Monet Renoir De Nittis Zandomeneghi Claude Monet
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Monet Renoir De Nittis Zandomeneghi Claude Monet
Alessandro Guglielmi 5P 15/12/11 Monet, Renoir, De Nittis, Zandomeneghi Pagina 1 di 4 Monet Renoir De Nittis Zandomeneghi Claude Monet Donne in giardino Data: 1867 Tecnica: olio su tela Dimensioni: 255×205 cm Ubicazione: Museo d'Orsay, Parigi Attraverso questa opera Monet incarna quello che è il desiderio e lo scopo della corrente impressionista: dipingere il vero dal vero. Egli vuole quindi catturare un momento di vita quotidiana e mostrarlo allo spettatore in maniera estremamente realista, come in una fotografia. L’opera non viene realizzata nell’atelier del pittore, ma en plein air, il che permette al pittore di vedere la scena con i suoi stessi occhi e di rappresentarla direttamente all’aria aperta, con l’aiuto di una puleggia. “Donne in giardino” è una tela di grandi dimensioni, che raffigura alcune donne intente a rilassarsi e a godere della bellezza del giardino in cui si trovano, ovvero il cortile dell’abitazione del pittore nella periferia parigina. Camille, la compagna del pittore, ha posato per le tre figure sulla sinistra. Il quadro viene rifiutato dalla giuria del Salon di Parigi del 1867, che critica sia l’assenza di una narrazione sia lo stile pittorico, in particolare quei tocchi rapidi di pennello che caratterizzano proprio Monet e gli altri artisti impressionisti. Attraverso queste pennellate brevi e veloci il pittore riesce a dare una straordinaria brillantezza cromatica all’opera, che è il frutto di uno studio accurato sulle ombre e sugli effetti di luce; in particolare sono rilevanti gli squarci di sole che filtrano attraverso le foglie e i riflessi chiari in contorni sfumati nella penombra. Monet inoltre rende con maestria il bianco degli abiti, investiti da una luce intensa, contrapponendolo con l’altro colore dominante, il verde delle siepi e delle piante. Lo scrittore Emile Zola, riguardo a questa opera, scrive nel suo resoconto del Salon: "Il sole cadeva dritto sulle gonne di un candore splendente; l'ombra sbiadita di un albero delineava sui viali, sugli abiti resi brillanti dalla luce solare, un grande velo grigio. Nulla di più strano come effetto. Bisogna amare in modo smisurato il proprio tempo per osare così tanto, abiti che l'ombra ed il sole dividono in due". Il dipinto viene anche considerato un omaggio alla femminilità. Alessandro Guglielmi 5P 15/12/11 Monet, Renoir, De Nittis, Zandomeneghi Pagina 2 di 4 Pierre-Auguste Renoir Pierre-Auguste Renoir nasce nel 1841 da un modesto sarto di Limoges (Francia), diventando poi uno dei più grandi coloristi francesi del XIX secolo. Dopo il trasferimento della famiglia a Parigi, il padre lo mette come apprendista in una bottega, dove egli si applica nella decorazione di piatti e tazze di porcellana. Successivamente, agli inizi del 1862, viene promosso al concorso d'ammissione della Scuola Nazionale di Belle Arti, e s’iscrive allo studio di Gleyre. Sebbene sia studioso, i suoi professori lo giudicano indisciplinato. Nell'autunno del 1862, Renoir fa amicizia con Alfred Sisley, Claude Monet e Frèdèric Bazille, nuovamente entrati nello studio di Gleyre. Il gruppo che dieci anni dopo costituirà il nucleo fondamentale degli impressionisti si trova riunito, quando Bazille, nel giro di qualche mese, presenta ai compagni Cézanne e Pissarro, che lavorano all'accademia svizzera. Nel 1844 Renoir supera un ultimo esame per la Scuola di belle arti, e poi lo abbandona definitivamente. Nel Salone del 1864, Renoir viene accettato, anche se in seguito non avrà sempre questa possibilità. Nel 1869 raggiunge Monet a Bougival, ed esegue con questo numerose versioni di una trattoria di campagna, "La Grenouillère"; Renoir inizia dunque ad analizzare il fenomeno luminoso impiegando nuovi procedimenti, come la frammentazione del tocco e l’abbandono del contorno. Nel 1870 Renoir partecipa al conflitto francoprussiano, mentre nel 1874 partecipa alla prima mostra degli impressionisti presso lo studio del fotografo Nadar. Renoir dipinge durante questi anni le