Stralcio volume

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SOMMARIO
Il procedimento monitorio
1. I profili generali del procedimento monitorio. – 2. La prova scritta. – 3. La giurisdizione e la competenza. – 4. Il ricorso. – 5. I provvedimenti del Giudice. Il decreto di rigetto. – 5.1. Segue. L’accoglimento del ricorso. – 6. La provvisoria esecuzione in sede monitoria. – 7. L’efficacia del decreto ingiuntivo. – 8. Il titolo esecutivo europeo – 9. Il decreto ingiuntivo europeo.
1. I profili generali del procedimento monitorio
Nell’alveo dei procedimenti monitori attualmente vigenti nei principali
ordinamenti processuali europei, si debbono tenere nettamente distinti due
modelli, che trovano le loro rispettive origini l’uno nel mandatum de solvendo sine causae cognitione e l’altro nel processo documentale di diritto co1
mune .
Il primo modello, che viene definito procedimento monitorio puro, è caratterizzato dalla circostanza che la domanda deve essere fondata su fatti
meramente affermati dall’istante, ma non provati in modo alcuno, e che il
provvedimento emanato inaudita altera parte dal Giudice è sospensivamente condizionato all’opposizione formulata nei termini del debitore, la quale, ove concretamente effettuata, priva il provvedimento della possibilità di
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Sulla distinzione tra i modelli di procedimenti monitori si veda P. CALAMANDREI, Il
procedimento monitorio nella legislazione italiana, Milano, 1926, p. 7. Per approfondimenti
storici si veda A. RONCO, Procedimento per decreto ingiuntivo, in S. CHIARLONI-C. CONSOLO (a cura di), I procedimenti sommari e speciali, I, Torino, 2005, p. 3 ss.
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Capitolo Primo
acquistare qualsiasi efficacia; corollari di quanto sopra descritto sono l’impossibilità che il provvedimento possa essere dichiarato provvisoriamente
esecutivo in pendenza dei termini per proporre opposizione ovvero nel
corso del giudizio di opposizione medesimo e la totale assimilazione del
detto giudizio ad un processo di primo grado, avente per oggetto unicamente l’accertamento della esistenza o meno del diritto affermato dal creditore, senza che ad esso preesista alcun provvedimento dotato di una
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qualche efficacia esecutiva .
Il secondo modello, chiamato procedimento monitorio documentale, è
incentrato sulla circostanza che la domanda è fondata su fatti provati documentalmente dal creditore e che il provvedimento emanato dal Giudice
inaudita altera parte è risolutivamente condizionato all’accoglimento dell’opposizione proposta dal debitore; all’affermazione del diritto del creditore,
provata solo documentalmente, segue un provvedimento che può essere dichiarato provvisoriamente esecutivo in pendenza dei termini per proporre
opposizione, ovvero anche nel corso del successivo giudizio di opposizione, ed è destinato a sopravvivere in ipotesi di estinzione del medesimo giu3
dizio .
Il codice di procedura civile unitario del 1865, influenzato dalla legislazione napoleonica che non contemplava affatto l’istituto – a differenza di al4
cuni codici di rito vigenti negli Stati preunitari –, sconosceva una figura
generale tipica tesa ad assicurare in via anticipata e sommaria una tutela del
credito; il solo art. 379 c.p.c. 1865 disciplinava un procedimento di natura
monitoria a favore degli avvocati e delle altre persone indicate nell’art. 103
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c.p.c. 1865 , finalizzato ad ottenere il pagamento delle spese e degli onorari
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dovuti dai loro clienti .
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Nell’Europa continentale il modello monitorio puro è utilizzato in Austria, Germania
Svezia e Portogallo.
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Adottano modelli processuali ispirati, con le ovvie differenziazioni, al monitorio documentale il Belgio, la Francia, la Grecia e la Spagna.
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Si pensi alle costituzioni piemontesi del 1770 e al codice estense del 1852.
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Si trattava dei procuratori, periti, cancellieri, uscieri e tipografi, relativamente alle spese
giudiziali, agli onorari e ai compensi loro spettanti. Successivamente con l’art. 73 del r.d.
25 maggio 1879, n. 4900 «Testo unico delle leggi sul riordinamento del notariato» anche i
notai vennero ammessi ad utilizzare il procedimento previsto dall’art. 379 c.p.c. per ottenere il pagamento dei propri onorari.
