La Vendetta non può attendere By Primo Cavaliere

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La Vendetta non può attendere By Primo Cavaliere
La Penna dell’Eroe
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La Vend ett a n on può att endere
By P rimo Cav aliere
Questo materiale è stato creato per il Torneo Fantasy Online “La Penna dell’Eroe” ed è vietata la sua modifica o la
sua pubblicazione su siti diversi da quelli organizzatori del contest senza la previa approvazione degli autori.
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La Vendetta non può attendere
L’uomo che oggi si fa chiamare Karrion nacque circa 22 primavere or sono, in un piccolo villaggio a
nord di Stormwind, chiamato Northshire.
Era l’unico figlio di un famoso guaritore, la cui opera veniva richiesta per chilometri e chilometri
intorno al piccolo villaggio. Venne educato alla severa disciplina e al riserbo, e gli fu insegnato che la
cosa migliore che un uomo potesse fare era aiutare il prossimo e alleviare le sue pene.
Certo, egli non era molto portato per tali insegnamenti, e spesso il padre, benché molto saggio e
paziente, si infuriava con lui per le sue intemperanze.
A quel tempo il giovane non aveva cambiato nome e il suo destino sarebbe potuto essere diverso, ma
venne la terribile guerra contro Archimonde, e il ragazzo partì, nonostante le riserve della sua
famiglia, lasciando la madre in lacrime e il padre che, con un viso di pietra, gli augurava buona
fortuna.
La guerra non era ciò che il giovane in realtà stava cercando e dopo pochissimo tempo, fuggì dal
campo di addestramento delle reclute e si trasferì nella città di Refuge Point, dove le necessità e il
suo senso di ribellione contro tutto e tutti, lo spinsero sulla strada del furto. Iniziò con poche mele
rubacchiate alla bancarella del mercato, sino a diventare un discreto malfattore, membro di una
banda poco conosciuta, cosa che nell’ambiente malfamato e pericoloso della città vuol dire
dannatamente brava a passare inosservata.
Ma la guerra raggiunse anche la vicina città di Dalaran, e il giovane, che aveva iniziato a farsi
chiamare
Karrion il Nero, prese le armi. Non che avesse molta scelta, in proposito, visto che uno dei suoi
migliori
colleghi di furto l’aveva tradito e consegnato alle autorità locali.
Queste ultime proposero al giovane ladro un’alternativa all’impiccagione: entrare nell’esercito. Beh,
se la scelta sta tra la morte per corda e la morte in battaglia… quale uomo si tirerebbe indietro?
Fu così che Karrion il Nero divenne soldato e finalmente imparò ad apprezzare la disciplina. Spesso
e
volentieri rispettare o meno la disciplina determinò la vita o la morte nei campi di battaglia
insanguinati in cui sfoderò la sua sciabola. Già, perché molte volte ebbe modo di vedere che fine
orribile facevano i
manipoli di soldati che perdevano il controllo e cedevano al panico, solo la disciplina poteva
permettere loro di sopravvivere.
Fu per questo motivo che Karrion divenne un amante sfrenato della disciplina, cosa che gli permise
di fare una discreta carriera nell’esercito. Veniva chiamato l’Inflessibile, perché non permetteva che la
disciplina fosse dimenticata, anche a costo di imporla con i metodi più brutali. Era temuto, certo,
ma anche rispettato.
Si rese presto conto che la disciplina poteva portarlo al potere, un potere che altri al momento
detenevano ma che non erano in grado di utilizzare nel migliore dei modi. Erano troppo deboli,
troppo frenati da scrupoli e misericordia.
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Poi ci fu la battaglia di Splintertree Post e Karrion rischiò veramente la vita… lui e il suo manipolo
furono inviati in una zona, che secondo tutti i rapporti degli esploratori sarebbe dovuta essere
sgombra, ma che invece si rivelò infestata di orchi. I suoi uomini combatterono come un sol uomo,
guidati dal loro capitano, cedettero terreno solo quando il sangue degli orchi lo aveva inzuppato fino
in fondo, ma alla fine furono sconfitti.
