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Capitolo 3
IL SEQUESTRO CONSERVATIVO
La misura cautelare del sequestro conservativo ha la finalità di garantire nel
processo penale i crediti dello Stato e della parte civile. Il sequestro ha, infatti,
lo scopo di impedire che il soggetto titolare del diritto ne possa disporre,
compromettendo il fine a cui il sequestro conservativo è preposto, ovvero la
conservazione delle garanzie dei crediti.
Sommario: 1. Premessa – 2. Presupposti del sequestro conservativo –
2.1 Sovrapposizione di sequestro penale e conservativo. 3. Oggetto del
sequestro – 4. Competenza e titolarità a disporre la misura – 5. Forma del
provvedimento di sequestro conservativo – 6. Cauzione – 7. Esecuzione ed
effetti del sequestro conservativo penale – 7.1. Introduzione – 7.2. Custodia
della cosa sequestrata – 7.3. Custodia dell’azienda e delle quote sequestrate –
7.4. Effetti del sequestro conservativo penale – 7.5. Cessazione degli effetti
del sequestro conservativo penale.
Riferimenti normativi: artt. 316-320 c.p.p., artt. 65-67, 513, 521, 522, 560,
671-678 c.p.c., art. 1770 c.c.
1. PREMESSA
Le cautele patrimoniali penali trovano la loro origine nel fatto che l’apparato
giurisdizionale, in parte per esigenze garantiste e in parte per inefficienza del
nostro sistema, procede con tempi molto lunghi.
Succede spesso che il processo si conclude diversi anni dopo la commissione
del fatto (reato) che l’ha originato, rendendo vano, sotto il profilo delle garanzie
patrimoniali, il provvedimento finale. Questo rischio ha fatto nascere la
necessità di adottare delle misure anticipatorie degli effetti della decisione
finale, con lo scopo proprio di sopperire alle lungaggini del processo; si
configura così una sorte di “tutela preventiva dei crediti derivanti da reato”1.
La funzione conservativa della tutela preventiva è definita come funzione
anticipativa degli elementi di una futura situazione processuale, poiché il
giudice anticipa, in modo provvisorio, gli effetti del provvedimento definitivo.
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Nappi, Le misure cautelari reali, in Guida al codice di procedura penale, V ed., Milano, 1996, 49.
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Il presupposto di fondo è che il reato può essere fonte di obbligazioni
civilistiche, quando coinvolge anche l’interesse del privato, realizzando una
fattispecie civilistica, oltre che penalistica: da ciò nasce l’esigenza di una tutela
preventiva di tali crediti.
Nelle disposizioni previste per il sequestro conservativo vi è una forte
presenza di concetti che derivano dall’ambito civilistico e processualcivilistico.
In particolare, l’elemento comune, che connota le cautele sia penali che civili,
è la funzione di “aumentare la possibilità di soddisfacimento degli interessi
giuridicamente tutelati”2. Le garanzie patrimoniali penali si configurano come
“misure protettive degli interessi patrimoniali dipendenti dal reato”3.
La tutela “cumulativa” è un particolare tipo di tutela configurata dal comma 3
dell’art. 316 c.p.p., il quale estende la tutela del sequestro disposto su richiesta
dal P.M. anche alla parte civile: “Il sequestro disposto a richiesta del pubblico
ministero giova anche alla parte civile”.
La misura cautelare crea una situazione “fittizia” per cui il procedimento si
proietta nel futuro, come se la decisone finale fosse già stata adottata con
un’evidente funzione volta a impedire che il patrimonio dei soggetti obbligati
possa depauperarsi, vanificando il diritto dei creditori indicati nell’art. 316 c.p.p.
La misura cautelare è perciò strumentale all’emanazione del provvedimento
definitivo. Tale strumentalità comporta che essa operi fino al momento
dell’emanazione del provvedimento definitivo; si rileva, così un altro carattere
delle cautele patrimoniali penali, ossia la loro provvisorietà.
La misura cautelare, infatti, è strumentale, poiché viene “assorbita” e superata
dal provvedimento definitivo il quale manifesta la funzione che era stata
anticipata dalla misura cautelare stessa. Così come nel caso in cui il diritto
oggetto di cautela risulti inesistente, la stessa misura cautelare non ha più
ragione di sussistere, ripristinandosi la situazione preesistente.
2. PRESUPPOSTI DEL SEQUESTRO CONSERVATIVO
L’art. 316 c.p.p., rubricato “Presupposti ed effetti del provvedimento”,
costituisce la prima disposizione relativa al sequestro conservativo.
L’attuale codice di procedura penale ha specificato con maggiore precisione,
rispetto al codice previgente, i presupposti applicativi del sequestro
conservativo penale, identificati, così come in ogni misura cautelare, nel
periculum in mora e nel fumus boni iuris: la presenza simultanea di entrambi
costituisce condizione necessaria per l’applicazione della misura.
Il requisito del fumus boni iuris in tema di sequestro conservativo penale è
più circoscritto rispetto alla stessa nozione prevista dal codice di procedura
2
3
Dinacci, Il sequestro conservativo nel nuovo processo penale, Padova, 1990, 21.
Dinacci, voce Garanzie patrimoniali di esecuzione, (proc. pen), in Enc. giur., vol. XV, Roma, 1989, 1.
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civile, intesa quale “situazione che consente di ritenere probabile la fondatezza
della pretesa in contestazione”, in quanto il codice di procedura penale
prevede la circostanza che il provvedimento di cautela possa essere disposto
esclusivamente nella fase di merito. Ne consegue che l’ordinanza che dispone
il sequestro conservativo non deve motivare sulla sussistenza degli indizi
di colpevolezza, non essendo questi richiamati tra i presupposti applicativi.
L’accertamento giudiziale del fumus boni iuris deve, pertanto, essere limitato
alla pendenza del processo penale e alla sussistenza di un’imputazione,
senza alcuna possibilità di apprezzamento in ordine alla fondatezza dell’accusa
e della probabilità di una pronuncia favorevole per l’imputato4.
«In tema di sequestro conservativo, che può essere richiesto dalla parte civile
in qualunque stato e grado del processo di merito, la sentenza che abbia
affermato la penale responsabilità, costituisce presupposto sostanziale
per l’adozione della misura cautelare, quanto alla fondatezza della pretesa
risarcitoria (fumus boni iuris), poiché contiene una valutazione nel merito tale
da assorbire la valutazione dei gravi indizi di colpevolezza (principio del c.d.
“assorbimento” in materia cautelare)»5.
Per quanto riguarda, invece, l’identificazione del periculum in mora, l’art. 316,
comma 1, c.p.p., riprende la formulazione già utilizzata dall’art. 189, comma 3,
c.p.; infatti, analogamente a quest’ultimo, esso si riferisce alla “fondata ragione
di ritenere che manchino o si disperdano le garanzie” per il pagamento di
determinati crediti da reato.
È stato posto il quesito se tale periculum possa coincidere con uno stato
soggettivo (di timore) dei creditori, oppure debba risultare da uno stato
di fatto obiettivo6.
La dottrina civilistica7, per prima, si è orientata per l’interpretazione obiettiva
(nonostante il dettato dell’art. 671 c.p.c.), e, successivamente, anche quella
penalistica8 si è orientata in tal senso.
Altra dottrina9 propende poi per una “via di mezzo” tra i due orientamenti,
poiché ritiene che criteri oggettivi potrebbero portare a escludere situazioni
di fatto meritevoli di esame. Infatti, secondo la dottrina citata, esistono
elementi soggettivi, che possono notevolmente influenzare la valutazione
del pericolo del ritardo, ad esempio, le qualità morali del debitore; il
periculum in mora sarà valutato con minor rigore, nel caso di un debitore
Trib. Milano, sez. XI, 21 settembre 2005, in Foro ambr., 2006, 286.
Cass. pen., sez. III, 11 maggio 2005, n. 22727.
6
Il c.p.c. nell’art. 671 propende per la prima soluzione, in quanto fa riferimento al “timore del creditore
(…)”.
7
Cfr. Coniglio, Il sequestro giudiziario e conservativo, III ed., Torino, 1959, 133.
8
Cfr. Candian, Il sequestro conservativo penale, Padova, 1955, 106; Amodio, voce Garanzie patrimoniali
penali, in Enc. dir., vol. XVIII, Milano, 1969, 563.
9
Dinacci, Il sequestro conservativo penale, cit., 45.
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che si comporti correttamente, con puntualità e in buona fede. È necessario,
quindi, contemperare l’esigenza di un riscontro oggettivo del pericolo, con
elementi di tipo soggettivo.
Secondo altri10, il periculum in mora deve concretizzarsi nel «plausibile timore
di una carenza, iniziale o sopravvenuta, delle risorse patrimoniali dell’imputato,
nonché del responsabile civile, sulle quali soddisfare le diverse obbligazioni
originate dall’illecito penale». Per accertare, quindi, le condizioni necessarie,
perché il pericolo si concretizzi, bisogna valutare l’entità - o meglio «l’insufficienza del patrimonio del debitore (imputato o responsabile civile),
in rapporto all’ammontare dei crediti da reato, con la conseguente necessità
di costituire un privilegio a favore dei creditori privati, e l’inadeguatezza dello
stesso patrimonio rispetto alla massa creditoria gravante sul patrimonio del
debitore, tale da giustificare la costituzione di privilegio a favore dei crediti
derivanti da reato».
Il periculum può manifestarsi in due modi: con l’insufficienza o inadeguatezza
del patrimonio del debitore (aspetto oggettivo) o con la dispersione
del patrimonio stesso, dispersione che può essere causata anche da
comportamenti riferibili al debitore (aspetto soggettivo). L’insufficienza e
l’inadeguatezza vanno valutati in base all’attitudine attuale del patrimonio
del debitore a «coprire le obbligazioni ex delicto nella misura preventivamente
stabilita»11, mentre la dispersione andrà valutata considerando l’eventualità
di «un degenerare della posizione economica dell’obbligato», causata, ad
esempio, da alienazione di beni o da un indebitamento eccessivo.
Anche la giurisprudenza si è espressa in merito ai presupposti legittimanti
l’adozione delle misure cautelari reali e del sequestro conservativo penale,
in particolare, ponendo in evidenza come la normativa delle misure cautelari
reali richieda dei requisiti meno stringenti rispetto a quelli previsti per le
misure cautelari personali.
La Cassazione, relativamente al presupposto del fumus boni iuris, ha affermato
che «l’accertamento giudiziale del fumus boni iuris va operato in concreto,
avendo riguardo non alla sola pendenza del procedimento penale e alla
sussistenza della imputazione, quindi all’astratta configurabilità del diritto
di credito del richiedente, ma anche a tutti gli altri elementi già acquisiti, al
momento della pronuncia della misura cautelare reale»12.
Per ciò che concerne la valutazione del periculum in mora esiste un contrasto
giurisprudenziale che di recente è stato rimesso alle Sezioni Unite13. Il
Montagna, voce Sequestro conservativo penale, in Dig. disc. pen., vol. XIII, Torino, 1997, 220.
Galantini, voce Sequestro conservativo penale, in Enc. dir., XLII, Milano, 1990, 137; cfr., nello stesso
senso, Montagna, voce Sequestro conservativo penale, cit., 220.
12
Cass., sez. IV, 24 giugno 1994, Corti, in Arch. n. proc. pen., 1995, 149 (m).
13
Cass. pen., sez. I pen., ord. 16 dicembre 2013.
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problema verte sull’interpretazione dell’art. 316 c.p.p. che, nell’individuare
i presupposti per l’applicazione del sequestro conservativo, testualmente
fa riferimento a situazioni in cui «manchino» o (ovvero, in alternativa) «si
disperdano» le garanzie14.
Secondo un’interpretazione letterale la congiunzione “o”, inserita nel secondo
comma del medesimo art. 316 c.p.p., richiama, alternativamente, situazioni in
cui “manchino” oppure “si disperdano” le garanzie della parte civile., per cui
basterebbe uno dei due presupposti per legittimare il sequestro.
