Zonzo, la città del perdersi e del perder tempo

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Zonzo, la città del perdersi e del perder tempo
Zonzo, la città del perdersi e del perder tempo F. Careri Flânerie Lontano dagli sguardi degli architetti e dei pianificatori, verso i primi anni del secolo scorso, nella vecchia Europa cominciava a crescere una nuova città, la città di Zonzo: la città del camminare e del perder tempo che nutriva i primi dubbi sulle promesse della nuova Era Moderna. Andare a Zonzo è un espressione italiana e significa “passeggiare 1
senza meta”, “perdere tempo”. Si usa per esempio nelle frasi come: “invece di lavorare se ne va a zonzo” . Zonzo è 2
infatti la città del flâneur descritto da Walter Benjamin , un perditempo inoperoso che si aggira tra le vetrine dei boulevard e dei passages della Parigi di fine secolo e che è il progenitore di molti artisti che durante tutto il secolo scorso hanno praticato l’erranza a piedi come forma di arte urbana. Nel vasto campo di relazioni intessute tra le arti visuali e la città è infatti possibile rintracciare un filo rosso che lega diverse esperienze fondate sull’azione del camminare, esperienze e pratiche che hanno offerto nuove lenti con cui osservare le più nascoste trasformazioni della città occidentale che qui abbiamo deciso di chiamare Zonzo. Se infatti in principio l’azione di andare a zonzo del flâneur era un perdersi anonimo tra la folla dei grandi viali della nuova città moderna, presto si converte in ricerca di territori altri, di zone inaspettatamente sfuggite al progetto del moderno e che contro quel progetto hanno dichiarato di voler resistere. Zonzo coincide con l’altrove, la zona dove la città nasconde i suoi scarti e dove fuori dal controllo si producono nuovi spazi urbani e nuove forme di abitarli. Andare a Zonzo ha assunto con il tempo il senso di andare nella zona e si può ipotizzare che la parola Zonzo sia proprio una derivazione onomatopeica di zona, dal greco zōnnýnai che significa ‘cingere’, “andare intorno”, “andare in giro”, verbo sicuramente centrale nel lessico dei filosofi peripatetici ateniesi. A Parigi la zone indica quella fascia ai margini della città industriale dove ancora oggi fioriscono i mercati delle pulci, dove regna il caso e dove si incontrano oggetti insoliti. È qui, tra il Periferique exterieure e quello interieure, che nel 1927 George Lacombe gira il film La Zone raccontando di un territorio in continua trasformazione entropica incarnata da un ininterrotto fluire di immondizie di cui si nutre una intera umanità derelitta. Visite Èd è proprio quella zone il luogo simbolico che viene eletto dalle avanguardie artistiche alla ricerca di nuove pratiche estetiche con cui sperimentare il superamento dell’arte. Zonzo è il luogo ideale in cui costruire le basi dell’anti-­‐arte, attività estetiche che non producano oggetti-­‐merce ma esperienze reali quali visite e percorsi in città. La passeggiata parigina descritta da Benjamin negli anni venti comincia ad essere utilizzata come forma d'arte che si inscrive direttamente nello spazio e nel tempo reali senza produrre opere materiali. I Dadaisti parigini nel 1921 compiono il primo passo per elevare la tradizione della flânerie ad operazione estetica sulla città, organizzando una prima visite presso la chiesa di Saint-­‐Julien–le Pauvre, “una chiesa poco e mal conosciuta, circondata da un terrain vague cinto da palizzate”, con il fine di puntare l’attenzione su “luoghi che non hanno nessuna ragione di esistere”, luoghi banali in 3
