Lo Cicero ML_tesi Phd 2010
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Lo Cicero ML_tesi Phd 2010
DOTTORATO DI RICERCA in Storia e Didattica delle Matematiche, della Fisica e della Chimica XXI Ciclo Consorzio tra le Università di Palermo, Bologna, Catania, Napoli “Federico II”, Pavia, Bratislava, Slovacchia), Nitra (Slovacchia), Alicante (Spagna), CIRE (Centro Interdipartimentale Ricerche Educative, Università di Palermo) Sede Amministrativa: Università Di Palermo _____________________________________________________________ TESI Insegnamento/apprendimento del concetto di funzione e delle sue rappresentazioni epistemologiche e semiotiche. Maria Lucia Lo Cicero Settore scientifico disciplinare MAT/04 Coordinatore e Tutor: Prof. Filippo Spagnolo ____________________________________________________________ Febbraio 2010 INDICE INTRODUZIONE Inquadramento generale della problematica Oggetto della ricerca Struttura della tesi Introduction (english version) CAPITOLO I Quadro di riferimento teorico Il triangolo: insegnante, allievo, sapere Errori, ostacoli, concezioni Analisi epistemologica Il contratto didattico Oggetti matematici e paradosso semiotico Teoria dei Registri di Rappresentazione semiotica di Duval L’approccio socioculturale di Vygotskij Mediazione semiotica nella didattica della matematica: artefatti e segni nella tradizione di Vygotskij Strumenti MBL Uso del sensore di moto in didattica della matematica Strumenti MBL Modellizzazione di fenomeni reali Studio di grafici Il cognitivismo e l’Embodiment della mente Gesti e linguaggio Neuroni Specchio Metodologia di ricerca Teoria delle Situazioni Didattiche APC-space and Semiotic Bundles Analisi statistica implicativa CAPITOLO II Analisi storico-epistemologica e didattica del concetto di funzione Analisi epistemologica del concetto di funzione Analisi storica del concetto di funzione Analisi delle concezioni e delle metafore concettuali legate a tale concetto Concezioni del concetto di funzione Metafore concettuali attinenti al concetto di funzione Analisi didattica del concetto di funzione Analisi didattica Il concetto di relazione e di funzione nei curricula scolastici in Italia Analisi delle competenze relative al concetto di funzione Analisi didattica dell’utilizzo degli strumenti MBL come strumenti di mediazione semiotica Analisi didattica dell’utilizzo dei software Geogebra ed Excel come strumenti di mediazione semiotica CAPITOLO III Domande di ricerca Indagine sperimentale Prima fase sperimentale Seconda fase sperimentale CAPITOLO IV Analisi qualitativa delle sperimentazioni Sperimentazione 4° classe Scuola Primaria,Perez Sperimentazione 3° classe Liceo Scientifico, San Giuseppe Jato; 4° Liceo Classico, Scaduto Sperimentazione 3° - 4 ° Liceo Classico, Mandralisca Funzioni lineari e quadratiche con il sensore di posizione Il problema del cilindro Legge di Boyle CAPITOLO V Analisi dei test Analisi test, prima fase sperimentale Item 1: Lettura e scrittura di punti sul piano cartesiano Item 2: Scrittura di punti sul piano cartesiano giorni – temperature Item 3: Comprensione di un grafico cartesiano discreto giorni –euro Analisi statistica implicativa dell’item n.3 Item 4: Comprensione di grafici cinematici (per la Scuola Primaria) Item 4: Comprensione di grafici cinematici (per la Scuola Secondaria) Item 5: Confronto pendenze, Scuola Primaria Analisi test, seconda fase sperimentale CONCLUSIONI BIBLIOGRAFIA Introduzione Inquadramento generale della problematica Obiettivo primario del progetto di ricerca è stato quello di occuparsi di alcuni aspetti del processo di insegnamento/apprendimento del concetto di funzione nella Scuola Secondaria Superiore, con studenti di 16-17 anni, attraverso un approccio storico-epistemologico al concetto matematico trattato e un'analisi semiotica connessa alla progettazione didattica relativa allo stesso. Questo tema di ricerca è oggi, così come in passato, oggetto di studio di grande interesse per la ricerca in Didattica. Parecchi sono gli autori che negli ultimi vent’anni se ne sono occupati, analizzandolo da diverse prospettive e proponendo differenti approcci. Le ragioni di tanto interesse risiedono nel fatto che il concetto di funzione è uno dei concetti cardine in Matematica; ma ha anche molteplici applicazioni nelle Scienze sperimentali, come strumento di modellizzazione di fenomeni reali, spendibili nella vita reale. Sul concetto di funzione troviamo una trattazione negli Elements1 de mathematique di Bourbaki (1939), il cui IV volume è dedicato alle Funzioni di una variabile reale. Quest’opera si prefiggeva l'obiettivo di classificare la matematica e riscriverla in forma assiomatica in modo rigoroso e il più possibile semplice, nel tentativo di dare un contenuto semantico all'attività dei matematici. Questo venne fatto appoggiandosi sul concetto di struttura,2, la cui base semantica è la teoria degli insiemi. La struttura, infatti, rappresenta una classe d'equivalenza su un insieme di sistemi di assiomi e diventa uno strumento per il matematico che gli consente, una volta trovate delle relazioni soddisfacenti agli assiomi di una struttura conosciuta, di disporre di un arsenale di teoremi generali relativi alle strutture di quel tipo. Con la nozione di struttura si viene a dare corpo alle ricerche sui sistemi formali propri della logica ed alle successive ricerche sulla teoria dei modelli. Va dato merito ai matematici di Bourbaki di 1 Il termine "Elementi" si riferisce al titolo del lavoro di Euclide che significa "parti fondamentali" sulle quali si costituiscono le parti più specifiche. 2 Sotto lo pseudonimo di "Bourbaki" si celano un gruppo di matematici francesi che negli anni 30 operano una classificazione strutturalista dei linguaggi matematici secondo le: a) strutture algebriche; b) strutture d'ordine; c) strutture topologiche. avere operato la prima grande classificazione delle matematiche dopo Euclide che abbia avuto un assetto abbastanza organico. Il metodo assiomatico divenne, così, il pilastro della matematica moderna, sulla base semantica della teoria degli insiemi. (Spagnolo et al., 1998). Anche la didattica risentì della paradigma bourbakista, nonostante lo scopo del gruppo Bourbaki era quello di dare un solido fondamento alle matematiche, senza alcuna finalità didattica o applicativa. I programmi ministeriali vennero rivisti sotto il punto di vista della teoria degli insiemi e del metodo assiomatico, con un diffuso utilizzo del linguaggio simbolico. Ma bisogna prendere atto del fatto che questo portò, e porta tutt’oggi, a risultati prevalentemente fallimentari. In particolare, la definizione del concetto di funzione in termini insiemistici spesso non viene interiorizzata, non se ne comprende il significato nella sua interezza. La difficoltà nella comprensione di questo concetto è anche dovuta al fatto che il “significato” di un oggetto è intimamente legato ai problemi affrontati ed alle attività realizzate dagli esseri umani, non potendosi ridurre il significato dell’oggetto matematico alla sua mera definizione matematica (D’Amore, Godino, 2006). La maggior parte delle attività in cui gli studenti si trovano ad operare con le funzioni risultano lontane dalla definizione formale di tale concetto ed esse rendono non esplicito e quasi superfluo il significato della sua definizione. Infatti, gli studenti non necessariamente usano la definizione quando decidono se un dato oggetto matematico è un esempio o non è un esempio del concetto di funzione. Nella maggior parte dei casi loro decidono in base a quello che Vinner e Dreyfus, nel 1989, indicavano come concetto immagine, ma che, in un’accezione specifica, preferiamo indicare come concezione (Spagnolo, 1998). Questi studiosi hanno individuato 6 diverse categorie di concepire la funzione: Corrispondenza, Relazione di Dipendenza, Regola, Operazione, Formula e Rappresentazione. Per quanto riguarda l’ultima categoria si può far rifermento al paradosso cognitivo di cui parla Duval (1993): “…da una parte, l’apprendimento degli oggetti matematici non può che essere un apprendimento concettuale e, d’altra parte, è solo per mezzo di rappresentazioni semiotiche che è possibile un’attività su degli oggetti matematici…” (in D’Amore, 2000). È stato rilevato, nell’ambito di questa ricerca, mediante interviste orali, che spesso gli studenti si trovano ad affrontare lo “studio di funzioni” senza aver chiaro il significato di tale concetto, in termini di corrispondenza, di esistenza e unicità, applicando meccanicamente un metodo trasmesso dall’insegnante. Questo dato svuota di significato anche l’apprendimento del concetto di limite che ha motivo di esistere solo mediante il teorema di esistenza e unicità del limite, ovviamente, non applicabile a relazioni non funzionali. Dalla somministrazione di un test sul concetto di funzione a studenti di primo anno di università è emerso che la maggior parte di loro l’anno precedente aveva affrontato a Scuola Secondaria Superiore lo studio di funzione, ma aveva difficoltà nel definire tale concetto e nel riconoscere se alcuni oggetti matematici fossero funzioni o meno. Significativo, infine, è osservare che nella maggior parte dei casi gli studenti operano nell’ambito delle geometria analitica, della goniometria o di funzioni logaritmiche ed esponenziali senza sapere che gli oggetti con cui lavorano quotidianamente sono funzioni e senza conoscere il significato di tale concetto, perdendo l’opportunità di maturarne il pieno apprendimento nel corso della loro carriera scolastica. Oggetto della ricerca Il motivo del fallimento della prospettiva bourbakista in didattica può essere attribuito al fatto che l’opera di Bourbaki definisce i concetti utilizzando una struttura sintattica e semantica che, ad oggi e dal punto di vista della matematica pura, è frutto dell’ultimo stadio evolutivo del pensiero matematico. Se ci poniamo nella prospettiva del possibile parallelismo tra sviluppo cognitivo ed evoluzione storica del concetto stesso (Piaget & Garcia, 1985) e guardiamo alla storia dei concetti matematici è evidente che nessun concetto matematico nasce nella mente dell’uomo nella sua veste formale, ma questo rappresenta solo l’ultimo stadio di evoluzione del concetto stesso. Se trasportiamo questi ragionamenti nello specifico del concetto di funzione, da un’analisi storica globale ricaviamo che tale concetto trova le sue origini storiche e contestuali in ambito cinematico; che le prime relazioni funzionali sono state rappresentate in forma tabulare, ad esse sono seguite le rappresentazione geometriche, poi quelle analitiche, ed, infine, vi è stata la formalizzazione del concetto in termini insiemistici. Tali osservazioni portano a formulare una prima ipotesi secondo cui un percorso didattico che favorisca la trasposizione didattica (Chevallard, 1985) del concetto di funzione possa prevedere un approccio di tipo grafico-cinematico, l’introduzione delle rappresentazioni semiotiche della funzione che rispetti l’introduzione storica di esse, l’istituzionalizzazione delle conoscenze (Chevallard, 1992) e un feedback applicativo che assicuri l’interiorizzazione del significato del concetto stesso, anche in modellizzazioni di fenomeni reali, con trattamenti e conversioni delle varie funzioni introdotte in diversi contesti. Sono state individuate alcune competenze chiave per l’apprendimento del concetto di funzione. Alcune di esse, estrapolate dalla definizione formale enunciata da Bourbaki nel 1939, riguardano le proprietà strutturali di tale concetto e i relativi processi di creazione di significati (Radford, 2006); altre, sulla base della Teoria dei Registri di Rappresentazione Semiotica di Duval (2006), si riferiscono alle abilità riguardanti comprensione, produzione, trattamenti e conversioni di rappresentazioni semiotiche di tale concetto; infine, in una prospettiva di educazione matematica per la formazione culturale del cittadino, è stata tenuta in considerazione la modellizzazione di fenomeni realistici mediante l’utilizzo di funzioni matematiche. Facendo riferimento alla teoria cognitiva dell’Embodiment della mente, inserita nel quadro teorico del presente lavoro di ricerca, secondo cui “gli essere umani concettualizzano i concetti astratti in termini concreti, utilizzando idee e modelli di ragionamento fondati sul sistema senso-motorio” (Lakoff & Núñez, 2005, p.27). Tenendo presente ciò è ragionevole pensare che l’approccio iniziale possa basarsi su attività senso-motorie. L’anello di giunzione tra un approccio grafico-cinematico e attività sensomotorie può essere ritrovato nell’utilizzo del sensore di posizione, strumento del laboratorio di Fisica che, interfacciato con un computer, rileva istante dopo istante, tramite l’emissione e la ricezione di ultrasuoni, le distanze dei corpi di fronte ad esso e trasmette le misurazioni al computer che facendo uso di un opportuno software (Data Logger3) visualizza in tempo reale i dati in tabelle ed in grafico Cartesiano e permette di compiere l’analisi dei dati (Thorton & Sokoloff, 1990). Tale strumento di mediazione semiotica (Bartolini Bussi & Mariotti, 2008) è stato adoperato per lo studio di rappresentazioni grafiche e tabulari di moti rettilinei prodotti dal corpo di studenti presenti in aula. Il presente lavoro ha preso spunto da ricerche che, basandosi sull’approccio dell’embodied cognition, propongono l’introduzione al concetto di funzione mediante lo studio di grafici cinematici ottenuti con un sensore di posizione (Arzarello, Pezzi & Robutti, 2003; Arzarello & Robutti, 2004; Robutti, 2005; Ferrara & Savioli, 2007). Essi hanno costituito il punto di partenza per questa ricerca, ma nella presente si è voluto andare oltre, compiendo un’analisi delle potenzialità del sensore di posizione in relazione alle competenze che si volevano sviluppare, contestualizzate in ambito cinematico. Per ogni aspetto cardine del concetto di funzione e i relativi ostacoli sono state scelte, proposte ed analizzate attività didattiche svolte sotto la guida dell’insegnante, che costituissero un percorso unitario. È stata privilegiata la componente previsionale, con la quale si intendeva esplicitare le conoscenze pregresse degli allievi, l’analisi dei risultati ottenuti, la loro condivisione e formalizzazione. Sono state proposte attività di previsione ed interpretazione di grafici per comprendere la corrispondenza di valori ed intervalli della variabile dipendente ed indipendente, per capire che tutti i valori del dominio hanno un’immagine nel codominio e che questo valore è unico, per studiare la pendenza di un grafico, ecc… L’introduzione allo studio della rappresentazione analitica è avvenuta mediante il fit dei dati di grafici di tipo lineare e quadratico, ottenuti dal moto di un carrello su una guida orizzontale ed obliqua. Per compiere conversioni nei vari registri semiotici ci si è avvalsi anche dell’uso di un foglio elettronico, del software GeoGebra, di carta e penna. Per esplicitare la differenza tra dipendenza lineare e quadratica è stato proposto il problema dei sacchi di Galileo; mentre, per chiarire la differenza tra diretta e inversa proporzionalità è stata studiata la legge di Boyle mediante il sensore di pressione, introducendo in tal modo la funzione di tipo inverso. La necessità di eliminare la componente oscillatoria del moto di un corpo umano dinanzi al sensore per ottenere una 3 In questo lavoro di ricerca sono stati utilizzati strumenti e Data Logger della Venier Software & Technologies. Allo stesso modo si sarebbero potuti utilizzare strumenti e software di alter compagnie ugualmente valide. funzione lineare è stata sfruttata per introdurre funzioni di tipo sinusoidale; mentre, si è fatto cenno alle funzioni esponenziali mediante lo studio di fenomeni di riscaldamento e raffreddamento con il sensore di temperatura. L’apprendimento del concetto di funzione e delle sue rappresentazioni è stato rinforzato mediante esercizi in contesto matematico e mediante lo svolgimento di item riguardanti la modellizzazione di fenomeni reali. La metodologia di ricerca fa riferimento alla Teoria delle Situazioni Didattiche e all’Epistemologia Sperimentale delle Matematiche (Brousseau, 1997; Spagnolo et al., 2009), in particolare, per quanto attiene all'analisi storico-epistemologica e didattica dei concetti e degli ostacoli all’apprendimento, alla struttura della ricerca, al riferimento ad alcuni aspetti dell’attività didattica riguardanti l’apprendimento indotto dal conflitto cognitivo prodotto per mezzo del milieu, alla formalizzazione del pensiero e istituzionalizzazione del sapere. L’attività didattica è stata audio-video registrata ed analizzata qualitativamente facendo riferimento all’APC-space and Semiotic Bundles (Arzarello & Robutti, 2008), congruo al quadro teorico del presente lavoro di ricerca. Il processo di insegnamento/apprendimento è stato anche valutato mediante il confronto tra i risultati del pre-test e del post-test, analizzati con la Statistica Implicativa (Gras et al., 2008). I risultati ottenuti da questa ricerca mostrano che l’uso dei sensori on-line induce i processi di acquisizione e creazione di significati del concetto di funzione e delle sue rappresentazioni. Questi processi sono stati rafforzati mediante la risoluzione di problemi, diversamente contestualizzati, in cui si richiedeva l’applicazione di competenze legate a tale concetto. Lo studio e la conversione delle rappresentazioni di funzioni mediante diversi artefatti hanno portato gli allievi ad un apprendimento completo di tale concetto, che, come è emerso dai risultati dei test, hanno raggiunto vari livelli di formalizzazione e capacità di applicazione. Introduction Problem overview Primary objective of the research project has been that to deal with some aspects of the teaching/learning process of the concept of function in the Superior Secondary School, with 16-17 year-old students, through a historical- epistemological approach to the mathematical concept examined and a semiotics analysis connected to the didactic planning related to itself. This topic of research is today, as before, object of study of great interest for the research in Didactics. Quite a lot authors occupied of it in the last twenty years, analyzing it from different perspectives and proposing different approaches. The reasons for so much interest reside in the fact that the concept of function is a cornerstone of Mathematics; but it also has manifold applications in the experimental Sciences as tool of modelling of real phenomenons, spendable in the real life. About it we find a treatment in the Elements4 de mathematique of Bourbaki (1939), which IV volume is dedicated to the Functions of a real variable. Purpose of this work was to classify the mathematics and to rewrite it in axiomatic form, in rigorous way and the more simple possible, in the attempt to give a semantic content to the activity of the mathematicians. This was done supporting itself on the concept of structure,5 which semantic base is the theory of the sets. The structure, in fact, represents a class of equivalence on a set of systems of axioms and becomes a tool for the mathematician that, once he found some satisfactory relationships to the axioms of a known structure, allows him to have an arsenal of general theorems related to that kind of structures. The notion of structure gives substance to the researches on the typical formal systems of the logic and to the following researches on the theory of the models. 4 The term "Elements" refers to the title of Euclid’s work and it means "fondamental parts" upon wich are constituted more specifics parts. 5 Behind the pseudonym "Bourbaki" is hidden a group of french mathematicians who, in last 30 years, work on a structuralist classification of mathematical languages according to: a) algebraic structures; b) structures of order; c) topological structures. Worth must be given to the mathematicians of Bourbaki, who operated the first great classification of the mathematics after Euclid that has had an enough organic order . The axiomatic method became, so, the pillar of the modern mathematics, on the semantic base of the theory of the sets. Also the didactics be affected by Bourbakist paradigm, despite the purpose of the Bourbaki‘s group was to give a solid base to the mathematics, without any didactic or enforcement finality. The ministerial programs were reviewed from the point of view of the sets theory and the axiomatic method, with a diffused use of the symbolic language. But it is necessary recognize that it brought, still now, to predominantly unsuccessful results. Particularly, the definition of the concept of function in set theory terms often doesn't come intenalized, the meaning is not understandable in its entirety. The difficulty in the comprehension of this concept is also due to the fact that the “meaning” of an object is intimately tied to the faced problems and to the activities realized by the human beings, not being able to reduce the meaning of the mathematical object to its mere mathematical definition (D’Amore, Godino, 2006). This involves that the students not necessarily use the definition when they decide if a certain mathematical object is an example or it is not an example of the concept. In the most of cases they decide according to own personal conception. In 1989 Vinner and Dreyfus have individualized 6 different categories to conceive the function: Correspondence, Report of Dependence, Rule, Operation, Formula and Representation. About the last category we point out to the fact that the function, as mathematical object, is accessible only through its semiotic representations, but the risk is that the concept could be identified with one of its semiotic representations (Duval, 2006) . The major part of the activities in which the students work with the functions results distant from the formal definition of such concept and makes the meaning of its definition no explicit and almost superfluous. In fact, not the students necessarily use the definition when they decide if a certain mathematical object is an example or it is not an example of the concept of function. In the most of cases they decide on the basis of what Vinner and Dreyfus, in 1989, indicated as concept image, but that, in a less specific meaning, we prefer indicate as conception (Spagnolo, 1998). These researchers have individualized 6 different categories of definition of a function: Correspondence, Relationship of Dependence, Rule, Operation, Formula and Representation. With regard to the last category we can make reference to the cognitive paradox which Duval talked about (1993): “… on the one hand, the learning of the mathematical objects must be a conceptual learning and, on the other hand, it is only through semiotic representations that an activity is possible on the mathematical objects…” (in D’Amore, 2000). In this research it has been in relief, through oral interviews, that the students often face the “study of functions” without having clear the meaning of such concept, in terms of correspondence, of existence and uniqueness, applying mechanically a method transmitted from the teacher. This datum also deprives of meaning the learning of the concept of limit that has raison d'etre only through the theorem of existence and the uniqueness of the limit, obviously, not applicable to non functional relationships. From the administration of test over the concept of function to students of first year of university it has emerged that the most of them in the preceding year had faced to Superior Secondary School the study of function, but they had difficulty to define such concept and to recognize if some mathematical effects were functions or not. Meaningful it is to observe then that in the most of the cases the students work within the analytical geometry, the trigonometry or logarithmic and exponential functions without knowing that the objects with which they daily work are functions and without knowing the meaning of such concept, losing the opportunity to realize the full learning of it during own school career. Research object The reason of the failure of the Bourbakist perspective in didactics can be attributed to the fact that the work of Bourbaki defines the concepts using a syntactic and semantics structure that, until today and from the point of view of the pure mathematics, it derives from the last evolutionary stadium of the mathematical thought. If we set in the perspective of the possible parallelism among cognitive development and historical evolution of the concept itself (Piaget & Garsia, 1985) and we look at the history of the mathematical concepts it is evident that any mathematical concept comes up in the mind of the man in its formal guise, but this represents only the last stadium of evolution of the same concept itself. If we transport this reasoning in the specific concept of function, from a summary historical analysis we draw that such concept finds its historical and contextual origins in Kinematics field; that the first functional relationships are been represented in tabular form, then the representation geometric, then those analytical and, finally, the formalization of the concept in set language. Such observations bring to formulate a first hypothesis according to which a didactic run that helps the learning of the concept of function can foresee an graphic-Kinematics approach, the introduction of the semiotic representations of the function that respects the historical introduction of them, the formalization of the concept and an application feedback that assures the internalization of the meaning of the concept itself. Some key competences are been individualized for the learning of the concept of function. Some of them, extrapolated by the formal definition enunciated by Bourbaki in 1939, concern the structural ownerships of such concept and the relative processes of creation of meanings (Radford, 2006); others, on the base of the Theory of the Registers of Semiotic Representation of Duval (2006), refer to the abilities about understanding, production, treatments and conversions of semiotic representations of such concept; finally, in a perspective of mathematical education for the cultural formation of the citizen, it has taken into consideration the modeling of realistic phenomenons through the use of mathematical functions. In the perspective of the cognitive theory of the Embodiment of the mind, inserted in the theoretical picture of the present research work, according to which “the human being conceptualizes the abstract concepts in concrete terms, using ideas and models of reasoning founded upon the sense-motor system.” Keeping it in mind, it is reasonable to think that the initial approach can found on sense-motor activity. The ring of junction among an approach graphic-Kinematics and sense-motor activity can be found in the use of the sensor of position, tool of the laboratory of Physics that, interfaced with a computer, notices instant after instant, through the emissione and the reception of ultrasounds, the distances of the bodies in front of it and it transmits the measurements to the computer, which using an appropriate software (Data Logger) it visualizes in real time the data in charts and in graphic Cartesian and it allows to complete the analysis of the data (Thorton & Sokoloff, 1990). Such tool of semiotic mediation (Bartolini Bussi & Mariotti, 2008) has been used for the study of graphic and tabular representations of rectilinear motions produced by the body of attended students in the classroom. The present work has drawn on researches that, basing on the approach of the embodied cognition, propose the introduction to the concept of function through the study of Kinematics graphics obtained with a sensor of position (Arzarello, Pieces & Robutti, 2003; Arzarello & Robutti, 2004; Robutti, 2005; Ferrara & Savioli, 2007). They has constituted the starting point for this research, but in this one we wanted to go beyond, completing an analysis of the potentialities of the sensor of position in relationship to the competences that we wanted to develop, in Kinematics field context. For every cornerstone aspect of the concept of function and the relative obstacles we selected, proposed and analyzed didactic activities performed under the guide of the teacher, that constituted an unitary course. The prediction component has been privileged, with which it was intention to make explicit the pre-existent knowledge of the students, the analysis of the gotten results, their sharing and formalization. Activities of forecast and interpretation of graphs have been proposed for understanding the correspondence of values and intervals of the dependent and independent variable, to make clear that all the values of the domain have an image in the codomain and that this value is unique, to study the inclination of a graph, etc. The introduction to the study of the analytical representation happened through the fit of the data of linear and quadratic graph types, gotten by the motion of a cart on a horizontal and oblique guide rail. To complete conversions in the various semiotic registers there has used also some use of a spreadsheet, of the software GeoGebra, of paper and pen. In order to make explicit the difference among linear and quadratic dependence the problem of the sacks of Galileo has been proposed; while, to clarify the difference among direct and inverse proportionality the law of Boyle has been studied through the sensor of pressure, introducing in such way the inverse type function. The necessity to eliminate the oscillatory component of the motion of a human body in front of the sensor to get a linear function has been exploited to introduce sine type functions; while, exponential functions were mentioned through the study of phenomenons of heating and cooling with the sensor of temperature. The learning of the concept of function and its representations has been strengthened through exercises in mathematical context and through the carrying out of item concerning the modeling of real phenomenons. The methodology of research refers to the Theory of the Didactic Situations and the Experimental Epistemology of the Mathematics (Brousseau, 1997; Spagnolo et al., 1998), particularly, for which concerns to the historical-epistemologic analysis and didactics of the concepts and the obstacles for the learning, to the structure of the research, to the reference to some aspects of the didactic activity regarding the learning induced by the cognitive conflict produced through the milieu, to the formalization of the thought and institutionalization of the knowledge. Didactic activity has been audiovideo recorded and qualitatively analyzed making reference to the APC-space and Semiotic Bundles (Arzarello & Robutti, 2008), congruous to the theoretical picture of the present research work. The teaching/learning process has also been valued through the comparison among the results of the pre-test and the post-test, analyzed with the Implicative Statistic (Gras et to the., 2008). The results obtained by this research show that the use of the on-line sensors induces the processes of acquisition and creation of meanings of the concept of function and its representations. These processes have been strengthened through the resolution of problems, in different context, in which was required the application of competences connected to such concept. The study and the conversion of the representations of functions through different artefacts brought the students to a complete learning of such concept, that have reached various levels of formalization and ability of application, as emerged from the results of the tests. CAPITOLO 1 Quadro di riferimento teorico Didattica della Matematica Una scienza che si interessa alla produzione e comunicazione delle conoscenze matematiche, ed in che cosa questa produzione e questa comunicazione hanno di specifico G. Brousseau Il lavoro di ricerca descritto nella presente tesi fa riferimento al quadro teorico descritto di seguito, che risulta contenere alcuni aspetti teorici della Didattica della Matematica o attinenti ad essa. Vista la complessità dell’argomento trattato è stato necessario connettere più teorie e tenere in considerazione più aspetti didattici, pur rimanendo coscienti del fatto che una teoria non soltanto fornisce le lenti di osservazione, ma l’osservazione è anche dipendente dalla teoria, supportando ulteriormente il suo sviluppo; quindi, nella pratica della ricerca, c’è un rapporto dialettico tra la teoria e osservazione (Prediger, Bikner-Ahsbahs & Arzarello, 2008). La scelta del quadro teorico è stato frutto di osservazioni personali ed è stato sviluppato, in parte, in parallelo al lavoro di ricerca, in relazione allo stesso. Il triangolo: insegnante, allievo, sapere La situazione di insegnamento/apprendimento è stata modellizzata da Chevallard con un triangolo i cui vertici sono: l’allievo, l’insegnante e il sapere (Chevallard e Joshua, 1982 in D’Amore, 1999), come di fianco Gli autori D’Amore e Fandiño (2002; in Sbaragli, 2004) gli autori hanno commentato le relazioni tra le coppie di poli: • insegnante-allievo che è talvolta riassunto nel verbo “animare” (termine che si collega alla motivazione, all’interesse, ...) • allievo-sapere, caratterizzato dal verbo “apprendere”, dove l’attività che domina è l’implicazione che consente un accesso ad un “sapere personale” che verrà istituzionalizzato dall’insegnante incentivando la costruzione della conoscenza. In questo lato si trovano le immagini che ha lo studente di scuola, di cultura, … il suo rapporto personale specifico con la matematica e, più in generale, con l’istituzionalizzazione del sapere che dipende molto dall’età, dalle esperienze pregresse, dalla famiglia, dal tipo di società in cui l’allievo vive. • insegnante-sapere dove il verbo che domina è “insegnare” e le attività caratterizzanti sono: l’istituzionalizzazione delle conoscenze (Chevallard, 1992) e la trasposizione didattica (Chevallard, 1985) L’istituzionalizzazione delle conoscenze rappresenta un processo complementare alla devoluzione e all’implicazione, che avviene quando l’insegnante riconosce come sapere legittimo e spendibile nel contesto scuola il sapere acquisito con l’impegno personale dell’alunno, una volta che si sono verificate la devoluzione e l’implicazione dell’allievo. Il processo di adattamento della conoscenza matematica in conoscenza per essere insegnata viene espresso da Chevallard tramite il concetto di trasposizione didattica. Il primo passo consiste nel passaggio dal sapere matematico al sapere da insegnare, che necessita la ricontestualizzazione del concetto in esame, dal contesto matematico al contesto curricolare. Successivamente all’introduzione del concetto, questo viene acquisito dall’allievo ed entra a far parte delle sue conoscenze e competenze (Chevallard, 1985 in D’Amore, 1999). L’insegnante deve perciò operare una trasposizione dal sapere (che sorge dalla ricerca) al sapere insegnato (quello della pratica in aula);33 in realtà, il passaggio è molto più complesso perché va dal sapere (quello degli esperti della disciplina che strutturano e organizzano tale sapere) al sapere da insegnare (quello deciso dalle istituzioni) al sapere insegnato (quello che l’insegnante sceglie come oggetto specifico del suo intervento didattico). Il passaggio tra sapere e sapere da insegnare, è filtrato dalle scelte epistemologiche dell’insegnante che dipendono dalle sue convinzioni, dalle sue “filosofie implicite”, dall’idea che ha di trasposizione didattica, dall’influenza della noosfera6, Su tutto il triangolo pesa poi la noosfera con le sue attese, le sue pressioni, le sue scelte a monte. Si precisa che il triangolo di Chevallard è stato rivisto, ampliato, modificato da diversi autori (Brousseau, 1997; Qui si è preferito considerarlo nella sua accezione originale esemplificata. Errori, ostacoli, concezioni In ambito matematico solitamente l’errore viene visto come sintomo di imprecisione, ma questa concezione si rivela inadatta per l’analisi dell’apprendimento. Ad essa va aggiunta la nozione di ostacolo epistemologico, messa appunto da Bachelard (1975): «Un fatto mal pensato … per l’epistemologo è un ostacolo, un contro- pensiero». La nozione di ostacolo epistemologico viene mutata nel contesto della comunicazione delle matematiche da Brousseau per cercare di dare un ruolo positivo allo nozione di «errore»: gli errori saranno evidenziatori di ostacoli. D’Amore (1999, pagg. 209-218) definisce ostacolo: «Un ostacolo è un’idea che, al momento della formazione di un concetto, è stata efficace per affrontare dei problemi (anche solo cognitivi) precedenti, ma che si rivela fallimentare quando si tenta di applicarla ad un problema nuovo. Visto il successo ottenuto (anzi: a maggior ragione a causa di questo), si tende a conservare l’idea già acquisita e comprovata e, nonostante il fallimento, si cerca di salvarla; ma questo fatto finisce con l’essere una barriera verso successivi apprendimenti». Brousseau (Brousseau, 1983, 1986; Ferreri & Spagnolo, 1994; Spagnolo, 1998) ha classificato l’origine degli ostacoli come segue: • L’ostacolo ontogenetico è legato all’allievo ed alla sua maturità. Ogni soggetto che apprende sviluppa delle capacità e delle conoscenze che sono adatte alla sua età 6 La noosfera è una sorta di zona intermedia tra il sistema scolastico (e le scelte dell’insegnante) e l’ambiente sociale più esteso (esterno alla scuola). In essa si articolano i rapporti tra i due sistemi, in un tutto unico, con i loro conflitti. La noosfera si potrebbe pensare come «la cappa esterna che contiene tutte le persone che nella società pensano ai contenuti ed ai metodi di insegnamento» (Godino, 1993). mentale (che può essere diversa dell’età cronologica), ma per acquisire certi concetti, queste capacità e conoscenze possono essere insufficienti e costituire quindi ostacoli di natura ontogenetica; per esempio, l’allievo potrebbe avere limitazioni neurofisiologiche anche solo dovute alla sua età cronologica (Spagnolo, 1998). • L’ostacolo didattico dipende dalle scelte strategiche dell’insegnante. Ogni docente sceglie un progetto, un curricolo, un metodo, interpreta in modo personale la trasposizione didattica che rispetta le sue convinzioni sia scientifiche sia didattiche. Egli crede in quella scelta e la propone alla classe perché la pensa efficace; ma quel che è efficace effettivamente per qualche studente, potrebbe non esserlo per altri. Per questi ultimi, la scelta di quel progetto potrebbe rivelarsi un ostacolo didattico (Spagnolo, 1998). • L’ostacolo epistemologico dipende dalla natura stessa dell’argomento. Dipende dalla natura stessa dell’argomento. Per esempio, quando nella storia dell’evoluzione di un concetto matematico si individua una non continuità, una frattura, cambi radicali di concezione, allora si suppone che quel concetto abbia al suo interno ostacoli di carattere epistemologico, sia ad essere concepito, sia ad essere accettato dalla comunità dei matematici, sia ad essere appreso (Spagnolo, 1998) (Spagnolo, 1998). Analisi epistemologica L’epistemologia è quella parte della filosofia che studia la conoscenza e in particolare la scienza. Riferirsi all’analisi epistemologica vuol dire connettersi alla sistematizzazione che è stata data all’interno dei linguaggi matematici. Tale sistematizzazione non è unica, ma vengono scelti opportuni sistemi di assiomi e quindi modellizzazioni. Però non è solo la scelta di una sistematizzazione che fornisce la sicurezza dell’analisi epistemologica, ma è fondamentale tener presente tutte le possibili sistematizzazioni e le rappresentazioni epistemologiche intese come rappresentazioni dei percorsi conoscitivi di un particolare concetto matematico. Tutto ciò darà la possibilità di analizzare i vari percorsi di insegnamento ed apprendimento a priori. È da sottolineare che esiste una differenza tra analisi epistemologica ed analisi storico-epistemologica. Quest’ultima, infatti, si differenzia da quella epistemologica poiché cerca di ricostruire, attraverso l’indagine storica, i linguaggi della matematica. Tale lavoro viene effettuato tramite due soluzioni: • attraverso percorsi che individuino la riorganizzazione della grammatica del linguaggio. A proposito, si può pensare alle geometrie non euclidee o alla preparazione della continuità di una funzione di variabile reale; • attraverso il recupero di significati dimenticati, come ad esempio gli algoritmi che riguardano le 4 operazioni elementari. Quindi, ripercorrere il profilo storico di una concezione matematica fino al ‘900 può avere due strade. Da un lato, se l’oggetto matematico è integrato stabilmente negli elementi di Euclide interviene prima l’analisi sintattica del linguaggio per poi passare ad interpretazioni successive del concetto nella storia. Dall’altro lato, se l’oggetto è stato ispirato dagli elementi però non è integrato con essi, allora si cercherà di comprendere come si sono evoluti i suoi significati fino a giungere alla riorganizzazione sintattica, vale a dire come l’oggetto ha contribuito alla formazione di un nuovo linguaggio matematico. (Spagnolo, 1998) Il contratto didattico Nel 1978 Guy Brousseau introduce il concetto di contratto didattico come causa possibile del fallimento elettivo della matematica (allievi che hanno deficit d’acquisizione di conoscenze, difficoltà di apprendimento o una pronunciata mancanza di inclinazione nel dominio delle matematiche ma che riescono nelle altre discipline): gli allievi risponderebbero di più a ciò che essi pensano che l’insegnante si attende da loro, piuttosto che a ciò che esige la situazione che viene loro sottoposta. L’autore dà la seguente definizione di contratto didattico: «in una situazione d’insegnamento, preparata e realizzata da un insegnante, l’allievo ha generalmente come compito di risolvere il problema (matematico) che gli è presentato, ma l’accesso a questo compito si fa attraverso un’interpretazione delle domande poste, delle informazioni fornite, degli obblighi imposti che sono costanti del modo d’insegnare del maestro. Queste abitudini (specifiche) del maestro attese dall’allievo ed i comportamenti dell’allievo attesi dal docente costituiscono il contratto didattico» (Brousseau, 1980; in D’Amore, 1999). Questa idea è stata riconosciuta da vari studiosi di tutto il mondo ed è entrata a far parte del linguaggio condiviso dell’intera comunità internazionale fin dalla seconda metà degli anni ‘80 (Brousseau 1980b, 1986, Brousseau e Pères, 1981; Chevallard, 1988; Sarrazy, 1995; Schubauer-Leoni, 1996). Ovviamente, con il passare degli anni, l’idea originale di contratto didattico è stata più volte reinterpretata da vari Autori, a volte, come dichiara Sarrazy (1995), con modalità ed approcci molto diversi tra loro. In questi ultimi decenni, lo studio dei vari fenomeni di comportamento degli allievi da questo punto di vista ha portato a grandi risultati, permettendo di interpretare e di chiarire molti comportamenti considerati fino a poco tempo fa inspiegabili o legati al disinteresse, all’ignoranza, o alla età immatura degli studenti (Baruk, 1985; Spagnolo, 1998; Polo, 1999; D’Amore, 1999). Questi studi hanno permesso di rivelare appunto che i bambini ed i ragazzi hanno attese particolari, schemi generali, comportamenti che nulla hanno a che fare con la matematica, ma che dipendono da motivazioni molto più complesse ed interessanti derivanti dal contratto didattico instaurato in classe (D’Amore, 1993b; D’Amore e Martini, 1997; D’Amore e Sandri, 1998). Per modificare tali comportamenti lo studente deve essere in grado di provocare una rottura del contratto didattico (Brousseau, 1988; Chevallard, 1988), facendosi carico personale delle sue scelte. In effetti, rompendo il contratto didattico l’allievo produce una nuova situazione che contrasta con tutte le sue attese, le sue abitudini, con tutte le clausole che sono state messe in campo fino a quel momento nelle situazioni didattiche. Per far questo, lo studente deve avere la forza di osare in prima persona, sfidando le supposte clausole del contratto e questo può avvenire solo se l’insegnante ha creato le condizioni favorevoli perché avvenga questa rottura. (Sbaragli, 2004) Oggetti matematici e paradosso semiotico Per definire un“oggetto matematico” si fa riferimento ad una generalizzazione dell’idea di Blumer, espressa da Godino (Godino, 2002 in D’Amore, 2006): «Oggetto matematico: tutto ciò che è indicato, segnalato, nominato quando si costruisce, si comunica o si apprende matematica. L’idea è tratta da Blumer (1969, pag. 8): un oggetto è “tutto quello che può essere indicato, tutto quel che può essere segnalato o al quale possa farsi riferimento”. Esistono diversi tipi di oggetti matematici di diversi livelli: • “linguaggio” (termini, espressioni, notazioni, grafici, …) nei vari registri (scritto, orale, gestuale, .