In giurisprudenza si era sviluppato un primo filone secondo cui il periculum
poteva essere integrato dalla sola condizione d’insufficienza del patrimonio
dell’imputato rispetto all’ammontare delle pretese creditorie, a prescindere
da comportamenti volti a disperdere i propri beni15.
Secondo altro orientamento, richiamato da diverse sentenze, anche recenti,
il pericolo andrebbe - invece – ricercato “in relazione a concreti e specifici
elementi riguardanti, da un lato, l’entità del credito e la natura del bene
oggetto del sequestro e, dall’altro, la situazione di possibile depauperamento
del patrimonio del debitore da porsi in relazione con la composizione del
patrimonio, con la capacità reddituale e con l’atteggiamento in concreto
assunto dal debitore medesimo”16.
In precedente interventi la Corte17 ha affermato che il periculum «va valutato,
oltre che con riferimento all’entità del credito del richiedente, anche ad
una situazione almeno potenziale, desunta da elementi certi ed univoci,
di depauperamento del patrimonio del debitore, da porsi in ulteriore
relazione con la composizione del patrimonio stesso, con la capacità
reddituale e con l’atteggiamento in concreto assunto dal debitore medesimo».
Tale orientamento è ribadito anche in altri interventi: «per l’applicazione del
sequestro conservativo, è richiesta la fondata ragione di ritenere che manchino
o si disperdano le garanzie per il pagamento dei crediti indicati»18, rilevando,
inoltre, che «la norma affida la legittimità dell’esercizio del relativo potere
cautelare ad una ragionevole, e pertanto motivata prognosi di perdita
della garanzia rappresentata dal patrimonio dell’imputato-debitore,
desunta da elementi concreti che ne costituiscano sintomo, quali, ad esempio,
la consistenza patrimoniale anche sotto il profilo quantitativo ed in rapporto
al valore del credito, manifestazioni di correttezza e slealtà patrimoniale,
14
Ripetendo la formula già adottata dell’art. 189 c.p., comma 3, oggetto di consolidata e condivisa
interpretazione (v. sent. 30326/2004, Dal Cin).
15
Cass., sez. V, 26 settembre 2008, n. 43246, Rv. 241933; Cass., sez. II, 14 febbraio 2007, n. 12907, Rv.
236387.
16
Cass., sez. V, febbraio 2010, n. 11291, Rv. 246367; Cass., sez. III, 30 aprile 2009, n. 26559, Rv. 244371;
Cass., sez. IV, 26 ottobre 2005, n. 111, Rv. 232624.
17
Cass. pen., sez. IV, 5 gennaio 2006, n. 111.
18
Cass. pen., sez. VI, 7 luglio 1995, Gaddi ed altri, in Arch. n. proc. pen., 1996, 471 (m).
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anche di natura processuale o extraprocessuale, connesse cioè alla natura dei
fatti-reato addebitati».
La Cassazione, tuttavia, con un recente arresto19 è tornata ad affermare la
prevalenza dell’interpretazione originaria (primo filone) , facendo leva sul
testo letterale della norma e reputando sufficiente, ai fini della concessione
della misura reale, la mera sproporzione tra il credito vantato dalla parte
civile e il patrimonio dell’imputato. In successiva sentenza20 ha ribadito la
tesi sostenendo che “la sussistenza del «periculum in mora» deve essere
alternativamente valutata in riferimento all’originaria inadeguatezza o
insufficienza del patrimonio dell’imputato in relazione all’ammontare delle
pretese risarcitorie e del complesso dei crediti che gravano su tale patrimonio,
tale da evidenziare la necessità di assicurare un privilegio ai creditori da reato,
ovvero all’insorgenza di un rischio di dispersione o diminuzione della garanzia
patrimoniale, capace di determinare, in riferimento ai medesimi parametri
in precedenza indicati, l’esigenza di applicare un vincolo reale idoneo ad
assicurarne la conservazione”.
Sempre ad avviso della Cassazione, “coerentemente alle finalità della misura,
l’insorgenza dell’esigenza cautelare può di conseguenza (come avverte
autorevole dottrina) essere ravvisata:
a) in relazione all’inadeguatezza del patrimonio dell’imputato rispetto
all’ammontare dei crediti da reato e alla conseguente necessità di costituire
un privilegio a favore dei creditori privati;
a1) in relazione, in alternativa, all’insufficienza di quel medesimo patrimonio
nei riguardi di una più vasta massa di creditori e alla necessità perciò di
costituire un privilegio a favore dei crediti da reato; ovvero
b) quando sorga un rischio di diminuzione-dispersione delle garanzie
patrimoniali, capace di determinare, in riferimento ai medesimi parametri
indicati sub a) e sub a1), l’esigenza di un vincolo reale idoneo ad assicurarne
la conservazione”.
Secondo un Autore21 una semplice interpretazione letterale non sarebbe
immune da censure sul piano del diritto di difesa: «c’è da chiedersi, a
Cass., sez. VI, 6 maggio 2010, n. 26486, Rv. 247999.
Cass., sez. VI, 26 novembre 2010, n. 43660, Rv. 248819.
21
Parisi, Oscillazioni giurisprudenziali sul “periculum in mora” nell’ambito del sequestro conservativo a
richiesta della parte civile, Nota a Cass. pen., sez. VI, sent. 26 novembre 2010 (dep. 9 dicembre 2010),
n. 43660, Pres. Di Virginio, Est. Rotundo, pubblicato sul sito www.penalecontemporaneo.it secondo cui
«si corre il rischio di spogliare di elementi qualificanti e selettivi un istituto già “povero” di contenuti:
basti considerare che l’altro presupposto (implicito) del sequestro conservativo (il c.d.fumus boni iuris),
nella prassi, finisce per ridursi alla semplice verifica della pendenza di un processo penale o a poco
altro (cfr. Cass., sez. IV, 17 maggio 1994, n. 707, Rv. 198681; Cass., sez. III, 7 novembre 1990, n. 4670,
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questo punto, se una simile interpretazione dell’art. 316, comma 2, c.p.p. –
fondamentalmente incentrata su un metro puramente economico ed
“esterno” al processo, quale la valutazione della capienza del patrimonio
dell’imputato – non si riveli processualmente dubbia sotto due diversi profili:
quelli del necessario collegamento tra la valutazione del giudice penale e la
condotta del reo e del pieno rispetto del diritto di difesa dell’imputato.»
A questo punto saranno le Sezioni Unite della Suprema corte a risolvere la
questione.
2.1. Sovrapposizione di sequestro penale e conservativo
Un tema affrontato dalla giurisprudenza è l’ipotesi di sovrapposizione
di un sequestro penale e di uno conservativo sugli stessi beni. Secondo
Cassazione «le finalità e le modalità di esecuzione del sequestro preventivo
non sono di per sé idonee a realizzare quelle proprie del sequestro
conservativo, sicché è ammissibile non solo la coesistenza dei due
sequestri sugli stessi beni, ma anche il succedersi nel tempo dei vincoli reali,
sempre che ne ricorrano i presupposti di applicazione»22. Diversamente
però, un recente provvedimento dei giudici di merito23, pur riconoscendo
i principi sopra enunciati di “doppio” sequestro sullo stesso bene, non ha
Rv. 186134). A parte tale ultima considerazione, l’orientamento preso in esame si profila oltremodo
penalizzante sul piano processuale per l’imputato, che sarebbe impossibilitato a fornire una prova
contraria in ordine alla insussistenza del periculum in mora, innanzi a pretese risarcitorie particolarmente
elevate delle parti private. A rafforzare tale opinione concorre un ulteriore dato proveniente dalla casistica.
Va incidentalmente ricordato che la giurisprudenza non richiede neppure che l’importo del credito sia
precisamente individuato, accontentandosi che esso sia “determinabile con qualche approssimazione”
(Cass., sez. V, 8 maggio 2009, n. 28268, Rv. 244201), reputandosi sufficiente una valutazione complessiva
“in relazione al presumibile danno arrecato agli istanti” (Cass., sez. V, 25 giugno 2010, n. 35525, Rv.
248494). In tal modo, sono evidenti gli svantaggi dell’interpretazione avallata dalla Suprema Corte. Da
un lato, ove comunque fosse ravvisabile un’oggettiva sproporzione tra il credito solamente vantato dalla
parte civile e i cespiti del debitore, verrebbe sottratto al giudice ogni possibile apprezzamento sulla
condotta processuale ed extraprocessuale dell’imputato, togliendosi vigore e rilievo ad argomentazioni
e ad obiezioni fondate sulla correttezza del comportamento del presunto reo. Non v’è chi non veda un
evidente paradosso: se davvero la condotta processuale ed extraprocessuale dell’imputato non dovesse
acquisire alcuna rilevanza in termini positivi, ove si sia in presenza di crediti elevati vantati dalla parte
civile, la disposizione in questione rischierebbe di apparire addirittura “criminogena”, incentivando la
dispersione dei beni, anziché scoraggiando i comportamenti scorretti. Dall’altro, in tali casi la posizione
della parte civile risulterebbe gravata da un minore onere probatorio (a maggior ragione quando la misura
fosse adottata, ancor prima del dibattimento, durante l’udienza preliminare). Con il conseguente rischio di
generare, in presenza di una ingente pretesa risarcitoria, un pericoloso automatismo tra la domanda della
parte civile e la decisione del giudice. Lo squilibrio dei poteri tra la posizione della parte civile e quella
dell’imputato risulterebbe, dunque, evidentissima, attesa la violazione della “condizione di parità” tra le
parti imposta dal comma 2 dell’art. 111 Cost.».
22
Cass. pen., sez. VI, 16 marzo 2011, n. 13142, in CED Cass. pen., 2011; in Cass. pen., 2012, 4, 1455; Cass.
pen. n. 1432/1995, Cass. pen. n. 886/1994, Cass. pen. n. 2267/1992.
23
Trib. Milano, sez. Gip, provvedimento del 15 ottobre 2013 nel RGGIP 4332/12.
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accolto la richiesta di sequestro conservativo della parte civile (nel caso
la curatela fallimentare) attesa l’insensibilità di un’eventuale confisca
obbligatoria alla procedura fallimentare (Cass., SS.UU., n. 29951/2004),
rinviando a una nuova richiesta di sequestro conservativo dopo la decisione
in ordine alla confisca anche per valutare il valore dei beni confiscabili
e l’esistenza quindi di una residua somma sequestrata non rientrante
nell’ammontare del profitto confiscabile da parte dello Stato, da sottoporre
eventualmente a sequestro conservativo.
La tesi non sembra convincente in quanto nessun giudizio prognostico
è richiesto al giudice in ordine alla confiscabilità obbligatoria del bene o
al suo ammontare; una volta ammessa, da uniforme giurisprudenza, la
coesistenza dei due sequestri (preventivo e conservativo), se esistono i
presupposti il sequestro conservativo deve essere disposto, rinviando ogni
ulteriore problema alla successiva confisca, ove sussistente e nei limiti del
valore indicato; diversamente verrebbe limitata la tutela della parte civile che
l’art. 317 c.p.p. intende realizzare. Un eventuale dissequestro o limitazione della
confisca entro ridotti valori rispetto al compendio sequestrato lascerebbe,
infatti, senza alcuna tutela la parte civile che, avendone i presupposti, aveva
richiesto il sequestro conservativo non concesso.
3. OGGETTO DEL SEQUESTRO
L’art. 316, comma 1, c.p.p. indica l’oggetto del sequestro facendo riferimento
ai beni mobili e immobili dell’imputato o delle somme o cose a lui
dovute, nei limiti in cui la legge ne consente il pignoramento. Il comma 2
dello stesso articolo, poi, precisa che “la parte civile può chiedere il sequestro
conservativo dei beni dell’imputato o del responsabile civile, secondo quanto
previsto al comma 1”.
Nel sequestro conservativo la legge esplicitamente consente di dare esecuzione
alla misura anche nei confronti di un soggetto diverso dall’imputato,
individuato nel responsabile civile. In tal caso, però, il sequestro potrà essere
legittimamente disposto su un bene di un terzo solamente quando questi
acquisti la veste di responsabile civile, «in relazione ad una obbligazione civile
nascente da reato e sempre che sia stata proposta la relativa azione civile in
sede penale nei confronti del detto responsabile, con citazione dello stesso
nel processo penale»24.