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L’art. 379 c.p.c. 1865 recitava: «Per le spese dovute alle persone indicate nell’art. 103 da
propri clienti e mandanti, il Presidente rilascia in fine della nota presentata da esse l’ordine di
pagamento nel termine non minore di giorni dieci, e non maggiore di trenta successivi alla
notificazione. Il provvedimento ha forza di sentenza spedita in forma esecutiva. Il debitore
Il procedimento monitorio
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Soltanto nel primo dopoguerra del secolo scorso, con la legge 9 luglio
1922, n. 1036, il Governo venne delegato dal Parlamento ad introdurre nel
nostro ordinamento – mediante un allegato alla detta legge – «Norme sul
procedimento d’ingiunzione», cioè un tipo di procedimento sommario di tipo documentale, in cui l’ingiunzione, avente per oggetto sempre il pagamento di somme di denaro ovvero la consegna di merci ed altre cose fun7
gibili, poteva essere pronunciata solo sulla base di taluni documenti . Il
successivo r.d. 7 agosto 1936, n. 1531, innovando in maniera sensibile la
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disciplina introdotta nel 1922 e ad essa sostituendosi , estese la possibilità
di ricorrere all’ingiunzione per la consegna di cosa mobile determinata e
stabilì, tra l’altro, che alcune categorie di creditori potessero fondare la domanda d’ingiunzione anche su prove scritte la cui formazione provenisse
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dai medesimi .
La disciplina del procedimento monitorio vigente, introdotta dal codice
di rito del 1940 (artt. 633-658 c.p.c.), sottoposta a modifiche di non significativo rilievo nel corso degli anni ad opera di taluni interventi normativi
settoriali (legge 10 maggio 1976, n. 358, legge 26 novembre 1990, n. 353,
decreto legge 21 ottobre 1995, n. 432 convertito dalla legge 20 dicembre
1995, n. 534, d.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, d.lgs. 9 ottobre 2002, n. 231 e
da ultimo legge 28 dicembre 2005, n. 263), nonché per effetto di alcune
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pronunce della Corte Costituzionale , costituisce un’ibrida fusione dei due
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descritti modelli per molti versi diversissimi se non antitetici .
che intende di far opposizione deve proporla mediante ricorso da notificarsi al creditore con
citazione a comparsa a giorno fisso davanti il Presidente, il quale, se non possa conciliare le
parti, fa risultare delle loro istanze ed opposizioni, e le rimette a udienza fissa davanti l’autorità giudiziaria».
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Ai sensi dell’art. 1, dell’allegato alla legge 9 luglio 1922, n. 1035, la dimostrazione dei
fatti costitutivi del diritto doveva avvenire mediante una «prova scritta, valida secondo le
norme del codice civile o del codice di commercio».
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Il Governo ricevette dal Parlamento una delega ad emanare «nuove norme sul procedimento d’ingiunzione e su quello per convalida di sfratto». L’art. 45, r.d. 7 agosto 1936, n.
1531 stabilì l’abrogazione sia dell’art. 379 c.p.c. che dell’intera legge 9 luglio 1922, n. 1035.
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Ai sensi degli artt. 2 e 3, r.d. 7 agosto 1936, n. 1531 costituivano prova idonea ad ottenere il decreto monitorio, sia le scritture contabili dell’imprenditore commerciale, anche
nei confronti di soggetti non imprenditori, sia i libri e i registri della pubblica amministrazione statale e degli altri Enti pubblici.
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Corte cost. 20 maggio 1976, n. 120, in Foro it., 1976, I, c. 1414; Corte cost. 4 maggio
1984, n. 137, in Giur. it., 1985, I, 1, c. 398; Corte cost. 31 dicembre 1986, n. 303, ivi, 1987,
I, 1, c. 963.
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Sul carattere misto del procedimento monitorio disciplinato dal vigente codice di
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Capitolo Primo
In particolare, il legislatore del codice del 1940, sulla scia della pregressa recente esperienza del 1936, ha previsto un unico schema procedurale,
sia con riferimento ad ipotesi in cui la domanda è fondata su fatti provati
documentalmente dal creditore (art. 633, n. 1), sia con riferimento ad ipotesi in cui la domanda è fondata su fatti meramente affermati dal medesimo (artt. 633, nn. 2 e 3, 634, comma 2, 635 e 636 c.p.c.); in entrambi i casi
il provvedimento emanato inaudita altera parte dal Giudice non perde efficacia a seguito della mera proposizione dell’opposizione, ma solo a seguito
dell’opposizione stessa e può essere dichiarato provvisoriamente esecutivo,
in pendenza dei termini per proporre opposizione ovvero nel corso del successivo giudizio di opposizione.