…) • “situazioni” (problemi, applicazioni extramatematiche, esercizi, …) • “azioni” (operazioni, algoritmi, tecniche di calcolo, procedure, …) • “concetti” (introdotti mediante definizioni o descrizioni) (retta, punto, numero, media, funzione, …) • “proprietà o attributi degli oggetti” (enunciati sui concetti, …) • “argomentazioni” (per esempio, quel che si usa per validare o spiegare gli enunciati, per deduzioni o di altro tipo, …). Tra due oggetti matematici si stabilisce una funzione semiotica7 quando tra i due si determina una dipendenza rappresentazionale o strumentale, cioè uno di essi si può porre al posto dell’altro o uno è usato invece dell’altro» (D’Amore, Godino, 2006). Duval definisce rappresentazioni semiotiche “… rappresentazioni la cui produzione non è possibile senza la mobilitazione di un sistema semiotico: così le rappresentazioni semiotiche posso essere produzioni discorsive (in lingua naturale, in lingua formale) o non discorsive (figure, grafici, schemi…). E questa produzione non risponde unicamente o necessariamente ad una funzione di comunicazione: può anche rispondere soltanto ad una funzione di oggettivizzazione (per sé stessi) o ad una funzione di trattamento. (Duval, 1995, in D’Amore, 1999). Le difficoltà di apprendimento di oggetti matematici vengono espresse nel paradosso cognitivo del pensiero matematico, evidenziato da Duval: «(…) da una parte, l’apprendimento degli oggetti matematici non può che essere un apprendimento concettuale e, d’altra parte, è solo per mezzo di rappresentazioni semiotiche che è possibile un’attività su degli oggetti matematici. Questo paradosso può costituire un vero circolo vizioso per l’apprendimento. Come dei soggetti in fase di apprendimento potrebbero non confondere gli oggetti matematici con le loro rappresentazioni semiotiche se essi non possono che avere relazione con le sole rappresentazioni semiotiche? L’impossibilità di un accesso diretto agli oggetti matematici, al di fuori di ogni rappresentazione semiotica, rende la confusione quasi inevitabile. E, al contrario, come possono essi acquisire la padronanza dei trattamenti matematici, necessariamente legati alle rappresentazioni semiotiche, se non hanno già un apprendimento concettuale degli oggetti rappresentati? » (Duval, 1993, p.38, in D’Amore 2005). 7 La semiotica è la scienza generale dei segni e dei linguaggi. Essa è strutturata in tre parti: sintassi (studia le relazioni tra le espressioni), semantica (analizza le espressioni e i loro significati), pragmatica (interpreta i segni, con riferimento, quindi, a chi usa il linguaggio. (Spagnolo , 1998, p. 22) Il paradosso semiotico nella seguente domanda di ricerca di Radford: «come possiamo giungere alla conoscenza di questi oggetti generali, dal momento che non abbiamo accesso a questi oggetti se non attraverso rappresentazioni che ci facciamo di essi?» (Radford, 2005 in D’Amore, 2006). D’Amore (2005) sintetizza questo paradosso mediante il seguente schema: D’Amore ritiene che in questo paradosso si possa nascondere una potenziale causa di mancate devoluzioni8. Infatti, «secondo l’insegnante, secondo la noosfera9 e secondo lo stesso studente, egli (studente) sta entrando in contatto con un “oggetto” matematico ma, di fatto, e nessuno talvolta sembra rendersene conto, lo studente sta entrando a contatto solo con una rappresentazione semiotica particolare di quell’“oggetto”. Lo studente non ha, non può avere, accesso diretto all’“oggetto” e l’insegnante e la noosfera confondono le due cose; lo studente è come bloccato, come inibito: non può far null’altro che confondere “oggetto” e sua rappresentazione semiotica perché non se ne rende conto, non lo sa. E quindi, di fronte ad un successivo bisogno concettuale, che si manifesta per esempio con la necessità di modificare la 8 La devoluzione, secondo Brousseau (1997), consiste nel processo di responsabilizzazione attraverso il quale l’insegnante ottiene che lo studente impegni la propria personale responsabilità nella risoluzione di un problema che diventa allora problema dell’allievo 9 La noosfera è una sorta di zona intermedia tra il sistema scolastico (e le scelte dell’insegnante) e l’ambiente sociale più esteso (esterno alla scuola). In essa si articolano i rapporti tra i due sistemi, in un tutto unico, con i loro conflitti. La noosfera si potrebbe pensare come «la cappa esterna che contiene tutte le persone che nella società pensano ai contenuti ed ai metodi di insegnamento» (Godino, 1993, in Sbaragli, 2004). rappresentazione semiotica di quello stesso “oggetto”, lo studente non ha mezzi critici né culturali né cognitivi; l’insegnante e la noosfera non capiscono il perché ed accusano lo studente, colpevolizzandolo di qualche cosa che egli non capisce. In realtà: in questa fase paradossale, nessuno capisce più quel che sta accadendo in quanto ciascuno degli attori di questa avventura ha una percezione diversa del problema.» (D’Amore, 2005, p.3) Teoria dei Registri di Rappresentazione semiotica di Duval Come si è detto nel paragrafo precedente, l’acquisizione concettuale di un oggetto passa necessariamente attraverso l’acquisizione di una o più rappresentazioni semiotiche. Dunque, come dichiara Duval, non c’è noetica10 senza semiotica. Tuttavia, il rischio che si corre, espresso dal paradosso semiotico di Duval, è quello di identificare l’oggetto matematico con la sua rappresentazione. Questo porta al mancato apprendimento del concetto. Duval, nella sua Teoria dei Registri di Rappresentazione semiotica, dichiara che la costruzione dei concetti matematici è strettamente dipendente dalla capacità di usare più registri di rappresentazioni semiotiche di quei concetti, e di saper: rappresentarli in un dato registro; trattare tali rappresentazioni all’interno di uno stesso registro; convertire tali rappresentazioni da un dato registro ad un altro. L’approccio socioculturale di Vygotskij Nel 1896, a Minsk, in Russia, nasce Vygotskij, studioso che ha rivestito un ruolo importante nella psicologia dell’educazione. Tre sono gli aspetti principali della riflessione teorica di Vygotskij (Wertsch in Cacciamani, 2004): - L’uso dell’analisi genetica come metodo di studio della mente; - L’idea che lo sviluppo psicologico sia legato all’utilizzo di strumenti e segni che mediano (cioè organizzano e danno forma a) l’azione del soggetto sulla realtà; 10 Per noetica si intende l’acquisizione concettuale di un oggetto - L’idea che le funzioni psichiche superiori (l’attenzione volontaria, il pensiero, la memoria logica ecc.) hanno origine grazie alle relazioni sociali che il bambino instaura con gli altri. La sua teoria, come quella di Piaget, si configura come una teoria di tipo cognitivista, poiché si occupa di comprendere come la mente si genera, si sviluppa e funziona11. Vygotskij, confrontando gli animali e gli esseri umani, ha postulato due “linee” per l’origine dell’attività mentale umana: la linea naturale (per le funzioni mentali elementari) e la linea sociale/culturale (per le funzioni psichiche superiori). La natura specifica dello sviluppo cognitivo umano è il prodotto dell’intreccio di queste due linee. Ciò che pare interessante, specialmente quando si studia lo sviluppo durante l’età scolare, e in particolare all’interno del contesto scolastico, è l’evoluzione dello cognizione umana come effetto dell’interazione sociale e culturale. (Bartolini Bussi & Mariotti, 2009). Per quanto riguarda il ruolo degli strumenti e dei segni nello sviluppo cognitivo, per Vygotskij uno degli aspetti fondamentali dello sviluppo è la crescente capacità dei bambini di dirigere e controllare il proprio comportamento, una padronanza resa possibili dall’emergere di nuove forme e funzioni psichiche e dall’uso di segni e strumenti in questo processo (Steiner, Suberman, 1987, in Cacciamani, 2004). Vygotskij opera un distinzione tra strumenti e segni (Vygotskij, 1978; Cole, 1995; in Cacciamani 2004): gli strumenti si configurano come mediatori rivolti “verso l’esterno”, come mezzi per modificare aspetti dell’ambiente; mentre, i segni sono più orientati verso l’interno, come mezzi ausiliari per organizzare meglio la propria attività mentale orientata a risolvere un problema. L’uso dei segni nella soluzione di un compito 11 Le strutture cognitive, per Piaget, vengono modificate dal soggetto nel corso del suo sviluppo secondo una sequenza non modificabile, in cui ciascun momento della sequenza è caratterizzato da un tipo di intelligenza con caratteristiche qualitativamente diverse dagli altri. Piaget individua i seguenti periodi dello sviluppo cognitivo: sensomotorio (0-2 anni), preoperatorio (2-7 anni), operatorio concreto (7-11 anni), operatorio formale (dopo gli undici anni). A differenza di Piaget, Vygotskij inquadra lo sviluppo cognitivo nei seguenti quattro ambiti: Lo sviluppo della specie (dominio filogenetico) Lo sviluppo storico e culturale dell’umanità (dominio storico-culturale) Lo sviluppo del singolo individuo (dominio ontogenetico) Lo sviluppo del singolo processo psicologico (dominio microgenetico) (Cacciamani, 2004) Nell’ambito di questa tesi, l’aspetto della teoria di Vygotskij riguardante i quattro ambiti di sviluppo, così come i periodi di sviluppo della teoria di Piaget, inseriti qui per completezza, occupano un ruolo marginale poiché poco funzionali rispetto alla metodologia di ricerca adottata e al focus della ricerca. possiede due importanti funzioni cognitive: la prima è quella di portare a termine il compito, la seconda è quella di comunicare con i compagni che stanno collaborando alla risoluzione del compito (Bartolini Bussi, 2009). Inoltre, strumenti e segni sono prodotti di una cultura che caratterizza le attività e le interazioni sociali; a sua volta, l’interazione sociale attraverso strumenti e segni si configura come il vero motore dello sviluppo. Le funzioni psichiche superiori, frutto della trasformazione dei processi esterni, si sviluppano attraverso la produzione l’interpretazione dei segni, nell’interazione comunicativa. Per spiegare il legame cognitivo tra l’individuo e il suo l’ambiente Vygotskij introduce l’idea di internalizzazione. Il processo di interiorizzazione viene definito da Vygotskij come la ricostruzione interna, individuale, di un’operazione esterna, generata da esperienze sociali condivise, in cui si ha la produzione e l’interpretazione dei segni (Vygotskij in Bartolini Bussi & Mariotti, 2009). Numerose furono le critiche al lavoro di Vygotskij, anche se alcune derivarono da un’errata interpretazione del suo pensiero. Lave e Wenger commentarono così: “l’apprendimento come internalizzazione è troppo facilmente interpretato come un processo non problematico di assorbimento di ciò che viene dato, come una questione di trasmissione e assimilazione” (Lave & Wenger, 1991, p 47). Nei suoi primi lavori, inoltre, Vygotskij ha sottolineato il ruolo cruciale che occupa lo studente nel proprio apprendimento, criticando l’idea di studente come una spugna che assorbe la nuova conoscenza e la visione di insegnante come colui che infonde la conoscenza nella mente dello studente. L’insegnante per Vygotskij ha un importante ruolo in classe che consiste nel guidare e dirigere l’ambiente dello studente. Queste idee furono sviluppate successivamente e culminarono nel concetto vygotskijano di zona di sviluppo prossimale, introdotto nella sua opera Pensiero e Linguaggio (1934). (Radford, 2009) Nonostante l’idea di Vygotskij di zona di sviluppo prossimale sia la più usata, forse essa è la meno compresa. Spesso essa viene concepita come uno spazio in cui l’insegnate trasmette la conoscenza all’allievo, altre volte come qualcosa intrinseco al soggetto che apprende, ma entrambe queste idee sono estranee a Vygotskij. Egli introduce l’idea di zona di sviluppo prossimale per spiegare il problema della relazione tra istruzione e sviluppo. Ciò che distingue l’approccio di Vygotskij dagli altri approcci socioculturali è l’idea che l’istruzione guida il corso dello sviluppo e che tale corso dipende dal tipo di relazione che si viene a creare tra lo studente e il suo contesto. La zona di sviluppo prossimale non è qualcosa di statico che appartiene ad un particolare studente, ma, piuttosto, un sistema sociale complesso in moto, in cui lo studente interagisce con altri studenti e con l’insegnante. (Radford, 2009). Mediazione semiotica nella didattica della matematica: artefatti e segni nella tradizione di Vygotskij Le seguenti considerazioni sono tratte da un lavoro di Bartolini Bussi e Mariotti (2009), omonimo al presente paragrafo, riguardante lo sviluppo di un quadro teorico sulla mediazione12 semiotica in una prospettiva vygoskijana. Esso si basa sulla considerazione che la costruzione e l’uso di artefatti offre, oltre ad un supporto pratico per la risoluzione di problemi, anche un contributo a livello cognitivo. Per artefatto nel linguaggio comune si intende “qualcosa prodotto dagli esseri umani”. Norman (1993), ispirandosi al lavoro di Vygotskij, nel suo libro Le cose che ci fanno intelligenti spiega la doppia natura di ciò che egli definisce artefatti cognitivi: - l’aspetto pragmatico o esperienziale (cioè l’orientamento verso l’esterno che consente di modificare l’ambiente circostante); - l’aspetto riflessivo (cioè l’orientamento verso l’interno che permette ai soggetti di sviluppare l’intelligenza). Gli artefatti vengono trattati anche nell’approccio strumentale di Rabardel, in cui egli definisce la differenza tra artefatto e strumento. Per artefatto intende l’oggetto materiale o simbolico di per sé, mentre definisce strumento: un’entità mista composta sia da componenti legate alle caratteristiche dell’artefatto che da componenti soggettive (schemi d’uso). Questa entità mista tiene conto dell’oggetto e ne descrive l'uso funzionale per il soggetto (Rabardel & Samurcay, 2001) Lo strumento, dunque, per Rabardel, dipende dalle caratteristiche dell’artefatto e dagli schemi d’uso del soggetto, progressivamente elaborati nel corso dell’azione determinata da un compito particolare, in relazione al contesto e all’esperienza fenomenologia dell’utente. L’elaborazione e l’evoluzione degli strumenti è un processo lungo e complesso che Rabardel denomina genesi strumentale. Essa è articolata in due processi: 12 per mediazione si intende la potenzialità di incoraggiare la relazione tra gli allievi e il sapere - strumentalizzazione, relativa alla comparsa e all’evoluzione delle diverse componenti dell’artefatto, per esempio la progressiva ricognizione dei suoi potenziali e dei suoi limiti; - strumentazione, relativa alla comparsa e allo sviluppo degli schemi di uso. I due processi sono orientati sia verso l’esterno che verso l’interno, rispettivamente dal soggetto all’artefatto e viceversa, e costituiscono le due parti inseparabili della genesi strumentale (Rabardel, 1995). Rabardel ritiene che l’uso di strumenti dia origine ad una riorganizzazione delle strutture cognitive (Rabardel & Samurçay, 2001) e che vi sia una relazione tra gli schemi di uso individuali e gli schemi sociali, dovuta all’interazione sociale. L’approccio di Rabardel si presta ad argomentazioni didattiche riguardanti lo studio di fenomeni di insegnamento/apprendimento, ma, essendo un approccio cognitivista, necessita di una rivisitazione in termini didattici. Di questo, in particolare, si sono occupate Bartolini Bussi e Mariotti (2009), in una prospettiva vygotskijana. Vygotskij fa una distinzione tra artefatti e segni; mentre i primi vengono utilizzati dall’uomo per raggiungere uno scopo, i secondi supportano le attività mentali nei processi di internalizzazione. L’analogia tra segni ed artefatti si basa sulla funzione di mediazione che entrambi hanno nello svolgimento di un compito: l’invenzione e l’utilizzo dei segni come mezzi ausiliari per la risoluzione di un problema dato (ricordare, confrontare qualcosa, scegliere e così via), sono analoghe all’invenzione e all’utilizzo di strumenti sotto il profilo psicologico. I segni hanno funzione di strumento durante l’attività psicologica, analogamente al ruolo di un utensile nel lavoro. (Vygotskij, 1978, p.52 in Bartolini Bussi & Mariotti, 2009). Nella letteratura successiva, per la maggior parte, i segni sono stati interpretati come segni linguistici, per la grande importanza attribuita da Vygotskij al linguaggio; anche se lui stesso ha fornito vari esempi di segni, di cui alcuni appartengono all’ambito matematico: si possono citare alcuni esempi di strumenti psicologici e dei loro complessi sistemi, come segue: il linguaggio, vari sistemi di conteggio, tecniche mnemoniche, sistemi simbolici algebrici, opere d’arte, scrittura, schemi, diagrammi, mappe, disegni meccanici e tutti i tipi di segni convenzionali, ecc. (Vygotskij, 1981, p. 137, in Bartolini Bussi & Mariotti, 2009). Secondo Vygotskij durante lo svolgimento di un compito avviene l’uso sociale di artefatti e si producono segni condivisi; dunque, vi è una relazione tra artefatto e compito che può essere espressa da segni, che vengono detti situati in quanto dipendono dalla soluzione del particolare compito, e sono esprimibili mediante gesti, disegni o parole. Inoltre, in una prospettiva semiotica, si osserva che i segni mediano un certo sapere, poiché essi costituiscono il mezzo rappresentativo di tale sapere, e sono frutto di uno sviluppo culturale. Allora si deve ammettere anche una relazione tra artefatto e conoscenza, espressa da segni culturalmente determinati. Si vengono così a determinare due sistemi paralleli di segni, correlati da un artefatto13: La costruzione della relazione tra i due sistemi di segni da parte dell’allievo non è né evidente né spontanea e diventa un cruciale scopo educativo che può essere realizzato promuovendo l’evoluzione dei segni che esprimono la relazione tra l’artefatto e i compiti, in segni che esprimono la relazione tra l’artefatto e il sapere. Questa promozione avviene attraverso un utilizzo consapevole da parte del docente del potenziale semiotico dell’artefatto, sia in termini di significati matematici che in termini di significati personali: l’insegnante utilizza l’artefatto come strumento di mediazione semiotica. L’insegnante ha il ruolo di mediatore culturale nello sviluppo dei segni legati ad attività con artefatti in segni matematici. 13 La figura è stata estrapolata da Bartolini Bussi & Mariotti (2009) Per concludere, nell’utilizzo didattico di artefatti l’insegnante l’analisi attenta dello strumento assume un ruolo fondamentale nella creazione dei significati. L’affidarsi completamente al materiale strutturato porta a quello che Brousseau (1986) chiama effetto Dienes: Più l’insegnante sarà assicurato sulla riuscita da effetti indipendenti dal suo investimento personale e più egli otterrà insuccessi. Strumenti MBL Gli strumenti MBL (Microcomputer Based Laboratory) furono prodotti alla fine degli anni ’80 del secolo scorso dal progetto ‘‘Tools for Scientific Thinking’’ condotto dal Centro per l?insegnamento della Matematica e della Scienza della Tufts University. L’obiettivo centrale era quello di aiutare gli studenti a riconoscere la connessione tra il mondo fisico e i principi fisici astratti presentati in classe (Krusberg 2007). Tali strumenti sono dei sensori che, interfacciati con un computer, rilevano in tempo reale, istante dopo istante, le misure di grandezze fisiche, che, facendo uso di un opportuno software (Data Logger14), vengono visualizzate in tempo reale in tabelle e grafici Cartesiani. (Thorton & Sokoloff, 1990). Inoltre, il software permette di manipolare, analizzare e fittare i dati acquisiti, favorendo lo studio delle caratteristiche dei fenomeni e delle relazioni analitiche tra le variabili in esame. Questo facilita la comprensione di rappresentazioni astratte poiché i dati vengono rilevati e rappresentati in tempo reale e gli studenti possono fare osservazioni sul fenomeno fisico e possono interpretare, discutere ed analizzare i dati (Tinker 1996, Thornton 1997). Per tali ragioni gli strumenti MBL possono facilitare la comprensione di rappresentazioni astratte di un fenomeno fisico e renderne duraturo l’apprendimento (Bernhard, 2001). In particolare, il sensore di posizione permette agli studenti di comprendere i concetti relativi al moto dei corpi. Esso è un generatore/ricevitore 14 di brevi In questo lavoro di ricerca sono stati utilizzati strumenti e Data Logger della Venier Software & Technologies. Allo stesso modo si sarebbero potuti utilizzare strumenti e software di alter compagnie ugualmente valide. l’emissione e la dell’impulso riflesso ricezione da un oggetto o da una persona, posti di fronte ad esso. Essendo la velocità del suono in aria alla temperatura ambiente, il tempo misurato viene distanza percorsa tradotto in dall'onda sonora. Il sensore di posizione trasmette al computer le misure della posizione del corpo di fronte ad esso, con un intervallo di tempo tra una misura e l’altra che dipende dalla scelta dello sperimentatore (di default le misure vengono fatte ogni 0,05 secondi). Al computer i dati vengono visualizzati sotto forma di tabelle e grafici Cartesiani, come di seguito: Il poter lavorare sulla rappresentazione grafica collegata a delle esperienze sensoriali quali il proprio moto, permette di comprendere la rappresentazione grafica in modo completamente diverso da quello che si ottiene tracciando i grafici a partire da tabelle di numeri o partendo da formule. L’efficienza del sensore di posizione rispetto ai metodi tradizionali per aiutare gli studenti a comprendere i concetti base della cinematica sono stati provati da molte ricerche (Thornton & Sokoloff, 1990; Redish et al., 1997; Liljedahl, 2002; Arzarello & Robutti, 2004; ecc…). Uso del sensore di moto in didattica della matematica In letteratura sono presenti alcuni lavori di ricerca che, basandosi sull’approccio dell’embodied cognition (di cui si parlerà di seguito), propongono l’introduzione al concetto di funzione mediante lo studio di grafici cinematici ottenuti con un sensore di posizione. (Arzarello, Pezzi & Robutti, 2003; Arzarello & Robutti, 2004; Robutti, 2005; Ferrara & Savioli, 2007; Radford, 2003). Lo scopo di questi lavori era analizzare i processi cognitivi in cui vengono coinvolti gli studenti nella costruzione di significati di oggetti matematici e, in modo specifico, delle loro dinamiche mentali mentre interpretano le differenti rappresentazioni dei dati (tabelle e grafici), per capire il loro significato riguardo all'esperimento concreto di moto (Arzarello & Robutti 2004). Ferrara e Savioli (2007) si sono occupate di sviluppare ed analizzare attività didattiche mediante l’utilizzo del sensore di posizione in una seconda classe della Scuola Primaria, per osservare la comprensione di grafici cinematici spazio-tempo in bambini di 7 anni che non avevano mai affrontato studi di questo tipo, come comunemente avviene nel percorso educativo. I risultati ottenuti hanno mostrato che gli studenti, dopo aver osservato il moto e la produzione contemporanea di grafici, riuscivamo a comprendere che i tratti crescenti corrispondevano a moti di allontanamento e che tratti decrescenti corrispondevano a moti di avvicinamento, ovviamente, utilizzando una terminologia non formale. Nel lavoro di ricerca di Radford (2003) agli studenti viene richiesto di comparare le loro previsioni di grafici del moto di un cilindro su un piano inclinato, con quello successivamente ottenuto mediante un sensore di posizione. Questa ricerca ha lo scopo di studiare la produzione di significati sulla comprensione di grafici, analizzando gesti e parole. Modellizzazione di fenomeni reali Un modello matematico è un modello costruito usando i linguaggi e gli strumenti della matematica. Come tutti gli altri modelli usati nella scienza (linguaggio naturale, schemi, linguaggio iconico) il suo scopo è quello di rappresentare il più possibile fedelmente un determinato oggetto o fenomeno reale. Tutti i settori della scienza fanno largo uso di modelli matematici per descrivere determinati aspetti del mondo reale. In letteratura sono presenti diverse definizioni del processo di modellizzazione (Gilbert et al., 1998, in Fazio & Spagnolo, 2008). In questo lavoro di ricerca si è fatto riferimento alla definizione di modellizzazione di un fenomeno reale fornita da Gilbert, declinata dalle seguenti quattro fasi: 1.identificare le variabili che possono essere rilevate nella descrizione del fenomeno; 2.dare una descrizione verbale e schematica del fenomeno; 3.determinare le relazioni esistenti tra le variabili; 4.esprimere tali relazioni attraverso equazioni e/o regole che diano al modello un valore predittivo. È importante a notare queste quattro fasi non debbano necessariamente essere sviluppate tutte insieme per ogni livello di istruzione. Esse indicano la sequenza logica e completa che un studente maturo dovrebbe compiere per imparare a modellizzare un fenomeno osservato. All’insegnante è lasciato il compito di selezionare opportunamente e misura il loro trattamento, adattandolo all'età di alunni e agli obiettivi pedagogici fissati. La costruzione di modelli può costituire può costituire attività pedagogiche molto formative (Andaloro et al., 1991; Berry et al., 1986). Infatti, essa permette agli studenti di vedere analogie e differenze tra fenomeni apparentemente differenti e a comprendere in modo unitario il metodo scientifico per risolvere problemi del mondo reale (Fazio & Spagnolo, 2008). Il processo di modellizzazione può accresce e sviluppare teste pensanti che utilizzano le loro conoscenze matematiche per se stessi e per gli sviluppi della società (Burkhardt, 2006). Possono, inoltre, costituire un’occasione per comprendere che la matematica è uno strumento per interpretare la vita reale (Lingefjärd, 2006). Blum e Niss (1989) hanno definito cinque ragioni per cui il processo di modellizzazione dovrebbe appartenere al curriculo, che possono essere sintetizzati con la seguente terminologia scelta da Lingefjärd (2006): formativo, critico, pratico, culturale e strumentale. Queste ragioni sono state argomentate da Niss nel modo seguente (Niss, 1989 pp. 23-24, in Lingefjärd, 2006): 1. accrescere le attitudini e le competenze di creatività e problem solving; 2. generare, sviluppare e migliorare il potenziale critico negli studenti verso l’uso della matematica in contesti non matematici; 3. preparare gli studenti ad essere capaci di operare applicazioni e modellizzazioni su altri oggetti di insegnamento, come individui privati o come cittadini, nel presente o nel futuro, o nelle loro professioni; 4. stabilire un quadro della matematica rappresentativo ed equilibrato; il suo carattere e il suo ruolo nel mondo. Tale quadro deve includere tutti gli aspetti essenziali della matematica, l’applicazione della matematica e la modellizzazione matematica in altre aree; 5. assistere l'acquisizione e la comprensione di concetti matematici degli studenti, le nozioni, i metodi, i risultati e i temi, o rafforzarli, o offrire motivazione per lo studio di certe discipline matematiche. La rilevanza dello studio di processi di modellizzazione nelle scuole è ampiamente accettata. L’indagine OCSE-PISA15, che enfatizza come scopo della didattica della matematica lo sviluppo tra gli studenti di capacità nell’uso della matematica nella loro vita e nelle scienze, afferma che i processi di matematizzazione devono essere attivati per collegare i fenomeni osservati con la matematica e per risolvere i problemi relativi. Essa considera i seguenti processi, di cui fa parte anche il processo di modellizzazione, che risulta anche strettamente connesso agli altri: • Pensare e ragionare • Argomentare • Comunicare • Modellizzare 15 PISA (Programme for International Student Assessment) è un’indagine internazionale promossa dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) per accertare con periodicità triennale i risultati dei sistemi scolastici in un quadro comparato. PISA ha l’obiettivo di verificare in che misura i giovani prossimi alla fine della scuola dell’obbligo abbiano acquisito alcune competenze giudicate essenziali per svolgere un ruolo consapevole e attivo nella società e per continuare ad apprendere per tutta la vita. L’indagine accerta il possesso di competenze funzionali negli ambiti della lettura, della matematica e delle scienze e di alcune competenze trasversali in gioco nel ragionamento analitico e nell’apprendimento. • Porre e risolvere problemi • Rappresentare • Usare linguaggi e operazioni simbolici, formali e tecnici • Usare aiuti e strumenti Studio di grafici Lo studio di grafici fa parte dei curricula di matematica di tutti gli ordini di scuola e costituiscono un prerequisito per l’acquisizione del concetto di funzione. Inoltre, le abilità relative alla lettura, comprensione e produzione di grafici sono centrali per la comunicazione scientifica e per l’ impresa scientifica (Roth 2004 p.2) e hanno molte applicazioni nella vita di ogni giorno. Per esempio, la comprensione di un grafico di economia su un giornale, la comprensione di un grafico di temperatura appeso ad un letto di ospedale, ecc… Radford (2009a) si occupa di analizzare la comprensione di grafici spazio-tempo in studenti dell’ottava classe, secondo una prospettiva socioculturale e un’analisi semiotica multomodale. Egli cita Cassier, il quale ci ricorda che “lo Spazio e il Tempo costituiscono la struttura nella quale concerne ogni realtà. Noi non possiamo concepire nessuna cosa reale che non stia sotto le condizioni di spazio e tempo” (Cassirer 1974, p. 42). Le concettualizzazioni matematiche di spazio e tempo come i grafici Cartesiani (e gli altri segni complessi, come le formule algebriche;), sono tutt’altro che banali per uno studente alle prime armi. Il cognitivismo e l’Embodiment della mente Il cognitivismo nasce negli Stati Uniti a partire dagli anni cinquanta, quando alcuni psicologi americani cominciarono ad assumere posizioni critiche nei confronti della psicologia comportamentista16, per non aver riconosciuto valori scientifici allo studio di ciò che accade nella mente dell’individuo. Il cognitivismo, infatti, noto anche come teoria dell’elaborazione e dell’informazione o approccio HIP (Human Information Processing) si caratterizza per l’intenzione di recuperare come oggetto di analisi della psicologia proprio la mente e i suoi processi. (Cacciamani, 2004, p.13) 16 L’approccio comportamentista nacque nel 1913 negli Stati Uniti e si proponeva di studiare l’apprendimento descrivendo le reazioni tra gli stimoli forniti dall’insegnante e dal contesto scolastico e le risposte che ad essi l’alunno “imparare” a collegare (Cacciamani, 2004, p.9) La prospettiva cognitivista applicata all’educazione si proponeva di favorire da parte dell’alunno lo sviluppo di processi cognitivi adeguati e l’acquisizione di strategie efficaci per affrontare i compiti scolastici (Cacciamani, 2004, p.16). Poiché la presente tesi si occupa dell’apprendimento di un concetto matematico, si vuole porre particolare attenzione su una teoria cognitiva con applicazioni sulle idee matematiche umane: l’Embodment della mente. Di questo si sono occuparti il linguista George Lakoff e lo psicologo Rafael E. Núñez, che, avvalendosi dell’ausilio di matematici e studenti di matematica, principalmente dell’Università della California a Berkeley, nel 2000 hanno pubblicato il testo Where Mathematics come from? How the Embodied Mind Brings Mathematics into Being. Nel 2005 è stato pubblicato in lingua italiana17 con intitolato Da dove viene la matematica. Come la mente embolie dà origine alla matematica. Nel tentativo di applicare la scienza cognitiva per comprendere la struttura cognitiva della matematica questi studiosi si sono resi conto che la matematica umana (l’unico tipo di matematica che gli esseri umani conoscono) ha avuto origine dalla natura dei nostri cervelli e dalle nostre esperienze embodied; rifiutando la prospettiva platonica secondo cui la matematica umana sia una sottospecie della matematica astratta e trascendente (Lakoff & Núñez, 2005, p.21). La matematica, così come noi la conosciamo, dipende dalla natura del nostro cervello e dalla nostra esperienza corporea (Lakoff & Núñez, 1998). Con ciò si intende, più in generale, che la costruzione dei concetti non è un’attività che riflette qualche realtà esterna, trascendente la natura umana, ma è intrinsecamente dimensionata dalla natura del nostro corpo e del nostro cervello attraverso il sistema senso motorio. Insomma, le nostre idee, le nostre teorie sono inevitabilmente legate alla nostra natura biologica, nel senso che nascono dal modo in cui percepiamo il mondo attraverso il nostro sistema senso motorio. Le principali idee cognitive su cui si fonda il loro tentativo di scoprire l’origine delle idee matematiche sono: - «L’embodiment della mente. La natura dettagliata dei nostri corpi, dei nostri cervelli e del nostro funzionamento quotidiano nel mondo struttura i concetti e i ragionamenti umani. Ciò include i concetti e i ragionamenti matematici.» (Ad 17 traduzione di O. Robutti con la collaborazione di F. Ferrara e C. Sabena esempio, la capacità di subitizzare, cogliere rapidamente la numerosità, fino a circa 4 oggetti). - «L’inconscio cognitivo. La maggior parte del pensiero è inconscia: non repressa in senso freudiano, ma semplicemente inaccessibile all’introspezione diretta e cosciente. Noi non possiamo osservare direttamente i nostri sistemi concettuali e i nostri processi di pensiero a livello basso.» (Ad, esempio, le attività legate al “parlare”). - «Il pensiero metaforico. Gli esseri umani concettualizzano i concetti astratti in termini concreti, utilizzando idee e modelli di ragionamento fondati sul sistema senso-motorio. Il meccanismo per cui l’astratto è compreso in termini del concreto viene detto metafora concettuale.» (Ad esempio, “ i numeri sono punti su una retta”. (Lakoff & Núñez, 2005, p.27). Secondo l’Embodiment Philosophy, conosciuta anche come Embodied Mind Thesis o Embodied Cognition Thesis, la mente e il corpo sono embodied, cioè l’una incarnata nell’altra. Secondo questa teoria, corpo e cervello si sarebbero evoluti in modo interconnesso e la mente sarebbe un prodotto di questo percorso evolutivo, una facoltà emergente del sistema neurocerebrale. Un soggetto risulta essere una fusione tra la mente e il corpo e tale fusione è inserita in un contesto ambientale e sociale con il quale agisce ed interagisce. Il corpo e la mente gli permetteranno di agire ed il linguaggio di interagire. Inoltre, Gallese e Lakoff (2005) scrivono: La conoscenza concettuale è embodied, cioè è mappata nel nostro sistema senso-motorio…questo non solo fornisce la struttura al contenuto concettuale, ma caratterizza il contenuto semantico dei concetti conformemente al modo con cui noi funzioniamo nel mondo col nostro corpo. Il quadro teorico proposto da Lakoff e Núñez (2005) dedica particolare attenzione alla metafora concettuale, come modalità di strutturarsi del pensiero astratto. Secondo i due autori, la conoscenza astratta, quella matematica in particolare, è largamente metaforica e le metafore utilizzate hanno la loro origine nelle nostre percezioni, nell’interazione del nostro sistema senso motorio con il mondo. Le metafore concettuali sono veri e propri strumenti cognitivi che consentono di trasferire da un dominio sorgente, fortemente legato alla percezione corporea e all'esperienza sensibile, a un dominio obiettivo, astratto, concettuale, formale, un sistema di inferenze. Nel complesso, vengono usate inconsciamente, senza sforzo e automaticamente nel dialogo quotidiano (Lakoff & Núñez, 2005, p.73). Le metafore concettuali vengono distinte in metafore fondanti e metafore di collegamento: - Le metafore fondanti permettono di proiettare le esperienze quotidiane (come quella di riporre oggetti in pile) nei concetti astratti (come l’addizione), producono idee di base, fondate direttamente. Queste solitamente richiedono poco insegnamento. - Le metafore di collegamento producono idee sofisticate, dette, talvolta, idee astratte; permettono di collegare le varie branche della matematica (Ad asempio: i numeri come punti su una retta, le figure geometriche come equazioni algebriche. Esse richiedono una parte significativa di insegnamento esplicito. (Lakoff & Núñez, 2005, p.86). Nel corso del loro libro sull’origine delle idee matematiche, Lakoff e Núñez cercano di individuare tutte le metafore concettuali che caratterizzano il pensiero matematico, rivisitando tutti i concetti matematici e associando ad essi le relative metafore. Nel capitolo successivo verranno riportate le metafore concettuali che nello specifico sono inerenti all’argomento di questo lavoro di ricerca. Gesti e linguaggio I gesti sono parte del linguaggio del corpo, l'aspetto più studiato e conosciuto della comunicazione non verbale. Il gesto spontaneo va distinto dai linguaggi gestuali, che sono codificati, come per esempio il linguaggio dei segni. Alcune ricerche che si