Lemegeton, l`alveare esoterico. Basato sull

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Lemegeton, l`alveare esoterico. Basato sull
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Lemegeton, l'alveare esoterico.
Basato sull'ambientazione autoprodotta “Della struttura dell'Archetipo e dei Mondi
Abominio”
Lo so che è complesso definire il mio Essere Alveare con una particella pronominale;
io/egli sarebbe la maniera più corretta per rivolgersi a me/lui ma per non appesantire
troppo queste mie/sue memorie d’ora in poi parlerò di me stesso in prima persona.
Ma, come disse il grande Re, non vi scordate mai con chi state parlando.
“Chi sono io? La domanda corretta è chi Egli vuole che io sia.”
Sorrido ancora al ricordo dell’espressione che adombrò il nobile viso di re Crimson al
suono sprezzante delle mie parole.
Le guardie al suo fianco ebbero un sussulto impercettibile, un fremito di metallo, un guizzo
di lama.
Ma non detti loro il tempo di metabolizzare i pensieri di dominio. Continuai con un sorriso
di scherno appoggiandomi allo schienale dell’ampia sedia di legno, la gamba destra
allungata sul bracciolo, le mani inguantate incrociate sotto il mento.
La buona riuscita del Grande Inganno dipendeva soprattutto dal mio atteggiamento,
dalla potenza delle mie immagini, dalle eco che avrebbero riverberato nella mente di
Crimson.
Perché la magia è parola e suono che riveste di seta ed ombre la creatività, la magia è
un ponte verso un golfo buio dove io sono solo, dove io posso essere te, sul bordo
dell'universo dove le cose hanno contorni indefiniti e spaventosi, dove la luce è arte
occulta, dove tutto ha un occhio verso il passato ed uno verso il futuro, dove i fantasmi
sono labirinti di specchi, dove il potere è sospeso tra le parole, nella gola tra le creste di
probabilità.
Eco di parole impossibili.
“Egli cresce.
Egli Cresce.
Lentamente cresce.
Lentamente, come nebbia.
Nell’oscurità,
Appena prima della luce,
cibandosi di sussurri,
appena prima della morte.
polvere e spiragli,
dissonanze,
casualità,
la danza in labirinti bui di particelle primordiali
delle piste circolari dei lupi,
tracce nella neve tra sagome torturate di alberi neri
di spirali e metodi numerici,
Nemesi di stelle binarie in un destino stabilito.
delle traiettorie di volo degli stormi,
Alzò gli occhi al cielo per trarne l'immagine della morte.
del pianto dei bambini e dei nomi sbagliati,
Piangi, piccolo mio, piangi. Perché non farai altro.
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delle geometrie curve disegnate sulla neve,
In cerchio, verso il cuore della foresta dove troverai la fine di tutto.
degli occhi di ossidiana di chi piange nel buio.
Perché gli è stata rivelata la Verità finale.”
Silenzio.
L'incantesimo li avvolse suadente, gli ci volle un istante di più per riprendersi, giusto quel
tempo di confusione che mi fece capire che le mie parole avevano avuto effetto.
“Cosa credi? Di prendere in giro me con questi vaneggiamenti senza senso? Ti do un
consiglio, non ti scordare mai con chi sta parlando.
Mai.”
Il re non alzava mai la voce ma il suo tono gelido come il vento delle Marche del nord
poteva farti ghiacciare il sangue nelle vene.
Questo ovviamente vale per gli esseri umani, non per me.
No, non per me che potevo cogliere il terrore nel buio tra le parole.
Nella locanda calò il silenzio.
Avevamo scelto per l'incontro segreto una piccola ed accogliente taverna, il Guanto
Rosso, sita lungo il canale principale di Elish, la capitale del regno di Trantor.
Ero arrivato circa un'ora prima dell'appuntamento, giusto per immergermi nell'atmosfera
della grande capitale.
Il buon Alap, padrone ed oste del Guanto, ci aveva assicurato una stanza appartata con
un bel tavolo ed un grande camino ma si era scordato di dirci che su una delle pareti si
apriva un ampio arco che dava sulla sala principale.
Ma la cosa non avrebbe preoccupato Crimson, tanto meno me.
