IL SOLE 24ORE - Better Silver Spa

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IMPRESA & TERRITORI
Il Sole-24 Ore - 2012-03-06 - Pag. 39
REALISMO INDUSTRIALE
Signor ministro, teniamoci cari i nostri
distretti
Giacomo Becattini
Il ministro delle Infrastrutture e dello Sviluppo Corrado Passera non pare accorgersi dell'anomalia di una situazione in
cui: a) una porzione importante del nostro territorio, quella rappresentata dai cosiddetti distretti industriali,
contribuisce alla tenuta socioeconomica del paese e b)un complesso di settori della nostra industria, i beni per la
persona e per la casa, insieme alla meccanica non automobilistica, seppure in una situazione di generale difficoltà,
seguita ad inanellare successi sul mercato mondiale.
Se le statistiche non c'ingannano: a) la nostra bilancia dei pagamenti è appesa al filo di quelle esportazioni, b)
l'ordine sociale riposa sugli equilibri sociali delle zone più attive industrialmente.
Il settore dei beni per la persona e per la casa - dove imperversano oggi, sui mercati mondiali, le produzioni dei nostri
distretti industriali - inclusivo, beninteso, di mille diavolerie informatico-elettroniche - ancorato com'è alla vita
quotidiana dell'umanità non può declinare oltre certi limiti, senza provocare un autentico collasso sociale.
Il fatto che l'Italia ne abbia fatto, per un complesso di circostanze note, uno dei fulcri della propria industria e del
proprio export, non è, dunque, da considerare come una colpa da nascondere, come implicitamente - e talvolta
anche esplicitamente - parrebbe da certa stampa, ma, al contrario, come una fortunata opportunità, innestata dalla
nostra storia post bellica - da sfruttare fino in fondo.
In altri termini, noi ci troviamo a competere su di un complesso di settori: prodotti alimentari (vini, prosciutti, formaggi,
eccetera)e altri beni per la persona (tessuti, abbigliamento, eccetera) e per la casa (piastrelle, rubinetteria, eccetera)
rivolti ai ceti medi di tutto il mondo) la cui domanda, in caso di crisi generalizzata, si contrae meno rapidamente della
domanda di altri beni. Perché non cogliere l'occasione per consolidare il vantaggio che un'industrializzazione
ritardata paradossalmente ci ha dato? Perché vergognarsi di applicare alle esigenze quotidiane delle persone invece che a progetti avveniristici di dubbio esito - i mille ritrovati della tecnologia e della scienza?
Non c'è spazio, ritengo, in questo trapasso storico, per velleitarismi azzardati; meglio è battere un sentiero aperto
proprio da noi nei passati decenni. Un sentiero, questo, che passa, appunto, per i nostri distretti industriali.
Ciò che si oppone allo sfruttamento pieno di una situazione che, già oggi, pur nel vortice della crisi, vede contributi
sostanziosi alle nostre bilance, commerciale e dei pagamenti, è, secondo me, una serie di tabù, ereditati dal periodo
fordista.
Da quanto detto discendono, mi pare,due chiare e convergenti indicazioni operative: a) sul piano della politica
industriale si tratta di cogliere in pieno le opportunità che, anche in un periodo di crisi come l'attuale, caratterizzano i
settori dei beni e servizi per la persona e per la casa e della meccanica strumentale; b) sul piano della politica
sociale, per prevenire disordini sociali in quelle aree del Paese (i distretti industriali, appunto) che costituiscono il
"nocciolo duro" del nostro apparato produttivo. Non sarebbe il caso di aiutare chi già si aiuta da sé, anziché pompare
miliardi in iniziative strabilianti, ma di dubbio esito?
Questo mi piacerebbe leggere nei documenti di politica economica e sociale del governo in carica. Un segno
incoraggiante - voglio dirlo - mi pare la decisione di rinunciare alle Olimpiadi a Roma.
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07/03/2012