occupano di studiare la relazione tra attività linguistiche e gestuali. Per esempio, nei primi anni ’80 del secolo scorso Kendon affermò che i gesti sottolineano le rappresentazioni cognitive espresse mediante il linguaggio (Kendon, 1981, p.38). McNeill suggerì che parole e gesti condividono la stessa risorsa psicogenetica (McNeill 1985). In una prospettiva sociale, gesti e parole possono essere visti come segni semiotici che gli studenti usano per oggettivare la conoscenza. (Radford, 2003). Alcuni lavori di ricerca in didattica della matematica si sono occupati di analizzare attività semiotiche dove azioni, gesti e parole cooperano per raggiungere l’oggettivazione della conoscenza (Arzarello & Robutti, 2001; Radford 2003) Il gesto può essere considerato come un mezzo di comunicazione, complementare al linguaggio. Sono atti simbolici che portano significato, così come le parole. La gente produce gesti rappresentativi anche quando non c'è contatto visuale con l'interlocutore, dunque i gesti hanno funzioni conoscitive, oltre che comunicative. In ambito didattico, visto il valore cognitivo del gesto, la gestualità non può essere inibita, ma anzi favorita e valorizzata. La presentazione alla lavagna di una risoluzione non consiste nell'applicazione di una procedura standard, ma è un’occasione per i compagni di discutere, vedere e capire la strategia risolutiva applicata da chi è alla lavagna e per l’insegnante di osservare, rilevare e studiare gesti, parole e metafore utilizzate dagli studenti per comunicare e per guidare il pensiero. Merita un capitolo a parte l'accentuata gestualità dei siciliani, che li ha tipizzati nel mondo. Accompagnare un concetto con i gesti è insito nella cultura siciliana da tempi remoti. Il motivo probabile è da ricercare nei suoi rapporti culturali e commerciali con i popoli dell'area mediterranea orientale sin dai tempi più remoti. La grande rimescolanza di lingue e popoli ha senz'altro accentuato l'uso del gesto per meglio comprendersi; è infatti abbastanza naturale, quando non ci si comprende bene tra gente di lingua diversa, usare i gesti per accentuare la comprensibilità del dialogo. Alcuni avanzano anche l'ipotesi che all'origine di questo linguaggio parallelo vi sia stata la necessità di comunicare tra i giovani: un tempo, le restrizioni che imponevano una distanza tra ragazzi e ragazze resero necessaria la creazione di una serie di segni ben precisi che aiutassero a progettare incontri o semplicemente a poter scambiarsi delle idee. Anche Pitrè (1889) si occupò della gestualità siciliana, raccogliendo tutte le informazioni possibili in Usi e costumi, credenze e pregiudizi del popolo siciliano. Tra le varie informazioni, si riporta la leggenda che narra di un re che, arrivato in Sicilia, vuole mettere alla prova due suoi sudditi sulla supposta capacità di poter dialogare senza parole. I due sudditi, presi alla sprovvista, passano il test e provocano grande meraviglia nel sovrano. La gestualità si dice sia uno degli aspetti della teatralità del siciliano, uno dei tanti modi di dimostrare la necessità di recitare e dar sfogo alla grande creatività. Neuroni Specchio L’attività didattica che fa uso del sensore di movimento trova altresì supporto nelle neuroscienze ed, in particolare, nell’esistenza dei neuroni specchio. Essi costituiscono una classe di neuroni specifici che si attiva nell’emisfero sinistro quando si compie un’azione o la si osserva mentre è compiuta da altri (Brandi & Bigagli, 2004). Nell’osservatore si assiste al fenomeno di rispecchiamento neuronale del comportamento dell’osservato, come se il primo stesse compiendo le azioni effettuate dal secondo. Tali argomenti supportano la nostra ricerca in quanto durante le attività in classe i tempi didattici non consentono l’utilizzo del sensore di movimento da parte di ciascun alunno. Grazie all’attivazione dei neuroni specchio possiamo affermare che negli studenti che osservano il moto compiuto dal compagno si attivano gli stessi processi mentali di chi fisicamente si sta muovendo. Le ipotesi sulla funzione dei neuroni specchio sono diverse: una teoria riguarda il processo di apprendimento mediante imitazione, in cui la comprensione delle azioni compiute da altre persone è di importanza fondamentale; un’altra teoria sostiene che le azioni osservate vengono riprodotte da un meccanismo di simulazione come il sistema specchio, mettendo in relazione i processi linguistici con la teoria della mente. Fu un gruppo di ricercatori dell’Università di Parma che nello studiare l’attività della corteccia premotoria, in particolare i neuroni deputati al controllo dei movimenti della mano di un macaco, registrarono l’attività di alcuni motoneuroni di esso, che, pur restando immobile, osservava uno dei ricercatori nell’intento di prendere una banana. I neuroni della scimmia che era rimasta immobile, avevano reagito alla vista dell’azione condotta dallo sperimentatore. I primi studi evidenziarono un gruppo di neuroni visuo-motori nella corteccia premotoria ventrale (area F5) e successivamente anche nella porzione rostrale del lobo parietale inferiore (area PF e PFG) in cui si trovano delle connessioni con l’area F5. L’insieme delle aree coinvolte fu chiamato Mirror Neuron System (MNR). Questo sistema chiamato dei neuroni specchio svolge un ruolo importante nei processi di comprensione del comportamento degli altri. Il sistema umano dei neuroni specchio codifica atti motori transitivi e intransitivi (codifica sia il tipo di azione sia la sequenza dei movimenti di cui essa è composta). Nell’uomo i neuroni specchio si attivano anche quando l’azione è semplicemente mimata e non vi è la necessità di un’effettiva interazione con gli oggetti. Molti ricercatori hanno attribuito a questo sistema un ruolo nella cognizione sociale e in vari processi di apprendimento fondamentali per lo sviluppo dell’individuo, come l’acquisizione di abilità procedurali, di memorie senso motorie e della stessa lingua verbale. La funzione dei neuroni specchio sarebbe quindi quella di rappresentare azioni a livello cerebrale affinché si abbia una comprensione delle stesse; in questo modo l’uomo sarà in grado di riconoscere che qualcun altro sta eseguendo una determinata azione, di distinguere l’azione osservata da un’altra azione e di usare le informazioni acquisite per agire nel modo appropriato. I neuroni specchio permettono una rappresentazione interna sia linguistica sia socio comportamentale, mappando le azioni osservate sugli stessi circuiti nervosi che controllano l’esecuzione attiva (Gallese, 2003). Metodologia di ricerca Teoria delle Situazioni Didattiche La metodologia di ricerca fa riferimento alla Teoria delle Situazioni Didattiche e all’Epistemologia Sperimentale delle Matematiche (Brousseau, 1997; Spagnolo, 1998), in particolare, per quanto attiene all'analisi storico-epistemologica e didattica dei concetti e degli ostacoli all’apprendimento, alla struttura della ricerca, al riferimento ad alcuni aspetti dell’attività didattica riguardanti l’apprendimento indotto dal conflitto cognitivo prodotto per mezzo del milieu, alla formalizzazione del pensiero e istituzionalizzazione del sapere. L’attività didattica è stata progettata in tutte le sue fasi, compiendo un’analisi apriori della sua evoluzione. Essa è stata preceduta e seguita da un pre-test e un post-test; anche in questo caso è stata fatta un’analisi a priori. L’analisi a priori è l’insieme di: 1. rappresentazioni epistemologiche: percorsi conoscitivi in un determinato periodo storico; 2. rappresentazioni storico-epistemologiche: percorsi conoscitivi sintattici, semantici e pragmatici; 3. comportamenti ipotizzati. L’analisi a priori è uno strumento di cui l’insegnante può avvalersi per anticipare alcune reazioni degli allievi e quindi in base ad esse orientare le scelte didattiche. Essa rappresenta un lavoro di ipotesi svolto dall’insegnante, il quale mira ad individuare le strategie, i ragionamenti, le soluzioni che ogni discente potrebbe utilizzare nella situazione proposta tenendo conto delle conoscenze possedute. Inoltre, tale attività permette di prevedere le difficoltà in cui l’alunno può imbattersi, gli errori che può commettere e orienta verso le scelte di organizzazione della classe. Si precisa che le attività in classe non sono assimilabili ad attività a-didattiche poiché l’insegnante mantiene sempre il ruolo di mediatore culturale, guidando gli studenti nel processo di insegnamento/apprendimento. APC-space and Semiotic Bundles L’attività didattica è stata audio-video registrata ed analizzata qualitativamente facendo riferimento all’APC-space and Semiotic Bundles (Arzarello & Robutti, 2008), congruo al quadro teorico del presente lavoro di ricerca. Esso si riferisce al paradigma dell’embodiment della mente e compie un’analisi semiotica delle attività degli studenti. In particolare considera le risorse semiotiche degli studenti come sistemi semiotici culturali, analizza gli artefatti come infrastrutture di rappresentazioni e considera la mediazione semiotica. Viene compiuta un’analisi multimodale del ruolo di segni ed artefatti nelle attività degli studenti, mediante il paradigma dell’embodiment e un’analisi della conversione genetica da un insieme semiotico a un sistema semiotico, dove per insieme semiotico si intendono parole, gesti e iscrizioni e per sistemi semiotici si intendono i linguaggi codificati scritti e parlati. L’analisi semiotica viene compiuta secondo due componenti del tempo: analisi sincronica e analisi diacronica. L’analisi sincronica riguarda le relazioni tra differenti insiemi semiotici simultanei attivati dai soggetti in un certo momento; l’analisi diacronica consiste nel trovare relazioni tra insiemi semiotici attivati dai soggetti in momenti successivi. Analisi statistica implicativa L’analisi quantitativa dei test è stata svolta mediante l’Analisi Statistica Implicativa di Gras, usando il software Chic (Gras et all, 2008). L’analisi statistica implicativa di Gras (2000, 2008) è un tipo di analisi non parametrica e come tale utilizza piccoli campioni. Essa fornisce la misura di una relazione implicativa di due eventi. Utilizza il metodo di implicazione che stabilisce l’intensità di implicazione tra variabili e il metodo di similarità, che classifica le variabili e le raggruppa secondo livelli gerarchici. R. Gras ha cercato di rispondere alla seguente domanda: Date delle variabili binarie a e b, in quale misura posso assicurare che in una popolazione, da ogni osservazione di a segue necessariamente quella di b? La risposta, in generale, non è possibile ed il ricercatore si deve accontentare di un’implicazione “quasi” vera. Con l’analisi implicativa di R. Gras si cerca di misurare il grado di validità di una proposizione implicativa tra variabili binarie e non. Questo strumento statistico viene messo a punto su ricerche riguardanti la Didattica delle Matematiche. La modellizzazione del caso binario è la seguente: siano date una popolazione E un insieme di variabili V, si vuole dare significato statistico all’implicazione larga a→b. Siano A e B gli insiemi delle sotto popolazioni rispettive dove la variabile a e b prendono il valore 1 (vero). L’intensità dell’implicazione viene espressa formalmente: [ ( ) ( ) ( ϕ a, b = 1 − Pr ob card X ∩ Y ≤ card A ∩ B )] dove X e Y sono due sotto insiemi di E, parti aleatorie di E, che hanno la stessa cardinalità rispettivamente di A e B. Y é il complementare di Y rispetto ad E. B é il complementare di B rispetto ad E. b rappresenta not b. Si dirà: [ ( ) [ ( ) ( )]] [ a ⇒ b accettabile alla soglia ϕ a, b = 1 − α ⇔ Pr ob card X ∩ Y ≤ card A ∩ B ≤ α Da qui si ricava l’indice di implicazione, indicatore della non implicazione di a su b: na ∧ b − ( ) q a, b = n a nb n n a nb n dove na = card ( A) , nb = card (B ) , na ∧b = card ( A ∩ B ) . L’indice di similarità classifica le variabili secondo ordini gerarchici. Segue la legge di Poisson ed è definito come segue: s ( a, b) = na nb n na nb n na ∧b − L’indice di similarità è in relazione con l’indice di implicazione secondo la seguente formula: ( ) n q a, b =− b s (a, b ) nb La rappresentazione di un grafo di relazione d’ordine parziale indotto dall’intensità d’implicazione dà la possibilità di visualizzare una situazione didattica dove intervengono più variabili (Spagnolo, 1998). I trattamenti automatici dei calcoli e dei grafici sono eseguiti con l’aiuto del software C.H.I.C.18 (Classification Hiérarchique Implicative et Cohésitive)messo a punto dal gruppo IRMAR. Questo programma su computer consente di fare l’analisi implicativa molto velocemente e permette diverse statistiche: • statistiche elementari, come la media, la varianza e la correlazioni tra variabili; • l’analisi delle similarità di Lerman; • l’analisi implicativa secondo Gras, con le seguenti informazioni: 1. grafico implicativo; 2. gerarchia implicativa e nodi significativi dove si formano le classi della gerarchia; 3. contribuzione degli individui nei cammini significativi del grafo e alle classi significative della gerarchia; 4. comparazione tra il grafo implicativo ed il grafo inclusivo. Nel caso della ricerca in didattica le variabili, in genere, sono costituite dai comportamenti degli allievi. Questi vengono evidenziati mediante l’analisi a priori (Brousseau, 1997) che costituisce il punto di contatto tra la situazione didattica e l’analisi dei dati sperimentali. Mediante l’analisi statistica implicativa vengono analizzate le implicazioni tra i comportamenti degli allievi mettendole in relazione con l’analisi storico-epistemologica e didattica. Il grafico implicativo che si viene a creare contiene dei raggruppamenti ben definiti delle variabili sperimentali che si collegano direttamente o indirettamente e ad ogni raggruppamento corrisponde un tipo differente di strategia utilizzata dagli alunni. Il software C.H.I.C. visualizza grafici implicativi e alberi di similarità, lavorando su tabelle Excel. Nell’analisi dei dati sperimentali di questo lavoro di ricerca sono state studiate le implicazioni tra le variabili-comportamento degli studenti mediante tabelle di questo tipo: 18 Information regarding the software can be found at the following site of the A.R.D.M. (Association de Recherche en Didactique des Mathématiques): http://www.ardm.asso.fr/CHIC.html Comportamento 1 … Comportamento n Studente 1 … Studente m I valori di questa tabella erano 0 o 1, a seconda se rispettivamente uno studente non segue o segue il corrispondente comportamento nella tabella. È stata analizzata, inoltre, la similarità delle variabili-studente utilizzando il metodo delle variabili supplementari. (Spagnolo, 1998), (Fazio & Spagnolo, 2008). Le variabili supplementari rappresentano modelli di comportamento degli studenti, dunque i risultati della ricerca dipendono dalla similarità delle variabili-studente rispetto ai modelli corretti di comportamento. Per l’analisi della similarità mediante lo C.H.I.C. sono state utilizzate tabelle19 di questo tipo: Stud 1 … Stud m Modello di comport … Modello di comport dello stud 1 dello stud q Comport 1 NOT Comport 1 … Comport n NOT Comport n In tale tabella gli studenti vengono relazionati con i comportamenti corretti e le loro negazioni. I valori sono sempre di tipo binario. I modelli corretti di comportamento degli studenti sono stati selezionati combinando comportamenti corretti. Per concludere, si ritiene importante mettere in evidenza che questo tipo di analisi, rispetto alla classica analisi delle frequenze, ha il vantaggio di esaminare il comportamento dei singoli studenti e non soltanto il numero di studenti che seguono un determinato comportamento. Infatti, gli alberi di similarità in cui le variabili sono gli studenti, oltre a fornire l’informazione del numero di studenti che segue un determinato 19 “Stud” sta per “studente”; “comport” sta per “comportamento”. comportamento, si mantiene anche l’informazione relativa a quale studente segue quel comportamento, divenendo così uno strumento oltre che quantitativo, anche qualitativo. CAPITOLO 2 Analisi storico-epistemologica e didattica del concetto di funzione Il presente progetto di ricerca riguarda, anche in prima approssimazione, l’analisi di processi di insegnamento/apprendimento del concetto di funzione. Il target di studenti a cui si fa principalmente riferimento è quello di studenti di terzo, quarto anno di Scuola Secondaria Superiore, a seconda del piano di studio dei diversi indirizzi scolastici. Obiettivo primario è stato quello di delineare un approccio storicoepistemologico al concetto matematico trattato, in cui l’insegnante avesse il ruolo di mediatore culturale, con l’ausilio di strumenti di mediazione semiotica, costituiti da artefatti e segni (rappresentazioni del concetto stesso). Per delineare questo percorso, nella prospettiva della Teoria delle Situazioni Didattiche, è stato necessario compiere un’analisi storico-epistemologica e didattica del concetto che si voleva trattare. Di seguito vengono riportati i risultati di tale analisi. Analisi epistemologica del concetto di funzione Il concetto di funzione può essere considerato uno dei concetti fondamentali della matematica, su cui si basa buona parte di questa disciplina. In quanto tale, su di esso è stata sviluppata una trattazione negli Elements de mathematique di Bourbaki (1939), il cui IV volume è dedicato alle Funzioni di una variabile reale. Infatti, il termine "Elementi" si riferisce proprio al titolo del lavoro di Euclide che significa "parti fondamentali" sulle quali si costituiscono le parti più specifiche. Quest’opera si prefiggeva l'obiettivo di classificare la matematica e riscriverla in forma assiomatica in modo rigoroso e il più possibile semplice, nel tentativo di dare un contenuto semantico all'attività dei matematici. Questo venne fatto appoggiandosi sul concetto di struttura,20, la cui base semantica è la teoria degli insiemi. La struttura, infatti, rappresenta una 20 Sotto lo pseudonimo di "Bourbaki" si celano un gruppo di matematici francesi che negli anni 30 operano una classificazione strutturalista dei linguaggi matematici secondo le: a) strutture algebriche; b) strutture d'ordine; c) strutture topologiche. classe d'equivalenza su un insieme di sistemi di assiomi e diventa uno strumento per il matematico che gli consente, una volta trovate delle relazioni soddisfacenti agli assiomi di una struttura conosciuta, di disporre di un arsenale di teoremi generali relativi alle strutture di quel tipo. Con la nozione di struttura si viene a dare corpo alle ricerche sui sistemi formali propri della logica ed alle successive ricerche sulla teoria dei modelli. Va dato merito ai matematici di Bourbaki di avere operato la prima grande classificazione delle matematiche dopo Euclide che abbia avuto un assetto abbastanza organico. Il metodo assiomatico divenne, così, il pilastro della matematica moderna, sulla base semantica della teoria degli insiemi. (Spagnolo et al., 1998). La definizione di Bourbaki (1939) di una funzione di una variabile reale è la seguente: Siano E e F due insiemi distinti o no. Una relazione fra una variabile x di E e una variabile y di F è detta relazione funzionale in y, o relazione funzionale di E verso F, se qualunque sia x ∈ E, esiste un elemento y di F, e uno solo, che stia nella relazione considerata con x. Si dà il nome di funzione all’operazione che associa così ad ogni elemento x ∈ E, l’elemento y di F che si trova nella relazione data con x; si dice che y è il valore della funzione per l’elemento x e che la funzione è determinata dalla relazione funzionale considerata. Due relazioni funzionali equivalenti determinano la stessa funzione. In questa definizione i concetti fondamentali che ne costituiscono lo statuto epistemologico sono i seguenti: - Insieme: intuitivamente inteso come collezione di oggetti; - Variabile: indicata con una lettera dell’alfabeto, rappresenta un valore numerico che può variare all’interno di un insieme; - Relazione binaria: sottoinsieme del prodotto cartesiano tra due insiemi, tenendo presente che il prodotto cartesiano non è commutativo - Condizione di Esistenza: condizione che indica una restrizione delle relazioni ad una classe in cui per ogni elemento del primo insieme esiste un elemento del secondo insieme con cui esso è in relazione; - Condizione di Unicità: condizione che indica una restrizione delle relazioni ad una classe in cui l’elemento del secondo insieme che è in relazione con un elemento del primo insieme è unico. Da questa prima analisi si può affermare che l’acquisizione del concetto di funzione è subordinata all’acquisizione dei concetti sopra descritti. Inoltre, l’apprendimento del concetto di limite di funzione ha motivo di esistere solo mediante il teorema di esistenza e unicità del limite, ovviamente, non applicabile a relazioni non funzionali. Tuttavia, alla luce della Teoria dei Registri di Rappresentazione Semiotica, poiché quelli elencati sopra restano comunque dei “concetti”, così come lo è la funzione, essi sono percepibili solo attraverso rappresentazioni semiotiche. Allora bisogna tener presene che uno studente ha acquisito il concetto di funzione soltanto se sa rappresentare tale concetto mediante rappresentazioni semiotiche e sa compiere trattamenti e conversioni di esse. Se non si tenesse conto di ciò si rischierebbe di cadere nel paradosso semiotico, descritto nel capitolo precedente. Da un’analisi delle rappresentazioni semiotiche del concetto di funzione emerge che tale concetto viene rappresentato in diversi registri di rappresentazione che, in riferimento alla Semiotic Bundles, si possono suddividere in insiemi semiotici e sistemi semiotici: Gli insiemi semiotici, che si prestano ad esplicitare la concezione implicita posseduta dagli allievi sul concetto di funzione e si possono ricollegare alla teoria dell’Embodiment della mente, sono i seguenti: - Registro pittografico, che consiste in disegni di oggetti reali o schemi - Registro Linguistico, nel senso di linguaggio naturale, parlato o scritto - Registro gestuale, che utilizza il linguaggio del corpo I sistemi semiotici, che consistono in registri formali utilizzati in matematica, sono i seguenti: - Registro Analitico, che utilizza il simbolismo algebrico - Registro Grafico, mediante grafici Cartesiani - Registro Tabulare, che fornisce una rappresentazione di alcuni punti della funzione, mettendo in evidenza la corrispondenza tra ascissa e ordinata - Registro Insiemistico, che rappresenta in modo iconico la definizione Bourbakista Alla luce di quanto detto, si potrà affermare che gli studenti posseggono il concetto di funzione quando avverrà la conversione genetica dagli insiemi semiotici ai sistemi semiotici e quando gli studenti saranno in grado di operare trattamenti e conversioni tra sistemi semiotici. L’ultima osservazione sulle funzioni riguarda l’applicazione che di esse si può fare nella vita reale. Infatti, le funzioni possono costituire uno strumento matematico per la modellizzazione di fenomeni naturali. D’altra parte, le applicazioni delle funzioni in processi di modellizzazione costituiscono la motivazione storica che ha dato origine a tale concetto, in diversi campi applicativi, soprattutto nell’ambito della Fisica. Questo argomento verrà approfondito nel paragrafo successivo, riguardante l’analisi storica del concetto di funzione. Analisi storica del concetto di funzione L’analisi storica del concetto di funzione qui descritta è frutto di uno studio compiuto su ricerche effettuate da vari autori che si sono occupati di tale argomento (Bottazini, 2003; Boyer, 1990; Kline, 1991; Lakoff & Nuñez, 2005; Pantieri, 2007; Youschkevitch, 1976). Tale analisi è stata riassunta nello schema di seguito e successivamente argomentata. STORIA DEL CONCETTO DI FUNZIONE 2000 a.C. I matematici babilonesi usavano tavole di funzioni per i loro calcoli sessagesimali e per gli studi astronomici. 300 a.C. Aristotele usava il termine movimento della material nel senso lato di cambiamento. 200 d.C. Nei lavori di Diofanto si può intravedere l’idea di una quantità variabile in senso proprio. Metà Oresme sviluppò la sua teoria delle Latitudini e delle Forme, secondo cui del XIV longitudo e latitudo davano una rappresentazione geometrica della res sec. mensurabilis. 1591 Viète sistematizzò il simbolismo algebrico, distinguendo parametri e variabili. XVII sec. Nell’applicazione della nuova algebra alla geometria, Fermat e Descartes presentarono il metodo analitico di introduzione delle funzioni. XVII sec. Newton presentò un’interpretazione cinematico-geometrica dei concetti base dell’analisi matematica. Come il suo maestro, Barrow, Newton scelse il tempo come variabile indipendente e interpretò le variabili dipendenti come quantità fluenti con moto continuo che possiedono una certa velocità di cambiamento, detta flussione. XVII sec. Leibniz giunse alle nozioni base di calcolo differenziale ed integrale, dalla geometria delle curve. Egli fu il primo ad usare la parola funzione per descrivere una situazione matematica. 1718 Bernoulli formulò la prima definizione esplicita di una funzione come un’espressione analitica arbitraria. 1755 Eulero formulò la seguente definizione di funzione: una funzione di quantità variabili è un’espressione analitica composta in modo qualunque da quelle quantità e da numeri o quantità costanti XVIII sec. Lagrange sottolineò l’esigenza di separare la base del calcolo infinetesimale dalla geometria e dalla meccanica. 1870 Hankel dimostrò l’impossibilità di ridurre la definizione di funzione a funzione analitica. 1939 Bourbaki formulò la definizione moderna di funzione in termini insiemistici Il concetto di funzione ha origini antiche che si possono fare risalire a 4000 anni fa. Infatti, nel 2000 a. C. i matematici Babilonesi utilizzavano per i loro calcoli tavolette contenti tabelle numeriche sessagesimali di reciproci, quadrati, radici quadrate, cubi e radici cubiche. Tuttavia, è doveroso riconoscere che queste tabelle numeriche, seppur contenenti una corrispondenza tra valori variabili, non possono essere prese come esempio di applicazione di pensiero funzionale. Durante la dinastia Seleucide (305 – 60 a. C.) nell’astronomia Babilonese venivano utilizzate tabelle di funzioni per la compilazione delle effemeridi del sole, della luna e dei pianeti. Il concetto di funzione fece la sua apparizione in Grecia con i primi studi di acustica di Pitagora e i pitagorici (VI secolo a. C.), che giunsero a stabilire le relazioni esistenti fra la lunghezza delle corde vibranti e l'altezza dei suoni. Nel 300 a.C. Aristotele usava il termine movimento della material nel senso lato di cambiamento. La prima opera sistematica sulle funzioni trigonometriche di cui si ha notizia è correlata alle corde di una circonferenza di raggio fissato ed è dovuta all’astronomo greco Ipparco di Nicea, vissuto nel II secolo a. C. Nell’Almagesto di Tolomeo (150 d. C.) sono presenti numerose tabelle astronomiche equivalenti a funzioni razionali e alle più semplici funzioni irrazionali del seno. 200 d.C. Nei lavori di Diofanto si può intravedere l’idea di una quantità variabile in senso proprio. Nella matematica Greca e Babilonese ritroviamo: - L’istinto di funzionalità - L’idea di cambiamento di una quantità variabile (Aristotele utilizzava il termine moto della materia per indicare in generale il cambiamento) - L’utilizzo di tabelle di funzioni concepite come relazioni tra insiemi discreti di quantità costanti date Mancava: •Una nozione generale di quantità variabile e di relazione funzionale •L’utilizzo •La di una parola equivalente al termine funzione rappresentazione analitica della funzione (il simbolismo non era molto sviluppato) Per circa mille anni non si sono avuti sviluppi sostanziali del concetto di funzione, anche se crebbe il numero di funzioni utilizzate e migliorarono i metodi di studio. Nel 14° secolo nelle scuole di filosofia naturale di Oxford e Parigi maturò l’idea che le leggi naturali possono essere espresse mediante leggi quantitative. Inoltre, venne abbandonata la dottrina aristotelica di intensio et remissio qualitatum et formarum, ciò permise i rapporti tra grandezze non omogenee e quindi lo studio di moti irregolari (non studiati dai greci). Si comincia, così ad avere Rappresentazioni Cinematiche delle Relazioni Funzionali. La cinematica ebbe maggiore sviluppo in Inghilterra, con Heytesbury e Swineshead; mentre in Francia si sviluppò maggiormente l’aspetto geometrico, il cui maggiore rappresentante fu Nicole Oresme, con la teoria delle latitudini delle forme: Oresme rappresenta gradi di intensità con segmenti di lunghezze corrispondenti, le “latitudini”, tracciate perpendicolarmente rispetto alla linea delle “longitudini, che costituiscono i segmenti di cui rappresenta le estensioni. Gli estremi superiori delle latitudini di qualche qualità generano la “linea di intensità” che rappresenta i “gradi” della qualità. La teoria delle latitudini delle forme, sviluppata nel 14° secolo e ampiamente diffusa nel 15° secolo e nella prima metà del 16° secolo (soprattutto in Inghilterra, Francia, Italia e Spagna), sembra essere fondata sull’uso cosciente dell’idea di quantità variabili indipendenti e dipendenti. Si cominciano così ad avere le prime Rappresentazioni Geometriche delle Relazioni Funzionali. In questa teoria una funzione è definita o mediante una descrizione verbale delle sue proprietà o direttamente dal grafico. Inoltre, Oresme introduce una classificazione dei principali tipi di qualità lineari: - Qualità uniformi (latitudine costante e linea d’intensità parallela alla linea delle longitudini) - Qualità uniformemente difformi (descrizione equivalente ad una linea passante per due punti) - Qualità difformemente difformi (tutti gli altri casi). Con Viète (1591) si ha la sistematizzazione del simbolismo algebrico, già in uso tra i matematici di quel tempo, con la definizione e la distinzione tra incognita e parametro. Questo portò i seguenti vantaggi: • Netta distinzione tra il concetto di parametro e il concetto di incognita • Possibilità di scrivere in simboli equazioni ed espressioni algebriche contenenti quantità indeterminate e coefficienti arbitrari I primi anni del 17° secolo andava acquisendo solidità la nuova concezione delle leggi quantitative della natura. Il processo scientifico portò l’introduzione di misure quantitative di grandezze fisiche come il calore, la pressione, ecc.. in conseguenza di ciò si ha l’introduzione di misure quantitative di grandezze fisiche. Parallelamente, in ambiente matematico si affermò il metodo analitico di introduzione delle funzioni mediante formule ed equazioni con la nascita della geometria analitica. Il metodo analitico di introduzione delle funzioni si fa risalire a due celebri studiosi, che operarono indipendentemente l’uno dall’altro, applicando la nuova algebra alla geometria: Descartes e Fermat. Newton nel suo Method of fluxions and infinite series (1670) presentò un’interpretazione cinematico-geometrica dei concetti base dell’analisi matematica, sviluppando le idee del suo maestro Barrow. Newton scelse il tempo come variabile indipendente e interpretò le variabili dipendenti come quantità fluenti con moto continuo, che posseggono una certa velocità, detta flussione. I due principali problemi del calcolo infinitesimale sono espressi in termini meccanici: - Data la legge della distanza compiuta, det. la velocità del moto (differenziazione) - Data la velocità del moto, det. la distanza compiuta (integrazione) Il metodo delle flussioni è sviluppato per fluenti espresse analiticamente mediante una forma finita o mediante somme di serie potenze infinite. Leibniz arrivò alle nozioni di differenziazione ed integrazione mediante lo studio delle curve geometriche. Nel Nova methodus pro maximis et minimis, itquem tangentibus (1684) descrive il differenziale (dv) di un’ordinata di una curva come un segmento che diviso per dx, un incremento arbitrario dell’ascissa, è uguale al rapporto tra la sua ordinata e la sottotangente: dv:dx=v:σ Il termine “funzione” si trova per la prima volta in Leibniz. In un manoscritto del 1673, dal titolo Methodus tangentium inversa, seu de functionibus, Leibniz usò il termine “funzione” per denotare una qualsiasi quantità variabile da punto a punto di una curva come, ad esempio, la lunghezza della tangente o della normale. Della curva veniva detto che era data da un’equazione. Nella sua Historia (1714), Leibniz adopera la parola “funzione” per denotare, in generale, quantità che dipendono da una variabile (manca il senso analitico). Leibniz introdusse anche i termini «costante», «variabile» e «parametro», usando quest’ultimo con riferimento a una famiglia di curve. Nella lettera del 2 settembre 1694, nella quale Bernoulli racconta a Leibniz la sua scoperta dello sviluppo in serie di scrive: «Con n intendo una quantità formata in una maniera qualsiasi da variabili e da costanti» Bernoulli utilizzò per la prima volta nel 1698 la frase leibniziana «funzione di queste ordinate». Nel 1718 in un articolo di Bernoulli si ha la prima definizione esplicita di funzione come espressione analitica: «Définition. On appelle fonction d’une grandeur variable une quantité composée de quelque manière que ce soit de cette grandeur variable et de constantes» Inoltre, propose la notazione ϕx per indicare le funzioni. I trattati euleriani Introductio in analysin infinitorum [1748], Institutiones calculi differentialis [1755] e Institutiones calculi integralis (1768-1770) rappresentano il punto di arrivo della speculazione analitica del periodo che va dal 1655 (metodo delle flussioni) fino alla metà del Settecento e il punto di partenza dell’analisi matematica moderna. Nel primo trattato Euler dichiara: «Una funzione di quantità variabili è un’espressione analitica composta in modo qualunque da quelle quantità e da numeri o quantità costanti» In questa definizione: - È assente ogni riferimento fisico al movimento dei corpi - Il concetto di funzione viene espresso in termini puramente formali Col termine «espressione analitica» Euler intende un’espressione composta da grandezze simboliche e numeri mediante operazioni algebriche oppure trascendenti. Euler divide le funzioni in: •Algebriche (ottenibili •Trascendenti mediante un numero finito di operazioni elementari) (sviluppabili in serie) Per Euler, in generale, una funzione si può esprimere con una serie del tipo: A + Bz + Cz2 + Dz3 + … Non si pone il problema né della dimostrazione né della legittimità di tali estensioni, tuttavia, lascia aperta la possibilità di considerare esponenti qualunque per la z nello sviluppo: Azα + Bzβ + Czγ + … Sostanzialmente si limita a considerare funzioni algebriche ed estende in generale le loro proprietà alle funzioni trascendenti. Nel suo modo di ragionare ha un peso decisivo l’analogia supposta esistente tra il finito e l’infinito, tipico dell’epoca. La linea curva continua è quella la cui natura è espressa da una sola funzione determinata di x. Se però la linea curva è composta da differenti parti determinate da più funzioni di x, di modo che una parte sia il risultato di una funzione e un’altra sia il risultato di una seconda funzione, noi chiamiamo queste specie di linee curve discontinue, o miste e irregolari, giacché esse non sono formate secondo una legge costante e sono composte di porzioni di differenti curve continue». Tale classificazione rimase standard per un lungo periodo e si ritrova ancora all’inizio dell’Ottocento. Intorno alla metà del Settecento si alimentò una lunga e vivace polemica fra i più grandi matematici del secolo, prima D’Alembert e Euler, e poi Daniel Bernoulli e J. L. Lagrange, di cui si trovano echi ancora all’inizio dell’Ottocento in J. B. Fourier. La polemica riguardava la soluzione del problema della corda vibrante, che ebbe un impatto decisivo anche sulla matematica “pura”. Il problema era il seguente: “Studiare le vibrazioni di una corda omogenea non soggetta ad alcuna forza esterna, posta in un piano e fissata alle estremità”. La discussione si accese intorno a un lavoro di D’Alembert del 1747, che rappresenta il primo tentativo coronato da successo di integrare le equazioni differenziali alle derivate parziali che si ottengono descrivendo matematicamente le infinite forme assunte da una corda tesa posta in vibrazione in un piano. D’Alembert Introduce un sistema di riferimento cartesiano e considera una funzione u = u(x, t) definita per 0 ≤x ≤ l e t ≥0, ottenendo l’equazione: ∂ 2 u ( x, t ) ∂ 2 u ( x, t ) =ν ∂t 2 ∂x 2 Compare così per la prima volta quella che viene oggi detta equazione unidimensionale delle onde. D’Alembert integrò l’equazione ottenendo: Dove f (x) è la configurazione iniziale (che D’Alembert impone continua) e g (x) è la velocità dei suoi punti. Eulero considera la stessa equazione D’Alembert e tecnicamente la soluzione di Eulero non si discosta da quella di, tuttavia egli sostiene che la posizione iniziale della corda può essere data da una curva «sia regolare contenuta in una certa equazione, sia irregolare o meccanica». «La prima vibrazione dipende soltanto da noi giacché si può, prima di lasciar la corda, darle una figura qualunque». Nel 1753 Daniel Bernoulli (1700-1782) sulla base di motivazioni di natura fisica (la sovrapposizione e la composizione delle onde) asserisce che tutte le possibili curve iniziali possono essere rappresentate nella forma: Di conseguenza, sostiene, tutti i moti successivi saranno del tipo: Secondo Eulero una soluzione di questo tipo non può essere discontinua; inoltre, una funzione somma di una serie trigonometrica è periodica, e se la f(x) non ha questa proprietà non si può rappresentarla con una tale serie. Tutti, in un certo senso, avevano ragione: •D’Alembert, seguendo una tradizione stabilita fin dai tempi di Leibniz, insisteva sul fatto che le funzioni devono essere analitiche, in modo che ogni problema non risolvibile mediante esse sia insolubile tout court. •Eulero, D’Alembert e Lagrange non si rendevano conto che, data una funzione arbitraria nell’intervallo [0,1] è possibile ripeterla in ogni intervallo [nl, (n + 1)l], con n intero, in modo che la funzione diventi periodica. Naturalmente, una tale funzione periodica può non essere rappresentabile da un’unica espressione analitica. •Eulero, D’Alembert e Lagrange avevano ragione nel ritenere che non tutte le funzioni possono essere rappresentate da serie di Fourier •Non venne chiarito perché un’equazione alle derivate parziali con coefficienti analitici (nel caso in questione, costanti) possa avere una soluzione non analitica. Uno degli esiti più interessanti della polemica sulla corda vibrante fu dunque quello di concentrare l’attenzione dei matematici sulla definizione euleriana di funzione e, in particolare, di funzione continua e discontinua, e di cercare di comprendere, rispetto a quella, quale fosse la natura degli oggetti matematici ottenuti dall’integrazione di equazioni differenziali alle derivate parziali. Nel 1791 Arbogast definì le funzioni «discontigue», che, in termini moderni, funzioni discontinue. Il concetto di funzione per Condorcet (1734-1794): «Suppongo di avere un certo numero di quantità x, y, x, …. , F e che ogni valore determinato di x, y, z, … , F abbia uno o più valori determinati che corrispondono ad essi. Io dico allora che F è una funzione di x, y, z, … Infine, so che, allorché x, y, z, … saranno determinati, lo sarà anche F; anche se non conoscerò né la maniera di esprimere F mediante x, y, z, … né la forma dell’equazione tra F e x, y, z, … io saprò che F è funzione di x, y, z, …». Condorcet distingue inoltre tre diversi tipi di funzioni: 1. funzioni di cui si conosce la forma (ovvero, funzioni esplicite); 2. funzioni introdotte da equazioni tra F e x, y, z, …(ovvero, funzioni implicite); 3. funzioni date mediante certe condizioni (per esempio, equazioni differenziali). Lagrange, nella Théorie des fonctions analytiques del 1797, compì il primo, ambizioso tentativo di costruire le fondamenta del calcolo infinitesimale. Il trattato si apre con la seguente definizione di funzione, che richiama Leibniz e Bernoulli: «Si chiama funzione di una o più quantità ogni espressione del calcolo nella quale queste quantità entrano in maniera qualunque, insieme o no con altre quantità che si considerano come aventi dei valori dati e costanti, mentre le quantità della funzione possono assumere ogni valore possibile». Per Lagrange ogni funzione è sviluppabile in serie di potenze: Non fa alcun tentativo per assicurarsi la convergenza della serie. Lagrange contribuì, come già aveva fatto Euler, a separare i fondamenti del calcolo infinitesimale dalla geometria e dalla meccanica. Nella Théorie analytique de la chaleur [1822], Fourier (1768-1830) affrontò un problema fisico di grande interesse teorico e pratico: lo studio della natura e della propagazione del calore: «Risulta dalle mie ricerche che le funzioni arbitrarie anche discontinue possono sempre essere rappresentate da sviluppi in seno o coseno di archi multipli, conclusione che il celebre Euler ha sempre respinto [...]