Corte di Cassazione - copia non ufficiale

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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
Penale Sent. Sez. 3 Num. 7044 Anno 2015
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: SAVINO MARIAPIA GAETANA
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MAGLIOCCHETTI ADA N. IL 23/09/1956
avverso l'ordinanza n. 126/2013 TRIB. LIBERTA' di FROSINONE, del
23/12/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARIAPIA GAETANA
SAVINO;
,lptté/sentite le conclusioni del PG DottLL 9?
Uditi difensor Avv.;
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Data Udienza: 16/05/2014
Ritenuto in fatto
Con provvedimento del 22.11.2013 il Gip presso il Tribunale di Frosinone disponeva il
sequestro preventivo dell'immobile sito in Anagni, via Casilina, di proprietà di Ada
Magliocchetti, indagata dei reati di cui agli artt. 323, 481 c.p. e artt. 44,64,71,72, 93, 94 e
95 dpr 380/2001 e art. 181 d.lgs. 42/2004 per aver realizzato, in diformità al titolo
abilitativo e relativo nulla osta sismico, fabbricato in duplice elevazione, costituito da piano
del terreno attuale di mt 1,66, delle dimensioni di mt 19 x mt 10 con altezza, al piano
fuori terra, di mt 2,75 anziché 2,40 come previsto nel progetto.
Il Tribunale del riesame di Frosinone aveva già avuto modo di pronunciarsi su un
precedente sequestro del medesimo manufatto disposto dal Gip con provvedimento del
28.5.2012 in relazione ai reati di cui agli artt. 181 d.lgs. 42/2004 e 95 dpr 380/2001; in tale
occasione all'esito del riesame proposto, era stato disposto l'annullamento della misura e
la restituzione dell'immobile in favore dell'indagata.
Nel prosieguo delle indagini, veniva disposto dal GIP il nuovo e già citato sequestro
preventivo in quanto dagli atti trasmessi dal PM risultava la illegittimità dell'iter
amministrativo relativo al rilascio del condono edilizio n. 56/B del 17.11.2010; da ciò
derivava, secondo il GIP, che non potesse ritenersi prodotto l'effetto estintivo della
procedura di condono con la conseguenza che era sussistente il carattere abusivo delle opere
edilizie.
Avverso detto sequestro l'indagata proponeva istanza di riesame deducendo:
1)
l'inesistenza del reato ambientale di cui al capo c) in quanto il vincolo di tipo archeologico
era stato introdotto solo all'esito della pubblicazione del P.T.P.R. del Lazio in B.U.R.L.n. 6
del 14.2.2008, quindi in epoca successiva alla realizzazione dell'immobile, edificato, quanto
alla struttura e alla copertura, nell'anno 2003, e, nell'attuale consistenza, nel 2006; 2)
l'intervenuta prescrizione dei reati edilizi ed ambientali in ordine ai quali era stata emessa la
misura cautelare reale, compreso il reato ambientale di cui al capo c); 3) carenza di
motivazione in ordine alla sussistenza del requisito del periculum in mora, considerato che
il sequestro aveva per oggetto un fabbricato ultimato dieci anni orsono; 4) l'insussistenza
del reato di abuso di ufficio posto che il pdc in sanatoria rilasciato alla Magliocchetti aveva
seguito il medesimo iter di tutte le pratiche edilizie della zona.
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seminterrato e piano in elevazione completamente fuori terra e rialzato rispetto alla quota
Con ordinanza del 23.12.2013 il Tribunale del riesame rigettava il gravame proposto
dall'indagata, ritenendo che dall'elaborato tecnico a firma del CT del PM risultasse
accertato che i laterizi utilizzati per due lati della tamponatura dell'edificio fossero stati
prodotti nel 2006, sicché poteva escludersi che al 31.3.2003 il manufatto fosse nella
consistenza attuale.
I giudici di merito richiamavano a tal riguardo l'orientamento consolidato della Suprema
Corte secondo cui il concetto di ultimazione dei lavori ai fini del momento consumativo
caso, si ritiene sufficiente che l'edificio sia portato a rustico e cioè sia dotato di
tamponatura e di copertura, per ritenere che l'opera sia completata ai fini della
consumazione del reato edilizio occorre che essa sia realizzata nelle parti essenziali ai fini
della destinazione che le è propria, ivi compresi l'intonacatura, i servizi e gli infissi, ovvero
si richiede che siano state realizzate le rifiniture.
