CAPITOLO IV I REATI DI DISASTRO INNOMINATO 1. Premessa. In
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CAPITOLO IV I REATI DI DISASTRO INNOMINATO 1. Premessa. In
Corte Suprema di Cassazione – Ufficio del Massimario e del Ruolo - Servizio Penale ______________________________________________________________________________________________ CAPITOLO IV I REATI DI DISASTRO INNOMINATO (Assunta Cocomello) SOMMARIO: 1 Premessa. - 2. La nozione di “disastro innominato” e la particolare fattispecie della immissione di fattori inquinanti. - 3. La natura di reato aggravato dall’evento della fattispecie prevista al capoverso dell’art. 434 cod.pen.: momento consumativo e dies a quo per il computo della prescrizione. 1. Premessa. In materia di delitto di disastro doloso, come è noto, la Corte costituzionale, con la pronuncia n. 327 del 2008, ha fornito un’interpretazione dell’espressione “altro disastro” contenuta nell’ art. 434 c.p., conforme al principio di precisione e determinatezza della legge penale sancito dall’art. 25, comma 2 Cost., ed in relazione al quale erano stati sollevati dubbi di legittimità costituzionale dell’art. 434 comma 2 cod.pen. Premesso che il disastro innominato è “un accadimento sì diverso, ma comunque omogeneo, sul piano delle caratteristiche strutturali, rispetto alle altre ipotesi di disastro nominate” e deve essere concepito come species del genus disastro, delineato dalle figure delittuose comprese nel capo I del titolo VI del codice penale, è possibile, secondo l’interpretazione conforme a Costituzione scolpita nella citata pronuncia, delineare una nozione unitaria di “disastro”, i cui tratti qualificanti si apprezzano sotto un duplice e concorrente profilo: “da un lato, sul piano dimensionale, si deve essere al cospetto di un evento distruttivo di proporzioni straordinarie, anche se non necessariamente immani, atto a produrre effetti dannosi gravi, complessi ed estesi, dall’altro lato, sul piano della proiezione offensiva, l’evento deve provocare – in accordo con l’oggettività giuridica delle fattispecie criminose in questione (la “pubblica incolumità”) – un pericolo per la vita o per l’integrità fisica di un numero indeterminato di persone, senza che peraltro sia richiesta anche l’effettiva verificazione della morte o delle lesioni di uno o più soggetti”. La nozione di disastro così individuata dalla Corte costituzionale corrisponde, sostanzialmente, a quella accolta dalla giurisprudenza di legittimità nel corso dell’ultimo 175 Corte Suprema di Cassazione – Ufficio del Massimario e del Ruolo - Servizio Penale ______________________________________________________________________________________________ decennio che, sebbene con rilevanti difficoltà interpretative, ha ricondotto alla figura del disastro innominato gravi ipotesi di disastro ambientale, tra cui quello della dispersione nell’ambiente di polveri di amianto o di sostanze tossiche e inquinanti, correlata a processi produttivi protrattisi per un lungo arco temporale i cui effetti si sono palesati solo successivamente in una pluralità di morti o lesioni. In particolare persistono problematiche interpretative di diritto sostanziale e processuale collegate al delitto di cui all’art. 434 cod.pen. ed, in particolare, alla cosiddetta fattispecie di disastro innominato, prevista nel secondo periodo del primo comma del citato articolo, sia in ordine alla individuazione delle condotte riconducibili alla fattispecie incriminatrice de qua, sia in relazione alla individuazione del momento di consumazione della stessa e della, conseguente, decorrenza della prescrizione. 2. La nozione di “disastro innominato” e la particolare fattispecie della immissione di fattori inquinanti. In proposito la Suprema Corte, con la pronuncia della Sezione I del 19 novembre 2014, n. 7941/15, Schmidhein, Rv. 262788, in fattispecie relativa alle emissioni nocive derivanti dal processo di lavorazione dell’amianto, ha ulteriormente precisato la nozione di disastro innominato, ricostruendone e delineandone caratteristiche e confini, ha chiarito la natura giuridica del reato e fornito i criteri per l’individuazione del momento consumativo dello stesso. Per quanto concerne il primo profilo, la sentenza in esame, prende le mosse dai principi affermati dalla Corte cost. con