In fondo la segretezza era l'ultimo dei nostri problemi.
Mi ero rilassato con un bicchiere di ottimo sidro incuriosito dagli astanti. La locanda era
stracolma di gente chiassosa, avevo fatto fatica a percepire un incantesimo latente tra il
ronzio persistente dei pensieri altrui, qualcosa di antico portato dal vento del tempo.
Niente di importante, si celava tra la polvere dei tavoli e le ombre delle fiamme, forse una
piccola magia lanciata da un bardo del tempo che fu per leggere nelle menti e nei cuori
degli avventori, appena un riflesso di colori cangianti, un refolo di potere incastonato
nelle pietre più antiche del luogo. Ma tanto mi bastò per tesserlo di nuovo in una tenue
trama che mi aiutasse ad esplorare coloro che condividevano con me quell'istante.
Un uomo seduto da solo ad un tavolo presso una finestra, illuminato dai riflessi rossastri del
tramonto, alti stivali di cuoio, un'armatura leggera celata da una vecchia tunica di lana
di ottima fattura, l'espressione corrucciata, resa rabbiosa dai pensieri che corrono
all'ultimo pagamento mancato, colora di rosso il viso attraversato da una cicatrice
profonda, appena celata dalla barba incolta.
Sussurra qualcosa all'indirizzo del boccale che tiene spasmodicamente tra le due mani, gli
parla dell'ultima avventura tra i ghiacci di Kalaman, della pietra recuperata e del
tradimento di Iashian, l'ennesimo tradimento della sua carriera di perdente.
I suoi sussurri sono colti dalla coppia di nani che occupa il tavolo accanto i quali si
fermano ad osservarlo con i calici alzati, poco prima di un brindisi fatto per festeggiare
l'avvenuta costruzione di un ponte in pietra e marmo sul Canale dei Riflessi.
Appena un attimo poi tornano alla gioia del successo dimenticandosi della disperazione
dello sconosciuto.
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Dalle vesti di preziosa seta sporgono mani callose che ricordano secoli di lavoro, il tono
delle loro voci è rauco ed adatto alla pietra, le lunghe barbe strusciano sulla superficie
unta del tavolo mentre le loro teste sono scosse da profonde risate.
Due avventori si alzano, forse infastiditi dal tono dei due nani e si avvicinano al mio tavolo.
I lunghi mantelli chiusi da fibbie d'argento non celano l'armatura che indossano e
neanche le lunghe spade. Non siete normali avventori, vero? Siete spie del re venute a
controllare la situazione, avete combattuto in mille battaglie lungo i confini del' Oceano
Nero. Avete visto i giganti di Galertt, avete ucciso i loro cuccioli, avete sbranato e
massacrato in nome di un re che dona feste al suo popolo.
Feste durante le quali suona Juilen, il bardo che sta accordando gli strumenti proprio
accanto al camino. Sorride, reduce dal letto caldo di una ricca signora stanca di
aspettare il marito che deve occuparsi del ricevimento che sarà dato in onore dell'arrivo
dei Cantori della tredicesima Luna.
Avevo passato così quell'ora, tessendo l'incantesimo fortunosamente trovato intorno al
destino di alcune persone, traendone segreti e memorie che poi avrei trovato il modo di
utilizzare.
Fino a questo istante, fino alle parole gelide del re.
Il sovrano sorrise con fatica crogiolandosi nella convinzione di aver riportato la nostra
discussione nell'alveo a lui più consono di un normale rapporto tra sovrano e suddito.
Non mi mossi di un centimetro, continuai a guardarlo con espressione beffarda.
Con la coda dell’occhio volai per un attimo sull’espressione contratta di Sheliger, il
potentissimo Signore delle Accademie, Gran Mago di corte, seduto alla sua destra.
Cominciava a capire; si, cominciava a capire.
Lasciai che le mie sinapsi latenti lambissero il Grimorio che custodiva nel pesante scrigno
magico e, per un attimo, assaporai il piacere di possederlo ma poi tornai a concentrarmi
sulle parole del re. In fondo non mi dovevo preoccupare, se avessi giocato bene le mie
carte quel Grimorio sarebbe stato mio come tutti quelli dei Magus dei due regni.