Karrion fu gettato nel Falfarren, un fiume che scorreva nei pressi del luogo della battaglia, insieme ai
corpi dei suoi compagni e creduto morto.
Ma il destino voleva altrimenti. E Karrion riaprì gli occhi in un fienile, dove la famiglia Areth lo
aveva
accolto e accudito, riconoscendo le sue insegne dell’Alleanza. Le sue ferite erano state fasciate, il suo
corpo martoriato guarito. Si trattava di un piccolo podere nei pressi di Stonetalon Peak, una zona
abbastanza lontana dalla guerra, dove pareva che essa non ci fosse mai stata.
Karrion decise di sdebitarsi, benché mastro Ellerod continuasse a dire che era loro dovere
soccorrere un soldato, che aveva impegnato la sua vita per difenderli. Lo stesso affermava sua
moglie, Sylveena, che ogni giorno faceva il pane solo per lui alzandosi prima dell’alba.
Karrion aveva deciso e così rimase più di un mese ad aiutare la famiglia con i lavori dei campi… il
fatto che essi avessero una splendida figlia di nome Shia, non era la ragione per cui aveva deciso di
fermarsi… assolutamente no.
In verità la dolce timidezza di Shia e il suo sorriso pieno di vita erano stati la miglior cura per il
povero
soldato ferito, che aveva ritrovato un poco di luce nel suo cuore, dopo tanto tanto tempo.
Fu così che in una notte d’estate piena di stelle Karrion prese da parte Mastro Ellerod,
proponendosi come marito di Shia. L’uomo non poteva essere più felice, in quei tempi difficili, avere
un altro uomo affidabile ad aiutarlo nei campi, che all’occorrenza poteva trasformarsi in un valido
difensore della sua proprietà… e poi Shia era perdutamente innamorata del soldato, e non aveva
timore di mostrarlo ai suoi genitori.
Quella stessa sera Karrion uscì per aiutare Shia a riportare nella stalla le quattro capre del podere,
un lavoro che lei aveva sempre portato a termine senza problemi e senza bisogno di aiuto. Uno
sguardo divertito passò tra i genitori della ragazza, mentre il soldato lanciava loro un’occhiata quasi
imbarazzata.
Shia camminava un passo innanzi a lui, senza parlare. Sembrava tesa e Karrion se ne accorse subito.
Con noncuranza le si affiancò, sfiorandole appena la mano con la sua. La ragazza sussultò, mentre
un leggero rossore, appena visibile alla luce della lanterna, le si diffuse sul viso.
Karrion le lanciò un sorriso, caldo, rassicurante e sereno. Sentiva il suo cuore battere all’impazzata,
molto più forte che in qualsiasi battaglia in cui avesse combattuto.
“Shia” mormorò assaporando il suono dolce del nome della sua amata.
Lei si fermò e appuntò gli occhi castani nei suoi azzurri. Di fronte a quello sguardo tutte le parole
che
Karrion aveva immaginato di pronunciare, scivolarono via dalla sua mente, come se vi fosse stata
aperta una finestra e le parole, come pavidi volatili, fossero fuggite via.
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“Shia,” riprese cercando il coraggio indomito che aveva sempre dimostrato nella sua vita, “quest’oggi
ho chiesto una cosa molto importante a tuo padre. Lui ne è stato felice e mi ha concesso il suo
assenso. Dalle mie parti, spesso, questo basta e avanza, ma questa tradizione non mi è mai piaciuta,
quindi voglio chiedere anche a te.”
“Che cosa?” lo interruppe lei, con uno sguardo innocente e al tempo stesso atterrito.
“Shia, i tuoi occhi mi confondono, ma devo dirtelo. Ti amo.” Karrion fece una lunga pausa, mentre
nel viso della ragazza passavano come in un lampo una ridda di emozioni, sorpresa, gioia, tensione,
trepidazione.
