Renoir De Nittis Zandomeneghi MONET

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Renoir De Nittis Zandomeneghi MONET
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Renoir
De Nittis
Zandomeneghi
MONET
Donne in giardino, Musée D’Orsey
La celebre tela dal titolo Donne in giardino del Museo D'Orsey a Parigi è stato dipinta da Monet nel 1866.
Venne eseguita all'aperto, nel giardino dell'abitazione che l’artista aveva preso in affitto nella periferia
parigina utilizzando come unica modella la compagna Camille in atteggiamenti diversi. La sfida è duplice:
si tratta, in primo luogo di lavorare en plein air, il che richiede di scavare una buca per terra per
sistemarvi la tela in modo da lavorare la parte alta mantenendo lo stesso punto di vista; in secondo
luogo, l'artista si cimenta in una tela di grande formato, abitualmente riservata alle composizioni
storiche. Inoltre dipinge sempre nella stessa ora del giorno per avere le stesse condizioni di luce.
Sceglie una giornata serena e un momento preciso in cui tutti i colori sono esaltati al massimo dalla luce
del sole: dipinge, infatti, le ombre e le luci colorate, gli squarci di sole che filtrano attraverso il fogliame, i
riflessi chiari in contorni sfumati nella penombra. I giochi di ombre e gli effetti di luce particolari sono
ottenuti mediante la giustapposizione dei colori e pennellate veloci le quali evidenziano anche l’intensità
luminosa dell’opera. Lo scopo di Monet è quello di cogliere le condizioni atmosferiche e i giochi
chiaroscurali.
Per Monet è fondamentale l'esattezza della
visione di fronte alla natura e al momento rappresentato. La novità maggiore sta proprio nella
trascrizione dell'effetto della luce all'aria aperta, e nella precisione delle qualità cromatiche.
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I colori dominanti sono il bianco degli abiti vaporosi delle donne investiti dalla luce solare e il verde dello
sfondo. La siepe fiorita di fiori bianchi collega le figure luminose intorno all'albero centrale. Il dipinto è
un omaggio alla femminilità secondo i valori ottocenteschi.
Con quest’opera Monet vuole rappresentare momenti di vita quotidiana: mette, infatti, in evidenzia il
vero. Presentato al Salon, il quadro viene rifiutato dalla giuria che, oltre all'assenza del soggetto o della
narrazione, deplora la pennellata simbolo di spregiudicatezza e di imperfezione.
PIERRE – AUGUSTE RENOIR
Renoir nacque nel 1841 a Limoges, in Francia. La famiglia da cui proviene è di umili origini e il padre lo
avvia all’età di tredici anni a dei corsi serali di disegno, con l’intento di farlo diventare un artigiano di
qualità. Nel 1862 entra alla Scuola di Belle Arti, presso la quale fece le sue prime amicizie nel campo
artistico, tra cui si distinse quella con il giovane Monet. Decise poi di compiere un lungo viaggio in Italia
alla scoperta delle principali città della penisola che rappresenterà l’occasione della crisi dell’artista per
quanto riguarda il suo passato da impressionista. Morì nel 1919.
Renoir, come lo stesso Monet è uno dei maggiori rappresentanti del movimento Impressionista. La sua
produzione artistica è espressione di una vera e propria “gioia di vivere”. Infatti, per l’artista, la pittura
rappresentava un vero e proprio piacere e un divertimento. Nonostante le caratteristiche principali della
sua pittura in età giovanile si differenzieranno molto da quelle dell’età adulta, alcuni elementi
rimarranno costanti, come, ad esempio: l’analisi della luce e dei giochi di colori che essa sa creare,
l’attenzione verso il colore e l’uso di pennellate brevi e veloci, semplicemente accostate su tela. Il forte
legame che lo univa a Monet lo portò a prediligere inizialmente opere a soggetto paesaggistico, ma solo
successivamente, si orientò in modo deciso verso il genere in assoluto da lui prediletto: il ritratto o, più in
generale, la rappresentazione di soggetti umani mirabilmente inseriti nel loro ambiente. Come gli altri
esponenti del gruppo impressionista, anche le opere dello stesso Renoir furono oggetto di aspre critiche,
soprattutto durante la fase giovanile, in cui si accusava l’artista di usare colori troppo luminosi e,
pertanto, volgari, di servirsi di pennellate “spregiudicate”, che lasciava pensare i critici artistici che si
trattasse di lavori sommari e non rifiniti secondo le giuste regole accademiche. Il suo stile si modificherà
in seguito al viaggio in Italia che Renoir affronterà al fine di perfezionare le proprie tecniche e ampliare le
sue conoscenze, soprattutto per quanto riguarda l’uso dei colori. Infatti, essendo un grande appassionato
dei colori, il viaggio nella penisola gli consente di studiare in maniera più approfondita l’uso di questi
ultimi da parte dei grandi maestri italiani, quali Tiziano e Raffaello. Nella fase matura Renoir effettuerà
alcuni cambiamenti radicali nella forma, nella scelta dei colori, che diventeranno più densi e solidi.