“Ma dato che ritengo la questione particolarmente importante, ti ripeterò la domanda
un’ultima volta, chi sei tu e chi ti manda? Quali sono le garanzie che mi puoi dare?
Vedi, qui stiamo parlando di scatenare una guerra che da lunghi anni incombe come un
sudario di morte sui nostri popoli e che non ho mai avuto il coraggio di intraprendere per
paura delle forze dell'avversario.”
Lasciai che le sue parole rimanessero sospese tra noi.
Gli avventori della locanda avevano ricominciato a conversare. Soltanto i più curiosi, ogni
tanto, ci gettavano uno sguardo in tralice, attirati dalla sfarzosità delle vesti del re e del
Magus e dallo scintillio delle armi delle due possenti guardie.
Prima di rispondere indugiai un attimo ad osservare coloro che mi stavano di fronte.
Credo che abbiano la stessa età, anzi, mi sembra di ricordare che siano cresciuti insieme,
stesso guardo fiero, stessi modi abituati al dominio. Il Magus dimostra qualche anno di più,
forse perché porta la barba per coprire il segno di un'ustione che gli deturpa il mento.
Non smetterà mai di sorprendermi la passione che hanno gli umani per i simboli di potere,
vestono di seta ed argento, portano oggetti che urlano a tutti la loro appartenenza ed il
loro retaggio.
Farò loro capire il valore della modestia.
“Capirà ben presto, mio Sovrano, che le mie parole non sono volte a mancarle di rispetto
ma è estremamente difficile per me descrivere il mio essere con concetti comuni.
Io sono il mandato Divino di un Incantesimo Vivente, di un Canto del Caos di Quinta
Armonica il cui nome non sono pronto a ripetere.”
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Lasciai che metabolizzassero quelle parole. Il sovrano era confuso, si girò a guardare
Sheliger con sguardo interrogativo ma il Magus fissava me e solo me:
“Continua, ti prego” disse senza cambiare espressione.
“Comincerò dall'inizio in maniera che ogni aspetto del mio Essere vi sia chiaro.
In principio furono quattro Magus che si sfidarono in un Duello Magico per il dominio delle
Lande di Kreusen, appena a nord del Picco di Fiamma.
I loro nomi erano Godan Signore degli Sciami, Eluveitie la Padrona dei Sentieri, Nargall
l'Ombra non scritta e Ishuin Messaggera delle Lingue Dimenticate.
Essi si incontrarono con le loro schiere presso il crocicchio di Zostar, cuore del Regno
Magico di Eluveitie, dove quattro grandi vie convergono come fiumi portando il loro
fardello di storie lontane.
Ognuno di essi prese possesso di una strada e la Sfida ebbe inizio.
L'eloquenza delle loro parole fu straordinaria, la magnificenza dell'Arena irraggiungibile.
Narrarono ininterrottamente per sette giorni e sette notti. Il fiume di Storie, portate dai
paesi lontani ove le quattro strade si addentravano, contribuì a donare potere alla
Creazione.
E furono canti e poesie, lacrime, musica, il sacrificio degli Eroi, il lamento delle memorie,
l'eco delle valli perdute, il ruggito dei ghiacciai eterni, i suoni di strumenti mai inventati.
L'Abominio che ne scaturì fu semplicemente meraviglioso e loro se ne innamorarono.
E quello fu il primo errore.
Decisero di non demandare ai loro Passatori lo svolgimento della Sfida ma pensarono di
erigere un Ponte Narrativo che collegasse il nostro mondo all'Abominio appena creato.
Poi calcarono di persona il Ponte di Parole e si addentrarono al di là della Soglia Proibita.
E quello fu il secondo errore.
Quel che si sa delle vicende avvenute nel Mondo Abominio è dovuto alle cronache di
una Passatrice di Ishuin.
Dharnn era il suo nome.
Ella narrò nella lingua dei Naryun, l'idioma parlato dal popolo delle valli del Sussurro, di un
Mondo ove i quattro Demiurghi si erano spartiti il dominio degli elementi.