Ad avviso dei giudici del riesame, ad ogni modo, anche considerando, così come rilevato
dalla difesa, che si trattava di manufatto destinato a magazzino non necessitante di opere di
rifinitura, difettavano quelli che sono gli elementi strutturali minimi stata la mancanza di
uan scala di collegamento col piano superiore dello stabile, accessibile solo tramite
appoggio di scala a pioli.
Sulla base di tali considerazioni, il Tribunale del riesame riteneva che le opere non
potevano considerarsi ultimate; tale dato, secondo i giudici, rilevava non solo ai fini della
decorrenza della prescrizione, ma anche per ritenere sussistenti i requisiti della misura
cautelare applicata, fondata sull'assunto della falsa rappresentazione delle condizioni per la
concessione del provvedimento di condono, che presuppone la ultimazione del rustico alla
data del 31.3.2003.
Avverso l'ordinanza del Tribunale del riesame, l'odierna indagata, a mezzo del proprio
difensore, proponeva ricorso per Cassazione, deducendo i seguenti motivi di impugnazione.
1) Violazione di legge per intervenuta prescrizione dei reati edilizi contestati e conseguente
difetto di fumus del sequestro preventivo.
Rileva la difesa che, a fronte della documentazione prodotta, appare dimostrato che i lavori
per l'edificazione del fabbricato sono iniziati in data 5.9.2000 in forza di rituale titolo
edilizio (concessione n. 9/1998 e variante n. 73/1999), che gli stessi sono stati
commissionati dalla ditta Cardinali & Versi S.r.l. ed eseguiti nel 2001 come da fatture in atti,
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del reato è diverso da quello richiesto in tema di condono. Mentre, infatti, in tale ultimo
che alla data del 31.3.2003 il fabbricato, già completo di copertura, appariva ben visibile
nelle fotoriproduzioni satellitari, che l'indagata ha proposto nei termini domanda di condono
edilizio allegando autodichiarazione circa la data di conclusione delle opere e la
destinazione del fabbricato, risultando pertanto rilasciato il condono n. 56/B del 2010 poi
contestato dal PM quale frutto di un abuso di ufficio; il fabbricato era dunque completo di
tutti gli elementi strutturali e funzionale all'uso cui era destinato e gli unici lavori in corso
risultavano essere quelli esterni di sistemazione del terreno e realizzazione della recinzione
Quanto al rilievo svolto dai giudici del riesame secondo cui il manufatto non poteva
considerarsi completo poiché difettava di una stabile scala di accesso al piano terreno e
poiché una porzione della tamponatura era interessata da blocchetti di cemento indicati dalla
ditta fornitrice Toppetti S.r.l. come prodotti nel 2006, deduceva la difesa che l'attuale
dislivello risultava connesso proprio ai lavori di sistemazione esterna e scorticamento
dell'area: una volta conclusi i lavori l'accesso sarebbe nuovamente garantito mediante un
semplice gradino di legno così come accadeva in passato.
Inoltre la difesa pone l'accento sulla inidoneità dell' accertamento circa la datazione della
porzione di tamponatura da parte del CT, operata tramite una semplice mail della ditta
costruttrice, insufficiente, a suo avviso, a fornire indicazioni certe su tale elemento.
Ad ogni modo, rileva la difesa che, anche considerando quale data di ultimazione dei
lavori il 2006, i reati edilizi risulterebbero comunque prescritti. Ai fini del completamento,
avuto riguardo alle caratteristiche ed alla destinazione del manufatto (magazzino di rivendita
materiale), non rileverebbe la mancanza di opere di finitura non funzionali all'uso impresso
al locale.
Infine la ricorrente ribadisce la perdurante efficacia estintiva del condono edilizio n. 56/B
del 2010 per la piena legittimità del titolo, disapplicabile solo in relazione al principio di
stretta legalità.
2) Inesistenza del reato di cui al capo c) e conseguente difetto del fumus.
