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La Stagione dei Fiori
L
a stagione dei fiori giungeva foriera di tenui colori, sfumati dal pallido rosa. I fiori del ciliegio si
posavano sui viottoli e tutto prendeva vita. Tutto era così intenso e magnifico da mozzare il
fiato. I profumi percorrevano l’aria densi e oleosi. Inebriavano i sensi e cullavano le percezioni
verso l’abbandono e la gioia.
Le rose. Purpuree e cangianti di beltà. Sagaci e minacciose con le loro acuminate spine, ma altresì
suadenti e melodiose come il pizzico di un’arpa incantata, che suona note armoniche sulle rive di un
calmo mare.
E fu così che Gerbo, camminando per le strade, osservava la stagione dei fiori. Per mano alla madre
sorrideva felice ed avrebbe voluto danzare sotto i petali che, abbandonati dai rami degli alberi,
accarezzavano l’aria per unirsi alla Terra.
Il cielo era limpido e la brezza leggera carezzava i volti degli gnomi che si riversavano per i viottoli.
Quelle belle giornate avrebbero fatto da cornice all’evento più atteso da tutti gli gnomi di Heartwood.
La Fiera dei Fiori.
C’erano spettacoli di saltimbanchi, grandi gnomi stregoni che stupivano tutti con le loro magie,
inventori di oggetti di ogni genere capaci di facilitare la vita quotidiana di ogni Gnoma casalinga. C’era
il rivoluzionario strumento chiamato Sferzabuccia: un sofisticato arnese dalla forma di cornucopia al
cui interno erano state inserite delle lame. Se si prendeva un frutto o un tubero e lo si premeva nella
cavità ricavata, esso usciva perfettamente sbucciato e pronto per essere o cotto o gustato.
Lysla osservava lo Sferzabuccia, forse Bosdo, suo caro marito, glielo avrebbe regalato. Mentre
osservava curiosa l’utile arnese Gerbo le tirò la mano con tutta la forza che possedeva.
<<Mamma guarda, ne voglio uno anch’io!!!>>
Gli occhi del piccolo gnomo brillavano di profonda felicità. Erano grandi e belli come quelli di sua
madre. In essi era racchiusa la luce della voglia di vivere, la magia che solo gli gnomi potevano
imbrigliare nei loro gioiosi occhi. Lysla capì subito a cosa il figlio si riferisse. Erano arrivati in paese i
chioschetti che vendevano le “Nuvole di Zucchero”. Candide o colorate nuvolette eteree ricavate
dallo zucchero che gli gnomi erano abilissimi a filare. Le dolci nuvolette si potevano gustare avvolte
intorno ad un pratico bastoncino di liquirizia.
Quando Gerbo l’ebbe in mano esitò a mangiarla. Guardava quella nuvoletta estasiato. L’aveva scelta
al lampone, perché lui andava matto per la crema di lamponi che faceva sempre la mamma; però
quella nuvoletta era così bella. Avrebbe voluto tenerla in mano e giocarci. Poi era tanto leggera che
pensava sarebbe volata via, e preso dalla paura che potesse accadere si decise ad assaggiarla.
<< mmm, quant’è buona… >> esclamò il piccoletto rivolgendo un grato sguardo alla madre che glielo
aveva comprato.
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sua pubblicazione su siti diversi da quello originario senza la previa approvazione del suo autore.
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Andarono ancora in giro per la Fiera dei Fiori finché madre e figlio non furono attratti da un piccolo
palcoscenico improvvisato in strada. Gerbo voleva a tutti i costi sapere cosa stessero orchestrando, ma
era troppo piccolino e gli adulti gli impedivano di vedere bene. Bosdo, che da poco aveva trovato la
sua famiglia, lo prese a cavalluccio sulle spalle. Lysla sorrise e si accorse che il marito portava una
sacca legata alla schiena. Avrebbe scommesso che dentro quella sacca c’era lo Sferzabuccia. Era certa
che il marito li avesse seguiti tenendosi a distanza per osservare cosa potesse piacerle per poi
comprarglielo. Non l’avrebbe ingannata tanto facilmente.
<<Che cosa stai guardando Lysla? Ho qualcosa sulla schiena?>>
<<No no!>> Scosse la testa <<Mi ero solo fissata un attimo, tutto qui…>> sorrise come solo una
gnoma innamorata saprebbe fare.
Bosdo le diede un piccolo bacio vicino alle labbra.
<<Ho una sorpresa per te, ma te la consegnerò solo stasera, e se farai la brava mogliettina>>
<<E cosa intendi per brava mogliettina?>>
Melliflua, Lysla gli diede due colpetti col gomito.
Bosdo distolse lo sguardo arrossendo un poco.
Nel frattempo, Gerbo era come ipnotizzato. Ignaro di cosa i suoi genitori stessero confabulando là “in
basso”, lui osservava gli gnomi in costume che sul palco inscenavano una stupefacente recita.
La storia parlava di tre amici che avevano attraversato gli oceani alla ricerca di un grande tesoro.
Durante l’ultima traversata la nave che solcava i mari era incorsa in una tempesta: lampi e fulmini
cadevano dal cielo. Uno gnomo stregone faceva grandi bagliori a simulare i lampi ed altri sbattevano
dei martelli su lastre metalliche per generare i tuoni.
Gerbo sussultava ed attendeva il proseguo.
La nave andò in naufragio ed i tre amici si persero. Baldo, il protagonista della storia, sembrava essere
spacciato poiché le acque lo trascinavano e sbattevano. Sarebbe affogato, ma un certo punto i mari
parvero calmarsi. Dal centro della bufera la calma sembrò affiorare ed una leggiadra melodiosa voce
intonò un canto. Sulla scena apparve una fanciulla molto giovane con la pinna delle sirene al posto
delle gambe. La fanciulla era bellissima. Una giovane gnoma dalla pelle fresca come una viola. I suoi
capelli rossi riflettevano il rosa dei ciliegi in fiore e sul palco tutti gli sguardi erano per lei. Lei era la
Gnoma dei Fiori.