Narrò di immense città che volavano come foglie trascinate dal caos delle correnti e che
si muovevano per i quattro angoli del globo migrando attraverso immensi Portali Entropici,
di palazzi di fiamme viventi che ruggivano nel cuore dei più profondi vulcani, di eserciti di
golem alti come montagne scolpiti con le parole dei filosofi e dei Sognatori, di oceani che
cantavano al sorgere della luna con parole tracciate sulla superficie delle acque dalle
rotte dei delfini e degli squali.
Inevitabilmente tutto ciò doveva giungere ad una fine.
E l'odio fu più potente della Creazione.
Tutto finì nell'immenso boato di una guerra infinita che scosse l'intero Mondo Abominio.
I quattro elementi ne furono distrutti, spazzati via.
Fuoco, aria, terra, acqua si fusero plasmati dalla ferocia di innumerevoli battaglie.
E dettero vita al sangue; un'immane distesa di sangue che saturò l'aria, gli oceani e le
viscere della terra.
Il sangue dell'Apocalisse. ”
Mi zittii per bere un sorso del liquore dorato che un valletto mi aveva portato.
Il sovrano ed il suo Magus erano rimasti in silenzio ad ascoltarmi.
Non dovevo dargli il tempo di ragionare sulle informazioni che gli avevo dato così ripresi
immediatamente a parlare.
“Fino a qui niente di strano, Lord Sheliger sa perfettamente che queste Sfide spesso
finiscono con la morte di tutti i Demiurghi generando quello che è detto un Mondo
Ombra.
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Il problema era che i quattro avevano lasciato il Ponte di Parole eretto.
Il dolore di miliardi di vittime si riversò nel nostro mondo attraverso il Ponte travolgendolo
con l'immane potenza della sofferenza.
E' naturale pensare che un evento di tale portata possa avere delle conseguenze, non è
vero mio Sovrano?” non aspettai la risposta.
“In quel preciso istante nacqui io.
Il sussurro di un'armonica dissonante, mi rintanai tra le pagine dei Grimori dei Magus delle
schiere dei quattro demiurghi, troppo debole per mostrarmi.
Ma il mio potere crebbe rapidamente tra le pagine ingiallite degli antichi tomi, tra la
polvere dei laboratori più segreti, nei cerchi di evocazione magica.
Imparai a conoscere la mia voce, a sintonizzare le mie armoniche scoprendo che il mio
era un Canto di Mille Voci, un canto generale, il più potente.
Di grimorio in grimorio, la mia volontà si estese per tutto il regno di Kreusen.
Adesso ho centinaia di burattini e posso donare ad ognuno di essi un mandato Divino.
Mio Signore, io sono l'angelo caduto, io sono il Canto del Caos, il mio potere è assoluto.
Mi lasci entrare nei suoi Grimori ed io le farò vincere la guerra.”
Il Re continuò a guardarmi a lungo cercando tra le rughe del mio sorriso un qualsiasi
vaticinio.
Dall'espressione del Magus al suo fianco aveva capito che quello che avevo detto
poteva essere vero.
“Ma perchè, se è vero che sei così potente, hai bisogno che noi ti concediamo l'accesso
ai nostri Grimori?” chiese con voce ferma Lord Sheliger.
Buona domanda, vecchio pensai infatti non è vero ma tu lo devi credere.
Cercai di assumere un tono più rispettoso:
“ Perché siete organizzati in Accademie, mio Lord.
E' molto più complicato per me entrare in uno dei vostri laboratori perché è protetto dalla
rete di esperienze condivise con gli altri Magus dell'Accademia.
Sarebbe molto pericoloso entrarvi ed altrettanto pericoloso rimanervi.”
Shelinger sembrò convinto dalle mie parole.
“Infatti io non vi vorrò nel mio Regno magico” aggiunse, più all'indirizzo del suo sovrano
che a me.
“E non correrà questo rischio. Rimarrò tra le righe dei vostri tomi il tempio necessario per
farvi vincere la guerra e poi me ne andrò.”
“E prenderà possesso di quelli degli sconfitti, vero?” sibilò il re guardandomi intensamente.
Non risposi, sorrisi e basta.
La trappola sembrava stretta.