sue tele migliori, che esaltano la bellezza del corpo umano e l'armonia della natura, mettendo l'accento sulla gioia di vivere: "La loggia" (1874, Tate Gallery, Londra), "Il mulino della Gallette" e "L'altalena" (1876, museo Jeu de Paume, Parigi). Inoltre è considerato il pittore della donna, perché riesce a farne affiorare il fascino segreto, come in "La lettrice" (1875-76, museo Jeu de Paume, Parigi). Renoir decide però di tentare un ritorno alla tradizione classica, che si realizza nel corso di un viaggio in Italia (1881-82) dove scopre gli affreschi di Raffaello e la pittura pompeiana a Napoli. Il suo stile cambia completamente e perde quella magia che lo caratterizzava, perciò, non avendo più molto successo, Renoir torna all’Impressionismo. Nascono quindi, nel ritrovato splendore, tele vivaci dove sono rese tutte le espressioni della luce. A partire dal 1912, il suo stato di salute peggiora, e dipinge con grande difficoltà a causa dell’artrite. Renoir muore infine il 3 dicembre 1919. Bal au moulin de la Galette Data: 1876 Tecnica: olio su tela Dimensioni: 131×175 cm Ubicazione: Museo d'Orsay, Parigi Come è tipico delle opere di Renoir, questo dipinto raffigura una scena lieta di vita mondana parigina ambientata a Montmartre in un pomeriggio festoso, mettendo in risalto la gioia di vivere del pittore. La tela viene abbozzata inizialmente en plein air, ed è poi terminata nell’atelier; realizzata nel 1876, l’opera è poi esposta, l'anno successivo, alla terza esposizione impressionista, l'ultima alla quale Renoir partecipa. La scena è inserita nel contesto spensierato della Belle Époque, ed è situata precisamente nel Moulin de la Alessandro Guglielmi 5P 15/12/11 Monet, Renoir, De Nittis, Zandomeneghi Pagina 3 di 4 Galette, un locale sorto nel cortile di un vecchio mulino. La maggior parte dei personaggi sono amici dell’artista che accettano di posare: a sinistra, per esempio, vi è Pietro Vidal, pittore spagnolo, mentre al tavolo sono seduti altri pittori francesi che conversano con un critico d’arte. Tramite un uso innovativo del colore e della luce, Renoir risce a trasmettere, oltre all'idea di movimento, anche lo stato d'animo gioioso delle persone presenti al ballo e i suoni, le voci, la musica, coinvolgendo così maggiomente lo spettatore e rendendo l’immagine ancora più vivace e realistica. Il disegno viene abolito quasi totalmente, perciò la forma è costituita attraverso il colore, che assume un rilievo diverso in relazione a luci e ombre, toni caldi e freddi. Renoir utilizza pennellate rapide e piccoli tocchi di colori puri, che contribuiscono a dare luminosità alla scena, inoltre egli si concentra sullo studio della luce solare, che filtra attraverso gli alberi ed investe il pavimento e i personaggi con macchie di colore, risaltando la grazia dei personaggi e facendo spiccare in particolare gli abiti femminili su quelli maschili. L’opera è priva di un centro focale, la linea orizzontale è alta, l’ambiente è occupato quasi interamente dalle figure danzanti e la scena sembra proseguire oltre lo spazio della tela; i gruppi separati di persone contribuiscono infine a rendere la profondità prospettica del dipinto. Giuseppe De Nittis De Nittis nasce a Barletta nel 1846 e rimane orfano sin dall'infanzia; già da bambino comincia a prendere lezioni dal pittore Giambattista Calò, maestro di scuola napoletana, poi si trasferisce con i fratelli a Napoli, dove, nel 1860 si iscrive all'Accademia di Belle Arti di Napoli, ma viene espulso dopo 2 anni, per cui nel 1864 fonda la Scuola di Resìna, corrente italiana sul tema del realismo. Nel 1867 presenta alcune opere all'Accademia delle Belle Arti di Firenze, suscitando grande ammirazione tra i Macchiaioli, dai quali viene influenzato. Lo stesso anno si trasferisce a Parigi, dove sposa nel 1869 Léontine Gruvelle. Il pittore, nelle sue opere, attribuisce grande importanza al risalto cromatico, alla resa del volume, della luce e dei colori, e Parigi, con i suoi boulevard, le donne eleganti e la vita mondana, diventa il soggetto perfetto per i suoi quadri. Nel 1874 De Nittis partecipa come unico italiano, su invito