L’azione esperibile dal ricorrente attraverso il procedimento monitorio
è, essenzialmente, una azione di condanna, considerato che la domanda, se
accolta, non può che condurre ad un decreto – idoneo a promuovere una
successiva esecuzione forzata ai danni dell’ingiunto – con il quale il Giudice ingiunge al debitore il pagamento di una somma liquida di danaro o la
consegna di una determinata quantità di cose fungibili o ancora di una co12
sa mobile determinata (art. 633, comma 1, c.p.c.) .
Dunque, la pronuncia monitoria non può avere un contenuto meramen13
te dichiarativo o costitutivo , né di condanna ad un fare o a un non fare,
restando altresì esclusa una condanna generica, avuto riguardo alla precisa
scelta del legislatore codicistico di rendere sempre determinata la cosa og14
getto della domanda .
Se resta esclusa, allora, la possibilità di avanzare un ricorso teso ad ottenere pronunce meramente dichiarative o costitutive, deve parimenti escludersi che il Giudice adito in sede monitoria possa emettere condanna al
pagamento o alla consegna di beni sulla base di una statuizione, solo incirito civile A. PROTO PISANI, Il procedimento d’ingiunzione, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1987,
p. 290.
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È escluso che il procedimento d’ingiunzione possa essere utilizzato per ottenere la
consegna di una cosa determinata, in forza di una azione di rivendica scaturente dalla violazione del diritto di proprietà o di altro diritto reale: Cass. 18 novembre 1974, n. 3680, in
Foro it., 1975, I, c. 595.
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Si veda A. RONCO, Procedimento per decreto ingiuntivo, in S. CHIARLONI-C. CONSOLO
(a cura di), I procedimenti sommari e speciali, cit., p. 80.
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P. CALAMANDREI, Il procedimento monitorio nella legislazione italiana, cit., pp. 51-52.
Si pensi all’art. 639 c.p.c. che per l’ipotesi di ricorso per la consegna di cose fungibili, impone al creditore di indicare la somma di denaro che sia disposto ad accettare in mancanza
della prestazione in natura.
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Il procedimento monitorio
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denter tantum, costitutiva , e ciò vale anzitutto per l’ipotesi di risoluzione
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del contratto , ma anche nel caso in cui la pretesa creditoria postuli l’annullamento o la rescissione del negozio.
Discorso analogo va fatto per le azioni revocatorie ordinarie ex art. 2901
c.c. come pure per quelle fallimentari ai sensi dell’art. 67 legge fall., in ordine alle quali, in particolare, la giurisprudenza si è ripetutamente orientata per la non esperibilità del procedimento monitorio in ragione della na17
tura costitutiva della relativa domanda .
Giurisprudenza
«È inammissibile da parte del fallimento il ricorso al procedimento di ingiunzione per far valere
l’inefficacia di pagamenti ai sensi dell’art. 67, comma 2, legge fall. attesa la natura costitutiva
dell’azione revocatoria fallimentare»
Trib. Milano 6 marzo 1995, in Il Fall., 1995, p. 774.
Quanto alla tipologia delle cose che possono essere oggetto della domanda di condanna formulata dal creditore, va anzitutto osservato che il
credito di danaro per cui è consentito il ricorso monitorio deve essere “liquido”, nel senso che una volta accertata l’esistenza del credito, al Giudice
non può che spettare la pronuncia di condanna a quella determinata som18
ma ; così in giurisprudenza si è ritenuta la liquidità del credito a fronte di
una pretesa del ricorrente al pagamento di una somma espressa in valuta
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È il caso della pretesa restitutoria fondata su un contratto che una parte assume essersi risolto per inadempimento dell’altra, laddove il Giudice è chiamato ad una previa delibazione in ordine all’effettiva risoluzione ex art. 1453 c.c. del rapporto, prima di potere
spiccare ingiunzione di pagamento o consegna della prestazione dedotta in contratto.
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Se il contratto è tuttavia risolto di diritto – si tratta dell’ipotesi in cui sia prevista una
clausola risolutiva espressa ex art. 1456 c.c. – è consentito avanzare ricorso in sede monitoria non essendo demandata al Giudice alcuna pronuncia costitutiva. In giurisprudenza si
veda Trib. Modena 30 aprile 1994, in Foro pad., 1994, I, p. 365.