cui intervenire con pratiche nomadi: a piedi, senza lasciare tracce, senza lasciare opere . Questa visita è da annoverare tra i primi happening urbani della storia dell’arte. La foto che documenta l'evento raffigura il gruppo Dada in posa nel terreno incolto del giardino della chiesa. Non mostra nessuna di quelle azioni che avevano accompagnato l'evento, come la lettura di testi tratti a caso da un dizionario o la consegna di doni ai passanti. Il soggetto della foto è la presenza di quel particolare gruppo di intellettuali ed artisti in un particolare luogo della città. Il gruppo Dada in posa, con la consapevolezza dell'azione che sta svolgendo e con la coscienza di fare quello che sta facendo, cioè nulla. L'opera dei dadaisti sta nell'aver portato i loro corpi in quel singolo luogo per significarlo, dare un senso a quel luogo attraverso la loro pura presenza, l’aver preso posizione in quel luogo. 1
In italiano la prima apparizione ufficiale di Zonzo, e sicuramente la più famosa, è nel titolo del libro di J.K. Jerome Three men on the bummel, London 1900, tradotto in italiano in Tre uomini a Zonzo. 2
Vedi W. BENJAMIN, Le Flâneur. Le Paris du Second Empire chez Baudelaire, in "Charles Baudelaire un poète lyrique a l'apogée du capitalisme", Paris 1974. 3
Le citazioni sono tratte dall’intervista ad André Breton in A. PARINAUD, André Breton -­‐ Entretiens, Paris 1952. Déambulation Dopo questo primo passo il gruppo dadaista parigino comincia a compiere una lunga serie di déambulations. Se la prima è condotta deliberatamente in aperta campagna vagando tra i campi di due città scelte a caso, quelle successive cominceranno ad avere programmaticamente sempre più la città come oggetto di riflessione e sono descritte nei 4
primi romanzi surrealisti di Breton e di Aragon. Ne Le paysan de Paris , Aragon descrive la città dal punto di vista di un contadino alle prese con la vertigine del moderno provocata dalla metropoli nascente. Una guida di Zonzo, dove il meraviglioso quotidiano vive dietro la città moderna, dove luoghi inediti e banali si nascondono agli itinerari turistici. Durante una deambulazione notturna, il Parco del Buttes-­‐Chaumont viene descritto come il luogo "dove si è annidato l'inconscio della città". È la prima volta che si afferma che la città possa avere una zona buia, una zona inconscia che sfugge al progetto degli urbanisti e degli amministratori. Da queste prime deambulazioni nasce l'idea di produrre delle nuove cartografie, delle mappe influenzali basate sulle variazioni della percezione ottenute percorrendo l'ambiente urbano. Breton scrive sulla possibilità di disegnare delle mappe in cui i posti che amiamo frequentare sono colorati in bianco, quelli che vogliamo evitare in nero, mentre il resto, di colore grigio, avrebbe rappresentato le zone in cui si alternano sensazioni di attrazione e repulsione. Propone di fare una mappa della strada in cui abitiamo in cui "se prestiamo un minimo di attenzione, potremmo riconoscervi zone di benessere e di malessere che si alternano, e di cui 5
potremmo arrivare a stabilire le rispettive lunghezze". Con l’aiuto di Freud la città banale dadaista viene trasformata dai surrealisti in una città inconscia, un territorio da indagare come la psiche umana: Zonzo ha un rimosso che può essere riportato alla luce attraverso il deambulare, una sorta di camminare ipnotico-­‐sciamanico che permette di accedere alla zona buia. Un metodo itinerante con cui elaborare mappe basate sul variare dei nostri stati d’animo. È l’inizio di una nuova scienza: la psicogeografia. Dérive Negli anni cinquanta, come seguito della visita dadaista e della deambulazione surrealista, i lettristi-­‐situazionisti parigini coniano un nuovo termine: la dérive, un'attività ludica collettiva che -­‐ appoggiandosi al concetto di psycogéographie -­‐ intende investigare gli effetti psichici che il contesto urbano agisce sull'individuo. La dérive vuole essere la sperimentazione di nuovi comportamenti nella vita reale, la realizzazione di modi alternativi di abitare la città, di stili di vita che si situano fuori e contro le regole della società borghese. L’andare a Zonzo perde così il senso di innocuo camminare a caso e comincia a trasformarsi in costruzione di una vera metodologia di esplorazione psicogeografica della città interpretata come “terreno passionale ed oggettivo” e non più solamente soggettivo-­‐