È stato inoltre affermato dalla giurisprudenza di legittimità che «in tema di
misure cautelari reali, possono essere oggetto di sequestro conservativo,
oltre che i beni di proprietà dell’imputato o del responsabile civile, anche i
beni di proprietà di terzi, a condizione che emergano elementi da cui risulti
24
Cass., sez. I, 6 ottobre 1994, n. 4316.
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la mala fede dei terzi acquirenti o la simulazione del contratto d’acquisto».
Nella motivazione la Corte ha precisato che la presunzione di frode di cui
all’art. 193 c.p., che legittima l’esperibilità dell’azione revocatoria dell’atto
d’acquisto, è una presunzione iuris tantum e non assoluta25.
Inoltre, è stata affermata, sulla base dell’art. 192 c.p., la sequestrabilità di beni
intestati a terzi che ne hanno la titolarità in forza di un atto di donazione
dell’imputato, «attesa l’inopponibilità al creditore danneggiato dal reato degli
atti a titolo gratuito posti in essere dall’imputato»26.
Dal tenore letterale della norma del codice si evince, inoltre, come l’oggetto
del sequestro conservativo è più limitato rispetto a quello del sequestro
probatorio e sequestro preventivo. La legge parla specificatamente di beni
mobili e immobili o delle somme o cose a lui dovute, ma ne indica anche un
limite rappresentato da ciò che la legge considera pignorabile. È indubbio
il riferimento all’art. 513 c.p.c. per cui secondo la formulazione letterale della
norma dovrebbe ritenersi esclusa la sequestrabilità dei beni dei quali la legge
non consente il pignoramento.
L’ipotesi più frequente di sequestro conservativo è certamente il pignoramento
di somme di denaro depositate presso conti correnti bancari. Ampiamente
dibattuta in dottrina è il fatto che un’azienda possa essere oggetto di
sequestro conservativo; esistono, infatti, due orientamenti contrapposti.
La tesi negativa si fonda essenzialmente sul fatto che l’azienda non viene
espressamente individuata fra i beni oggetto di pignoramento, così come
richiamati dall’art. 686 c.p.c. A ciò si aggiunge il fatto che l’art. 671 c.p.c. non
indica fra le cose sequestrabili l’azienda, a differenza di quanto, invece, fa
l’art. 670 c.p.c. per il sequestro giudiziario27.
Il richiamo operato dall’art. 317 c.p.p. alle forme prescritte dal c.p.c. per
l’esecuzione del sequestro conservativo, farebbe ritenere, secondo una parte
della dottrina, che non sia possibile il sequestro conservativo dell’azienda,
in sede penale, atteso che l’art. 671 c.p.c. non indica le aziende fra le cose
sequestrabili, a differenza di quanto invece fa l’art. 670 c.p.c. per il sequestro
giudiziario.
Cass., sez. II, 19 dicembre 2008, n. 3810, C.E., in CED 242540 (annulla con rinvio, Trib. lib. Torino, 24
luglio 2008).
26
Cass., sez. II, 19 dicembre 2008, n. 2386, L.P.P., in CED 243033 (Rigetta Trib. Lecce, 25 giugno 2008).
27
Cfr. Jaccheri, Sequestro conservativo di azienda e, in subordine, dei singoli beni, nota a Trib. Pisa,
20 aprile 1994, in Foro it., Rep. 1994, voce Sequestro conservativo, n. 50 ha giudicato inammissibile il
sequestro conservativo di azienda, il quale è preordinato alla fruttuosità dell’eventuale esecuzione per
espropriazione; ed ancora S. Costa, voce Sequestro conservativo, in Novissimo Dig. it., XVII, Torino, 1970,
secondo cui non essendo stato previsto il pignoramento dell’azienda e non potendo, quindi, avvenire una
conversione del sequestro conservativo in pignoramento, non possa neppure essere ammesso il sequestro
conservativo, ritiene che l’azienda non sia sequestrabile.
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MANUALE DELL’AMMINISTRATORE GIUDIZIARIO
In senso contrario si sono espressi altri autori28, i quali hanno evidenziato
la possibilità di convertire il sequestro in una procedura esecutiva di tipo
concorsuale, ammettendo, pertanto, la sequestrabilità dell’intero complesso
aziendale.
Un’ulteriore conferma di tale orientamento è il fatto che l’art. 317 c.p.p. ha
esteso il sequestro anche ai beni immobili, a differenza di quanto era stabilito
nell’art. 617 del codice del 1930 che prevedeva il sequestro soltanto dei
beni mobili: da ciò si ritiene che ora sia possibile procedere al sequestro
conservativo anche dell’azienda29.
In tal senso si è espressa anche la Corte di Cassazione, che affrontando il
problema dei rapporti che devono intercorrere fra il giudice penale che ha
disposto il sequestro e il custode dei beni sequestrati, ritiene la possibilità
che il sequestro conservativo penale riguardi beni quali azioni, quote sociali
e aziende30.
Tuttavia, ad oggi, il dibattito non si è placato, infatti sussiste qualche
giurisprudenza di merito che, discostandosi dall’orientamento della
Corte afferma che «il sequestro conservativo dell’azienda deve ritenersi
inammissibile perché il nostro ordinamento non prevede l’esecuzione forzata
per espropriazione dell’universitas aziendale», per cui si potrà richiedere il
sequestro dei singoli beni aziendali osservando le condizioni di impignorabilità
e quindi di insequestrabilità31.
Nel caso del sequestro conservativo non sempre sussiste l’esigenza di
nominare un custode-amministratore terzo, ma tale scelta dipenderà in
concreto dalla tipologia del bene oggetto del sequestro.
Il giudice che ha autorizzato il sequestro e successivamente quello del merito,
di ufficio o perché richiestone dal custode, sia questi il debitore o un terzo,
può fissare modalità da seguire nella conservazione ed amministrazione
degli immobili sequestrati e dunque criteri di massima cui uniformarsi nella
gestione.
Nel caso di sequestro di aziende, ove non si opti per la facoltà d’uso o di
affidare, con le opportune cautele, il bene in custodia a chi ne è titolare,
sarà sempre necessaria la nomina di un amministratore giudiziario che abbia
competenze per la gestione dell’azienda.
Cfr. Provinciali, Sequestro di azienda, Napoli, 1960, 75 ss.; Ferrara, La teoria giuridica dell’azienda,
Firenze, 1949, 430 ss.; Ferrari, Azienda (dir. Priv.), in Enc. dir., IV, Milano, 1959, 680; Bracci, Sequestro
conservativo dell’universitas, Milano, 1966.
29
Vedi Galantini, Commentario del nuovo codice di procedura penale, cit., 252; Selvaggi, Commento
al nuovo codice di procedura penale, cit., 342, il quale ha affermato che, avendo il legislatore delegato
esteso il sequestro conservativo ai beni immobili ha sostanzialmente reso possibile anche il sequestro
dell’azienda, quale complesso unitariamente considerato.
30
Cass. pen., 8 novembre 1993 - 4 febbraio 1994, n. 3197, Chamonal, in CED 196376.
31
Trib. Civitavecchia, sez. civ., 18 luglio 2008, in Juris Data, 2008.
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Capitolo 3 - Il sequestro conservativo
In relazione all’amministrazione dell’azienda, la dottrina e la giurisprudenza
sono divise tra quanti sostengono che il custode ha il potere-dovere di
proseguire la gestione, col solo limite delle direttive del giudice e al fine di
aumentarne la redditività (in linea con altre disposizioni penali in materia di
sequestro d’azienda) e quanti ritengono invece che il custode possa compiere
solo atti conservativi, con esclusione quindi di ogni iniziativa in grado di
comportare un incremento di reddito.
4. COMPETENZA E TITOLARITÀ A DISPORRE LA MISURA
La competenza a disporre il sequestro conservativo penale, delineata
dall’art. 317 c.p.p., comma 1, è inderogabile. L’autorità competente è sempre
il “giudice che procede”. Il comma 2 dello stesso articolo, prevede, a questo
riguardo, diverse ipotesi, che possono essere così riassunte.32 33 34
Competenza a disporre il sequestro conservativo
Giudice per le Indagini
Preliminari32
Dopo l’inizio del processo e fino alla trasmissione
degli atti (ex art. 432 c.p.p.): per quel lasso di
tempo che intercorre tra l’emissione del decreto
di rinvio a giudizio e la trasmissione di questo al
giudice ad quem, per la trattazione nel merito
della res iudicanda33.
Giudice che procede
Successivamente alla trasmissione degli atti
Giudice che ha emesso la
sentenza
Se è stata emessa una sentenza impugnabile e
gli atti non sono ancora stati trasmessi al giudice
dell’impugnazione.
Giudice
dell’impugnazione
Successivamente alla trasmissione degli atti34.
Il sequestro conservativo penale può essere adottato solo durante la fase
processuale di merito35 (“in ogni stato e grado del processo di merito”), e
non nel giudizio in Cassazione.
È perciò un’ipotesi che presuppone, in ogni caso, la chiusura delle indagini
preliminari e l’avvenuta contestazione dell’imputazione. È da precisare, però,
che tali requisiti sono già presenti dopo la richiesta di vocatio in iudicium del
P.M., e perciò, in un momento che precede quello identificato dall’art. 317,
32
33
34
35
Cass. pen., sez I, 9 novembre 2004, n. 47240.
Montagna, voce Sequestro conservativo penale, cit., 225.
Dinacci, Il sequestro conservativo, cit., 116.
Cfr. Cass., 27 novembre 1993, Corvi ed altri, in Arch. n. proc. pen., 1994, 285.
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comma 2, c.p.p.36; in questo caso si configurerebbe l’ipotesi di sequestro
conservativo, su richiesta del P.M. o della parte civile, anche durante l’udienza
preliminare, oppure nel tempo immediatamente anteriore ad essa, ma
successivo alla proposta di rinvio a giudizio dell’accusa.
In quest’ultimo caso, anche se il termine iniziale per la costituzione della parte
civile coincide con l’udienza preliminare, la persona offesa può presentare la
dichiarazione di costituzione di parte civile anche al di fuori di tale udienza,
notificandola però alle altre parti, secondo quanto stabilito dall’art. 78 c.p.p.
Solo dopo la sua ammissione potrà fare richiesta di sequestro conservativo.
La giurisprudenza è concorde nel considerare il sequestro conservativo non
adottabile durante la fase delle indagini preliminari37.
Per quanto riguarda la competenza del G.I.P. all’emissione del decreto
di sequestro conservativo penale, la Cassazione ha precisato che questa
«permane (in capo a tale giudice) anche dopo il provvedimento che dispone
il giudizio, finché gli atti non siano trasmessi al giudice competente per il
dibattimento: ciò in relazione al carattere di urgenza inerente alla misura,
motivo per il quale quando è pronunciata sentenza (di condanna, di
proscioglimento o di non luogo a procedere) soggetta ad impugnazione,
finché gli atti non siano trasmessi al giudice del gravame, è competente ad
ordinare il sequestro conservativo il giudice che l’ha pronunciata»38.
La formulazione del codice, riguardo alla competenza a disporre il sequestro
conservativo penale, ha dato adito a problemi in relazione ad alcune ipotesi non
espressamente regolate: per quanto riguarda l’ipotesi di sospensione, causata
da questione pregiudiziale, ex art. 3. c.p.p., ci si chiede se sia ammissibile il
sequestro conservativo e, in tal caso, quale sia il giudice competente.
Secondo alcuni39, il sequestro, durante la sospensione del processo, è
adottabile, poiché l’art. 3, comma 3, stabilisce che “la sospensione del processo
non impedisce il compimento degli atti urgenti”, tra i quali, non si può certo
non considerare l’istituto cautelare in esame, in particolare, in riferimento al
periculum in mora.