Il reato di cui all'art. 181 d.lgs. 42/2004 non solo risulta prescritto, ma è totalmente
inesistente. La difesa rileva che il vincolo di tipo archeologico risulta essere stato introdotto
solo in data 14.2.2008 all'esito della pubblicazione del P.T.P.R. del Lazio B.u.r.l. n. 6,
Solo da tale data scattano le misure di salvaguardia ed il conseguente obbligo di
acquisizione, anche nell'ambito delle procedura di condono edilizio, del relativo nulla osta,
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autorizzati con DIA e nulla osta ambientale.
ma l'immobile de qua risulta essere realizzato, anche secondo il CT del PM, certamente
prima del 2008.
Eccepisce la difesa, quindi, che, non esistendo al momento della realizzazione alcun
vincolo, l'indagata non può averlo violato con conseguente imputazione del reato dell'art.
181 del D.lgs n. 42/2004 considerato ex se; una cosa è la ritenuta omissione procedurale
relativa al nulla osta, un'altra è la violazione diretta mediante edificazione in zona vincolata
in difetto di nulla osta relativa a vincolo sopravvenuto rispetto alla costruzione.
Rileva la difesa che non solo deve sussistere una certa prossimità rispetto al reato ipotizzato,
ma soprattutto la misura cautelare deve essere giustificata e congruamente motivata in
ordine alle conseguenze antigiuridiche ed ulteriori rispetto alla consumazione del reato,
derivanti dall'uso dell'edificio realizzato abusivamente. Difetterebbe il requisito della
prossimità in quanto il sequestro è intervenuto dopo oltre 10 anni dall'intervenuto
completamento dei lavori e, quanto alle ulteriori conseguenze derivanti dall'uso
dell'edificio, risulta dal testo del decreto un mero accenno, del tutto generico e stereotipato,
all'aggravamento urbanistico della zona.
Ritenuto in diritto
E' infondato il primo motivo di ricorso, col quale si lamenta violazione di legge per
intervenuta prescrizione dei reati edilizi contestati con conseguente difetto di fumus del
sequestro preventivo.
Secondo costante orientamento di questa Corte, la permanenza del reato di edificazione
abusiva termina, con conseguente consumazione della fattispecie, o nel momento in cui,
per qualsiasi causa volontaria o imposta, cessano o vengono sospesi i lavori abusivi,
ovvero, se i lavori sono proseguiti anche dopo l'accertamento e fino alla data del
giudizio, in quello della emissione della sentenza di primo grado.).
Sez. 3, Sentenza n. 29974 del 06/05/2014 Cc. (dep. 09/07/2014 ) Rv. 260498
Fatta questa premessa, va detto che il momento consumativo del reato di abuso edilizio si
realizza con l'ultimazione dei lavori, coincidente con la realizzazione delle finiture esterne
ed interne.
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3) Violazione di legge per difetto di motivazione sul periculum.
Quindi la nozione di ultimazione dei lavori, intesa come momento che segna la
consumazione del reato di costruzione abusiva, richiede il completamento dell'opera in
modo tale da renderla abitabile e funzionale rispetto all'uso cui è destinata, comprensiva
delle cd "rifiniture"
A tal riguardo si è sostenuto che "in tema di reati edilizi, deve ritenersi "ultimato" solo
l'edificio concretamente funzionale che possegga tutti i requisiti di agibilità o abitabilità,
utenze e dalla presenza di persone al suo interno, non è sufficiente per ritenere
sussistente l'ultimazione dell'immobile abusivamente realizzato, coincidente
generalmente con la conclusione dei lavori di rifinitura interni ed esterni. (Fattispecie
relativa ad immobile privo di infissi, impianti elettrici e imbiancatura, nella quale la
Corte ha specificato che spetta al ricorrente l'onere di dimostrare di avere non solo
sospeso l'attività edilizia, ma anche di aver voluto lasciare volutamente l'opera abusiva
nello stato in cui è stata rinvenuta).
Sez. 3, n. 48002 del 17/09/2014 Ud. (dep. 20/11/2014) Rv. 261153
Priva di pregio è l'argomentazione della difesa secondo la quale, trattandosi di magazzino,
opera che non necessita di particolari rifiniture al fine dello svolgimento della funzione cui
è destinata, il manufatto in questione, alla data del 31.3.2003, era già completato con
conseguente prescrizione dei reati edilizi.