inconscio come per i surrealisti. Il camminare in gruppo ed il progetto del perdersi consapevolmente lasciandosi guidare dalle sollecitazioni impreviste, diventa una forma di rifiuto del sistema dell’arte, un mezzo per sottrarsi alle regole della vita borghese. La deriva situazionista è infatti un'azione che difficilmente può essere mercificata dall'arte, in quanto consiste nel costruire le modalità di una situazione il cui consumo non lascia tracce; un'azione fugace, un istante immediato da vivere nel momento presente senza preoccuparsi della sua rappresentazione e della sua conservazione nel tempo; un’attività estetica che si situa nel percorso aperto dalla logica dadaista dell’anti-­‐arte. Alla città inconscia surrealista si sostituisce così una città ludica in cui uscire deliberatamente dalle regole imposte ed inventare le proprie regole del gioco, in cui riappropriarsi del proprio tempo libero altrimenti sfruttato dal sistema turistico spettacolare. La Zonzo situazionista è uno spazio da vivere collettivamente e dove sperimentare comportamenti alternativi, dove perdere il tempo utile per trasformarlo in tempo ludico-­‐costruttivo. A Zonzo si deve "passare dal concetto di circolazione come supplemento del lavoro e come distribuzione nelle diverse zone funzionali della città alla circolazione come piacere e come avventura", una circolazione degli uomini attraverso una vita autentica. Il primo saggio in cui compare il termine di dérive è il Formulaire pour un Urbanisme Nouveau, scritto nel 1953 dal diciannovenne Ivan Chtcheglov alias Gilles Ivain che, sicuro del fatto che "un allargamento razionale della psicanalisi a 4
Vedi L. ARAGON, Le paysan de Paris, Paris 1926. 5
Andrè Breton, Pont Neuf, in "La clé des Champs", Paris, 1953, citato in MIRELLA BANDINI, Referentes Surrealistas en las nocionas de deriva y psicogeografia del entorno urbano situacionista, in LIBERO ANDREOTTI e XAVIER COSTA, Situacionistas: arte, polìtica, urbanismo, Museu d'Art Contemporani de Barcelona, ACTAR, Barcelona, 1996, p. 43. beneficio dell'architettura si fa ogni giorno più urgente", descrive una città mutante e variata di continuo dagli abitanti, in cui "l'attività principale sarà una deriva continua. Il cambiamento di paesaggio di ora in ora sarà responsabile di uno spaesamento totale" attraverso quartieri i cui nomi corrisponderanno a susseguirsi di stati d'animo. Nel 1956 Guy Debord scrive Théorie de la dérive in cui il superamento della deambulazione surrealista è di fatto acquisito. Al contrario delle passeggiate surrealiste nella dérive "la parte di aleatorietà è meno determinante di quanto si creda: dal punto di vista della dérive, esiste un rilievo psicogeografico della città con delle correnti costanti, dei punti fissi e dei vortici che rendono disagevoli l'accesso o la fuoriuscita da certe zone". La dérive è un’operazione costruita che accetta il caso, ma non si fonda sul caso, anzi ha alcune regole: stabilire in anticipo, in base a cartografie psicogeografiche, le direzioni di penetrazione dell'unità ambientale da analizzare; l'estensione dello spazio di indagine può variare dall'isolato al quartiere, e al massimo "all'insieme di una grande città e delle sue periferie"; la dérive deve essere intrapresa in gruppi costituiti da "due o tre persone giunte alla stessa presa di coscienza, poiché il confronto tra le impressioni di questi differenti gruppi deve consentire di arrivare a delle conclusioni oggettive"; la durata media viene definita di una giornata, ma può estendersi a settimane o mesi, tenendo conto dell'influenza delle variazioni 6
