesa copto-ortodossa a
Bengasi. Due sacerdoti sono stati aggrediti, come confermato dalle autorità attraverso la loro agenzia di stampa LANA10. L’attacco è avvenuto poco dopo l’arresto
di 48 egiziani copti accusati di proselitismo (formalmente, «attività sospette»): e
di possedere bibbie, opuscoli di contenuto cristiano e fotografie del defunto Papa
copto Shenouda III. I 48 sono stati espulsi dal Paese, sebbene le accuse fossero
state ritirate, ad eccezione di quella di «ingresso illegale» nel Paese11. Tornati in
Egitto, due degli ex-detenuti hanno raccontato all’Associated Press di aver subito
torture e di aver assistito a pratiche analoghe nei confronti di altri detenuti cristiani copti. Hanno poi attribuito il loro arresto al gruppo di miliziani Libya Shield One
– uno dei più potenti di Bengasi, comandate dall’ex-ribelle islamista, Wassam Bin
Hemad – che avevano identificato i cristiani attraverso la croce tatuata sul polso12.
Il 14 marzo 2013, la chiesa copto-ortodossa di Bengasi è stata nuovamente attaccata13; questa volta, gli attentatori l’hanno incendiata, dopo aver costretto i fedeli
a uscire. Durante le celebrazioni pasquali erano state adottate misure di sicurezza per proteggere le chiese e i fedeli cristiani, tra cui la sorveglianza esterna alla
cattedrale di Tripoli da parte di pattuglie della polizia. La comunità anglicana, da
parte sua, aveva deciso di revocare la tradizionale processione della Domenica
delle Palme per le vie della città14. Altro atto di intimidazione è stato quello subito
dal parroco della chiesa cattolica di San Francesco a Dahra (Tripoli), dove il sacerdote è stato aggredito da un uomo che gli ha sparato con un kalashnikov.
A metà marzo, sono stati numerosi gli attacchi nella città di Bengasi. Uno di essi,
che ha causato 15 vittime, è stato, verosimilmente, opera di gruppi jihadisti; un altro – secondo la testimonianza di monsignor Martinelli, Vicario apostolico di Tripoli
– ha preso di mira la chiesa dell’Immacolata Concezione a Derna (in Cirenaica), vicino al cui ingresso è stata collocata una bomba. Monsignor Vincent Landel, arcivescovo di Rabat e presidente della Conferenza episcopale del Nord Africa, ha riferito che «le autorità – invece di prendere misure per combattere questi atti di violenza e il clima di insicurezza che si è creato – hanno chiesto alle comunità religiohttp://www.libyaherald.com/2013/04/11/egyptian-christians-released/#axzz2lhV5VKA5
Reuters 3 marzo
11 http://www.lefigaro.fr/flash-actu/2013/03/01/97001-20130301FILWWW00453-50-chretiens-arretes-a-benghazi.php
12 http://www.usatoday.com/story/news/world/2013/03/15/coptic-christians-torturedlibya/1991753/
13 http://www.fides.org/it/news/41197-AFRICA_LIBIA_Data_alle_fiamme_la_chiesa_copta_
di_Bengasi#.UpcOduLe6EY
14 http://www.terrasanta.net/tsx/articolo.jsp?wi_number=5004&wi_codseq=%20%20%20
%20%20%20&language=it
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se di lasciare il Paese»15. Nella Cirenaica, tra il 2012 e il 2013, di fatto, molte congregazioni religiose sono state costrette ad abbandonare i propri conventi, anche
dopo – come accaduto in un caso – quasi un secolo di presenza ininterrotta16.
Le comunità cristiane non sono le uniche a subire attacchi dai fondamentalisti
islamici. Nel 2013, così come nel 2012, molti luoghi sacri musulmani sufi sono
stati attaccati, anche per la seconda volta. Il 29 marzo, alcuni estremisti hanno
colpito uno dei maggiori simboli di questa corrente dell’islam, il mausoleo di Sidi
Mohamed Landoulsi (risalente al XV secolo), nel quartiere Tajura di Tripoli. Questo sepolcro, che era già stato dichiarato monumento nazionale, è stato fatto
esplodere da un gruppo di fondamentalisti islamici con un atto che il capo del
Consiglio di Tripoli ha definito «contrario all’islam»17. Tra febbraio e maggio 2013,
il santuario sufi di Hamid Hudairi a Sebha è stato attaccato due volte e il secondo
attacco, sferrato il lancio di un razzo, ha causato gravi danni alla struttura18.
Da segnalare poi che numerosi gruppi islamici dissidenti hanno subito attacchi
e/o arresti «per proselitismo». Nel dicembre 2012, cinque pakistani della comunità musulmana Ahmadiyyia sono stati arrestati in un sobborgo di Tripoli, insieme a
un cittadino libico ricercato e a un altro che sembra sia stato arrestato perché si
era convertito. Il 15 gennaio 2013, il predicatore musulmano Sheikh Hussein
Fakri Jahani è stato assassinato con il lancio di una granata all’esterno di una moschea a Misrata; considerato un salafita moderato, nei suoi sermoni Jahani aveva condannato i falsi salafiti e la prassi di definire infedeli gli altri musulmani19.
http://www.asianews.it/notizie-it/Libia-in-balia-di-islamisti-e-criminali.-Il-governo-chiedealla-Chiesa-di-lasciare-il-Paese-29290.html
16 http://www.fides.org/it/news/40906-AFRICA_LIBIA_Due_comunita_religiose_costrette_
ad_abbandonare_la_Cirenaica_Mons_Martinelli_Nei_prossimi_giorni_si_prevedono_momenti_difficili#.UpPPfuLe6EY
17 http://www.asianews.it/notizie-it/Tripoli,-estremisti-islamici-distruggono-un-mausoleo-sufidel-XV-secolo-27528.html
18 Rapporto a cura dell’Asylum Research Consultancy, disponibile su: http://www.refworld.
org/docid/51de77c24.html
19 Briefing del Bureau Federale Tedesco per le Migrazioni e le Richieste di Asilo, disponibile
su: http://www.refworld.org/docid/51408db22.html
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