Ceruti Valentina, 1009951, Laurea Magistrale in

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Ceruti Valentina, 1009951, Laurea Magistrale in
Ceruti Valentina, 1009951, Laurea Magistrale in Giurisprudenza.
Il disastro c.d. ecologico: profili dogmatici, giurisprudenziali e dottrinali.
Nel nostro ordinamento la fattispecie di disastro ecologico viene fatta discendere dagli
articoli 434, per la forma dolosa e 449, per la versione colposa, del Codice Penale. In
realtà queste disposizioni riportano solo la dicitura «altro disastro» senza far alcun
riferimento espresso alla dimensione ambientale, normando quindi una tutela alla mera
incolumità pubblica.
Sebbene questa attività di supplenza giudiziaria pare essere non conforme ai dettami che
regolano, in generale, il diritto penale, la Corte Costituzionale con la sentenza n. 327 del
2008 è intervenuta salvando tale fattispecie da una dichiarazione di incostituzionalità
inerente ad un difetto di tipicità della norma stessa.
Se da una parte infatti si ha carenza di determinatezza, rilevata dalla Dottrina ma
sconfessata, appunto, dalla Consulta, dall’altra c’è il problema legato all’inadeguatezza
delle ulteriori fattispecie c.d. ecologiche, volte alla regolamentazione del settore definito
«ambientale». Queste ultime infatti, proprio per la mancanza di disposizioni ad hoc e per
lo stretto collegamento con il diritto amministrativo, sono inadatte a tutelare casi così
gravi come i disastri ecologici. E’ necessaria quindi la presenza di tale fattispecie che,
nonostante i suoi problemi, possa incriminare i fatti più gravosi contro l’ambiente.
La Giurisprudenza di legittimità, peraltro ancor prima della Pronuncia del 2008, aveva
statuito i contorni del disastro ambientale. Già da Seveso infatti tale norma veniva
utilizzata per reprimere i fatti più gravosi contro l’ambiente; si ha quindi disastro nella
dimensione ecologica, secondo Giurisprudenza normativa, qualora vi sia una particolare
potenza espansiva del nocumento dal punto di vista della durata, ampiezza ed intensità,
tale da mettere in pericolo un numero indeterminato di persone.
Nel corso del tempo, poi, grazie ancora ad una particolare opera giurisprudenziale
inerente ad una valorizzazione del bene ambiente rispetto all’incolumità pubblica, il
disastro ambientale pare essere diventato una norma volta alla tutela in primis
dell’ecosistema. Sebbene quindi le incriminazioni siano dedicate all’ambiente, si ricorda
come le lesioni dirette a quest’ultimo, debbano comunque tenere in considerazione che,
inevitabilmente, portano con loro delle criticità alla salute umana e, di conseguenza,
all’incolumità pubblica. Quindi, tale valorizzazione del bene ambiente, nonostante porti
ad una particolare attenzione all’ecosistema, ha comunque uno stretto collegamento con
il bene giuridico «originario» tutelato dalle disposizioni di disastro.
Ciò emerge anche da una recente pronuncia, la c.d. vicenda Eternit, che per la prima volta
ha comportato una condanna penale in materia di esposizione incontrollata alle fibre di
amianto. La dispersione di polveri nocive ha comportato infatti un grave pregiudizio
all’ambiente e, proprio perché il fenomeno epidemico non si è ancora arrestato, anche
all’incolumità pubblica.
Attualmente poi, dopo innumerevoli tentativi a livello legislativo, è in corso di
valutazione al Senato, dopo un’ampia approvazione alla Camera dei Deputati, un nuovo
testo di Legge volto all’introduzione del Titolo VI-bis nel Codice Penale. Questa Riforma,
precipuamente sostenuta dalla Giurisprudenza e, in particolare, dalla Corte
Costituzionale, prevede al suo interno l’articolo 452-ter nominato appunto «disastro
ambientale», il quale dovrebbe permettere una maggior tipicità della fattispecie stessa,
anche se rimangono ancora validi i problemi che già l’art. 434 c.p. comporta ancora oggi.