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Trib. Torino 2 dicembre 1992, in Giur. it., 1993, I, 2, c. 324. In passato, invece, si segnala l’opposta soluzione adottata da Trib. Milano 26 gennaio 1981 e Trib. Milano 28 novembre 1981, in Dir. fall., 1982, II, p. 65. Potrebbe sostenersi, forse, l’esperibilità del ricorso monitorio in presenza di azioni di inefficacia ex artt. 44 e 64 legge fall., ove il curatore agisca per ottenere la condanna alla restituzione di denaro o altri beni in considerazione
dell’inefficacia ope legis dei relativi atti traslativi (tra le tante, Trib. Santa Maria Capua Vetere 3 maggio 2000, in Dir. fall., 2000, II, p. 1297; App. Palermo 20 aprile 1988, in Il Fall.,
1988, p. 1103).
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Così A. RONCO, Procedimento per decreto ingiuntivo, in S. CHIARLONI-C. CONSOLO (a
cura di), I procedimenti sommari e speciali, cit., p. 88.
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Capitolo Primo
estera, avuto riguardo alla agevole convertibilità, ai sensi dell’art. 1278 c.c.,
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dell’importo indicato in moneta corrente .
Naturalmente il Giudice potrà condannare l’ingiunto al pagamento degli interessi sulla somma dovuta, nella misura legale predeterminata ex art.
1284, comma 1, c.c., ovvero, secondo il saggio convenzionale pattuito dalle
parti, purché fissato in forma scritta (art. 1284, comma 3, c.c.), sempre che
vi sia la domanda del ricorrente, avendo i detti accessori – siano essi corrispettivi, compensativi o moratori – un fondamento autonomo rispetto a
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quello dell’obbligazione pecuniaria alla quale accedono .
Sul tema occorre registrare le significative novità introdotte dal d.lgs. 9
ottobre 2002, n. 23 «Attuazione della direttiva 2000/35/CE relativa alla lotta contro i ritargi di pagamento nelle transazioni commerciali» con cui è stata
recepita nell’ordinamento italiano la direttiva 29 giugno 2000, 2000/35/CE,
relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, le cui disposizioni si applicano a tutti i contratti conclusi dopo l’8
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agosto 2002 , come si desume a contrario dalla formulazione dell’art. 11,
comma 1, del detto decreto legislativo.
La nuova disciplina assume rilievo nella materia monitoria, in quanto essa
detta i termini di adempimento dei debiti pecuniari derivanti da «transazioni commerciali» e le conseguenze del ritardo con il quale essi vengono
pagati; cosa debba intendersi per transazioni commerciali lo dice l’art. 2,
comma 1, lett. a), d.lgs. 9 ottobre 2002, n. 231, laddove specifica che rientrano in tale categoria i contratti conclusi che comportano in via esclusiva
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o prevalente la consegna di merci o la prestazione di servizi , sempre che
siano stipulati tra imprenditori – cioè tra chi esercita in forma organizzata
una qualsiasi attività economica, compresi i lavoratori autonomi e i liberi
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Cass. 6 novembre 1991, n. 11834, in Giust. civ., 1992, I, p. 684.
Cass. 9 febbraio 1993, n. 1561, in Giust. civ. Mass., 1993, p. 266.
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Si tratta della data entro la quale, a norma dell’art. 6, par. 1, della direttiva, gli Stati
membri dell’Unione europea avrebbero dovuto mettere in vigore le disposizioni necessarie
per conformarsi ad essa.
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Il termine “merci” è stato verosimilmente impiegato dal legislatore in una accezione
ampia comprensiva di qualsiasi bene mobile (diverso dal denaro), e dunque tra i contratti
che rientrano nella nozione di cui si parla devono annoverarsi senz’altro la compravendita
e la somministrazione di beni mobili, nonché i contratti d’appalto e d’opera relativi a beni
mobili.
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Quanto al termine “servizi”, anch’esso sembra essere stato utilizzato in un’accezione
ampia, inclusiva di qualsiasi prestazione di facere: quindi l’appalto, la somministrazione e
la subfornitura di servizi, il contratto d’opera intellettuale e quelli di mandato e deposito,
nonché di trasporto e mediazione.
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Il procedimento monitorio
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professionisti –, ovvero tra un imprenditore e una pubblica amministrazione, restando dunque esclusi dalla normativa i rapporti sorti con i consuma24
tori o soltanto tra soggetti pubblici .
Per l’ipotesi in cui le parti non abbiano espressamente pattuito un termine per il pagamento nel contratto, l’art. 4, comma 2, d.lgs. 9 ottobre
2002, n. 231 stabilisce che gli interessi devono essere corrisposti “automaticamente” a decorrere dal trentesimo giorno dalla ricezione della fattura
– o dalla richiesta di pagamento di contenuto equivalente –, sempre che sia
già stata consegnata la merce o prestato il servizio oggetto del contratto; se
invece la fattura è inviata contestualmente od anteriormente alla consegna
o alla prestazione, il termine di trenta giorni decorre comunque dalla ricezione del bene o dall’avvenuta prestazione.
