Cass., civ. sez. VI, del 7 gennaio 2016, n. 60

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Cass., civ. sez. VI, del 7 gennaio 2016, n. 60
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Cass., civ. sez. VI, del 7 gennaio 2016, n. 60
- CC s.a.s. e CC propongono ricorso per cassazione articolato in due motivi : con il primo
denunciano la violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in relazione all'art. 641,
primo comma, c.p.c., e 645 c.p.c. per aver erroneamente dichiarato inammissibile
l'opposizione proposta, e con il secondo denunciano la violazione e falsa applicazione di
norme di diritto "per omesso accoglimento delle domande riconvenzionali spiegate in primo
grado da entrambe le parti".
Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e
375 cod. proc. civ., in quanto appare destinato ad essere accolto.
E' stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
“Il primo motivo appare infatti manifestamente fondato, ed il suo accoglimento assorbe il
secondo.
Il ricorso per decreto ingiuntivo di cui trattasi è stato depositato senza alcun riferimento
all'applicabilità del rito speciale delle locazioni ed il decreto è stato emesso ex artt. 633 e 642
c.p.c., senza alcun riferimento al rito speciale, benché avesse ad oggetto il mancato
pagamento di canoni di affitto di azienda; a fronte di ciò, legittimamente l'opponente ha
proposto l'opposizione a decreto ingiuntivo nella forma ordinaria, con atto di citazione
notificato nei quaranta giorni dalla notifica del decreto, secondo il principio, consolidato
nella giurisprudenza di questa Corte, secondo il quale la scelta da parte del creditore del rito
ordinario e delle forme del procedimento monitorio per la proposizione della domanda
comporta che l'eventuale opposizione al decreto ingiuntivo vada a sua volta proposta nella
medesima forma ordinaria, indipendentemente dalle eccezioni sollevate dall'opponente, le
quali andranno delibate ai soli e diversi fini dell'ammissibilità e fondatezza dell'avversa
domanda (in questo senso Cass. n. 7530 del 2014, Cass. n. 26372 del 2007, Cass. n. 15720
del 2006, Cass. n. 10206 del 2001).
L'accoglimento del primo motivo assorbe il secondo, relativo al mancato esame nel merito
delle domande riconvenzionali (di entrambe le parti) da parte del giudice di appello in
conseguenza della declaratoria di inammissibilità della opposizione”.
Il Collegio, riunito in camera di consiglio, esaminate la relazione e le memorie depositate
dalle parti, ha ritenuto di non poter condividere le conclusioni cui perviene la relazione, per i
motivi di seguito esposti.
La questione sottoposta all'attenzione della Corte è se l'opposizione a decreto ingiuntivo
emesso in relazione al mancato pagamento di canoni di affitto di azienda, come tale soggetta
al rito delle locazioni, sia ammissibile ove introdotta con citazione ed a quali condizioni la
stessa possa essere ritenuta tempestiva.
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Sia il primo giudice che la corte d'appello non hanno dubitato della ammissibilità
dell'opposizione in materia di canoni di affitto benché introdotta erroneamente con citazione
anziché con ricorso, ma l'hanno ritenuta intempestiva in quanto, benché notificata nei
quaranta giorni dalla notifica del decreto ingiuntivo, la stessa è stata però depositata in
cancelleria oltre la scadenza di quel termine.
Nel ritenere inammissibile per tardività l'opposizione a decreto ingiuntivo, la corte d'appello
ha richiamato il principio più volte affermato da questa Corte secondo il quale l'opposizione a
decreto ingiuntivo soggetta al rito del lavoro deve essere proposta con ricorso e, ove proposta
erroneamente con citazione, questa può produrre gli effetti del ricorso solo se sia depositata in
cancelleria entro il termine di cui all'art. 641 cod. proc. dv., non essendo sufficiente che entro
tale data sia stata comunque notificata alla controparte (Cass. S.U. n. 2714 del 1991; Cass. n.
8014 del 2009).
Si ritiene di dover dar seguito a tale orientamento.
Le decisioni richiamate nella relazione e dallo stesso ricorrente, nelle quali si è affermato che
sia consentito all'opponente, allorchè sia stato il creditore a scegliere il rito ordinario e le
forme del procedimento monitorio, di seguire integralmente il rito ordinario, anche in
relazione ai termini per proporre opposizione, fanno riferimento ad alcune ipotesi particolari,
non assimilabili al caso di specie, in cui la scelta del rito ordinario da parte del ereditare
richiedente il ricorso si sia tradotta non solo e non tanto nella mancata indicazione della
materia richiedente un rito speciale nel ricorso ma nella scelta processuale di richiedere
l'emissione del ricorso per decreto ingiuntivo al giudice che sarebbe stato competente secondo
le regole ordinarie anziché al giudice funzionalmente competente. A monte della sentenza n.
7530 del 2014 vi era infatti un ricorso in materia previdenziale richiesto al Presidente del
tribunale anziché al Pretore, prima della istituzione del giudice unico di tribunale; a monte
della sentenza n. 15720 del 2006 un ricorso in materia di locazione anch'esso richiesto al
Presidente del tribunale anziché al Pretore; nella fattispecie esaminata e decisa dalla sentenza
n. 10206 del 2001 un decreto ingiuntivo in materia di lavoro era stato chiesto ed emesso dal
Giudice di pace anziché dal Pretore.
Il principio di diritto espresso da tali decisioni, che deroga al principio generale sopra
richiamato ed al quale si ritiene di dare seguito, non si pone in contraddizione con esso ma si
giustifica in riferimento alle più circoscritte ipotesi in cui non soltanto il decreto sia stato
richiesto in una materia che prevede un rito speciale, ma sia stato richiesto al giudice
competente per le cause ordinarie anziché al organo giudiziario che abbia competenza
funzionale nella materia indicata. Non rileva invece la semplice mancata indicazione
all'ingiunto delle modalità con le quali l'opposizione va proposta, in considerazione della
competenza tecnica che va riconosciuta all'avvocato, il quale deve essere autonomamente
consapevole di quelle modalità in relazione alla natura della controversia, che può
agevolmente evincere dal contenuto dell'atto notificato (v. Cass. n. 8014 del 2009, che
richiama Corte cost. n. 152 del 2000, che ebbe a dichiarare la manifesta infondatezza della
questione di legittimità delle norme che vengono in considerazione, sul presupposto che il
principio della legale conoscenza delle norme nulla abbia a che vedere con il principio di
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uguaglianza e con la tutela del diritto di difesa, e che esso non possa non valere laddove la
parte si avvalga, come nel caso di opposizione a decreto ingiuntivo, del necessario patrocinio
del difensore, ben in grado di desumere la causa petendi dagli atti notificati alla parte).
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