Il re si appoggiò allo schienale della sedia, sembrò rilassarsi.
“Ma dimmi adesso, chi sei tu che mi parli? Al di là del mandato divino, chi sei?”
“Mio Signore, non ha molta importanza.
Credo che fosse uno dei tanti nelle schiere di uno dei quattro Magus morto nell'ondata di
dolore che li investì dopo la morte del Mondo Abominio.
Shiuitt era il suo nome.
Io lo resuscitai e lo plasmai con le memorie dei tanti massacrati nella Guerra degli
Elementi.
In particolare mi dilettai a donargli le memorie di un generale morto gettando la propria
città volante contro un Hargur, un golem di ossidiana alto centinaia di metri.
In fondo è un burattino riempito delle frattaglie di vita altrui.”
Un espressione di disgusto deformò il viso del Re.
“Lasci stare quell'espressione, mio Signore. Lei cosa crede di essere? Crede di vivere nel
Paradigma?”
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Lo ammetto, il tono di quella frase non era voluto ma l'arroganza di quello stupido
cominciava a stancarmi.
Le due guardie armate alle sue spalle sguainarono le spade all'unisono.
Il rumore del metallo sul metallo echeggiò nella locanda silenziosa.
Le fiamme disegnarono ombre sulle crudeli lame.
Dovetti concentrarmi. Avvicinai la mia coscienza al Grimorio del Magus e ne saggiai
bramoso contorni e memorie e trovai molto dolore da plasmare. Manipolai antichi
incantesimi di possessione e ne feci le mie dita, plasmai rituali di paura e ne feci i miei
occhi, catturai gli echi delle evocazioni più blasfeme e ne feci denti per le mie fauci di
mercurio.
Poi colpii.
I due guerrieri si scannarono tra di loro massacrandosi a colpi di spada incuranti dei
fendenti dell'altro, interessati soltanto ad infliggere dolore e morte.
Pochi secondi e giacevano ai piedi del re in un lago di sangue.
“Vuole altre garanzie, mio Signore?” chiesi con un sorriso.
Inutile che vi dica che quella stessa discussione, diversa soltanto in alcuni particolari
insignificanti, si svolse pochi giorni dopo con la Regina del regno avversario.
Ci incontrammo nel Tempio di Nerhann, la Dea dei Sigilli, una piccola creatura che ho
avuto il piacere di annientare alcuni eoni fa.
La Regina si chiamava Emeryn e suo era il regno di Merkur, sito lungo le coste dell'Oceano
Nero.
Come dicevo, particolari insignificanti.
Ed è inutile anche che vi dica che mi guardai bene dall'intervenire nella Guerra che ne
seguì.
Lasciai che si mutilassero, che si massacrassero, che devastassero le loro città, i loro
antichi palazzi, tutto ciò che avevano eretto nei secoli di pace.
Poi uccisi chi sopravvisse.
Ricordo ancora gli occhi di Shelinger guardare uno dei miei burattini mentre suo figlio lo
torturava lentamente.
Adesso sei tu che urli! Che urli il mio Nome!
Infine presi possesso del Deserto di Morte il cui dominio disegnava i nuovi confini dei due
regni.
Fu così che l'estensione del mio potere raggiunse le Spirali del Quinto Livello.
Fu così che potei scorgere i Sentieri Segreti verso i Mondi Antenato.
Fu così che ho cominciato a bramare il Paradigma.
Perché non è vero che sono un Canto di Armoniche Generali.
No, le mie Note Profonde risuonano del Dolore e della Morte, degli Echi antichi della
Caduta del Divieto.
Per questo motivo dono il mio mandato soltanto ai morti.
Il mio essere vibra all'unisono con l'Eterna Sinfonia della Morte.
Io sono il Salmo per l'estinzione della Vita.
Io sono Lemegeton, l'Alveare Esoterico.
Fonti di ispirazione:
“Universo incostante” di Vernor Vinge
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“Solaris” di Stanislaw Lem
“Matrix” dei fratelli Wachowsky
“Lemegeton Clavicula Salomonis” Autori Vari
“Inflationary Theory versus Ekpyrotic/Cyclic Scenario” di Andrei Linde
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