Benjamin Constant La forza del governo attuale 1796

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Benjamin Constant La forza del governo attuale 1796
Politica
Benjamin Constant
La forza del governo attuale
1796
PERCHÉ LEGGERE QUESTO LIBRO
Benjamin Constant offre un punto di vista lucido, preciso ed elegante a una fase confusa,
caotica, tragica eppure fondamentale della storia francese: i momenti successivi alla
caduta di Robespierre, con la fine del Terrore e il potere in mano alla Convenzione
parlamentare e quindi alla Repubblica rappresentativa. Constant ci fornisce una sorta di
contraltare all’accavallarsi talora imprevedibile degli avvenimenti, mostrandoci in presa
diretta lo spettacolo della tumultuosa attualità politica dei suoi tempi con le capacità del
filosofo della politica, del sociologo, dello psicologo e del grande scrittore. Abbiamo
pertanto la fortuna di poter leggere, in un momento decisivo per il futuro della Francia e
dell’Europa, il resoconto ed il commento di un formidabile osservatore, che scopre
peraltro anche una vocazione personale di impegno diretto che sarà sempre più evidente
nonostante i rovesci ed i ritorni dell’alterna fortuna.
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PUNTI CHIAVE

Gli esiti estremistici della rivoluzione, Terrore e Restaurazione, vanno rigettati

Un atteggiamento responsabile e degno di un avvenire deve sostenere la
repubblica rappresentativa

La Francia nel 1796 soffre di numerosi mali politici ed economici

La forza dell’attuale governo deriva proprio dalla sua esistenza

Più passa il tempo, più si consolida e si legittima il governo repubblicano

La repubblica rappresentativa vantare, rispetto alla monarchia, molti vantaggi
pratici ed ideali