. Gli sviluppi in discorso hanno questo in comune con le equazioni differenziali alle derivate parziali, che essi possono esprimere la proprietà delle funzioni interamente arbitrarie e discontinue; è per questo che si presentano in maniera naturale per l’integrazione di queste ultime equazioni. [...] In generale la funzione f(x) rappresenta una successione di valori o di ordinate ciascuna delle quali è arbitraria. [...] Noi non supponiamo che queste ordinate siano soggette a una legge comune; esse si succedono l’una all’altra in maniera qualsiasi». Cauchy (1789-1857) dà la definizione di concetto di limite e di comunità: - Concetto di limite: Allorché i valori successivamente assunti da una stessa variabile si avvicinano indefinitamente a un valore fissato, sì da differirne alla fine tanto poco quanto si vorrà, quest’ultima quantità è chiamata il limite di tutte le altre. - Continuità: Allorché delle quantità variabili sono legate fra loro in modo tale che, dato il valore di una, si possa ricavare il valore di tutte le altre, [queste], espresse per mezzo della variabile indipendente, sono chiamate funzioni di questa variabile. Per Dirichlet, ogni funzione continua è sviluppabile in serie di Fourier “Funzione di Dirichlet”: una funzione di x che vale c (costante) quando x è razionale e d (costante ≠ c) quando x è irrazionale. «La funzione così definita ha dei valori finiti e determinati per ogni valore di x e nondimeno non sarebbe possibile sostituirla nella serie, dal momento che i diversi integrali che entrano in questa serie perderebbero in questo caso ogni significato» Continuità: Si pensi di indicare con a e b due valori fissati e con x una grandezza variabile, che possa assumere tutti i valori compresi fra a e b. Ora, ad ogni x, corrisponda un unico y finito e tale che, mentre x percorre con continuità l’intervallo da a a b, y = f(x) vari in maniera del tutto simile; allora y si dice funzione continua di x in quest’intervallo. Hankel scriveva nel 1870 che i risultati di Fourier, che avevano ampliato la classe delle funzioni ammissibili in analisi alle funzioni discontinue, avevano definitivamente rivelato insostenibile l’ipotesi tacita, ma decisiva, che le proprietà delle funzioni analitiche si potessero comunque estendere a tutte le funzioni perciò il vecchio concetto di funzione, che richiedeva che una qualunque funzione fosse rappresentabile analiticamente, si rivelava inadeguato. «Si dice che y è funzione di x se ad ogni valore della grandezza variabile x all’interno di un certo intervallo corrisponde un determinato valore di y, senza riguardo al fatto che su tutto l’intervallo y dipenda o no da x secondo la stessa legge, e che la dipendenza sia o no esprimibile da operazioni matematiche» Alla fine dell’800 si ha l’Aritmetizzazione dell’Analisi. Essa nasce dall’esigenza di dare un fondamento logico all’analisi. Si fonda sulla convinzione che il rigore si poteva ottenere costruendo e strutturando in modo preciso i numeri reali e ponendo essi a fondamento dell’analisi Secondo Dedekind si ha una corrispondenza biunivoca tra i numeri reali e i punti di una retta – definizione di continuità: «Se una ripartizione di tutti i punti della retta in due classi è di tale natura che ogni punto di una delle due classi sta a sinistra di ogni punto dell’altra, allora esiste uno e un sol punto dal quale questa ripartizione di tutti i punti in due classi, o questa decomposizione della retta in due parti, è prodotta». Questo porta alla definizione assiomatica della continuità dei numeri reali, da cui si ricava la definizione di insieme dei numeri reali, formalmente indipendente dalla geometria. Weierstrass perfezionò la definizione di limite e di funzione continua, dando la definizione in termini di ε e δ (formalmente indipendente dalla fisica e dalla geometria). Derivò i numeri razionali dai numeri naturali introducendo i razionali come classi di equivalenza di coppie di interi e gli interi come classi di equivalenza di coppie di numeri naturali Con Peano si ha l’Assiomatizzazione dei numeri naturali. Nel 1939 Bourbaki fornisce la definizione di funzione in termini insiemistici, come riportato sopra. Analisi delle concezioni e delle metafore concettuali legate a tale concetto Concezioni del concetto di funzione Si è osservato che gli studenti non necessariamente usano la definizione quando decidono se un dato oggetto matematico è un esempio o non è un esempio del concetto di funzione Nella maggior parte dei casi loro decidono in base a quello che Vinner e Dreyfus, nel 1989, indicavano come concetto immagine, ma che, in un’accezione specifica, preferiamo indicare come concezione (Spagnolo, 1998). Vinner e Dreyfus hanno somministrato un questionario sul concetto di funzione ad un campione di 307 persone di diverso grado culturale: 33 di scuola secondaria inferiore, 67 del primo biennio della scuola secondaria superiore, 113 del triennio della scuola secondaria superiore, 58 matematici e 36 insegnanti. Le risposte riguardanti la definizione del concetto di funzione sono state classificate in 6 categorie, di seguito riportate fedelmente. 1. Corrispondenza: Una funzione è una corrispondenza tra due insiemi che assegna ad ogni elemento nel primo insieme esattamente un elemento nel secondo insieme (definizione di Dirichlet-Bourbaki). “Una corrispondenza tra due insiemi di elementi.” “Per ogni elemento in A c’è uno e un solo elemento in B.” 2. Relazione di Dipendenza: Una funzione è una relazione di dipendenza tra due variabili (y dipende da x) “Un fattore dipende dall’altro” “Una dipendenza tra due variabili” “Una connessione tra due grandezze” 3. Regola: Una funzione è una regola. Ci si aspetta che una regola abbia una certa regolarità, dal momento che una corrispondenza può essere “arbitraria”. Di solito il dominio e il codominio non sono qui menzionati, contrariamente alla categoria 1, in cui vengono richiamati. “Qualcosa che connette il valore di x con il valore di y.” “Il risultato di una certa regola applicata a un numero variabile.” “Una relazione tra x e y è una funzione.” 4. Operazione: Una funzione è un’operazione o una manipolazione (che agisce su un dato numero, generalmente mediante operazioni algebriche, per ottenere la sua immagine). “Un’operazione.” “Un’operazione fatta su certi valori di x che assegna a ogni valore di x un valore di y = f (x) .” “Trasmettere valori ad altre variabili secondo certe condizioni.” 5. Formula: Una funzione è una formula, un’espressione algebrica, o un’equazione. “È un’equazione che esprime una certa relazione tra due oggetti.” “Un’espressione matematica che fornisce una connessione tra due fattori.” “Un’equazione che connette due fattori.” 6. Rappresentazione: La funzione è identificata, in modo possibilmente privo di significato, con una delle sue rappresentazioni grafiche o simboliche. “Una collezione di numeri in un certo ordine che può essere espressa in un grafico.” “ y = f (x) .” “ y ( F ) = x .” Per quanto riguarda l’ultima categoria si può far rifermento al paradosso cognitivo di cui parla Duval (1993): “…da una parte, l’apprendimento degli oggetti matematici non può che essere un apprendimento concettuale e, d’altra parte, è solo per mezzo di rappresentazioni semiotiche che è possibile un’attività su degli oggetti matematici…” (in D’Amore, 2000). Metafore concettuali attinenti al concetto di funzione Di seguito vengono riportate alcune metafore concettuali legate al concetto di funzione, definite da Lakoff e Nuñez (2005). - Metafora Base dell’Infinito: tutti i casi di infinito attuale (gli insiemi infiniti, i punti all’infinito, i limiti di somme infinite, le intersezioni infinite, gli estremi superiori) sono casi particolari di una sola metafora concettuale generale, nella quale i processi che continuano indefinitamente sono concettualizzati come aventi una fine e un risultato ultimo. L’idea di infinito attuale in matematica sia metaforica e che i vari esempi di infinito attuale facciano uso del risultato metaforico ultimo di un processo senza fine. Letteralmente, il risultato di un processo senza fine non esiste: se un processo non ha fine, non ci può essere alcun risultato ultimo. Tuttavia, il meccanismo della metafora ci permette di concettualizzare il risultato di un processo infinito, nell’unico modo in cui possiamo concettualizzare il risultato di un processo, ossia in termini di un processo che in effetti ha una fine. (Lakoff e Nuñez, p.203, 2005). - I numeri sono punti su una retta: ogni punto corrisponde ad un numero, la distanza tra posizioni di punti corrisponde ad una differenza aritmetica tra punti (Lakoff e Nuñez, p.377, 2005). - La variazione viene compresa metaforicamente in termini di moto. Le variazioni sono espresse con il linguaggio del moto: possiamo andare in, uscire da uno stato di euforia, i prezzi possono alzarsi o abbassarsi, il cambiamento è giunto a un punto morto. - Le funzioni nel piano cartesiano sono spesso concettualizzate in termini di moto lungo un percorso, come per esempio quando la funzione viene descritta con le parole: «sale», «raggiunge» un massimo e «scende» di nuovo (Lakoff e Nuñez, p.70, 2005). - Mediante la metafora “la variazione è moto” il concetto di tasso di variazione risulta il caso generale di quello particolare di velocità del moto (Lakoff e Nuñez, p.493, 2005). - La nozione originale di continuità di una funzione era concettualizzata in termini di processo continuo di moto, ossia un processo senza punti finali intermedi (Lakoff e Nuñez, p.68, 2005). Il grafico di una funzione continua viene interpretato come la traiettoria di un punto che lascia una scia. Weierstrass per definire la continuità di una funzione utilizzò la metafora “i numeri sono punti su una retta”, utilizzando i numeri al posto delle loro corrispondenti posizioni di punti sulla retta. La continuità secondo Weierstrass consiste nella conservazione della prossimità per le posizioni di punti. (Lakoff e Nuñez, p.377, 2005). Lakoff & Nuñez così commentano l’aritmetizzazione di Weierstrass: «Si attribuisce a Weierstrass il merito di aver aritmetizzato l’analisi matematica. […] Tuttavia, la geometria è ancora presente. L’analisi matematica riguarda il concetto di variazione, che viene concepita in termini di moto tanto nei sistemi concettuali delle varie culture, quanto nell’analisi matematica classica. IL moto in matematica è concettualizzato in termini di rapporto tra distanza e tempo. Il tempo, a sua volta, è concepito metaforicamente in termini di distanza. […] Queste metafore contengono una geometria implicita […] allora Weierstrass non eliminò la geometria, anzi, concettualmente, egli si limitò a nasconderla». (Lakoff e Nuñez, p.382, 2005). - Il tempo viene concettualizzato metaforicamente in termini di distanza utilizzando la metafora in cui il passare del tempo è un moto lineare rispetto a uno sfondo e la quantità di tempo è metaforicamente una distanza percorsa (ad esempio, ci stiamo avvicinando al Natale, “c’è ancora molta strada da fare per arrivare al termine del progetto). Analisi didattica del concetto di funzione Analisi didattica La didattica risentì della sistematizzazione della matematica mediante la teoria degli insiemi e il metodo assiomatico, compiuta da Bourbaki, trattata nel capitolo precedente; nonostante lo scopo del gruppo Bourbaki era quello di dare un solido fondamento alle matematiche, senza alcuna finalità didattica o applicativa. I programmi ministeriali vennero rivisti sotto il punto di vista della teoria del nuovo paradigma, con un diffuso utilizzo del linguaggio simbolico, come testimoniano i libri di testo. Ma bisogna prendere atto del fatto che questo portò, e porta tutt’oggi, a risultati prevalentemente fallimentari. In particolare, la definizione del concetto di funzione in termini insiemistici spesso non viene interiorizzata, non se ne comprende il significato nella sua interezza. La difficoltà nella comprensione di questo concetto è anche dovuta al fatto che il “significato” di un oggetto è intimamente legato ai problemi affrontati ed alle attività realizzate dagli esseri umani, non potendosi ridurre il significato dell’oggetto matematico alla sua mera definizione matematica (D’Amore, Godino, 2006). È stato rilevato, nell’ambito di questa ricerca, mediante interviste orali a studenti di primo anno di università21, che spesso gli allievi si trovano ad affrontare lo “studio di funzioni” senza aver chiaro il significato di tale concetto, in relazione ai concetti chiave esplicitati sopra, applicando meccanicamente un metodo trasmesso dall’insegnante. La maggior parte degli studenti ha definito la funzione, in modo incompleto, come dipendenza di una variabile rispetto ad un’altra. Tale concezione è stata ritrovata, in parte, tra i futuri insegnanti di matematica della SISSIS22. Questo potrebbe essere dovuto al fatto che la maggior parte delle attività in cui gli studenti si trovano ad operare con le funzioni risultano lontane dalla definizione formale di tale concetto ed esse rendono non esplicito e quasi superfluo il significato della sua definizione. Allora, una soluzione a questa lacuna potrebbe essere quella di 21 Facoltà di Scienze della Formazione dell’università di Palermo SISSIS è l’acronimo di Scuola Interuniversitaria Siciliana di Specializzazione per l’Insegnamento Universitario 22 strutturare attività didattiche in cui il significato della definizione formale sia esplicito, supportate da riflessioni meta cognitive condivise con la classe. Significativo è, infine, osservare che nella maggior parte dei casi gli studenti operano nell’ambito delle geometria analitica, della trigonometria o di funzioni logaritmiche ed esponenziali senza sapere che gli oggetti con cui lavorano quotidianamente sono funzioni e senza conoscere il significato di tale concetto, perdendo l’opportunità di maturarne il pieno apprendimento nel corso della loro carriera scolastica. Nella maggior parte dei casi, inoltre, il concetto di funzione non viene trattato in modo interdisciplinare con le Scienze applicate. Anche queste affermazioni sono frutto di interviste, effettuate a studenti della scuola secondaria superiore, in particole, a studenti del Liceo Scientifico. Lo studio di applicazioni del concetto di funzione alle Scienze applicate permettono di apprendere questo concetto come strumento di modellizzazione di fenomeni reali. Questo ambito sta divenendo di crescente interesse poiché riguarda l’applicabilità della matematica nella vita reale. Significativa a questo proposito è la risoluzione approvata all’unanimità nel 1997, in cui la Conferenza generale dell’UNESCO così si esprime: “…considerata l’importanza centrale delle matematica e delle sue applicazioni nel mondo odierno nei riguardi della scienza, della tecnologia, delle comunicazioni, dell’economia e di numerosi altri campi; consapevole che la matematica ha profonde radici in molte culture e che i più importanti pensatori per migliaia di anni hanno portato contributi significativi al suo sviluppo, e che il linguaggio e i valori della matematica sono universali e in quanto tali ideali per incoraggiare e realizzare la cooperazione internazionale; si sottolinea il ruolo chiave dell’educazione matematica, in particolare al livello della scuola primaria e secondaria sia per la comprensione dei concetti matematici, sia per lo sviluppo del pensiero razionale”. L’educazione matematica per il cittadino è stata oggetto di studio e riflessione in ambito internazionale e nazionale. Nel triennio 2001 – 03 – 04 sono stati pubblicati tre volumi del MIUR, La Matematica per il Cittadino, relativi all’insegnamento della matematica nella scuola primaria e secondaria, contenenti 200 esempi di attività didattiche e di elementi per le relative prove di verifica. I contenuti matematici sono stati suddivisi in quattro Nuclei fondamentali: • Numeri; • Geometria; • Relazioni e funzioni; • Dati e previsioni. Naturalmente, l’argomento matematico di cui ci si è occupati nell’ambito del presente lavoro di ricerca risulta centrato nel tema Relazioni e funzioni, anche se non restano esclusi collegamenti con i restanti nuclei. Una suddivisione analoga sui contenuti matematici viene fatta nei diversi problemi e domande dell’Indagine OCSE-PISA, così esplicitati: -Quantità; -Spazio e Forma; -Cambiamento e Relazioni; - Incertezza. In particolare, l’area di contenuto “Cambiamento e Relazioni”, che contiene implicitamente il tema delle funzioni, viene così declinata: -rappresentazione di relazioni matematiche in modi diversi (simboliche, algebriche, grafiche, tabulari) -saper passare da un tipo di rappresentazione ad un altro -saper pensare in termini funzionali (sapere cosa sono il tasso di cambiamento, la pendenza ecc.) -si collega ad aspetti di altre idee chiave (Spazio e forma e Incertezza) Il concetto di relazione e di funzione nei curricula scolastici in Italia L’introduzione del concetto di funzione nei curricula della scuola italiana comincia ad avvenire nella scuola secondaria inferiore. Negli ordini di scuola inferiori si fa riferimento al concetto più generale di relazione. Nella scuola dell’infanzia il concetto di relazione è un argomento trasversale dei cinque campi di esperienza, che costituiscono luoghi in cui il bambino impara mediante attività pratiche ed esperenziali: - Il sé e l’altro - Il corpo e il movimento - Linguaggi, creatività, espressione - I discorsi e le parole - La conoscenza del mondo Nelle indicazioni ministeriali della scuola Primaria l’apprendimento del concetto di relazione fa parte degli obiettivi di apprendimento fissati: - agli studenti della terza classe è richiesto di saper rappresentare relazioni e dati con diagrammi, schemi e tabelle; - gli studenti della quinta classe dovrebbero saper rappresentare relazioni e dati e, in situazioni significative, utilizzare le rappresentazioni, formulate giudizi e prendere decisioni; rappresentare problemi con tabelle e grafici che ne esprimono la struttura Nella scuola secondaria inferiore, al termine dei tre anni di studio, agli studenti è richiesto di saper utilizzare il piano cartesiano per rappresentare relazioni e funzioni e conoscere particolarmente le seguenti funzioni e i loro grafici: y = ax y = a/x y = ax2 y = 2n Nella scuola secondaria superiore I curricula variano a seconda dell’indirizzo di studio. In tutti gli indirizzi è previsto almeno un consolidamento dei contenuti relativi al concetto di funzione appresi durante la scuola secondaria inferiore. A seconda del monte orario settimanale e curricula matematici sono più o meno ampi. Tra i vari indirizzi liceali quello scientifico è l’indirizzo in cui viene dedicata maggior attenzione alla matematica. In esso i contenuti relativi al concetto di funzione, sviluppati nei vari anni sono i seguenti: - 1° classe, relazioni in termini insiemistici - 3° classe, funzioni lineari e quadratiche - 4° classe, funzioni trigonometriche, logaritmiche ed esponenziali - 5° classe, studio di funzioni, limiti, derivate ed integrali. Analisi delle competenze relative al concetto di funzione Essendo il concetto di funzione un oggetto matematico astratto, l’insegnante può verificarne la sua acquisizione soltanto mediante la verifica dell’applicazione di competenze possedute dall’allievo, connesse a tale concetto. Per competenza qui si intende l’agire personale di ciascuno, basato sulle conoscenze e abilità acquisite, adeguato, in un determinato contesto, in modo soddisfacente e socialmente riconosciuto, a rispondere ad un bisogno, a risolvere un problema, a eseguire un compito, a realizzare un progetto. Non è mai un agire semplice, atomizzato, astratto, ma è sempre un agire complesso che coinvolge tutta la persona e che connette in maniera unitaria e inseparabile i saperi (conoscenze) e i saper fare (abilità), i comportamenti individuali e relazionali, gli atteggiamenti emotivi, le scelte valoriali, le motivazioni e i fini23. Dall’analisi epistemologica del concetto di funzione riportata nel capitolo precedente, relativa alla definizione di Bourbaki, si ricava che l’apprendimento del concetto di funzione si può verificare mediante l’acquisizione delle seguenti competenze: C1. Individuare il dominio e il codominio di una funzione; C2. Comprendere la corrispondenza tra valori della variabile indipendente e della variabile dipendente; C3. Comprendere e comparare la corrispondenza tra intervalli della variabile dipendente e indipendente; C4. Comprendere che tutti i valori della variabile indipendente sono in relazione con i valori della variabile dipendente; 23 Piero Cattaneo, Anna Maria Di Falco, Calogero Virzì, Guida alla professione docente. Un contributo organico e sistematico per affrontare con consapevolezza le riforme della scuola dell'autonomia, La Tecnica della scuola, Catania 2006, par. 1,4. C5. Comprendere che il valore della variabile dipendente corrispondente a un valore della variabile indipendente è unico. Facendo riferimento all’analisi relativa ai registri di rappresentazione semiotica, alle precedenti va aggiunto il seguente elenco di competenze: C6. Comprendere24 e produrre la rappresentazione grafica di una funzione; C7. Comprendere e produrre la rappresentazione analitica di una funzione; C8. Comprendere e produrre la rappresentazione insiemistica di una funzione (per insiemi non ordinati) C9. Comprendere e produrre la rappresentazione tabulare di una funzione C10. Comprendere e produrre la rappresentazione linguistica di una funzione C11. Saper operare trattamenti in un registro di rappresentazione semiotica di una funzione C12. Saper operare conversioni di rappresentazioni di funzioni La produzione operativa di rappresentazioni di funzioni è qui contemplata nelle competenze C11 e C12; tuttavia, la competenza C12 è da considerarsi di livello superiore rispetto a C11, nella quale è richiesto di saper operare all’interno di uno stesso registro di rappresentazione semiotica. Infine, in una prospettiva di sviluppo di competenze matematiche per l’educazione e la formazione culturale del cittadino, introduciamo altre due competenze, che rendono il concetto di funzione spendibile nella partecipazione alla vita sociale: C13. Modellizzare fenomeni realistici mediante l’utilizzo di funzioni matematiche C14. Riconoscere ed interpretare modellizzazioni matematiche di fenomeni reali Poiché le competenze dei tre gruppi riguardano piani semantici differenti, esse possono combinarsi nel seguente modo: 2424 Per “comprendere” qui si intende “saper attribuire un significato” (Radford, 2006) COMPETENZE COMBINATE C1. Individuare il dominio e il codominio di una funzione C2. Comprendere la corrispondenza tra valori della variabile indipendente e della variabile dipendente C3. Comprendere e comparare la corrispondenza tra intervalli della variabile dipendente e indipendente C6. Comprendere e produrre la rappresentazione grafica di una funzione C1/6.1. Individuare il dominio (e il codominio) di una funzione grafica C2/6.1. Leggere/disegnare le coordinate dei punti del grafico C3/6.1. Leggere gli estremi e l’ampiezza degli intervalli su un grafico C3/6.2. Distinguere tra crescenza, decrescenza e costanza di un grafico C3/6.3. Individuare massimi e minimi assoluti di una funzione grafica C3/6.4. Individuare massimi e minimi relativi di una funzione grafica C3/6.5. Confrontare le differenze dei gradi di rapidità di crescita e decrescita dei tratti di curva Analisi didattica dell’utilizzo degli strumenti MBL come strumenti di mediazione semiotica L’insegnante che si propone l’uso didattico di uno strumento di mediazione semiotica deve necessariamente compiere un’analisi di tali strumenti e prendere in considerazione i punti di forza e di debolezza di tali strumenti. I punti di forza, in parte già menzionati nel primo capitolo, riguardano la possibilità di visionare in tempo reale le modellizzazioni compiute dal sensore dei fenomeni reali in rappresentazioni tabulari e grafiche e la possibilità di studiare tali rappresentazioni utilizzando le funzioni del programma, come lo zoom, la visualizzazione delle coordinate di un punto, la misura di un intervallo, l’analisi statistica, ecc…. unitamente a quanto detto, grazie al fit dei dati è altresì possibile compiere conversioni di rappresentazioni in rappresentazioni analitiche, nelle quali è lasciata allo sperimentatore la possibilità di scegliere il tipo di funzione che meglio approssima la curva visualizzata. L’ordine di introduzione di rappresentazioni semiotiche dei sensori rispecchia l’ordine cronologico che si è effettivamente verificato nella storia, così come si vede dalla’analisi storica riportata sopra, in cui si legge che le rappresentazioni tabulari e grafiche hanno preceduto la formalizzazione analitica delle funzioni. L’utilizzo di diversi tipi di sensori offre, altresì, la possibilità di contestualizzare le funzioni in diversi ambiti e studiarne le applicazioni delle varie tipologie di funzioni. In particolare, nella prospettiva dell’Embodiment Cognition, il sensore di posizione offre la possibilità di visualizzare in tempo reale grafici cinematici prodotti dal movimento del corpo degli studenti. Questo favorisce il processo di internalizzazione del concetto di moto, poiché favorisce la creazione di metafore concettuali, dando un approccio dinamico al grafico che si crea contemporaneamente al movimento del corpo. In questo modo le caratteristiche del grafico possono essere più facilmente ricondotte ad attività motorie vissute direttamente osservate sui compagni. In quest’ultimo caso, che si presenta necessariamente dovendo conciliare tempi didattici e classi numerose, siamo assicurati dal fatto che i neuroni specchio attivano processi cognitivi in chi osserva un movimento, simili a quelli attivati in chi compie direttamente l’azione. I punti di debolezza di questi strumenti riguardano i limiti sperimentali. In particolare, il software Logger Pro disegna soltanto funzioni discrete che potrebbero sembrare continue se viene utilizzata la funzione “Connect Points”. Un altro limite può essere quello che le misure non possono essere infinite: lo sperimentatore, prima di effettuare le misure, deve fissare l’intervallo di tempo nel quale vuole osservare il fenomeno; allo stesso tempo le misure della variabile dipendente devono sottostare ad un range di valori che dipendono dalle potenzialità dello strumento. Si osserva ancora che, a seconda delle grandezze che vengono studiate, i grafici cartesiani vengono visualizzati soltanto su quadranti positivi. Ad esempio, le misure del tempo sono sempre positive. Un altro esempio è costituito dalla misura dello spazio mediante un sensore di moto: il sensore può misurare soltanto le distanze di corpi di fronte ad esso e non dietro di esso. Così, mediante il sensore di posizione di possono ottenere funzioni spaziotempo soltanto nel primo quadrante, mentre le funzioni velocità-tempo e accelerazionetempo presentano anche valori negativi delle variabili indipendenti e risiedono nel primo e secondo quadrante. I punti di debolezza possono essere superati dall’insegnante facendoli emergere mediante esperimenti ad hoc che mettano in crisi le aspettative degli studenti, proponendone una riflessione alla classe e superandole mediante esempi in altri contesti o con altri strumenti. Nell’utilizzo del sensore di posizione, in particolare, bisogna tener presente che nelle funzioni cinematiche la variabile indipendente è il tempo e la variabile dipendente è lo spazio. Allora le competenze descritte sopra possono essere così contestualizzate: C1. Individuare il dominio e il codominio di una funzione C2. Comprendere la corrispondenza tra valori della variabile indipendente e della variabile dipendente C3. Comprendere e comparare la corrispondenza tra intervalli della variabile dipendente e indipendente C6. Comprendere e produrre la rappresentazione grafica di una funzione In Matematica In Fisica C1/6.1. Individuare il dominio (e il codominio) di una funzione grafica C2/6.1. Leggere/disegnare Leggere i valori di una le coordinate dei punti del variabile cinematica in grafico relazioe ai valori della variabile temporale C3/6.1. Leggere gli estremi e l’ampiezza degli intervalli su un grafico C3/6.2. Distinguere tra crescenza, decrescenza e costanza di un grafico C3/6.3. Individuare massimi e minimi assoluti di una funzione grafica C3/6.4. Individuare massimi e minimi relativi di una funzione grafica C3/6.5. Confrontare le differenze dei gradi di rapidità di crescita e decrescita dei tratti di curva Leggere spazio e tempo di partenza e arrivo, spazio percorso e tempo trascorso Distinguere tra moto di avvicinamento, moto di allontanamento e situazione di corpo fermo Individuare la distanza massima e minima assoluta rispetto alla posizione del sistema di riferimento Individuare la distanza massima e minima relativa assoluta rispetto alla posizione del sistema di riferimento Confrontare la velocità di diversi tratti di curva del moto Analisi didattica dell’utilizzo dei software Geogebra ed Excel come strumenti di mediazione semiotica Analizzate le potenzialità dei software Geogebra ed Excel ci si rende conto che essi possono costituire un valido supporto per compiere trattamenti e conversioni sulle funzioni. In particolare, Excel è più adatto a studiare funzioni per punti, può essere utilizzato per interpolare grafici per punti ottenuti sperimentalmente o per ricavare tabelle funzionali e i relativi grafici a partire dalla legge, scrivendola come “funzione” in celle di Excel che fanno riferimento ad altre celle. Con Geogebra si può ottenere il grafico di una funzione partendo dalla sua equazione, oppure, si possono costruire i grafici di rette e parabole partendo da proprietà geometriche. CAPITOLO 3 Domande di ricerca Le riflessioni sul quadro di riferimento teorico e sulle varie analisi riportate nel secondo capitolo conducono alla formulazione delle seguenti domande di ricerca: 1. Lo studio di grafici di funzioni cinematiche mediante il sensore di posizione in che modo può condurre all’apprendimento di grafici di funzione in generale? 2. L’utilizzo di diversi strumenti di mediazione semiotica, quali i software Logger Pro, GeoGebra, Excel e, più classicamente, carta e penna, che permettono di compiere trattamenti e conversioni di funzioni, in che modo possono facilitare l’apprendimento del concetto di funzione? 3. L’utilizzo di diversi sensori per la modellizzazione di fenomeni naturali in che modo può facilitare l’apprendimento del concetto di funzione? Indagine sperimentale La struttura del lavoro sperimentale è stata soggetta ad un’evoluzione nel corso dei tre anni di Dottorato, dovuta alle riflessioni sui risultati ottenuti, ad ampliamenti o aggiustamenti del quadro teorico e ad un progressivo processo di meta-cognizione sull’apprendimento del concetto di funzione che ha influenzato l’analisi epistemologica di tale concetto. Il lavoro sperimentale si può suddividere in due fasi, in cui la seconda rispetto alla prima presenta variazioni e ampliamenti sia per quanto riguarda la sequenza didattica che gli items dei test somministrati. Le sequenze didattiche sono costituite da attività che fanno uso di artefatti, durante le quali l’insegnante, in una prospettiva antropologico-culturale, ha il ruolo di mediatore culturale, di guida nella costruzione del sapere dell’allievo. Le attività didattiche sono state strutturate preventivamente, con analisi a priori, in modo da sviluppare le competenze fissate. L’utilizzo dei sensori è stato funzionale all’obiettivo che si voleva raggiungere, perciò questi strumenti, qui intesi nell’accezione di Rabardel, sono stati utilizzati in modo non usuale, rispetto al laboratorio di fisica, dal punto di vista “matematico”. Ogni fase didattica aveva come obiettivo lo sviluppo di determinate competenze, nell’ottica di un percorso unitario che portasse all’acquisizione del concetto di funzione. Naturalmente, quando si è lavorato nel contesto della Fisica, sono stati sviluppati anche contenuti inerenti a questa disciplina. Lo scopo primario delle attività didattiche era quello di permettere una costruzione di significato del concetto di funzione in relazione al processo di modellizzazione di fenomeni reali, per comprendere ed interiorizzare la definizione formale, conoscere le rappresentazioni semiotiche di tale concetto e saperne operare trattamenti conversioni. Prima fase sperimentale La prima fase sperimentale è stata caratterizzata dall’idea di introdurre il concetto di funzione mediante un approccio di tipo grafico-cinematico che facesse uso di un sensore di posizione. Inoltre, si è visto come, al di là dell’ambito matematico, le competenze sulla comprensione e produzione di grafici fossero spendibili nelle scienze applicate. La teoria Douvaliana, secondo cui l’apprendimento del concetto di funzione può avvenire solo attraverso l’apprendimento delle sue rappresentazioni e la capacità di operare trattamenti e conversioni di esse, era già stata tenuta in considerazione in questa fase iniziale. Tuttavia ci si è concentrati principalmente sulla rappresentazione grafica, supportata da quella tabulare, per studiare modalità ed effetti dell’apprendimento sensomotorio di tale concetto nel particolare contesto cinematico; anche se non sono mancati, in alcuni casi, gli accenni alle rappresentazioni analitiche dei moti rettilinei uniformi e uniformemente accelerati. Il ruolo sell’insegnate è stato quello di mediatore culturale nell’utilizzo di uno strumento di mediazione semiotica quale il sensore di posizione. I risultati delle prime ricerche sono stati pubblicati nei seguenti articoli, posti in allegato alla presente tesi: - Lo Cicero M. L. & Spagnolo F., (2009). Sensor motion: a learning tool for reading function graphs. Quaderni di Ricerca in Didattica, Palermo, ISSN: 1592-5137. Quaderno n.19, supplemento n.4. The 11th International Congress on Mathematical Education. Topic Study Group 24: Research on classroom practice. Selected papers. July 6 – 13, 2008, Monterrey, Mexico. (ALLEGATO 1) - Lo Cicero M. L. & Spagnolo F., 2009. The use of motion sensor can lead the students to understanding the Cartesian graph. CERME-6 (Sixth Conference of European Research in Mathematics Education). 28 Gennaio – 1 Febbraio 2009. Lyon, Francia. (ALLEGATO 2) - Lo Cicero M. L. & Rallo F., (2009). Grafici di funzione nella Scuola Primaria. Quaderni di Ricerca in Didattica, Palermo, ISSN: 1592-5137. Vol. 19, pp. 298-344. - Lo Cicero M. L. (2008). Understanding a Cartesian graph using the motion sensor. ACTA DIDACTICA. Nitre, Slovakia. ISSN: 1337-0073. Vol. 4, pp. 129-137. - Lo Cicero M. L. (2008) The Acquisition of the concept of function and of its representation, YESS-4 (Fourth Yerme Summer School) – (YERME: Young European Researchers in Mathematics Education), Trabzon, Turchia. Di seguito vengono elencate le sperimentazioni che hanno caratterizzato questa la prima fase: 1. Maggio 2007 (5 ore), 5° Scuola Primaria (16 alunni di 10 anni), classe V A del Circolo Didattico G. Rodari, Villabate (PA), Italia; 2. Dicembre 2007 (6 ore), 4° Liceo Classico (17 anni), classe II F del Liceo Classico F. Scaduto, Bagheria (PA), Italia; 3. Marzo-Aprile 2008 (9 ore), 4° Scuola Primaria (9 anni), classe IV A del Circolo Didattico F. P. Perez, Palermo, Italia; 4. Aprile-Maggio 2008 (8 ore), 2° Istituto Tecnico Commerciale (15 anni), corso PON dell’ITC Jacopo del Duca, Cefalù (PA), Italia. L’ipotesi che ha guidato la prima parte della ricerca è la seguente: Il sensore di moto è uno strumento di apprendimento per la lettura, comprensione ed interpretazione di grafici cinematici. Essa è supportata dai diversi lavori disponibili in letteratura sull’utilizzo degli strumenti MBL ed, in particolare, sull’uso didattico del sensore di movimento. Nella prima fase è stata analizzata l’acquisizione di competenze sul concetto di funzione relative alla rappresentazione grafica, descritte nel capitolo precedente. Tali competenze, sviluppate in campo cinematico, sono state sviluppate, tutte o in parte, anche in contesti non cinematici. I risultati di queste sperimentazioni sono mostrati nel capitolo successivo. Le attività didattiche che hanno caratterizzato la prima fase sperimentale, sia della Scuola Primaria che Secondaria, sono le seguenti: Prima fase: - Individuazione delle grandezze cinematiche ed esplicitazione dei modelli spontanei posseduti dagli allievi sul concetto di moto, dovuti all’esperienza di vita comune e alle conoscenze scolastiche; - Osservazione, rilevazione dati (intervallo spaziale e temporale), analisi e discussione del moto di una palla, con utilizzo di una fettuccia metrica, di un cronometro; - Visione e comprensione del funzionamento del sensore di movimento. Osservazione di un grafico prodotto dal moto rettilineo di un bambino. - Predizione, lettura e riproduzione di grafici e tabelle rappresentanti moti rettilinei di alunni del tipo: • camminata di allontanamento dal sensore; • camminata di avvicinamento al sensore; • corpo fermo davanti al sensore; Seconda fase: - Predizione, lettura e riproduzione di grafici e tabelle rappresentanti moti rettilinei di alunni di allontanamento e avvicinamento rispetto al sensore; - Osservazioni sui tratti di maggiore e minore velocità. Alle fasi sopra descritte, nel caso della Scuola Secondaria Superiore, sono state aggiunte le seguenti fasi: - Studio della velocità media - Studio del grafico velocità-tempo - Studio del grafico e dell’equazione di un moto rettilineo uniforme ottenuto dal movimento di un carrello su una guida metallica orizzontale a basso attrito - Studio del grafico e dell’equazione di un moto rettilineo uniformemente accelerato, ottenuto dal movimento di un carrello su una guida metallica obliqua a basso attrito Seconda fase sperimentale Durante la seconda fase sperimentale si è cercato di sviluppare tutte le competenze legate al concetto di funzione descritte nel capitolo precedente. Si è posta particolare attenzione a sviluppare attività didattiche per la comprensione del concetto di funzione in termini di esistenza e unicità. Inoltre, sono stati particolarmente curate le conversioni da un registro di rappresentazione all’altro e lo svolgimento di esercizio applicativi del concetto di funzione in termini di modellizzazione. Le attività sperimentali, della durata di 15 ore circa, sono state svolte tutte nella scuola secondaria superiore, nelle seguenti classi: 1. 2009, 3° classe di Liceo Scientifico (16 anni), classi 3°A e 3°B, Liceo Scientifico S. Giuseppe Jato (PA) 2. 2009, corso PON su 3°- 4° classe di Liceo Classico (16-17 anni), Liceo Mandralisca, Cefalù, (PA) 3. 2009, corso PON su 3° classe Istituto tecnico Commerciale (16 anni), Jacopo Del Duca, Cefalù, (PA) Parziali risultati di queste ricerche possono essere ritrovati nel seguente articolo: - Lo Cicero M. L. & Spagnolo F., 2009. A kinematics approach to the function concept within technological environments. Quaderni di Ricerca in Didattica, Palermo, ISSN: 1592-5137. Quaderno n.19, supplemento n.2. Proceedings CIEAEM 61 – Montréal, Canada, July 26-31, 2009 (ALLEGATO 3) Gli strumenti utilizzati sono i seguenti: - Computer - Video Proiettore e Power Point - Software Logger Pro - Excel - Software Geogebra - Un carrello a basso attrito - Un piano sul quale fare scorrere il carrello - Sensore di posizione - Sensore di pressione - Sensore di temperatura - Lavagna Le conoscenze sviluppate sono le seguenti: - Concetto di funzione - Rappresentazioni semiotiche delle funzioni lineari, quadratiche, di inversa proporzionalità ed esponenziali - Moto vario dei corpi, moto rettilineo uniforme e uniformemente accelerato - La legge di Boyle - La variazione di temperatura di corpi Le fasi dell’attività didattica sono le seguenti: - Somministrazione di un pre-test - Fase 1: Le funzioni nel piano cartesiano 1. Relazione tra grafico nel piano Cartesiano e dati in tabella. Studio di relazioni tra variabili cinematiche, lettura delle coordinate nel piano Cartesiano, lettura di estremi e ampiezze di intervalli, mediante lo studio di: moti di allontanamento, moti di avvicinamento e situazione di corpo fermo. 2. Cambiamento di scala in un grafico Cartesiano 3. Previsione e studio di un grafico di allontanamento-avvicinamento. Lettura di punti di massimo o minimo e confronto tra le rapidità di crescenza o decrescenza. 4. Previsione e studio del caso <uno studente in 5 secondi sta, per un certo intervallo di tempo, davanti al sensore, poi si sposta dalla direzione del sensore e in fine ritorna dinanzi al sensore> 5. Gli studenti forniscono le indicazioni al compagno affiche il grafico del suo moto si possa “sovrapporre” a quello disegnato dall’insegnante sul piano cartesiano. In questa fase viene proposto anche di riprodurre un grafico in cui i valori dello spazio corrispondenti a quelli del tempo non sono “unici” 6. Confronto tra il grafico posizione-tempo e il grafico velocità-tempo 7. Formalizzazione del concetto di funzione - Fase 2: Funzioni lineari e quadratiche con il sensore di posizione, Excel, Geogebra, carta e penna 2. Previsione e studio del grafico del moto rettilineo uniforme. Studio della sua rappresentazione analitica. Relazione tra il grafico posizione-tempo e il grafico velocità tempo. Equazione canonica della retta e del moto rettilineo uniforme. 