Scaduti detti termini di legge (ovvero quelli diversi liberamente fissati in
contratto), il debitore, quale che sia il luogo in cui l’obbligazione deve essere
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adempiuta , cade automaticamente in mora, senza che si renda necessaria
l’emissione di apposita dichiarazione ovvero il compimento di qualsivoglia
formalità, e in forza dell’art. 5, comma 1, d.lgs. n. 231/2002 sarà tenuto al pagamento di interessi moratori ad un tasso – sempre che le parti non ne abbiano già convenzionalmente fissato la misura – pari al saggio degli interessi
applicato dalla Banca Centrale Europea all’ultima operazione di rifinanziamento effettuata prima dell’inizio del semestre solare nel corso del quale è
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scaduto il termine per il pagamento, maggiorato di sette punti percentuali .
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Sono invece sottratte alle nuove disposizioni le obbligazioni pecuniarie che abbiano
fonte diversa dal contratto e, segnatamente, le obbligazioni risarcitorie derivanti da illecito
contrattuale o extracontrattuale, nonché le obbligazioni scaturenti da gestioni d’affari, ingiustificato arricchimento e pagamento d’indebito. Inoltre, pare doversi escludere l’applicazione della detta disciplina ai contratti rientranti nella categoria degli appalti di lavori
pubblici (espressamente esclusi nella relazione governativa al decreto legislativo, nonché
secondo la determinazione n. 5/2002 assunta il 27 marzo 2002 dall’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici) e delle compravendite immobiliari, ai contratti di credito o di finanziamento, ai contratti assicurativi (per i quali vedi art. 1, comma 2, lett. c), d.lgs. n. 231/2002)
e ai contratti di locazione, affitto e leasing finanziario, i quali hanno per oggetto l’utilizzazione di beni dietro corrispettivo di denaro.
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E quindi anche se l’obbligazione deve essere eseguita presso il domicilio del debitore
per previsione di legge: r.d. 18 novembre 1923, n. 2440 «Regolamento di contabilità generale dello Stato», d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 «Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali».
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Ai sensi del comma 2 dell’art. 5, d.lgs. 9 ottobre 2002, n. 231 il Ministero dell’Economia è chiamato a curare la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, entro il quinto giorno di
ogni semestre, del saggio di interessi applicato dalla Banca Centrale Europea alla sua principale operazione di rifinanziamento effettuato il primo giorno di ogni semestre solare.
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Capitolo Primo
Il discorso appare assai diverso con riferimento al c.d. maggior danno
derivante per il creditore da ritardo nell’adempimento dell’obbligazione pecuniaria, ex art. 1224, comma 2, c.c.; sul punto è noto l’ampio dibattito
dottrinario e giurisprudenziale tra i sostenitori dell’orientamento a tenore
del quale sarebbe onere del creditore dimostrare, sia pure avvalendosi an27
che del regime delle presunzioni ex art. 2729 c.c., il pregiudizio subito , e
la contraria tesi in forza della quale il danno pari alla svalutazione monetaria sarebbe presumibile di per sé, dovendosi quindi sempre accordare la
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chiesta rivalutazione .
Orbene, a petto delle descritte indubitabili incertezze probatorie, nono29
stante le perplessità di taluna dottrina , la giurisprudenza di legittimità si è
tradizionalmente orientata a ritenere che in sede monitoria, comunque, il
debitore non possa essere condannato anche al risarcimento del c.d. maggior danno, derivato al creditore dal ritardo nell’adempimento.
Giurisprudenza
«Con l’ingiunzione di pagamento – dovendo questa avere ad oggetto ai sensi dell’art. 633
c.p.c. esclusivamente una somma liquida di denaro o una determinata quantità di cose fungibili o una cosa mobile determinata – il creditore non può domandare, in aggiunta alla somma
dovutagli ed ai relativi interessi, il risarcimento, ai sensi dell’art. 1224 c.c., del maggior danno
derivatogli dal ritardo nell’adempimento»
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Cass. 17 maggio 2001, n. 6757, in Giust. civ., 2002, I, p. 729 .