M. Montagna, ibidem, 225-226.
Cfr. Cass. pen., sez. I, n. 40524/2008; Cass. pen., sez VI, 5 febbraio 1998, n. 426; Cass. pen., 28 gennaio
1992, Del Pizzo, in Riv. pen., 1992, 1097 in cui si afferma che «il sequestro conservativo, di cui agli artt. 316
e 317 c.p.p., è previsto solo nella fase del giudizio di merito, anche perché coinvolgente un’indagine sugli
elementi del fumus boni iuris e del periculum in mora, e non può essere disposto in quella delle indagini
preliminari».
38
Cass., sez. II, 19 febbraio 2008, n. 11740; Cass., sez. II, 19 dicembre 2008, n. 2388, C.V., in CED 243034;
Cass., sez. I, 3 febbraio 1994, Ribatti. Cfr. nello stesso senso, Cass., sez. V, 17 marzo 1994, Mendella, in
Arch. n. proc. pen., 1994, 734 (m); Cass., sez. VI, 22 marzo 1994, p.m. in proc. Sepe, ibidem, 883 (m); Cass.,
sez. VI, 11 giugno 1996, Acerra, in Riv. pen., 1997, 102 (m); Cass., sez. V, 30 aprile 1997, Di Pietro, ibidem,
866 (m).
39
Dinacci, Il sequestro conservativo, cit., 116.
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Lo stesso Autore considera, poi, un’altra ipotesi di sospensione, ossia quella
disposta, a norma dell’art. 479 c.p.p., per la risoluzione di una controversia
civile o amministrativa già pendente. Anche in questo caso, poiché il comma 1
di tale articolo stabilisce che il giudice penale “può disporre la sospensione del
dibattimento fino a che la questione non sia stata decisa con sentenza passata
in giudicato”, il sequestro conservativo può essere disposto dal giudice che ha
sospeso il processo, poiché la situazione contemplata dall’art. 479 c.p.p., non
risulta incompatibile con la possibilità di adottare misure cautelari.
Anche nell’ipotesi di ricusazione del giudice, il sequestro conservativo è
adottabile, dato che “il giudice ricusato non può pronunciare, né concorrere a
pronunciare sentenza fino a che non sia intervenuta l’ordinanza che dichiara
inammissibile o rigetta la ricusazione”40, mentre non è “inibito” dal compiere
altre attività processuali.
Due ipotesi, al cui verificarsi, pare non sia possibile adottare il sequestro, sono
quelle in cui non sia certa l’identità fisica dell’imputato41 e il caso di incapacità
dello stesso.
Il codice in vigore ha introdotto un’innovazione di notevole portata, ossia
il riconoscimento del potere d’iniziativa cautelare anche alla parte civile. Il
codice riconosce la legittimazione cautelare a due soggetti.
SCHEMA ESEMPLIFICATIVO
SEQUESTRO CONSERVATIVO
potere d'iniziativa cautelare
Pubblico Ministero
(Tutela dei crediti statali)
OBBLIGATORIA
Parte civile
(Tutela obbligazioni civili da reato)
FACOLTATIVA
1) [F007 - Richiesta del P.M. di sequestro conservativo]
2) [F008 - Richiesta della parte civile di sequestro conservativo].
È da notare la distinzione, quanto nella formulazione codicistica tra l’esercizio
del potere cautelare del P.M. e quello dalla parte civile.
Così prescrive il comma 2, dell’art. 37 c.p.p.
Secondo quanto stabilisce l’art. 68 c.p.p., quando sia stato accertato l’errore di persona, si procede alla
estromissione dello pseudo-imputato, dal processo: fino a quando, però, l’errore non sia accertato, questo
stato di incertezza circa l’identità del soggetto, implica l’impossibilità di adottare un provvedimento di
sequestro.
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Nel caso previsto dal comma 1, al verificarsi dei presupposti (fumus boni iuris e
periculum in mora), il P.M. “chiede il sequestro conservativo”, mentre nel caso
di costituzione di parte civile, questa “può chiedere il sequestro conservativo
dei beni dell’imputato o del responsabile civile, secondo quanto previsto dal
comma 1”.
Il P.M. ha l’obbligo di chiedere il sequestro, sempre che ne ricorrano i
presupposti, mentre per la parte civile, l’esercizio di tale potere è facoltativo.
Questa differenza deriva dalla diversa natura dei crediti da tutelare: il P.M.
lo richiede a garanzia dei crediti dello Stato e pertanto con una finalità
evidentemente di natura pubblicistica. La parte civile, invece, ha la facoltà
di chiedere il sequestro conservativo a garanzia di propri crediti, con finalità
di tutela privatistica: da ciò ne deriva la facoltà e non l’obbligo. Per il P.M.
la proposizione dell’istanza di sequestro costituisce, invece, un atto dovuto,
con la conseguenza che una sua eventuale omissione concreterebbe una
violazione di doveri funzionali, a cui si riferisce l’art. 328 c.p.
È da ricordare comunque che, «mentre il sequestro conservativo disposto a
richiesta dal pubblico ministero giova anche alla parte civile, secondo quanto
previsto dal comma 3, dell’art. 316, c.p.p., per la testualità esplicita di tale
disposizione, non è possibile ritenere anche l’inverso»42 infatti «il sequestro
conservativo su richiesta della sola parte civile può essere richiesto solamente
a garanzia delle obbligazioni civili nascenti dal reato (…) senza riferimento
alcuno ai crediti dell’erario, ivi comprese le pene pecuniarie»43.
5. FORMA DEL PROVVEDIMENTO DI SEQUESTRO CONSERVATIVO
A differenza di quanto avviene in sede civile, l’adozione del sequestro
conservativo in sede penale, come ribadito più volte, può essere adottato
solamente nell’ambito del processo penale di merito. La domanda di sequestro
«appartiene alla categoria degli accadimenti costitutivi. Infatti, soltanto
attraverso la richiesta del pubblico ministero o della parte civile, è possibile
l’intervento del giudice che deve pronunciarsi sulla misura cautelare»44.
Poiché non vi è una specifica disposizione di legge, a riguardo pare che sia
sufficiente, per l’ammissibilità della richiesta «la possibilità di ricostruire, con
sufficiente chiarezza i fatti del processo, con l’intento del pubblico ministero
e della parte civile di chiedere il sequestro»45.
Di conseguenza, la richiesta di sequestro conservativo penale dovrà contenere
una dichiarazione con cui il P.M. o la parte civile chiedono al giudice di
pronunciarsi sull’esigenza della cautela.
42
43
44
45
Cass., sez. I, 23 novembre 1992, Mendella, in Arch. n. proc. pen., 1993, 329.
Cass. pen., sez. V, 17 aprile 2009, n. 19903.
Dinacci, Il sequestro conservativo, cit., 114.
Così ancora, Dinacci, ibidem, 114.
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È necessario che il titolo delle ragioni creditorie che s’intendono cautelare, ossia
il fatto per il quale s’invoca la cautela, sia determinabile; tale determinabilità
può, però, concretizzarsi anche attraverso una enunciazione dei fatti implicita
o presunta, come anche un rinvio a un atto specifico del processo46.
L’istanza di sequestro conservativo penale, ove accolta, comporta un’ordinanza,
che, a norma dell’art. 125, comma 3, c.p.p., deve essere motivata, pena nullità
del provvedimento stesso. La previsione dell’ordinanza [F009 - Ordinanza di
applicazione della misura cautelare di sequestro conservativo] in luogo
del decreto, previsto nel codice previgente, assicura una maggiore tutela
del soggetto destinatario del provvedimento di sequestro, proprio per la
previsione normativa dell’obbligatorietà della motivazione; quest’ultima deve
evidenziare, in particolare, l’esigenza dell’adozione della misura, esigenza
rappresentata dalla impossibilità di soddisfacimento dei crediti, senza
l’adozione della misura stessa.
Per quanto attiene alla forma del provvedimento, non sono sorte
questioni particolari, né in dottrina, né in giurisprudenza. Si può menzionare,
comunque, una decisione della Cassazione, riguardo alla necessità o meno del
contraddittorio per l’adozione della misura. La Suprema Corte si è espressa
per la non necessità del contraddittorio, affermando che la previsione della
forma di ordinanza prevista per il sequestro conservativo (art. 317, comma
1, c.p.p.) non implica la necessità del contraddittorio, e quindi l’effettuazione
«di una udienza, per l’adozione della misura, giacché, come è dato ricavare
dall’art. 125 c.p.p., a differenza della misura civile, non esiste nel codice di rito
penale, il principio, peraltro solo tendenziale, che alla forma dell’ordinanza sia
connesso il divieto di provvedere inaudita altera parte»47. Prosegue la Corte,
affermando che «l’art. 317, comma 1 citato impone soltanto che, nell’instaurato
rapporto processuale, il giudice deve procedere all’autorizzazione della
misura su richiesta del pubblico ministero o della parte civile e, perciò, con
provvedimento de plano, in ordine al quale il contraddittorio è eventuale e
posticipato al momento della introduzione dell’impugnazione per riesame,
di cui all’art. 318 c.p.p., cui peraltro non è collegata alcuna sospensione
dell’esecuzione del provvedimento».
Inoltre, in proposito, si è pronunciata la Consulta, in relazione alla questione
di legittimità costituzionale dell’art. 317, comma 1, c.p.p., in riferimento agli
46
A questo riguardo la pretura di Salerno ha affermato che «i documenti allegati alla richiesta di sequestro
conservativo che si trovino nel fascicolo dibattimentale, se non altrimenti veicolati nel processo a norma
degli artt. 234 ss. c.p.p., possono essere utilizzati dal giudice unicamente ai fini dell’emissione dell’ordinanza
ex art. 317, comma 1, c.p.p. e non ad altri scopi» (Pret. Salerno, ord., 4 dicembre 1997, Aceto ed altri, in
Arch. n. proc. pen., 1998, 251).
47
Cass., sez. VI, 7 luglio 1995, D’Amato e altri, in Riv. pen., 1996, 654; Cass. pen., sez. V, 10 giugno 1999,
n. 2816.
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artt. 3 e 24 Cost., questione sollevata dal Tribunale di Trani. Quest’ultimo,
chiamato a decidere, nella fase predibattimentale, sulla richiesta di sequestro
conservativo avanzata dalla parte civile, ha proposto tale questione, ritenendo
dubbia la legittimità costituzionale dell’art. 317, comma 1, cit., nella parte in
cui prevede che l’ordinanza applicativa di tale misura sia emanata in assenza
di ogni forma di contraddittorio tra le parti.
Il Tribunale rimettente rilevava, poi, che nel procedimento per l’applicazione
del sequestro conservativo penale, è inibita alla parte potenzialmente
destinataria del provvedimento, ossia l’imputato, la facoltà di interloquire
sia preventivamente, che successivamente, dinanzi allo stesso giudice che ha
emanato l’ordinanza, il quale non può neppure tenere conto delle deduzioni
difensive dell’imputato per riconsiderare la legittimità del provvedimento da
lui emanato, perché detto provvedimento è – secondo la giurisprudenza della
Cassazione – irrevocabile.
La Consulta ha, però, dichiarato la manifesta infondatezza della questione
sollevata, sostenendo che «la facoltà, prevista dall’art. 318, c.p.p., di proporre
richiesta di riesame anche nel merito, a norma dell’art. 324, c.p.p., assicura
all’imputato un ampio contraddittorio, ancorché differito»48; infatti «le
garanzie di difesa, attraverso l’instaurazione del contraddittorio, sono solo
rinviate e possono esplicarsi pienamente con la richiesta di riesame».
6. CAUZIONE
La cauzione può impedire l’adozione di un provvedimento di sequestro
conservativo. Il legislatore ha, infatti, previsto la possibilità, per il soggetto
destinatario del provvedimento di sequestro, di evitare la misura, conservando,
nel contempo, la garanzia di soddisfazione dei crediti derivanti da reato,
attraverso l’offerta di un’idonea cauzione.