3. Conversioni di rappresentazione della funzione lineare, mediante il foglio di calcolo Excel, GeoGebra, carta e penna. 4. Risoluzione di esercizi applicati alla cinematica e all’economia utilizzando le rappresentazioni della funzione lineare. 5. Previsione e studio del grafico del moto rettilineo uniformemente accelerato. Studio della sua rappresentazione analitica. Relazione tra il grafico posizione-tempo, grafico velocità tempo e grafico accelerazione-tempo. Equazione canonica della parabola e del moto rettilineo uniformemente accelerato. 6. Conversioni di rappresentazione della funzione quadratica, mediante il foglio di calcolo Excel, GeoGebra, carta e penna. 7. Studio delle differenze tra dipendenza lineare e quadratica mediante il caso I sacchi di Galileo” 8. Riflessione sulle rappresentazioni semiotiche del concetto di funzione - Fase 3: Altre funzioni 1. Studio della legge di Boyle mediante il sensore di pressione. 2. Equazione e grafico di un’iperbole equilatera riferita agli asintoti. Inversa proporzionalità 3. Disegnare un’iperbole generica con GeoGebra utilizzando le funzioni apposite e ricavarne l’equazione 4. Studio di fenomeni di variazione di temperatura nei corpi mediante il sensore di temperatura e cenni alla funzione esponenziale - Somministrazione di un post-test CAPITOLO 4 Analisi qualitativa delle sperimentazioni In questo capitolo viene riportata l’analisi qualitativa di una parte delle sperimentazioni, alcune volte supportata da allegato audio-video. Sperimentazione 4° classe Scuola Primaria, Perez Questa sperimentazione è stata svolta dalla tirocinante Fiorella Rallo, nell’ambito della sua tesi in Scienze della Formazione Primaria presso l’Università di Palermo. Il primo intervento ha avuto inizio chiedendo agli allievi cosa significasse per loro il termine “movimento”. Ognuno ha cercato di rispondere oralmente con parole proprie o rifacendosi ad un esempio. La maggior parte degli alunni ha risposto: “Quando qualcosa si muove”, oppure “La macchina che cammina” e solamente un bambino ha associato al movimento la parola velocità. Rievocando nella loro mente la gara delle automobili di Formula 1, sono state elencate le grandezze cinematiche: - le macchine si muovono sulla strada e quindi dentro uno spazio; - solo una di esse può vincere perché impiega meno tempo per raggiungere il traguardo; - una sola automobile possiede maggiore velocità rispetto alle altre; - una macchina può andare meno veloce e poi più velocemente a seconda della sua accelerazione. Successivamente è stato chiesto agli studenti come si misura lo spazio ed il tempo. Tutti hanno risposto che occorre il metro per misurare lo spazio. Per quanto riguarda il tempo, molti di loro hanno risposto l’orologio e solamente dopo che si è chiesto quale strumento misura il tempo in modo preciso calcolando minuti, secondi e millesimi, due allievi hanno risposto il cronometro. Successivamente è stata distribuita una scheda a supporto della prima attività (ALLEGATO n.4). Sono state attaccate sul pavimento strisce di nastro rosso poste alla distanza di 20 cm per una lunghezza complessiva di 3 metri ed un bambino ha fatto un’osservazione dicendo che il nastro adesivo si sarebbe potuto posizionare alla distanza di 50 cm. Si è fatta scivolare una palla lungo la striscia per due volte, la seconda con velocità maggiore rispetto alla prima. Si è chiesto agli allievi di osservare tale fenomeno, di schematizzarlo sulla scheda guida e di spiegare quali grandezze si potevano studiare. La maggior parte di essi ha risposto: spazio e tempo. Dopo aver fatto ciò, si è chiesto agli allievi di disegnare una tabella in cui ad ogni lancio si facesse corrispondere lo spazio percorso e il tempo trascorso. Si è passati dunque alla fase delle misure. Un bambino lanciava la palla lungo la striscia rossa, un bambino la fermava a 3 metri e un altro cronometrava il tempo che la palla impiegava per percorrere lo spazio. L’esperimento è stato ripetuto tre volte con alunni diversi. Sono stati ottenuti i seguenti risultati: SPAZIO TEMPO 1° lancio 3 metri 1,42 secondi 2° lancio 3 metri 4,35 secondi 3° lancio 3 metri 1, 94 secondi Successivamente, si è chiesto agli alunni di esprimere le loro opinioni in merito ai 3 lanci effettuati. In particolare, un’alunna ha dichiarato che: Il tempo non è uguale e lo spazio sì, mentre un’altra ha sottolineato che: È così in base al movimento e alla velocità. Quindi è stato introdotto il sensore di movimento per studiare il moto della palla, ottenendo il seguente grafico: Il gruppo classe non era a conoscenza di cosa fosse un grafico cartesiano, dunque è stato spiegato che esso è costituito da due assi, l’asse delle ascisse e l’asse delle ordinate. Si è cercato di focalizzare l’attenzione degli studenti sulle grandezze rappresentate nel grafico. Pochi di loro hanno risposto correttamente, spiegando che lo spazio viene riportato sull’asse verticale e il tempo sull’asse orizzontale. Gli alunni si sono chiesti cosa potesse essere “la linea rossa”. Osservando la produzione in tempo reale di atri grafici gli alunni hanno notato che questa linea rossa cresceva o decresceva, ma avendo effettuato i movimenti in maniera casuale, non capivano secondo quale criterio la linea potesse cambiare l’andamento. Successivamente, gli allievi sono stati lasciati liberi di comprendere il funzionamento del sensore e di sperimentare in modo diretto. Una bambina ha osservato che allontanando la mano dal sensore la linea del grafico “saliva” e quando la avvicinava la linea “scendeva”. Hanno anche osservato che quando il corpo rimane fermo la linea è dritta. Per fare notare agli alunni che tale osservazione era corretta, sono stati prodotti grafici allontanato ed avvicinato il sensore dal pavimento, facendo rilevare che l’andamento del grafico era lo stesso e che quindi nonostante cambiasse il corpo in movimento rispetto al sensore, cioè prima la mano e poi il pavimento, il risultato rimaneva invariato. Per avvalorare la tesi che l’andamento della linea non cambiava, anche se il corpo era diverso, due allievi hanno ripetuto l’esperimento della palla con il sensore facendola allontanare ed avvicinare da esso. Ogni alunno ha messo per iscritto le osservazioni in merito all’esperimento sul sensore. La maggior parte degli allievi hanno scritto che era presente un grafico e una tabella, tale che quando la linea scende l’oggetto si avvicina e quando la linea sale l’oggetto si allontana (si veda Lakoff & Núñez). A tal proposito, si è ritenuto opportuno ridefinire i termini da loro formulati, introducendo i concetti di crescita, decrescita e costanza. È stato chiesto agli alunni di esprimere la propria opinione su come potesse funzionare lo strumento e come esso potesse percepire il movimento. Le ipotesi formulate dagli alunni sono state varie: alcuni hanno detto che funzionava ad infrarossi, altri che lavora perché collegato al computer. Una bambina ha affermato che il sensore emetteva lo spazio dell’aria. È stato spiegato che il sensore ha un funzionamento analogo a quello dei radar che si trovano sulle navi. Esso emette ultrasuoni che se trovano un ostacolo rimbalzano e la misura della distanza viene fatta in relazione al tempo impiegato dall’ultrasuono a tornare indietro. Si è passati alla seconda attività, ovvero allo studio della camminata di solo allontanamento dal sensore. Ognuno ha disegnato la propria previsione, che nella maggior parte dei casi si è rivelata errata, nonostante la verbalizzazione dell’attività precedente. L’esperimento è stato ripetuto per tre volte con tre alunni diversi, per sottolineare il fatto che anche se il soggetto cambia l’andamento del grafico rimane lo stesso, cioè crescente. Gli alunni hanno risposto alle seguenti domande: Alcuni studenti hanno notato che in uno dei tre esperimenti un compagno, essendosi mosso più lentamente, ha generato una linea meno ripida e quindi hanno dedotto che il grado di pendenza della linea variava a seconda della velocità del movimento del compagno. Successivamente, gli allievi hanno disegnato sulla loro scheda il grafico che osservavano al computer e nella parte sottostante dovevano scrivere se vi erano differenze tra il grafico previsto precedentemente e quello effettivamente ottenuto. Molti allievi hanno risposto sinteticamente che le differenze tra i due grafici erano molte. Da ciò si deduce che non erano pienamente consapevoli di quanto osservato. Un bambino ha scritto: Mentre, una bambina che aveva disegnato l’andamento corretto, ha risposto: Dunque questa alunna ha messo a confronto la pendenza dei due grafici. Per la terza attività, cioè la camminata di avvicinamento al sensore, gli alunni hanno disegnato la loro previsione che, al contrario dell’esperimento precedente, nella maggior parte dei casi è risultata corretta. Successivamente alcuni di loro hanno effettuato l’esperimento. Tutti hanno osservato che la linea riportata sul grafico decresceva. Prendendo in considerazione un grafico gli alunni hanno risposto alle stesse domande dell’attività precedente: Si è chiesto agli allievi di riportare sulla scheda il grafico osservato. Per fare ciò l’insegnante ha suggerito di utilizzare un righello, al fine di ottenere una riproduzione del grafico più fedele possibile e far confrontare gli allievi con l’unità di misura. È stato richiesto di commentare eventuali differenze tra il grafico previsto e quello osservato. La maggior parte della classe ha scritto che non vi erano differenze e ciò avvalora l’ipotesi che gli alunni avevano in parte acquisito il concetto di grafico che cresce e decresce. La quarta attività consisteva nel posizionare davanti il sensore un corpo fermo. Si è chiesto agli allievi di formulare le loro previsioni. Successivamente qualcuno di loro si è posizionato fermo davanti al sensore. Gli allievi, come avevano ben previsto, hanno osservato che la linea era orizzontale, però alcuni di loro si sono chiesti perché alcune volte la linea era più bassa e altre volte era più alta. In riferimento a ciò, si evidenzia che nel gruppo classe il grafico viene visualizzato in termini di altezza. Facendo ripetere l’esperimento a due allievi, si è fatto notare che se il compagno si fosse posizionato più lontano rispetto al sensore la linea sarebbe stata rappresentata nella parte più alta del grafico, perché c’era maggiore spazio tra il corpo del compagno e lo strumento; viceversa, se il compagno si fosse collocato più vicino al sensore, la linea sarebbe stata più bassa, perché c’è meno spazio tra il soggetto e lo strumento. Una bambina ha notato che nonostante cambiasse la distanza dallo strumento la linea tracciata era sempre dritta, nel senso di orizzontale. Prendendo in esame uno dei grafici risultanti dall’esperimento, gli allievi hanno risposto alle stesse domande degli esercizi precedenti relativi allo spazio e al tempo. Infine, gli studenti hanno riportato sulla scheda il grafico osservato, hanno scritto le differenze tra le loro previsioni ed esso. La maggior parte affermato che non vi erano differenze, ad eccezione di qualcuno che ha precisato che la differenza consisteva nelle distanze del corpo rispetto al sensore. Si è così conclusa la prima lezione laboratoriale. Durante il secondo intervento didattico è stata effettuata la camminata di allontanamento e avvicinamento davanti al sensore, mettendo maggiormente in evidenza la differenza di velocità nei vari tratti. Si è chiesto agli allievi di tracciare il grafico di previsione. Successivamente, è stato effettuato l’esperimento in cui una bambina si è mossa allontanandosi e avvicinandosi dallo strumento. La stessa bambina ha chiesto cosa sarebbe accaduto se a un tratto lei si fosse fermata. È stato verificato che si sarebbe visualizzata una linea orizzontale, in accordo con le previsioni fatte. Riteniamo che la bambina abbia posto questa domanda non perché non avesse assimilato quanto studiato precedentemente, ma perché aveva difficoltà a connettere le conoscenze acquisite, trattandosi in questo caso di moto misto. Successivamente si è fatto ripetere l’esperimento ad altri bambini, chiedendo di allontanarsi e avvicinarsi dal sensore con velocità diverse. Durante l’esecuzione dell’esperimento si è fatto notare che nei momenti in cui il compagno si muoveva con velocità maggiore la linea sul grafico aveva maggiore pendenza. L’intervallo di tempo era minore, proprio perché era più veloce nel compiere il movimento. Prendendo in esame un esperimento effettuato da un bambino davanti al sensore, gli alunni hanno osservato ogni tratto di allontanamento e avvicinamento, per un totale di 3 allontanamenti e di 3 avvicinamenti. Per ognuno di essi hanno riportato il tempo iniziale, lo spazio iniziale, il tempo finale, lo spazio finale, il tempo impiegato e lo spazio percorso. Successivamente hanno riportato sulla scheda il grafico osservato. Dopo, hanno scritto se vi erano differenze con quello previsto e la maggior parte degli allievi ha risposto che non vi erano differenze tra i due grafici, mentre alcuni hanno precisato che c’erano alcune differenze relative alla velocità della camminata. Di seguito, gli alunni hanno risposto alle seguenti domande: Queste domande hanno guidato gli alunni nella lettura del grafico e hanno permesso loro di capire che la velocità maggiore era osservabile prendendo in considerazione la maggiore pendenza o il minor tempo impiegato per effettuare il movimento. In quest’ultima attività, gli alunni non hanno mostrato difficoltà nel capire che l’andamento del grafico sarebbe stato rappresentato da una linea che cresceva e decresceva. Piuttosto, hanno avuto qualche perplessità iniziale nel comprendere la velocità espressa nel grafico tramite la pendenza o il minor tempo trascorso. Dopo i vari esempi, gli allievi hanno capito in quali tratti la velocità era maggiore usando nella maggioranza dei casi il concetto di pendenza. Si è notato anche come gli studenti al concetto di velocità maggiore associassero solamente la distanza massima raggiunta, indicandola tramite l’espressione “il punto più alto del grafico”. Sperimentazione 3° classe Liceo Scientifico, San Giuseppe Jato; 4° Liceo Classico, Scaduto Durante questa sperimentazione le attività didattiche sono state divise in sei fasi, di seguito sono riportati i protocolli più significativi. È stato analizzato il passaggio da una percezione sensoriale di un fenomeno reale ad un registro semiotico e codificato prestando attenzione a parole [p], gesti [g] ed iscrizioni [i], come indicato dalla metodologia dell’APC-space. Le fasi didattiche sono le seguenti: 1. Comprendere la corrispondenza tra valori delle variabile indipendente e dipendente In questa fase gli studenti sono portati a compiere una riflessione sulle variabili studiate con il sensore di posizione. Osservano e calcolano spazio e tempo di partenza ed arrivo, spazio percorso e tempo trascorso. Classe: 3 A – Moto di allontanamento (5 secondi): Un alunno (Gabriele) si allontana dal sensore per 3 secondi circa per poi sostare di fronte allo stesso per 2 secondi circa. Insegnante: Cosa indica questo grafico? [p] Studenti: Accelerazione, velocità, spazio, movimento [p] Miriana: Metri percorsi rispetto ai secondi. [p] Insegnante: Leggi i nomi degli assi! L'asse orizzontale rappresenta il tempo in secondi; l'asse verticale rappresenta la posizione in metri. [p] Ferdinando ripete ciò che ha detto l'insegnante, mimando gli assi con le mani. [p] [g] Insegnante: Come interpretiamo il fatto che la linea parte da lì? (indicando il primo punto del grafico) [p] [g] Diego: Gabriele non era completamente fermo, ma si stava muovendo leggermente. Allora,, il primo movimento ha portato la linea in alto. Poi lui si è mosso a velocità costante. (ha mimato la linea del grafico ed il movimento di Gabriele) [p] [g] Insegnante: Avete altre interpretazioni del grafico? [p] Gli studenti sembrano non avere chiaro il collegamento tra movimento e grafico, così l'insegnante permette loro di ripetere l'esperimento. Diego: Devo aggiustare qualcosa: la linea sul grafico comincia da quel punto perché Gabriele ha fatto il primo passo. Poi lui si è mosso in parallelo al tempo e allo spazio, così ha fatto una linea diritta. Dopo, lui era fermo mentre il tempo finiva. (ha mimato la linea del grafico e gli assi) [s] [g] Ferdinando: Per fare iniziare il grafico dal punto zero abbiamo bisogno di cominciare la misurazione quando il corpo è ancora fermo. Miriana: No! Il primo punto rappresenta il punto di inizio. Insegnante: Il grafico potrebbe cominciare da zero? Miriana: No, non può. La distanza minima è 15 cm. (l'insegnante aveva spiegato che per il corretto funzionamento del sensore, la distanza minima dall'o strumento è 15 cm). Alcuni studenti affermano che ancora non hanno capito l'interpretazione del grafico. L'insegnante permette loro di fare un esperimento in più: un moto di avvicinamento verso il sensore. Ma prima che lei chiede a fare una predizione del grafico e come sarà la linea quando il corpo ancora è. La maggior parte della classe fa una predizione, supportata da gesti, e questa risulta corretta. Durante l'avvicinamento al sensore, lo studente si ferma tre volte. Così gli studenti visualizzano il nuovo grafico e trovano la corrispondenza tra la condizione di corpo immobile e la linea piatta. Diego: Io mi aspettavo che il grafico avrebbe disegnato una linea dall'angolo in alto a destra verso quello inferiore di sinistra. Filippo: Lui parte da quattro metri di distanza ed il tempo va avanti. Ferdinando: Il grafico è sempre disegnato da sinistra verso destra. Alcuni studenti hanno ancora difficoltà a riconoscere i punti di partenza e di fine. Alcuni di loro riconoscono le posizioni finali solamente perché è indicato in un box in basso a sinistra dello schermo. L'insegnante mostra i collegamenti tra la tavola delle misurazioni ed il grafico. Un'analisi diacronica di questa lezione mostra che la comprensione della corrispondenza tra valori di variabile indipendente e dipendente sta migliorando con l'uso progressivo del sensore. 2. Comprendere che tutti i valori di variabile indipendente sono correlati ai valori di variabile dipendente. Classe: 3 A - Un alunno (Diego) sta per un breve intervallo di tempo di fronte al sensore, poi si allontana dalla direzione del sensore, cammina lungo una direzione parallela e infine torna di nuovo di fronte al sensore, fermandosi (5 secondi.). L'insegnante chiede di fare una predizione del grafico sulla lavagna, per avere un altro insieme semiotico di comunicazione. Le più significative predizioni sono: Diego: Francesco: Ferdinando: [i] [i] [i] Diego: La prima e terza Francesco: entrambe le Ferdinando: Otteniamo linea piatta rappresentano linee piatte rappresentano il questa predizione se il il corpo in movimento. corpo. In mezzo c’è corpo ritorna nello stesso La seconda linea piatta qualcosa. punto. Alcuni studenti sono Filippo: Nel tratto Francesco: Nello tratto d'accordo con la predizione intermedio il corpo non intermedio il tempo di Diego cammina, quindi quello è continua a scorrere e lì ci impossibile! deve essere una linea! rappresenta la scrivania di fronte al sensore. Diego esegue l'esperimento, verifica che la sua predizione era corretta e commenta il grafico ai compagni di classe, comparandolo col suo proprio movimento. L'insegnante indica che le linee che Diego aveva predetto come verticali, in realtà sono un poco oblique e sono dovute all’opzione "Connect Points" Questo ci porta alla prossima fase. Francesco capisce che ad ogni valore della variabile tempo corrispondono valori della variabile posizione, ma la sua predizione non è del tutto esatta. Le predizioni di Ferdinando e di Francesco sono dovute ad errate interpretazioni della variabile dipendente. Secondo essi, la variabile dipendente rappresenta la "posizione del corpo in movimento" invece della "posizione del corpo più vicino di fronte al sensore". L'insegnante ha dovuto quindi chiarire il significato della variabile dipendente quale "posizione del corpo più vicino di fronte al sensore." Perciò in teoria sarebbe impossibile avere parti di spazio vuoto sul grafico. In effetti, per limiti dello strumento, noi potremmo ottenerlo se dirigessimo il sensore verso corpi molto lontani, con una distanza maggiore delle dimensioni dell’aula. Quindi, se usiamo il sensore con le distanze di un’aula, avremo sempre grafici di funzione. 3. Capire che il valore di variabile dipendente corrispondente ad un valore di variabile indipendente è UNICO. Classe: 3 B. L'insegnante disegna un grafico sul piano Cartesiano del Logger Pro attraverso la funzione “Predizione del disegno”. Non è un grafico di funzione. Insegnante: È possibile ottenere questo grafico dal moto di un corpo? S t Domenico: No! Lo stesso secondo è ripetuto due volte! Domenica: Non si possono ottenere due posizioni allo stesso secondo. Queste corrette osservazioni hanno una giustificazione di fisica e conducono alla comprensione del concetto di funzione. 4. Capire e comparare la corrispondenza tra intervalli di variabile indipendente e dipendente In questo fase gli studenti consolidano la prima fase. Inoltre leggono la distanza massima e minima raggiunte rispetto al sensore. Notano che la pendenza di ogni tratto di curva è dipeso dalla velocità corrispondente dello studente. Studiano la relazione tra intervalli spaziali ed intervalli temporali di tratti di una curva e li paragonano. Gli studenti hanno anche calcolato le velocità medie e le hanno comparate con le pendenze dei tratti della curva e coi grafici di velocità-tempo. Classe: 4 I. Movimento di allontanamento ed avvicinamento di un alunno (Diego) rsipetto al sensore per tre volte (15 secondi). (ALLEGATO 4) Insegnante: In quale tratto di curva vi è la velocità maggiore? Diego: Nell'ultimo! Lo dico perché ho appena accelerato. [p]. Diego sta facendo riferimento alla sua esperienza sensoriale (embodiment) Diego: Qui (indicando il grafico con un gesto per indicare un intervallo) il tempo trascorso è più corto. [p] [g] Maria: L'ultima parte è più inclinata (simula la pendenza della curva con la sua mano). [p] [g] Diego e Maria pongono la loro attenzione verso aspetti diversi dello stesso fenomeno: l'intervallo di tempo e l'inclinazione della curva, rispettivamente. 5. Analisi conclusive e conversioni delle rappresentazioni di funzioni lineari e quadratiche. In questo fase gli alunni studiano tutti i sistemi semiotici codificati di moti rettilinei uniformi e moti uniformemente accelerati di un treno sui binari. La rappresentazione analitica è ottenuta attraverso il fit dei dati. Gli studenti sono coinvolti in attività di analisi e conversione di questo tipo di funzione, usando vari strumenti: Excel, Derive, carta e penna. Inoltre in questa fase essi hanno studiato problemi di modellizzazione di situazioni realistiche. Gli studenti studiano anche l'interpretazione fisica dei coefficienti di queste funzioni. 6. Istituzionalizzazione del concetto di funzione e modellizzazione di fenomeni realistici partendo da rappresentazioni di funzione. In questa fase l'insegnante dà la definizione formale di funzione, offerta da Bourbaki. In un primo momento lei lo collega agli esempi studiati in cinematica. Gli alunni studiano funzioni in contesti matematici e della vita reale. Sperimentazione 3° - 4 ° Liceo Classico, Mandralisca Le lezioni sono state svolte in una classe formata da studenti di terzo e quarto anno di liceo classico, durante un corso pomeridiano rivolto ad eccellenze. Pertanto, soltanto gli studenti di quarto anno possedevano nozioni di cinematica e geometria analitica. I protocolli fanno riferimento agli allegati n° 6, 7, 8 e 9. L’insegnante ha introdotto la lezione spiegando che si sarebbe fatto uso di un sensore di posizione (Go!Motion) e che esso si utilizza in fisica per studiare il moto di corpi. Ha inoltre spiegato che tale sensore trasmette le misure ad un computer, mediante il software LoggerPro. È stato affidato ad uno studente (Marco) l’utilizzo delle funzioni base di tale software, riguardanti l’avvio di una misura e il salvataggio di un file, in seguito ad una opportuna spiegazione. Una studentessa (Martina) si è offerta volontaria per lo studio del moto del proprio corpo dinanzi il sensore. Insegnante: Adesso Martina si muoverà davanti il sensore di posizione. (Rivolgendosi verso Martina) Stai attenta a muoverti lungo la direzione del sensore perché il sensore ti vede solo se ti muovi lungo la sua direzione (gesto per indicare la direzione) (Martina ripete il gesto della direzione) Insegnante: Avvicinati qua, girati e ti muoverai verso il muro quando ti darà lui (Marco) il “via” Marco: Sei pronta? Martina: Sì Marco: Via! Sul muro viene visualizzato il seguente grafico: Francesco: “guarda”! (in dialetto) Marco: Lo devo salvare? Ins. Sì, salvalo… guardiamo il grafico… Cominciamo ad interpretare questo grafico. Quali sono le variabili rappresentate in questo grafico? Guardate soltanto il grafico sopra, quello sotto per ora non lo guardate. Quali sono le variabili? Francesco: spazio, tempo Marco: Il tempo e lo spazio Ins. Precisamente, c’è scritto spazio?!? Oppure, cosa c’è scritto? Paola: Posizione Ins.: Posizione. Allora, cosa indica questo grafico, secondo voi? Martina: La posizione nel tempo Gloria: Il cambiamento di posizione nel tempo Ins.: (ripete) Il cambiamento di posizione nel tempo Francesco: velocità! Ins.: un attimo, intanto la posizione. Il grafico di velocità è quello sotto, ma noi per ora non lo guardiamo, lo mettiamo giù da parte. Sul muro viene visualizzato il seguente grafico: Ins.: Allora, visto che questo grafico ci dà la posizione di Martina nel tempo, possiamo cominciare a dire da quale posizione è partita Martina? Marco: Dalla posizione 1 Ins.: Come l’hai visto? Marco: Perché c’è scritto “1” lì! Ins.: L’hai visto dal grafico? Marco: Sì Davide: All’istante “0” la posizione è 1 Ins.: Sì. Invece la posizione finale …. Marco: cinq …. 3! 3 e qualcosa. Angela: All’istante 5 la posizione è 3. Ins.: È chiaro per tutti? Studenti: Sì. Sì Ins.: Me lo fai rivedere sul grafico al muro? Marco: Il punto materiale parte all’istante 0 dallo spazio 1 Antonella: posizione Marco: … posizione 1. Invece arriva all’istante 5, tempo 5, al punto della posizione 3 Gloria: Ma già all’istante 3 è a 3 Ins.: Che significa che era già arrivata all’istante 3 Gloria: Che era ferma Ins. Infatti, vi ricordate cosa è successo? Martina ha camminato verso il muro e poi… Tutti: si è fermata! Davide: Se tornava indietro il grafico scendeva? Francesco: Scendeva! Davide: Secondo me sì! Ins. Vediamo se effettivamente è così. Facciamo questa prova: sei lì e torni indietro. Facciamo così? Davide: No, facciamo che va avanti e indietro! Marco: Se è lì (vicino il muro), parte da là (indica il punto più in alto nel grafico) e scende (simula il la mano la produzione del grafico, ma lo fa da destra verso sinistra) Davide: Però Martina, hai 5 secondi! Angela: Veloce! Davide: Non arrivare là sotto! Angela: Non arrivare là sotto! Martina comincia a muoversi Davide: Basta! Torna indietro Studenti: Torna indietro, torna indietro! Francesco: Sbrigati! Sbrigati! Sul muro viene visualizzato il seguente grafico: Ins.: Come aveva detto lui “scende”. Marco: Scende il grafico. Ins.: Se volessimo usare un termine più tecnico, matematico, come potremmo dire? Davide: La posizione Francesco: …va indietro …. Ins.: La posizione … Davide: … il numero associato alla posizione Francesco: …diminuisce Ins.: …diminuisce?! Davide: Si avvicina allo zero Marco: Si avvicina alla posizione iniziale Francesco: La velocità è negativa Ins. Per ora la velocità la lasciamo stare. Lui dice che il numero associato alla posizione diminuisce. Matematicamente diciamo che la posizione decresce. Da ora in poi, anziché utilizzare i termini “sale” e “scende” usiamo le parole … Tutti: “cresce” e decresce”! Ins.: E se invece rimane ferma? Marco: Costante Ins.: Quindi il grafico come viene? Tutti: Una linea orizzontale Ins.: Vediamo se in effetti è così? Tutti: Sì. Marco: Posso? Martina: Sì Marco: Ferma Riccardo: Non ti muovere Francesco: Non respirare! Sul muro viene visualizzato il seguente grafico: Davide: Tra il secondo 1 e il secondo 2 si è mossa leggermente. Ins.: Sì, si è mossa leggermente. Possiamo avere qualcosa di completamente fermo? Proviamo con … Gloria: Un libro Rosaria: Un foglio Angela: Però chi lo tiene si muove! Possiamo provare con qualcosa di veramente fermo, fermo? Studenti: Una sedia Angela: Un banco Ins.: Non la prende la sedia Un’altra soluzione non l’avete? Studenti: Il muro Ins.: Il muro! Possiamo sempre spostare il sensore. Sul muro viene visualizzato il seguente grafico: Ins.: È venuto abbastanza fermo. Rosaria: E … direi! Ins.: Però, vediamo se è vero. Davide: Come, “vediamo”? È il muro! C’è una funzione che serve per rescalare Sul muro viene visualizzato il seguente grafico: Studenti: (Espressioni di stupore) Ins.: Come lo interpretate? Davide: Ci sono delle oscillazioni … Ins.: Di che ordine di grandezza? Davide: ordine 1/104 Marco: millesimi Ins.: Non sono di millesimi ma di … Davide D.: Decimi di millesimi Ins.: Infatti se guardate sull’asse abbiamo i valori 0,5683 e 0,5685, quindi c’è una variazione di decimi di millesimi. Però, se noi non diamo la giusta attenzione alla scala, a primo impatto ci potrebbe sembrare che il corpo non è stato fermo. Quindi, abbiamo visto l’importanza della scala. Vi ricordate che nel test c’era un esercizio su questo argomento? Studenti: Sì Ins.: Vi ricordate quello del giornalista che interpretava un grafico sui furti? Qui l’insegnante fa riferimento al seguente esercizio, che era contenuto nel test che ha preceduto l’attività didattica: Un cronista televisivo ha mostrato questo grafico dicendo: «Il grafico mostra che dal 1998 al 1999 si è verificato un notevole aumento del numero di furti.» Pensi che l’affermazione del cronista sia un’interpretazione ragionevole del grafico? Spiega brevemente la tua risposta. Marco: Sì. Dal ’98 al ’99. Ins.: C’era in un anno un grande salto. Ma se si faceva caso alla scala ci si accorgeva che in realtà i furti erano pochi in un anno. Davide G.: C’era una differenza di 7 furti. Ins.: A primo impatto sembrava che ci fossero stati tanti furti in un anno. Da qui notiamo l’importanza della scala. Ins.: Adesso torniamo a studiare un moto di allontanamento-avvicinamento e cerchiamo di leggere altre cose. Poco fa voi facevate correre Martina. Ora la facciamo camminare con più calma … Davide G.: … e aumentiamo il tempo Ins.: …e aumentiamo il tempo Ins.: Martina, vai al muro e torna indietro Studenti: Puoi girarti! … Ricomincia! Vai, vai… Veloce! … Piano, piano. Piano, piano. Sul muro viene visualizzato il seguente grafico: Martina: Professoressa, ma mi posso girare, giusto? Ins.: Sì, ti puoi girare … Torniamo a leggere il grafico. Qual è la posizione di partenza? Studenti: 0,6 Ins.: Sì, 0,6. Se vogliamo possiamo leggerla in modo più preciso. Davide: La scala … Ins.: Sì, la scala, oppure … abbiamo più modi per guardarla. Sulla colonna sinistra ci sono dei valori. Sulla prima colonna c’è il tempo, sulla seconda la posizione. La posizione iniziale la trovate a 0,05 secondi. La posizione corrispondente è 0,589 che si può approssimare a “zero virgola” … Studenti: …6 Ins.: Sì, 0,6 metri. Quindi quella è la posizione di partenza. Possiamo anche usare il puntatore. Vedete questa crocetta? (cerchiata qui di rosso per il lettore), se la posizioniamo su un punto dà le coordinate in basso (cerchiate qui in rosso per il lettore). Le leggete? Ins.: Quindi abbiamo più rappresentazioni dello stesso fattore … Allora, Martina si allontanata, fino a quando si è allontanata? Davide: Fino a 2 e qualcosa Insegnante richiama l’attenzione Ins.: … chiedevo, fino a quando Martina si allontana? Davide: 2,5 e qualcosa Angela: fino 2 e … fino a 3! Davide: proviamo a mettere il cursore sul punto (indica lo schermo) Francesco: Di lontananza o di tempo? Anthinea: Di posizione o di tempo? Ins.: “quando” sta per “tempo” Studenti: Tre, tre e uno Ins.: E la posizione? Studenti: Sempre 3 … 3 e qualcosa piccola Ins.: Poi che succede? Studenti: Sta ferma Francesco: Però respira in tutto questo Ins.: …e poi Studenti: decresce Davide D.: … fino alla posizione 0,4 … un po’ meno … Angela: 0,3 L’insegnante sposta il cursore sul punto in questione Anthinea: tra 3 e 4 Ins.: Sì, tra 3 e 4. Poi che fa? Studenti: Poi sta ferma di nuovo e poi risale … Davide: cresce, cresce … la posizione cresce Ins.: Quindi la posizione cresce, quindi si allontana. Qual è la distanza massima che raggiunge rispetto al sensore? Studenti: 3,1 Ins.: E la distanza minima? Studenti: 0,3 Ins.: Tenete presente che il sensore ha dei limiti perché è uno strumento. La distanza minima che può misurare è di 15 cm, mentre la massima è di 8 metri, oltre i quali comincia a fare misure non precise. Se poi lo mettiamo in uno spazio aperto addirittura non misura più. Perché? Secondo voi, come funziona il sensore? Francesco: A laser? Davide D.: Lancia qualcosa che ritorna Ins.: Sì, lancia qualcosa, ma cosa? Rosaria: Onde Ins.: onde … che tipo di onde? Rosaria: Onde elettromagnetiche Ins.: No, non sono onde elettromagnetiche. … sono onde acustiche Anthinea: Onde acustiche? Davide G.: Tipo radar Davide P.: Come i pipistrelli Antonella: Come il sonar Ins.: Quindi che fanno queste onde? Davide G.: Rimbalzano sui corpi e tornano. Più tempo ci stanno a tornare, più distante è il corpo dall’oggetto. Ins.: Esattamente! Davide G.: Posso fare un documentario! Ins.: Adesso volevo chiedervi di fare una previsione. Secondo voi, se Martina si sposta dalla direzione del sensore, che succede? Davide: … prende la cosa più vicina a Martina … Anthinea: la cosa più vicina Angela: … il muro Ins.: quindi, facciamo questa previsione (mimato): Martina sta ferma davanti al sensore, poi si sposta e cammina di lato, non facendosi prendere dal sensore … Marco: crescerà! (gesto) Ins.: … poi ritorna davanti al sensore Marco: Prima cresce e poi decresce (gesto) Davide G.: Due linee separate Davide D.: Ha detto che al massimo prende 8 metri? Ins.: Sì Davide D.: allora percepirà il muro, un salto brusco Davide G.: Due linee separate Gli studenti cominciano a gesticolare segnando in aria le previsioni di grafici Ins.: … C’è un pennarello? … no… Mi fate le previsioni sul foglio? …Vi faccio vedere fisicamente come dovrebbe fare Martina. Guardatemi un attimo! Martina sta ferma qui, poi si muove, cammina … non c’è spazio, quindi facciamo solo che si sposta di lato e poi ritorna qui (Simulazione con il corpo) Martina: Secondo me ci sono due linee diverse. Davide G.: Però c’è il muro Gli studenti discutono tra loro Ins.: Per favore, ognuno di voi faccia la propria previsione sul foglio e poi le vediamo Davide G.: E poi Martina ritorna? Martina simula il suo movimento Martina: Faccio così … e poi così Angela: e poi continua a camminare? Ins.: No, poi rimane lì. L’importante è capire cosa succede prima Davide D.: Lei deve camminare? Studenti: No! Ins.: Non c’è spazio, si sposta e poi ritorna (gesti) Davide G.: Dobbiamo tenere in considerazione il fatto che quando lei si sposta prende il muro. Previsioni: Davide D. e Paola: Questa è la posizione di Martina (indicando il tratto a sinistra). Quando si leva, perché percepisce il muro (indicando il tratto centrale). E poi ritorna Martina, per cui percepisce la posizione di Martina, che sta ferma. (indicando il tratto a destra). Angela: Se si muove è così Se sta ferma è così Riccardo: Prima c’è, poi non c’è più perché si leva e c’è il muro e poi ritorna alla stessa posizione Davide G.: Si muove o sta ferma Martina? Ins.: Sta ferma Allora se sta ferma è così. Questa è Martina (indicando i due tratti laterali) e questo è il muro (indicando il tratto centrale) Sul muro viene visualizzato il seguente grafico: Davide G.: Va be’, quella linea è (intende la linea verticale che congiunge i due tratti orizzontali) … forse le ha preso il braccio, forse. Davide D.: E’ perché è una situazione reale Ins.: Coincide con la vostra previsione? Studenti: No, perché ci sono le linee verticali. Davide D.: In pratica sì, perché ci sono degli sbalzi, però se non vi fosse intervallo di tempo (gesto “intervallo di tempo veloce”) non ci dovrebbe essere quella linea verticale (gesto). Ins.: Perché non ci dovrebbe essere? Davide D.: … in una situazione puramente teorica. Qui c’è perché Martina occupa un certo lasso di tempo per spostarsi. Per cui in quel piccolissimo lasso di tempo c’è un cambio di “posizione” (gesto delle virgolette) percepita, notevole. Anthinea: ha! Questo è il significato della linea verticale? Davide D.: Secondo me, sì. Davide G.: Può essere che se ingrandiamo … Riccardo: … se ingrandiamo la linea forse è obliqua! Davide G.: Infatti! Gli studenti discutono Ins.: Come avete detto? Se ingrandiamo … Riccardo: Se ingrandiamo è obliqua la linea (gesto della linea obliqua) Davide G.: c’è intervallo di tempo piccolissimo Riccardo: In poco tempo si allontana Davide D.: non è proprio verticale Ins.: Allora proviamo ad ingrandire … io ingrandisco da qui … “Zoom In” Tasto cerchiato di rosso: L’insegnante zoomma una volta Ins.: Lo vedete? Studenti: No! Ins.: … ancora Sul muro viene visualizzato il seguente grafico: Davide G.: Infatti si sposta la x Ins.: E’ leggermente obliqua in effetti … però il problema non è tanto questo (quello della linea) quanto il fatto che … torniamo indietro … Davide D.: E’ come se Martina si fosse mossa ad una velocità altissima Ins.: Martina si è proprio tolta di là Davide D.: sì, però … (Faccia perplessa) Ins.: Guardate, il grafico è costruito in modo che siano connessi tutti i punti di misura. Guardate, se tolgo questa funzione “connect points” Sul muro viene visualizzato il seguente grafico: Studenti: E questo è quello che avevamo fatto noi Ins.: Se riuscite a leggere ci sono in realtà tanti puntini Anthinea: infatti, ci sono i puntini Ins.: … perché se guardate la tabella a sinistra le misure le fa ogni quanto tempo Studenti: 0,05 secondi Ins.: Quindi non fa misure in modo continuo, fa misure in modo discreto. Poi c’è questa funzione che ci permette di unire tutti questi punti e di dare una versione del grafico. In realtà ci dava una visione distorta perché andava ad unire una misura di Martina con quella del muro. Quindi ci dava questa impressione verticale, ma in realtà la posizione non si muoveva in verticale Davide G.: perché sono due corpi diversi. Davide D.: Il fatto che Martina si sia levata non è la stessa cosa che Martina in 0,05 secondi ha compiuto questa distanza? Davide G.: Sì! Ma è sbagliato! Francesco: Perché? Davide G.: Martina non l’ha fatto. Riccardo: Ha analizzato la posizione di due corpi differenti Davide D.: Se Martina fosse capace a percorrere in 0,05 secondi quella distanza, avremmo la stessa cosa! Ins.: Sì. Anthinea: Forse quella linea verticale indicava il tempo in cui Martina si spostava … Perché c’era una linea verticale? Non ho capito. Ins.: Perché quella funzione univa semplicemente i punti Anthinea: Ah, ok, ok Ins.: Non c’erano misure di mezzo, in realtà. Infatti, vedi che non c’è niente! Ins.: Si possono avere mai, in realtà, punti così in verticale come era quella linea? Studenti: No! perché nello stesso istante non può essere in due posizioni Davide D.: Ubiquità Angela: Sarebbe bello. Paola: Che cosa hai detto? Studenti: Ubiquità Paola: Sarebbe? Angela: Nello stesso istante si trova in più posizioni. Ins.: E quindi non potrebbe essere …. Mediante la funzione “Draw Prediction” L’insegnante disegna la previsione di un possibile grafico posizione-tempo. Sul muro viene visualizzato il seguente grafico: Ins.: Ho disegnato un possibile grafico che possiamo ottenere se Martina si muove. Voi cercate di darle le istruzioni per riprodurre questo grafico Studenti: OK! Davide D.: Come facciamo a fare i mezzi secondi? Ins.: Però … Davide G.: Sali lentamente e torna indietro lentamente Ins.: Proviamo?! Davide D.: In un secondo … Davide G.: Certo, senza fermarti Marco: Intanto deve partire da 0,5 Ins.: Non deve essere proprio al secondo! (Rivolgendosi verso Davide D.) Angela: A 7 secondi gira Marco: Intanto deve partire da 0,5 Ins.: Allora, lui dice: “deve partire da …. (indicando Marco) Marco: … dalla posizione 0,5 Davide D.: Partire con una certa velocità, decelerare un poco… Angela: A 9 secondi gira Davide D.: … fino a fermarsi e poi torna indietro Riccardo: No! No! E’ meglio forse se fa una cosa così (fa un gesto che non si vede), perché se si ferma … Anthinea: Ma non si deve fermare Francesco: Deve andare piano piano Davide D.: no, no, deve fermarsi, deve fermarsi! Anthinea: … e c’è un momento preciso Davide D.: A 7,5 