Non è vero che la repubblica non sia adatta ai paesi di grandi dimensioni

Occorre ripartire dal 1789 e rigettare ogni spirito di fazione

La libertà, dopo la prova del fuoco, è destinata a trionfare
RIASSUNTO
Il contesto storico
I momenti di cui si parla in questo pamphlet, che è anche una presa di posizione ben
definita del pensatore Constant contro la Rivoluzione ed a favore della Repubblica, sono
difficili per il Paese. Le vicende politiche in continuo divenire si coagulano con le fortissime
tensioni sociali, con le crisi finanziarie, con le carestie e con i problemi economici, il tutto
in uno stato di guerra che la Francia deve subire avendo contro di sé tutta l’Europa del
tempo.
Nel marasma di quei giorni, emerge la voce di Constant, un giovane intellettuale
cosmopolita e mondano dalla straordinaria preparazione e dall’acume altrettanto
sviluppato. Questa voce va al di là degli estremismi, dello spirito di fazione, dei partiti e
delle appartenenze e si indirizza sui punti nodali che interessano il futuro di quel grande
laboratorio che è sotto i suoi occhi.
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Le parole di Constant non sono una semplice cronaca, ma una compiuta analisi di
un intellettuale impegnato e coinvolto. L’opera acquista un suo valore anche nella storia
delle idee politiche. Essa infatti fu il bersaglio polemico principale dell’opera
filomonarchica e restauratrice di Joseph de Maistre Considerations sur la France del 1797,
manifesto del pensiero controrivoluzionario.
Terrore e Restaurazione vanno rigettati
Nel momento in cui scrive Constant vede contrapposto il ritorno ad un passato fatto di
anarchia e dispotismo (il Terrore giacobino e la restaurazione monarchica) ed il presente,
certamente difficile ma contraddistinto da ordine e libertà, la repubblica termidoriana. La
rivoluzione, con le sue derive agghiaccianti ed i possibili scenari di vendetta restauratrice,
deve essere considerata come un capitolo chiuso. Per questa ragione Constant non teme
di dare la sua adesione al governo in carica, fornendo in corso d’opera dei preziosi consigli
istituzionali.
L’autore non esita a delineare i profili dei nemici della Convenzione repubblicana, cioè
coloro che a vario titolo si sono impegnati (e si impegneranno in seguito) per sovvertire la
forma assunta dalle istituzioni dopo il fuoco dei giorni della rivolta e il delirio dei giorni del
Comitato di Salute Pubblica. E lo fa con sapienza di tratti, con profondità psicologica, ma
anche con una maturità impensabile per un giovane come lui.
Constant significativamente omologa in questo gruppo le due ali estreme dello
schieramento politico, ossia i giacobini fautori della democrazia diretta, della presa del
potere con la violenza e del mantenimento dello stesso con il sangue, ed i realisti, i
filomonarchici che potevano contare su un significativo consenso, ma che si mostravano
chiaramente propensi a mettere in atto una violenta resa dei conti nel caso del loro
ritorno.
Davanti a costoro, lati simmetrici di una stessa medaglia, si doveva opporre un approdo
costituzionale che salvaguardasse la repubblica e la rappresentatività, per un nuovo
equilibrio dei poteri che si ponesse esplicitamente contro la democrazia diretta ed il
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Terrore. Era un ritorno ai grandi princìpi del 1789, ma alla luce di una serie di prove
del fuoco dalle quali non si poteva tornare indietro.
L’approdo repubblicano
Secondo Constant il paese deve sostenere l’esito repubblicano rappresentativo, in quanto
esso costituisce l’approdo capace di incarnare l’interesse supremo, la salvaguardia dai
pericoli, la formula in grado di rendere sicure la pace e la libertà.
Dopo le tempeste che la Francia ha dovuto sostenere, ed a maggior ragione in virtù
dell’eccezionale gravità di esse, acquista ancora più importanza la considerazione
dell’esistenza del governo repubblicano nello specifico frangente. Nella sua attuale
esistenza risiede anche la sua forza: è questo il significato del titolo dell’opera.
I mali della Francia
Constant delinea la drammatica situazione del 1796 in Francia: la guerra sia con le potenze
straniere che interna. E poi la questione della Vandea, il commercio prostrato, i disastri
finanziari ed inflattivi, il clima ostile ad una ripresa, le requisizioni, il malcontento, le
fazioni.
L’autore ha buon gioco a sostenere come un ritorno alla monarchia, di cui illustra il fronte
estremamente composito dei sostenitori, porterebbe ad una nuova fase rivoluzionaria
