New Babylon, sulle tracce di una città errante

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New Babylon, sulle tracce di una città errante
L’
sabato 15 gennaio 2011
il Paese
nuovo
L’ultima
L
• Vincenzo Ampolo
a domanda a cui Constant Nieuwenhuys ha sempre
cercato di dare una risposta, durante tutta la sua attività d’avanguardia
creativa e di utopia, da lui definita “concreta”, è fin troppo semplice: come sarà la società quando gli esseri umani saranno liberi dalla schiavitù
del lavoro? La sua risposta è altrettanto semplice e nel contempo estremamente affascinante: non dovendo più lavorare, l’uomo non avrà più
bisogno di un domicilio fisso, potrà ricominciare a fluttuare liberamente
nello spazio e a esplorare tutti gli angoli del pianeta, l’attività lavorativa
si trasformerà in attività creativa e l’Homo faber si trasformerà in Homo
ludens.
Conseguentemente a questa visione del futuro, Constant teorizza la
città nomade per eccellenza, dopo aver visitato, nell’autunno del 1956,
un insediamento di Rom situato nei pressi della città piemontese di Alba, dove gli zingari che ogni anno dalla Liguria si spostavano in Francia,
e viceversa, sostavano lungo la riva del fiume Tanaro.
Sotto una tettoia, con l’aiuto di elementi mobili, Constant progetta
una sorta di dimora comune, un accampamento multietnico, un’abitazione temporanea da rimodellare costantemente.
Nel pensiero del suo creatore, New Babylon è pensato come un nuovo habitat per una nuova umanità nomade, libera dalle schiavitù del lavoro e della sedentarietà.
È osservando in modo analitico la città reale, con le sue strade tutte
funzionali al lavoro ed alla produzione, che Constant intravede apparizioni fugaci di altre concezioni spaziali, portatrici di situazioni appassionanti e originali e più umani stili di vita.
Questa visione creativa di una città ideale, sognata ma anche concretamente studiata da Constant fin nei minimi particolari, ha percorso in
lungo e in largo le architetture radicali degli anni Sessanta, dalle tende
geodetiche di Fuller al nomadismo hippy di Superstudio.
A Londra, Peter Cook e Michael Webb hanno più volte riconosciuto
il loro debito verso New Babylon per la creazione di Walking City di Archigram, e l’architetto olandese Rem Koolkaas ne è stato profondamente influenzato fin dai primi anni della sua formazione.
Tra le ultime realizzazioni che si ispirano al pensiero di Constant segnaliamo quella di Francesco Careri, (autore di Constant, New Babylon
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Architettura/ Sulle tracce di una città errante
Il 27 gennaio p.v.,
all’Istituto Olandese
di Roma, nel corso
della conferenza pubblica
“È qui New Babylon”
l’architetto Francesco
Careri, dell’Università Roma
Tre e del Laboratorio di arte
urbana Stalker, illustrerà
l’opera di Constant
Nieuwenhuys (1920-2005),
uno dei più importanti
membri del gruppo
olandese Cobra.
Di seguito, sarà presentato
il cortometraggio Constant
’05. Avant le dèpart,
dove si racconta
degli ultimi mesi di vita
del grande artista
New babylon
Constant Nieuwenhuys
una città nomade Testo e Immagine, Torino 2001) che in alternativa ai
desolanti campi di container di profughi e clandestini, costruisce nel
2008, insieme ai Rom del Cailino 900, Savorengo Ker, che in lingua romanès significa “la casa di tutti” e che attualmente lavora per la completa realizzazione di Metropoliz, una ex fabbrica dismessa sulla via Prenestina, in cui coabitano circa duecento persone provenienti da Perù, Santo
Domingo, Marocco, Tunisia, Eritrea, Sudan, Ucraina, Polonia, Romania e Italia.
Il nomadismo di Constant, che prospetta un nuovo uso della vita, a
partire da uno spazio nuovo e da un tempo liberato, deve tuttavia fare i
conti con la contemporaneità, che pone scenari raccapriccianti in un rovesciamento di senso e di etica condivisa.
In realtà, lo stesso Constant, già all’inizio del secondo millennio, registra e raffigura, in grandi tele, i profughi del Kosovo, i massacri del
Kurdistan, i bambini del Ruanda.
I lunghi reticoli della città di New Babylon sono stati sostituiti da popoli in fuga, da carovane di gente disperata che vaga a piedi attraverso
un pianeta vuoto. Milioni di persone respinte dalle frontiere del benessere.
La Città della Deriva, la Città della Miseria ora è lì, sulle ultime tele
che l’artista dipinge come immagini del disincanto e dello sconforto.
Nessuna speranza e nessuna utopia sembrano sopravvivere, salvo ad
allontanarsi dalla città reale, dall’apparenza e dalla propaganda imperante, dalla manipolazione delle coscienze ad opera del grande fratello,
che costruisce gabbie sempre più accattivanti e sempre più misere, come unico rifugio alla grande paura che incombe.
Ma, ai margini della città reale, ai suoi confini, nei territori di scarto,
nei luoghi fuori controllo perchè rimossi dalla coscienza, dimenticati o
cancellati dalle mappe mentali dei cittadini, vive una città inconscia, che
non ha certamente l’aspetto ipertecnologico della città di Constant, ma
che vive in zone occupate in modo temporaneo e che promuove vere e
proprie amnesie urbane.
Questi contro-luoghi, questi Terrains vagues, come li definisce e li
dipinge Costant in una prima serie di quadri da lui realizzati, rappresentano gli spazi abbandonati, occupati e trasformati abusivamente da precari dell’esistenza, da viaggiatori dell’oltre che rifiutano di essere omologati nella società dei consumi. E’ qui che i nuovi mutanti, sfuggiti temporaneamente al controllo del potere, realizzano nuovi comportamenti,
nuove forme creative, nuovi spazi di vera libertà.
La città inconscia vive accanto alla città del quotidiano, ai cui bordi è
percepibile un confine permeabile, luogo di scambio e di confronto. Se
questo spazio viene sapientemente tenuto in vita, la città nomade vive in
osmosi con la città sedentaria, nutrendosi dei suoi scarti e offrendo motivi di ripensamento e di riequilibrio ad entrambe le realtà.
New Babylon è molto di più di un’affascinante ipotesi urbana che
precorre le megastrutture degli anni Sessanta e molto di più di un bellissimo progetto che anticipa le architetture degli anni Novanta.
È prima di tutto un’appassionata dichiarazione d’amore all’umanità,
un manifesto politico che intende ricordare a tutti gli uomini che sono liberi.
La Simbolica rappresentazione di New Babylon, 1969
collage su carta, 55×60
La Simbolica rappresentazione di New Babylon, 1969
collage su carta, 55×60