climatiche, della possibilità di fare pause, e anche di prendere un taxi per favorire lo spaesamento personale. New Babylon La prima città che assume Zonzo come modello urbano è la New Babylon del situazionista Constant, un progetto portato avanti dalla fine degli anni cinquanta agli inizi degli anni settanta. New Babylon è una città nomade, un’utopia che nasce dal camminare e dal perdersi e che racconta come potrebbe svolgersi in un altro modo la vita degli uomini su questa terra. Un nuovo habitat per una nuova umanità nomade, libera dalla schiavitù del lavoro e libera dalla schiavitù della sedentarietà. L'enorme quantità di plastici, mappe, disegni e scritti che formano l'insieme inscindibile di New Babylon è un progetto rivoluzionario per l'intera società che un giorno tornerà ad essere nomade, un'affascinante ipotesi urbana che precorre le megastrutture degli anni sessanta, un manifesto politico che intende ricordare a tutti gli uomini che essi sono liberi di muoversi senza confini e senza barriere. La domanda cui cerca di dare risposta Constant è: come sarà lo spazio dell’abitare dell’uomo quando la vita sarà libera dal lavoro? Quando si raggiungeranno la completa automazione della produzione, la socializzazione dei mezzi di produzione e un'equa distribuzione dei prodotti tra tutti gli abitanti della terra? Non dovendo più lavorare l'uomo non avrà più bisogno di un domicilio fisso, potrà ricominciare a fluttuare liberamente nello spazio e ad esplorare tutti gli angoli della terra, avrà a sua disposizione tutto il tempo da dedicare alla realizzazione dei suoi desideri, l'attività lavorativa si trasformerà in attività creativa e in breve l'Homo Faber si trasformerà in quell'Homo Ludens descritto da Huizinga alla fine degli anni 30. L'utile farà posto all'attività creativa per eccellenza, il gioco. Tutte le arti andranno a collaborare in un Grande Gioco che verrà, in quell'attività di trasformazione dello spazio che si chiamerà Urbanismo Unitario. New Babylon sarà dunque una grande opera collettiva, il frutto della creatività nomade dei neobabilonesi, di una nuova società libera che comincerà a costruire e a ricostruire all'infinito il proprio spazio. La New Babylon di Constant era un complesso sistema infrastrutturale costituito da enormi settori urbani che come una ragnatela informe si estendevano sopra il territorio, per consentire il migrare continuo delle nuove popolazioni in cerca di nuove avventure. Se ci si avventura oggi tra le pieghe delle nostre città si ha l'impressione che New Babylon si sia realizzata. I nuovi spazi in abbandono di Zonzo si presentano come una New Babylon priva di ogni aspetto megastrutturale e ipertecnologico. Sono spazi difficilmente leggibili che penetrano la città consolidata mostrandosi con il carattere estraneo di una città nomade che vive dentro alla città sedentaria. È una sequenza di settori collegati non più sollevati dal terreno, ma immersi nella città. Tra le pieghe di Zonzo sono cresciuti spazi in transito, territori in trasformazione continua nel tempo come nello spazio, mari percorsi da moltitudini di genti che si nascondono alla città. Qui si realizzano nuovi comportamenti, nuovi modi di abitare, nuovi spazi di libertà. La città nomade vive in osmosi con la città sedentaria, si nutre dei suoi scarti offrendo in cambio la propria presenza come nuova natura. Andare oggi all'avventura a New Babylon è un metodo utile per trovare quelle zone di Zonzo che negli anni venti intendevano sfuggire al progetto Moderno e che negli ultimi anni hanno cominciato a mettere in discussione il progetto contemporaneo della città globale neoliberista. 6
GUY E. DEBORD, Théorie de la dérive, "Les Lèvres Nues" n° 8/9, 1956, e ripubblicato nel 1958 in "Internazionale Situazionista." n° 2, p. 20.