dell’amico Degas, alla prima mostra degli Impressionisti, situata nello studio del fotografo Nadar, ma raggiunge il culmine della sua fama all'Esposizione Universale di Parigi del 1878, dove esposn undici delle sue tele. Muore nel 1884 a Saint-Germain-en-Laye, colpito da un ictus cerebrale, e viene sepolto a Parigi, nel cimitero di Père-Lachaise. Colazioni in giardino Data: 1883 Tecnica: olio su tela Dimensioni: 81x117 cm Ubicazione: Museo Civico, Pinacoteca De Nittis, Barletta L’opera si riallaccia ad un tema caro alla cultura impressionista, con evidenti richiami soprattutto a “Colazione sull’erba” di Manet e “Colazione dei canottieri” di Renoir. I soggetti di questo capolavoro sono la moglie Léontine e il figlio Jacques, entrambi ritratti a tavola durante la colazione mattutina nel giardino di casa, con il posto dell’artista lasciato vuoto, come se egli si fosse allontanato per fotografare la scena. La moglie appare completamente in ombra, ed osserva con dolcezza il figlio, ritratto nell’azione di offrire qualche briciola alle anatre che gironzolano per il giardino. La scena rimanda ad un contesto di vita piccolo-borghese, tema a cui De Nittis si dedica Alessandro Guglielmi 5P 15/12/11 Monet, Renoir, De Nittis, Zandomeneghi Pagina 4 di 4 frequentemente durante la sua carriera. La pennellate sono veloci e i riverberi di luce sulle posate rendono l’immediatezza espressiva di questo ritratto di famiglia, accendendo inoltre di luce la tela e mostrando il virtuosismo tecnico del pittore; la luce solare mette in risalto soprattutto il verde dell’erba, infine la composizione è equilibrata e bilanciata. Federico Zandomeneghi Federico Zandomeneghi nasce a Venezia il 2 giugno 1841. Dal 1856 è all'Accademia di Belle Arti di Venezia, allievo del Grigoletti e del Molmenti, per iscriversi all'Università di Pavia nel 1859, al fine di evitare la leva austriaca e di poter combattere nelle file garibaldine l'anno successivo. Reduce dalla guerra, non potendo rientrare a Venezia poichè accusato di diserzione, soggiorna a Firenze per cinque anni, frequentando il Caffè Michelangelo ed entrando in contatto con Signorini, Lega, Banti, Borrani, ma sopratutto con Diego Martelli. Nel 1874 si reca a Parigi e vi rimane sino alla morte. Nella capitale francese la sua pittura fonde lo stile dei macchiaioli con quelli degli Impressionisti. Stringe amicizia con Manet, Cézanne, Degas e Renoir. Dal 1884, sull'esempio di Degas, si dedica anche al pastello, con stesure a filamenti di colore ed intonazioni divisioniste. La varia produzione dell'artista comprende paesaggi, scene di genere con figure, ritratti (periodo italiano), nature morte, affollate scene d'interni e d'esterni di vita parigina (periodo francese). La figura femminile è il suo soggetto prediletto e le sue immagini di donne, sia in interni sia in esterni, risentono notevolmente dell’influsso della moderna raffigurazione dell’eleganza diffusa attraverso le riviste di moda. La vicinanza a Degas si esprime nelle scene di nudo che colgono giovani donne nei gesti quotidiani del risveglio e della toilette. Place d’Anvers Data: 1880 Tecnica: olio su tela Dimensioni: 103 x 140 cm Ubicazione: Casa Museo, Galleria Ricci Oddi, Piacenza Questo dipinto offre una visione serena della vita popolare nel quartiere di Montmartre, il quartiere bohèmien per eccellenza di Parigi. Zandomeneghi utilizza uno scorcio è prospettico di tipo fotografico, che ricorda Degas, mentre lo stile pittorico, basato su piccole macchie di colore accostate in sovrapposizione, richiama quello di Monet. Nell’opera del pittore veneziano vi è un uso particolare dei colori e delle luci, che fanno brillare la scena, mettendone in risalto i singoli dettagli. La singolare meditazione delle forme, calibrate entro la visione impressionistica, sembra quasi anticipare certi pensieri del divisionismo di Seurat, procedendo per una strada percorsa precedentemente da Renoir. Di parere contrario è C. Maltese secondo cui il quadro dimostra che Zandomeneghi si muove lentamente, poiché egli ricrea, seguendo Renoir, esperimenti luministici che il Banti aveva fatto venti anni prima.