Secondo l’art. 319 c.p.p. l’offerta può essere proposta [F010 - Offerta di
cauzione in luogo di sequestro conservativo], in via preventiva, prima che
la misura cautelare sia stata disposta, oppure, successivamente all’adozione
del sequestro, con la richiesta di riesame o “in qualunque stato e grado del
processo di merito”. La possibilità di offrire cauzione è attribuita, oggi, anche
al responsabile civile.
È stato limitato in merito alla cauzione il potere discrezionale del giudice49:
l’art. 319, comma 1, c.p.p., stabilisce infatti, che, in caso di cauzione idonea a
garantire i crediti previsti dall’art. 316 c.p.p., “il giudice dispone con decreto
che non si faccia luogo al sequestro conservativo”.
Corte cost., 23 dicembre 1998, n. 429, ord., in G.U., 1° Serie speciale, 30 dicembre 1998, nn. 52, 53.
Potere in passato previsto dall’art. 189, comma 5, c.p., il quale stabiliva che “se l’imputato offre cauzione,
può non farsi luogo (…) al sequestro”.
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L’ambito discrezionale del giudice è stato ridotto alla verifica dei criteri
d’idoneità e corrispondenza alle pretese creditorie da tutelare e dell’avvenuta
offerta di cauzione50.
Secondo la dottrina51, in applicazione analogica del processo civile, sarebbe
ammissibile anche la c.d. cauzione “impropria”, consistente nella surrogazione
delle cose sequestrate con altri beni.
Quest’ultima deve, infatti, essere idonea a garantire le obbligazioni ex
art. 316 c.p.p., oppure, in caso di sequestro già disposto, la stessa deve essere
“proporzionata al valore delle cose sequestrate”52 o comunque “idonea”.
La dottrina dominante53 considera i principi di proporzionalità, adeguatezza
e gradualità, stabiliti per le misure cautelari personali dall’art. 275 c.p.p., quali
criteri in base ai quali il giudice dovrà effettuare il controllo giurisdizionale
dell’offerta di cauzione.
Nel caso in cui tali requisiti risultino presenti, il giudice dovrà necessariamente
soprassedere all’adozione del sequestro, oppure revocarlo, se già adottato.
Questo, alla luce del dettato dell’art. 319, il quale, prescrivendo che il giudice
“dispone” o “revoca” il sequestro, attribuisce il connotato della doverosità alla
decisione del giudice.
Con riguardo alla forma del provvedimento con il quale il giudice decide di
non adottare il sequestro conservativo, in presenza di idonea cauzione, si
delinea una differenza rispetto all’ipotesi in cui il sequestro venga adottato.
Infatti, come risulta dalla lettera dell’art. 319, comma 1, c.p.p., la decisione
sulla cauzione è adottata mediante decreto; da ciò deriva che non vi sarà
motivazione accentuando così «il meccanismo di automaticità che impronta il
rapporto tra l’offerta cauzionale ritenuta adeguata (…) e la decisione da parte
del giudice di non ricorrere al sequestro»54.
Vi è, però, chi55 sostiene comunque la necessità di una motivazione poiché
«il decreto in oggetto ha funzione impeditiva di un procedimento già
evidentemente iniziato con l’istanza dell’interessato»; inoltre, «la motivazione
deve dare contezza dell’idoneità della cauzione»56.
Montagna, voce Sequestro conservativo penale, cit., 227.
Dinacci, Il sequestro conservativo, cit., 82.
52
Art. 319, comma 2, c.p.p.
53
Ex plurimis Montagna, voce Sequestro conservativo, cit., 227; Selvaggi, Commento al nuovo codice, cit.,
353. Così, anche parte della giurisprudenza, cfr. Cass., sez. II, 23 novembre 2006, n. 40221, G.G., in CED
235592; Cass., sez. I, 31 maggio 1996, in Cass. pen., 1997, 1820. In senso contrario, vedi però, Mendoza,
Questioni in tema di sequestro conservativo, in Cass. pen., 1997, 1823.
54
Montagna, ibidem, 228.
55
Cantone, I “sequestri” nel codice di procedura penale, in Arch. n. proc. pen., 1996, 11.
56
Secondo l’Autore sopra citato tale provvedimento non richiede necessariamente contraddittorio, e,
inoltre, per il principio di tassatività delle impugnazioni, non è da ritenersi suscettibile di gravame.
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Lo stesso Autore prospetta che, non essendo indicato il tipo di provvedimento
con cui il giudice debba revocare il sequestro, secondo quanto previsto dai
commi 2 e 3 dell’art. 319 c.p.p., la revoca venga adottata con un’ordinanza
necessariamente motivata. Ciò poiché il provvedimento di revoca incide su
un precedente provvedimento processuale, e necessita, quindi, dell’identica
forma.
In relazione alla previsione di revoca, la giurisprudenza di legittimità ha
precisato che tale offerta «non costituisce causa di revoca nella tipica
accezione processuale del termine»57; infatti, le norme vigenti non prevedono
la revoca del sequestro conservativo, per la mancanza o il venir meno dei
presupposti genetici del relativo provvedimento58.
La normativa relativa al sequestro conservativo penale prevede, all’art. 318
c.p.p., solo il riesame dell’ordinanza con cui si dispone la misura stessa, mentre
nessun richiamo è effettuato alla disciplina dell’appello, di conseguenza, il
provvedimento con cui si dispone il sequestro conservativo è impugnabile
unicamente con la richiesta di riesame e non con l’appello, non essendo tale
ultimo mezzo di gravame normativamente previsto per detta misura cautelare
reale59.
La misura cautelare del sequestro conservativo, ad eccezione dell’ipotesi
di offerta di cauzione, «non è suscettibile di revoca, con conseguente
improponibilità dell’appello cautelare avverso il provvedimento di rigetto
della richiesta di revoca»60.
La Cassazione61 ha avuto modo di precisare che la possibilità di offrire una
fideiussione a garanzia delle obbligazioni, assimilata alla funzione della
cauzione, è possibile solo in relazione al sequestro conservativo e non
anche per quello preventivo, fondato su diverse finalità. E infatti «le somme
di denaro oggetto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per
equivalente non sono suscettibili di sostituzione mediante rilascio di garanzia
fideiussoria per un ammontare corrispondente al profitto del reato, atteso
che, altrimenti, verrebbe frustrata la finalità della misura cautelare, diretta a
sottrarre all’indagato la disponibilità del patrimonio, che invece risulterebbe
invariata per lo spostamento del vincolo sul denaro del garante.»
Cass., sez. V, 6 ottobre 1995, Giannecchini, in Giust. pen., 1995, III, 641.
In senso contrario, vedi, però, E. Zaffalon, Diritto delle libertà: l’arresto e il fermo di p.g., misure cautelari
personali e reali, le intercettazioni telefoniche. Prontuario per il difensore, in Arch. n. proc. pen., 1990, 35
che sostiene, invece, l’ammissibilità della revoca del sequestro, per insussistenza o il venir meno delle
condizioni di applicabilità.
59
Cass. pen., sez. III, 26 novembre 2009, 8176.
60
Cass. pen., sez. III, 14 luglio 2010 n. 35396, in CED Cass. pen., 2010.; cfr. Cass. pen., sez. V, 4 ottobre
2005, n. 45929, Cass. pen. n. 2794/1996, Cass. pen. n. 2196/1995. Contra Cass. pen. n. 7226/2007, Cass.
pen., sez. VI, 19 maggio 1998, n. 1778.
61
Cfr. sent. Cass. pen., sez. III, 19 giugno 2012, n. 33587, Cass. pen., sez. VI, 1° luglio 2009, n. 36095.
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Capitolo 3 - Il sequestro conservativo
Secondo l’orientamento citato non può essere invocata alcuna similitudine
tra il sequestro preventivo e quello conservativo (per il quale espressamente
rilevano invece la cauzione e la fideiussione) trattandosi in quest’ultimo caso
di misura avente finalità diverse.
Il sequestro preventivo, intende in via generale anticipare il provvedimento
di confisca per evitare che la res considerata pericolosa, una volta lasciata
nella disponibilità del reo, possa costituire per lui un incentivo a commettere
ulteriore attività criminosa. Il sequestro per equivalente si giustifica con la
necessità di sottrarre alla disponibilità dell’imputato una somma pari a quella
del profitto ogniqualvolta non si renda possibile aggredire direttamente
l’oggetto del profitto.
In sostanza l’obiettivo che si vuole raggiungere è anzitutto quello di impedire
che l’autore del reato continui a usufruire di quello che è stato il profitto del
reato stesso.
Tale scopo non può essere evidentemente raggiunto con la fideiussione
poiché tale garanzia lascerebbe il patrimonio dell’imputato invariato. A essere
sottoposto a sequestro finirebbe, sostanzialmente, il denaro del garante che,
quindi, non è nella diretta disponibilità dell’imputato bensì del terzo.
L’attivazione di una garanzia fideiussoria, lascerebbe quindi l’autore del reato
libero di disporre del profitto di esso contraddicendo così le ragioni stesse del
sequestro preventivo.
7. ESECUZIONE ED EFFETTI DEL SEQUESTRO CONSERVATIVO
7.1. Introduzione
Secondo quanto stabilisce l’art. 317, comma 3, c.p.p., “il sequestro è eseguito
dall’ufficiale giudiziario con le forme prescritte dal codice di procedura civile
per l’esecuzione del sequestro conservativo sui beni mobili e immobili”.
Il legislatore ha previsto il rinvio alla disciplina del c.p.c. e più precisamente,
all’art. 678 per ciò che riguarda il pignoramento dei beni mobili [F012 Atto di sequestro conservativo penale di beni presso terzi e F013 - Atto
di sequestro conservativo penale di crediti presso terzi] e all’art. 679,
relativamente alla trascrizione del provvedimento nei registri immobiliari
[F014 - Nota di trascrizione di sequestro conservativo penale immobiliare].
Per quanto riguarda la disciplina dell’esecuzione, l’art. 320, comma 2, c.p.p.,
stabilisce che “l’esecuzione forzata sui beni sequestrati ha luogo nelle forme
prescritte dal codice di procedura civile”, individuando così, come giudice
competente, quello civile.
Il provvedimento che autorizza il sequestro conservativo non perde efficacia
se non eseguito entro trenta giorni dalla pronuncia, in quanto l’art. 675
c.p.c., che prevede tale effetto, non trova applicazione nel procedimento
penale, perché il richiamo contenuto nell’art. 317, comma 3, c.p.p. è limitato
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all’esecuzione della misura e, inoltre, il comma successivo già disciplina in
termini autonomi la perenzione del sequestro, ricollegandola non già a
eventuali inerzie nel dare esecuzione alla misura, bensì al sopravvenire di
sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere, non più soggetta a
impugnazione62.
La nuova formulazione dell’art. 320 c.p.p. ha chiarito l’interpretazione
dell’art. 620, comma 1 del codice del 1930, il quale non prevedeva la sorte
delle misure cautelari dopo la pronuncia della sentenza di condanna, divenuta
irrevocabile, indicando solamente la vendita degli immobili ipotecati o dei
mobili sequestrati.
«Il legislatore del 1988 ha, invece, precisato il momento di conversione
del sequestro in pignoramento, riferendosi alla sentenza irrevocabile di
condanna al pagamento di una pena pecuniaria o alla sentenza divenuta
esecutiva che condanna l’imputato e il responsabile civile al risarcimento del
danno in favore della parte civile (art. 320, comma 1, c.p.p.). Tali sentenze
costituiscono il titolo esecutivo per il soddisfacimento del credito; perciò,
il possesso del titolo, ossia la copia della sentenza, è condizione necessaria e
sufficiente per promuovere l’esecuzione»63.
La Cassazione64 ha anche statuito che «la conversione del sequestro
conservativo in pignoramento ha luogo anche al passaggio in giudicato di
sentenza di patteggiamento, dopo il quale ogni provvedimento relativo al
bene oggetto del vincolo rientra nella competenza del giudice civile. Ne
consegue che è illegittimo il provvedimento con cui il giudice dell’esecuzione
dichiara la perdita di efficacia del sequestro in conseguenza di sentenza di
applicazione della pena a richiesta delle parti».