Occorre segnalare, tuttavia, che le Sezioni Unite della Suprema Corte,
chiamate nuovamente a dirimere il cennato contrasto giurisprudenziale tra
le sezioni semplici, rinfocolato di recente, si sono orientate a sostenere che
l’unico maggior danno risarcibile in via presuntiva ai sensi dell’art. 1224,
comma 2, c.c. – in difetto di prova alcuna dell’ulteriore pregiudizio –, deve
ritenersi costituito, per qualsivoglia categoria di creditori, dall’eventuale
differenza tra il tasso del rendimento medio annuo netto dei titoli di Stato
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A partire da Cass., Sez. Un., 5 aprile 1986, n. 2368, in Giur. it., 1986, I, 1, c. 1160.
Cass. 17 giugno 1994, n. 5860, in Foro it., 995, I, c. 206.
29
G. FRANCO, Guida al procedimento di ingiunzione, Milano, 1994, p. 74; P. PAJARDI, Il
procedimento monitorio, Milano, 1991, p. 75; G. TARZIA, Processo ingiuntivo e rivalutazione
monetaria, in Riv. dir. proc., 1979, p. 493. In giurisprudenza favorevoli alla rivalutazione
monetaria in sede monitoria: Trib. Milano 16 febbraio 1979, in Giur. it., 1979, I, 2, c. 406;
Trib. Milano 5 giugno 1980, in Foro it., 1980, I, c. 2019.
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Vedi anche Cass. 22 febbraio 1993, n. 2106, in Giust. civ. Mass., 1993, p. 348; Cass.
3 agosto 1987, n. 6684, ivi, 1987, f. 8-9; Cass. 30 maggio 1987, n. 4821, ivi, 1987, f. 5.
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Il procedimento monitorio
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di durata non superiore a dodici mesi (si tratta dei c.d. B.O.T., buoni ordi31
nari del tesoro) ed il saggio degli interessi legali .
Ciò potrebbe indurre a rivisitare il contrario orientamento manifestato
sempre dal Giudice di legittimità sulla possibilità di invocare in sede monitoria la liquidazione del maggior danno ex art. 1224 c.c., potendosi ritenere
che una volta allegata l’esistenza del detto differenziale da parte del creditore (restando irrilevante qualsivoglia ulteriore accertamento, anche in via
solo presuntiva), il Giudice adito in sede monitoria sia posto nella condizione di liquidare agevolmente – senza alcuna difficoltà in punto di prova
– il maggior danno patito dal creditore.
Ad una diversa conclusione, invece, già da tempo si perviene comunemente in relazione ai crediti di lavoro, in quanto, alla luce del combinato
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disposto degli artt. 429, comma 3, e 150 disp. att. c.p.c. , la rivalutazione
monetaria ivi prevista, trovando fonte esclusiva e diretta nella prestazione
dell’attività lavorativa e restando partecipe della natura retributiva dei cre33
diti medesimi , dà luogo ad un semplice calcolo matematico imposto dalla
legge con riferimento agli indici ISTAT, non diverso da quello relativo agli
interessi legali, così consentendo agevolmente al Giudice del monitorio di
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accordare al lavoratore ricorrente, ove richiesto, un siffatto accessorio .
Il legislatore del ’40 non ha espressamente chiarito che il credito vantato dal ricorrente debba essere, oltre che liquido, anche immediatamente
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esigibile ; tuttavia la giurisprudenza si è orientata in maniera consolidata a
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Così Cass., Sez. Un., 16 luglio 2008, n. 19499, in Foro it., 2008, I, c. 2786.
Ai sensi del combinato disposto degli artt. 429, ultimo comma, e 150 disp. att. c.p.c.,
il Giudice quando pronuncia condanna per crediti di lavoro, deve determinare oltre agli
interessi al tasso legale il maggior danno nella misura fissata sulla base dell’indice dei prezzi calcolato dall’ISTAT.
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Cass., Sez. Un., 15 maggio 1991, n. 5441, in Giur. it., 1992, I, 1, c. 916.
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Cass. 17 novembre 2003, n. 17396, in Giust. civ. Mass., 2003, f. 11. Secondo Cass. 7
aprile 2000, n. 4426 (ivi, 2000, p. 751), essendo la rivalutazione monetaria una componente dell’originario credito previdenziale o assistenziale, di cui condivide la natura giuridica,
allorché il creditore della prestazione, della quale sia stata tardivamente pagata la sola somma capitale, abbia promosso l’azione giudiziaria per gli interessi legali su tale somma, ottenendo un decreto ingiuntivo non opposto, non potrà più proporre successivamente un’altra azione per richiedere, sulla base dello stesso fatto costitutivo, la rivalutazione monetaria
sul medesimo importo, atteso che l’autorità di giudicato conseguente al decreto ingiuntivo
non opposto copre non solo il dedotto, ma anche il deducibile in relazione al medesimo
oggetto.