della quale il paese non ha certo bisogno, perché condurrebbe ad una serie di spaventose
e indiscriminate vendette. La guerra civile sarebbe l’esito inevitabile della restaurazione
monarchica, dato che il re finirebbe per allearsi con i settori più retrivi della società
dell’epoca, come i vandeani, gli aristocratici esautorati, gli esiliati, il clero, gli ultrà.
Constant descrive con precisione le molte anime e i molti protagonisti del variegato
mondo politico e sociale di quel tempo, e conferma il suo rifiuto di un mondo ormai
passato, quello feudale dell’antico regime.
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Il tempo consolida le istituzioni
Dopo aver mostrato l’impossibilità per la Francia di rivolgersi indietro verso la monarchia,
Constant allo stesso modo evidenzia i rischi di un ritorno del Terrore. Per quanto una parte
notevole dell’agone politico sia ancora permeata da esponenti e da idee che potremmo
definire rousseauviane, il governo repubblicano non deve lasciarsi intimorire. Deve
mostrare quanto sia deleterio e folle abbandonarsi allo spirito di fazione, il cui risultato
può essere soltanto l’indiscriminato sacrificio di ogni parte in lotta.
Il governo attuale deve avere il coraggio di non accettare l’opinione predominante, di non
fare proprio il mutamento repentino e quotidiano degli umori delle masse, e seguire
invece una linea di giustizia e difesa delle libertà. Deve insomma stabilizzarsi, perché il
consolidamento attraverso il tempo, operato mediante una condotta tollerante ma ferma,
è il più efficace strumento di legittimità che ci si possa augurare. Deve far capire
all’opinione pubblica la drammaticità del frangente in cui ha assunto il potere, nel quale
non sembrava possibile nemmeno l’esercizio del governo.
I vantaggi della forma repubblicana
Constant difende apertamente la repubblica rappresentativa che ha saputo istituirsi e
regolamentarsi di fronte alle mostruose distorsioni operate dagli estremismi rivoluzionari.
Egli espone quindi una serie di motivazioni teoriche contro la monarchia, che inibisce
l’individuo nelle sue potenzialità e nel suo nucleo più importante, la libertà personale, e a
favore della repubblica.
Queste ultime meritano un’analisi più particolareggiata. La repubblica, innanzitutto, è in
grado di conservare le libere istituzioni, le quali, una volta tutelate, vivificano, rianimano e
corroborano le idee. Inoltre la repubblica necessita di una moralità che ritiene accettabili
solo l’ineguaglianza naturale di capacità, talento e intelligenza, non la disuguaglianza
ereditaria, gerarchica e omologante.
Constant pone in rilievo il ruolo delle idee e spiega quanto esse siano importanti,
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trascinanti, primarie. Le idee sono connaturate alla forma repubblicana, trovando
in essa l’alimento per nutrirsi e fecondarne lo sviluppo: « il dominio del mondo è affidato
solo alle idee. Sono le idee che creano la forza, trasformandosi in sentimenti, passioni o
entusiasmi. Si formano e si elaborano in silenzio; s’incontrano e s’elettrizzano negli scambi
fra gli individui» (p. 65).
Egli rifiuta l’idea che la repubblica non sia adatta alle nazioni di grandi dimensioni. Sotto
gli occhi dei suoi contemporanei stava infatti la palese confutazione di questa
argomentazione, mostrando ancora una volta, qualora ce ne fosse bisogno, la ricchezza
della realtà di fronte a tutti i tentativi di irregimentarla. Nessuna forma di governo, spiega
l’autore, è assolutamente impossibile. I governi esistono nonostante le teorie, perché in
ogni nazione la massa vuole essenzialmente e quasi esclusivamente la tranquillità, e si
piega a tutto ciò che è tollerabile. Con la sua flessibilità rende quindi tollerabile ciò che
inizialmente non lo era.
Tornare allo spirito del 1789
La cosa che in Francia ha provocato il male peggiore, il male più difficile da rimediare, è
stata proprio l’impazienza di fare il bene. Il paese è stato animato da una sorta di fuoco
teso a fare il bene, così come è stato animato dall’odio per l’arbitrio di questa o quella
fazione piuttosto che per l’arbitrio in sé. Occorre dunque tornare alla legalità, allo spirito
del 1789, al reciproco riconoscimento degli universali diritti inviolabili: «Tornate al rispetto
delle leggi; e quando riconoscerete reciprocamente di essere uomini con gli stessi diritti
che vanno protetti dalle stesse istituzioni, vi sarete già riavvicinati: vi criticherete con