la sentenza n. 327 del 2008, precisando che questi debbono ritenersi riferiti anche alle fattispecie di cui al secondo comma dell’art. 434 cod.pen., indicate con il termine”altro disastro”. Sulla scia del percorso ermeneutico segnato dal Giudice delle leggi, pertanto, la pronuncia della Prima Sezione, afferma che il cosiddetto “disastro innominato”, può essere integrato non soltanto da un macroevento di immediata manifestazione esteriore che si verifica in un arco di tempo ristretto, ma anche dall’evento, non visivamente ed immediatamente percepibile, che si realizza in un periodo molto prolungato, ove questo produca una compromissione delle caratteristiche 176 Corte Suprema di Cassazione – Ufficio del Massimario e del Ruolo - Servizio Penale ______________________________________________________________________________________________ di sicurezza, di tutela della salute e di altri valori della persona tale da determinare una lesione della pubblica incolumità. In tale nozione di disastro, pertanto, non rientrano soltanto i fenomeni dirompenti ed eclatanti, ma anche quelli diffusi e silenti quali l’immissioni di fattori inquinanti che, come nel caso sottoposto alla Suprema Corte, incidono sull’ecosistema e sulla composizione e qualità dell’aria respirabile, determinando imponenti processi di deterioramento , di lunga e lunghissima durata, sull’habitat umano, alla cui nociva esposizione, ogni singolo individuo, non ha possibilità di sottrarsi. Tale approccio interpretativo troverebbe conferma, secondo i Giudici della Prima Sezione, nella ratio della norma e nella volontà del legislatore di riempire eventuali vuoti di tutela ,così come chiaramente emerge dalla relazione del Guardasigilli ove si afferma che” la norma incriminatrice è destinata a colmare ogni eventuale lacuna, che di fronte alla multiforme varietà dei fatti possa presentarsi nelle norme concernenti la tutela della pubblica incolumità “ giacché “ la quotidiana esperienza dimostra come spesso le elencazioni delle leggi siano insufficienti a comprendere tutto quanto avviene, specie in vista dello sviluppo assunto dalla attività industriale e commerciale, ravvivata e trasformata incessantemente da progressi meccanici e chimici. Inoltre il collegio – chiamato a rispondere dell’eccezione che nel caso di immissioni di fattori inquinanti, l’effetto dannoso non potrebbe considerarsi il portato di un’azione realizzata “mediante violenza”, come richiesto per i delitti contemplati nel capo 1 del titolo 6 in contrapposizione rispetto a quelli del capo 2 del medesimo titolo – coglie l’occasione per chiarire che, ai fini della configurabilità dei delitti contro l’incolumità pubblica commessi mediante violenza, in contrapposizione a quelli commessi “mediante frode”, è necessario e sufficiente che la condotta si realizzi mediante l’impiego “di qualsivoglia energia o mezzo, diretto o indiretto, materiale o immateriale, idoneo a superare l’opposizione della potenziale vittima e a produrre l’effetto offensivo senza la cooperazione di quella”. In particolare, in relazione alla fattispecie concreta oggetto del ricorso, la pronuncia afferma che è senz’altro riconducibile alla definizione di violenza, l’energia impiegata in un processo produttivo che libera sostanze tossiche e innesca, in tal 177 Corte Suprema di Cassazione – Ufficio del Massimario e del Ruolo - Servizio Penale ______________________________________________________________________________________________ modo, un inarrestabile fenomeno di meccanica diffusione delle stesse, alla cui esposizione non è possibile resistere. 3. La natura di reato aggravato dall’evento della fattispecie prevista al capoverso dell’art. 434 cod. pen.: momento consumativo e dies a quo per il computo della prescrizione. Altro profilo affrontato dalla pronuncia in esame è quello concernente la natura giuridica della fattispecie di cui al capoverso dell’art. 434, cod. pen., in particolare se si tratti di una autonoma ipotesi di reato, rispetto alla fattispecie prevista al primo comma del medesimo articolo, o se, invece, configuri un’ ipotesi di reato aggravato dall’evento come, tra l’altro, ampiamente condiviso dalla giurisprudenza di legittimità. La quaestio iuris riveste – in genere ma, in particolare, nella fattispecie concreta oggetto