Il suo canto si addiva al tutto, e la sua voce risplendeva nei cuori di chi l’ascoltava.
Baldo fu salvato dalla bella sirena e da lei venne portato nelle profondità dei mari per conoscere i
segreti del mondo sottomarino. I due si innamorarono ma i loro destini erano diversi e presto
avrebbero dovuto dividersi. Ma l’amore vinse il destino e Baldo rinunciò al suo essere umano per
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tramutarsi anch’egli in una creatura dei mari facendo un giuramento al Re degli Abissi. Così Baldo e
la Sirena potettero sposarsi e dare vita al loro futuro di innamorati.
Tutto si concluse col canto della Sirena dedicato al suo amato.
Gerbo guardò la storia fino alla fine con il fiato sospeso.
<<Mamma, papà avete sentito che bella voce ha quella gnoma sirena?>>
Lysla e Bosdo sorrisero al figlioletto.
<<Sì Gerbo quella gnoma sirena, come dici tu, canta divinamente. Peccato per i suoi occhi…>> disse
Bosdo con un po’ di tristezza.
Gerbo tornò a guardare la sirena sul palco. Si era chiesto perché non avesse mai aperto gli occhi, ma
adesso capiva. La bella sirena non poteva vedere. Tutto quello che lei non vedeva lo metteva nella sua
voce. Lei non poteva percepire nulla con gli occhi, ma avrebbe colmato con il suo canto.
Venne la sera e la Fiera cominciava a smantellarsi. Gerbo chiese il permesso ai suoi genitori di poter
fare un ultimo giretto prima di tornare a casa. Lysla e Bosdo acconsentirono raccomandandogli di
non allontanarsi troppo e di non perdersi.
Il piccolo gnometto si fermò davanti al chiosco di “Nuvole di Zucchero”. Si mise le mani in tasca e
tolse il soldino che aveva risparmiato per comprarsi un gioco. Quel soldino glielo aveva donato nonna
Limotta per il suo compleanno. Gerbo osservò pensoso il soldino sul palmo della sua mano.
Delilah se ne stava seduta su una panchina. Era sola presso i ciliegi in fiore e l’imbrunire rendeva il
tutto estatico. Sentiva l’aria fresca carezzarle il collo, e sentiva il fruscio che i fiori dei ciliegi facevano
quando toccavano terra. Sentiva i profumi ed ascoltava i suoni del villaggio di Hearthwood. Non
poteva vederlo, ma non era importante perché anche se non lo vedeva lei poteva sentirlo. Così
pensando a quanto fosse bello sentire, Delilah intonò un canto. Senza parole, solo mormorando la
melodia. Ed in essa cullandosi cominciò a dondolare al ritmo della sua musica. Si distolse quando un
dolce profumo di zucchero e lampone le stuzzicò il naso.
<<Chi c’è vicino a me?>> chiese un poco sospettosa l’attrice e cantante.
<<Scusa non volevo disturbarti!>> si rammaricò Gerbo <<E’ che mi piaceva tanto ascoltarti allora mi
sono avvicinato senza far rumore, ma tu mi hai sentito lo stesso… Scusami.>>
Delilah riconobbe la voce di un bambino e sorrise.
<<Allora ti piace come canto?>>
Gerbo annuì deciso. Poi si ricordò che lei non poteva vederlo allora, un pochino imbarazzato, disse:
<<Sì!>>
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<<Che cosa stai mangiando? Una nuvola di zucchero?>>, domandò Delilah.
<<No, questa Nuvola di Zucchero non la sto mangiando, io. L’ho comprata per te. Volevo farti un
regalo e ringraziarti per lo spettacolo di oggi. Mi è piaciuto da matti.>> E dicendo così Gerbo porse la
nuvoletta di zucchero a Delilah tutto fiero, ma rosso nel volto per l’imbarazzo. Del resto, Delilah era
bellissima.
La giovane gnoma fu tanto colpita dal gesto di quel bambino, ed un luminoso sorriso prese vita sul
suo volto. I suoi occhi baluginarono ed una piccola lacrima si destreggiò, ma lei frettolosamente tentò
di cancellarla col dorso della mano.
<<Come ti chiami bambino? Io sono Delilah e tutti mi chiamano la Dama dei Fiori.>>
<<Io sono Gerbo e tutti mi chiamano combinaguai. Però io non voglio che tu pianga, perché tu non
devi essere triste. Anche se i tuoi occhi non vedono io scommetto che un giorno guarirai. Sono sicuro
che se ci credi forte forte allora le cose si avverano. Mamma mi dice sempre che i sogni non sono mai
soltanto sogni.>>
Gerbo cercò di ricordare se la mamma dicesse proprio così, ma gli parve corretto.
Delilah sentiva battere il cuore di Gerbo. Sentiva la sua vita ed in quel bambino riconobbe un canto.
Un canto di speranza per il mondo intero.
<<Vieni Gerbo Combinaguai, mangiamo insieme la Nuvola di Zucchero che mi hai comprato.>>
Gerbo era assai felice che Delilah volesse dividere quella squisitezza con lui ed insieme mangiarono.
Quello era un dolce sogno, costellato da un canto e sorretto da un bastoncino di liquirizia. Quello era
il mondo ideale di Gerbo e Delilah nella Stagione dei Fiori.
Ancora Delilah non può vedere, ma ancora canta e canterà per sempre finché un bambino si
emozionerà nel sentire la sua voce.
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