si deve fermare … Angela: No! Davide D.: … e poi accelera in senso opposto Angela: No! Verso il 9, al 9 si ferma Davide D.: Più o meno, dai, più o meno, dai! Martina: ma se io mi giro e poi ritorno com’è? Martina: loro stavano facendo tutte le previsioni. Possiamo cominciare? Vediamo in concreto … Gli studenti continuano a discutere tra loro Anthinea: Verso il 9, 10 comincia a scendere Angela: A 8 secondi comincia a scendere Davide G.: Glielo dice Angela che ha l’orologio Ins.: Allora! Le date le istruzioni? Vi mettete d’accordo e le date le istruzioni? Davide D.: Aspetta, io ho il cronometro Ins.: Riprendi lei! (Angela) …Che state facendo? Angela: No! Non stiamo facendo nulla! Davide G.: Ti sto riprendendo Ins.: Che cosa? Ins.: Col cronometro (indica l’orologio che ha in mano Davide D.) Davide G.: Infatti! Qualcuno … che tiene il tempo! Angela: A 8 secondi le dici di tornare indietro Davide G.: Qualcuno che tiene il tempo! Ins.: Va bene. Allora, mi raccomando Martina! Marco: Parti da 0,5 Martina: Cioè? … 0,5? (con il corpo lascia intendere che non sa dove si trova “0,5”) Angela: Torna indietro Ins.: Per partire da 0,5 dove … Marco: Più o meno … qua! (indicando un punto) Riccardo: Non 8 secondi precisi, 8 secondi e qualcosa e nanticchia (espressione dialettale che significa “molto poco”) Ins.: Siete d’accordo che deve partire da qui? Davide G.: Sì! Davide D.: Ma è 0,5! … E’ in metri? Ins.: Sì! … Dai! Pronti? Martina: Quindi, io devo … allora, … Ins.: Devi seguire quello che ti dicono Davide D.: Quando te lo dico io, parti e vai rallentando. Quando dico io ti fermi e giri. Angela: Non si deve… Anthinea: Non si deve fermare, dopo 5 minuti rallenti Angela: … e torni indietro Davide D.: Uno, due, tre … vai! Anthinea: Via! Riccardo: Piano! Piano! … Rallenta! Davide D.: Sì ma qua … Marco: gesto con la mano per dire “non c’entra niente” Davide D.: Prova a sprofondare il muro … torna indietro a sto punto Riccardo: Dovevi camminare molto, molto più piano! Francesco: Dovevi camminare piano, piano, piano Studenti: No! No! Davide D.: Perché già in 3 secondi … Riccardo: Ok, abbiamo sbagliato, dai. Abbiamo sbagliato. Sul muro viene visualizzato il seguente grafico: Angela: È colpa sua! Martina: Ma secondo me se … Davide D.: No! Perché già in 3 secondi sei arrivata là Riccardo: Martina! Devi camminare molto più piano! Davide G: Pianissimo! Anthinea: Molto lentamente Davide G: Sì, però se cammina lentamente come fa a capire quando deve decelerare!? Antonella: Glielo dici tu Ins: Glielo dite voi! Aspetta, questo lo salviamo Si utilizza la funzione “Store Latest Run” Martina: Però, scusate, una cosa, ma io mi sono fermata là il tempo di girare l’ho avuto e quindi il grafico sta fermo. Se io piuttosto di girare così (simula il movimento “girare su se stessa velocemente”) giro la curva (simula il movimento “gira con un movimento più ampio e più lentamente”) Davide G: No! Non lo fare, si sposta se no! Davide D: E’ come se fossi attaccata ad una molla (simula la molla con la mano) Angela: Ma lì è dritto perché sei arrivata al massimo, credo! Martina: Sì … Davide G: No, è dritta perché si è fermata! Martina: … mi sono fermata e poi ho girato (simula il suo movimento con la mano) Davide D: No! Ti sei fermata prima Angela: No! Perché oltre il 3 non ti poteva riprenderti più Davide D: Appunto! Angela: No perché hai fatto un movimento strano Davide D: Perché tu sei arrivata lì verso il 3, 3 e mezzo, invece ci saresti dovuta arrivare ad 8 Anthinea: Devi camminare di meno. Angela: Devi camminare molto di meno. Anthinea: Devi camminare lentamente e ti devi fermare pochissimo Davide G.: Mantieni una velocità, a tre quarti deceleri, ad un certo punto devi ritornare indietro. Davide D.: … come fa a capire se cammina così (simula la cadenza della camminata con due dita che “camminano” sul tavolo) Anthinea: È poco il tempo in cui si ferma Riccardo: Dai, dai. Riproviamo! Angela: Devi arrivare dimeno del muro, secondo me. Davide D.: Oppure lo facciamo in miniatura, al posto di farlo su 15 secondi lo facciamo su 5, che viene meglio Studenti: No! No! Ins.: La previsione deve essere su quello che vi ho dato io Angela: Deve arrivare più o meno a tre quarti Davide D.: Va bene. Allora deve camminare piano, però decelerando ... Vai vicino al muro, poi rallenti, poi… Davide G.: Dove c’è l’armadio comincia a decelerare, però devi andare più piano Marco: Qua già deve cominciare a decelerare! (Indica un punto prima) Davide G: Prima? Marco: Sì! Angela: No, ma lei comunque deve arrivare a uno virgola … Ins: Non ti ho capito! (rivolgendosi ad Angela) Angela: …dove c’è la seconda fila! Perché si ferma a metà del grafico lo spazio, non arriva fino alla fine (Con la mano indica verso l’alto) Anthinea: abbiamo poco spazio Davide D: O lo spazio è poco o il tempo è troppo Angela: … deve arrivare lì (indica il punto di prima) Ins.: Definiamo quello che deve fare Martina? In sintesi. Angela: Deve camminare pianissimo e arrivare non fino alla fine, fino a metà. Poi tornare indietro sempre piano. No? Ins: Ricominciamo, dai! Davide G.: Vai Martina Marco: Vado? Martina Sì Marco: Vai Studenti Vai! Vai! Vai! … piano, piano, … frena! … torna indietro … piano, pianissimo, piano … eh eh bravi! (applauso) Sul muro viene visualizzato il seguente grafico: Marco: Questo è un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per l’umanità Ins.: Siete stati bravi! … I punti di riferimento quali erano, in sostanza? Studenti: Il grafico, la velocità, la posizione, Martina: non poteva mai venire quella curva, però … Davide G: La velocità e la posizione, se cresceva o decresceva Antonella: Glie elementi di riferimento, diceva la professoressa. Studenti: L a posizione Ins.: In maniera più specifica, avete dato delle istruzioni precise a Martina Marco: la posizione durante il grafico Si mischiano termini relativi al tempo e allo spazio (si vedano le metafore concettuali: percezione del tempo come lunghezza) Antonella: Cosa avete detto poco fa? Che non doveva andare … Angela: oltre la metà dello spazio, Antonella: e perché? Angela: Perché lì si ferma a metà (indica il grafico) Ins: Poi lui aveva detto di partire … Marco: … dalla distanza 0,5 Ins.: Avete fissato un intervallo di spazio, in pratica… Va bene, adesso vi do un'altra previsione Visto che il tempo è indipendente gli studenti non lo possono dominare. Loro possono dominare l’intervallo di spazio, la direzione del moto e la velocità Davide D: Ci rifiutiamo di fare una cosa del genere! ROTTURA DEL CONTRATTO DIDATTICO Ins: Perché Davide? Studenti: Discutono animatamente sull’impossibilità di fare tale previsione Davide D: Nello stesso istante stiamo in 2 posizioni. Angela: Se lo sapessimo fare saremmo delle persone importantissime! Davide D: Giusto! Brava! … Avremmo salvato il mondo Ins: Lo ripetete uno per volta? Davide G: Lo ripete Davide Angela: Lo ripete lui che è più bravo (si copre per non essere ripresa dalla telecamera) Davide D: Lo ripete lei … va bene. E’ impossibile perché grafico pretende che noi siamo nello stesso istante in due posizioni diverse, il che è impossibile. Per cui ci rifiutiamo. Angela: E nell’istante là (indica il grafico) in molte più posizioni Davide D: E nell’istante 0,2 siamo in più di una posizione Angela: In un intervallo di posizioni Davide D: Sì! Tra la posizione 0,7 e la posizione 1,2. Cioè, Impossibile Ins: Quindi non si può fare Studenti: No! Davide D: Oppure, Martina lo potrebbe fare (ironicamente) Davide G: Martina, prova! Davide D: Martina sa fare tutto! Davide G: Prova, prova! Ins.: Scusatemi! E se supponiamo che mettiamo due corpi. Mettiamo Martina qua e lei (indicando Paola) la mettiamo dietro. Davide G.: Ma c’è Martina davanti! Il sensore non la prende, perché c’è lei davanti che blocca le onde. Ins: Ah! C’è Martina davanti, quindi non è possibile! Davide G: È impossibile Davide D: Se avessi un sensore che capta un raggio (allarga le braccia) … 2 metri e loro si mettono parallele Marco: Una decresce e l’altra invece cresce Davide G: Potremmo utilizzare due sensori e poi unire i grafici Rosaria tenta di intervenire Ins: Vediamo cosa dice lei! (indicando Rosaria) Rosaria: A prescindere dovremmo avere tantissime persone per coprire le posizioni da 0,7 a 1,2. Davide D: infinite, una per ogni punto Studenti: infiniti punti Rosaria: una per ogni punto, infiniti punti Davide D.: Va be’, supponiamo che sono due grafici diversi! Ins: Ti dici in quel tratto verticale? Rosaria: Sì! Davide D.: Comunque, supponiamo che sono due grafici diversi! (con le mani indica separa il tratto verticale dal resto del grafico) Ins.: Quindi togliendo questa parte verticale, supponendo di avere due tratti orizzontali (gesto) … Rosaria: Con due tratti orizzontali si potrebbe fare! Davide D: La posizione è quasi ferma, muta pochissimo Ins: Quindi, con un sensore soltanto, se metto Martina davanti e un’altra persona dietro Studenti: No! No! Martina: Ci sono io davanti Marco: Infatti, prima non prendeva il muro (indica il muro) Ins: Infatti, prima non prendeva il muro, prendeva solo Martina Davide D: E, infatti! Ins: In sostanza il sensore che fa? Prende… Rosaria: Prende il corpo più vicino Ins: Prende il corpo più vicino. Allora possiamo completare questa scritta “position” con “position del corpo più vicino”, potremmo dire ... Studenti: Sì! Ins: … volendo esplicitare ancora di più questa variabile. Ins: Va bene. Siete stati bravi! Siete stati abbastanza convincenti! Mi avete convinta! Applauso Ins: Adesso un’ultima cosa… Salva questo. …. 2 - 03.07 Rosaria è passata a primo banco e da qui in poi interverrà più frequentemente Ins: Adesso chiediamo a Martina di fare avanti e indietro. Però la prima volta lo fa più lentamente, la seconda volta … (rivolgendosi a Martina) fai avanti e indietro, poi vai di nuovo avanti, però cercando di muoverti più velocemente rispetto a prima e cerca di ritornare di nuovo indietro. Va bene? Ci siamo? Facciamo la previsione. Quindi Martina va avanti, torna indietro poi va di nuovo avanti, si allontana nuovamente, con una velocità maggiore. Fate le previsioni! Ripeto? Studenti: Ripetiamo! Sì! Ins.: Martina parte da qua, si allontana e si avvicina. Poi si allontana nuovamente però con una velocità maggiore rispetto a quella di prima e di nuovo ritorna al punto di partenza Angela mostra la sua previsione Anthinea: Professoressa! Si avvicina, poi … Ins: Ok. Poi si allontana con una velocità maggiore e si avvicina di nuovo Davide D: Io così ho fatto! Per me è così! Rosaria a sinistra e Davide D. a Destra mostrano le loro previsioni Anthinea mostra la sua previsione: Ins: Tutti così! Studenti: Si! Davide D: Tutte geni siamo… o tutti copioni. Ins: Voi come l’avere fatto? (rivolgendosi agli studenti della seconda fila) … fammi vedere quello! Giusi mostra la sua previsione: Rosaria mostra la previsione di Gloria: Ins: Era suo! (Indicando Gloria) …. Ins: Lo commentiamo?! … qualcuno che commenti, perché lo avete fatto tutti simile … Rosaria commenta questo! Rosaria: (indicando il grafico con la matita) La partenza … il primo grafico è più piano perché appunto cammina più lentamente, mentre nella seconda parte la velocità è maggiore Davide D: Cresce e decresce più lentamente e poi cresce e decresce più velocemente Angela: Si ferma a metà spazio Ins: Perché Si ferma a metà spazio? Angela: Perché la posizione la segna fino ad un certo punto, mentre l’altro poi è più alto Ins: Però io avevo detto… Marco: … perché andando più lentamente percorre meno spazio, rispetto a quando va più veloce Davide D: siccome abbiamo solo 15 secondi… Ins: Siete sicuri di questo? Studenti: Sì! … No. Rosaria: Perché no? Davide D: la posizione è minore di questo (indicando la sua previsione) Ins: per come l’hai disegnata tu. Ma io ho dato questa istruzione? Studenti: Sì! … No. Ins: Io ho detto questo? Studenti: No! Studenti: Percorre sempre la stessa strada? Ins: Io ho detto si allontana e si avvicina. Non ho detto che arriva a metà strada Marco: Arriva sempre allo stesso punto in entrambe le velocità? Ins: Sì! Angela mostra la sua previsione rifatta Ins: Allora viene così. Giusto? Marco: Sì! Così viene … Ins: Lo aveva già fatto lei (indica Gloria) Studenti: Grande lei! Un applauso a lei! Ins: Non mi ricordo come si chiama Studenti: Gloria! Ins: Gloria! … lo commenti, per favore? Gloria: (mentre spiega segna con il dito la parte di grafico che sta descrivendo)Prima va più piano, poi torna, questo è il massimo punto, ritorna, e questo è più veloce quindi è più piccolo (fa il gesto dell’intervallo temporale), però è sempre allo stesso punto (segna con il dito i due massimi, tracciando una linea immaginaria orizzontale , passante per i due massimi) Ins: Cosa è più piccolo? Gloria: Il tempo in cui va e torna Ins: Adesso Martina ce lo fa vedere … non è detto, pensiamo che sia giusto, vediamo se è vero…. Pronti? Via! Davide G: Ta-ra-ta-ta-ta-ra (musichetta di Uomini e donne) (condizionamento culturale) http://www.youtube.com/watch?v=sQKHe8dd510 Il grafico proiettano presenta delle anomalie nella misura dovute al fatto che Martina non si è mantenuta lungo la direzione percettiva del sensore. Studenti: Ma che cos’è? … è molto diverso! Ins: Che è successo? Martina: Che è successo? Davide D: Ora corri Studenti: Corri, corri! Ins: No, è successo un problema! Studenti: Sì! Ins: Che è successo? Rosaria: Ha superato la linea e quindi non … Ins: No, non è che ha superato la linea. Marco: non era più nel raggio del… (indica il sensore) Davide G: Esatto Studenti: ah! Rosaria: ha ripreso il muro (indica il muro) Ins: Non ha fatto bene le misure. Lo dobbiamo rifare. Fallo di nuovo! Attenta a mantenere la linea. Davide G: Cerca di andare più dritto possibile Ins: Fai come fanno le modelle. condizionamento culturale Davide G: Vai! Antonella: Non cadere dai tacchi! condizionamento culturale Marco: Pronta? Antonella: Vai! Studenti: Ah! Davide D: E infatti, così sì! Studenti: Torna! … Piano! Riccardo: Basta! Basta che è arrivato al muro! (era già arrivata al muro) Davide G.: Vai Naomi! condizionamento culturale (Martina è tornata al punto di partenza) Davide D: Ora corri, ora corri Studenti: Sbrigati! Sbrigati! (stava scadendo il tempo) Vai! Vai! Vai! Applauso Studenti: Ce l’ha fatta! Campionessa! Sul muro viene visualizzato il seguente grafico: Ins: Perché il secondo tratto lo avete fatto … Davide G: … più stretto? Studenti: Perché ha impiegato meno tempo. Perché è andata più veloce, va più veloce Ins: Com’è? Davide, Ripeti! (rivolgendosi a Davide) Davide D: A parità di distanza … cioè, la stessa distanza, cioè la stessa posizione, in pratica, in un minore lasso di tempo Davide G: Perfetto! Marco: La velocità veniva maggiore nel secondo percorso Davide G: Perfetto! Angela: Il professore ha detto che è giusto! Ins: È lo stesso dire “la stessa distanza” o “la stessa posizione”? Davide D: No! Nel senso, la posizione è un punto, però la possiamo anche assimilare alla distanza perché … Ins: La distanza quindi che cosa è rispetto a …? Davide D: espressione di smarrimento Ins: E’ un … (insegnante poco chiara) Studenti: … una lunghezza Ins: E quindi un intervallo percorso Davide: Invece la posizione è un punto, però lo possiamo assimilare Riccardo: Un intervallo di tempo Ins: È un intervallo di spazio. Per esempio, quando lei si allontana da qua al muro, quanto spazio percorre? Possiamo leggerlo da lì? (indicando il grafico) Studenti: 3 metri Ins: 3 metri? Davide G: Più! Più di tre metri Studenti: Poco di più Riccardo: No! No! No! Francesco: 2,6 …Di meno, di meno! Riccardo: 2 metri, … 2,52 Davide D: Ah, perché non parte da zero! Davide G: 2 metri e mezzo? Davide D: 2 metri e mezzo! Sì, vero, non parte da zero, giusto. Francesco: 2 e 52! … 2 e 52? Antonella: La posizione finale meno quella iniziale Ins: Quindi percorre, come dici tu, lo stesso spazio in tempi minori. Questa è un’interpretazione. Noi guardiamo l’intervallo di tempo Davide D: perché la prima volta lo compie in 10 secondi, più o meno, e la seconda volta in 5, cioè la metà del tempo (intervallo con il gesto ) Ins. C’è un’altra interpretazione che possiamo fare del grafico? Cioè, è corretto questo, però c’è un’altra proprietà che possiamo guardare nel grafico che ci indica che nella seconda volta si è mossa più velocemente rispetto alla prima Davide D: L’inclinazione (gesto) Studenti: L’inclinazione della retta Davide G: Certo! Il coefficiente angolare Riccardo: La pendenza Ins: Perfetto! … Va bene! Che bravi! Studenti: Grazie! Grazie! Applauso 10.40 Ins: Finora abbiamo visto sempre il grafico posizione-tempo. Davide G: Sì! Ins: Però ho nascosto quello velocità-tempo. Secondo voi, vediamo se siete così tanto bravi, qual è il grafico che corrisponde a questo? Però il grafico velocità-tempo. Possiamo immaginarlo questo grafico velocità-tempo? Studenti: Sì! Riccardo: Sì! Supponendo che la velocità più o meno è costante, più o meno… nel primo e nel secondo tratto. Ins: Inquadra lui! Riccardo: Ci sono due tratti, possiamo dire. In ognuno, sia in andata che in ritorno è costante, nel primo e nel secondo Ins: Aspetta, come primo tratto cosa intendi? Riccardo: Andata e ritorno (gesto di andata e ritorno in verticale, indicando verso il grafico) Ins: Tutto insieme, andata e ritorno? Davide G: Andata è un primo tratto … Riccardo! No! Andata e poi ritorno (gesto di andata e ritorno in orizzontale, indicando verso il luogo in cui si è mossa la ragazza), tutto il primo tratto (gesto che indica il “tutto”). Il secondo, la seconda volta di andata e ritorno Ins: E quindi tu dici che in andata e in ritorno è tutta unica la velocità ed è quasi costante Davide G: No! Riccardo: No! Non è tutta unica! No! Non è tutta unica Marco: Dà il grafico della velocità? Ins: Sì, dà proprio il grafico della velocità Davide D: Cioè, dobbiamo vedere se in un secondo … la distanza percorsa è la stessa Davide G: Non è costante Riccardo: No costante, nel senso che …in quel tratto (indicando con la mano il tratto di andata) è sempre la stessa Angela: Non può essere costante Davide G: Non può essere costante. E’ una linea … Francesco: Uniformemente accelerato, costante, uniformemente decelerato … Davide G: No! Martina: Io non ne capisco niente, perché fisica ancora non ne ho fatta, quindi, parlate potabile?!? (slang - sinestesia http://espresso.repubblica.it/slangopedia/p) … Valeria: … nei punti dove sta basso dovrebbe essere alto, no? Perché la velocità sempre … cresce. Davide D: Però va sotto zero. Valeria: Il corpo torna indietro, quindi la posizione decresce, però la velocità è sempre… Ins: Cresce sempre la velocità? 12..34 Davide G: No! Perché non è…. Davide D: Cresce in modulo ma è negativa Ins: Quando è negativa? Riccardo: Quando torna indietro Davide D: Nei tratti in cui la posizione decresce. Ins: Ok! Davide D: Dovrebbe andare sopra e sotto(simula il movimento oscillatorio in orizzontale, da sinistra verso destra), attorno all’asse (mima un asse orizzontale) … a un asse, insomma (Rosaria annuisce) Studenti: Sì! Ins: A quale asse? Angela: x Davide D: Se la velocità la mettiamo in x, x Angela: x Ins: No! Chi mettiamo in x? Davide D: Velocità (indica in alto) in funzione del tempo (indica in basso)! (e’ IL GESTO DELLA FUNZIONE) La velocità è sull’asse verticale, per cui la linea dovrebbe essere una cosa così (simula il movimento oscillatorio in verticale, dal basso verso l’alto) Ins: Allora questo grafico viene su e giù rispetto a quale asse? Al … Studenti: Le x Ins: chi c’è nelle x? Studenti: Il tempo Ins: Disegnate cosa volete dire? …. Angela mostra la sua previsione Ins: Angela, perché lo hai disegnato così? Angela: Perché … (indica, in maniera alterna, il primo e secondo tratto) più o meno è lo stesso l’andata e il ritorno, solo che qui (primo tratto) è positiva e qui (secondo tratto) è negativa. Quando va più veloce (indica, in maniera alterna, il terzo e quarto tratto) è pure può o meno la stessa all’andata e al ritorno, solo che qui (terzo tratto) è positiva e qui (quarto tratto) è negativa; ed è sempre maggiore di quella di prima (indica il primo e secondo tratto). Davide G: Ma non dovrebbe essere una linea continua? Ins: Perché non è una linea continua? Angela: … (fa un gesto che si potrebbe interpretare con un “non so”) Davide D: Secondo me è così Davide mostra il suo grafico Davide: La prima volta, all’istante zero (indica il punto all’istante zero) ha una certa velocità, diminuisce (indica il tratto decrescente positivo), perché per invertire il moto deve diminuire, arriva a zero (indica il punto in cui la velocità è zero), aumenta in modulo ma è negativa quando si avvicina (indica il tratto decrescente negativo), e poi più velocemente (indica il tratto crescente negativo) raggiunge di nuovo velocità zero (indica il punto in cui la velocità è zero), nel senso che inverte il moto, e aumenta (indica il tratto crescente positivo) Angela: Sì! Sì! Perché poi i punti devono essere qui, quindi è così! Marco: Per me è così: Ins: E’ tipo quello che diceva Davide (ERRORE, NON è LO STESSO!) Angela: … però è con i punti uniti! Davide D: Lo possiamo verificare? Siamo a corto di tempo! (Per motivi personali Davide doveva uscire prima) Ins: Sì, sì! Lo verifichiamo subito Davide D: Ecco! Perfetto Ins: Tiriamo fuori il grafico della velocità Davide G: Controlliamo se Davide aveva ragione Ins: Lo possiamo zoom mare. Sulla parete viene visualizzato il seguente grafico Davide: Prima è positiva, poi decresce, poi cresce. Nella seconda parte …. Studenti: commenti vari Ins: Qualitativamente ci sono più oscillazioni perché lei si è mossa … però è simile a quello che avete fatto voi Davide G: E’ completamente sbagliato! Ins: No! Non è sbagliato! Angela: E’ giusto! Basta che unisci Davide D: E’ giusto! E’ giusto! Davide G: E certo, se li uniamo! … se li uniamo! … se non li uniamo è sbagliato! Ins: Se togliamo la connessione dei punti viene così IL GRAFICO VELOCITA’-POSIZIONE E’ UNA FUNZIONE? Funzioni lineari e quadratiche con il sensore di posizione Fasi: 9. Previsione e studio del grafico del moto rettilineo uniforme. Studio della sua rappresentazione analitica. Relazione tra il grafico posizione-tempo e il grafico velocità tempo. Equazione canonica della retta e del moto rettilineo uniforme. 10. Passaggio dalla rappresentazione tabulare della funzione lineare a quella grafica e analitica, e viceversa, mediante il foglio di calcolo Excel. 11. Risoluzione di esercizi applicati alla cinematica e all’economia utilizzando le rappresentazioni della funzione lineare ed Excel. 12. Previsione e studio del grafico del moto rettilineo uniformemente accelerato. Studio della sua rappresentazione analitica. Relazione tra il grafico posizione-tempo, grafico velocità tempo e grafico accelerazione-tempo. Equazione canonica della parabola e del moto rettilineo uniformemente accelerato. 13. Passaggio dalla rappresentazione tabulare della funzione quadratica a quella grafica e analitica, e viceversa, mediante il foglio di calcolo Excel. 14. Risoluzione di esercizi applicati alla cinematica e all’economia utilizzando le rappresentazioni della funzione lineare ed Excel. 15. Studio del volume del cilindro in dipendenza lineare dall’altezza e quadratica dal raggio. Viene studiato il volume di un cilindro ottenuto arrotolando un foglio di carta, prima su un lato e poi su l’altro. 16. Formalizzazione teorica del concetto di funzione ed esempi 2,5 ore Strumenti: - Computer - Video Proiettore e Power Point - Sensore di posizione - Software Logger Pro - Un carrello a basso attrito - Un piano sul quale fare scorrere il carrello - Dei libri per variare l’angolo di inclinazione del piano - Lavagna Risultati ottenuti: Gli studenti si sono mostrati interessati e coinvolti alle attività proposte. Gli strumenti e la metodologia utilizzati hanno permesso a coloro i quali non conoscevano gli argomenti proposti, di approcciarsi ad essi senza difficoltà e a chi li aveva già trattati, di consolidarli e osservarli da un altro punto di vista. Si sono ottenuti buoni risultati sia in ambito matematico che fisico. Gli studenti sono rimasti piacevolmente sorpresi dalle applicazioni delle funzioni in campo economico. Alcuni di loro conoscevano la definizione formale del concetto di funzione, altri hanno saputo mostrare alcuni esempi insiemistici o analitici Descrizione dell’attività Per studiare un moto rettilineo che possa essere considerato uniforme, in cui le oscillazioni siano trascurabili, facciamo uso di un carrello a basso attrito e di una guida sulla quale fare scorrere il carrello. Facciamo la previsione e lo studio del grafico del moto rettilineo uniforme. Fittiamo i dati, ovvero, dividiamo il grafico in tre tratti (corpo fermo, allontanamento e avvicinamento) e cerchiamo, tra i grafici standard, quello che meglio approssimativamente somiglia al tratto di grafico che rappresenta il moto del carrello. Si osserva che ciascun tratto corrisponde ad un tratto di retta. Per disegnate tali rette ci serviamo della funzione “Curve Fit” Si seleziona la parte di grafico che si vuole fittare Dal menu “Analyse” si sceglie lo comando “Curve Fit” Viene visualizzata la seguente schermata Formalizzazione: Si spiega, facendo uso della lavagna, che in matematica il grafico di una retta su un piano cartesiano in cui vi sia la variabile indipendente x sull’asse delle ascisse e la variabile dipendente y sull’asse delle ordinate, corrisponde ad un’equazione del tipo y=mx+q. m e q sono costanti che possono assumere un qualsiasi valore nei numeri reali, m è detto coefficiente angolare e indica la pendenza della retta, q è detto intercetta ed esprime l’ordinata del punto in cui la retta interseca l’asse y, ovvero, il valore di y ottenuto per x=0. Nel caso di grafici posizione-tempo, in cui il tempo è la variabile indipendente e la posizione è la variabile dipendente dal tempo, il tempo lo possiamo indicare con la lettera t e la posizione con la lettera s (che indica la grandezza “spazio”), allora l’equazione diventa s=mt+q. Dagli esperimenti precedenti si è visto che la pendenza della retta dipendeva dalla velocità: il significato fisico di m è proprio la velocità. q rappresenta il valore di s ottenuto per t=0, che possiamo indicare con s0. Allora, nel caso di grafici di rette nel piano posizione-tempo, l’equazione corrispondente è del tipo: s=vt+ s0. Questa è dunque l’equazione oraria dei moti rettilinei uniformi. Dallo schermo si sceglie dunque “mt+b Linear”. Si fa notare che la simbologia utilizzata dal Logger Pro non è quella standard, ma che la struttura algebrica è la stessa. Sullo schermo viene visualizzato il seguente grafico: Si ripete la stessa procedura per il tratto di avvicinamento: Relazione tra il grafico posizione-tempo e il grafico velocità tempo: dove la posizione è costante la velocità è nulla; dove la posizione cresce la velocità è positiva quasi costante; dove la posizione decresce la velocità è negativa quasi costante. Si mostra come anche Excel può essere utilizzato come strumento per fittare dati. L’insegnante copia alcuni dati tempo-posizione dalla tabella in Logger Pro e li incolla in un foglio di Excel. I valori dello spazio presentano 5 cifre decimali. I dati vengono riportati su un grafico “Dispersione”. Vengono selezionate le celle contenenti i valori del tempo e dello spazio. Dal menu “Inserisci” viene selezionato lo comando “Grafico”. Viene scelto il tipo standard “Dispers. (XY)” e tra le cinque tipologie viene selezionato il “Grafico a dispersione – confronta coppie di valori”. Cliccando tre volte “avanti” e poi “fine” viene visualizzato il seguente grafico: Cliccando 2 volte sugli assi si apre una finestra nella quale si può scegliere il valore minimo e massimo della scala. Attribuendo a tali valori i massimi e i minimi dei dati si ottiene: Dal menu “Grafico” si sceglie lo comando “aggiungi linea di tendenza” Si sceglie il tipo “Lineare” e l’opzione “visualizza l’equazione sul grafico” Viene visualizzato il seguente grafico, comprensivo di linea di tendenza ed equazione: Viene chiesto agli studenti di svolgere lo stesso esercizio sui propri computer. A differenza dell’insegnante essi non potranno copiare i dati dal file Logger Pro ed incollarli su un foglio Excel. Di conseguenza gli studenti dovrebbero ricopiare manualmente i dati. L’insegnante, per introdurre l’utilizzo delle funzioni nel foglio di calcolo, suggerisce di scrivere i valori del tempo come “cella precedente + 0,05”: Si può procedere con il copia/ incolla, selezionando la casella A3, cliccando sulla croce posta nell’angolo inferiore destro della cornice di selezione e, tenendo premuto il pulsante sinistro, trascinando il mouse verso il basso. Invece i valori dello spazio dovranno essere ricopiati manualmente, arrotondando i valori a due cifre decimali. Di conseguenza, tracciando il grafico si sono accorti che il grafico ottenuto si discostava maggiormente da una retta, rispetto al grafico in Logger Pro. Si è fatto notare che l’errore era dovuto all’arrotondamento Adesso si propone, assegnata l’equazione s = 2t + 5 t ∈ [0,5] , di produrre il corrispondente grafico su Excel. Gli studenti non hanno chiaro come procedere, così l’insegnante li guida nello svolgimento dell’esercizio. Protocollo: Ins: s uguale 2 t più 5. Come avete assegnato il valore nella cella? Rosaria: Abbiamo moltiplicato. Ins: Avete fatto … Rosaria: 2 per … Ins: zero Rosaria: zero Ins/Rosaria: più 5 Ins: Esattamente dobbiamo scrivere questo. Due … Uguale a due per … Davide G: … per A4 Ins: A4 … per fare A4 posso anche cliccare sopra A4, Davide G: 2 per A4 Ins: … più 5. Va bene? Poi selezioniamo la casella, andiamo in basso a destra e tenendo il tasto sinistro premuto trasciniamo Espressioni di contentezza Angela: Geniale! Ins: se provate a cliccare su una casella qualsiasi di questa colonna … provate a cliccare su una casella! Studenti: Spunta …. Ins: Spunta, sulla barra delle funzioni … Martina: La formula! Ins: … spunta la formula riferita alla casella accanto. Quindi in automatico che fa? Le ragazze in fondo all’aula non hanno seguito bene. L’insegnante le aiuta a svolgere l’esercizio. I dati vengono riportati su un grafico “Dispersione (XY), come nell’esercizio precedente. Esso viene visualizzato in ciascun computer. L’insegnante focalizza l’attenzione sul fatto che nel primo esercizio, partendo dalla tabella dei dati è stato ricavato il grafico e poi l’equazione del fit lineare. Nel secondo esercizio, partendo dall’equazione della retta sono stati ricavati alcuni valori del tempo e dello spazio corrispondenti ed è stato tracciato il grafico. Quindi sono state studiate diverse rappresentazioni semiotiche della funzione lineare, secondo percorsi differenti. Viene proposto di risolvere il seguente problema, che faceva parte del pre-test. Protocollo: Studente: Cosa dobbiamo fare? Martina: Dobbiamo fare due diverse linee e vedere il punto in cui si incontrano … Ins: Da cosa capiamo che i moti sono descritti da due rette? Marco: questa è una costante Ins: perché la velocità è costante. Perfetto! … Vediamo come possiamo procedere. Come procedete? Marco: facciamolo qua! (indica il PC) Ins: Fatelo con Excel. Vediamo se ci riuscite. Foglio nuovo … Gli studenti lavorano ai computer, a coppia o singolarmente. L’insegnante passa tra i banchi e intervista gli studenti per far spiegare loro il procedimento utilizzato MARCO E FRANCESCO: Ins: Che state facendo? (rivolgendosi a Marco e Francesco) Marco: Che stiamo facendo (Rivolgendosi a Francesco) Sullo schermo Ins: Cosa hai scritto là? y uguale 30 chilometro orari … Studenti: v! v! v! Marco: velocità Ins: ah, v uguale 30 chilometro orari, v 80 chilometro orari. E poi? Marco: Quindi qua c’è il tempo e lo spazio, no!? (indica con una matita i valori sullo schermo) Ins: Sì Marco: Parte dall’istante zero, parte, la prima, Anna. In ogni istante di tempo la velocità che ha percorso, alla velocità costante di 30 kilometro orari Ins: Va bene Marco: Stavo riflettendo su questo Ins: Che valori avete trovato del tempo Marco: Il tempo abbiamo fatto ogni 5 minuti. Quindi Marco partirà da questo istante (indica “30”) Ins: Quindi state lavorando in minuti? Francesco: Quindi la velocità dobbiamo convertirla. Marco: Dobbiamo convertire la velocità da chilometri orari a metri al se….condo (n realtà la conversione andrebbe fatta in m/min oppure in km/min) Ins: Vi conviene? Marco: No! Quindi lavoriamo in ore? Francesco: No! Ins: Lavorate in ore, neanche per fare pure la conversione Francesco: E quindi non lavoriamo in istanti di minuti. Come lavoriamo? (“istante” assume l’accezione di “valore temporale”) cercare sul vocabolario Marco: 0,5 Ins: Va bene! 0,5 ROSARIA E DAVIDE GU.: Ins: Voi che avete fatto? (Rivolgendosi a Rosaria e Davide Gu.) Davide Gu: Ancora niente Ins: Come niente? Qualcosa l’avete fatta Davide Gu: Abbiamo fatto un grafico e stiamo tentando di sovrapporgli l’altro Rosaria: Però non riusciamo a sovrapporre Davide Gu: Aspetta, fammi provare. Dammi il mouse…. Lasciami il mouse 2 secondi … ANGELA E MARTINA: Ins: Mi fate capire cosa avete fatto? (Angela e Martina) Angela: Abbiamo scritto le equazioni del moto di Anna e di Marco. Poi … Ins: E come le avete scritte? Angela: Lo spazio è uguale la velocità per il tempo. Il tempo è uguale a tempo finale meno tempo iniziale. (conoscenze acquisite precedentemente) Il tempo iniziale per Anna è zero, per Marco è mezz’ora dopo, quindi 0,5. Poi abbiamo trovato i valori del tempo e dello spazio, prima per Anna e poi per Marco. E poi abbiamo fatto i grafici, li abbiamo sovrapposti e vediamo i punti di intersezione. Ins: Aspetta, mi fai vedere le equazioni dove le hai scritte? Prima le ho scritte qua (indicando con il cursore le caselle B1 e B2, sono scritte a lettere) le potevo scrivere qua (sopra la tabella dei dati di Anna) in effetti. Angela copia e incolla l’equazione descrittiva del moto di Anna sopra la tabella dei valori numerici di Anna. Lo stesso fa per l’equazione del moto di Marco. Ins: Va bene! Ok! Perfetto! Grazie! DAVIDE G.: Ins: Tu hai scritto là 0,5 – 0 – 1 - 80. (Legge i valori scritti nella tabella riferita a Marco) t s 0,5 0 1 80 Ins: Che significa? Davide G: No! Che in mezz’ora l’ha fatto! Giusto! Che in mezz’ora ha fatto 80 chilometri Ins: E la velocità quant’era? Quanto avevo dato io? Davide G: 80 chilometri orari Ins: O-ra-ri! Invece tu hai scritto là … Davide G: ottanta … sì, in poche parole risulta che in mezz’ora ha fatto 80 chilometri, quindi 160 chilometri orari Ins: E quindi non va bene Davide G: Quindi, aspetti un attimo … Davide sostituisce il valore “40” al valore “80” precedentemente scritto. Anche se l’immagine di fianco non risulta chiara, si capisce che il valore attribuito allo spazio è un valore numerico e non una formula Davide G: Quindi che si fa?! Si sostituisce alla formula (quale formula?) i valori del tempo e dello spazio… e facciamo il grafico, con inserisci grafico. Facciamo lo stesso con i dati del secondo corpo. Destro, seleziona dati, aggiungi … Ins: Va bene. Che soluzione ti è venuta? … Qual è la soluzione del problema? Davide G. Punta con il cursore nel punto di intersezione Davide G: Che all’istante 0,8 … Ins: N0! Come 0,8? Te lo dice là esattamente Davide G: 1 punto 4? Ins: mm … in effetti …. Sì, graficamente … Davide G: Cioè ad una unità e mezza? Questo intende? Ins: serie 1 Punto “1” (legge l’etichetta) ELIMINARE Ins: Mi sapresti commentare questo grafico? La linea blu corrisponde alla ragazza? Davide G: Sì. Alla ragazza Ins: Leggendo il grafico cosa… Davide G: Leggendo il grafico possiamo notare che in un’ora si sposta di 30 chilometri dall’origine, in due ore di 60. Quindi la velocità è di 30 chilometri orari. Mentre la linea rossa è Marco che dal grafico vediamo che parte mezz’ora dopo la partenza della ragazza (indica con il cursore il punto di spazio zero) e vediamo che ha una velocità maggiore rispetto a quella della ragazza, infatti in mezzora riesce a fare 40 chilometri, quindi 80 chilometri orari … Francesco: Una cosa è capitata Marco: Dobbiamo ridurre l’unità principale, in modo che viene più visibile il punto d’incontro Ins: Perfetto! … Ins: La maggior parte di voi è partita dai dati, cioè dai dati avete ricavato alcuni valori tempo-spazio e da questi valori avete ricavato il grafico. Qualcuno di voi, invece, è partito dall’equazione? Appena avete visto i dati, qualcuno ha pensato all’equazione, come si poteva scrivere? Angela e Martina: Noi l’abbiamo scritta. s uguale 30 per t ( s = 30t ), per Anna … Francesco: Noi pure! Sì! Sì! Noi pure così abbiamo fatto Ins: Voi l’avete scritta. Me le date le due equazioni? Angela: quella di Anna: s uguale 30 per t ( s = 30t ). E per Marco s uguale 80 che moltiplica t meno zero virgola 5 ( s = 80(t − 0,5) Ins: L’avete fatta tutti così? Studenti: Sì! Sì! Davide G: Io non l’ho fatto così Ins: Quindi potevamo arrivare in due modi alla soluzione Antonella: Ma loro, i dati dall’equazione li hanno ricavati perché avevano soltanto … Marco: Infatti! Ins: No! C’è stato per esempio Davide che l’equazione non se l’è scritta proprio. Direttamente ha guardando i dati ha … ha elaborato i dati e ha scritto la tabella Successivamente si discute sui valori numerici della soluzione e la difficoltà di determinare tale soluzione graficamente. Si rende perciò necessario, come suggeriva Marco, modificare l’unità degli assi. Per fare ciò, cliccando due volte sull’asse si apre la finestra “Formato asse”. Nel menù “Scala” si può definire l’unità principale e l’unità secondaria per ciascun asse. In definitiva, la soluzione è la seguente: Anziché proporre subito il piano inclinato si può fare la previsione del grafico di un oggetto che cade. “E’ sempre un moto rettilineo ma verticale” Si passa al piano inclinato per osservare la caduta a rallentatore, come fece Galileo. 09.49 Sul banco è stata posizionata una guida metallica sulla quale si può fare scorrere un carrello. A differenza dell’esperimento precedente, sotto un’estremità della guida sono stati posizionati dei libri per dare una certa pendenza alla guida. Ins: Se spingo il carrello, che tipo di grafico ci aspettiamo? Marco: Crescente! Martina: Una retta crescente (Martina mima una retta crescente con la mano) Ins: Una retta crescente! Marco/Francesco: Sì! Ins: Tutti d’accordo? Studenti: Sì (poco convinti) Ins: Va bene, ora vediamo (si prepara per cominciare l’esperimento) Martina: Perché? Gli studenti mostrano segni di incertezza Ins: Vediamo! Vediamo! Davide G: C’è pendenza! C’è pendenza? Ins: Sì! C’è pendenza Marco: E quindi cresce poco, poco, poco! Davide G: Dovrebbe essere … Angela: Si sta allontanando Rosaria: È un moto uniformemente accelerato Ins: È un moto uniformemente accelerato e quindi … Studenti: È una curva Angela: Ah, vero! Ins: Che curva? Studenti: Parabola Davide G: Ramo di parabola (gesticola mimando una parabola) Martina: Cosa vuol dire? Francesco: Aumenta sempre Il Siamo pronti? 