L’esecuzione del sequestro conservativo penale presso terzi provoca «l’effetto
di estendere al patrimonio del debitore dell’imputato o del responsabile civile
il privilegio», privilegio che garantisce «una precedenza nel soddisfacimento
su di essi - i beni - nei confronti di ogni altro credito vantato verso il terzo
debitore, nei limiti di cui all’art. 316, comma 4, c.p.p.»65.
L’art. 320 c.p.p. prevede specificatamente, rispetto al codice previgente, che
la misura cautelare del sequestro, dopo la pronuncia della sentenza di
condanna divenuta irrevocabile, si converte in pignoramento66.
Il comma 2 dell’art. 320 stabilisce, inoltre, l’ordine di ripartizione delle somme
ricavate dalla vendita dei beni sequestrati e su quelle derivanti dal deposito
Cfr. Cass., sez. II, 10 dicembre 2008, n. 2835, F.L., in CED 24287 (dichiara inammissibile, Trib. lib. Genova,
30 luglio 2008); Cass., sez. II, 19 dicembre 2008, n. 3810, C.E., in CED 242539.
63
U. Dinacci, Il sequestro conservativo, cit., 126.
64
Cfr. Cass., sez. I, 29 maggio 2008, n. 25950, S.P., in CED 240466 (annulla senza rinvio, Trib. Ortona, 10
maggio 2007); Cass., sez. I, 16 maggio 2007, n. 22468, in CED 236795.
65
Dinacci, ibidem, 127.
66
Selvaggi, Commento al nuovo codice, cit., 57.
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cauzionale e non devolute alla cassa delle ammende: in primo luogo sarà
soddisfatta la parte civile per le somme dovute a titolo di risarcimento del
danno e di spese processuali; seguono, poi, “le pene pecuniarie, le spese di
procedimento e ogni altra somma dovuta all’erario dello Stato”.
I crediti privilegiati per effetto del sequestro conservativo penale potrebbero,
però, trovarsi a concorrere con altri crediti coperti da privilegio e sorti in data
anteriore, come prevede l’art. 316, comma 4, c.p.p.; in tal caso, l’ordine per
il pagamento dei crediti indicati dall’art. 320, comma 1, c.p.p., interno alle
obbligazioni derivanti da reato, si dovrà affiancare all’ordine dei privilegi
contemplato dagli artt. 2777 ss. c.c.67.
Tale richiamo, però, è esplicito per quanto riguarda i privilegi sui beni mobili,
essendo previsto espressamente dall’art. 2778, n. 10, c.c., mentre non si trova
analogo riferimento legislativo per ciò che riguarda l’ordine dei privilegi sugli
immobili, stabilito dall’art. 2780 c.c. Questo mancato coordinamento deriva
dall’innovata figura del sequestro conservativo penale, esteso oggi anche ai
beni immobili; il codice civile non è stato, però, “aggiornato” con la previsione
di obbligazioni ex delicto, per quanto riguarda il sequestro conservativo sui
beni immobili.
Questi, nel previgente c.p.p., erano soggetti solo a ipoteca legale (art. 2817,
n. 3, c.c.) e i crediti così tutelati acquisivano il titolo di prelazione connesso
a tali forme di garanzia. Sopperisce al silenzio normativo, la previsione
dell’art. 316, comma 4, c.p.p., relativa alla priorità dei privilegi posti a garanzia
del pagamento dei tributi, nonostante la sussistenza di una pari causa di
prelazione derivante dal sequestro conservativo. In questo quadro, l’ordine
previsto dall’art. 2780 c.c. per i privilegi sugli immobili, privo di riferimenti
alle obbligazioni ex delicto, potrà essere integrato nel senso che i crediti
tutelati attraverso il sequestro conservativo sui beni immobili troveranno
soddisfazione successivamente a quelli indicati nei nn. 1, 2, 3, 4 e 5 della
norma di diritto civile, relativi al pagamento dei tributi68.
Per quanto concerne il richiamo alla normativa sul pignoramento, in dottrina
si erano contrapposti due orientamenti. Il primo69, secondo cui il creditore
non poteva sottoporre a pignoramento beni per un importo superiore al
valore del credito, a pena di invalidità, l’altro70, secondo cui, invece, il creditore
pignorante poteva sottoporre ad espropriazione beni eccedenti il valore del
credito vantato per non rischiare di restare insoddisfatto nell’eventualità di un
intervento di altri creditori.
Montagna, voce Sequestro conservativo penale, cit., 229.
Montagna, ibidem, 229.
69
Ex plurimis I. Andolina, “Cognizione” ed “esecuzione forzata” nel sistema della tutela giurisdizionale, in
Riv. dir. proc., 1980, 797 ss.
70
Cfr. Borrè, Pluralità di espropriazioni per lo stesso titolo e difesa del debitore, in Riv. dir. proc., 1970,
293 ss.
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La giurisprudenza si è pronunciata, in proposito, conformemente al secondo
orientamento71: «non si ritiene ipotizzabile alcuna forma di illegittimità o
di invalidità del pignoramento poiché, in presenza della discrezionalità del
giudice quale prevista dall’art. 496 c.p.c., non esiste alcun principio attraverso
il quale possa qualificarsi illecita una richiesta di pignoramento da chiunque
provenga e comunque sia stata posta in essere».
Alla luce di tali orientamenti della dottrina e della giurisprudenza in tema di
esecuzione civile, va esclusa l’esistenza di un principio di proporzionalità e
adeguatezza quale criterio informatore del pignoramento; infatti, l’art. 496
c.p.c., nel conferire al giudice dell’esecuzione il potere di riduzione, adopera
l’espressione “può”, attribuendogli, quindi, una facoltà e non un dovere.
La giurisprudenza penale72 è giunta alle stesse conclusioni di quella civile.
Inoltre, in sede penale, non avrebbe senso la riduzione di un sequestro
conservativo da parte del giudice che procede, perché tale misura trae origine
e viene disposta su richiesta del P.M. o della parte civile inaudita altera parte;
in sede civile invece, quando un sequestro conservativo o un pignoramento
sono già in atto - in quanto posti in essere con atto dell’ufficiale giudiziario la decisione sulla riduzione deve essere preceduta dal contraddittorio, anche
nel caso in cui il giudice voglia proseguire d’ufficio73.
Sul tema è intervenuta recente giurisprudenza che ha ritenuto che il giudice
che dispone il sequestro conservativo deve valutare che il vincolo sia
mantenuto nei limiti con cui la legge lo consente e verificare la ragionevole
proporzionalità tra i crediti da garantire e l’ammontare del debito; qualora ci
dovesse essere una sproporzionalità è consentito al giudice effettuare una
riduzione del pignoramento74.
Sussistono, poi, problemi d’interpretazione in relazione all’esecuzione del
sequestro su alcuni beni mobili che prevedono forme speciali75.
Per l’esecuzione sugli autoveicoli, è necessaria la notifica dell’ordinanza di
sequestro all’imputato o al responsabile civile e la sua successiva trascrizione
nel registro automobilistico; da ciò deriva che non trovano applicazione gli
artt. 513 ss. c.p.c. Lo stesso discorso riguarda anche l’ipotesi della nave o
dell’aeromobile. Infatti, in base agli artt. 2693 c.c. (relativo alla trascrizione del
sequestro conservativo sui beni mobili iscritti in pubblici registri) e 628 ss. c.
nav., (trascrizione del sequestro della nave o dell’aeromobile), si ritiene senza
ombra di dubbio, che il sequestro conservativo penale possa avere a oggetto
anche tali beni.
71
72
73
74
75
Cass., 17 ottobre 1994, in CED 488114.
Cass., sez. I, 3 febbraio 1994, Ribatti.
Mendoza, Questioni in tema di sequestro, cit., 1826.
Cass. pen., sez. II, 20 novembre 2009, n. 46626; cfr. Cass., sez. III, 1° aprile 2005, n. 6895.
Dinacci, Il sequestro conservativo, cit., 127.
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Capitolo 3 - Il sequestro conservativo
Per quanto riguarda l’esecuzione sui titoli di credito, si fa riferimento
all’art. 1997 c.c. Poiché una caratteristica strutturale del titolo di credito è
la connessione tra documento e diritto (il portatore legittimo del titolo, sia
o meno titolare, è in condizione di realizzare la prestazione), ne deriva la
regola posta dall’art. 1997 c.c., secondo cui pegno, sequestro, pignoramento
o qualsiasi altro vincolo “si attuano sul titolo”.
Da ciò deriva che se il “sequestrato” mantiene il possesso del titolo, e su
questo non viene effettuata nessuna operazione, il vincolo non opera: in tal
caso il debitore avrebbe la possibilità di esercitare liberamente i propri diritti,
vanificando il vincolo stesso.
In base all’art. 1997 c.c., è necessario lo spossessamento; al nuovo possessore
deve riconoscersi una legittimazione in rapporto ai contenuti del vincolo
costituito sul titolo.
L’attribuzione al custode giudiziario del potere di compiere tutti gli atti di
ordinaria e di straordinaria amministrazione, quest’ultimi con l’autorizzazione
del giudice, in vista del perseguimento delle finalità proprie del suo ufficio,
presuppone lo “spossessamento” anche del creditore pignoratizio, «il cui
diritto di prelazione, che rappresenta il contenuto del diritto di pegno, non
può essere esercitato ove privo di oggetto, il che si verifica nell’ipotesi in
cui il creditore pignoratizio perda il possesso della cosa, e fino a quando
non lo riacquisti con l’esperimento delle apposite azioni recuperative (in
via possessoria o petitoria). Pertanto, nell’ipotesi in cui i beni pignorati
costituiscano oggetto di sequestro giudiziario è imprescindibile farsi luogo
allo “spossessamento” del bene in capo al possessore o detentore, al fine
della relativa attribuzione al custode sequestratario»76.
Infine, il sequestro conservativo di quote societarie si esegue, sempre, ai sensi
del combinato disposto degli artt. 317, comma 3, c.p.p., 520, comma 2, e 678
c.p.c., nella forma del pignoramento presso terzi, disciplinato dal codice di
procedura civile, al fine di consentire, mediante la necessaria collaborazione
degli organi sociali, l’individuazione delle quote e l’iscrizione del vincolo
d’indisponibilità presso il Registro delle Imprese e nei libri sociali, diversi dal
libro soci, in quanto abolito77.
Recente giurisprudenza di legittimità78 ha rigettato il ricorso con il quale si
sosteneva l’illegittimità della nomina del custode di quote sociali effettuata
dal giudice che ne aveva disposto il sequestro.
«Nel corso del procedimento penale il giudice che dispone il sequestro
conservativo, ai sensi dell’art. 317 c.p.p., può nominare il custode dei beni
76
Cass., sez. III, 30 ottobre 2007, n. 22860 (ud. 6 giugno 2007), Banca Popolare di Vicenza scarl c. M.L., in
CED 600450 (rigetta, App. Trieste, 25 settembre 2002).
77
Art. 16, D.L. n. 185/2008, conv. nella Legge n. 2/2009, in vigore dal 30 marzo 2009.
78
Cass., 11 luglio 2000 (c.c. 12-5-2000), Pini.
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sequestrati, in quanto egli è il giudice funzionalmente competente in ordine
alla costituzione, alle vicende e alla esecuzione della misura cautelare reale, ai
sensi dell’art. 665 c.p.p.; ne deriva che nel caso in cui il sequestro conservativo
abbia ad oggetto cose diverse dal danaro, dai titoli di credito e dagli oggetti
preziosi, l’eventuale nomina del custode da parte dell’ufficiale giudiziario ai
sensi del combinato disposto degli artt. 317 c.p.p., 520, comma 2, e 678 c.p.c.,
nel corso dell’esecuzione del provvedimento, ha carattere residuale al potere
di nomina del giudice al quale è consentito procedere anche alla sostituzione
del custode in tal modo nominato». Nella sentenza viene altresì precisato
che «al custode spetta l’esercizio del diritto di voto pertinente alle quote
sequestrate, in quanto egli ha il compito di amministrare la partecipazione
sociale e preservarne il valore economico»79 [F015 - Verbale di sequestro
conservativo penale mobiliare].