Siffatta tesi è contraddetta da alcune pronunce di questa Corte che estendono la necessità
della realizzazione delle rifiniture, per i fini che interessano, anche a locali costituenti
annessi dell'abitazione, in relazione ai quali si era sostenuto da parte del ricorrente, la non
necessarietà delle opere finali stante la destinazione funzionale a magazzino e garage dei
locali costituenti pertinenza dell'edificio principale (Cass sez 3, 27.10.010 n. 8172).
E comunque, condivisibilmente a quanto sostenuto dai giudici del riesame, quand'anche si
volesse aderire alla tesi della non necessarietà, ai fini della consumazione del reato, delle
rifiniture in considerazione della destinazione funzionale del manufatto quale magazzino,
si dovrebbe ugualmente pervenire alla conclusione della mancata ultimazione delle opere
per la mancanza di elementi facenti parte integrante della struttura, quale la scala di
collegamento fra il piano terreno e il primo piano, mancante all'epoca dell'accertamento.
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di modo che anche il suo utilizzo effettivo, ancorchè accompagnato dall'attivazione delle
Discende da ciò che alla data del 31. 3.2003, il manufatto abusivo non poteva ritenersi
ultimato con tutte le conseguenza in tema di consumazione del reato e dunque di
prescrizione.
Il D.L. 30 settembre 2003, art. 32, comma 25, convertito nella L. 24 novembre 2003, n.
326, consentiva il condono (anche con effetto estintivo dei relativi reati) di opere edilizie
abusive ultimate entro il 31 marzo 2003 e la L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 31, comma 2,
cui la precedente normativa, rinvia per la disciplina del condono, stabiliva che "si intendono
Occorre precisare che in materia edilizia la nozione di ultimazione assume un diverso
significato se considerata ai fini della individuazione del momento di cessazione della
permanenza del reato (per stabilire il momento della consumazione del reato coincidente
con la cessazione della permanenza) ovvero del condono edilizio. Nel primo caso il
requisito dell'ultimazione lavori è integrato solo quando siano state eseguite anche le
rifiniture dell'immobile. In materia di condono, invece, al fine dell'ultimazione dell'opera,
è sufficiente che sia completato il rustico ed eseguita la copertura.
Difatti, la nozione di "ultimazione" dell' immobile ai fini dell'applicazione della
sanatoria edilizia si ricava dall'art. 31 della 1. 28 febbraio 1985 n. 47, che considera tali gli
edifici per i quali sia completato il rustico ed eseguita la copertura ( ovvero , quanto alle
opere interne o agli edifici già esistenti e a quelle non destinate alla residenza, quando esse
siano state completate funzionalmente)
Sez. 3
n. 9011 del 12/08/1997 Ud. (dep. 03/10/1997 ) Rv. 208861
Secondo l'elaborazione giurisprudenziale della norma in esame, con la locuzione "immobile
a rustico", si intende l'avvenuto completamento di tutte le strutture essenziali, tra le quali
vanno ricomprese le tamponature esterne, atteso che queste determinano l'isolamento
dell'immobile dalle intemperie e configurano l'opera nella sua fondamentale volumetria.
Sez. 3, n. 26119 del 13/05/2004 Cc. (dep. 10/06/2004 ) Rv. 228696.
Sez. 3, n. 26119 del 13/05/2004 Cc. (dep. 10/06/2004 ) Rv. 228696
Sez. 3, n. 28515 de/ 29/05/2007 Ud. (dep. 18/07/2007) Rv. 237139
Nel caso in esame, come correttamente ha osservato il Tribunale del riesame, alla data
dell'accertamento, l'immobile non poteva ritenersi completato neppure con riguardo
alla parte strutturale, in quanto, pur essendo stato già realizzato il rustico con la relativa
copertura, mancava la scala di accesso al piano rialzato (raggiungibile solo tramite
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ultimati gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura.
scala in appoggio a pioli), elemento di collegamento dei due piani che deve
necessariamente considerarsi parte integrante della struttura dell'immobile.
Per contro, deve ritenersi non pertinente ai fmi dell'accertamento della condonabilità
dell'opera, l'assunto della difesa secondo cui, trattandosi di manufatto destinato a
magazzino, non deve aversi riguardo, ai fini dell'accertamento del momento
dell'ultimazione dei lavori, alla presenza di rifiniture, che, proprio per la destinazione
Orbene, come già evidenziato, ai fini della sanatoria di cui al D.L. 30 settembre 2003,
art. 32, comma 25, convertito nella L. 24 novembre 2003, n. 326, non si deve avere riguardo
alla rifiniture dell'immobile, rilevanti ai fini della individuazione del momento consumativo
del reato di abuso edilizio, bensì allo stato grezzo del manufatto, completo dei suoi
elementi strutturali e funzionali.