meno accanimento; le vostre sconfitte saranno meno cruente; le vostre vittorie meno
disonorate» (p.74).
Constant è fiducioso nella vittoria finale della ragione, e conclude con un auspicio
ottimistico di chiaro stampo illuminista: «La libertà trionferà, c’è da crederlo. In sua difesa
accorreranno tutte le menti pensanti in Europa, tutti coloro che si sono ribellati a un
nuovo dispotismo, tutti coloro che vedono avanzare il buio pesto e disastroso del XIV
secolo, tutti coloro che avidi di libertà sono venuti a cercare in Francia forse qualche
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pericolo, ma soprattutto una causa da difendere ... La verità sarà la loro religione,
la storia la loro leggenda, i grandi uomini dell’antichità i loro santi, la libertà la loro vita.
Non aspetteranno più la resurrezione dopo tre giorni, ma combatteranno e morranno
liberi» (p. 37).
CITAZIONI RILEVANTI
L’obiettivo.
«Desidero ardentemente assistere alla fine della rivoluzione, perché essa rischia ormai di
essere solo funesta per la libertà; ed è una delle ragioni che ho per desiderare
ardentemente anche il consolidarsi della repubblica, alla quale fra l’altro mi sembra
connesso tutto ciò che vi è di grande e nobile nei destini umani … ho creduto tuttavia che
fosse rigoroso dovere d’un amico dell’umanità esortare una nazione che si governa
attraverso i propri rappresentanti a restare fedele al governo rappresentativo» (pag. 4).
L’atteggiamento corretto del governo
«La giustizia per i governanti è un dovere, l’imparzialità sarebbe una pazzia oltreché un
delitto. Per far funzionare un’istituzione bisogna essere parziali per quell’istituzione. Non
è necessario atteggiarsi a pirronista politico ed andare a raccogliere dubbi, a soppesare
probabilità domandando in continuazione alla maggioranza se continui a preferire
l’attuale forma di governo. Lo spirito umano è volubile, le istituzioni devono essere stabili»
(p.18-19).
L’arte del governo
La vera arte è governare con forza, ma governare poco, avere un pugno di ferro, ma usarlo
di rado, servirsi della clava contro nemici pericolosi, senza minacciare coloro che nella loro
meschinità fanno apparire ridicoli oltreché infruttuosi i suoi sforzi» (p. 50).
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L’AUTORE
La vita di Benjamin Constant può essere definita un compendio delle burrascose vicende
del periodo nel quale si trovò a vivere, un periodo centrale della storia moderna, uno degli
snodi della contemporaneità che ce lo consegnano come un testimone, ma anche come
un attore non certo marginale. Henry Benjamin Constant de Rebecque nacque a Losanna
nel 1867 in una famiglia di ugonotti francesi esiliati dopo l’editto di Nantes e si formò in
maniera straordinariamente variegata in alcuni grandi centri del pensiero, da Oxford ad
Edimburgo, passando per Erlangen, Bruxelles e la natia Losanna. In una vita così ricca di
incontri, di avvenimenti e di immersione attiva nelle vicende storiche della Francia
repubblicana, napoleonica, restaurata fino ad arrivare ai moti del 1830, anno della sua
morte, risultano tuttavia fondamentali alcune figure, fra le tante che egli conobbe:
madame de Stael, amica di famiglia, animatrice di un salotto nella capitale francese ed in
seguito sua amante, con la quale intesserà un sodalizio sentimentale ed intellettuale. Di
seguito, il console unico e dittatore Napoleone, che lo relegherà all’esilio, ma che, al
ritorno dall’Elba, lo annetterà tra i suoi consiglieri nei cento giorni; infine, i monarchi della
restaurazione, verso la quale Constant avrà sempre un atteggiamento di critica liberale.
Come si vede, la sua vicenda biografica non è stata né lineare né placida, ma
contraddistinta piuttosto dalle passioni e dall’applicazione della ragione acuta. Fu un
grande prosatore, uno scrittore eccelso, non solo di tematiche politiche (1814: Conquista
ed usurpazione, 1815: Principi di politica, 1819: La libertà degli antichi paragonata a
quella dei moderni), ma anche un romanziere di riferimento (1816 Adolphe) per la
letteratura francese.
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NOTA BIBLIOGRAFICA
Benjamin Constant, La forza del governo attuale. Sulla necessità di uscire dalla
Rivoluzione, Donzelli, Roma, 1996, pagg. VII-XXXIX, 1-77, a cura di Marina Valensise, con
postfazione di Ernesto Galli della Loggia.
Titolo originale: De la force du gouvernement actuel de la France et de la nècessitè de s’y
rallier.
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