7.2. Custodia della cosa sequestrata
L’emissione dell’ordinanza di sequestro conservativo implica la conservazione
delle cose sequestrate, in modo che la funzione di garanzia della misura
cautelare assolva al suo scopo.
La conservazione materiale delle cose sequestrate si concretizza attraverso
la custodia, che è un «momento della fase esecutiva dell’ordinanza di
sequestro conservativo»80; tale custodia viene esercitata da un soggetto: il
custode-sequestratario.
Secondo un orientamento ormai consolidato81, il custode è un ausiliario del
giudice (c.d. munus publicum), da questi nominato e a questi subordinato;
agisce, infatti, nell’interesse della giustizia. Il custode penale è un pubblico
ufficiale e la custodia una «pubblica funzione»82. La collaborazione del custode
è quindi una «collaborazione obbligatoria prestata all’autorità giudiziaria».
Il rapporto giuridico processuale e sostanziale di custodia configura un
ufficio pubblico, le cui fonti primarie si trovano nei codici penali e nelle leggi
complementari, opportunamente integrate dalle norme amministrative.
Data la natura di munus publicum dell’ufficio di custodia, questo va considerato
irrecusabile, sottratto dalla disciplina privatistica e «attratto da quella delle
“funzioni giudiziarie” con quella “gravezza” che ogni munus imposto implica
nel diritto pubblico»83.
Cfr. anche Cass. civ., sez. I, 18 giugno 2005, n. 13169.
Dinacci, Il sequestro conservativo, cit., 129.
81
Cfr., tra gli altri, Dinacci, Il sequestro conservativo, cit., 130; Vanni, Il compenso al custode penale, nota
a Corte cost. 21 aprile 1989, n. 230, Pellicciani ed altri, in Cass. pen., 1990, 1668.
82
Vanni, ibidem.
83
Vanni, ibidem.
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La sfera di attribuzioni dell’ufficio di custodia è delimitata dall’art. 65, comma
1, c.p.c., che affida al custode compiti di conservazione e amministrazione
della cosa sequestrata. Deve, inoltre, ritenersi applicabile anche in tema di
sequestro conservativo il principio che è dato desumere dall’art. 676, comma
1, c.p.c., dettato per il sequestro giudiziario: il giudice che ha autorizzato il
sequestro e successivamente quello del merito, di ufficio o perché richiestone
dal custode, sia questi il debitore o un terzo, può fissare modalità da seguire
nella conservazione e amministrazione degli immobili sequestrati e
dunque criteri di massima cui uniformarsi nella gestione.
Indipendentemente da tali direttive in concreto segnate dal giudice del
sequestro, l’amministrazione dei beni sequestrati trova i suoi limiti nella legge.
Il custode non può usare le cose sequestrate (ex art. 521, comma 4, c.p.c. e
1770 c.c.) e non può darle in locazione senza specifica autorizzazione del
giudice del sequestro (ex art. 560, comma 2, c.p.c.).
Nel caso di locazione di bene sottoposto a sequestro è stato altresì affermato
dalla giurisprudenza di merito che «a seguito del pignoramento di un
immobile precedentemente dato in locazione, il locatore/proprietario perde
la legittimazione sostanziale sia a richiedere al conduttore il pagamento
dei canoni sia ad accettarli, spettando tale legittimazione in via esclusiva al
custode, fino al decreto di trasferimento del bene per effetto del quale la
proprietà del bene e dei frutti si trasferisce all’aggiudicatario; pertanto, qualora
il locatore venga nominato custode dell’immobile pignorato, mutando il
titolo del possesso del bene, può richiedere il pagamento dei canoni solo
nell’esercizio del potere di amministrazione e gestione del bene»84.
In caso di nomina di un amministratore giudiziario per la gestione di un
immobile pignorato concesso in locazione a terzi, «ove il proprietario
dell’immobile intraprenda iniziative giudiziarie per il rilascio dell’immobile,
il conduttore, quale soggetto avente uno specifico interesse, può eccepire
l’improcedibilità dell’azione proposta da un non legittimato e senza
autorizzazione del giudice dell’esecuzione»85.
Per quanto riguarda i doveri del custode, questi deve ricevere la cosa
sequestrata, partecipando al processo di apposizione dei sigilli. Deve vigilare
sul bene affinché ne venga mantenuta l’integrità fisica; deve compiere,
quindi, «atti conservativi non eccedenti l’ordinaria amministrazione; per gli
atti, invece, di straordinaria amministrazione, è necessaria l’autorizzazione del
giudice»86, in difetto sarà responsabile del compimento di tali atti87.
84
85
86
87
Trib. Ascoli Piceno, 22 febbraio 2010, in DeJure, 2010.
Trib. Roma, 9 marzo 2006, in Corr. mer., 2006, 6, 705.
Dinacci, Il sequestro conservativo, cit., 130.
Vanni, Il compenso al custode penale, cit., 1668.
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Il custode è tenuto a esercitare la propria attività “con la diligenza del buon
padre di famiglia”, e, in caso di violazione di tale dovere, risponderà dei danni
cagionati alle parti, a norma dell’art. 67, comma 2, c.p.c.88. È inoltre tenuto al
rendiconto, secondo quanto stabilisce l’art. 521 c.p.c.
Il custode può essere sostituito dal giudice; tale sostituzione «rientra nei poteri
del giudice penale che procede, fino a quando nell’ambito del procedimento
penale non sia stata definitivamente accertata o esclusa la sussistenza del
credito a tutela del quale è stata disposta la misura cautelare reale».
Il giudice civile interviene, invece, solo quando «divenuta irrevocabile la
sentenza di condanna, il sequestro conservativo si converte in pignoramento
secondo le norme del codice di procedura civile»89.
Norme applicabili al custode
Custodia nel caso di sequestro giudiziario
Nel disporre il sequestro giudiziario, il giudice nomina il custode,
stabilisce i criteri e i limiti dell’amministrazione delle cose
sequestrate e le particolari cautele idonee a render più sicura la
custodia e a impedire la divulgazione dei segreti.
Il giudice può nominare custode quello dei contendenti che
offre maggiori garanzie e dà cauzione.
Il custode della cosa sequestrata ha gli obblighi e i diritti previsti
negli art. 521, 522 e 560.
art. 676 c.p.c.
Custode
La conservazione e la amministrazione dei beni pignorati o
sequestrati sono affidate a un custode, quando la legge non
dispone altrimenti.
Il compenso al custode è stabilito, con decreto, dal giudice
dell’esecuzione nel caso di nomina fatta dall’ufficiale giudiziario
e in ogni altro caso dal giudice che l’ha nominato.
art. 65 c.p.c.
Sostituzione del custode
Il giudice, d’ufficio o su istanza di parte, può disporre in ogni
tempo la sostituzione del custode.
Il custode che non ha diritto a compenso può chiedere in ogni
tempo di essere sostituito; altrimenti può chiederlo soltanto per
giusti motivi.
Il provvedimento di sostituzione è dato, con ordinanza non
impugnabile, dal giudice di cui all’art. 65, secondo comma.
art. 66, c.p.c.
Così, Dinacci, Il sequestro conservativo, cit., 130. Orientato per la non applicabilità di tale articolo è
invece Vanni, ibidem, 1667.
89
Così, Cass., sez. I, 24 aprile 1997, De Bene, in Arch. n. proc. pen., 1998, 292.
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Capitolo 3 - Il sequestro conservativo
Norme applicabili al custode
Responsabilità del custode
Ferme le disposizioni del codice penale (c.p. 334, 335, 349, 351,
366), il custode che non esegue l’incarico assunto può essere
condannato dal giudice a una pena pecuniaria da euro 250 a
euro 500.
Egli è tenuto al risarcimento dei danni cagionati alle parti, se
non esercita la custodia da buon padre di famiglia.
art. 67, c.p.c.
7.3. Custodia dell’azienda e delle quote sequestrate
Nonostante opinioni divergenti in dottrina, anche l’azienda può divenire
oggetto di sequestro conservativo penale. In tal senso, occorre rimarcare
che nell’ordinamento sono oggi rinvenibili diverse disposizioni normative
che esplicitamente prevedono l’ammissibilità del sequestro d’azienda (D.Lgs.
n. 159/2011; art. 12-sexies, D.L. n. 306/1992, convertito, con modificazioni,
dalla Legge n. 356/1992; e, più in generale, art. 321 c.p.p. e 104-bis disp. att.
c.p.p.).
Per quanto riguarda il ruolo del custode, nel caso in cui il sequestro abbia
a oggetto azioni, quote sociali e aziende, si richiama la sentenza della
Cassazione, nella quale si afferma che «in tema di sequestro conservativo
penale, i poteri di controllo e di vigilanza che spettano al giudice penale sul
custode, devono svolgersi nel rispetto di due riserve: 1) quella in tema di
regolazione dei diritti soggettivi delle parti eventualmente contrapposte, che
spetta al giudice civile competente; 2) quella in tema di interessi riguardo
alle scelte imprenditoriali, che vanno attribuite al custode, che ne assume
la piena responsabilità, anche agli effetti della normativa penale comune e
societaria».
Di conseguenza, «il controllo e la vigilanza del giudice sull’operato del custode
devono rimanere in termini di stretta legalità ai fini della sola valutazione
del rispetto di norme e principi di ordine pubblico», mentre, gli interventi
nel merito del giudice penale «possono solo tendere al divieto di quelle
eventuali scelte del custode che - con giudizio ex ante - esulano da ogni
forma di discrezionalità tecnico amministrativa, caratterizzante le gestioni
imprenditoriali ed economiche»90.
Infatti, ad avviso della Cassazione, in casi come questo, l’attività di
amministrazione del custode comporta necessariamente un’ingerenza diretta o indiretta - su scelte di natura imprenditoriale, che non possono
spettare al giudice, in generale, e a quello penale, in particolare.
90
Cass., sez. VI, 4 febbraio 1994, Chamonal, cit.
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Inoltre, sempre secondo tale sentenza, «è legittimo il provvedimento col quale
il giudice autorizza il custode di azioni sottoposte a sequestro conservativo
penale ad aderire a un patto di sindacato di voto».
Tale decisione è rilevante perché, oltre a ribadire il principio, ormai
consolidato, che riconosce al custode di azioni di società oggetto di un
sequestro, la facoltà di esercitare il voto91 («La funzione di garanzia che il
sequestro è chiamato a svolgere deve essere reale e non meramente formale:
per consentire una effettiva garanzia per i creditori non è quindi sufficiente
la mera apprensione materiale dei titoli, bensì è necessaria la gestione degli
interessi sociali attraverso l’esercizio del diritto di voto»), ammette anche che
lo stesso partecipi al posto del sequestrato, a un sindacato di voto92.
Infatti, fino a tale decisione, la giurisprudenza, che pur ammetteva il custode
all’esercizio del voto in luogo del “sequestrato”, aveva comunque negato la
possibilità di partecipare a un sindacato di voto, motivando tale diniego col
fatto che tale facoltà non sarebbe direttamente derivata dalle azioni oggetto
di sequestro.
Nel caso di specie, invece, sia la Corte di merito, che aveva emesso l’ordinanza
sottoposta al giudizio della Cassazione, sia la Cassazione stessa, si sono
trovate d’accordo. La Corte d’appello di Torino, infatti, aveva autorizzato il
custode a partecipare al sindacato di voto «al fine di proteggere il valore
delle azioni sottoposte a sequestro»93, valore che, altrimenti, non sarebbe
stato possibile salvaguardare.
Da ciò si desume che entrambe le Corti, hanno ritenuto che il sindacato di voto,
inerente ad azioni sottoposte a sequestro, possa contribuire a determinarne
il valore, valore che il custode, per sua funzione, è chiamato ad amministrare
e conservare.
La decisione della Cassazione è rilevante anche sotto altri due aspetti: da un
lato, perché afferma, sia pure in modo implicito, la validità dei sindacati di
voto; dall’altro, perché delinea i limiti di competenza del custode e del giudice
che dispone il sequestro.