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A differenza dell’art. 1, r.d. 9 luglio 1922, n. 1036 che dichiarava l’ingiunzione pronunciabile solamente per «un credito liquido ed esigibile», nonché dell’art. 1, r.d. 7 agosto
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Capitolo Primo
ritenere necessario il requisito dell’esigibilità, non potendosi ipotizzare una
condanna – in astratto suscettibile di immediata esecuzione forzata, ove il
decreto non venga poi tempestivamente opposto – per un credito che non
sia ancora venuto a scadenza.
Giurisprudenza
«Qualora il decreto ingiuntivo sia stato pronunciato sull’erroneo presupposto che il credito fosse esigibile, il Giudice dell’opposizione, ove accerti che il termine è scaduto nel corso dell’opposizione stessa e che l’obbligazione è rimasta inadempiuta, deve revocare il decreto, ordinare la cancellazione dell’ipoteca giudiziale di cui il decreto ha costituito il titolo e condannare
l’opponente al pagamento della somma dovuta»
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Cass. 21 marzo 1997, n. 2552, in Giur. it., 1998, p. 1391 .
Del resto, occorre considerare che il comma 2 dell’art. 633 c.p.c. esclude la possibilità di pronunciare il decreto monitorio, quando l’efficacia del
contratto fonte della pretesa creditoria sia subordinata ad una condizione
sospensiva non ancora avveratasi, ovvero nell’ipotesi in cui il soddisfacimento del credito presupponga l’adempimento di una controprestazione
da parte del ricorrente; non c’è da dubitare, allora, che per agire in sede
monitoria ogni termine, eventualmente fissato per l’adempimento a favore
37
del debitore, debba essere definitivamente scaduto .
Peraltro la giurisprudenza è sicuramente orientata ad applicare anche in
sede monitoria la disposizione dell’art. 1186 c.c. – che consente al creditore di esigere immediatamente la prestazione, anche quando per essa sia stato stabilito un termine nel solo interesse del debitore, se quest’ultimo è divenuto insolvente o ha diminuito per fatto proprio le garanzie fornite o non
ha dato le garanzie promesse –, in quanto deve ritenersi che il Giudice, nel
momento in cui decide di accogliere la domanda monitoria effettui implicitamente un accertamento positivo delle condizioni per l’applicabilità della citata norma, salva la possibilità per il debitore, in sede di opposizione,
1936, n. 1531 che consentiva l’azione monitoria solo al titolare di «un credito esigibile di
una somma liquida di danaro».
36
V. anche Cass. 2 maggio 1987, n. 4125, in Giust. civ. Mass., 1987, f. 5; Cass. 19 novembre 1969, n. 3760, in Foro it., 1970, I, c. 65.
37
E. GARBAGNATI, Il procedimento d’ingiunzione, Milano, 1991, p. 38. Secondo l’A. la
conferma del carattere assolutamente eccezionale della figura della condanna in futuro si
trae dalla lettura dell’art. 664 c.p.c., che derogando al principio generale della esigibilità
del credito, ammette espressamente la pronuncia del decreto d’ingiunzione anche per i canoni locatizi ancora da scadere fino all’esecuzione dello sfratto.
Il procedimento monitorio
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di far valere le sue ragioni denunciando l’insussistenza della ritenuta insol38
venza .
Se la domanda ha per oggetto la consegna di una determinata quantità
di cose mobili fungibili, ai sensi dell’art. 639 c.p.c. il ricorrente deve indicare al Giudice la somma di danaro che è disposto ad accettare in mancanza della consegna delle dette cose. Si tratta evidentemente di una obbligazione alternativa, l’esecuzione di una soltanto delle quali libera definitiva39
mente il debitore , fermo restando che, in difetto di adempimento spontaneo da parte di quest’ultimo, il ricorrente potrà agire in via esecutiva per
ottenere il pagamento del controvalore delle cose mobili, come già espressamente determinato in seno al decreto monitorio.
Poiché il decreto ingiuntivo può essere richiesto per ottenere la condanna alla consegna di una cosa mobile determinata, deve decisamente escludersi poi la possibilità di ottenere – sia pure in via mediata, attraverso
una pronuncia riferita formalmente soltanto ad una cosa mobile – la con40
danna al rilascio di un immobile , ovvero ad una qualsivoglia prestazione
avente un contenuto sostanziale di facere.
Al riguardo, seri dubbi sono sorti in dottrina come in giurisprudenza in
ordine all’ammissibilità del ricorso monitorio che sia teso ad ottenere la consegna di un determinato documento, contenente informazioni di qualsivoglia natura rilevanti per il ricorrente.