Ritornerà,infine, seppur in maniera marginale al tradizionale disegno preparatorio.
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Le Moulin de la Galette, Musée d’Orsey
Questa tela venne abbozzata en plein air sulla collina di Montmartre e terminata in un secondo
momento nell’atelier. Il mulin de la Galette era un locale popolare frequentato da giovani, artisti e non,
dove si andava a ballare all’aperto e venne chiamato così per la vicinanza con un vero e proprio mulino
che l’artista dovette frequentare per realizzare l’opera. L’artista ha voluto fermare un momento
spensierato della vita quotidiana ricreando questa atmosfera gioiosa. La scena ritratta è infatti quella di
un ballo popolare ambientato all’aperto in un pomeriggio festoso. La verità dell’opera è sottolineata dalla
presenza di alcuni amici del pittore come il giornalista Lhote, il gruppo di pittori seduti al tavolo in primo
piano in compagnia del critico Georges Rivière e il pittore spagnolo Don Pedro Vidal che danza allacciato
alla giovane Margot. L’artista ritrae con immediatezza figure e gruppi di persone animando i loro
atteggiamenti attraverso lo scintillio intermittente della luce.
La composizione risulta priva di un centro focale , la linea d’orizzonte è alta e l’ambiente è occupato
integralmente dalle figure danzanti: i personaggi ai bordi sono tagliati , facendo sembrare che lo spazio
vada al di là della tela e suggerendo la continuità dell'azione oltre i limiti della cornice.
La spontaneità dell’opera si percepisce dalle pennellate rapide e dai colori puri che danno luminosità
all’opera. Una caratteristica predominante è, infatti, l’intenso gioco delle ombre, originate dalla
filtrazione della luce attraverso le foglie degli alberi circostanti (caratteristica prediletta dall’autore) che
determinano così una vibrazione cromatica talmente accentuata da disintegrare la materialità dei corpi.
Il contrasto che crea l’alternarsi delle zone buie con quelle di luce e, pertanto, l’alternarsi dei colori scuri
e freddi con quelli caldi, pervade la scena e ne determina la profondità prospettica. Attraverso l’uso
attento dei colori si possono intuire, infine, i suoni, la musica di sottofondo e il parlare che caratterizzano
la festa.
GIUSEPPE DE NITTIS
Giuseppe De Nittis è stato un pittore italiano appartenente alla corrente artistica del verismo e
dell'Impressionismo.
Nato a Barletta nel 1846,
rimasto orfano sin dall'infanzia, De Nittis, dopo il suo apprendistato presso il pittore barlettano Giovanni
Battista Calò, si iscrisse all'Accademia di Belle Arti ma si mostrò disinteressato alle nozioni ed
esercitazioni accademiche. Si trasferisce in Toscana dove studia la pittura destinata al vero e entra in
contatto con i macchiaioli. Nel 1867 si trasferì a Parigi dove conobbe Degas e Manet e sposò due anni più
tardi Léontine Lucile Gruvelle, che influenzerà notevolmente le scelte sociali ed artistiche del marito.