Come detto, è ormai pacifico in giurisprudenza94 che al custode spetti il diritto
al voto: attraverso il voto si amministra la società e l’esercizio del diritto di voto,
in quanto mezzo di gestione del patrimonio sociale, risulta indispensabile per
garantire il mantenimento dell’integrità economica e giuridica della quota 95.
Cfr. App. Milano, sez. III pen., 17 febbraio 1995, ord., Imofin s.p.a., in Società, 1995, 1052.
Sette, Sequestro conservativo penale di azioni, poteri del custode e sindacato di voto: la giurisprudenza
penale va oltre quella civile, in Riv. pen. ec., 1995, 80.
93
App. Torino, 29 marzo 1993, ord., citata da R. Sette, ibidem, 80.
94
V. anche Cass., sez. I, 26 maggio 2000, n. 6957, Penna c. Soc. Imm. Turistica Mediterranea, in CED
536950.
95
Ex plurimis F. Cassano, Il sequestro conservativo alla luce del nuovo processo cautelare uniforme,
Incontro di studio sul tema “La tutela sommaria cautelare”, C.S.M., Frascati, 1998, 14-21.
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Occorre a questo punto verificare se residua, anche normativamente, una
funzione e/o un potere di esercizio del diritto al voto, anche di natura non
vincolante, del “sequestrato”. L’art. 521 c.p.c. demanda l’esercizio concreto
del potere gestorio alle direttive del giudice, il quale, potendo consultare
le parti, e conoscendo la controversia, può provvedere alla ottimale e
preventiva conciliazione dell’interesse del proprietario della quota, con quello
tipicamente conservativo del sequestrante. Anche in tal senso il custode,
sentito il parere non vincolante del sequestrato, nell’esercizio del diritto
di voto dovrà ispirarsi a un criterio guida che consenta la compressione
dell’interesse del sequestrato, proprietario della quota, solo se si presenti
funzionale alla conservazione del bene.
Proprio sulla base di ciò, non manca tuttavia chi96, a proposito del sequestro
giudiziario d’azienda, ha sottolineato la necessità di evitare l’estromissione del
titolare dalla gestione proprio al fine di meglio assicurare la conservazione
dell’azienda, e in particolare della sua componente essenziale costituita
dall’avviamento, suggerendo la sua nomina quale custode, e assicurando la
funzione conservativa della cautela.
È chiaro che ciò dovrà essere attentamente valutato dal giudice anche in
un’ottica della finalità del sequestro (valutazione dell’effettiva necessità dello
spossessamento) e del concreto pericolo che i beni possano disperdersi, per
cui una soluzione alternativa potrebbe essere quella di nominare un custode
che provveda a una sorta di “amministrazione controllata”, non estromettendo
completamente il “sequestrato” dalla gestione, almeno negli atti di ordinaria
amministrazione, sottoponendo gli stessi a un costante controllo.
Da ciò deriva che al custode siano richieste sempre più spesso competenze
tecniche che lo rendano capace di amministrare e di gestire, oltre che di
conservare, con modalità funzionali alla conservazione, se non addirittura
all’incremento del valore economico. Ciò soprattutto quando oggetto del
provvedimento cautelare reale siano beni “produttivi” (come è, appunto,
l’azienda), che necessitano, quindi, di un’amministrazione dinamica e non
statica.
Il ruolo del custode, nella gestione dell’azienda sequestrata, è quindi un ruolo
delicato, che richiede specifiche doti di professionalità, conoscenze tecniche
e particolari doti imprenditoriali.
Infatti, l’azienda non va gestita attraverso un’attività di mera conservazione,
ma, in quanto entità dinamica, costituita da beni in stretto collegamento
funzionale tra loro, necessita, appunto, di una gestione attiva, consistente
nello svolgimento di attività che vanno oltre l’ordinaria amministrazione,
96
Cfr. Leozappa, Il potere di intervento e di voto del custode nel sequestro conservativo di quote, in Riv. dir.
comm., 1993, II, 258 ss.
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in modo da restare presente sul mercato, conservando il proprio valore,
know-how, immagine e competitività97. Il giudice, quindi, nell’autorizzare il
sequestro d’azienda, dovrà necessariamente autorizzare il custode all’esercizio
dell’impresa, in quanto è impossibile, nella realtà delle cose, immaginare la
custodia di una azienda senza accompagnare la stessa da una, pur minima,
attività di gestione ed amministrazione.
7.4. Effetti del sequestro conservativo penale
L’esecuzione dell’ordinanza di sequestro conservativo, comporta
l’indisponibilità materiale e giuridica della cosa e la costituzione del privilegio
riguardo al credito garantito.
Per quanto riguarda l’indisponibilità giuridica, questa è un «effetto correlato
alla finalità primaria del sequestro, che è, anzitutto, diretto a porre un ‘fermo’
sui beni del debitore, evitando che egli possa disporne in modo contrario
all’interesse dei creditori, interesse che si traduce nel soddisfacimento del
credito». Inoltre, nella formazione di un privilegio a garanzia delle obbligazioni
derivanti da reato, «si concretizza la funzionalità del sequestro conservativo»98.
La legge penale non regola espressamente la conservazione giuridica del
bene sequestrato.
È necessario, perciò, fare riferimento alla disciplina civilistica, in particolare
all’art. 2906, comma 1, c.c., il quale stabilisce che “non hanno effetto in
pregiudizio del creditore sequestrante le alienazioni e gli altri atti che hanno
per oggetto la cosa sequestrata, in conformità delle regole stabilite per il
pignoramento”.
Sono quindi inefficaci, nei confronti del soggetto che ha attivato la richiesta, gli
atti di alienazione dei beni su cui insiste il vincolo, salvi gli effetti del possesso
di buona fede per i beni mobili non iscritti in pubblici registri, secondo quanto
disposto dall’art. 2913 c.c.99.
Sono, inoltre, improduttive di effetti alcune alienazioni avvenute anteriormente
al pignoramento, che rientrino nelle ipotesi descritte dall’art. 2914 c.c. e alcuni
atti che limitano la disponibilità dei beni pignorati ai sensi dell’art. 2915 c.c.
Come pure sono inefficaci, ai sensi dell’art. 192 c.p., gli atti a titolo gratuito
compiuti dal colpevole dopo il reato.
Opera, inoltre, la presunzione ex art. 193 c.p., secondo la quale si considerano
compiuti in frode ai creditori gli atti a titolo oneroso eccedenti la “semplice
amministrazione ovvero la gestione dell’ordinario commercio”, compiuti dopo
la commissione dell’illecito penale100.
Granzotto, Il custode - imprenditore dell’azienda sequestrata, in Dir. fall., 1994, II, 589.
Montagna, voce Sequestro conservativo, cit., 227.
99
Cordero, Procedura penale, cit., 530.
100
Montagna, voce Sequestro conservativo, cit., 226.
97
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È opportuno soffermarsi sul modo in cui si configura l’indisponibilità da cui
discende l’inefficacia dell’atto rispetto ai creditori, ossia sui rapporti tra il
potere o la facoltà di disposizione del debitore e il potere dei creditori, potere
che si realizza concretamente nell’aggressione dei beni sequestrati, anche
se in conseguenza di alienazioni siano entrati a far parte del patrimonio del
terzo (salvi, come già specificato, gli effetti del possesso di buona fede, per i
beni mobili non iscritti in pubblici registri).
In questo quadro, pare che l’indisponibilità giuridica significhi impossibilità
di disporre del bene sequestrato in modo contrario all’interesse dei creditori;
questi, perciò, sono titolari di un potere che la legge considera “prevalente”
rispetto al diritto di proprietà o ad altro diritto reale.
Essendo tale inefficacia posta a tutela dell’interesse dei creditori, si tratta,
dunque, d’inefficacia relativa; l’alienazione o altro atto di disposizione del
bene, infatti, è inefficace verso i creditori, ma è efficace inter partes e rispetto
ai terzi che non subiscono pregiudizi dall’alienazione stessa.
Tale affermazione trova sostegno nell’ordinamento giuridico, il quale
contiene alcuni principi in tal senso; ad esempio, l’azione revocatoria
prevista dall’art. 2901 c.c., stabilisce che il creditore può chiedere la revoca
nei propri confronti dell’atto realizzato fraudolentemente dal debitore. Ciò
significa, quindi, che l’atto, nei confronti dei soggetti diversi dal creditore ha
pienamente effetto101.
Riguardo alla costituzione di privilegio, prevista dal comma 4 dell’art. 316
c.p.p., essa «rappresenta un aspetto del tutto insolito nell’ambito dei privilegi
che, di regola, vengono accordati, nella disciplina civilistica, in considerazione
della causa del credito»102 (art. 2745 c.c.).
La previsione di questo particolare effetto del sequestro conservativo penale,
lo differenzia da quello civile, la cui disciplina non comporta, appunto, la
costituzione di privilegio; inoltre, evidenzia il permanere di un’impronta
pubblicistica nella tutela dei danni derivanti da reato.
7.5. Cessazione degli effetti del sequestro conservativo penale
Gli effetti del sequestro conservativo penale cessano con la sentenza di
proscioglimento o di non luogo a procedere passata in giudicato. La
cancellazione della trascrizione del sequestro di immobili è eseguita a cura
del P.M.; ove questi non provvede l’interessato può chiedere l’incidente di
esecuzione.
101
102
Dinacci, Il sequestro conservativo, cit., 135.
Montagna, voce Sequestro conservativo, cit., 227.
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La Cassazione103 ha stabilito che «nel procedimento incidentale di
impugnazione delle misure cautelari reali, atteso il tenore dell’art. 317
c.p.p., secondo cui gli effetti del sequestro cessano quando la sentenza di
proscioglimento o di non luogo a procedere non è più soggetta a gravame,
è inibito alla Corte di Cassazione accertare l’esistenza della causa estintiva
del reato costituita dalla morte dell’imputato verificatasi successivamente alla
proposizione del ricorso, dovendo la relativa declaratoria essere pronunciata,
alla stregua della disposizione predetta, dal giudice del procedimento
principale, con conseguente perdita di efficacia della misura solo nel
momento in cui la sentenza diviene irrevocabile; tuttavia, poiché la morte
dell’imputato determina il venir meno di uno dei soggetti del rapporto
processuale sottostante al procedimento incidentale, in tale ipotesi resta
interdetta qualsiasi pronuncia sui motivi dell’impugnazione, presupponendo
la relativa decisione l’esistenza del soggetto che ha proposto il gravame, del
quale pertanto deve essere dichiarata l’improcedibilità».
Non è abnorme, in ogni caso, «il provvedimento con cui il tribunale, sul
presupposto della pronuncia della sentenza di assoluzione per insussistenza
del fatto, benché non ancora definitiva, dispone il dissequestro dei beni
oggetto di sequestro conservativo, dal momento che dalla disposizione
normativa, secondo cui gli effetti del sequestro cessano solo a seguito del
passaggio in giudicato della sentenza di proscioglimento o di non luogo
a procedere, non può desumersi che, se non si siano attivati gli ordinari
strumenti di impugnazione, il giudice non abbia il potere di disporre la revoca,
per il caso in cui accerti il venir meno dei presupposti per il mantenimento del
vincolo, con particolare riferimento al fumus boni iuris»104 [F011 - Istanza di
dissequestro conservativo].
RIEPILOGO
„ Quali sono gli effetti del sequestro conservativo?
L’esecuzione dell’ordinanza di sequestro conservativo, comporta l’indisponibilità
materiale e giuridica della cosa e la costituzione del privilegio riguardo al credito
garantito, per cui ai sensi dell’art. 2906, comma 1, c.c. “non hanno effetto in
pregiudizio del creditore sequestrante le alienazioni e gli altri atti che hanno per
oggetto la cosa sequestrata, in conformità delle regole stabilite per il pignoramento”.
Cass., SS.UU., 13 dicembre 2000, n. 30, Poggi Longostrevi, in CED 217245.
Cass., sez. II, 10 gennaio 2007, n. 7226, D.A., in CED 235965 (dichiara inammissibile, Trib. Mondovì, 20
febbraio 2006).
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