1, 2, 3, via! Aumentiamo la pendenza Cosa viene fuori, visto che abbiamo aumentato la pendenza? Una parabola, rispetto a quella di prima, come? Davide G: Più vicina all’asse delle x Pronti? Via! Sullo schermo viene visualizzato il seguente grafico: Ins: E’ da guardare soltanto il tratto in cui scende. Quello in cui sale è un po’ impasticciato perchè io lo spinto. Guardiamo solo il tratto di discesa Abbiamo capito che è un ramo di parabola. Allora l’equazione che la rappresenta di che tipo è? Davide: Di secondo grado Vengono discusse le curve di ogni grafico: spazio-tempo, velocità- tempo e accelerazione-tempo. Dal fit dai dati viene visualizzato il seguente grafico: Il problema del cilindro Agli studenti viene sottoposto il seguente quesito: Due amici, Carlo e Luca, preso un foglio rettangolare, provano a chiuderlo su se stesso formando un cilindro. Carlo sostiene che se si arrotola il foglio, una volta lungo una dimensione e una volta lungo l’altra dimensione (come nel disegno), il volume dei due cilindri sarà differente; mentre Luca sostiene che saranno uguali. Con quali argomenti li aiuteresti a risolvere la loro discordia? Le strategie di risoluzione proposte sono state 3: 1. Riempiamo i due cilindri con delle palline e vediamo quale dei due ne contiene di più (metodo empirico); 2. Assegniamo ai due lati del rettangolo dei valori arbitrari e calcoliamo il volume nei due casi (metodo numerico); 3. dimostriamo algebricamente (metodo algebrico). Di questi tre metodi il secondo e il terzo sono stati effettivamente applicati. Entrambi hanno portato alla risoluzione del problema. E’ risultata interessante l’argomentazione delle tre strategie. Questo problema porta a comprendere la differenza tra dipendenza lineare e quadratica Legge di Boyle Come modellizzazione di due grandezze inversamente proporzionali viene proposto lo studio della legge di Boyle, mediante il sensore di pressione. Il grafico ottenuto da questo studio è il seguente: CAPITOLO 5 Analisi dei test In questo capitolo vengono presentate le analisi dei test somministrati durante le varie sperimentazioni, suddivisi in due gruppi, relativi alle due fasi sperimentali. Per ciascun item verranno presentati i comportamenti degli studenti, connessi alle competenze che si volevano analizzare. Ad ogni comportamento è stato assegnato un codice identificativo, lo stesso si è fatto per ogni studente, al fine di compilare una tabella a doppia entrata in un foglio Excel che permettesse di analizzare i dati mediante il software di analisi statistica Chic. Queste tabelle erano costituite da valori “1” oppure “0”, a seconda che lo studente corrispondente seguisse il comportamento corrispondente, o meno. Nelle varie analisi, a seconda della prospettiva di indagine, le variabili considerate erano i comportamenti o gli studenti. Talvolta, alle variabili di tipo studente sono state aggiunte variabili supplementari, che rappresentavano modelli di comportamento degli studenti, al fine di osservare la similarità dei comportamenti degli studenti rispetto a tali modelli. Le variabili sono state analizzate mediante alberi di similarità, grafi implicativi e alberi coesivi, per i quali richiami teorici si rimanda al capitolo sul quadro teorico adottato. Di seguito vengono riportati gli items dei test, in ordine cronologico di somministrazione, ai quali si affianca: una loro descrizione, la connessione con le competenze che si volevano investigare, le sperimentazioni nelle quali sono stati somministrati, la motivazione della scelta e l’analisi dei comportamenti degli studenti. Analisi test, prima fase sperimentale Item 1: Lettura e scrittura di punti sul piano cartesiano 1. Scrivi accanto a ciascuna lettera le coordinate del punto sul piano cartesiano: A B 10 E 9 8 7 6 C D E D 5 A 4 C 3 2 1 B 0 0 2. Scrivi accanto a ciascuna lettera le coordinate del punto sul piano cartesiano: 2 3 4 5 6 7 8 9 10 10 9 A 8 B 7 C 6 D 1 C D 5 4 E 3 B 2 1 A 0 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 3. Sul piano cartesiano qui a fianco trova 10 e unisci i seguenti punti: 9 A(0,5) 8 B(2,3) 7 C(5,8) 6 D(7,6) 5 4 E(10,1) 3 Come si chiama l’elemento geometrico che unisce due punti? _________________________________ 2 1 0 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 DESCRIZIONE Lettura di coordinate di punti su un piano cartesiano, con griglia e senza griglia. Date le coordinate di punti, scrittura di punti su un piano cartesiano. COMPETENZE GENERALI CORRELATE C2. Comprendere la corrispondenza tra valori della variabile indipendente e della variabile dipendente C6: Comprendere e produrre la rappresentazione grafica di una funzione SPERIMENTAZIONE n.1, 5° classe S. Primaria, 25/05/07, pre-test MOTIVAZIONE DELLA SCELTA Verificare l’acquisizione di prerequisiti per lo svolgimento dell’attività che si voleva proporre, relativi alla lettura e scrittura di punti sul piano cartesiano. ANALISI COMPORTAMENTI: ITEM 1 Competenze specifiche Comportamenti C2/6.1: Leggere/disegnare le coordinate dei punti del grafico G251 Legge correttamente le coordinate dei punti dal grafico con griglia G2 Scrive correttamente le coordinate dei punti dal grafico senza griglia 25 La lettera “G”, utilizzata per nominare queste variabili, è stata scelta perché iniziale della parola “grafico”. Con il colore verde vengono indicate le variabili che rappresentano comportamenti corretti, con il colore rosso vengono indicate variabili che rappresentano comportamenti non corretti. G3 Sul grafico senza griglia, non legge una coordinata facendo corrispondere il valore corretto, ma uno ad esso vicino G4 Sul grafico senza griglia, scambia l’ascissa e l’ordinata, G5 Sul grafico senza griglia, legge solo una coordinata G6 Disegna correttamente i punti sul grafico senza griglia G7 Sul grafico senza griglia, disegna i punti non facendo corrispondere esattamente le ascisse e le ordinate, ma valori ad essi vicini G8 Sul grafico senza griglia, scambia l’ascissa e l’ordinata G9 Disegna il punto di ascissa nulla discostato dall’asse delle ordinate ITEM 1 5° PRIMARIA PRE-TEST 16 FREQUENZE 14 12 10 8 6 4 2 0 G1 G2 G3 G4 G5 G6 G7 G8 G9 COMPORTAMENTI Le frequenze dei comportamenti mostrano che tutti gli studenti hanno letto correttamente le coordinate dei punti disegnati sul grafico con griglia. Qualche difficoltà si è manifestata nel grafico senza griglia, anche se tutti hanno letto correttamente le coordinate di almeno un punto. Lo stesso risultato è stato ottenuto nell’esercizio in cui era richiesto di disegnare punti di coordinate note su un piano cartesiano. I risultati ottenuti lasciano concludere che gli studenti possedevano già le competenze analizzate, questo giustifica la scelta di non somministrare questo item, o uno analogo, nel posttest. Inoltre, poiché le maggiori difficoltà sono state riscontrate nella scrittura dei punti sul piano, questa competenza in uscita è stata valutata dal seguente item, presente anche nel pre-test. Item 2: Scrittura di punti sul piano cartesiano giorni - temperature Matteo si è ammalato e sua madre 42 41 ogni giorno gli misura la 40 temperatura: 39 Il primo giorno è 39°C 38 37 35 sabato domenica Il quinto giorno è 36,5°C venerdì Il quarto giorno è 37 C giovedì ° mercoledì 34 lunedì Il terzo giorno è 38,5°C 36 martedì Il secondo giorno è 40°C Segna con un punto sul grafico a fianco per ogni giorno il valore della temperatura Hai mai visto grafici di questo tipo? Se sì, dove? _______________________________________________________________ DESCRIZIONE Scrittura di punti su un piano cartesiano, in contesto reale COMPETENZE C2. Comprendere la corrispondenza tra valori della GENERALI CORRELATE variabile indipendente e della variabile dipendente C6: Comprendere e produrre la rappresentazione grafica di una funzione C13: Modellizzare fenomeni realistici mediante l’utilizzo di funzioni matematiche C14: Interpretare modellizzazioni matematiche fenomeni reali SPERIMENTAZIONE n.1, 5° classe S. Primaria, 25/05/07 pre-test, 01/06/07 post-test di n.3, 4° classe S. Primaria, 15/03/08 pre-test, 17/04/08, post-test MOTIVAZIONE DELLA Verificare capacità di scrittura di punti sul piano SCELTA cartesiano con variabili contestualizzate nella vita reale, al fine di evidenziare eventuali risorse cognitive provenienti dalla vita di tutti i giorni. ANALISI COMPORTAMENTI: ITEM 2 Competenze specifiche Comportamenti C2/6.1: T261 Segna i punti correttamente Leggere/disegnare Disegna i punti non facendo corrispondere esattamente le T2 le coordinate dei ascisse e le ordinate, ma valori ad essi vicini punti del grafico C13: T3 Modellizzare fenomeni T4 realistici mediante l’utilizzo di funzioni matematiche 26 Scambia l’ascissa e l’ordinata Scrive i valori delle ordinate sull’asse delle ascisse, in corrispondenza delle relative ascisse, o viceversa La lettera “T”, utilizzata per nominare queste variabili, è stata scelta perché iniziale della parola “temperatura”. T5 Mette in relazione l’ascissa con l’ordinata disegnando una linea di giunzione tra l’ordinata nel testo e l’ascissa nel grafico o tra ascissa e ordinata del grafico T6 Segna l’ordinata come altezza dell’ascissa C14: Riconoscere T7 ed interpretare modellizzazioni matematiche di fenomeni reali T8 Risponde in modo affermativo e fa riferimento all’ambito scolastico (a scuola, nei libri, nel libro di scienze, quando li ha spiegati la maestra, se una popolazione aumenta o diminuisce) Risponde in modo affermativo e fa riferimento all’ambito extra-scolastico (a casa, in televisione, al TG, nella borsa che fanno vedere al TG, nel bilancio di mio padre) Risponde in modo negativo T9 ITEM 2 5°PRIMARIA POST-TEST ITEM 2 5° PRIMARIA PRE-TEST 16 14 FREQUENZE 16 FREQUENZE 14 12 10 8 6 4 12 10 8 6 4 2 0 2 0 T1 T2 T3 T4 T5 T6 T7 COMPORTAMENTI T8 T9 T1 T2 T3 T4 T5 T6 COMPORTAMENTI I risultati della 5° classe primaria hanno confermato quelli del primo item, con l’informazione aggiuntiva che 12/16 alunni hanno riconosciuto di aver incontrato nel proprio vissuto altri grafici cartesiani. ITEM 2 4° PRIMARIA POST-TEST ITEM 2 4°PRIMARIA PRE-TEST 12 FREQUENZE 12 10 10 8 8 6 6 4 4 2 2 0 T1 T2 T3 T4 T5 T6 T7 T8 T9 0 T1 COMPORTAMENTI T2 T3 T4 T5 T6 C OM P OR TA M EN T I Per quanto riguarda la 4° classe Primaria, nel pre-test sono emerse nette difficoltà nel comprendere il significato di “corrispondenza cartesiana” e nell’utilizzo di questo artefatto, con conseguente iniziativa di utilizzare lo stesso artefatto in modo non standard. Nel post-test, oltre al miglioramento registrato in tutti gli studenti, due studenti hanno rappresentato l’ordinata come “altezza” dell’ascissa, analogamente alle rappresentazioni di Oresme mediante latitudini e forme. Item 3: Comprensione di un grafico cartesiano discreto giorni –euro Il padre di Sara ha deciso di regalare alla figlia 5 euro ogni volta che prende un buon voto a scuola. Lei può scegliere se spendere o conservare il proprio denaro. Riceve gli euro la sera e questa è la sua sola fonte di denaro. Il grafico mostra l’andamento del denaro posseduto da Sara in una settimana. Osservalo e rispondi alle domande: a) Quanti euro possedeva Sara il 4° giorno? a bis) Quanti euro possedeva Sara il 7° giorno? b) In quali giorni Sara ha sicuramente preso un buon voto? c) Sapendo che Sara nel 2° giorno non ha preso un buon voto, in quel giorno quanti euro ha speso? d) Potrebbe aver preso un buon voto il 6° giorno? (motiva la risposta) e) In quale giorno Sara possiede più euro? f) In quale giorno possiede meno euro? g) In quale giorno Sara possiede gli stessi euro del giorno precedente? h) In quale giorno si ha maggiore incremento di euro rispetto al giorno precedente? i) In quanti giorni Sara registra gli euro che possiede? DESCRIZIONE Comprensione di un grafico cartesiano discreto, in contesto reale. COMPETENZE GENERALI CORRELATE C1: Individuare il dominio e il codominio di una funzione C2. Comprendere la corrispondenza tra valori della variabile indipendente e della variabile dipendente C3. Comprendere e comparare la corrispondenza tra intervalli della variabile dipendente e indipendente C6: Comprendere e produrre la rappresentazione grafica di una funzione C14: Interpretare modellizzazioni matematiche di fenomeni reali SPERIMENTAZIONE n.1, 5° classe S. Primaria, 25/05/07 pre-test, 01/06/07, posttest n.2, 4° classe Liceo Classico, 11/12/07 pre-test, 19/12/07, post-test n.3, 4° classe S. Primaria, 15/03/08 pre-test, 17/04/08 posttes n.4, 2° classe Istituto Tecnico Commerciale, 09/04/08 pretest, 28/04/08 post-test MOTIVAZIONE DELLA SCELTA Il grafico è contestualizzato in una situazione propria della vita reale e le domande non sono espresse in linguaggio matematico o riferite esplicitamente ad oggetti matematici, bensì espresse in linguaggio proprio della vita quotidiana. Questo è stato fatto al fine di verificare il possesso di competenze specifiche sulla comprensione di un grafico cartesiano in contesto reale, acquisite durante attività sullo studio di grafici cartesiani di tipo spazio-tempo, mediante l’utilizzo del sensore di posizione. Questo item è stato inserito in tutti i test delle sperimentazioni effettuate durante il lavoro di ricerca, anche se alcune domande riportate di sopra sono state inserite gradualmente nei vari test per migliorare ed ampliare l’indagine di ricerca. Di seguito si riportano tutte le variabili comportamentali emerse durante il lavoro di ricerca; tuttavia, si fa presente che esse differiscono per nomenclatura dalle variabili comportamentali riportate negli articoli allegati alla presente tesi. Nonostante ciò, il lettore potrà prendere atto della similarità tra le varie analisi. Si precisa che la nomenclatura riportata di seguito fa riferimento a quella adottata nella terza fase sperimentale, nella quale tutte le variabili comportamentali sono state indicate con la lettera “B”, iniziale di behavior (comportamento in lingua inglese), e numerate in sequenza tra i vari items. Accanto alla descrizione del comportamento è riportata, tra parentesi, la lettera della domanda a cui si fa riferimento e la risposta data dagli allievi. ANALISI COMPORTAMENTI: ITEM 3 Competenze specifiche Comportamenti Lettura corretta del valore dell’ordinata in B18 corrispondenza dell’ascissa (a: 9) B19 Confusione tra ascissa e ordinata (a: 9 giorni) Lettura del grafico come icona: a ciascun giorno l’alunno fa corrispondere 1 euro, rappresentato graficamente dal punto B20 geometrico (a: 3) C2/6.1: Leggere/disegnare le coordinate dei punti del grafico Nessuna lettura del grafico e libera interpretazione dei dati del testo, moltiplicando il numero dei giorni per 5 (euro), come se il testo contenesse il dato “ogni giorno Sara B21 prende un buon voto” (a: 20) Nessuna lettura del grafico e libera interpretazione dei dati del testo, attribuendo ad ogni giorno 5 (euro), come se il testo contenesse il dato “ogni giorno Sara prende un B22 buon voto” (a:5) Somma degli euro che Sara possedeva nei primi quattro giorni. Interpretazione del grafico B23 come denaro guadagnato e non posseduto (a:26) Individuazione corretta dei giorni B24 corrispondenti ai massimi relativi (b: 1, 3, 5) Confusione tra il concetto di massimo relativo B25 e di massimo assoluto (b: 5) Confusione tra il concetto di massimo relativo B26 ed il concetto di costante (b: 1, 3, 4, 5) Confusione tra il concetto di massimo relativo B27 e di valore non nullo (b: tutti i giorni) C3/6.4: Individuare massimi (e minimi) relativi di una funzione grafica Confusione tra il concetto di massimo relativo B28 e di non minimo assoluto (b: 1,3,4,5,6,7) Confusione tra il concetto di massimo relativo B29 e il di maggiore (b: 3,4,5 oppure 5,3,4,6) Confusione tra il concetto di massimo relativo B30 e di maggiore incremento (b: 3) Confusione tra il concetto di massimo relativo e maggiori valori tra i maggiori valori tra i B31 massimi relativi (b: 3,5) Individuazione corretta dei massimi relativi ma B32 confusione tra ascissa e ordinata (b: 5,9,12) Tra i massimi relativi esclude quello che B33 rimane costante nel giorno successivo (b: 1,5) C3/6.1: Leggere gli estremi e l’ampiezza degli intervalli su un grafico C3/6.3: Individuare massimi (e minimi) assoluti di una funzione grafica Individuazione corretta dell’ampiezza B34 dell’intervallo (c: 2) Confusione tra il concetto di intervallo e il B35 concetto di valore della coordinata (c: 3) Corretta identificazione del massimo assoluto B36 (e: 5) Confusione tra non massimo e decrescenza (e: B37 1,2,3,4,5,7) Interpretazione dei dati come “denaro guadagnato da Sara” ed identificazione dell’ultimo giorno come giorno in cui Sara B38 possiede più denaro (e: 7) Confusione tra valore massimo e costanza (e: B39 3,4 oppure 4) Confusione tra massimo assoluto e maggiore B40 (e: 3, 4, 5) Identificazione del massimo assoluto ma B41 confusione tra ascissa e ordinata (e: 12) Confusione tra “massimo assoluto” e “maggior B42 incremento” Corretta identificazione del minimo assoluto (f: B43 2) C3/6.3 Individuare (massimi e) minimi assoluti di una funzione grafica B44 Confusione tra minimo e decrescenza (f: 6) Confusione tra minimo assoluto e relativo (f: 1 B45 oppure 4 oppure 7) C3/6.2: Distinguere tra crescenza, decrescenza e costanza di un grafico Corretta identificazione del giorno in cui la quantità di euro rimane costante rispetto al B46 precedente (g: 4) Corretta identificazione del giorno in cui si ha maggiore incremento di denaro rispetto al B47 giorno precedente (h: 3) C3/6.5: Confrontare le differenze dei gradi di rapidità di crescita (e decrescita) dei tratti di curva Confusione tra il giorno in cui si ha maggiore incremento di denaro e il massimo assoluto (h: B48 5) B49 Confusione tra crescenza e costanza (h: 4) Confusione tra il giorno in cui si ha maggiore incremento di denaro e i massimi relativi (h: B50 3,5) C1/6.1: Individuare il dominio (e il codominio) di una funzione grafica Corretta identificazione del dominio (i: 7) B51 Non è stata riportata l’analisi relativa alla domanda d, che inizialmente era stata inserita per valutare la competenza di compiere inferenze sulla base di dati sperimentali, successivamente non tenuta in considerazione poiché ritenuta non centrale per il tema di indagine della presente tesi. Questo aspetto è stato analizzato in alcuni test mediante la statistica implicativa. IT EM 3 5° P R I M A R I A PR E- T EST 16 14 12 10 8 6 4 2 0 B24 B25 B28 B26 B29 B34 B35 B34 B35 C OM P OR T A M E N T I IT EM 3 5° P R I M A R I A POST - T EST 16 14 12 10 8 6 4 2 0 B24 B25 B28 B26 B29 C OM P OR T A M E N T I Per quanto riguarda la competenza di individuare i massimi relativi, dal pre-test al post-test si osserva che il numero di studenti che posseggono questa competenza non è variato (B24), ma gli studenti che non posseggono questa competenza sono diminuiti (B25, B26, B28, B29). Risultati più significativi si evidenziano per quanto riguarda la competenza sulla lettura sull’ampiezza degli intervalli (B34), acquisita da 12 allievi. ITEM 3 4° LICEO CLASSICO PRE-TEST ITEM 3 4°LICEO CLASSICO POST-TEST 12 12 10 FREQUENZE FREQUENZE 10 8 6 4 2 8 6 4 2 0 0 B18 B24 B25 B26 B36 B47 B48 B49 B34 B18 COMPORTAMENTI B24 B25 B26 B36 B47 B48 B49 B34 COMPORTAMENTI L’analisi dei dati dei test dei 12 allievi della classe 4° del Liceo Classico che hanno svolto sia il pre-test che il post-test mostra che prima dell’attività didattica tutti gli allievi sapevano già individuare correttamente il massimo assoluto (B36) e leggere l’ampiezza dell’intervallo (B34). L’attività ha avuto risvolti positivi sullo sviluppo delle competenze legate all’individuazione dei massimi relativi (B24) e il confronto dei gradi di rapidità di crescita dei tratti del grafico (B47). FREQUENZE ITEM 3 4°PRIMARIA PRE-TEST 12 10 8 6 4 2 0 B18 B19 B20 B21 B22 B24 B25 B29 B27 B34 B35 B36 B37 B38 B39 B43 B44 B45 B47 B48 B49 COMPORTAMENTI FREQUENZE ITEM 3 4°PRIMARIA POST-TEST 12 10 8 6 4 2 0 B18 B19 B20 B21 B22 B24 B25 B29 B27 B34 B35 B36 B37 B38 B39 B43 B44 B45 B47 B48 B49 COMPORTAMENTI Rispetto alle altre classi e, soprattutto alla 5° Primaria, questa classe nel pre-test ha mostrato di possedere competenze quasi nulle riguardanti la comprensione di grafici cartesiani. Soltanto 3 alunni hanno letto correttamente la corrispondenza dell’ordinata in corrispondenza dell’ascissa (B18), interpretando correttamente il significato delle variabili rappresentate nel grafico. I restanti allievi hanno attribuito interpretazioni personali alla corrispondenza cartesiana. Ad esempio, hanno letto il grafico come un’icona, facendo corrispondere a ciascun giorno 1 euro, rappresentato graficamente dal punto geometrico (B20). Altri, anziché ricavare i dati dal grafico, li hanno ricavati dal testo, dando libera interpretazione al dato mancante e attribuendo a ciascun giorno 5 euro, come se il testo contenesse il dato “ogni giorno Sara prende un buon voto” (B22). I risultati del post-test mostrano che tutti gli allievi hanno letto correttamente la corrispondenza di ascissa e ordinata (B18). La competenza relativa all’individuazione dei massimi relativi non è stata acquisita (B24), mentre è migliorata quella relativa all’individuazione di massimi e minimi assoluti (B36 e B43) e la lettura dell’ampiezza dell’intervallo (B34). FREQUENZE ITEM 3 2° ITC PRE-TEST 16 14 12 10 8 6 4 2 0 B18 B24 B25 B28 B29 B33 B34 B35 B36 B42 B47 B48 B50 COMPORTAMENTI FREQUENZE ITEM 3 2° ITC POST-TEST 16 14 12 10 8 6 4 2 0 B18 B24 B25 B28 B29 B33 B34 B35 COMPORTAMENTI B36 B42 B47 B48 B50 Dall’analisi dei test dei 17 alunni della 2° classe di Istituto Tecnico Commerciale è emerso che tutti, già prima dell’attività didattica, comprendevano la corrispondenza cartesiana tra scissa e ordinata. Le competenze sull’individuazione dell’ampiezza degli intervalli (B34) e sul confronto tra gradi di crescita (B47) sono leggermente migliorate. Quasi la metà degli studenti ha migliorato la competenza di individuazione dei massimi relativi (B24); mentre al di là di ogni aspettativa, non tutti gli studenti hanno individuato il massimo assoluto, cosa che invece si era verificata nel pre-test. Si precisa che nel post-test l’item era analogo a quello riportato sopra, ma non identico. Analisi statistica implicativa dell’item n.3 Questo test, come si vede dall’articolo pubblicato all’ICME-11, è stato analizzato, per le prime due sperimentazioni, anche mediante il software Chic di analisi statistica implicativa e il metodo delle variabili supplementari (Spagnolo, 2005). Per analizzare i risultati, per ogni pre-test o post-test di ogni classe è stata creata una tabella a doppia entrata, nella quale la prima colonna era costituita dalla sigla del comportamento degli allievi (ad esempio, B18, B24, B25, ecc…), nella prima riga venivano riportate le sigle degli studenti (numerati in successione), del tipo Si, per i=1,..,n, (ad esempio, S1, S2, S3, ecc…), che rappresentano le “variabili studente”. Nella stessa riga delle variabili studente sono state aggiunte le variabili supplementari, alle quali, in questo contesto, si è dato il significato di modelli di comportamento degli studenti. Completando la tabella con valori booleani, 1 oppure 0, a seconda, rispettivamente, se lo studente assumeva o meno il comportamento corrispondente, è stata ricavata una griglia in cui le colonne rappresentavano proprio le componenti delle variabili studente. Lo stesso si è fatto per le variabili supplementari, che sono state aggiunte alle variabili studente allo scopo di analizzare la similarità le variabili studente e i modelli di comportamento. Questo tipo di analisi viene fatta mediante alberi di similarità prodotti dal software Chic, nei quali le variabili studenti e le variabili supplementari si raggruppano per similarità e, dunque, tale grafico indica la similarità di un certo studente rispetto al modello comportamentale con cui si è raggruppato. I modelli di comportamento scelti sono stati tutti modelli che indicano comportamenti positivi e sono stati scelti in base alle competenze che si mirava di migliorare durante l’attività didattica. Pertanto, si è scelto di non inserire un modello che evidenziasse la capacità di riconoscere la corrispondenza tra ascissa ed ordinata, poiché in entrambe le classi prese in esame, come si è visto dall’analisi delle frequenze, questa competenza era già posseduta dagli allievi in ingresso. Per la stessa ragione, per la 4° classe di liceo classico sono stati omessi anche i modelli comportamentali riguardanti l’individuazione del massimo assoluto e la lettura dell’ampiezza dell’intervallo. Pertanto, le variabili supplementari scelte per le due classi sono le seguenti: Variabili supplementari degli Studenti della 5° Primaria B24 B25 B26 B28 B29 B34 B35 MaxR 1 0 0 0 0 0 0 Int MaxR-Int 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 1 1 0 0 Variabili supplementari degli Studenti del 4° Liceo Classico MaxR- Max- Grow- MaxR-GrowHp Hp MaxR Grow Hp Grow Hp 1 0 0 1 1 0 1 B24 0 0 0 0 0 0 0 B25 0 0 0 0 0 0 0 B26 1 1 1 1 1 1 1 B36 0 1 0 1 0 1 1 B47 0 0 0 0 0 0 0 B48 0 0 0 0 0 0 0 B49 0 0 1 0 1 1 1 H1 0 0 0 0 0 0 0 H2 0 0 0 0 0 0 0 H3 I comportamenti H1, H2, e H3 sono relativi alla domanda d. dell’item, la cui analisi, come si è detto sopra, è stata effettuata soltanto nelle sperimentazioni iniziali perché non centrale rispetto al tema di ricerca della presente tesi. Qui si riporta per completezza la descrizione di queste variabili: H1: Risposta affermativa alla domanda d, giustificata dall’affermazione “le avrebbe potuto spendere il denaro guadagnato”: corretta formulazione di ipotesi sulla base di dati sperimentali H2: Risposta negativa alla domanda d, giustificata dall’affermazione “lei spende 4 euro” or “altrimenti dovrebbe possedere 13 euro”: errata formulazione di ipotesi sulla base di dati sperimentali H3: Risposta affermativa alla domanda d, giustificata dall’affermazione “poiché il sesto giorno guadagna 8 euro”: lettura errata del grafico La nomenclatura delle variabili supplementari, che si ricorda essere modelli di comportamento degli studenti, è stata scelta ad hoc per sintetizzare la competenza posseduta dal medesimo modello. Ad esempio, nella tabella della 5° classe Primaria, MaxR rappresenta il modello-studente che riconosce correttamente il massimo relativo ma non sa individuare l’ampiezza dell’intervallo. Int è il complementare di MaxR, nel senso che individua l’ampiezza dell’intervallo ma non il massimo relativo. MaxR- Int rappresenta l’and di Max-R e Int, il modello che possiede l’unione delle loro competenze. Analogamente il lettore può ricavare i significati delle variabili supplementari della 4° classe di Liceo Classico, tenendo presente che Grow sta per crescenza ed indica la competenza di individuare il maggior incremento; mentre, Hp sta per ipotesi e si riferisce alla capacità di formulare ipotesi sulla base di dati sperimentali. Le “variabili studente” e le “variabili supplementari” sono state analizzate insieme in alberi di similarità mediante il software Chic. Ovviamente, un miglioramento di competenze negli studenti sarà evidenziato con una loro maggiore similarità nel post-test ai modelli comportamento, che ricordiamo essere positivi. Gli alberi di similarità ottenuti per la 5° classe di Scuola Primaria sono i seguenti: PRE-TEST 5° PRIMARIA POST-TEST 5° PRIMARIA 4a 2 1 3 5 4b 6 Nell'albero di similarità del pre-test si osserva che le variabili sono divise in quattro gruppi. Solamente il gruppo 4a è caratterizzato da una variabile supplementare, MaxR; dunque, gli studenti che ne fanno parte hanno individuato correttamente i massimi relativi. Gli studenti appartenenti ai gruppi 1, 2 e 3 non possiedono nessuna delle due competenze analizzate. Nel grafico del post-test vi sono tre gruppi di variabili simili, ognuno caratterizzato da una variabile supplementare: il gruppo 4b è analogo al 4a del pre-test ma più ampio; nel di gruppo 5 vi sono gli studenti che, essendo simili a MaxR-Int, hanno individuato correttamente il massimo relativo e l'ampiezza degli intervalli; il gruppo 6, contenente Int, è costituito dagli studenti che identificano correttamente l'ampiezza dell'intervallo. Quindi si può affermare che tutti gli studenti hanno evidenziato un miglioramento nel possedimento delle competenze in esami, alcuni in una e altri in entrambe. PRE TEST – 4° PRIMARIA In questo albero di similarità compaiono 5 gruppi di variabili, che possono essere così descritti: • Il gruppo 1, di cui fa parte soltanto lo studente S1, rappresenta gli studenti che hanno letto correttamente le coordinate cartesiane, l’ampiezza dell’intervallo, il massimo e il minimo assoluto; • Il gruppo 2, di cui fanno parte gli studenti S1 ed S5, rappresenta gli studenti che hanno letto correttamente coordinate cartesiane, il massimo e il minimo assoluto. • Il gruppo 4, di cui fa parte lo studente S6, rappresenta gli studenti che hanno letto correttamente il minimo assoluto; • Il gruppo 5, di cui fa parte lo studente S11, rappresenta gli studenti che hanno letto correttamente le coordinate cartesiane; • Il gruppo 3, di cui fanno parte i restanti studenti, rappresenta gli studenti che non posseggono alcune competenza nella lettura dei grafici. Poiché la classe nella quale è stata effettuata l’attività didattica non aveva affrontato precedentemente lo studio di grafici cartesiani, tale albero di similarità fornisce, in parte, una risposta alla mia domanda di ricerca. Di seguito riporto l’albero di similarità delle variabili studente per quanto riguarda il primo esercizio del post-test, ottenuto dalla tabella in allegato n° 14. ANALISI POST-TEST 4° PRIMARIA In tale grafico sono evidenti 9 raggruppamenti di variabili simili: • Il gruppo 1, di cui fanno parte S1 e S8, è costituito dagli studenti che sono stati in grado di leggere le coordinate cartesiane, l’ampiezza dell’intervallo, il massimo e minimo assoluto; • Il gruppo 2, di cui fanno parte S2, s4 ed S5 e il gruppo 1, è costituito dagli studenti che sono stati in grado di leggere le coordinate cartesiane, l’ampiezza dell’intervallo, il massimo e minimo assoluto; • Il gruppo 3, di cui fa parte S9, è costituito dagli studenti che sono stati in grado di leggere le coordinate cartesiane, l’ampiezza dell’intervallo, il massimo e minimo assoluto e la crescenza; • Il gruppo 3, di cui fa parte S9, è costituito dagli studenti che sono stati in grado di leggere le coordinate cartesiane, l’ampiezza dell’intervallo, il massimo e minimo assoluto e la crescenza; • Il gruppo 4, di cui fa parte S3 e il gruppo 3, è costituito dagli studenti che sono stati in grado di leggere le coordinate cartesiane, l’ampiezza dell’intervallo, il massimo assoluto e la crescenza; • Il gruppo 5, di cui fa parte S12 e il gruppo 4, è costituito dagli studenti che sono stati in grado di leggere le coordinate cartesiane, il massimo assoluto e la crescenza; • Il gruppo 6, di cui fanno parte i gruppi 2 e 5, è costituito dagli studenti che sono stati in grado di leggere le coordinate cartesiane e il massimo assoluto; • Il gruppo 7, di cui fa parte S11, è costituito dagli studenti che sono stati in grado di leggere le coordinate cartesiane, l’ampiezza dell’intervallo e il minimo assoluto; • Il gruppo 8, di cui fanno parte S3 e il gruppo7, è costituito dagli studenti che sono stati in grado di leggere le coordinate cartesiane e l’ampiezza dell’intervallo; • Il gruppo 9, di cui fanno parte S7, S10 e il gruppo 8, è costituito dagli studenti che sono stati in grado di leggere le coordinate cartesiane. Dal confronto di tali grafici emerge, dunque, che buona parte degli studenti ha raggiunto le competenze fissate, relative alla lettura dei grafici. In particolare gli studenti hanno migliorato maggiormente le competenze relative alla lettura dell’ampiezza di un intervallo o di un massimo o minimo relativo. Il dato più significativo è sicuramente quello relativo alla lettura delle coordinate, infatti tale analisi mostra che tutti gli studenti in seguito all’attività laboratoriale hanno acquisito tale competenza. Non ci sono stati miglioramenti per quanto riguarda la formulazione di ipotesi sulla base di dati sperimentali e la lettura dei massimi relativi. Analizzando i test della 4° classe di Liceo Classico mediante lo Chic sono stati ottenuti i seguenti grafici: PRE-TEST 4° LICEO CLASSICO POST-TEST 4° LICEO CLASSICO 4a 1 2a 3 4b 5 2b Nel grafico del pre-test le variabili studente sono divise in 4 gruppi. Gli studenti appartenenti al gruppo 1 non sono simili a nessuna variabile supplementare, dunque sono studenti che non possiedono nessuna delle tre competenze analizzate. In realtà, S1 è un studente che ha saputo legge il massimo relativo, ma risulta più simile agli studenti che non leggono correttamente il grado della crescita e non fanno ipotesi adeguate sulla base dei dati sperimentali, piuttosto che a MaxR. Il gruppo 2a è formato da studenti che hanno letto correttamente il massimo relativo ed il grado della crescita. Gli studenti in gruppo 3 hanno letto correttamente il grado di crescita. Nel gruppo 4a gli studenti possiedono le tre competenze analizzate. Nel grafico del post-test le variabili studente sono divise in tre gruppi. I gruppi 2b e 4b sono analoghi a gruppi 2a e 4a della pre-test, ma risultano più ampi. Il gruppo 5 è costituito dagli studenti che hanno individuato correttamente il massimo relativo. Si ritiene importante sottolineare che questo tipo di analisi, rispetto all’analisi delle frequenze, ha il vantaggio di esaminare il comportamento dei singoli studenti e non soltanto il numero di studenti che seguono un determinato comportamento. Per esempio, si osserva dai grafici della 5° classe Primaria che lo S1, dal pre-test al posttest, ha acquisito entrambe le competenze. Questo permette di avere una visuale più completa sull’analisi delle competenze possedute; inoltre, ha permesso di analizzare anche il comportamento degli studenti che non erano presenti sia allo svolgimento del pre-test e del post-test, ma solo ad uno dei due, senza che quest’analisi perdesse di significato, come invece accade nel delle frequenze. Item 4: Comprensione di grafici cinematici (per la Scuola Primaria) Di seguito sono riportati tre grafici, in cui sull’asse verticale è riportato lo spazio percorso da un’automobile e sull’asse orizzontale è riportato il tempo impiegato. Descrivi ciascun grafico, facendo riferimento ai movimenti effettuati dall’automobile al passare del tempo ed evidenziando le differenze con gli altri grafici. b. a. 150 150 140 140 130 130 120 120 110 110 100 SPAZIO (metri) SPAZIO (metri) 100 90 80 70 60 80 70 60 50 50 40 40 30 30 20 20 10 10 0 0 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 0 TEMPO (secondi) 150 140 130 120 110 100 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0 0 1 2 3 4 5 1 2 3 4 5 6 TEMPO (secondi) c. SPAZIO (metri) 90 6 TEMPO (secondi) 7 8 9 10 7 8 9 10 ANALISI DEI COMPORTAMENTI, ITEM 4, S. PRIMARIA 2.a1: In ciascun grafico mette in relazione l’intervallo spaziale con l’intervallo temporale 2.a2: Legge solo lo spazio iniziale 2.a3: Visione del grafico simile alla rappresentazione delle latitudini e longitudini di Oresme (l’ordinata corrisponde alla longitudine, che è l’altezza di una latitudine) 2.a4: Confusione tra valore temporale e spaziale (confusione tra ascissa e ordinata) 2.a5: Confusione nell’associazione numero-unità di misura 2.b1: Lettura corretta del tempo iniziale e finale (lettura corretta dell’ascissa del punto iniziale e finale) 2.b2: Confusione tra tempo iniziale e tempo finale (confusione nella relazione d’ordine della variabile indipendente) 2.c1: Lettura corretta della posizione di partenza e di arrivo (lettura corretta dell’ordinata del punto iniziale e finale) 2.c2: Confusione tra spazio iniziale e spazio finale (confusione nella relazione d’ordine della variabile dipendente) 2.c4: Confusione tra lo spazio finale e il massimo valore della scala dell’asse spaziale (Confusione tra l’ordinata del punto di ascissa maggiore e il massimo valore della scala delle ordinate) 2.d1: Lettura corretta del tempo trascorso (lettura corretta dell’intervallo della variabile indipendente) 2.e1: Lettura corretta della distanza tra la posizione di partenza e la posizione di arrivo nei grafici dei moti di allontanamento e avvicinamento (lettura corretta dell’intervallo non nullo della variabile dipendente) 2.e2: Confusione tra lo spazio percorso e lo spazio iniziale o finale (confusione tra ampiezza dell’intervallo delle ordinate e un valore delle coordinate) 2.e3: Confusione tra lo spazio percorso e l’ampiezza della scala spaziale (Confusione tra l’ampiezza dell’intervallo delle ordinate e il massimo valore della scala delle ordinate) 2.f1: Lettura corretta della distanza tra la posizione di partenza e la posizione di arrivo nel grafico del corpo fermo (Riconoscimento dell’intervallo nullo della variabile dipendente) 2.g1: Mette in relazione qualitativamente la velocità dei tre grafici Poiché gli studenti della Scuola Primaria non avevano affrontato lo studio cinematico sistematizzato, ma possedevano soltanto delle concezioni spontanee, si è ritenuto opportuno far emergere queste concezioni mediante il confronto tra grafici. Invece, agli studenti della Scuola Secondaria Superiore, che avevano già affrontato questo tipo di studio, sono state formulate delle domande specifiche, come si legge nel seguente item. Item 4: Comprensione di grafici cinematici (per la Scuola Secondaria) Una macchina si muove rispetto ad un palo scelto come riferimento, uno strumento misura lo spazio che essa percorre e il tempo trascorso. Lo spazio viene misurato in metri e il tempo in secondi. Sono state fatte 3 misurazioni e i dati rilevati sono rappresentati nei grafici riportati sotto. Rispondi alle domande relative a ciascun grafico 2. 1. Quanto spazio ha percorso? 2. Quanto tempo è trascorso? 3. Qual è lo spazio di partenza? 4. Qual è lo spazio di arrivo? 5. Di che tipo di moto si tratta? 6. Qual è la massima distanza raggiunta rispetto al sistema di riferimento? 7. Qual è la minima distanza raggiunta rispetto al sistema di riferimento? 8. Se è possibile, calcola la velocità (commenta la risposta) 9. Se è possibile, scrivi la legge oraria (commenta la risposta) 150 140 130 120 110 100 SPAZIO 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 TEMPO 150 3. 140 130 120 110 100 SPAZIO 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0 0 1 2 3 4 5 TEMPO 6 7 8 9 10 1. Quanto spazio ha percorso? 2. Quanto tempo è trascorso? 3. Qual è lo spazio di partenza? 4. Qual è lo spazio di arrivo? 5. Di che tipo di moto si tratta? 6. Qual è la massima distanza raggiunta rispetto al sistema di riferimento? 7. Qual è la minima distanza raggiunta rispetto al sistema di riferimento? 8. Se è possibile, calcola la velocità (commenta la risposta) Se è possibile, scrivi la legge oraria (commenta la risposta) 150 4. 140 130 120 110 100 SPAZIO 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 TEMPO 10 1. Quanto spazio ha percorso? 2. Quanto tempo è trascorso? 3. Qual è lo spazio di partenza? 4. Qual è lo spazio di arrivo? 5. Di che tipo di moto si tratta? 6. Qual è la massima distanza raggiunta rispetto al sistema di riferimento? 7. Qual è la minima distanza raggiunta rispetto al sistema di riferimento? 8. Se è possibile, calcola la velocità (commenta la risposta) 9. Se è possibile, scrivi la legge oraria (commenta la risposta): Item 5: Confronto pendenze, Scuola Primaria Di seguito sono riportati due grafici, in cui sull’asse verticale è riportato lo spazio percorso da un’automobile e sull’asse orizzontale è riportato il 100 100 90 90 80 80 70 70 60 60 SPAZIO SPAZIO tempo impiegato. Confrontali e spiega, secondo te, qual è la differenza. 50 50 40 40 30 30 20 20 10 10 0 0 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 0 TEMPO 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 TEMPO Spiega cosa è, secondo te, la velocità di un corpo: ANALISI DEI COMPORTAMENTI, ITEM 5 3A1: Confronto quantitativo corretto dello spazio percorso a parità di tempo trascorso (confronto dell’ampiezza dell’intervallo dell’ordinata in relazione a quello dell’ascissa) 3B1: Confronto quantitativo corretto dello spazio percorso, mancata relazione col tempo trascorso 3C1: (13, 16) Confronto qualitativo corretto dello spazio percorso, inteso come “altezza del grafico” (Oresme) 3D1: Confronto quantitativo corretto della “lunghezza” dei grafici 3E1: Confronto qualitativo corretto della pendenza dei grafici 3F1: Confronto qualitativo corretto della velocità dei grafici 4A1: Concezione della velocità di un corpo legata al concetto di “rapidità nei movimenti del corpo stesso" 4B1: Concezione della velocità messa in relazione allo spazio percorso e al tempo impiegato a percorrerlo 4B2: Concezione della velocità messa in relazione al solo spazio percorso 4B3: Concezione della velocità messa in relazione al solo tempo trascorso 4B4: Viene espressa la dipendenza della velocità da grandezze o entità fisiche, escluso spazio e tempo (potenza, energia, movimento, spinta, massa, forza) 4B5: Concezione della velocità non legata a grandezze fisiche 4B6: Viene scambiato il concetto di velocità con quello di tempo 4B7: Viene scambiato il concetto di velocità con quello di spostamento Item 6, Comprensione di grafici cinematici di moti vari, Scuola Secondaria 5. 1. Quanto spazio ha percorso? 2. Quanto tempo è trascorso? 3. Qual è lo spazio di partenza? 4. Qual è lo spazio di arrivo? 5. Di che tipo di moto si tratta? 6. Qual è la massima distanza raggiunta rispetto al sistema di riferimento? 7. Qual è la minima distanza raggiunta rispetto al sistema di riferimento? 