di ricorso – un’ importanza rilevante, in ragione delle dirette conseguenze che la qualificazione giuridica del fatto ha sulla individuazione del momento consumativo del reato e, quindi, sulla decorrenza dei termini per il computo della prescrizione. In merito i giudici della prima sezione hanno ribadito, conformemente ai principi affermati da S.U. n. 4694/12 del 27, ottobre 2011, Casani Rv. 251270, che “il criterio idoneo a distinguere le norme che prevedono circostanze da quelle che prevedono elementi costitutivi della fattispecie, è il criterio strutturale della descrizione del processo penale” e che, nella fattispecie in esame, il secondo comma dell’art. 434 cod.pen. si riporta completamente alla fattispecie descritta al comma 1 “introducendo soltanto la considerazione di un evento, ulteriore, di danno che consiste nella mera realizzazione di quello già considerato, a fini intenzionali, nel comma precedente”. Tra le due fattispecie, conclude la Corte, intercorre un rapporto di specialità unilaterale , per specificazione o per aggiunta, nel senso che la seconda include tutti gli elementi essenziali della prima, con la specificazione o l’aggiunta di un fattore che ne aggrava la lesività e che consiste nella materiale realizzazione dell’evento già incluso, come mera finalizzazione, nella condotta prevista dal primo comma, lasciando, altresì, immutato il bene giuridico tutelato. 178 Corte Suprema di Cassazione – Ufficio del Massimario e del Ruolo - Servizio Penale ______________________________________________________________________________________________ Alla luce di tale principio, la sentenza afferma la natura di reato aggravato dall’evento dell’ipotesi delittuosa prevista dal capoverso dell’art. 434 cod. pen., in cui il verificarsi del disastro – da intendersi come fatto distruttivo di proporzioni straordinarie dal quale deriva pericolo per la pubblica incolumità – costituisce l’evento tipico della fattispecie e segna il momento di consumazione del reato, rispetto al quale sono da considerare effetti estranei ed ulteriori il persistere del pericolo o il suo inveramento nelle forme di una concreta lesione. In applicazione di tale principio, quindi, la Corte ha ritenuto che la consumazione del delitto di disastro doloso, commesso mediante diffusione di emissioni derivanti dal processo di lavorazione dell’amianto, non può considerarsi protratta oltre il momento di chiusura degli stabilimenti, cioè oltre la cessazione di quella attività produttiva che, con le sue emissioni nocive, aveva determinato la contaminazione dell’ambiente lavorativo e del territorio circostante. Ne consegue che non rilevano, ai fini dell’individuazione del “dies a quo” per la decorrenza del termine di prescrizione, l’eventuale protrarsi degli effetti pericolosi per la pubblica incolumità né eventuali, successivi, decessi o lesioni pur riconducibili al disastro provocato dalle immissioni delle polveri e dei residui di lavorazione dell’amianto prodotti dagli stabilimenti della cui gestione erano responsabili gli imputati. A fondamento di tale soluzione ermeneutica, tra l’altro difforme da quelle sostenute dal giudice di primo grado e dalla Corte territoriale, la pronuncia della Prima Sezione pone anche argomenti inerenti il criterio di imputazione del maggiore evento al soggetto agente, evidenziando come nella fattispecie del disastro innominato, nella sua forma aggravata, il “maggiore evento” sia previsto dal legislatore come “finalità originaria dell’agente”, con la conseguenza che lo spostamento in avanti della consumazione del reato non può, comunque, spingersi oltre il momento in cui la condotta di questi “sostenga concretamente” la causazione dell’evento medesimo. In merito la sentenza precisa che non può essere dato rilievo , in tale quadro normativo, alla mancata od incompleta bonifica dei siti colpiti dal disastro, attribuendone la penale responsabilità agli imputati a titolo di “protrazione della condotta”, perché, in tal modo, si ricostruirebbe la fattispecie 179 Corte Suprema di Cassazione – Ufficio del Massimario e del Ruolo - Servizio Penale ______________________________________________________________________________________________ in una prima fase commissiva ed una seconda omissiva, della quale non vi è traccia nella norma. 180