In giurisprudenza si è manifestata una tendenza favorevole ad ammettere il ricorso al procedimento per ingiunzione in relazione all’ingiunzione di
consegna degli estratti conto dovuti dall’INPS ai propri contribuenti, ai
41
sensi dell’art. 54, legge 9 marzo 1989, n. 88 , nonché nell’ambito fallimentare per gli estratti conto bancari concernenti i rapporti intrattenuti dal fallito in bonis richiesti dal curatore ai sensi dell’art. 119, d.lgs. 1° settembre
42
1993, n. 385 .
38
Cass. 8 maggio 2003, n. 6984, in Foro it., 2004, I, c. 202.
Trib. Milano 17 dicembre 1974, in Riv. dir. proc. civ., 1975, p. 695.
40
Per l’ammissibilità di una ingiunzione avente per oggetto la consegna di una chiave:
Cass. 25 gennaio 1979, n. 567, in Giust. civ. Mass., 1979, p. 254; Trib. Salerno 6 maggio
2004, in Giur. mer., 2004, I, p. 2444.
41
Trib. Bari 5 giugno 2003, in Foro it., 2003, I, c. 3173; Trib. Bari 27 novembre 1990,
ivi, 1991, I, c. 958.
42
Trib. Milano 21 giugno 1996, in Foro it., 1996, I, c. 3200. Secondo Trib. Bari 11 marzo 2003 (in Giur. merito, 2003, p. 1730) il decreto ingiuntivo può essere emesso nei confronti di una banca, per ingiungere la consegna al cliente dei documenti relativi alla stipulazione di un contratto di investimento finanziario ed alla sua esecuzione.
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Capitolo Primo
Tuttavia, sia per l’estratto conto INPS sia per quelli bancari, occorre tenere a mente che la pretesa del contribuente o del correntista, ha per oggetto la conoscenza delle informazioni racchiuse nel detto documento e,
dunque, il petitum immediato formulato dall’istante (id est: il tipo di provvedimento richiesto al Giudice) non è la condanna alla consegna di una
cosa mobile determinata, bensì ad un facere infungibile, id est ad ottenere
il rendiconto delle operazioni eseguite da parte dell’istituto previdenziale o
43
della banca mandataria .
È utile, infine, evidenziare come la tutela erogata attraverso il procedimento monitorio risulta oggettivamente limitata non solo per quanto concerne il detto petitum immediato, ma anche con riferimento al c.d. petitum
mediato (id est: la situazione giuridica sostanziale dedotta dal ricorrente);
quest’ultimo, infatti, può essere rappresentato esclusivamente da diritti di
credito aventi, a loro volta, un determinato contenuto e giammai dal diritto
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di proprietà ovvero da altro diritto di natura reale .
2. La prova scritta
Dalla lettura dell’art. 633, comma 1, nn. 1), 2) e 3), c.p.c. emerge plasticamente la volontà del legislatore del ’40 di dare vita ad un procedimento
monitorio misto, nel quale cioè accanto ad ipotesi ispirate al sistema c.d.
documentale – fondato sull’esibizione da parte del creditore di una prova
scritta –, si affiancano casi chiaramente ricollegati al procedimento monitorio c.d. puro, dove è sufficiente la mera allegazione del credito da parte del
ricorrente per ottenere l’ingiunzione di pagamento o di consegna.
E invero, mentre ai sensi del n. 1) del comma 1 dell’art. 633 c.p.c. per
ottenere il decreto ingiuntivo è necessario dare “prova scritta” – e i successivi artt. 634 e 635 c.p.c. si incaricano di precisare cosa debba intendersi
per siffatta prova –, i nn. 2) e 3) sempre del cennato comma 1, in relazione
43
Così A. VALITUTTI-F. DE STEFANO, Il decreto ingiuntivo e la fase di opposizione, II ed.,
Padova, 2000, p. 61. In giurisprudenza Trib. Catania 1° dicembre 2008, ined., ove si evidenzia come l’art. 119, comma 4, d.lgs. n. 385/1993 evoca la pretesa del correntista ad ottenere informazioni su «singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni» e non
semplicemente la consegna di una cosa mobile determinata.
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V. ANDRIOLI, Commento al codice di procedura civile, IV, Napoli, 1964, p. 9. Cfr. anche Cass. 18 novembre 1974, n. 3680. cit., che ha escluso l’utilizzabilità del procedimento
sommario d’ingiunzione per l’esercizio di un’azione di rivendicazione.