8. Se è possibile, calcola la velocità (commenta la risposta) Se è possibile, scrivi la legge oraria (commenta la risposta): Analisi test, seconda fase sperimentale Nella seconda fase sperimentale il test è stato somministrato agli studenti di un corso PON di matematica del 3° - 4° Liceo Classico (Mandralisca di Cefalù). Il test è stato allegato alla presente tesi (ALLEGATO n.10). L’analisi dei comportamenti degli studenti viene riportata di seguito: COMPRENSIONE DI UN GRAFICO SPAZIO-TEMPO B1 Individuazione corretta dell’ampiezza Ampiezza intervallo dell’intervallo (a: 1) B2 B3 Individuazione di intervalli di ascissa corrispondenti a tratti decrescenti B4 B5 Confronto tra pendenze di tratti crescenti B6 B7 Individuazione corretta degli estremi di intervalli di ascissa corrispondenti a tratti decrescenti (b: 20,50,100) Individuazione corretta degli estremi di un solo intervallo di ascissa corrispondente a un tratto decrescente Corretta identificazione del tratto di allontanamento in cui la velocità è maggiore (c: 90-100) Indicazione di un tratto di allontanamento in cui la velocità non è maggiore. Rispetto al tratto con velocità maggiore, lo spazio percorso è uguale e il tempo trascorso è maggiore (c) Calcolo corretto della velocità media Calcolo del coefficiente angolare Calcolo della velocità dividendo l’intervallo del tempo per l’intervallo di spazio B8 Corretta indicazione che nei tratti di avvicinamento la velocità è sempre uguale (d: uguale) B9 Indicazione errata che in un solo tratto di avvicinamento la velocità è maggiore rispetto agli − 2km (d: altri. Scelta del tratto con velocità v = 20 min 20-30) Confronto tra pendenze di tratti decrescenti B10 Indicazione errata che in un solo tratto di avvicinamento la velocità è maggiore rispetto agli altri. Scelta del tratto con velocità v = B11 − 1km 10 min Corretta identificazione dei tratti con posizione costante Identificazione di tratti B12 costanti Il corpo viene considerato sempre in movimento B13 B14 Nessuna individuazione di tratti costanti Corretta identificazione del massimo assoluto (f: 5) B15 Identificazione del massimo assoluto B16 Identificazione del dominio B17 Confusione tra massimo assoluto e primo massimo relativo (f:2) Corretta identificazione del dominio (g: 120) Individua come “durata del moto” il tempo in cui Stefano si è effettivamente mosso, escludendo i tratti in cui è rimasto fermo, che corrispondono ad una posizione costante (g: 80) COMPRENSIONE DI UN GRAFICO CARTESIANO PER PUNTI, CONTESTUALIZZATO NELLA VITA REALE Lettura corretta del valore dell’ordinata in corrispondenza dell’ascissa (a: 9) B18 Confusione tra ascissa e ordinata (a: 9 giorni) B19 Lettura del grafico come icona: a ciascun giorno l’alunno fa corrispondere 1 euro, rappresentato graficamente dal B20 punto geometrico (a: 3) Nessuna lettura del grafico e libera interpretazione dei dati Corrispondenza tra del testo, moltiplicando il numero dei giorni per 5 (euro), ascissa e ordinata come se il testo contenesse il dato “ogni giorno Sara B21 prende un buon voto” (a: 20) Nessuna lettura del grafico e libera interpretazione dei dati del testo, attribuendo ad ogni giorno 5 (euro), come se il testo contenesse il dato “ogni giorno Sara prende un buon B22 voto” (a:5) Somma degli euro che Sara possedeva nei primi quattro giorni. Interpretazione del grafico come denaro B23 guadagnato e non posseduto (a:26) Individuazione corretta dei giorni corrispondenti ai Massimi relativi massimi relativi (b: 1, 3, 5) B24 12 Confusione tra il concetto di massimo relativo e di B25 massimo assoluto (b: 5) Confusione tra il concetto di massimo relativo ed il concetto di costante (b: 1, 3, 4, 5) Confusione tra il concetto di massimo relativo e di valore non nullo (b: tutti i giorni) Confusione tra il concetto di massimo relativo e di non minimo assoluto (b: 1,3,4,5,6,7) Confusione tra il concetto di massimo relativo e il di maggiore (b: 3,4,5 oppure 5,3,4,6) Confusione tra il concetto di massimo relativo e di maggiore incremento (in b: 3) Confusione tra il concetto di massimo relativo e maggiori valori tra i maggiori valori tra i massimi relativi (in b: 3,5) Individuazione corretta dei massimi relativi ma confusione tra ascissa e ordinata (in b: 5,9,12) B26 B27 B28 B29 B30 B31 B32 Tra i massimi relativi esclude quello che rimane costante nel giorno successivo (in b: 1,5) B33 B34 Ampiezza intervallo B35 Individuazione corretta dell’ampiezza dell’intervallo (in c: 2) 6 Confusione tra il concetto di intervallo e il concetto di valore della coordinata (in c: 3) Corretta identificazione del massimo assoluto (in e: 5) B36 B37 B38 Massimo assoluto B39 B40 Confusione tra non massimo e decrescenza (in e: 1,2,3,4,5,7) Interpretazione dei dati come “denaro guadagnato da Sara” ed identificazione dell’ultimo giorno come giorno in cui Sara possiede più denaro (in e: 7) Confusione tra crescenza e costanza (in e: 3,4 oppure 4) Confusione tra massimo assoluto e maggiore (in e: 3, 4, 5) Identificazione del massimo assoluto ma confusione tra ascissa e ordinata (in e: 12) B41 Confusione tra “massimo assoluto” e “maggior incremento” Corretta identificazione del minimo assoluto (in f: 2) B42 B43 B44 Minimo assoluto B45 Tratto costante B46 Confusione tra minimo e decrescenza (in f: 6) Confusione tra minimo assoluto e relativo (in f: 1 oppure 4 oppure 7) Corretta identificazione del giorno in cui la quantità di euro rimane costante rispetto al precedente (in g: 4) Corretta identificazione del giorno in cui si ha maggiore incremento di denaro rispetto al giorno precedente (in h: 3) B47 Incremento B48 maggiore B49 Confusione tra il giorno in cui si ha maggiore incremento di denaro e il massimo assoluto (in h: 5) Confusione tra crescenza e costanza (in h: 4) Confusione tra il giorno in cui si ha maggiore incremento di denaro e i massimi relativi (in h: 3,5) B50 Dominio Corretta identificazione del dominio (in i: 7) B51 COMPRENSIONE DI UN GRAFICO SPAZIO-TEMPO IN TERMINI DI ESISTENZA-UNICITA’ Funzioni Riconosce i grafici spazio/tempo B52 spazio/tempo Considera funzione spazio/tempo solo il grafico realistico B53 Considera funzione spazio/tempo solo la retta obliqua B54 Considera funzioni spazio/ tempo tutti i grafici (poiché in tutti lo spazio x è in funzione del tempo) B55 B56 Funzioni Individua il grafico realistico spazio/tempo Non considera realistico il grafico in cui il pullman torna realistiche indietro B57 Non considera realistico il grafico rettilineo uniforme, perché non esiste in natura B58 Considera realistici tutti i grafici di funzione spazio/tempo B59 Considera realistico anche il grafico con retta verticale B60 Considera realistico anche il grafico in cui ad un certo intervallo di tempo non corrisponde alcun valore dello spazio B61 Considera realistico anche il grafico in cui a alcuni valori del tempo ne corrispondono tre dello spazio B62 Transfert cognitivo Argomenta in termini matematici (c: per una x ci sono più y; f: non ha origine) B63 Argomenta in termini fisici (a: moto rettilineo uniforme; b: il tempo torna indietro / torna indietro nel tempo; c: tempo B64 fermo / velocità infinita; d,e: moto accelerato / il pullman è tornato indietro; f: da 0 a 4 non prende rilevamenti / il computer comincia a registrare dopo 4 minuti) COMPRENSIONE DI UN GRAFICO CARTESIANO CONTINUO, CONTESTUALIZZATO NELLA VITA REALE Punto di intersezione tra Individua correttamente l’ascissa del punto due funzioni d’intersezione tra due funzioni B65 Confronto dei valori medi Confronta correttamente i valori medi di due di due funzioni lineari funzioni lineari limitate B66 limitate Confronto dei valori medi Confronta correttamente i valori medi di due di due funzioni lineari funzioni lineari illimitate B67 illimitate Confronto dei valori di Confronta correttamente i valori di due funzioni due funzioni costanti costanti B68 Scambia l’ordinata di un estremo di un intervallo con l’ampiezza dell’intervallo stesso (: anche se il prezzo è lo stesso per il primo dei manifesti con A si paga 100 di meno) B69 Scambia il concetto di “costante sullo stesso intervallo di ascissa” con quello di “uguale” B70 Confronto dell’incremento Confronta correttamente l’incremento di due di due funzioni lineari funzioni lineari B71 Confonde il concetto di “maggior incremento” con B72 quello di “non limitato” Confronto dell’incremento Confronta correttamente l’incremento di due di due funzioni a tratti funzioni a tratti lineari continui B73 lineari continui Scambia il concetto di “maggiore” con quello di “maggior incremento” B74 Scambia il concetto di incremento di una funzione con quello di incremento del valor medio della stessa funzione B75 COMPRENSIONE DI UN GRAFICO CARTESIANO REALISTICO, CONTESTUALIZZATO NELLA VITA REALE Individua correttamente il grafico in cui la velocità del vento è quasi costante e si B76 mantiene ad un valore elevato Giustifica la risposta in modo completo (: Il vento mantiene una velocità elevata costante. : c’è più vento durante tutto l’anno) B77 Giustifica la risposta in parte, spiegando che in C il vento è costante/quasi costante B78 Giustifica la risposta spiegando che in C il vento è “più costante”, “più stabile” B79 CONVERSIONI SEMIOTICHE NEL PROCESSO DI MODELLIZZAZIONE DI FENOMENI REALI Disegna correttamente il grafico analitico → grafico B80 inversa proporzionalità Riconosce che si tratta di una relazione di inversa proporzionalità B81 Giustifica la risposta mettendo in evidenza che all’aumentare della variabile indipendente diminuisce la variabile dipendente (: se aumenti i partecipanti diminuisce il costo dei biglietti) B82 Nel piano cartesiano inverte le posizioni delle variabili B83 Nel piano cartesiano: chiama le variabili x e y B84 Riscrive la legge chiamando le variabili x e y B85 Traccia una tabella in cui inserisce alcuni valori delle variabili B86 Disegna una retta decrescente che parte dal valore costante B87 Improprietà di linguaggio: “indirettamente proporzionali” B88 Confusione sulla rappresentazione grafica dell’inversa proporzionalità: disegna un ramo di iperbole con concavità verso il basso B89 Scrive correttamente la legge matematica Linguistico → B90 analitico Diretta proporzionalità Scrive la legge in linguaggio sintetico (guadagno=7€ B91 per ora) Riconosce che si tratta di una relazione di diretta proporzionalità B92 Chiama le variabili “x” e “y” B93 Disegna un grafico riportando alcuni valori B94 B95 B96 B97 B98 B99 B100 B101 Grafico → analitico Proporzionalità quadratica Spiega la diretta proporzionalità come “al crescere di una grandezza cresce l’altra” Scrive la legge omettendo la costante di proporzionalità Ricava la legge dal linguaggio comune 7euro compenso = 1ora Scrive correttamente la relazione analitica Chiama le variabili x e y Spiega il grafico in lingua naturale Scrive la legge in linguaggio sintetico CONOSCENZA EPISTEMOLOGICA esplicitata nelle definizioni (9 a, b, c) (Not ℜ) Nessuna B102 (ℜ) Funzione definita come “relazione”, senza specificare tra cosa B103 (ℜ D&C) Funzione definita come “relazione tra elementi di due insiemi” B104 (ℜ Var) Funzione definita come “relazione tra due variabili” (senza specificarne l’appartenenza) B105 (ℜ D&C Var) Funzione definita come “relazione tra variabili di due insiemi” B106 (∀)… ad ogni x corrisponde una y B107 (∃!) … corrisponde una sola y B108 CONOSCENZA EPISTEMOLOGICA esplicitata negli commenti agli esercizi (10, 11) B108 (ℜ) Funzione definita come “relazione”, senza specificare tra cosa Nel reg. insiemistico (ogni elemento del primo si lega (ℜ D&C) Funzione definita come “relazione al secondo; ogni punto ha un punto unico collegato; ogni elemento di A corrisponde ad uno di B) tra elementi di due B109 insiemi” nel reg. analitico ( in 11 a , b e c dà risposta (ℜ Var) Funzione definita come “relazione affermativa e spiega in che modo assegnando un tra due variabili” (senza valore alla x si possa ottenere la y, in d ed e avverte B110 specificarne l’appartenenza) la mancanza di una delle due variabili, in f dice che è troppo generica. e in 11 c: x=3 non è funzione perché non c’è relazione tra x e y. in 11 a: sì, perché al variare di x varia proporzionalmente y) nel reg. grafico ( in 11 k ed l: no, non è una relazione tra variabili) B111 nel reg insiemistico ( in 11 da w a β: accanto al primo insieme scrive x e accanto al secondo insieme scrive y.) B112 (ℜ D&C Var) Funzione definita come “relazione tra variabili di due insiemi” B113 (∀x) ad ogni x corrisponde una y reg analitico ( in 11 a: ad ogni valore di x corrisponde un valore di y) B114 reg grafico ( in j: ad ogni corrisponde un solo valore di y) B115 reg. linguistico ( in 11: ad ogni persona corrisponde un solo nome. in 11 t: ogni singolo cliente ha un solo conto) B116 reg. insiemistico ( in 11 w, y e β: sì, ogni elemento di A corrisponde ad un elemento di B. in 11 x: no, non c’è. in 11 z: no, non tutti gli elementi di A hanno corrispondenza in B. in 11 x: no, non c’è relazione. in 11 y: sì, ad ogni x corrisponde una corrisponde una y. in z: no, non c’è relazione di alcune x. in z: no, corrisponde in maniera incompleta. in 11 w: ogni elemento del 1° ha un corrispondente nel 2°) B117 (∃!) … corrisponde una sola y reg. analitico ( in 11 f: y = ± x non è funzione perché y corrisponde a 2 punti) B118 reg. grafico ( in 11k: (la retta verticale) non è funzione perché più punti di y corrispondono ad un solo x. in 11k : no, non ci possono essere più y per una x. in 11 j ed l: sì, ad ogni x corrisponde un solo valore di y. in 11 k: no, alla variante x corrispondono più y. , in 11 n: ad una x non possono corrispondere più y. in 11 m: sì, ad una x corrisponde una sola y) B119 reg. linguaggio naturale ( , , e in 11 r: ogni persona può avere un solo DNA. , , e in 11 s: no, una persona può avere più macchine. , e in 11 t: ogni singolo cliente ha un singolo conto. , in 11 q: no, B120 ogni persona non ha un singolo nome. , , in 11 u: ad ogni giorno corrisponde una sola data. , , in 11 v: sì, ogni persona ne ha uno che lo distingue dagli altri. in 11 q: sì, ogni persona può avere un solo nome reg. insiemistico ( in 11 α: no, 2 elementi i B trovano corrispondenza nello stesso elemento di A. , in 11 α: no, ad una x corrispondono 2 y) B121 NOT Iniettiva reg grafico ( in 11 l: sì, una y può avere infinite x) B122 reg insiemistico ( in 11 w: sì, per ogni y si possono avere più x) B123 NOT Surgettiva reg insiemistico ( in 11 β: sì, perché tutte le x devono avere una y) B124 Restr Diretta proporzionalità tra variabili ( in 11: giustifica le sue scelte con una delle due seguenti frasi: A non è un rapporto proporzionale tra due variabili – B è un rapporto proporzionale tra due variabili) B125 Restr Funzione Iniettiva registro analitico ( in 11 d: y=4 non è funzione perché potrei associare qualsiasi valore. , in 11 d: no, al variare di x sarà sempre 4. , in 11 c: sì, ogni valore sarà diverso per un’incognita) B126 reg. grafico ( in 11 l: (la retta orizzontale) non è funzione perché più punti di x corrispondono ad una sola y) B127 reg. linguaggio naturale ( in 11 q: no, vi è un nome per più persone. in 11 v: sì, (il numero di matricola) indica solamente una persona) B128 Restr funzione surgettiva reg insiemistico ( in 11 β: no, corrisponde in maniera incompleta) Restr funzione biunivoca reg. insiemistico ( nel registro insiemistico sceglie solo la funzione biunivoca che commenta: ogni punto ha un punto unico collegato) B129 B130 Restr: funzione non iniettiva ≡ funzione B131 costante reg. analitico ( in 11 f a y possono capitare infiniti valori della x, però consecutivi) CATEGORIE DI SIGNIFICATO Corrispondenza B132 B133 Relazione di dipendenza (, : rapporto proporzionale tra due variabili, in 11 f: y = ± x non è funzione perché y corrisponde a 2 punti. in 11 q ed s: non è funzione perché è una corrispondenza puramente casuale; in 11 t: sì perché è in funzione delle propria liquidità. in 11 da w a β: accanto al primo insieme scrive x e accanto al secondo insieme scrive y. in 11 e: no, non è una relazione tra due variabili) Regola Nell’esercizio 10, a e b: completa la tabella seguendo la regola e nega la condizione di funzione venendo meno alla regola (, in 10, a e b: completa la tabella seguendo la regola, nega la condizione di funzione venendo meno alla regola e scrive la regola in forma algebrica. in 11 a, b, c spiega la regola.) B134 Operazione ( in 11 a: sì, ogni risultato verrà in base all’equazione). B135 Formula ( in 11 f: no, formula generica. in 10 c: scrive l’equazione generica della retta. in 11 i: sì, la rappresentazione algebrica di una retta è una funzione) B136 Rappresentazione: piano cartesiano vuoto (costituito solamente da sue assi ortogonali orientati), tabella con colonna delle x e delle y vuote (palcoscenico vuoto) B137 (altro) Funzione definita in riferimento alla vita comune: “ruolo di una determinata cosa in un determinato contesto”, “qualcosa che va bene” B138 METAFORE CONCETTUALI Rappresentazione iconica di una funzione biunivoca tra insiemi → relazione B139 Cilindro → dipendenza (Disegno di un “cilindro” in riferimento all’attività svolta in classe “i sacchi di Galileo” sulla dipendenza quadratica e lineare del volume del cilindro dalla circonferenza e dall’altezza dello stesso) B140 Piano cartesiano, in cui vi è una corrispondenza tra valori delle variabili x e y → dipendenza B141 Tempo → x; spazio → y ( in 11h: sì, s=5t ) B142 Clessidra → tempo (: Disegno di una “clessidra” (strumento che misura il tempo) B143 s Formula tra grandezze fisiche → formula matematica ( v = ; E = mc 2 ; t k P= ) V B144 Formula matematica → funzione matematica ( in 11 i: sì, la rappresentazione B145 algebrica di una retta è una funzione) Punti su una retta → numeri ( in 11 f (y=±x): no, y corrisponde a 2 punti. in 11 f: no, a y possono capitare infiniti valori della x, però consecutivi) B146 B147 Piano cartesiano senza variabili in cui è rappresentata una retta → funzione B148 Freccia → operatore PREFERENZA NELL’USO DEI REGISTRI SEMIOTICI PER ESPRIMERE IL CONCETTO DI FUNZIONE Per descrivere la propria idea di funzione predilige il registro analitico B149 Per descrivere la propria idea di funzione predilige il registro grafico B150 Per descrivere la propria idea di funzione predilige il registro tabulare B151 Per descrivere la propria idea di funzione predilige il registro iconico B152 Per fare un esempio di funzione matematica usa il registro analitico B153 B154 B155 B156 B157 Per fare un esempio di funzione matematica usa il registro grafico Per fare un esempio di funzione matematica usa il registro tabulare Per fare un esempio di funzione matematica usa il registro iconico Per fare un esempio di funzione matematica usa il linguaggio naturale Per fare un esempio di funzione matematica nella realtà usa il registro analitico B158 B159 Per fare un esempio di funzione matematica nella realtà usa il registro grafico B160 Per fare un esempio di funzione matematica nella realtà usa il registro tabulare B161 Per fare un esempio di funzione matematica nella realtà usa il registro iconico Per fare un esempio di funzione matematica nella realtà usa il linguaggio B162 naturale METODO SEGUITO PER STABILIRE SE UNA RELAZIONE E’ FUNZIONE O MENO (questo giustifica il fatto che non possiamo limitarci a affermare che la concezione che un alunno ha sul concetto di funzione coincide con la definizione che egli stesso fornisce) Cerca di verificare la definizione data (contratto forte) B163 Cerca di verificare la sua concezione implicita di funzione B164 Cerca somiglianze tra gli esempi proposti e i modelli di funzioni a lui/lei noti B165 RICONOSCIMENTO FUNZIONE / NON FUNZIONE Reg. Riconosce che a, funzione lineare, è una funzione B166 analitico Riconosce che b, funzione quadratica, è una funzione B167 Riconosce che c, funzione di inversa proporzionalità, è una funzione B168 Riconosce che d, funzione costante, è una funzione B169 Riconosce che e, relazione costante in x, non è una funzione B170 Riconosce che f , relazione con “±”, non è una funzione B171 Riconosce che g, relazione definita a tratti che attribuisce ad x=0 due valori della y, non è una funzione B172 Riconosce che h, relazione definita solo per x≥0, non è una funzione B173 Reg. grafico Riconosce che i, grafico di un segmento, non è una funzione B174 Riconosce che j, grafico di una retta obliqua, è una funzione B175 Riconosce che k, grafico di una retta verticale, non è una funzione B176 Riconosce che l, grafico di una retta orizzontale, è una funzione B177 Riconosce che m, grafico di una funzione definita a tratti continui, è una funzione B178 Riconosce che n, grafico di sue rette simmetriche rispetto all’asse delle x, non è una funzione B179 Riconosce che o, grafico di una relazione definita a tratti che associa ad x=0 due valori della y, non è una funzione B180 Riconosce che p, grafico di in iperbole equilatera riferita agli asintoti, è una funzione B181 Reg. linguistico Riconosce che q, corrispondenza che ad ogni persona associa il suo nome, non è una funzione B182 Riconosce che r, corrispondenza che ad ogni persona associa il proprio DNA, è una funzione B183 Riconosce che s, corrispondenza che ad ogni persona associa la macchina di proprietà, non è una funzione B184 Riconosce che t, corrispondenza che associa ai clienti di una banca il proprio conto corrente, è una funzione B185 Riconosce che u, corrispondenza che ad ogni data (in formato giorno/mese/anno) associa il giorno della settimana (lunedì, martedì, ecc…), è una funzione B186 Riconosce che v, corrispondenza che ad ogni studente in un’aula universitaria associa il numero di matricola, tra tutti i numeri di matricola dell’Università di Palermo, è una funzione B187 Reg. insiemistico Riconosce che w, relazione insiemistica surgettiva, è una funzione B188 Riconosce che x, rappresentazione insiemistica di due insiemi non in relazione, non è una funzione B189 Riconosce che y, relazione insiemistica biiettiva, è una funzione B190 Riconosce che z, relazione insiemistica in cui viene meno la condizione ∀x, non è una funzione B191 Riconosce che α , relazione insiemistica in cui viene meno la condizione ∃!, non è una funzione B192 Riconosce che β, relazione insiemistica iniettiva, è una funzione B193 OSTACOLI DELLE PARTICOLARI RAPPRESENTAZIONI: Nel registro i valori delle due variabili vengono visti come due NOT ℜ tabulare successioni indipendenti e i valori mancanti delle y vengono attribuiti completando la colonna secondo la regola estrapolata dalla successione dei valori precedenti, non tenendo conto dei corrispondenti valori della x B194 B195 Nel registro B196 analitico Nel registro analitico B197 NOT ℜ La tabella non viene completata difficoltà nell’uso della notazione convenzionale f(x)=… , ovvero, scrive (f)x= ... difficoltà nel comprendere la corrispondenza numerica tra i valori della x e della y: il valore della x viene identificato con il membro dell’equazione contenente questa variabile, il simbolo di “uguaglianza” viene identificato con quello di “corrispondenza”, al simbolo “±” viene attribuito il significato di “generico” ( e in 11 f: no, formula generica. in 11 f: no, forma generica di funzione (dal linguaggio comune più o meno è sinonimo di all’incirca. in 11 g: no, è diversa la x. e in 11 b: alla x2 cambia un valore) Var confusione tra il concetto di “variabile” e il concetto di “variabile dipendente” (, e in 11 e: no, x è una variabile dipendente) NOT ∀x dovuta alla definizione della legge su parte del dominio (h) B198 B199 dovuta alla corrispondenza che associa un valore della x ad infiniti della y (e) B200 NOT ∃! non osserva che la relazione definita a tratti non è una funzione in quanto un valore della variabile x (x=0) corrisponde a due valori della y, secondo le due equazioni riferite ai due intervalli di definizione (g) B201 in espressioni con il simbolo “±” (f) B202 confusione tra diretta proporzionalità e dipendenza lineare ( in 11 g: sì, perché al variare di x varia proporzionalmente y) B203 tra diretta e inversa proporzionalità ( in 11 c: sì, perché al variare di x varia proporzionalmente y) B204 tra diretta proporzionalità e la relazioni non funzionali del tipo y=±kx ( in 11 f: sì, perché al variare di x varia proporzionalmente y) B205 tra dipendenza lineare e quadratica B206 B207 Not funzione La funzione lineare (biunivoca) (a) la funzione di inversa proporzionalità (biunivoca) (c) B208 la funzione quadratica (b) B209 La funzione costante (d) B210 Nel registro grafico Not ∀ x dovuta alla parziale mancanza di corrispondenza tra le variabili x ed y (i) B211 dovuta alla corrispondenza che associa un valore B212 della x ad infiniti della y (retta verticale) (k) Not ∃! dovuta alla contemporanea presenza di due rette nel piano (n) B213 non osserva che il grafico a tratti non è una funzione in quanto un valore della variabile x (x=0) corrisponde a due valori della y (o) B214 confusione tra una retta da un segmento ( in 11 i: sì, la rappresentazione algebrica di una retta è una funzione) B215 tra un’iperbole e una parabola B216 tra diretta e inversa proporzionalità ( in 11 p: sì, perché al variare di x varia proporzionalmente y) B217 tra una funzione definita da un’unica legge e una funzione definita a tratti B218 tra diretta proporzionalità e funzione costante B219 Not funzione B220 il grafico di una retta obliqua (j) il grafico di un’iperbole (p) B221 il grafico di funzione definita a tratti continui (m) B222 Il grafico di una retta orizzontale (l) B223 Nel registro linguistico in contesto reale Not Dom&Cod Vede il dominio e il codominio come insiemi variabili e non fissi e li interpreta in modo personale (es. 11,r la macchina si può vendere e così cambia la relazione) B224 Scambia dominio e codominio B225 Not ∀ x (s) Not ∃! (q) confusione tra il discreto e il continuo ( in 11 f: no, a y possono capitare infiniti valori della x, però B226 B227 B228 consecutivi) difficoltà ad interpretare il significato degli elementi degli insiemi e della corrispondenza descritta, probabilmente perché deve fare riferimento alla propria esperienza B229 improprietà di linguaggio: uso del termine “variante” al posto di “variabile” ( in 11 k: alla variante x corrispondono più y) B230 Not funzione B231 Le funzioni biunivoche (r,v) Le funzioni surgettive (t,u) B232 Nel registro insiemistico Not Dom&Cod B233 Not ℜ Legge il contenuto di un insieme come la quantità di elementi di quell’insieme e alla variazione di quantità tra un insieme e l’altro attribuisce il significato di quantità addizionale alla quantità x del primo insieme per ottenere la quantità y del secondo insieme (y =x+3) Gli elementi degli insiemi non sono posti in corrispondenza (x) B234 Not ∀x Non tutti gli elementi del primo insieme hanno immagine nel secondo insieme (z) Not ∃! Ad un elemento del primo insieme ne corrispondono due del secondo (α) la funzione biunivoca (y) B235 B236 B237 Not funzione la funzione iniettiva (β) B238 la funzione surgettiva (w) B239 SAPER OPERARE CON FUNZIONI LINEARI Sa attribuire, in una tabella funzionale, i valori della variabile dipendente, corrispondenti a quelli della variabile indipendente, secondo la legge ricavata dai valori riportati in tabella B240 Per una funzione lineare, sa operare la conversione dal registro tabulare a quello analitico B241 Per una funzione lineare, sa operare la conversione dal registro tabulare a quello grafico B242 Per una funzione lineare, sa operare la conversione dal registro analitico a quello tabulare B243 Per una funzione lineare, sa operare la conversione dal registro analitico a quello grafico B244 Per una funzione lineare, sa operare la conversione dal registro grafico a quello B245 tabulare Per una funzione lineare, sa operare la conversione dal registro grafico a quello analitico B246 B247 Sa stabilire se una equazione rappresenta una retta Scrive l’equazione canonica della retta B248 Per una funzione lineare, nel passaggio dal registro grafico a quello analitico, ricava solo il coefficiente angolare della retta e non il termine noto B249 SAPER OPERARE CON FUNZIONI QUADRATICHE Sa ricavare la rappresentazione tabulare di una funzione quadratica dalla sua B250 rappresentazione algebrica B251 Sa operare la conversione dal registro analitico a quello grafico Sa operare la conversione dal grafico all’analitico B252 B253 Sa stabilire se un’equazione rappresenta una parabola Disegna una parabola nel piano senza alcun punto di riferimento B254 B255 Scrive l’equazione canonica della parabola Disegna una parabola nel piano con punti di intersezione con l’asse x e concavità corretta B256 CONCEZIONI ED OSTACOLI EVIDENZIATI NELLE CONVERSIONI DI RAPPRESENTAZIONE: tabulare → difficoltà a segnare i punti sul grafico ( in 10 c: segna i valori sugli assi e li fa corrispondere mediante segmenti obliqui (NOT grafico lineare ℜ) B257 B258 B259 riporta i valori assegnati alla variabile x sull’asse orizzontale, che chiama y, nello stesso ordine della tabella, inclusa la ripetizione del valore 2; riporta i valori assegnati alla variabile y sull’asse verticale che chiama x, e accanto scrive “+3?”; non collega i valori dei due assi (NOT ∃) Non opera la conversione tabulare → analitico lineare Ricava in modo errato una legge analitica di una funzione lineare dalla sua rappresentazione tabulare, considerando i valori della colonna delle y come una successione di valori yn e attribuendo alla x il significato di yn-1 (NOT ∃) Ricava in modo errato una legge analitica di una funzione lineare dalla sua rappresentazione tabulare, uguagliando la variabile indipendente più il suo incremento alla variabile dipendente più il suo incremento (NOT ∃) Non opera la conversione analitico → grafico lineare grafico → analitico lineare analitico → grafico quadratica Non opera la conversione B260 B261 B262 B263 B264 B265 B266 non riconosce il segno del coefficiente angolare Non opera la conversione Unisce i punti della parabola su un grafico come se fossero punti di una retta (RESTRIZ RETTA) Non opera la conversione B267 grafico → analitico B268 quadratica Non opera la conversione Le precedenti variabili sono state studiate mediante grafi implicativi. Di seguito viene riportato il grafico relativo al pre-test, in cui le implicazioni sono al 95%: B262 B87 B164 B170 B92 B90 B259 B200 B185 B80 B81 B91 B234 B189 B190 B183 B242 B133 Dal precedente grafico si traggono i seguenti risultati, letti da ciascuna implicazione da sinistra verso destra: 1. (B262→B259→B234) evidenzia un mancato riconoscimento di corrispondenza: chi non opera la conversione di funzioni lineari dal registro tabulare a quello analitico non compie nemmeno conversioni di funzione lineare dal registro tabulare a quello grafico, questi a loro volta non riconoscono che non è una funzione una rappresentazione insiemistica di due insiemi che non sono posti in relazione tra loro. 2. (B87→B200) evidenzia una non padronanza del registro analitico: chi nell’inversa proporzionalità, nel passaggio dal registro analitico a quello grafico disegna una retta decrescente, non riconosce la mancanza della condizione di esistenza nelle funzioni analitiche del tipo x=k 3. evidenzia un’implicazione tra comportamenti positivi (tranne B199), legati al riconoscimento corretto di alcuni tipi di funzione, alla conversione dal registro tabulare a quello grafico e alla concezione di funzione come dipendenza: chi cerca di verificare la sua concezione implicita di funzione, riconosce che “ la corrispondenza che associa ai clienti di una banca il proprio conto corrente” è una funzione, e, a sua volta, riconosce che una rappresentazione insiemistica di due insiemi non in relazione non è una funzione, e, a sua volta, riconosce che una corrispondenza biunivoca in linguaggio naturale è una funzione e sa anche operare la conversione della funzione lineare dal registro tabulare a quello grafico, e, a sua volta, concepisce la funzione come relazione di dipendenza. 4. individua l’implicazione tra due comportamenti che indicano riconoscimento di funzioni/non funzioni 5. implicazione tra chi riconosce una relazione di diretta proporzionalità e chi riconosce una relazione di inversa proporzionalità e ne disegna correttamente il grafico 6. chi scrivere la legge di diretta proporzionalità, la scrive in linguaggio sintetico Di seguito viene riportato il grafico relativo al post-test, in cui le implicazioni sono al 95%: B132 B109 B246 B137 B163 B178 B167 B191 B47 B16 B189 B182 B177 B105 B254 B235 B108 B81 B82 B119 B112 B234 B107 B227 B267 B223 B80 B213 B164 B176 B24 B77 B8 B6 B4 B209 B243 B139 B73 B222 B197 B50 B99 B244 B241 Come nel caso del pre-test, anche il grafico del post-test presenta implicazioni tra comportamenti positivi o negativi, che possono essere estrapolati dalla descrizione delle variabili, inserita nelle pagine precedenti. Dall’analisi delle frequenze dei comportamenti, che qui non viene riportata, si evidenzia che i comportamenti positivi sono migliorati notevolmente. Nel pre-test, per la maggior parte gli studenti non sapevano definire una funzione matematica né riconoscerla, anche se, in parte, sapevano operare con essa, soprattutto nella lettura di grafici. Altri possedevano un’idea confusa di funzione, più legata ad una concezione di relazione di dipendenza o ad una particolare rappresentazione. Dal post-test è emerso che quasi tutti hanno definito la funzione correttamente. Alcuni hanno saputo riconoscere buona parte delle funzioni/non funzioni applicando esplicitamente o implicitamente la definizione, altri hanno operato cercando di riconoscere modelli già studiati. In alcuni casi si è resa esplicita la correlazione tra la variabile indipendente e il tempo, la variabile dipendente e lo spazio. CONCLUSIONI L’apprendimento del concetto di funzione è stato ampiamente studiato dai ricercatori di didattica della matematica, per il suo ruolo fondante in questa disciplina e per la complessità a causa delle sue diverse applicazioni e rappresentazioni semiotiche. Questa poliedricità del concetto di funzione rende tale concetto soggetto a diverse interpretazioni ed è proprio in quest’aspetto che può essere individuata la causa della difficoltà del suo apprendimento. Il presente lavoro di ricerca mira ad analizzare, seppur in una prima approssimazione, alcune fasi del processo di insegnamento/apprendimento del concetto di funzione nella Scuola Secondaria Superiore, con studenti di 16-17 anni, attraverso un approccio storicoepistemologico al concetto matematico trattato e un'analisi semiotica connessa alla progettazione didattica relativa allo stesso. Qui si prende come definizione di riferimento del concetto di funzione quella universalmente riconosciuta dalla comunità dei matematici, ovvero, la definizione in termini insiemistici ci Bourbaki. Tale definizione è stata esaminata prendendo in considerazione i concetti che la compongono e il modo in cui essi interagiscono tra loro dandole significato. Sono stati presi in esame anche i registri semiotici che la rappresentano distinti tra insiemi semiotici non codificati e sistemi semiotici codificati. Infine, è stato osservato che l’apprendimento del concetto di funzione, oltre ad essere basilare in ambito matematico, può costituire uno strumento di vita sociale in semplici processi di modellizzazione di fenomeni naturali. Da queste osservazioni sono state individuate le competenze che l’allievo dovrebbe possedere per l’acquisizione del concetto di funzione. La proposta didattica di questo lavoro di ricerca riguarda un percorso verso il concetto di funzione, in cui l’approccio di tipo grafico-cinematico, facendo uso di un sensore di posizione. Questa scelta è giustificata dall’analisi storica del concetto di funzione, che vede sorgere tale concetto prima in forma tabulare, poi grafica ed infine analitica, con sviluppi spesso connessi alla cinematica. Nell’ipotesi di un parallelismo tra l’apprendimento di un concetto ed il suo sviluppo storico, un percorso che tenga conto dell’analisi storica può favorire l’apprendimento del concetto in esame. A sostenere questa scelta didattica vi è anche la teoria cognitiva dell’embodiment della mente, secondo cui i concetti astratti vengono concettualizzati in termini concreti, grazie all’esperienza senso-motoria. Si è osservato che l’utilizzo di tale strumento ha favorito l’apprendimento di grafici spazio-tempo poiché gli studenti hanno la possibilità di connettere il movimento del proprio corpo con il grafico che si costruisce sotto i loro occhi. Culturalmente gli occidentali tendono ad assimilare lo scorrere del tempo con un punto che si muove su una linea, quindi tengono ad attribuire una dimensione spaziale al tempo. Inoltre, l’uomo percepisce l’impossibilità di dominare tale grandezza, perciò non è difficile per gli studenti identificare il tempo come variabile indipendente e collocarla sull’asse delle ascisse. Per quanto riguarda la posizione essa è già una grandezza spaziale, perciò facilmente collocabile su una rappresentazione geometrica. La difficoltà nella comprensione di grafici di tipo spazio-tempo potrebbe consistere nel comprendere la corrispondenza tra valori spaziali e temporali, ma questa viene superata con il movimento. Infatti, il movimento costituisce la metafora concettuale della variazione e gli studenti hanno la possibilità, utilizzando il sensore di posizione, di connettere il movimento del proprio corpo o di quello del compagno, con la variazione della posizione nel tempo. Questo agevola la comprensione delle proprietà dei grafici spazio-tempo, come la comprensione di punti di massimo e minimo, la crescenza, la decrescenza, la costanza, la pendenza, la corrispondenza di punti e di intervalli. Tale comprensione viene trasportata su grafici di funzione generale, se alla variabile indipendente si attribuisce il significato di tempo e alla variabile dipendente il significato di spazio. Dall’analisi del post-test è emerso che alcuni studenti, per stabilire se alcune relazioni erano funzioni o meno, hanno attribuito alle variabili tali significati. D’altra parte si può affermare che lo sviluppo di competenze legate alla comprensione di grafici spazio-tempo conduce all’apprendimento di competenze analoghe decontestualizzate dall’ambito cinematico. Prova di questa affermazione è il fatto che nei posttest è stato evidenziato un miglioramento delle competenze sulla comprensione di grafici, anche non cinematici. Mediante attività didattiche opportune, supportate dalla mediazione semiotica dell’insegnante, è possibile sviluppare l’apprendimento del concetto di funzione in termini di “esistenza” ed “unicità” utilizzando il sensore di movimento. In particolare, sono state sviluppate attività didattiche in cui gli studenti hanno compreso che non sono ammissibili grafici spazio-tempo con “buchi” o grafici in cui ad un valore del tempo ne corrispondono due o più dello spazio. Questi concetti sono risultati facilmente comprensibili agli studenti, proprio grazie alla contestualizzazione reale e alla percezione senso-motoria. Durante la progressiva introduzione di attività di questo tipo è possibile focalizzare l’attenzione degli studenti sui particolari aspetti della definizione del concetto di funzione, per poi unirli nella definizione formale, durante la fase di istituzionalizzazione del sapere. Attraverso queste attività gli studenti sono portati a comprendere il significato del concetto di funzione e questo è testimoniato dal fatto che, nel post-test, la maggior parte degli studenti ha stabilito se una relazione era una funzione o meno applicando proprio la definizione di tale concetto. Nell’utilizzo del sensore di posizione riveste un ruolo fondamentale anche la componente previsionale, che offre la possibilità di compiere riflessioni metacognitive sulle proprie risorse culturali. Risulta dunque fortemente proficuo strutturare le attività in modo da far prevedere agli studenti, mediante descrizioni verbali o grafiche, la rappresentazione di una determinata situazione motoria. Un altro aspetto metacognitivo importante, da tenere presente durante le attività con il sensore di movimento, è quello di riflettere sui limiti di tale strumento e incentivare questo tipo di riflessione anche negli allievi, al fine di non generare ostacoli didattici. Mediante il software Logger Pro che supporta i sensori online è possibile effettuare il fit dei dati di curve regolari e così passare dalla rappresentazione grafica a quella analitica. Questo, nell’ottica della teoria dei registri semiotici, incentiva l’apprendimento del concetto di funzione poiché permette conversioni delle sue rappresentazioni. Il passaggio dal registro grafico a quello analitico nella maggior parte dei casi non risulta semplice, anche perché gli studenti non hanno diretto accesso al processo di interpolazione dei dati. Perciò in questa fase risulta necessario soffermarsi sui contenuti teorici delle rappresentazioni. Tali contenuti vengono rafforzati mediante attività di trattamenti e conversioni utilizzando Excel, Geogebra, ma anche carta e penna. In particolare, mediante Excel è possibile studiare funzioni per punti: esso può essere utilizzato per interpolare grafici per punti ottenuti sperimentalmente o per ricavare tabelle funzionali e i relativi grafici a partire dalla legge, scrivendola come “funzione” delle relative celle. Con Geogebra si può ottenere il grafico di una funzione partendo dalla sua equazione, oppure, si possono costruire i grafici di rette e parabole partendo da proprietà geometriche. Infine, l’utilizzo di diversi sensori per la modellizzazione di fenomeni naturali facilita l’apprendimento di tale concetto perché permette l’introduzione di diverse tipologie di funzioni, che possono essere decontestualizzate ed apprese. Questo emerge dai risultati positivi del post-test sulle conversioni di rappresentazione di fenomeni di modellizzazione mediante funzioni lineari, quadratiche e di inversa proporzionalità. I fenomeni di modellizzazione, qui analizzati in prima approssimazione, potrebbero essere studiati in ricerche future. Interessante, inoltre, sarebbe investigate le differenze di concezione del concetto di funzione in situazioni di multicultura, così come i processi di modellizzazione. Infatti, secondo la prospettiva teorica di questa tesi, essi sono influenzati dal contesto culturale e dalle metafore concettuali che ne derivano. BIBLIOGRAFIA Arzarello, F., Pezzi, G., Robutti, O., (2003). Modelling Body Motion: an approach to functions using measure instruments. ICMI Study 14: Applications and Modelling in Mathematics Education, 23-28 Arzarello, F., Robutti, O., (2004). Approaching functions through motion experiments. Educational Studies in Mathematics, 57 (3) Arzarello, F., Robutti, O., (2008). 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