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Toccò il culmine della sua fama all'Esposizione Universale di Parigi del 1874 dove espose undici delle sue
tele(fu l’unico artista italiano a parteciparvi)
Colazione in giardino,Barletta
L’opera, una delle ultime dipinte prima della morte, risale al 1883. Si riallaccia a un tema caro alla cultura
impressionista, con evidenti richiami soprattutto a Colazione sull’erba di Manet.
Egli ritrae la moglie Léontine e il figlio Jaqcues in una tranquilla mattina d’estate, entrambi raffigurati al
tavolo della colazione, nel giardino di casa, con il terzo posto - quello dell’artista stesso – lasciato vuoto,
come accadrebbe a chi volendo fare una foto, si allontana momentaneamente dal gruppo per poi
ritornarvi al più presto.
La
composizione equilibrata e bilanciata, presenta un controluce che risalta il verde dell’erba e il candore
delle anatre che gironzolano per il giardino. La moglie, riservata e materna, appare completamente
in ombra, mentre osserva con attenzione e dolcezza il figliolo, ritratto invece nella fanciullesca azione di
offrire qualche briciola ai volatili.
La tavola imbandita, con cristalli e porcellane, accende di luce la tela e rappresenta una vera e propria
dimostrazione di virtuosismo tecnico di cui è dotato l’autore. Nell’insieme la scena rimanda a un
tranquillo immaginario di vita piccolo borghese, lontano da passioni e dalla vita moderna. Il realismo è
sottolineato dai gesti semplici; al contrario, le pennellate veloci hanno lo scopo di colpire l’attimo in cui si
vedono i riverberi di luce sulle posate che rendono il senso dell’immediatezza.
FEDERICO ZANDOMENEGHI
Federico Zandomeneghi è stato un pittore impressionista italiano. Figlio d’arte, studia prima
all'Accademia di Belle Arti di Venezia e poi a quella di Milano. Si trasferisce poi a Firenze dove entra in
contatto con gli esponenti della cultura pittorica macchiaiola, tra cui Fattori. Parte improvvisamente nel
1874 per Parigi. È l'anno della nascita dell'Impressionismo, con l'esposizione degli "indipendenti" rifiutati
al Salon nello studio del fotografo Nadar. Dei tre “italiani di Parigi”, (con De Nittis e Boldini),
Zandomeneghi è quello che ha avuto i legami più duraturi e profondi con l’ambiente impressionista e
post-impressionista, partecipando ininterrottamente dal 1879 a tutte le mostre del movimento. Egli
amava ritrarre figure femminili colte in momenti di privata quotidianità, le quali non sembrano neppure
accorgersi di essere ritratte, ma trattate con assoluta perizia nella luce e nei dettagli degli abiti e degli
ambienti . La Parigi di Zandomeneghi non è la Parigi elegante, mondana e internazionale ma si racchiude
nel quartiere bohèmien per eccellenza, Montmartre. I temi privilegiati dall’artista sono incentrati sulle
vedute urbane poiché offrono una visione della vita popolare.
Piazza d’Anversa, Galleria d’arte(Piacenza)
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Questo dipinto,compiuto nel 1880, rappresenta il quartiere di Montmartre (l’artista amava, infatti,
raffigurare questo quartiere). Il quadro, concepito secondo un meditato impianto prospettico, definito in
profondità dalle due file parallele di alberi, descrive una situazione quotidiana di piccola borghesia: in un
caldo pomeriggio primaverile, mamme e bambinaie portano a spasso bambini e neonati nel giardino
urbano. Il dipinto venne esposto alla sesta mostra degli impressionisti, ma non ottenne il favore della
critica, che giudicò banale il soggetto e irrisolta la forma.
Vi è un esplicito richiamo a Degas, per la prospettiva occidentale ottenuta mediante il taglio fotografico.
Lo stile pittorico si avvicina a quello di Monet: utilizza ,infatti, macchie di colori accostati in
sovrapposizione. La luce, il gusto di vivere e la felicità del colore sono i veri protagonisti del quadro.
La singolare meditazione delle forme sembra quasi anticipare certi aspetti del postimpressionismo,
procedendo per una strada tracciata e percorsa prima di lui da Renoir.
Quest’opera darà inizio a una nuova corrente artistica chiamata “puntinismo”.