Quanto al secondo motivo, i reati edilizi di cui all'incolpazione provvisoria sono idonei a
giustificare il vincolo reale, ragione per cui appare ultronea, ai fini cautelari, la
disamina della insussistenza del reato ambientale.
Appare, invece, fondato il terzo ed ultimo motivo di ricorso riguardane l'omessa
motivazione del Tribunale del riesame sul requisito del periculum in mora..
In particolare si riscontra una carenza motivazionale quanto alla ritenuta sussistenza delle
esigenze cautelari giustificative del sequestro in esame. Ciò in aperto contrasto con il
principio secondo il quale, in tema di sequestro preventivo, il periculum in mora rilevante al
fine dell'adozione della misura cautelare deve presentare i requisiti della concretezza e della
attualità e deve essere valutato con riferimento alla situazione esistente al momento della
sua adozione. Dunque lo stesso va inteso, non come mera astratta eventualità, ma come
concreta possibilità - desunta dalla natura del bene e da tutte le circostanze del fatto - che la
libera disponibilità del bene assuma carattere strumentale rispetto alla agevolazione della
commissione di altri reati della stessa specie. Inoltre, è necessaria la sussistenza del
requisito della pertinenzialità del bene sequestrato, nel senso che il bene oggetto
di sequestro preventivo deve connotarsi per l'intrinseca, specifica e strutturale strumentalità
rispetto al reato commesso (Cass., Sez. V, n. 35394/2011; Cass. Sez. Un., n. 12878/2003).
Orbene l'ordinanza impugnata non contiene alcuna motivazione circa la sussistenza del
requisito del periculum in mora.
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funzionale dell'opera, non sarebbero richieste.
E' vero che, secondo costante giurisprudenza di legittimità, è riconosciuta la possibilità di
disporre il sequestro preventivo delle opere abusive già ultimate, quindi anche dopo la
consumazione del reato, allorchè, pur essendo cessata la permanenza, le conseguenze lesive
della condotta sul bene protetto possano perdurare nel tempo, ma a condizione che: 1)
sussista una prossimità temporale del sequestro rispetto alla realizzazione dell'opera e,
conseguentemente, il requisito della attualità e concretezza della misura cautelare reale; 2)
sia data una congrua puntuale motivazione sul periculum in mora sotto il profilo della
derivanti dall'uso del fabbricato.
Dunque il sequestro preventivo di manufatti abusivi già ultimati è legittimo, sempre che il
pericolo della disponibilità del manufatto - da accertarsi con adeguata motivazione - presenti
i requisiti dell'attualità e della concretezza e fermo restando l'obbligo di motivazione del
giudice circa il carattere di antigiuridicità delle conseguenze, ulteriori rispetto alla
consumazione del reato, derivanti dall'uso dell'edificio realizzato abusivamente, che la
misura cautelare intende inibire..
Sez. 4, n. 2389 del 06/12/2013 Cc. dep. 20/01/2014,Rv. 258182,
sez
6, n. 27750 21/05/2012 Cc. dep. 12/07/2012 Rv. 253113, sez 11 23.4.2010 n. 171709)
Nel caso in esame, la circostanza che il sequestro sia intervenuto a distanza di apprezzabile
lasso di tempo dal completamento delle opere (come accertato dal ct del P. .M.) rendeva più
che mai necessaria, in assenza di una prossimità fra l'abuso edilizio e la adozione della
misura cautelare reale, una motivazione in termini di concretezza della misura, sulle
conseguenze antigiuridiche ulteriori rispetto alla consumazione del reato, derivanti dall'uso
dell'edificio realizzato abusivamente, motivazione che è del tutto mancata.
L'ordinanza impugnata deve pertanto essere annullata con riguardo all'omessa motivazione
della sussistenza del periculum in mora, con rinvio al Tribunale di Frosinone per nuovo
esame
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Frosinone limitatamente alle
esigenze cautelari.
Così deciso in Roma, in data 16 maggio 2014.
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sussistenza delle conseguenze antigiuridiche ulteriori rispetto alla ultimazione dei lavori,