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07/04/14
“SOTTRAE LA PROPRIA FIGLIA DI 5 ANNI: E’ SEQUESTRO DI PERSONA” – Cass. pen. 15366/2014 – Sabrina
CAPORALE.
“Certamente il fatto di avere sottratto un minore alla persona esercente la potestà genitoriale integra il
delitto di cui all'art. 574 cod. pen., ma ciò non esclude affatto che ricorra anche il delitto di sequestro di
persona, poiché le due norme non sono tra loro alternative, né l'una assorbe l'altra (Sez. 5, n. 6220 del
04/11/2010; Sez. 5, n. 38438 del 20/09/2001) e possono quindi concorrere, perché le due fattispecie, sotto
il profilo strutturale, sono diverse, con riferimento alla condotta ed all'oggetto materiale: nell'una, quella
evocata, la sottrazione del minore o dell'infermo di mente al genitore, al tutore, al curatore o a chi ne abbia
la vigilanza o a custodia; nell'altra, quella contestata e ritenuta, la privazione della libertà personale della
vittima (Sez. 1, n. 47544 del 02/12/2008). D'altronde alla commissione del reato di cui all'art. 574 cod. pen.
non consegue affatto, secondo l’id quod plerumque accidit, anche la commissione del reato di sequestro di
persona e nessuna delle due fattispecie incriminatrici esaurisce, in concreto, l'intero disvalore del fatto in
esame (…). Né possono esserci dubbi sul fatto che la vittima del sequestro di persona possa essere una
minore di cinque anni; questa Sezione ha riconosciuto la sussistenza del reato anche laddove il soggetto
passivo del delitto sia un neonato, trattandosi di reato posto a tutela della libertà personale la cui titolarità
è riconosciuta fin dalla nascita (Sez. 5, n. 6220 del 04/11/2010 - dep. 18/02/2011); più in generale, la tutela
penale offerta dalla norma si estende a tutte le persona giuridicamente incapace di agire e di far valere i
propri diritti: si pensi oltre all'infans, all'amens, al portatore di handicap motorio o intellettivo, e comunque
a tutti i soggetti che, per qualsivoglia ragione, non siano in grado da soli di manifestare ed affermare la
propria volontà e di tutelare i loro diritti fondamentali. Con riferimento al caso del sequestro di persona di
un minore dell'età di cinque mesi, è stato affermato che in questo delitto la vittima è strumentalizzata in
tutte le sue dimensioni, anche affettive, rispetto all'obbiettivo perseguito dall'agente, e la liberazione potrà
dirsi attuata quando la persona offesa sia fisicamente libera da interventi coattivi "sul corpo" che
impediscano o limitino tutte quelle espressioni che costituiscono il contenuto della libertà personale;
libertà personale, che non è soltanto quella di locomozione, ma comprende tutte le possibili estrinsecazioni
della libertà personale stessa, quali, ad esempio, le relazioni interpersonali (Sez. 6, n. 48744 del
06/12/2011). Anzi, rispetto al sequestro di un minore in tenera età, il criterio del pregiudizio alle relazioni
personali assume assoluta dominanza ed immanenza rispetto a quello della "libertà di locomozione",
naturalmente non percepibile o comunque percepibile in maniera minore dalla piccola vittima, privata degli
usuali ed essenziali riferimenti affettivi ed ambientali”.
È quanto affermato nell’ultima sentenza della V Sezione Penale della Cassazione, la n. 15366 - 3 aprile 2014,
nel giudizio che vedeva coinvolto un genitore imputato del reato di sequestro di persona della propria figlia
minore di cinque anni.
Ebbene già condannato in primo e secondo grado di giudizio alla pena ritenuta di giustizia, lo stesso
proponeva ricorso per cassazione, ivi denunciando col primo motivo di impugnazione, “la violazione
dell’art. 606 lettera B, cod. proc. pen., in particolare con riferimento all'art. 605 cod. pen., “per il
travisamento e l'erroneo apprezzamento delle emergenze processuali, oltre che per vizio di motivazione: a
giudizio del ricorrente non poteva parlarsi nel caso di specie di sequestro di persona, poiché tale delitto
richiede che vi sia una costrizione a fondamento della privazione illegittima della libertà personale della
vittima, che nel caso di specie non c'era stata. La minore infatti non aveva opposto resistenza a seguire il
padre e perfino la madre l'aveva consegnata liberamente all'uomo; non era stata inoltre limitata nella sua
libertà di locomozione, di movimento e di vita. E pertanto, riteneva che quand'anche si ravvisasse una sua
responsabilità penale, i fatti integrerebbero piuttosto il delitto di sottrazione di persona incapace”.
Ed ecco che a tale censura così esposta dalla parte ricorrente, rispondevano i giudici della Suprema Corte ivi
ribadendo quanto sopra affermato ed in particolare che trattavasi di ipotesi di sequestro di persona;
l’affermazione contraria "avrebbe lasciato senza tutela il diritto alla libertà personale del minore, cui pure
vanno riconosciuti i diritti fondamentali". In tal senso si da piena conferma alla sentenza impugnata.
Associazione GeA – Rassegna stampa