“Ho chiesto a tuo padre il permesso di sposarti. Ma mi importa molto di più sapere se tu vuoi farmi
l’onore di essere mia moglie” concluse Karrion, rendendosi conto di avere il fiatone come se avesse
corso per tutte le vie di Refuge Point inseguito dalle guardie.
La ragazza lo fissò per un lungo istante, enigmatica, poi un sorriso lentamente si fece strada nel suo
viso.
La lanterna cadde al suolo. Le braccia candide e forti della donna lo strinsero, mentre le loro labbra
si
sfiorarono per poi unirsi per un lungo e dolcissimo bacio.
“Il mio vero nome è Daelric” sussurrò l’uomo con una voce carica di emozione.
“Sarà il nostro nome segreto” rispose Shia, stringendolo con forza tra le braccia.
Fu così che alla fine dell’estate Karrion il Nero avrebbe dovuto prendere in moglie Shia Areth.
Ma ancora una volta il destino aveva deciso altrimenti.
Un manipolo di soldati sbandati, tramutatosi in banditi, assalì la fattoria. Karrion li affrontò, ma
nonostante i suoi sforzi la fattoria fu bruciata, con tutta la famiglia Areth al suo interno.
Sette soldati sopravvissero, fuggendo di fronte alla furia omicida del soldato, che, nonostante le
quattro
frecce in corpo, continuava ad inseguirli a piedi urlando in maniera incoerente.
Quando rinvenne, Karrion si trovò disteso a pochi metri dalla strada, con in una mano la sciabola e
nell’altro le mostrine del capitano del manipolo, anche lui gli era sfuggito.
La cosa più terribile, più straziante ancora della perdita della sua nuova famiglia, era che quegli
uomini
erano stati suoi commilitoni e lui li conosceva, uno per uno, per nome e grado militare.
Non appena si riprese dalle ferite a sufficienza da poter ripartire, Karrion si avviò verso il comando
più
vicino, ottenendo di farsi cancellare dalle liste dei dispersi, e facendosi assegnare ad un lavoro più
leggero, diventando l’addetto alle paghe dei soldati.
Attraverso il suo nuovo compito, rintracciò tutti e sette i soldati colpevoli di aver trucidato gli Areth
e scoprì che anche loro erano tornati nell’esercito e che il loro capitano era stato addirittura
promosso.
Decise di rivolgersi ai suoi superiori, ma non servì a nulla.
“La guerra non sta andando bene, non possiamo certo impiccare i nostri soldati”, risposero, “hanno
fatto una razzia, beh, forse è vero, ma chissà quali devastazioni avrebbero commesso i demoni
contro i quali stanno rischiando le loro vite ogni giorno!”.
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Questa non era la risposta giusta per Karrion… non poteva esserlo.
Fu così che attese la fine della guerra, continuando a tenere sotto controllo i sette ed esultando ogni
volta che uscivano vivi da qualche pericolosa missione. Sì, perché non doveva essere la lama di un
ignoto non-morto ad ucciderli, ma la sua stessa mano a fare giustizia.
Non appena fu congedato, Karrion partì con la sua missione. Ad uno ad uno, li trovò e li uccise,
senza pietà, senza curarsi di spiegare loro perché… aveva scoperto che neppure si ricordavano, se
non un momento prima della fine. Solo allora imploravano, chiedevano perdono, giuravano di essere
cambiati, e poi morivano annegati nel loro sangue.
Gli mancava solo Ennius, Sir Ennius, ormai, che si era trasferito nella città di Stormwind. Karrion
stava
giungendo dal meridione sulle sue tracce quando i troll silvani lo catturarono e lo trascinarono nella
loro sanguinaria arena.
Passarono lunghi mesi, tra combattimenti crudeli e torture. I Troll amavano vedere combattere i
propri
prigionieri contro nemici sempre più impossibili da superare, adoravano le urla di terrore e il panico
che si diffondeva tra i prigionieri armati solo di miseri bastoni, quando venivano schierati innanzi ad
Arpie e altri mostri assetati di sangue.
Karrion non diede mai loro quella soddisfazione. Anche nel momento peggiore, quando si ritrovò
insieme ad altri a fronteggiare un Demone, cercò di mantenere la disciplina e, con l’esempio,
mostrare anche ai suoi compagni di sventura come si affronta il pericolo.
Non potevano vincere, questo era chiaro, ma potevano certamente morire con onore. Non come
cani
piagnucolanti che con voci spezzate e tremanti chiedono pietà. No. Questo Karrion non l’avrebbe
mai fatto, a qualsiasi costo.
Così, quando pensò che tutto fosse ormai perduto, sentì la terra tremare vigorosamente. Una
legione di Tauren aveva circondato l’arena e aveva incominciato l’attacco. Nella confusione Karrion
e i suoi compagni ebbero l’occasione di fuggire.
Nel mezzo di quel caotico combattimento, Karrion andò a cercare il capo dei Troll… voleva la sua
testa… e se la prese.
Mentre la sollevava trionfante verso il cielo, incurante della striscia di sangue verdastro che
zampillava
ancora dal corpo senza vita del troll, vide qualcosa che fece tremare per un lungo momento il suo
cuore indomito. Dal cielo iniziarono a calare sul campo di battaglia degli infernali, mentre dalla
boscaglia intorno all’arena emergevano orde di non-morti.
Li aveva già combattuti in passato e sapeva che non poteva essere vero, quel che vedeva. Invece gli
infernali si facevano avanti guidando le orde di non-morti.
C’era solo una soluzione possibile: “Ritirata!” urlò ai suoi compagni con tutto il fiato che aveva in
corpo,
non potevano certo fronteggiare un nemico di quella portata…
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Fu così, che mentre correvano a perdifiato lontano dalla battaglia, si resero conto che il Demone
non aveva ancora finito con loro… ma anzi li stava inseguendo più veloce di un incendio in mezzo ai
boschi rinsecchiti per il caldo dell’estate.
“A terra!” comandò una voce imperiosa.
Karrion e i suoi si gettarono al suolo, senza fiatare, mentre tre enormi palle di fuoco li superavano
andando a colpire in pieno petto il Demone che li inseguiva.
Karrion si alzò lentamente, lanciando prima un occhiata verso ciò che restava del demone, poi al
loro
inaspettato soccorritore. Era un uomo strano, con la pelle abbronzata in maniera curiosa, tanto da
scintillare come oro brunito al sole. Aveva incredibili occhi azzurri, ma privi di iride.
“Seguitemi, non è sicuro rimanere nei paraggi. Il mio nome è Vael” disse il loro salvatore, quindi non
appena si radunarono vicino a lui, si mise a muovere le mani recitando una formula magica.
Fu in quel modo che arrivarono a Stormwind, dove Vael era molto ben considerato e viveva in una
splendida casa, che era quasi un maniero.
Karrion era stupito, non riusciva a capire per quale motivo questo strano mago avesse deciso di
salvare proprio lui. Aveva posto questa domanda direttamente, senza girare intorno all’argomento.
“Ho visto qualcosa nel futuro. Tu sarai molto molto importante per la salvezza di questo mondo, tu
e i tuoi compagni.” Aveva risposto Vael rimanendo sul vago.
Qualche giorno dopo, Vael era sparito, lasciando solo un breve messaggio, vergato con una
straordinaria ed elegante calligrafia: “Devo fare delle ricerche, tornerò in un paio di giorni. Non
mettetevi nei guai. Vael”.
Quella mattina stessa, Karrion aveva scoperto che a Stormwind risiedeva Sir Ennius, un capitano
dell’esercito che stava facendo rapidamente strada tra i nobili della città.
In quel momento Karrion prese la sua decisione… La vendetta non poteva attendere oltre…
qualsiasi cosa ne pensasse Vael…e così fu.
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